venerdì 3 maggio 2024

LA SPECULAZIONE ENERGETICA IN SARDEGNA

LA SPECULAZIONE ENERGETICA IN SARDEGNA IN PILLOLE

SE LA SARDEGNA NON RIPRENDERÀ IN MANO IL PROPRIO DESTINO E NON GOVERNERÀ CON SAGGEZZA, DETERMINAZIONE E DIGNITÀ LA TRANSIZIONE ENERGETICA…

AVREMO OLTRE 4.000 GIGANTESCHE TORRI EOLICHE E QUASI 50.000 ETTARI DI CAMPI FOTOVOLTAICI

Richieste di installazione per una potenza pari a quasi 58 Gigawatt, invece dei 6 Gigawatt previsti dalla bozza del Decreto nazionale.



Le “pale” sulla terraferma sarebbero alte fino a 240 metri; 320 metri quelle a mare, di fronte alle nostre coste. Non vi sarebbe orizzonte risparmiato né a terra né a mare. I sardi sarebbero condannati a un paesaggio e a una permanente visione post-industriale. E l’orizzonte, il paesaggio, la visione plasmano l’uomo ed il suo destino.

Saranno necessari almeno 1.300 metri cubi di calcestruzzo per costruire il basamento di ciascun aerogeneratore eolico. Le prime gettate sono ormai in corso d’opera.

I progetti di agri e fotovoltaico previsti ricoprirebbero quasi 50.000 ettari di suolo: risorsa vitale, limitata, non rinnovabile e insostituibile. Suolo che è l’elemento primario del contrasto al cambiamento climatico che si dice di voler combattere, oltre che fattore essenziale della vita stessa e della sopravvivenza di tutte le specie.

Totale assenza di concertazione con comunità ed enti locali. La popolazione viene completamente ignorata. La Regione stessa marginalizzata e ad oggi, inetta e inerte, non ha esercitato le proprie prerogative a norma di legge per agire anziché subire la transizione energetica.

Molte delle società installatrici sono straniere con capitale di 10.000 euro; spesso si tratta di effimere società dietro le quali tentano di celarsi colossi multinazionali.

L’area destinata agli impianti rinnovabili di taglia industriale sarebbe convertita, appunto, da agricola a industriale. Questo solo passaggio trasformerebbe di fatto l’intera Sardegna in una Zona Industriale Unica e senza soluzione di continuità tra terra e mare.

Questa sconfinata servitù energetica si aggiungerebbe alla lista delle servitù con cui la Sardegna è già stata soggiogata, tra cui spiccano quelle militari.

La Sardegna produce già molta più energia di quanta ne consumi, circa il 40%. La percentuale di produzione da fonti rinnovabili è già più alta della media italiana. Eppure, i sardi pagano bollette tra le più salate.
Il paesaggio sardo, già martoriato dalle oltre 1.200 torri eoliche installate, sarebbe irrimediabilmente sfregiato, l’ecosistema alterato, l’avifauna fortemente danneggiata, la biodiversità compromessa con effetti anche irreversibili.

Aziende agricole, turistiche ed agrituristiche subirebbero ingenti danni, in diversi casi “fatali” per le aziende stesse.

I terreni e gli immobili perdono automaticamente il 40-50% del loro valore se nelle vicinanze vengono impiantati turbine o campi di pannelli agri-fotovoltaici. Ogni turbina eolica impedirebbe di edificare tutt’attorno abitazioni, stalle o capanni agricoli per un’area di 78 ettari.

I contratti proposti ai proprietari dei terreni nascondono spesso cavilli e clausole in grado di riservare amare sorprese.

In nome di una discutibile utilità pubblica, si possono ignominiosamente espropriare terreni privati per cederli ad altri privati, ossia agli speculatori.

Il classico ricatto occupazionale a questo giro è ridicolo. Da un lato, la manodopera specializzata sta già arrivando nell’Isola al seguito delle multinazionali green. Dall’altro – cosa ancora più grave - il progetto maxi-industriale spazzerebbe via prospettive e alternative di sviluppo futuro, oltre a danneggiare le attività produttive e ricettive già esistenti.

Diverse ricerche evidenziano danni per la salute umana (Sindrome da turbina eolica). La qualità di vita per chi abita in relativa prossimità degli impianti sarebbe dolorosamente compromessa.

Dopo 25 anni, alla fine del loro ciclo produttivo, chi smaltirebbe questi smisurati impianti industriali, questo cimitero di ciclopiche ferraglie eoliche e fotovoltaiche?

Le aziende hanno ricavi di circa 1 milione di euro l’anno per ogni turbina eolica onshore sulla terraferma (onshore); più di 5 milioni di euro l’anno per ogni turbina eolica a mare (offshore). In cambio la legge prevede che possano rilasciare compensazioni per un massimo del 3% sui ricavi netti, non monetarie ma sottoforma di “interventi ambientali”. Come una carezza che pretendesse di compensare una terra stuprata.


COSA POSSIAMO FARE:


✓ Moratoria immediata per sospendere le autorizzazioni di tutti i progetti.


✓ Una Legge Regionale che recepisca le direttive europee, stabilendo le modalità di attuazione della transizione energetica in Sardegna (art. 4 dello Statuto Autonomo della Sardegna, artt. 40 e 41 della L. 234/2012).


✓ Concertazione con le comunità locali per un piano di auto-approvvigionamento energetico regionale basato su: - riduzione dei consumi; - comunità energetiche rinnovabili locali; - uso delle zone industriali, dismesse e attive; - fotovoltaico sui tetti industriali e civili, nel rispetto dei centri storici, e sui fabbricati agricoli. Non un solo metro quadro di ulteriore consumo di suolo. - Utilizzo dell’eolico esclusivamente in termini di repowering (potenziamento) degli impianti eolici industriali esistenti, ma nell’assoluto rispetto delle estensioni ed altezze attuali. Non un solo metro in più. - Dismissione progressiva delle centrali a carbone e rinuncia alla metanizzazione dell’Isola (ormai completamente anacronistica). - Esportazione delle eventuali eccedenze prodotte in Sardegna a fronte di un indennizzo per la Terra Sarda. doc di


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