domenica 24 novembre 2013

ITALY BASI AMERICANE: Il "lavoro italiano" del Pentagono


Il "lavoro italiano" del Pentagono
David Vine 
Tradotto da  Alba Canelli
tomdispatc

Il Pentagono ha trascorso gli ultimi due decenni pagando centinaia di milioni di dollari di tasse per basi militari in Italia, rendendo il paese un centro sempre più importante per il potere militare statunitense. Soprattutto dall'inizio della Guerra Globale al Terrorismo, nel 2001, l'esercito ha spostato il suo centro di gravità, dalla Germania, dov'erano la maggior parte delle forze americane nella regione dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, al sud Europa. Nel processo, il Pentagono ha trasformato la penisola italiana in un trampolino di lancio per le future guerre in Africa, Medio Oriente ed oltre. Nelle basi a Napoli, Aviano, Sicilia, Pisa e Vicenza, tra gli altri, i militari hanno speso più di 2.000 milioni di dollari solo dopo la fine della guerra fredda e la cifra non comprende gli altri miliardi in progetti di costruzione, esercizio e le spese del personale. Mentre il numero delle truppe in Germania è stato ridotto da 250.000 a circa 50.000, ci sono 13.000 soldati americani (e 16.000 famiglie) nelle basi in Italia, numeri che corrispondono a quelli del suo picco durante la Guerra Fredda. Ciò significa che, a sua volta, la percentuale delle forze Usa in Europa, con sede in Italia, è triplicato dal 1991, dal 5% al ​​15% [tra tutte quelle di stanza in Europa]. 

Il mese scorso, ho avuto l'opportunità di visitare la nuova base Usa in Italia, che si trova a Vicenza, vicino Venezia. Ha tre mesi di funzionamento ed è sede di una forza di reazione rapida, la Squadra di Combattimento 173° Brigata di Fanteria (Airborne), e la componente militare del Comando Africa degli Stati Uniti (AFRICOM). La base si estende per un chilometro da nord a sud, e supera tutto il resto nella piccola città. In effetti, nei più di 145 ettari, la base è quasi esattamente la dimensione del National Mall di Washington, o l'equivalente di circa 110 campi di calcio. Il costo della base è di oltre 600 milioni dollari a partire dall'anno fiscale 2007.
Ci sono ancora altre basi, e quindi più spesa militare degli Stati Uniti in Germania che in qualsiasi altro paese straniero (tranne, fino a poco tempo fa, in Afghanistan). Tuttavia, l'Italia è diventata sempre più importante per il Pentagono per modificare la composizione globale delle sue 800 basi o più, all'estero. Il nuovo approccio è già verso sud invece che verso l'est dell'Europa.L'esperto Alexander Cooley spiega: 
"I funzionari della Difesa degli Stati Uniti riconoscono che il posizionamento strategico dell'Italia nel Mediterraneo e vicino al Nord Africa, la dottrina antiterrorismo dell'esercito italiano, così come la politica favorevole del paese verso le forze degli Stati Uniti sono fattori importanti per la decisione del Pentagono di mantenere un'ampia base e la presenza di truppe lì. Gli unici che hanno prestato attenzione a questa accumulazione sono i movimenti italiani di opposizione locale a Vicenza, che sono preoccupati perché la loro città potrebbe diventare una piattaforma per future guerre degli Stati Uniti".

La maggior parte dei turisti pensano all'Italia come al paese dell'arte rinascimentale, antichità romane, ottima pizza, pasta e vino. Pochi pensano ad essa come ad una terra di basi americane. Ma ci sono in Italia 59 "siti di base" identificati dal Pentagono, ciò fa si che questo paese è superato solo dalla Germania (179), Giappone (103), Afghanistan (100 e in calo) e Corea del Sud (89).

Pubblicamente, i funzionari americani dicono che non ci sono basi militari americane in Italia. Essi insistono sul fatto che i nostri presidi, con tutte le infrastrutture, le attrezzature e le armi, sono semplicemente ospiti di quelle che sono ufficialmente basi italiane destinate all'uso della NATO. Naturalmente, tutti sanno che questo è in gran parte una sottigliezza giuridica.

Nessuno che visiti la nuova base di Vicenza potrebbe dubitare del fatto che è un'installazione degli Stati Uniti dall'inizio alla fine. La guarnigione è in una ex base della forza aerea italiana chiamata Dal Molin. (Alla fine del 2011, le autorità italiane la ribattezzarono "Caserma Del Din", ovviamente, per cercare di scacciare i ricordi della massiccia opposizione alla base). Dall'esterno, potrebbe sembrare un gigantesco complesso ospedaliero o campus universitario. 31 edifici color pesca e crema con tetti rossi, dominano l'orizzonte con solo la pedemontana ai piedi delle Alpi del Sud come sfondo. Una rete metallica sormontata da filo spinato lungo il perimetro, con schermate verdi che nascondono alcuni punti della base.


Se si riesce ad entrare, tuttavia, si trovano due caserme con 600 soldati ciascuna. (Al di fuori della base, l'Esercito sta affittando circa 240 nuovi alloggi nelle comunità circostanti). Si vedranno anche due garage a sei piani, che possono ospitare 850 veicoli, e una serie di grandi complessi di uffici e alcune piccole aree di addestramento, tra cui un poligono di tiro al coperto ancora in costruzione, oltre ad un centro fitness con una piscina riscaldata, un' "area di intrattenimento per il guerriero" una caffetteria in stile italiano e una sala da pranzo. Questi servizi sono in realtà molto modesti per una grande base statunitense. La maggior parte degli alloggi nuovi o ristrutturati, scuole, strutture sanitarie, negozi e altri servizi per i soldati e le loro famiglie si trovano nella città di Viale della Pace nella base Caserma Ederle e nelle vicinanze del Villaggio della Pace.

Oltre a Vicenza, l'esercito ha speso moltissimo per aggiornare le sue basi italiane. Fin dall'inizio del 1990, la base aerea americana di Aviano, a nord est di Vicenza, era un piccolo luogo conosciuto come "Sleepy Hollow". Dal trasferimento degli F-16 in Spagna nel 1992, l'Air Force è diventata un'importante area di stazionamento per tutte le operazioni in tempo di guerra dalla prima guerra del Golfo. Nel processo, sono stati spesi almeno 610 milioni dollari in più di 300 progetti di costruzioni (Washington ha convinto la NATO a fornire più della metà di questi fondi, e l'Italia ha dato 210 ettari di terreni a titolo gratuito).
Per non essere da meno, la Marina ha investito più di 300 milioni dal 1996 per la costruzione di una nuova base presso l'aeroporto di Napoli. Nelle vicinanze, ha un contratto di locazione per 30 anni su un "sito di supporto" stimato in 400 milioni di dollari, ovvero, un grande centro commerciale, circondato da ampi giardini, ben tenuto. (La base si trova nel cuore della Mafia napoletana ed è stata costruita da una società che era legata alla Camorra). Nel 2005, la Marina ha trasferito la propria sede europea da Londra a Napoli, spostando la sua attenzione dal Nord Atlantico verso l'Africa, il Medio Oriente e il Mar Nero. Con la creazione di AFRICOM, il cui quartier generale rimarrà in Germania, Napoli è ora sede di un misto tra la US Naval Forces Europe e US Naval Forces Africa. E' significativo che il suo sito web evidenzia l'ora a Napoli, Gibuti, Liberia e Bulgaria.
Nel frattempo, la Sicilia è diventata sempre più importante per l'Era della Guerra Globale al Terrorismo, dato che il Pentagono ha trasformato l'isola in un importante nodo per le operazioni militari degli Stati Uniti in Africa, dal momento che si trova a meno di 100 km di distanza in tutto il Mediterraneo. Dall'anno fiscale 2001, il Pentagono ha speso più nella costruzione della Stazione Navale Aerea di Sigonella - 300 milioni di dollari - che in qualsiasi altra base italiana oltre a Vicenza. Ora è la seconda stazione navale degli Stati Uniti in Europa, la prima volta è stata utilizzata nel 2002 per l'utilizzo di aerei di sorveglianza, senza pilota Global Hawk. Nel 2008 gli Stati Uniti e l'Italia hanno firmato un accordo segreto che permette ufficialmente la creazione di una base di droni lì. Da allora, il Pentagono ha tirato fuori almeno 31 milioni dollari per costruire un complesso di operazioni e manutenzione dei Global Hawk. La base di droni, formalmente della NATO, ha una capacità di sorveglianza fino a 10.000 miglia.

Da questa base, e dal 2003, vengono utilizzati velivoli P-3 sorveglianza per monitorare i gruppi ribelli nell'Africa del nord-occidentale. E dal 2011, l'AFRICOM ha schierato un team di circa 180 marines e due aerei per fornire addestramento antiterrorismo ai militari africani in Botswana, Liberia, Gibuti, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenya, Tunisia e Senegal. Sigonella ospita anche uno dei tre servizi globali di trasmissione delle comunicazioni via satellite e presto ospiterà una base di intervento congiunto e analisi dei dati, nonché un centro di formazione della NATO. Nel mese di giugno, la sottocommissione del Senato degli Stati Uniti ha raccomandato di spostare le forze e le operazioni speciali CV-22 Ospreys dalla Gran Bretagna alla Sicilia, come dichiarato "Sigonella è diventato un trampolino di lancio fondamentale per le missioni relative alla Libia, data l'attuale turbolenza in quella nazione, così come la nascita di attività di addestramento per terroristi in Nord Africa". Nella vicina Niscemi, la Marina spera di costruire un impianto per un satellite di comunicazione ad altissima frequenza, nonostante la crescente opposizione dei siciliani ed altri italiani preoccupati per gli effetti della stazione e le sue radiazioni elettromagnetiche sugli esseri umani e sulla riserva naturale circostante. E' vero che nel bel mezzo di questo accumulo, il Pentagono ha chiuso alcune basi in Italia, come Comiso, Brindisi e La Maddalena. Anche se l'esercito ha tagliato il personale a Camp Darby, un deposito sotterraneo di armi e attrezzature lungo la costa toscana, la base rimane un'importante logistica e un pre-posizionamento centrale che permette il dispiegamento globale di truppe, armi e rifornimenti dall'Italia via mare. Dall'anno fiscale 2005, sono stati investiti quasi 60 milioni di dollari in nuove costruzioni.
E che cosa fanno tutte queste basi in Italia?  Ecco il modo in cui un funzionario militare degli Stati Uniti in Italia (che ha chiesto di restare anonimo) ha spiegato la questione: "Mi dispiace, Italia, ma questa non è la guerra fredda. Non siamo qui per difendere da un attacco [sovietico] a Vicenza. Siamo qui perché abbiamo deciso che dobbiamo essere qui a fare altre cose, sia in Medio Oriente che nei dei Balcani o in Africa". Le basi in Italia hanno svolto un ruolo sempre più importante nella strategia globale del Pentagono, in gran parte dovuto alla posizione del paese sulla mappa. Durante la Guerra Fredda, la Germania dell'Ovest era il cuore dell'America e della NATO in Europa, grazie alla sua posizione sulle vie più probabili di un attacco sovietico all'Europa occidentale. Una volta terminata la guerra fredda, l'importanza geografica della Germania è stata notevolmente ridotta. Infatti, le basi e le truppe statunitensi nel cuore dell'Europa erano sempre più immerse nella geografia, dal momento che l'Air Force ogni volta ha bisogno di ottenere il permesso di sorvolo dai vicini. Le truppe con sede in Italia hanno accesso diretto alle acque internazionali e allo spazio aereo del Mediterraneo. Questo permette loro di dispiegarsi rapidamente via mare o per via aerea. Keith Eastin, Assistente Segretario dell'esercito al Congresso nel 2006, posizionando la 173° Brigata Aviotrasportata a Dal Molin, ha detto: 
"è strategicamente posizionata a sud delle Alpi, con facile accesso allo spazio aereo internazionale per il rapido dispiegamento e per le operazioni di allerta precoce".
Abbiamo visto che il Pentagono ha approfittato della posizione dell'Italia dal 1990, quando la base aerea di Aviano ha svolto un ruolo importante nella prima guerra del Golfo e negli interventi degli Stati Uniti e della NATO nei Balcani (un breve salto attraverso il mare Adriatico dall'Italia).L'amministrazione Bush, a sua volta, fece delle basi in Italia alcuni dei suoi avamposti "durevoli" in Europa. Negli anni di Obama, il crescente coinvolgimento militare in Africa ha reso l'Italia ancora più attraente.
Al di là della posizione, i funzionari americani amano l'Italia, perché, come lo stesso funzionario militare mi ha detto, "è un paese che offre sufficiente flessibilità operativa". In altre parole, fornisce la libertà di fare quello che vuoi con restrizioni minime e senza intoppi.
Oltre ad offrire i costi operativi più bassi, è paese il più sensibile alle pressioni politiche ed economiche di Washington. E' più permissiva rispetto alle norme ambientali e di lavoro e dà al Pentagono più libertà di avviare un'azione militare unilaterale dopo una consultazione minima con i paesi ospitanti.
Mentre difficilmente è una delle nazioni più deboli del mondo, l'Italia è il secondo paese più indebitato d'Europa, il suo potere economico e politico impallidisce in confronto a quello della Germania. Non c'è da stupirsi, quindi, come il funzionario del Pentagono in Italia mi ha fatto notare, che la situazione delle forze secondo l'accordo con la Germania è lungo e dettagliato, mentre l'accordo con l'Italia rimane quello del 1954 (e ancora classificato). I tedeschi tendono ad essere più esigenti per quanto riguarda le regole, mentre gli italiani sono "più interpretativi".

La libertà con cui l'esercito americano ha utilizzato le sue basi italiane nella guerra in Iraq è un esempio calzante. Per cominciare, il governo italiano ha permesso alle forze statunitensi il loro uso per una guerra che era al di fuori del contesto della NATO e che violava i termini delll'accordo del 1954. Un cavo rilasciato da Wikileaks, nel 2003, inviato dall'ambasciatore in Italia Melvin Sembler, ha rivelato che il governo del primo ministro Silvio Berlusconi diede al Pentagono "praticamente tutto" ciò che voleva. "Abbiamo ottenuto quello che abbiamo chiesto", scrisse Sembler, "accesso, basi, di transito e sorvolo, assicurando che le forze possano fluire facilmente attraverso l'Italia per arrivare a combattere".

Da parte sua, l'Italia sembra aver beneficiato direttamente di questa cooperazione. (Alcuni dicono che il cambio di basi dalla Germania verso l'Italia è stato concepito anche come un modo per punire la Germania per la sua mancanza di supporto nella guerra in Iraq). Secondo un rapporto del 2010 del settimanale sicurezza Jane, il ruolo dell'Italia nella guerra in Iraq, fornendo 3.000 soldati allo sforzo alleato, ha aperto contratti per la ricostruzione dell'Iraq alle imprese italiane, così come il consolidamento dei rapporti tra i due alleati. Il suo ruolo nella guerra in Afghanistan certamente offre vantaggi simili. Queste opportunità sono arrivate nel mezzo dell'approfondimento dei problemi economici, e in un momento in cui il governo italiano stava trasformando la produzione di armi in un aspetto importante per rilanciare la sua economia. Secondo Jane, i produttori di armi italiane come Finmeccanica hanno cercato di entrareaggressivamente negli Stati Uniti e in altri mercati. Nel 2009, le esportazioni di armi italiane sono aumentate di oltre il 60%.
Nell'ottobre del 2008 i due paesi hanno rinnovato un Memorandum di Appalti della Difesa Reciproca (un accordo di "nazione più favorita" per le vendite militari). E' stato ipotizzato che il governo italiano possa aver ceduto la base Dal Molin agli Stati Uniti gratuitamente, in parte per garantirsi un ruolo nella produzione dell' "arma più costosa mai costruita", l'aereo da combattimento F-35, tra gli altri accordi militari. Un altro cavo incandescente del 2009 diElizabeth Dibble, incaricata d'affari presso l'ambasciata a Roma, chiama la cooperazione militare dei paesi "una partnership duratura". Menzionava come Finmeccanica (che è per il 30% di proprietà dello Stato) "ha venduto 2,3 miliardi di dollari in equipaggiamenti per la difesa negli Stati Uniti nel 2008 [ed] ha una forte partecipazione nella solidità del rapporto USA-Italia".
Naturalmente, vi è un altro fattore importante in tutto questo incremento del Pentagono in Italia. Per le stesse ragioni che i turisti americani affollano il paese, le truppe americane hanno goduto della dolce vita lì. Oltre alla vita comoda nelle basi, circa 40.000 visitatori all'anno provenienti da tutta Europa oltre a quelli che arrivano al complesso militare di Camp Darby, la "spiaggia americana" della Riviera italiana.
L'Italia non è in procinto di prendere il posto della Germania come base della potenza militare degli Stati Uniti in Europa. La Germania è da tempo integrata nel sistema militare statunitense e gli  strateghi militari hanno progettato tutto affinché restasse così. Infatti, ricorda come il Pentagono ha convinto il Congresso a consegnare più di 600 milioni di dollari per la costruzione di una nuova base a Vicenza? Il Pentagono ha giustificato il trasferimento di truppe a Vicenza come un modo per rafforzare la 173° Brigata in un unico luogo.
E poi, nel marzo scorso, una settimana dopo aver ottenuto l'accesso al primo edificio completato al Dal Molin e con la costruzione quasi finita, l'esercito ha annunciato che dopo tutto, non sarebbe stata consolidata la 173° Brigata. Una terza parte della Brigata sarebbe rimasta in Germania. In un momento di tagli di bilancio, disoccupazione, e stagnazione economica per tutti, con enormi necessità insoddisfatte nelle comunità in tutti gli Stati Uniti, per il nostro investimento di $ 600 milioni, solo 1.000 soldati si sposteranno a Vicenza. 
Tuttavia l'Italia sta rapidamente diventando uno dei principali punti di articolazione degli Stati Uniti per la guerra a livello globale. Mentre molta attenzione è focalizzata sul "perno dell'Asia" di cui parla Obama, il Pentagono sta concentrando le forze in una serie di basi come Gibuti nel Corno d'Africa, Diego Garcia nell'Oceano Indiano, Bahrain e Qatar nel Golfo Persico, Bulgaria e della Romania nell'Europa dell'Est, in Australia, Guam e Hawaii nel Pacifico, e l'Honduras in America Centrale. Le nostre basi in Italia rendono più facile intervenire militarmente in conflitti di cui si sa poco, dall'Africa al Medio Oriente. Invece di chiedersi perché abbiamo ancora basi in Italia e in decine di paesi in tutto il mondo, un numero crescente di politici, giornalisti ed altri stanno dicendo che queste basi ci aiuteranno, nel nome della "sicurezza" degli Stati Uniti, a preservare un percorso di violenza perpetua nel quadro di un'insicurezza perpetua.

venerdì 22 novembre 2013

Parlare in limba come festa della parola, di Bachisio Bandinu.

Parlare in limba come festa della parola, di Bachisio Bandinu.

Bachisio  Bandinu

Sa limba: è possibile porre fine alla lingua dei litiganti? Contatto, confronto, adesione: fondamentali atteggiamenti della politica linguistica. La proposta che la Fondazione Sardinia consegna  al dibattito pubblico. La lingua come rapporto fraterno.


All’occorrenza, a ondate tempestose, si ripresenta la questione de sa limba, sempre nella polemica, nel teatro dei litiganti. In cinquant’anni di dibattito non c’è stato un cammino di elaborazione attraverso studi di filosofia, antropologia, sociologia, psicologia del linguaggio sardo. Gli studi hanno coltivato il campo della glottologica e della filologia, certamente importanti ma poco incisivi sulla questione concreta del sardo nelle scuole, nella famiglia, nella società, nei mass media, nel rapporto anche linguistico tra locale e globale. In verità la società è andata avanti nell’esperienza positiva a livello scolastico, teatrale, filmico, letterario, musicale, artigiano, purtroppo a livello di ricerca intellettuale è rimasto a una sorda contrapposizione di limba sì, limba no. Una sorta di tifoseria calcistica. Al riguardo poco è servita la legge regionale 26/97 che attribuisce pari dignità a lingua e cultura sarda rispetto all’italiano, non ha prodotto molti frutti la legge 492 che riconosce il sardo come lingua di minoranza, non ha neppure convinto la ricerca condotta dall’Università di Sassari e di Cagliari sulla competenza attiva o passiva del sardo nell’isola. Viene il sospetto che le polemiche dei litiganti siano di origine passionale, umorale, motivate da vissuti personali, da processi di rimozione, di resistenza, anche se si ammantano di spiegazioni storiche, sociologiche, ideologiche.
È così sentiamo, nel ritorno ossessivo di 50 anni, le stesse domande: esiste davvero una lingua sarda? quale sardo insegnare? E ancora si ripropongono le solite affermazioni: la lingua sarda appartiene al passato, non può parlare la complessità del mondo contemporaneo, la lingua sarda è destinata a scomparire ed è inutile tenerla in vita con le leggi. Immediatamente scatta la reazione: ciascuna lingua può parlare il proprio tempo se le viene data la libertà concreta di parità con le altre lingue, la lingua sarda non è solo il deposito conosciuto del vocabolario, ha invece capacità infinita di creare nuove espressioni, nuove parole e inedite combinazioni sintattiche. Muoiono metafore vecchie, ma la lingua ha un’infinita capacità di creare metafore nuove e perciò è capace di parlare il proprio tempo. Tra le due posizioni in conflitto non c’è dialettica perché non c’è elaborazione: il tempo della polemica è fermo e si irrigidisce confermando le proprie convinzioni.
A rinforzare il bisticcio arriva la domanda: a che serve la lingua sarda? Domanda retorica che ha già inclusa la risposta: non serve, meglio l’inglese. Insegnare il sardo è tempo perso, rubato alle altre lingue, oltre a comportare spese, risorse finanziarie che sarebbe meglio indirizzare verso il cinese, l’arabo e il russo. Non manca persino l’accusa: c’è chi ci mangia sul piatto della lingua sarda. Le risposte non si fanno attendere: la lingua sarda è lingua dell’identità, senza una propria lingua un popolo non esiste, è parlato dalla lingua degli altri e dunque colonizzato anche nell’atto di parola.
È possibile porre fine alla lingua dei litiganti? Abbandonare la logica del risentimento che anima le fazioni contrapposte? Da una parte il risentimento di chi difende la lingua proprio perché negata, tagliata, esclusa, dall’altro lato il risentimento di chi la combatte perché inattuale, rozza, incapace di dare risposte alla forma del nostro tempo. Si tratta di procedere dalla torre di Babele, (dalla confusione e dalla lotta tra le lingue) verso la Pentecoste: intendersi in ciascuna lingua senza annullare le differenze- Parlare in limba come festa della parola, senza narcisismo e senza vergogna, senza ritardo e senza anticipo, senza primogeniture e senza diseredamenti. La prova più convincente viene da un’esperienza scolastica. In una scuola dell’infanzia risuonano tre parole: casu, formaggio, cheese. Sono voci che danzano con la loro musica e persino con la loro mimica. Annunciano la loro identità e danno persino la sensazione di una diversa corporeità della parola. Nonostante rimandino a uno stesso oggetto, un prodotto del latte, creano associazioni con diverse sfumature di significato. Casu, formaggio, cheese fanno ballo tondo tenendosi per mano: nessun conflitto, nessun risentimento. I bambini procedono nel cammino emotivo e cognitivo di una esperienza trilingue. Quando verrà il cinese e l’arabo la festa sarà a cinque e dunque più ricca. Questa esperienza vale più di tutti dibattiti degli intellettuali.
La festa della parola la viviamo nell’ascolto del canto e della musica in limba, nella ricchezza delle espressioni teatrali, nella produzione filmica, nella poesia estemporanea, nel canto religioso. Ciò che fa festa è il suono, il ritmo e l’intonazione: intervengono variazioni melodiche e ristrutturazione ritmiche. Sotto la parola c’è una voce, il senso è mescolato al suono, così la parola comunica perché mostra il suo corpo pulsionale, la sua materia linguistica, infatti la parola è vitale se è corporea. Il tratto fondamentale di una lingua è dato dal significante più che dal significato: è fondamentale cioè l’immagine acustica della parola che si forma ben prima del significato, in ciò consiste la singolarità della lingua e la differenza da un’altra lingua.
Suono e senso della parola costruiscono il linguaggio, la comunicazione sociale e investono immediatamente l’abitare un territorio, la modalità e le scelte di vita. Domo, casa, house dicono di un particolare modo di abitare un territorio. Parlare anche in sardo la crescita della Sardegna vuol dire acquisire coscienza di soggettività: l’atto di parola è simultaneamente azione, indirizzo, progetto. Parlare anche in sardo lo sviluppo economico, le trasformazioni sociali, le mediazioni culturali. Sa limba è capace di fare le traduzioni che servono per comunicare con il mondo, per parlare in proprio, non per essere parlati. Nel processo di globalizzazione il dominio si esercita anche nell’imposizione dei linguaggi, nella produzione linguistica delle merci, nei codici linguistici della comunicazione tecnologica imponendo così un sistema di significazione che si realizza nell’esperienza relazionale di ogni giorno. Oggi il potere consiste in una produzione di senso come produzione materiale, un macchinario politico, economico, sociale e culturale. La lingua sarda può essere un dispositivo di accettazione e di rifiuto, di filtro, di traduzione e di relazione. Linguaggio parlato da sardi nel tempo attuale, quello vissuto rispetto alle cose da fare e da dire, rispetto all’economia e alle finanze, all’artigianato e al turismo, alle risorse locali e alla loro valorizzazione. Fare politica in lingua sarda.

Riconosciuta l’importanza de sa limba nella politica, nell’economia, nella cultura, è legittimo porre la questione dei modi e dei tempi di una politica linguistica. Su questo tema è importante il contributo degli studiosi ma anche di tutti cittadini perché riguarda proprio un indirizzo politico. La recente polemica ha investito l’Assessorato della Pubblica Istruzione, specificatamente nella figura di Peppe Corongiu, direttore del servizio della “Lingua sarda”.
Gli indirizzi della politica linguistica dell’assessorato sono diretti ad una decisa valorizzazione della Lingua sarda comune, la LSC, attraverso gli uffici linguistici provinciali e comunali, attraverso pubblicazioni e relazioni in congressi ufficiali, attraverso dibattiti e traduzioni. Nata come necessità burocratica per rispondere in un unico codice comunicativo alle diverse istanze espresse nelle molteplici parlate locali, a opera di Renato Soru, la Lingua sarda comune viene promossa a lingua ufficiale delle espressioni pubbliche promosse o sostenute dall’Assessorato. Si tratta dunque di una decisione politica e come tale dovrebbe estendersi anche all’insegnamento scolastico, alla comunicazione radiofonica e televisiva e porsi anche come discriminante in eventuali concorsi pubblici. L’obiettivo è quello di una istituzione della lingua nazionale sarda. Questa scelta è legittima ed è mossa da buoni propositi. Nella storia d’Europa ogni lingua nazionale è stata in qualche modo imposta, proprio per ragioni politiche e per unificare la nazione attraverso un idioma comune, d’altro canto non è pensabile che si arrivi spontaneamente ad una unificazione linguistica per consenso gratuito. Nel caso specifico l’obiettivo della politica linguistica voluta dall’Assessorato è valido e anzi meritevole. Discutibili, nel senso che meritano discussioni approfondite e allargate, sono i modi e i tempi del progetto che si vuole realizzare, infatti laceranti risultano le modalità di attuazione. Di fatto non preoccupa tanto la polemica tra i fautori della “lingua sì, lingua no”, quanto la conflittualità esasperata tra coloro che sono convinti fautori del sardo, sino a porre uno spartiacque discriminante fra Lingua sarda comune e le varietà isolane. Chi non condivide l’uso per così dire istituzionale della LSC si sente discriminato, si sente escluso dalle organizzazioni degli uffici della lingua, che comunque stanno diventando fonte di occupazione, e da altre presenzialità nei convegni e nei dibattiti pubblici, e addirittura larvatamente minacciato di rappresaglia e di futura esclusione. E’ una situazione assolutamente insostenibile, foriera di lacerazioni profonde a danno di una comune battaglia per la valorizzazione del sardo. È necessario dunque una politica linguistica che si fondi sulla mediazione di atteggiamenti differenti, anche perché ne va di mezzo il raggiungimento dell’obiettivo finale che è quello di una lingua nazionale sarda.

Facciamo un esempio significativo. Istituendo l’uso della lingua sarda nelle scuole, è opportuno insegnare la LSC o la variante locale? Secondo un discorso strettamente “ politico” e mirato all’obiettivo di una più sollecita unificazione linguistica, anche a costo di una imposizione, è consigliabile la LSC trattandosi di una occasione unica per impostare dalla base una lingua nazionale. Certo ci saranno opposizioni, risentimenti e conflittualità, ma gradualmente verranno meno ed intanto si ha avviato un processo fondamentale di parlata e di scrittura comune sarda. La mia preoccupazione è che proprio questa scelta possa compromettere i risultati desiderati. La lingua materna struttura l’inconscio dei singoli abitanti e per così dire della comunità, ciò vuol dire che la parlata locale ha un fortissimo carattere identitario che è principalmente fondato sull’immagine acustica della parola. La parlata della comunità ha una propria identità fonetica, una specifica qualità sensoriale. Conferma un riconoscimento e una appartenenza,  sicurezza e protezione. Ogni variazione minima è stigmatizzata. Fillu e fizu misurano una distanza netta a livello del profondo nei rispettivi parlanti, non per motivi superficiali o campanilistici. Un bambino può uscire dal coma se la madre sussurra delle parole o canta una ninnananna nella lingua nativa del bambino, se lo fa in una lingua acquisita, il messaggio è senza efficacia. Se la mamma logudorese, invece di dire fizu meu, dice fillu miu, il bambino non reagisce allo stimolo.
La logica conseguenza di questo discorso affermerebbe l’impossibilità di una lingua nazionale sarda che non fosse imposta dal potere politico. Non è così. La proposta elaborata negli anni ‘90 nei seminari della Fondazione Sardinia mi sembra più che mai valida. La scuola di un singolo paese pone come lingua base la parlata della comunità e in adiacenza propone la lingua unificata spiegando che è una ricchezza e che allarga il campo verso una cittadinanza linguistica sarda che ha la forza di una coesione politica e di una identità nazionale. La lingua standard come coscienza di popolo. Sarà l’insegnante a creare mediazione e alternanza simbiotica tra parlata locale e koinè, risolvendo quel senso di straniamento che il passaggio comporta. Contatto, confronto, adesione. Il meccanismo fondamentale è quello del trasferimento di suono e di emozione della parola paesana in quella standard. È un vero e proprio transfert dell’immagine acustica da un significante ad un altro significante, da una parola ad un’altra parola, peraltro assai simili. Si ha così una confidenza di suoni e una familiarità affettiva attraverso un gioco di scambio e di avvicendamento fino ad una compresenza accettata e condivisa. È un processo di integrazione senza espropriazione. La parlata paesana non viene repressa e neppure sminuita, si pone invece in adiacenza con quella koinè che vuole diventare lingua della nazione sarda.
È una proposta fra le possibili altre da elaborare e da consegnare al dibattito pubblico. Ogni fondamentalismo è negativo e finisce per creare “noi e gli altri, gli amici e i nemici, i sapienti e tonti”: chi in definitiva ne paga i costi è proprio la valorizzazione della lingua sarda, obiettivo che vale ben più delle ragioni personalistiche e di gruppo, del sadismo del masochismo conflittuale.
Bachisio  Bandinu, 19 novembre 2013

mercoledì 20 novembre 2013

CI MANCAVANO LE CANNONIERE VOLANTI

CI MANCAVANO LE CANNONIERE VOLANTI

A. Boassa



Credo che sia sommamente ingiusto contestare un governo che diretto dall'uomo dalle grandi palle sta reinserendo l'Italia tra le più grandi potenze militari così come era successo tanti anni fa durante il grande ventennio mussoliniano .


L'uomo dalle grandi palle ha già rassicurato il"Grande Alleato" che l'esercito italiano non abbandonerà l'Afghanistan e nel 2014 saprà dare grande prova di potenza e di coraggio . Per la Somalia del Mediterraneo (leggi ex Libia) si potrebbero sgominare le milizie pagate dagli alleati che però non obbediscono agli alleati senza far correre rischi ai nostri soldati . Abbiamo i Tornado, abbiamo gli Eurofighter ed ora finalmente le cannoniere volanti un pò più piccole di quelle del "grande Alleato" ma non meno micidiali (sulla loro potenza di fuoco leggete Manlio Dinucci sul Manifesto) .


L'uomo dalle grandi palle ha voluto rassicurare anche l'Europa(leggi oligarchie finanziarie e militari) che conscia delle guerre venture prossime che porteranno morte e distruzione in Medioriente e in Africa ha una paura boia di essere invasa da enormi masse illegali . Lui e il pacifista Mario Mauro triplicheranno la presenza navale nel Mediterraneo . Naturalmente navi da guerra che si sa sono le più indicate per la protezione dei migranti .


la portaerei italiana Cavour 


C'è un'altra preoccupazione . Il filo di perle . Che cos'è il filo di perle ? E' il nodo scorsoio che il"Grande Alleato" sta accuratamente ponendo sul collo della Nuova Cartagine , la Cina . La nostra base militare a Gibuti (che certo ci è costata un occhio) può dare un contributo decisivo per presidiare lo stretto e il transito delle petroliere .


Insomma siamo pienamente coinvolti nelle strategie di guerra fredda che significano in concreto difesa e conquista di posizioni , cioè guerra vera contro governanti o popolazioni che non si allineano (vedi Jugoslavia , Iraq , Afghanistan , Libia ,Siria) . In preparazione naturalmente della grande guerra che verrà ,quella "calda".


Fare dei commenti accidiosi su quanto ci sono costati gli F-35 , le cannoniere volanti , la base di Gibuti ... significa non avere un grande pensiero politico , significa pensare in piccolo e meschinamente . Queste sono spese ,sono impegni che sconfiggeranno il Nemico , i Nemici e assicureranno all'Italia un futuro di rapina e di saccheggio , radioso e di prosperità .


Se chiudiamo l'Ansaldo e la Breda lo facciamo perchè il civile è senza prospettiva . La Finmeccanica deve concentrarsi sul militare, esclusivamente sul militare , non solo per i grandi profitti che comporta il commercio da guerra ma anche e sopratutto per rifornirci delle tecnologie belliche più avanzate .

Altro che Ansaldo e Breda .

LA TEMPESTA IN SARDINYA: Omicidio volontario e strage in Sardegna. Fenomeno artificiale....


Siamo qui a piangere la strage di uomini donne e bimbi morti in questa disgrazia , voluta.

La situazione che emerge dalla "bomba d'acqua" che è stata gettata sulla Sardinya è di proporzioni colossali, la nostra non può che essere una critica severa alle autorità preposte che non hanno pensato alla protezione civile , ma a loro dire hanno diramato messaggio di pericolosità meteo.

La cosa che detestiamo è dover ragionare sempre a "pustis" , detto alla sarda, dei disastri fatti dal MALGOVERNO che negli anni si è insediato alla RAS; 

l'incompetenza si rivela come  il leit motive di questi politicanti del malaffare sardo-italioti sempre preoccupati ad arricchirsi il più possibile e lasciare le nostre genti in balia degli eventi ("esperimenti"?) climatici. 

Mancano come sempre i responsabili di tanti anni di mancata manutenzione del territorio, di progettazioni di ponti e strade che non tenevano conto delle esigenze idrogeologiche del territorio, non lasciando gli spazi dovuti ai torrenti ed ai fiumi; hanno lasciato costruire in ex paludi, in depressioni sotto il livello accettabile della abitabilità , l'indecente  rincorsa ai voti ha generato ampli settori di favoritismi che le morti d'oggi sono l'effetto di queste speculazioni politiche.

Abbiamo bisogno di risanare il territorio , ma prima di tutto la classe politica oggi corrotta e in malafede; 

Senza una nuova classe dirigente sarda che faccia l'interesse della nostra terra e del nostro popolo è impossibile cambiare registro, ne dobbiamo essere consapevoli e coscienti; 
ricordiamoci  che tutto il male che abbiamo subito non viene solo per nuocere, se ci porta alla giusta riflessione e al cambiamento di regime; 
se questo immane disastro è voluto, dalla mala-politica, NOI vogliamo cambiare politica per VIVERE nella sicurezza!

Leggiamo quanto segue poiché ci permette di farci un'idea di cosa è successo sulla nostra amata terra.

SA Defenza



Unionesarda 
20 luglio 2002 
L’annuncio dell’assessore Ladu: «In Sardegna la sperimentazione partirà dalle zone degli invasi»

Il Governo bombarda le nuvole
Con dieci milioni di euro pioggia artificiale da ottobre
In Sardegna da ottobre pioverà acqua artificiale. La decisione della Regione di procedere subito al bombardamento delle nuvole arriva dopo quella con cui ieri il Governo ha deciso di stanziare dieci milioni di euro per attuare un piano, già sperimentato con buoni risultati in Israele. La misura, del tutto eccezionale, dovrebbe permettere di attenuare la grande sete oltre che in Sardegna, anche in Sicilia, Puglia e Basilicata, le regioni più colpite dalla crisi idrica peggiore degli ultimi cent’anni. Nei prossimi giorni un’ordinanza del ministero dell’Ambiente darà il via alle procedure necessarie. In Sardegna la sperimentazione partirà fra pochi mesi: «Inizieremo a bombardare le nuvole in ottobre».
L’annuncio è di Silvestro Ladu, assessore regionale ai Lavori pubblici, che commenta positivamente la decisione del Governo: «Tempo fa avevamo avanzato la proposta al commissario straordinario per l’emergenza idrica. Ora abbiamo anche i fondi per iniziare: non conosco esattamente l’ammontare delle risorse che spettano alla Sardegna, ma credo che con quattro-cinque miliardi si può dare il via alla sperimentazione con contratto di tre anni». Ladu, tuttavia, mantiene un piccolo margine di incertezza: «È un tentativo che stiamo facendo. Non siamo in condizioni di sapere quale sarà la resa. Ma basterebbe un miglioramento del 20 per cento per attenuare la crisi. Inizieremo a bombardare le nuvole nelle zone dove è necessario invasare l’acqua: mi riferisco al Gennargentu, alle montagne del sassarese e del Sulcis».
Il sistema, già sperimentato in Israele, permetterà di far piovere spargendo nell’aria una polverina quasi invisibile. Come? Un radar individuerà le nuvole che possono dare più pioggia, cioè quelle con temperature inferiori allo zero e che contengono acqua ancora allo stato liquido. Poi, una volta individuate, con l’utilizzo di aerei verrà sparso alla base delle nuvole un materiale non nocivo per l’ambiente, lo ioduro d’argento, in soluzione con l’acetone. È l’ultima fase: una sorta di inseminazione artificiale delle nubi per ottenere l’acqua.
Il piano del ministero dell’Ambiente è stato approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Il presidente della Regione Mauro Pili, non più tardi di qualche giorno fa, ha presentato in un vertice alla Protezione civile il progetto che prevede proprio il bombardamento delle nuvole per far arrivare nell’Isola un po’ di pioggia. L’operazione ora si farà, sull’esempio di quanto ha fatto negli anni Ottanta una società italiana, la Tecnagro, per attenuare la siccità in Israele. Ma in Sardegna c’è un esperto che sta per fondare una società che si propone, appunto, di provocare la pioggia artificiale. Si chiamerà “Thor” (Thunderstorm hunt-up organization) che Roberto Iorio, 58 anni, originario di Torino, abbrevia in “Società sarda per l’incremento delle precipitazioni”. Chissà che non sia proprio il suo staff a regalare l’acqua all’Isola.
(Lorenzo Piras)




Da facebook i comenti di persone impegnate nella lotta contro l'inquinamento da geoingeneria e chemictrails 

Rosario Marcianò :


"Omicidio volontario e strage in Sardegna. Fenomeno artificiale.  Si noti il cono con origine sulle coste dell'Africa. Nessuna fonte anticiclonica sul Tirreno. Non a a caso il fenomeno indotto è stato chiamato "Cleopatra" I meteorologi e le autorità preposte mentono!"




DA FACEBOOK 
I meteorologi hanno parlato di un fenomeno dalla portata millenaria! Cioè qualcosa che non ha precedenti documentati nella storia! ormai noi che seguiamo questi fenomeni sappiamo che non sono più naturali già da tempo ... un anno tocca alla sardegna poi la sicilia, liguria, toscana, Piemonte e così via... altro che fenomeni millenari ... piogge da oltre 400 mm in poche ore sono delle vere e proprie bombe ... è un attacco vero e proprio ... è da metà ottobre che bloccano i flussi normali di aria fredda da nord evitando la mescola naturale nell'atlantico ... ovvio che questo comporta un elevato surriscaldamento dell'area mediterranea con conseguente bomba quando decidono di aprire un varco e indirizzare le correnti di aria fredda in dei punti precisi ... ormai non ci caschiamo più ... sono degli attentati veri e propri ... il tutto unito ad una indecente manutenzione dei corsi d'acqua e una speculazione edilizia esagerata, causano vittime ogni anno ... senza sosta ...



http://www.tanker-enemy.tv/giant-cloud-nasa-machine.htm

http://ia600706.us.archive.org/29/items/RosarioMarcianSuRadioIes28Ottobre2011/RadioIes-IntervistaARosarioMarcian28-10-2011.mp3

la segnalazione dei soliti disinformatori notoriamente pagati per questo scopo chiamati anche troll, segnalano alle autorità le anomalie atmosferiche denunciate su facebook che a loro paiono diffamazioni; 

 mentre sappiamo bene che Rosario Marcianò è persona consapevole studiosa e veritiera sulla realtà di questi fenomeni artificiali, persona degna di fede ed autorevole, e ciò che denuncia da anni pubblicamente è l'evidenza delle manipolazioni meteo .






Comitato Sardo scie chimiche 
Comitato Sardo scie chimiche


La Manipolazione climatica è oramai un dato di fatto,dalla Storia ai tempi moderni si sono fatte sperimentazioni in atmosfera più o meno Top Secret, grazie alle teorie di Tesla che furono rubate rielaborate e adattate in progetti di natura bellica, come HAARP.
Il termine HAARP è da leggersi per esteso come "High-frequency Active Auroral Research Project" (Progetto attivo aurorale di ricerca ad alta frequenza)La nascita di HAARP risale al 1987, quando il consulente dell'Atlantic Richfield Corporation (ARCO), il fisico Bernard J. Eastlund, applicò le sue intuizioni derivate da un brevetto dell'inventore Croato Nicola Tesla (1856-1943) denominato "Metodo ed apparecchiatura per l'alterazione di una regione dell'atmosfera, ionosfera e/o magnetosfera terrestre" numerato U.S. Patent #4.686.605.
Esistono dunque uno e oramai più di un impianto di antenne nel Mondo,dediti solamente ad accumulare e sprigionare milioni di WATT di onde ELF sulla ionosfera per poter modificare il clima.
Dal progetto"Popeye" utilizzato nei conflitti come in Vietnam,irrorando sostanze chimiche come ioduro d'argento per provocare piogge intense,meglio conosciuto come "cloud seeding",
al "Progetto R.F.M.P. V.R.T.P.E." usata dalla Marina Statunitense nei recenti conflitti sia in Arabia Saudita sia in Iraq",irrorando in atmosfera sostanze igroscopiche ed estremamente elettro conduttive, come il Bario, TrimetilAlluminio e Gel di Silicio, per formare una sorte di "antenna infinita" per le Frequenze Radio,usate dai Militari nel campo della sorveglianza, della guida a distanza di missili e droni, nella trasmissione di segnali Radar ed in sistemi d'arma a radio frequenza!
Purtroppo tutte queste tecnologie hanno un prezzo che tutti noi in termini di SALUTE stiamo pagando,sia per sostanze chimiche che quotidianamente inaliamo sia per inquinamento elettromagnetico al quale siamo sottoposti contro la nostra volontà!

La RAI finalmente e stranamente,fa informazione corretta,a nostro avviso perché si è raggiunta la consapevolezza che non si può più mentire o nascondere una realtà visibile quotidianamente dalla popolazione oramai consapevole...

Vorremmo ipotizzare che questo fa parte di un piano per rendere consapevole la popolazione e prepararla al peggio



Paolo Maninchedda scrive:


L’imbroglio della Protezione civile

20 NOVEMBRE 2013
pinocchioHo contestato duramente la posizione del prefetto Gabrielli, il quale ha scaricato ogni responsabilità sui sindaci e sulle istituzioni del territorio.
Ho contestato in particolare la genericità dei bollettino di vigilanza meteo.
Un giornalista mi ha fatto notare che ero stato impreciso.
Sono andato a ricontrollarmi tutti i bollettini del giorno 17, 18 e 19.
Ho scaricato le cartine che visualizzavano il rischio.
Mentre facevo questa operazione, la cartina del giorno 18 novembre ha cambiato aspetto.
Fino a poco prima delle 16.00 di oggi questa era la cartina delle previsioni del giorno 18:
cartina 18112013bvg_legenda_d0
Dalla cartina si evince chiaramente che la  Sardegna è colorata col blu del rischio elevato, non col viola del rischio molto elevato. Pochi minuti dopo le 16.00 di oggi la cartina del 18 novembre cambia aspetto. Eccola qua linda e pinta:
nuova cartina 18112013bvg_legenda_d0
Come vedete adesso abbiamo una cartina con un’area con rischio molto elevato.
Giudicate voi. Avevo ragione a sospettare che dietro l’aggressività del prefetto Gabrielli ci fosse una lunghissima coda di paglia di uno Stato non solo assente ma anche imbroglione.

martedì 19 novembre 2013

Quirra, ennesimo rinvio della decisione di rinvio a giudizio, ennesima proroga alla superperizia inutile e dilatoria.

Quirra, ennesimo rinvio della decisione di rinvio a giudizio, ennesima proroga alla superperizia inutile e dilatoria.

Mariella Cao


Militare ucciso dalla sindrome di Quirra

Nessuna sorpresa ma tanta indignazione.
 

Gettiamo le Basi, purtroppo, è stato facile profeta. L’iter  intrapreso è chiaro: addormentare l’opinione pubblica con la solita sceneggiata dell’indagine scientifica infinita, far cadere nel dimenticatoio l’affaire Quirra, raggiungere il traguardo della prescrizione dei reati.  Le nostre nere profezie, rese pubbliche  lo scorso 17 marzo, purtroppo, sono state suffragate a distanza di pochi giorni dall’ancora più cupo scenario delineato dal PM Fiordalisi nella Memoria del 27/3  che segnala l’alto grado di probabilità che l’indagine peritale possa portare via anni e i reati contestati a otto imputati vadano per prescrizione. inoltre afferma l’esigenza che l’indagine deve essere svolta in modo razionale e pertanto deve essere configurata  in base alle esigenze ed ai tempi di un normale procedimento penale, quindi, si giustifica solo se dura dei mesi, non anni come il PM teme. 

Va ribaltato il tipo d’approccio al problema di dimostrare la contaminazione
. Partire dalla documentazione, pubblica e facilmente accessibile, delle sostanze tossiche e nocive (classificate tali dalla legge) contenute e disperse nell’ambiente dai vari sistema d’arma è più facile e più efficace delle analisi di matrici ambientali e/o biologiche, inoltre toglie spazio a depistanti  discussioni, si pensi all’infinita diatriba se l’uranio è pericoloso o innocuo come sostiene Veronesi insieme alla genia degli esimi scienziati embetted e all'avvocatura di Stato, si sappia dell'illustrazione protrattasi per ore e mesi nelle udienze di Lanusei, sviscerata dalla miriade di avvocati degli imputati, sulla pericolosità del torio solo nel caso che sia iniettato in vena. Un ricordo: quando ministri e vertici delle forze armate si ostinavano a negare a tutto negare l’uso di uranio in Bosnia da parte della Nato il sito della ditta che produceva i missili Tomahawk all’uranio li magnificava come “l’arma privilegiata nella guerra in Bosnia" e specificava persino la quantità di DU caricata nelle testate e scaricata sulla popolazione. 

Riproponiamo le nostre osservazioni del 17 marzo 2013

lancio di missile a Quirra

Comitato sardo Gettiamo le Basi  
Processo Quirra. Il gup Nicola Clivio riesce a schivare la patata bollente   
Il giudice Clivio nell’udienza 11/03/ 2013 è riuscito a scansare la patata bollente e a rimandare la scomoda decisione del rinvio a giudizio degli imputati eccellenti. Lo stratagemma è il solito: l’ennesima puntata della telenovela “Ricerca scientifica infinita” in auge dal lontano 2001. Ha scelto come protagonista Mario Mariani, docente del Politecnico di Milano, gli ha dato l’incarico di svolgere la solita indagine geochimica  al solito “ scopo di verificare se l’area del poligono sia o sia stata contaminata dalle sostanze chimiche tossiche e dalle sostanze radioattive (..)  e se eventuali valori superiori alla norma potevano essere conseguenza dello svolgimento delle attività militari”. Gli avvocati degli accusati esultano e inneggiano alla “significativa vittoria”. Rimarcano che “il gup ha evidentemente ritenuto di non condividere le conclusioni del pm Fiordalisi e dei suoi consulenti”, “ha ritenuto le carte dell’accusa insufficienti per i rinvii a giudizio”  
La decisione del giudice Clivio comporta: 
1   Il non accoglimento, non solo delle “perizie di parte” della Procura, ma anche dell’indagine super partes dell’Arpas che la contaminazione l’ha rilevata e misurata. 
2  Dilazione all’infinito dei tempi. Il gup ha concesso al perito sei mesi e il perito, a ragione,  ha già ventilato la proroga, infatti, deve rifare le indagini svolte dall’Università di Siena e dalla SGS (messe sotto accusa) e l’indagine dell’Arpas. Ciascuna delle tre ha  richiesto un tempo tecnico di oltre due anni. Se il perito individuerà la contaminazione la telenovela avrà un’ulteriore puntata centrata sull’aspetto sanitario. Il giudice nominerà un altro perito per accertare il nesso tra sostanze rintracciate - patologie - decessi ….e cosi via scientificamente indagando fino al secolo venturo. 
3  Prescrizione più che probabile di vari reati e conseguente proscioglimento o alleggerimento dei capi d’accusa. Fin da ora, Codice alla mano, si possono fare sicuri pronostici su generali e imputati eccellenti che la faranno franca.  
4  Riproposizione di una metodologia di ricerca che si è rivelata da tempo poco adeguata, la stessa usata nel 2001 dall’UNEP (United Nations Environment Program) in Kosovo dove sono state sparate dieci tonnellate di uranio impoverito, stando alle documentazioni Nato corredate dalle mappe dei punti d’impatto. La “classica” analisi geochimica delle matrici ambientali (suolo, acqua, aria ecc. ) ha rilevato: “Non esiste alcuna contaminazione diffusa e misurabile”. L’UNEP, però, ha concluso con l’ ammissione di avere usato una metodologia non idonea e ha indicato metodologie più consone.Le valutazioni che hanno portato Gettiamo le Basi a rigettare formalmente, come componente del Comitato Territoriale d’Indirizzo Politico istituito dal ministro della Difesa, sia il Capitolato Tecnico del Piano di Monitoraggio (marzo 2008), sia i risultati presentati a febbraio e luglio 2011, includono la valutazione di inadeguatezza, fondata anche sulle argomentazioni dell’UNEP, del lotto più nevralgico affidato dalla Nato alla SGS. A riprova: il consulente tecnico della Procura, prof. Lodi Rizzini, ha cercato le sostanze radioattive dove e come andavano cercate, nelle ossa degli uccisi ha trovato le “introvabili” sostanze radioattive, il torio, molto più pericoloso del più chiacchierato uranio.Scienza a parte, basta un briciolo di buon senso per capire che le sostanze radioattive e tossiche, se sparate o fatte brillare, si frantumano in un aerosol di polveri sottili e sottilissime, si disperdono a grandi distanze, non restano appollaiate strette strette su un albero o una roccia nel punto  d’impatto, non resistono immobili per anni e anni alla forza dei venti, al dilavamento delle piogge, alla voracità di capre, api e pesci, in gran parte sono trasferite nel corpo di chi l’aerosol respirò, quel formaggio, quel miele, quel pesciolino mangiò e si ammalò. 
5 Non considerazione del nesso specifico tra i sistemi d’arma usati nel Pisq e i contaminanti (certificati!) che rilasciano nell’ambiente (esempio: missile Tow-amianto; propellenti aerospaziali-coktail di veleni dai nomi seducenti o impronunciabili). Le ditte produttrici di ordigni bellici, per obbligo di legge, informano la cittadinanza che vive nei pressi dello stabilimento dei contaminanti utilizzati e della classe di rischio. Paradossalmente nessuna informazione è dovuta alla popolazione che vive dove le sostanze tossiche e/o nocive sono sparate nell’ambiente e si degradano in altre più pericolose. Il rischio è ben più alto di quello legato alla manipolazione controllata dei singoli componenti e reattivi. Se non si acquisisce l’informazione, pubblica e facilmente accessibile, sulle sostanze tossiche e/o nocive contenute nei vari ordigni la “presunta” contaminazione del Pisq è desinata a restare nel regno del mistero.    
 L’indagine epidemiologica. La Magistratura e il perito nominato dal tribunale terranno conto dello studio epidemiologico promosso da Regione e Commissione del Senato. I risultati sono previsti per il prossimo giugno. L’attesa però è superflua, anche in questo caso è sufficiente esaminare la metodologia di ricerca adottata per conoscere  fin da ora le conclusioni: “Non si riscontrano eccedenze significative di patologie tumorali”. La strage, “l’epidemia” di tumori, leucemie, linfomi, alterazioni genetiche sarà “scientificamente” normalizzata e cancellata.  
Comitato sardo Gettiamo le Basi 
Tel 3467059885—070823498

domenica 17 novembre 2013

Gli ex ESAF traditi dalla regione, Floris mette il veto per il trasferimento e Cappellacci non interviene ...

Riceviamo questa e-mail che rendiamo pubblica,  ci sembra giusto dare lo spazio che merita sul nostro blog a motivo della denuncia ivi contenuta,  le contraddizioni dentro la RAS (giunta della regione sarda) sono sempre oggetto di dibattito per noi sardi, specie se come quì appare motivo di scandalo nei comportamenti e promesse non mantenute; 

la denuncia parte da  "Socrate" ovviamente pensiamo sia uno pseudonimo usato per evitare ritorsioni, ci appare alquanto inquietante che i giochi di potere siano fatti sempre sulla testa delle persone, anche se dipendenti ex ESAF.

Ci auguriamo che la giunta ponga rimedio, nello specifico il presidente Cappellacci si prodighi per non essere assente o inerte, perciò come si diceva, di porre rimedio a quella che ci sembra un'ingiustizia fatta sulla pelle degli ex dipendenti, facendo quanto è giusto per salvaguardare le famiglie significa attivarsi e correggere il malfatto, ricordiamo alla RAS ed la Presidente Ugo e al suo assessore che dietro la loro decisione alla fine si incide sul benessere non solo dei lavoratori non trasferiti, ma anche sulla dignità di essere sardi perché  dietro ci sono queste persone in grave difficoltà economica. 

Sa Defenza 


Gli ex ESAF traditi dalla regione, Floris mette il veto per il trasferimento e Cappellacci non interviene 



 Il Presidente Cappellacci si era assunto nel suo programma elettorale alle pagg. 44-45 punto 3 un preciso impegno verso gli ex Esaf, che si cita testualmente: “Garantire la tutela dei dipendenti regionali (ex ESAF), ora in servizio presso Abbanoa S.p.A., mediante la piena applicazione delle leggi regionali n. 10/2005, n. 19/2006 e n. 3/2008, ai fini di un loro riassorbimento nei ruoli ordinari della Regione, Enti e/o Agenzie”. 

Si deve constatare, purtroppo, che tale impegno elettorale verso i dipendenti ex ESAF non è stato onorato. Non sono stati quindi riconosciuti,con un “atto di giustizia”, i loro diritti di Dipendenti Regionali, vincitori di un pubblico concorso. 

Questo dimostra che i programmi e gli impegni presi verso i cittadini o categorie di cittadini hanno solo fini elettorali; la realtà ha sempre dimostrato che solo una minima parte di quanto programmato vienerealizzato. 

Un gruppo di dipendenti ex Esaf ha inviato diverse lettere al Presidente Cappellacci per sollecitarlo a risolvere il problema, ma dal Presidente non si è avuta,poco correttamente, alcuna risposta, nonostante ci sentiamo dire che i cittadini devono aver fiducia nella politica e nelle istituzioni.

La mancata applicazione delle leggi su menzionate pone un problema di violazione della democrazia e di etica del diritto. 

Quanti cittadini subiscono ingiustizie perché chi è preposto all’applicazione delle leggi non le applica? Penso tanti. 

Quindi, qui si pone un problema di rapporti tra democrazia e cittadini, istituzioni e cittadini, diritto e cittadini. 

L’organo immediatamente successivo alla volontà popolare, quello legislativo, fa le leggi e quello esecutivo ha il dovere istituzionale di applicarle e, se non lo fa,compie una violazione del diritto, quindi un’illegalità. 

Ciò determina quindi una rottura tra diritto e cittadini o categorie di cittadini. 
Se però chi è preposto all’applicazione di una norma, l’applica solo per alcuni e per altri no, in questo caso la norma non è indivisibile ma divisibile, perché avvantaggia nel loro diritto alcuni e penalizza altri, in quanto si utilizzano le istituzioni pubbliche come cosa privata; allora la rottura con la democrazia è completa.

L’ Assessore al personale Maria Paola Corona ha provveduto, applicando la legge, nel dicembre 2009 a pubblicare una graduatoria per il trasferimento degli ex Esaf rimasti ancora ad Abbanoa, sulla base delle richieste fatte dagli Enti e dalle Agenzie e successivamente ha inviato agli stessi Enti e Agenzie, in data 11/06/2010, una ulteriore richiesta da far pervenire tassativamente entro e non oltre il 21/06/2010 per la copertura di vacanze d’organico, che gli stessi Enti ed Agenzie hanno provveduto a comunicare. 

Purtroppo vi è stato un rimpasto di Giunta ed è subentrato come Assessore al personale Mariolino Floris che ha bloccato tale richiesta per il proseguo graduale dei trasferimenti degli ex Esaf. 

La motivazione dell’Ass. Floris è stata che la legge 10/2005 era superata e veniva bloccata in quanto bisognava emanarne una nuova. Da parte di un Assessore tale affermazione è democraticamente grave, perché una norma non può essere bloccata, ma abrogata da una successiva; se ciò non avviene la legge precedente è sempre valida. 

Stando alla sua affermazione, come mai allora qualcuno è stato trasferito e qualcun altro no? Si lascia al lettore la risposta. Questo determina un autoritarismo democratico nell’uso delle istituzioni, in quanto si esercita il potere politico e la sovranità a proprio piacimento. 

Eppure in una recente intervista l’Ass. Floris ha affermato che nei partiti c’è troppo individualismo, però possiamo affermare che, per le cose su menzionate, lui non è diverso dagli altri e che il suo modo di agire è frutto della vecchia politica di cui egli stesso ha fatto parte. 

Purtroppo tra gli ex Esaf e la società Abbanoa vi è stato sempre un rapporto conflittuale,a questo si aggiunge il mancato rispetto dei diritti acquisiti, ciò li pone nella condizione di non poter lavorare serenamente. 

Si precisa che molti ex Esaf svolgono mansioni inferiori rispetto al loro livello di provenienza, situazione che li danneggia umanamente, moralmente, intellettualmente e professionalmente. 

Certo la legge deve essere uguale per tutti, ma così purtroppo non è. Anzi si è assistito al paradosso che i dipendenti privati, con una legge regionale, diventano pubblici (vedi Hydrocontrol e Progemisa, cosa denunciata anche da organizzazioni sindacali ecc.) e i dipendenti pubblici, che hanno dato un concorso, diventano privati. 

Si può obiettare che la Regione non ha soldi e che ci sono disoccupati e persone che perdono il posto di lavoro; a questa giusta obiezione si può rispondere che tutti i dipendenti ex Esaf potevano rimanere ad Abbanoa, perché non è giusto che una parte di essi sia passata alla Regione ed altri no, senza rispettare un criterio di equità e giustizia. 

Si precisa ancora che per modificare il Ppr si sono date consulenze esterne con una spesa di 650 mila euro, invece di utilizzare personale della Regione,oltre ai rimborsi elettorali utilizzati per fini privati e che Abbanoa, per sanare il suo debito, avrà un finanziamento di 180 milioni di euro, tale debito può essere ridotto, visto che si sostiene che c’è esubero di personale, trasferendo alla Regione gli ex Esaf rimasti ancora ad Abbanoa. 

A ciò si aggiunge gli sprechi della pubblica amministrazione. Ci si chiede quanti cittadini subiscono ingiustizie perché i nostri governanti non applicano la norma.

Di seguito come possono i cittadini avere fiducia nella politica ed essere vicinialle istituzioni se chi ci governane fa un uso personale? 
Tutto questo non può che provocare un distacco sempre più netto dei cittadini dalla politica, o forse è meglio dire dalla “casta”.

 Socrate

mercoledì 13 novembre 2013

ITALIA NAZIONE IN GUERRA . NON SOLO NEOLIBERISMO . VERSO LA MILITARIZZAZIONE DELLA MENTE .

ITALIA NAZIONE IN GUERRA . NON SOLO 

NEOLIBERISMO . VERSO LA MILITARIZZAZIONE 

DELLA MENTE .

Antonello Boassa

Il governo non ha nessun diritto di commemorare Nassirija in quanto quelle morti per il governo sono semplicemente un buon affare perché costituiscono un pretesto per ulteriori spese militari , per nuove operazioni belliche e per poter appuntare sul petto una medaglia da esibire alla Comunità internazionale , acquisire prestigio e maggior potere di contrattazione .



Quel diritto appartiene a chi ha sempre pianto i morti di tutte le guerre a chi ha vissuto il 4 novembre come giorno di lutto per gli italiani deceduti in trincea o fucilati alla schiena in quanto "disertori" e per gli austriaci "nostri nemici" .


Perchè c'è un'Italia in guerra e un'Italia che vuole pace .


Il ministro della difesa Mauro , a suo tempo , era rimasto sconcertato perché gran parte degli italiani non avesse apprezzato l'acquisto degli F-35 e fosse rimasto basito quando si era venuto a sapere che per la Difesa si fosse speso una vagonata di miliardi (pare 26) . 

Il ministro deve aver giudicato immaturi ed ingenui quei suoi connazionali . Le armi e le guerre sono necessarie perché prevengono le guerre e perciò oltre che essere democratizzanti per i popoli incivili sono anche umanitarie perché salvano le popolazioni dall'eccidio di massa . 
Risulta evidente che , a sentire le parole del ministro, ci vorrebbe una maggiore collaborazione dei media per far capire ai giovani quanto sia nobilitante quella divisa che ti da il diritto di uccidere legalmente e di farti diventare un eroe se fai una strage . 


Si presume che sia necessaria perché l'Italia diventi una grande nazione una Riforma della scuola che permetta di già ai piccini un qualche esercizio di tipo militare perché possano aprire la mente all'arte militare in modo che da adulti siano profondamente motivati allo scontro con il Nemico .


Il premier italico non vuole essere da meno e per far capire a tutti che è un vero duro ha già rassicurato il Potente Alleato che nel 2014 l'Italia farà la sua parte in Afghanistan . 

Non solo . Dato che la Libia , a sentire il ministro Mauro , è un non-stato ( diciamolo pure anche per merito nostro ,grazie ai Tornado e agli Eurofighter), la marina italiana triplicherà la sua presenza per salvare , con navi da guerra ovviamente , i migranti che Tripoli non riuscirà a contenere . Non solo . 
L'Italia si addosserà il fardello di ricostituire l'esercito libico e di smantellare le milizie disobbedienti (operazione facile e di nessun rischio). Ed infine un servizio per il Paese e per l'Europa :bloccare ai confini meridionali ed orientali della Libia quella massa di disperati che da vaste aree dell'Africa si muovono aspirando all'Europa che nonostante la sua notoria generosità non ha nessuna voglia di accoglierli .


domenica 10 novembre 2013

SARDINYA ZONA FRANCA, ASPIRAZIONI e SPERANZE Di UNA REALTA' ECONOMIA FINORA DISATTESA.

SARDINYA ZONA FRANCA, ASPIRAZIONI e SPERANZE  Di UNA REALTA' ECONOMIA FINORA DISATTESA.

Vàturu Erriu Onnis Sayli


La Sardinya , è percorsa dalla speranza di riscatto di un'economia reale finora disattesa dalla politica locale e del governo italico; 

La strada delle speranze in Sardinya è lastricata da tanta energia persa sull'altare delle ipocrisie politiche delle promesse fatte nelle campagne elettorali, nel malgoverno delle varie giunte succedutesi negli anni nella capitale la città bianca Karalis.

L'idea della zona franca in Sardinya risale molto indietro nel tempo; l'idea di una fiscalità di vantaggio che vada a colmare i divari economici e maggiori costi dovuti all'insularità, l'aspetto principale delle Zone Franche nel mondo , dove esse si attuano , sono l'esenzione dei pagamenti delle accise  e dell'IVA.

Il dibattito sviluppatosi con le correlate polemiche sono state accentuate e forti , proprio per l'importanza dell'argomento trattato e delle conoscenze messe in campo dai vari soggetti aventi parola nella questione, si è arrivati anche al limite dell'insulto come avviene nelle famiglie che ambiscono che l'intento vada a buon fine. 

Oggi , a pochi giorni  dall'approvazione nel Consiglio regionale della RAS (Regione Autonoma della Sardinya), chiediamo alla dottoressa Maria Rosaria Randaccio , cosa è avvenuto e come si potrà attuare la Zona Franca in Sardinya.

Vogliamo anche rammentare le polemiche sollevate a questa votazione e i consigli avutesi nel tempo su queste pagine del nostro blog.

Il Dr Paolo Maninchedda pochi giorni fa commentava così:
Dopo aver raggiunto l’accordo con tutto il Consiglio Regionale sull’emendamento che emendava l’art.12 dello Statuto, rendendo tutto il territorio regionale ‘Zona Franca’, la Giunta ha rotto l’unità e ha imposto, con la sua maggioranza, un testo assurdo che da una parte colloca la Sardegna fuori dalla linea doganale, dall’altra mette la Zona Franca interamente nelle mani dello Stato italiano, senza alcun ruolo per la Regione Sardegna, la quale però è chiamata a coprirne i costi. Insomma: le regole e la gestione sono stati affidati allo Stato italiano, che è stato il becchino fiscale della Sardegna per secoli, mentre i costi sono stati caricati ai sardi.
Il dottor Mario Carboni tempo fa ebbe a dire
..sono felice che finalmente ci sia una convergenza con ciò che penso da oltre 30 anni e che sostengo anche adesso e cioè che la Sardegna debba essere posta fuori dalla linea doganale dello stato e quindi zona franca integrale fiscale e doganale. 
I commenti che abbiamo  riportato sopra  sono un esempio per far comprendere quanto prima affermato sul fermento che è in atto in Sardinya su questa problematica molto sentita, sia nell'ambito politico che sociale.

Interessante la posizione della Dottoressa M.R. Randaccio, impegnata con l'Avvocato F. Scifo e tutte le varie soggettività diffuse nel territorio come Giuseppe Carboni , Giuseppe Marini e molti altri, che assieme muovono le passioni e gli interessi politici economici e sociali attorno all'idea della Zona Franca.
Noi di Sa Defenza pensiamo dei politici quel che abbiamo gà affermato in altro articolo che riportiamo in parte: 
La realtà dei politici com'é?
Se uno è ignorante e tronfio e fiero della propria ottusità,  basta essere un dotto, se uno è un dotto deride l'opinione esatta diversa dalla sua, non la prende neanche in considerazione; l'atteggiamento classico nella storia della scienza  è: negare, minimizzare, ridicolizzare è automatico; l'ignoranza dei dotti è la cosa peggiore che ci sia; 

..la situazione esistente all'interno del parlamento italiano è a dir poco drammatica , poiché i deputati si dimostrano essere solo dei numeri in mano ai partiti che servono come strumenti per pigiare il dito sul pulsante del voto desiderato dai loro capi bastone senza saper e ne capire cosa votano... poiché le leggi e la loro comprensione con i rimandi ad altre leggi e commi sono di quasi esclusivo appannaggio dei burocrati che circondano e sostengono il Consiglio dei Ministri e il Premier.

Per esempio sull'IVA, in Sardinya, non   è stata applicata  da almeno 15 anni il diritto all'esenzione nei porti franchi come Cagliari, non si è perso il diritto ma certamente l'inconcludenza  della RAS, ed a volte  a motivo dell'incompetenza giuridica e legislativa dei nostri deputati, che, ci sfuggono i diritti che abbiamo nella ZF , ma per i motivi suddetti  non vengono applicati ne attuati.

La lacuna in generale dentro e fuori al movimento a cui si è dovuto porre rimedio è l'interpretazione vera sul significato di ZF extradoganali poiché si confondeva la ZF ai Porti, e non si comprendeva l'importanza di mantenere il titolo di extradoganale, su art 12 dello statuto della RAS.

Si è dovuto spiegare la legge del 1940 ove si diceva appunto dei punti Franchi sono extradoganali , perciò l'assunto delle leggi a seguire che richiamavano tale legge erano in toto il riflesso sia nell'attuazione che nello spirito la stessa cosa, come ci fa notare bene la D.ssa Randaccio
.." nel nostro statuto si diceva saranno istituiti  punti franchi extradoganali , quindi quando il decreto legislativo 75 del 1998, ha detto che in attuazione all'articolo 12 dello statuto veniva istituita in tutta la Sardegna la Zona Franca... non poteva che essere che extradoganale  questo è un sillogismo giuridico, la parola non ci deve spaventare l'abbiamo studiato nelle scuole medie il significato in analisi logica : sillogismo vuol dire una realtà che non si può confondere e cioè se questo vuol dire "questo" ciò che ho modificato non può che essere identico a quello che volevo cambiare." riferendosi al codice doganale del 1940.
Lasciamo a Voi lettori vedere questa intervista alla Dottoressa Randaccio con l'auspicio che le confuse cose dette nel passato da vari soggetti politici , siano finalmente cancellati per assumere la questione in totale chiarezza sia di intenti che di applicazione esatta alla legge originale la Zona Franca in Sardinya, forse una speranza ci è rinata in cuor, ce lo auguriamo tutti.





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