martedì 17 dicembre 2013

Legge elettorale Sarda: Legge imparziale o rappresentanza esclusiva delle potenti e danarose élite?

Legge elettorale Sarda: Legge imparziale o  rappresentanza esclusiva delle potenti e danarose élite?

Vàturu Erriu Onnis Sayli

Richiesta di modifica della legge statutaria regionale elettorale
 della Sardegna n. 1 del 12 novembre 2013 pubblicata 
nel B.U.R.A.S. n. 51 il 14 novembre 2013
Il clima politico in Sardinya è già caldo, nonostante il gelo invernale sia alle porte.

Una dopo l'altra, si susseguono le manifestazioni  politiche, le iniziative pubbliche  si moltiplicano in vista della tornata elettorale nel nuovo anno che arriva; gli umori sono contrastanti, si sente nei commenti  dei vari soggetti in campo che le nuove disposizioni elettorali turbano i sogni dei politici in Sardinya.

Come blog Sa Defenza ci siamo attivati nel porre attenzione ai malumori latenti, nei movimenti sociali e nei piccoli partiti sardi, a proposito della nuova legge elettorale.

Come abbiamo già riportato in altro articolo vogliamo ricordare ciò che dicono gli esponenti del Partito dei sardi nel loro programma elettorale , esplicitato nel libro omonimo:"L'indipendenza della Sardegna. Per cambiare  e governare il presente." leggiamo quanto segue:
... "la legge elettorale sarda, con il suo sistema maggioritario, prevede accordi prima e poi ci si conti.... Per questo la definizione dell'ipotesi di un accordo programmatico alla base dell'ipotesi di  alleanza diventa così centrale."
.."la legge elettorale presidenzialista attualmente vigente in Sardegna... forza il sistema democratico rispetto alla perfetta corrispondenza  tra consensi e rappresentanza, premiando  invece, in nome della governabilità, la maggioranza assoluta (che passerebbe dal 51% dei consensi al 60% dei seggi), qualora si esprima,  o comunque  quella relativa (che passerebbe come minimo dal 31% al 55% o dal 40 % al 60%)."
Abbiamo sentito Doddore Meloni leader del movimento indipendentista MERIS, persona che non abbisogna di presentazioni, come molti altri, essendo conosciuto da decenni per le sue lotte per l'indipendenza della Sardinya.

Domanda di Sa Defenza: Doddore abbiamo inteso dai media e dai socialnetwork della tua presentazione di un ricorso alla cancelleria della commissione elettorale del tribunale di Cagliari, contro la nuova legge elettorale sarda, ne possiamo immaginare i motivi , ma vorremmo fossi tu a  dirceli.

Risposta di Doddore: la legge Statutaria N1. Pubblicata sul B.U.R.A.S. IL 14 Novembre 2013.(legge elettorale regionale.) In particolare voglio evidenziare la scarsa considerazione del concetto democratico sancito e garantito sul diritto universale di ogni persona, Garanzia, difesa in tutto il mondo dai governi democratici, ma non garantita gia' dal momento della loro candidatura,dai candidati alla Presidenza del Governo Sardo.

Comprendiamo che il fatto non è un caso di poco conto poiché nel ricorso si fa riferimento alla Legge Statutaria elettorale della RAS ove si dice:
La legge statutaria elettorale della Regione Sardegna, emanata ai sensi dell'art. 15 dello Statuto speciale della Sardegna, nel capo I riguardante il sistema elettorale, all’art. 1, rubricato “Elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale”, al 7 comma così dispone:“1. Il Presidente della Regione  e il Consiglio regionale sono eletti contestualmente a suffragio universale e diretto con voto personale, eguale, libero e segreto.2. Il Consiglio regionale è eletto con voto attribuito a liste circoscrizionali concorrenti ciascuna collegata, a pena di esclusione, ad un candidato alla carica di Presidente della Regione.3. Il Presidente della Regione è eletto sulla base di candidature individuali regionali.4. E’ eletto Presidente della Regione il candidato presidente che ha ottenuto nell’intera Regione il maggior numero di voti validi.5. Il Presidente della Regione e il candidato alla carica di Presidente della Regione che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore fanno parte del Consiglio regionale.6. Alla coalizione collegata al presidente eletto è attribuito un premio nei casi e con le  modalità previste dall’articolo 13.7. Sono esclusi dall’attribuzione dei seggi:a) i gruppi di liste che fanno parte di una coalizione che ottiene meno del 10 per cento del totale dei voto validi ottenuti da tutti i gruppi di liste a livello regionale;b) i gruppi di liste non coalizzati che ottengono meno del 5 per cento del totale dei voti ottenuti da tutti i gruppi di liste a livello regionale”.

Dalla lettura dell'articolo 1 vediamo come al capoverso 7 si parla degli esclusi, ovvero tutti coloro che non raggiungono il 10% dei voti  che detto in numeri banali si tratta di ben 143.100 voti esclusi, come si evince dalla nota sotto riportata da wikipedia!!
Il territorio della circoscrizione coincide, come detto, con l'intera Regione Sardegna per un totale di 377 comuni, una superficie di 24 090 km2 e una popolazione di 1 639 942 abitanti  Elezioni del 2001
totalepercentuale (%)
Elettori1.431.074
Votanti1.108.33977,45(su n. elettori)
Voti validi1.009.29891,1(su n. votanti)
Voti non validi99.0418,9(su n. votanti)
di cui schede bianche60.7925,5(su n. votanti)
Perciò stiamo parlando di un numero notevole di voti visto la consistenza e i numeri legati alla nostra terra, gli esclusi è veramente di  portata enorme per i movimenti che verrebbero di fatto estromessi dalla competizione, è vero che si tratta di un problema di democrazia e di diritti umani persi, a favore dei soliti noti partiti e lobby.

Non si può certo dar torto a Doddore Meloni, quando nella sua denuncia di ricorso e richiesta di modifica della legge elettorale sarda, dice : 
"Il vigente sistema elettorale sardo presenta l'aberrazione costituzionale di prevedere delle norme, sia di sbarramento all'attribuzione dei seggi che, viceversa, di premialità, alteranti l'effettiva portata dei principi di democrazia, rappresentatività  e uguaglianza, violando in tal modo i dettami di cui agli articoli 3, 48 e 49 della Costituzione italiana."
Quando si afferma che viola la Costituzione Italiana a cui sappiamo tutti noi siamo sottoposti, per certi versi è confortante in quanto, anche se sappiamo  sempre più limitati dai comportamenti Presidenzialisti del capo dello stato italiota, ci da ancora spazi di "democrazia".

E' di fondamentale importanza non passare oltre , se non vi è espressione della stessa Corte d'Appello proprio su questo sistema elettorale. perché offensivo delle minoranze ed antidemocratico:

leggiamo nel ricorso: ".... nel collegio unico regionale si calcolano le percentuali di voti ottenuti da ciascuna coalizione e gruppo di liste non coalizzato sul totale dei voti ottenuti da tutti i gruppi di liste e si escludono dall’attribuzione dei seggi le coalizioni con i gruppi che ne fanno parte e i gruppi di liste non coalizzati che non hanno raggiunto le percentuali di sbarramento richieste dall’articolo 1, comma 7”.La previsione di una soglia di sbarramento, comportante l'esclusione dall'attribuzione dei seggi, come appena visto, penalizzando fortemente i movimenti e i partiti c.d. minori, con  le istanze che essi rappresentano da parte dei loro elettori, non consente di manifestare ed esprimere pienamente il diritto riconosciuto a tutti i cittadini dall'articolo 49 della Costituzione, quale “diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale“..." 
inoltre a quanto già affermato prima,  si arriva ad estendere la imparzialità  nell'escludere  minoranze politiche non allineate al sistema, premiando altre minoranze più numerose dandogli la maggioranza assoluta dei seggi. 

Ecco perché la legge è da rifare, c'è da tenere conto  quanto detto  dalla Corte Costituzionale italiota  attorno al  loro "Porcellum", applicabile per  estensione di similarità anche al "procedhum sardum".

Sempre nel ricorso si mette in risalto l'incongruità fatta dalla legge quando si dice:
2. Salvo quanto previsto dal comma 5, si assegna alla coalizione o al gruppo di liste non coalizzato collegati al presidente proclamato eletto:a) il 60 per cento dei seggi del Consiglio regionale se il presidente proclamato eletto ha ottenuto una percentuale di voti superiore al 40 per cento;b) il 55 per cento dei seggi del Consiglio regionale se il presidente proclamato eletto ha ottenuto una percentuale di voti compresa tra il 25 ed il 40 per cento.

n. 1 del 12 novembre 2013 pubblicata nel B.U.R.A.S. n. 51 il 14 novembre 2013Richiesta di modifica della legge statutaria regionale elettorale della Sardegna
e continua dicendo: 
"... se i seggi fossero assegnati proporzionalmente, in base ai voti effettivamente ottenuti, il risultato sarebbe stato di 15 consiglieri, seguendo il criterio di proporzionalità dato dall'orientamento della Corte Costituzionale con la recente sentenza del 4 dicembre 2013, invece per raggiungere la maggioranza indicata dalla legge regionale che qui si censura, dovrebbero aggiungersi 18 consiglieri, pari al 110% in più di quanto si ottiene su base proporzionale."
Dunque se il diritto costituzionale parla di parità di opportunità è chiaro che il tutto deve essere rimesso in discussione, e se così risulterà dai fatti esposti si dovrà rifare la legge tenendo conto dell'articolo 49 della Costituzione Italiana, 
 a cui il ricorso fa riferimento dicendo:
"...Il diritto stabilito dall'articolo 49 Cost., presuppone infatti la partecipazione continua e permanente del popolo a determinare la politica nazionale, ...il concorso-competizione fra i partiti richiede in primo luogo la garanzia di una posizione paritaria tra le diverse forze politiche in modo che siano assicurate a ciascuna di esse eguali opportunità di partecipazione nella formazione degli organi rappresentativi e alla determinazione dell'indirizzo politico..."
Crediamo che ci sia materiale su cui discutere sia politicamente che legalmente , per dare voce  non solo alle minoranze più numerose , ma che sia egualitaria versoi tutte le parti in gioco.

Oggi che i tempi sembrano più maturi per l'assunzione del governo sardo da parte del popolo non "dipendente" dai fori imperiali romani, ci auguriamo che questo ricorso unisca i movimenti indipendentisti e identitari oltre che sardisti , affinché facciano sentire la loro voce unità come un SOLO UOMO di fronte al GOLIA moderno della situazione politica sarda, per la vittoria finale.

LA LEGGE REGIONALE DA VISIONARE 

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

LEGGE REGIONALE STATUTARIA 12 NOVEMBRE 2013, N. 1

Legge statutaria elettorale ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto speciale per la Sardegna
***************
Capo I
Sistema elettorale regionale
Art. 1
Elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale
1. Il Presidente della Regione e il Consiglio regionale sono eletti contestualmente a suffragio universale e diretto con voto personale, eguale, libero e segreto.
2. Il Consiglio regionale è eletto con voto attribuito a liste circoscrizionali concorrenti ciascuna collegata, a pena di esclusione, ad un candidato alla carica di Presidente della Regione.
3. Il Presidente della Regione è eletto sulla base di candidature individuali regionali.
4. È eletto Presidente della Regione il candidato presidente che ha ottenuto nell’intera Regione il maggior numero di voti validi.
5. Il Presidente della Regione e il candidato alla carica di Presidente della Regione che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore fanno parte del Consiglio regionale.
6. Alla coalizione collegata al presidente eletto è attribuito un premio nei casi e con le modalità previste dall’articolo 13.
7. Sono esclusi dall’attribuzione dei seggi:
a) i gruppi di liste che fanno parte di una coalizione che ottiene meno del 10 per cento del totale dei voti validi ottenuti da tutti i gruppi di liste a livello regionale;
b) i gruppi di liste non coalizzati che ottengono meno del 5 per cento del totale dei voti ottenuti da tutti i gruppi di liste a livello regionale.

Art. 2
Definizioni
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) circoscrizione elettorale, d’ora in avanti “circoscrizione”, la suddivisione del territorio regionale ai fini dell’elezione del Consiglio regionale;
b) lista circoscrizionale, la lista concorrente di candidati alla carica di consigliere regionale presentata in una circoscrizione elettorale;
c) gruppo di liste, l’insieme delle liste contraddistinte dal medesimo contrassegno e denominazione nelle diverse circoscrizioni elettorali;
d) coalizione di gruppi di liste, d’ora in avanti “coalizione”, più gruppi di liste collegati al medesimo candidato alla carica di Presidente della Regione;
e) gruppo di liste non coalizzato, il singolo gruppo di liste unico collegato a un candidato presidente;
f) candidato presidente, il candidato alla carica di Presidente della Regione.

Art. 3
Circoscrizioni elettorali
1. Il territorio della Regione è ripartito nelle otto circoscrizioni elettorali di Cagliari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Nuoro, Ogliastra, Olbia-Tempio, Oristano e Sassari, corrispondenti a quelle risultanti alla data delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale dell’anno 2009.
2. Il complesso delle circoscrizioni forma il collegio unico regionale ai fini del calcolo dei voti attribuiti ai candidati alla carica di Presidente della Regione e dell’attribuzione e del riparto dei seggi fra le coalizioni e i gruppi di liste.
3. Il numero dei seggi spettanti a ciascuna circoscrizione è calcolato dividendo la cifra della popolazione residente nella Regione, quale risulta dai dati ISTAT al 31 dicembre del penultimo anno precedente la data di convocazione dei comizi elettorali, per il numero dei seggi del Consiglio meno uno ed assegnando ad ogni circoscrizione tanti seggi quante volte il quoziente è contenuto nella cifra della popolazione residente nella circoscrizione.
4. I seggi eventualmente rimanenti sono attribuiti alle circoscrizioni per le quali la divisione prevista al comma 3 ha dato maggiori resti.

Art. 4
Liste circoscrizionali
1. La dichiarazione di presentazione delle liste circoscrizionali è accompagnata, a pena di esclusione, dalla dichiarazione di collegamento con il candidato alla carica di Presidente della Regione.
2. Ciascuna lista circoscrizionale è contraddistinta da un proprio contrassegno e denominazione.
3. Le liste circoscrizionali, a pena di esclusione, devono essere presentate con il medesimo contrassegno e denominazione in almeno tre quarti delle circoscrizioni elettorali, in modo da costituire un gruppo di liste; le liste appartenenti al medesimo gruppo sono collegate al medesimo candidato presidente.
4. In ciascuna lista circoscrizionale, a pena di esclusione, ciascuno dei due generi non può essere rappresentato in misura superiore a due terzi dei candidati; si arrotonda all’unità superiore se dal calcolo dei due terzi consegue un numero decimale.
5. Ciascun candidato presidente deve dichiarare il collegamento con uno o più gruppi di liste; la dichiarazione è efficace solo se convergente con le dichiarazioni di collegamento delle liste e se è accompagnata dal programma politico.

Art. 5
Elettorato attivo
1. Sono elettori del Presidente della Regione e del Consiglio regionale gli iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Regione.

Art. 6
Elettorato passivo
1. Sono eleggibili alla carica di Presidente della Regione e di consigliere regionale gli iscritti nelle liste elettorali dei comuni della Regione.

Art. 7
Divieto di candidature plurime
1. I candidati presidente non possono presentarsi come candidati nelle liste circoscrizionali.
2. Nessun candidato può essere compreso in più di una lista circoscrizionale.

Art. 8
Elezioni primarie
1. Con legge regionale sono disciplinate le modalità di partecipazione degli elettori alla selezione dei candidati alla carica di Presidente della Regione, denominate “elezioni primarie”, al fine di favorire e promuovere la partecipazione democratica.

Art. 9
Espressione del voto
1. La votazione per l’elezione del Consiglio regionale avviene su un’unica scheda. La scheda reca, entro un apposito rettangolo, il contrassegno di ciascuna lista circoscrizionale, affiancato, sulla medesima linea, da una riga riservata all’eventuale indicazione di preferenza. Alla destra di tale rettangolo è riportato il nome e cognome del candidato alla Presidenza della Regione, affiancato dal contrassegno o dai contrassegni delle liste collegate. Il primo rettangolo nonché il nome e cognome del candidato alla Presidenza della Regione e i relativi contrassegni sono contenuti entro un secondo più ampio rettangolo. In caso di collegamento di più liste circoscrizionali con il candidato alla Presidenza della Regione, il nome e cognome di quest’ultimo e il relativo contrassegno o i relativi contrassegni sono posti al centro di tale secondo rettangolo. In caso di collegamento di più liste circoscrizionali con il medesimo candidato alla Presidenza della Regione la collocazione progressiva dei rettangoli nel più ampio rettangolo è definita mediante sorteggio. La collocazione progressiva dei rettangoli più ampi nella scheda è definita mediante sorteggio. L’elettore esprime il suo voto per una delle liste circoscrizionali tracciando un segno nel relativo rettangolo, e può esprimere un voto di preferenza scrivendo il cognome, ovvero il nome e cognome di uno dei candidati compresi nella lista stessa. L’elettore esprime il suo voto per un candidato alla Presidenza della Regione, anche non collegato alla lista circoscrizionale prescelta, tracciando un segno sul nome del candidato alla Presidenza. Qualora l’elettore esprima il suo voto soltanto per una lista circoscrizionale il voto si intende validamente espresso anche a favore del candidato alla Presidenza della Regione collegato.

Capo II
Attribuzione dei seggi
Art. 10
Determinazione dei risultati circoscrizionali
1. Compiute le operazioni di spoglio e l’eventuale riesame delle schede, in ogni circoscrizione si determina:
a) il numero dei voti validi ottenuti nella circoscrizione da ciascun candidato presidente;
b) la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna lista data dalla somma dei voti di lista validi ottenuti dalla lista nella circoscrizione;
c) la cifra elettorale circoscrizionale di ciascuna coalizione, data dalla somma delle cifre elettorali circoscrizionali delle liste collegate al medesimo candidato presidente;
d) la cifra individuale di ogni candidato alla carica di consigliere regionale, data dalla somma dei voti di preferenza validi ottenuti dal candidato nella circoscrizione.

Art. 11
Proclamazione del presidente
1. Ricevuti i dati di cui all’articolo 10, nel collegio unico regionale si determina il numero di voti validi ottenuti da ciascun candidato presidente, costituito dalla somma dei voti validi ottenuti dal medesimo in tutte le circoscrizioni.
2. Si proclama eletto Presidente della Regione il candidato presidente che ha ottenuto il maggior numero di voti validi e si proclama eletto consigliere regionale il candidato presidente che ha ottenuto un numero di voti validi immediatamente inferiore al quale viene riservato un seggio ai sensi dell’articolo 17, comma 7.

Art. 12
Soglia di sbarramento – Esclusioni
1. Compiute le operazioni di cui all’articolo 11, nel collegio unico regionale si calcolano le percentuali di voti ottenuti da ciascuna coalizione e gruppo di liste non coalizzato sul totale dei voti ottenuti da tutti i gruppi di liste e si escludono dall’attribuzione dei seggi le coalizioni con i gruppi che ne fanno parte e i gruppi di liste non coalizzati che non hanno raggiunto le percentuali di sbarramento richieste dall’articolo 1, comma 7.

Art. 13
Ripartizione dei seggi e premio di maggioranza
1. Compiute le operazioni di cui all’articolo 12, nel collegio unico regionale si verifica la percentuale di voti ottenuti dal presidente proclamato eletto calcolata sul totale dei voti validi ottenuti da tutti i candidati presidente.
2. Salvo quanto previsto dal comma 5, si assegna alla coalizione o al gruppo di liste non coalizzato collegati al presidente proclamato eletto:
a) il 60 per cento dei seggi del Consiglio regionale se il presidente proclamato eletto ha ottenuto una percentuale di voti superiore al 40 per cento;
b) il 55 per cento dei seggi del Consiglio regionale se il presidente proclamato eletto ha ottenuto una percentuale di voti compresa tra il 25 ed il 40 per cento.
3. I seggi restanti dopo l’attribuzione dei seggi assegnati alla coalizione o al gruppo di liste non coalizzato collegati al presidente proclamato eletto sono ripartiti tra tutti gli altri gruppi di liste ammessi all’attribuzione dei seggi, secondo il calcolo di cui all’articolo 15.
4. Nel calcolo dei seggi di cui ai commi da 1 a 3 sono compresi i due attribuiti ai sensi dell’articolo 11.
5. Qualora la percentuale di voti di cui al comma 1 sia pari o superiore al 60 per cento e la coalizione o il gruppo non coalizzato collegati al presidente proclamato eletto abbiano anch’essi ottenuto una percentuale pari o superiore al 60 per cento della somma dei voti validi dei gruppi di liste ammessi all’attribuzione dei seggi ovvero, nel caso in cui la percentuale di cui al comma 1 sia inferiore al 25 per cento, tutti i seggi sono ripartiti proporzionalmente fra tutti i gruppi di liste ammessi al riparto con le modalità di cui all’articolo 16.
6. Nel calcolo delle percentuali e nel calcolo dei seggi si tiene conto delle cifre decimali fino alla seconda e si arrotonda all’unità più vicina.

Art. 14
Attribuzione dei seggi ai gruppi di liste della coalizione vincente
1. Detratto il seggio attribuito al presidente proclamato eletto, i restanti seggi spettanti ai sensi del comma 2 dell’articolo 13 sono attribuiti alla coalizione o al gruppo di liste non coalizzato ad esso collegato.
2. In caso di coalizione collegata al presidente proclamato eletto, i seggi si ripartiscono tra i gruppi di liste che la compongono secondo le seguenti operazioni:
a) si divide la somma delle cifre elettorali conseguite dai gruppi di liste per il numero dei seggi assegnati alla coalizione; nell’effettuare l’operazione si trascura l’eventuale parte frazionaria del quoziente;
b) si divide quindi la cifra di ciascun gruppo di liste per il quoziente ottenuto ai sensi della lettera a): il risultato rappresenta il numero di seggi da assegnare a ciascun gruppo;
c) i seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati ai gruppi per i quali le ultime divisioni di cui alla lettera b) hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, ai gruppi che hanno conseguito le maggiori cifre elettorali.

Art. 15
Attribuzione dei seggi agli altri gruppi di liste
1. Detratti i seggi spettanti al presidente proclamato eletto e alla coalizione o al gruppo non coalizzato ad esso collegati, i seggi restanti si ripartiscono tra tutti gli altri gruppi ammessi all’attribuzione di seggi secondo le seguenti operazioni:
a) si divide la somma delle cifre elettorali conseguite dai gruppi di liste per il numero dei seggi restanti; nell’effettuare l’operazione si trascura l’eventuale parte frazionaria del quoziente;
b) si divide quindi la cifra di ciascun gruppo di liste per il quoziente ottenuto ai sensi della lettera a): il risultato rappresenta il numero di seggi da assegnare a ciascun gruppo;
c) i seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati ai gruppi per i quali le ultime divisioni di cui alla lettera b) hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, ai gruppi che hanno conseguito le maggiori cifre elettorali.

Art. 16
Ripartizione dei seggi senza premio di maggioranza
1. Nei casi previsti dall’articolo 13, comma 5, detratto il seggio del presidente proclamato eletto, tutti gli altri seggi sono attribuiti con le seguenti operazioni:
a) si calcola il quoziente regionale dividendo la somma delle cifre regionali di tutti i gruppi di liste ammessi all’assegnazione dei seggi per 59;
b) si divide quindi la cifra di ciascun gruppo di liste per il quoziente ottenuto ai sensi della lettera a); il risultato rappresenta il numero di seggi da assegnare a ciascun gruppo;
c) i seggi che rimangono ancora da attribuire sono assegnati ai gruppi per i quali le ultime divisioni di cui alla lettera b) hanno dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, ai gruppi che hanno conseguito le maggiori cifre elettorali.

Art. 17
Attribuzione dei seggi alle liste circoscrizionali
1. Si procede al riparto dei seggi tra le sole liste circoscrizionali appartenenti ai gruppi di liste che hanno ottenuto seggi in base alle operazioni precedenti.
2. A tal fine si divide la somma delle cifre elettorali di tutte le liste presentate nella circoscrizione appartenenti ai soli gruppi di liste che hanno ottenuto seggi per il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione più uno, ottenendo così il quoziente elettorale circoscrizionale; nell’effettuare la divisione si trascura l’eventuale parte frazionaria del quoziente. Si attribuiscono, quindi, ad ogni lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale risulti contenuto nella cifra elettorale di ciascuna lista.
3. Se, con il quoziente calcolato come sopra, il numero dei seggi da attribuire in complesso alle liste supera quello dei seggi assegnati alla circoscrizione, le operazioni si ripetono con un nuovo quoziente ottenuto diminuendo di un’unità il divisore.
4. Se per uno o più gruppi di liste, per effetto delle operazioni di cui ai commi 2 e 3, il numero dei seggi attribuiti supera il numero di quelli assegnati in base all’articolo 14, 15 o 16, si tolgono, per ciascun gruppo, i seggi in eccedenza sottraendoli alle rispettive liste circoscrizionali a partire da quelle che hanno avuto assegnati più seggi, seguendo l’ordine decrescente del numero dei seggi assegnati ad ognuna. In caso di parità di seggi assegnati, il seggio è sottratto alla lista circoscrizionale con la minore cifra elettorale residuale percentuale di cui alla graduatoria prevista dal comma 5, lettera b).
5. Si assegnano i seggi restanti in base alle seguenti operazioni:
a) si determina il numero dei seggi ancora da assegnare a ciascun gruppo di liste, sottraendo dal totale dei seggi spettanti a ciascun gruppo di liste i seggi attribuiti alle rispettive liste circoscrizionali secondo le modalità di cui ai commi 2 e 3;
b) si assegnano tali seggi alle rispettive liste circoscrizionali seguendo la graduatoria decrescente dei voti residuati di ciascuna, espressi in percentuale del relativo quoziente circoscrizionale; a tal fine si moltiplica per cento il numero dei voti residuati di ciascuna lista e si divide il prodotto per il quoziente circoscrizionale; nel caso in cui non vengano ripartiti così tutti i seggi attribuiti a ciascun gruppo di liste, i seggi residui sono ripartiti riutilizzando la stessa graduatoria decrescente tante volte quante risultano necessarie al raggiungimento del numero di seggi attribuiti a ciascun gruppo di liste.
6. Qualora in una circoscrizione il numero dei seggi assegnati ecceda quello dei candidati della lista, si attribuisce il seggio alla lista di un’altra circoscrizione proseguendo nella graduatoria anzidetta.
7. Compiute le operazioni di cui ai commi da 1 a 6 al candidato presidente che ha ottenuto un numero di voti validi immediatamente inferiore al presidente proclamato eletto si assegna l’ultimo dei seggi tra quelli attribuiti alle liste circoscrizionali ad esso collegate in base al minore resto o, in mancanza, alla cifra elettorale circoscrizionale minore in assoluto.

Art. 18
Riserva di un seggio per circoscrizione
1. In ogni circoscrizione è garantita l’attribuzione di almeno un seggio.
2. Qualora, per effetto delle operazioni compiute, non si verifichi la condizione del comma 1 in una o più circoscrizioni, in ciascuna di esse si attribuisce un seggio al candidato più votato della lista circoscrizionale che ha la maggiore cifra tra quelle ammesse all’attribuzione dei seggi; corrispondentemente è detratto l’ultimo seggio attribuito al medesimo gruppo di liste nelle altre circoscrizioni.
3. In caso di parità di voti tra più liste circoscrizionali il seggio è attribuito alla lista del gruppo che ha ottenuto a livello regionale il maggior numero di seggi.
4. Se la lista circoscrizionale più votata fa parte di un gruppo che non ha avuto attribuito più di un seggio per circoscrizione, si passa alla lista circoscrizionale che ha ottenuto un numero di voti immediatamente inferiore.

Art. 19
Proclamazione dei consiglieri
1. Nel collegio unico regionale si attribuiscono i seggi ai candidati alla carica di consigliere regionale, compiendo le seguenti operazioni:
a) si determina la graduatoria dei candidati di ciascuna lista circoscrizionale cui sono stati attribuiti seggi a seconda delle rispettive cifre individuali; a parità di cifre individuali, prevale l’ordine di presentazione nella lista;
b) si proclamano eletti, nei limiti dei posti cui ciascuna lista ha diritto e seguendo la graduatoria di cui alla lettera a), i candidati che hanno ottenuto le cifre individuali più elevate.

Art. 20
Surrogazioni
1. Il seggio di consigliere che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che, nella stessa lista circoscrizionale, segue immediatamente l’ultimo eletto, nell’ordine accertato dall’organo di verifica dei poteri; in caso di mancanza di ulteriori candidati nella stessa lista circoscrizionale si procede con le modalità previste dall’articolo 17, comma 6.
2. In caso di dimissioni o decadenza da consigliere del candidato presidente che ha ottenuto il numero di voti immediatamente inferiore a quello proclamato presidente, il seggio è attribuito al candidato che segue immediatamente nella lista circoscrizionale cui il seggio era stato sottratto in applicazione dell’articolo 17, o in mancanza al gruppo di liste, alla lista circoscrizionale ad esso appartenente ed al candidato della stessa che seguono immediatamente in base alle operazioni di cui rispettivamente all’articolo 15 o 16 e 17.

Art. 21
Sottoscrizione delle liste
1. Le liste dei candidati per ogni circoscrizione devono essere sottoscritte:
a) da non meno di 500 e non più di 1.000 elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni della circoscrizione per le circoscrizioni fino a 500.000 abitanti;
b) da non meno di 1.000 e non più di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali dei comuni della circoscrizione per le circoscrizioni oltre i 500.000 abitanti.
2. La firma del sottoscrittore deve essere autenticata.
3. Nessuna sottoscrizione è richiesta per la presentazione di liste di candidati con contrassegni tradizionalmente usati o ufficialmente riconosciuti dai partiti o gruppi o movimenti politici di carattere nazionale o regionale che abbiano avuto eletto, nella legislatura in corso alla data dell’indizione dei comizi, un proprio rappresentante nel Consiglio regionale o ai quali, con dichiarazione formale, aderisca almeno un consigliere regionale in carica alla data di indizione dei comizi elettorali; nessuna sottoscrizione è parimenti richiesta nel caso in cui la lista sia contraddistinta da un contrassegno composito nel quale sia contenuto quello di un partito o gruppo politico esente da tale onere.
4. La dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati deve essere sottoscritta dal presidente o segretario o coordinatore del partito o gruppo o movimento politico responsabile per il territorio regionale o per il territorio della circoscrizione, che risultano tali per attestazioni dei rispettivi organi competenti per statuto, ovvero da rappresentanti dagli stessi responsabili incaricati con mandato autenticato dal notaio.

Capo III
Norme transitorie
Art. 22
Disposizioni transitorie in materia elettorale e di ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità
1. Qualora debbano svolgersi le elezioni regionali senza che sia stata approvata una legge di adeguamento al sistema elettorale introdotto dalla presente legge, per l’organizzazione amministrativa del procedimento e delle votazioni per l’elezione del Presidente della Regione e del Consiglio regionale, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nella legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per le elezioni delle Regioni a statuto normale), e della legge 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per le elezioni dei consigli delle regioni a statuto ordinario), e successive modifiche ed integrazioni, intendendosi le disposizioni in materia di liste regionali riferite alle candidature alla carica di Presidente della Regione, e in via suppletiva le disposizioni della legge regionale 6 marzo 1979, n. 7 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale) e successive modifiche e integrazioni.
2. In materia di ineleggibilità e incompatibilità, fino all’approvazione di una disciplina regionale ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto speciale per la Sardegna, oltre a quanto previsto dallo stesso Statuto, si applicano le leggi statali.
3. Il Presidente della Regione che si sia dimesso dalla carica determinando la cessazione anticipata della legislatura non può in ogni caso essere nuovamente candidato al successivo turno elettorale regionale.

domenica 15 dicembre 2013

L'INDIPENDENZA DELLA SARDEGNA , PER CAMBIARE E GOVERNARE IL PRESENTE..

L'INDIPENDENZA DELLA SARDEGNA , PER CAMBIARE E GOVERNARE IL PRESENTE


Vàturu Erriu Onnis Sayli 

Intendiamo dare voce non solo all'evento , ma essere anche coscienza critica d'esso;

Franciscu Sedda  nella sua enfatica esposizione ci ha raccontato di quanto gli stava più a cuore in questo progetto elettorale; una disquisizione che toccava tutti i punti salienti esposti nel libro, come Lui dice dei "professori" impegnati , che danno vita e forza ad un partito che si propone di raggiungere un traguardo di benessere economico e sociale, oltre che ad un governo di proposta e autodeterminazione; partito sardo che si prepara a passare  attraverso la "purificazione" delle elezioni regionali dell'anno che viene. 

La questione che mi turba e non mi fa dormire sonni tranquilli , sta nel fatto che mi è parso di capire, (spero di sbagliarmi) forse, in modo velato che l'unità di azione la si voglia fare con il PD(?), PD, un partito di vocazione e disposizione tutta continentale, che non pensa agli interessi dei sardi ma etero-diretto dai fori imperiali romani. 

Ancora più allarmante l'intervento dell'ospite Gesuino Muledda, che dopo essersi autoelogiato per tutta la "ventennale" carriera politica nelle istituzioni locali e regionali,  si è sbellicato nel tessere elogi, e porre anche veti, sull'importanza di essere europeisti (sembrava il megafono di LETTA nella sua dissertazione alla camera prima della fiducia);

un'Europa che vediamo e conosciamo nei suoi aspetti più abietti e antisociali, che se ne fotte dei bisogni dei più deboli, con verve antisolidale , tutta pronta e  prona a fare gli interessi delle banche e delle multinazionali e delle élite private.. che ci vogliono far del bene come fosse il nostro bene comune... mi viene da dirgli: ma per favore exonorevole la smetta di fare demagogia ...

Ci auguriamo che non si prenda come esempio politico da seguire, uno o più dei vecchi politici navigati da prima repubblica che abbiamo in patria, ma che si pensi a percorrere una via  per il futuro di liberazione della nostra Nazione, che sia al contempo  liberazione anche da oligarchi e caste di vario genere e di tempo .

Franciscu Sedda , Nicola Scano, Paolo Manninchedda
Venerdì 13 alle 17,30 nella Hall del teatro Massimo di Cagliari è iniziata la chiacchierata politica dei due estensori del libro omonimo che da nome a questo post.

Il giornalista Nicola Scano, introduce la serata che si intuisce piena di contenuti;
la serata è per presentare il libro scritto a quattro mani da Paolo Manninchedda e Franciscu Sedda.

Il libro è scritto per rappresentare i valori e le idee che si vogliono portare alle prossime elezioni regionali sarde da parte del Partito dei Sardi,.

Per cambiare e governare il presente, sotto-titola il punto notevole dell'idea "L'indipendenza della Sardegna", si parla di sovranità del futuro stato sardo, si soprassiede sulla evoluzione della storia sarda, poiché si vuole essere vettori di superamento delle divisioni politiche nell'ambito dell'indipendentismo.

La premessa sull'autonomia è che l'autonomia è fallita perché l'autonomia è nata morta; 

Il libro contiene una dura critica alla classe politica sarda, che si è avvicendata al potere in tutti questi lunghi anni dal dopoguerra ad oggi.


Nei cinquanta punti che vengono trattati , si parte dalla enunciazione dal primo dei sei sottotitoli, iniziano con:
i Princìpi;  é determinante che si ponga l'uomo, la persona al centro del fattore dominante,  come "individualità portatrice di complessità irriducibile. .. ove, la singolarità di ciascuno non si può esaurire né nei rigidi confini di una struttura amministrativa né attraverso il riferimento a un'unica forma dell'appartenenza collettiva."

Il rifiuto , di "ogni totalitarismo ideologico, di qualunque integralismo religioso, di qualsiasi fondamentalismo etnico, di ogni genere di assolutismo, sia ..di mercato,  o dello Stato, italiano  o sardo che sia. Le istituzioni della Sardegna devono essere al servizio della persona  e della sua libertà." 

 La politica, la storia  e la Nazione; seguono subito dopo.
..si afferma che : ".. va .. detto che la volontà dei sardi di essere liberi , solidali e organizzati in uno Stato giusto trova fondamento nell'attualità come fatto civile e politico..." si dice anche che: ".. I sardi devono poter riconoscere nella loro storia quelle emergenze che sono in sintonia con l'attuale maturazione della loro coscienza, con la maturità di responsabilità e di volontà rispetto  all'esercizio di tutto il potere legittimamente necessario a un popolo di vuol farsi nazione e Stato..."

La fine dell'autonomia; 'il lungo autunno dell'autonomia, come lo ha definito uno dei padri nobili dell'autonomismo isolano , è giunto al termine. L'autonomia è morta e moribondo è iil sistema di rapporti politici, sociali ed economici  a cui si è nutrita. Il grande quesito è. "Cosa viene dopo?". "...Chi determinerà l'avvenire incerto della Sardegna?".. "Verso quale direzione? Come?" ..

Interessante , leggere e vedere i fatti storici ed eventi, enunciati che sanno di vera e propria denuncia dei fatti accaduti negli ultimi anni,  le contraddizioni che hanno portato a rapporti sempre più sfavorevoli della economia dei sardi attuata dalla strafottenza dello Stato italiano, esacerbando  la relazione politica ed economica con la  Regione sarda e i suoi abitanti.

Alle radici de discorso indipendentista; si ragiona e si disquisisce degli ultimi quindici anni dell'indipendentismo sardo , delle tendenze insite nei movimenti, dall'esorcismo dell'indipendentismo armato, che turbava gli animi dei militanti degli anni ottanta,  alle lotte ideologiche e culturali, del folklorismo e del patrittiosmo civile, alla rivendicazione de saper progettare ed alla capacità di governo.

La ricchezza della Sardegna; .."il tema della sovranità .. della indipendenza morale e materiale di ciascuno attraverso il proprio lavoro, è il tema principale di un nuovo programma di governo."

"La ricchezza della Nazione intesa come creazione di valore e dunque ancora una volta , come innesco concreto di autostima, e autodeterminazione che porta alla creazione di sé, al coraggio e alla capacità di divenire Stato indipendente."

La critica si affina , sull'inefficienza sanitaria e del welfare (stato sociale), sulle complicanze dovute alla burocrazia, al costo dell'energia, alle imposizioni degli oligopoli, alle inefficienze  dei trasporti della scuola e università... "fattori che non solo limitano la produzione di valore  ma sopratutto intaccano la ricchezza esistente."

Per giungere al clou del climax espositivo a cui si pone il concreto della situazione della domanda di governo che è logicamente il tema finale del libro.

I temi di un programma di governo; al primo punto si rivendica : "Democrazia, libertà, indipendenza." Si guarda aldilà dei confini ad altri stati fratelli in via di formazione, la Catalunya... Si guarda alle realtà politiche ed al loro agire come all'esempio del "Tripartit" un aglomerato di movimenti e partiti indipendentisti,  federalisti , e della sinistra catalana..

Si fantastica su come potrebbe essere bello un governo in mano agli indipendentisti e sovranisti assieme..  " uno schema ... interamente votato all'interesse nazionale dei sardi e a far rispettare il programma che sta alla base di un patto di governo."

... "Il fatto che fra gli indipendentisti ci siano coloro che rifiutano di stringere accordi con chi è solamente sovranista e viceversa , la dice lunga sulla difficoltà di una tale operazione. Per non parlare delle convetio ad excludendum -o se si preferisce dei veti incrociati- interne allo stesso mondo indipendentista, che molto spesso nascondono per una inadeguatezza o addirittura una paura dell'assumersi  l'onere di governare e uscire dunque dalle purezze tanto comode quanto sterili."...

... "la legge elettorale sarda, con il suo sistema maggioritario, prevede accordi prima e poi ci si conti.... Per questo la definizione dell'ipotesi di un accordo programmatico alla base dell'ipotesi di  alleanza diventa così centrale."

.."la legge elettorale presidenzialista attualmente vigente in Sardegna... forza il sistema democratico rispetto alla perfetta corrispondenza  tra consensi e rappresentanza, premiando  invece, in nome della governabilità, la maggioranza assoluta (che passerebbe dal 51% dei consensi al 60% dei seggi), qualora si esprima,  o comunque  quella relativa (che passerebbe come minimo dal 31% al 55% o dal 40 % al 60%)."

l'aspetto che riteniamo il punto focale che determina le alleanze è riassunto in questo punto:.. "La definizione di nodi tematici attorno a cui confrontarsi per definire un programma di riforme nazionali per la Sardegna  va dunque  nella direzione di un governo di cambiamento e sovranità, inclusivo e democratico, capace di dare massima risposta alle esigenze concrete dei sardi tanto quanto al loro crescente desiderio di autodeterminazione."

Vi lasciamo il piacere di leggervi il libro da VOI.
Sa Defenza




IL FINTO FRONTE ANTI-EURO

IL FINTO FRONTE ANTI-EURO

Sul suo blog su "Il Fatto Quotidiano" il giornalista Furio Colombo ha recentemente prestato la sua attenzione critica al variegato fronte anti-euro che sembra affacciarsi sulla politica italiana, non soltanto paventando i pericoli che tale fronte rappresenta, ma anche sciogliendosi in accorate rimembranze sulle nobili origini dell'europeismo. 

Furio Colombo
Furio Colombo è un noto commentatore di parte sionista; anzi, contor-Sionista, poiché mescola le sue professioni di granitica fedeltà allo Stato di Israele con una ridda di suggestive enunciazioni progressiste ed umanitarie, che ne fanno una delle penne più prestigiose ed influenti di quella "sinistra" con alone di purezza ideale.
In realtà, analizzate in tutte le loro componenti, le posizioni anti-euro oggi all'attenzione dei media segnalano molto poco da prendere sul serio. 

Le osservazioni di buon senso dell'economista Alberto Bagnai non sono inquadrate in alcun contesto che consenta di individuare e combattere i potentati internazionali che stanno dietro la moneta unica europea, e quindi sono posizioni prive di effetti sul piano strettamente politico. L'area di Forza Italia appare di tale inconsistenza, che assolutamente nulla di ciò che dice può essere ritenuto come espressione di effettive intenzioni. 

Sulle ambiguità ed i voltafaccia di Beppe Grillo, si potrebbe poi già scrivere un ricco florilegio di dichiarazioni e contro-dichiarazioni, perciò si tratta soltanto di aspettare la prossima ritrattazione. Rimarrebbe quella che oggi sembrerebbe la "punta di diamante" del presunto schieramento anti-euro ed anti-UE, e cioè il neo-segretario della Lega Nord, Matteo Salvini. 


Matteo Salvini neo-segretario  Lega Nord
Ma Salvini ha pensato bene di screditarsi immediatamente da solo, adottando una propaganda che riecheggia i consueti toni dell'anticomunismo, arrivando a definire la UE come "Unione Sovietica Europea", e come un "gulag"


Salvini si rivolge a quella parte di opinione pubblica sempre pronta a scaricare tutte le colpe sulla "sinistra", come se il Trattato di Maastricht non proclamasse la "concorrenza" come principio fondante dell'Unione Europea, imponendo così la privatizzazione dell'economia. 

Un Trattato internazionale ha stabilito un potere assoluto, che subordina i governi ed i loro programmi a direttive precostituite e rende vano ogni tentativo di controllo parlamentare. Anzi, i parlamenti sono stati costretti ad accogliere nelle Costituzioni nazionali norme come l'obbligo del pareggio di bilancio, che nessuno Stato liberale aveva in precedenza ritenuto compatibili con una Carta Costituzionale. 

Che un nuovo totalitarismo abbia potuto insediarsi sulla base di un mito apparentemente innocuo come la "concorrenza", costituisce un dato che spiazza completamente il "liberalismo" contemporaneo, il quale non lo percepisce neppure, convinto com'è che il sedicente "realismo borghese" costituisca una garanzia contro le utopie totalizzanti. Ma quando si abbandona Montesquieu per un agit-prop come Popper, non c'è da sorprendersi che si prendano cantonate del genere. 


Assumere la concorrenza come principio fondante non significa affatto ammettere l'esistenza di più competitori, ma semplicemente proclamare la legge del più forte, cioè quel razzismo della superiorità occidentale che usa i diritti umani come pretesto per aggredire chiunque venga ritenuto un ostacolo. Suscita un po' di sarcasmo la prospettiva di un Salvini che impugni la bandiera dell'antirazzismo contro la UE. 


Certo, se paragonati alle fiabe disneyane dell'altro Matteo, i discorsi di Salvini possono sembrare Pulp Fiction. Mentre Renzi cerca ancora di farci baloccare con questioni futili come il numero dei parlamentari o i rimborsi elettorali, Salvini sembrerebbe talvolta persino affrontare i nodi del declino economico italiano dell'ultimo ventennio.

Ma il dare la colpa dell'euro a Prodi, ai comunisti, o magari ai soliti meridionali, o al massimo alla Merkel, non consentirà certo di identificare il vero nemico; tanto più che serve a poco proporre l'uscita dalla UE senza sottrarsi al controllo dei suoi veri "protettori" e sponsor, e cioè il Fondo Monetario Internazionale e la NATO. 


Salvini arriva a prendersela per i cinquanta milioni che l'Italia ha dovuto sborsare per le banche spagnole, tedesche e francesi; ma non vede i centoventicinque miliardi (sic!) che l'Italia sta versando al Meccanismo Europeo di Stabilità. 

L'ESM è una creatura del Fondo Monetario Internazionale già perfettamente operante, mentre Salvini si ricorda ogni tanto del FMI solo per commentare ipotesi e annunci come quello dei prelievi sui conti correnti. 

Le posizioni anti-UE di Salvini denotano un respiro cortissimo, con un orizzonte che non va oltre una polemica elettorale "di bassa Lega" con quella "sinistra" che si ostina a rimanere in difesa dell'indifendibile, poiché, evidentemente, non ha ancora ricevuto direttive diverse. 


In questo senso gli struggimenti europeistici di Furio Colombo risultano del tutto funzionali ad alimentare il gioco delle parti tra una destra pseudo-antagonistica ed una "sinistra" invariabilmente timorosa di distaccarsi dalla retorica dell'establishment. Senza un Furio Colombo a fargli da spalla ed a porgergli la battuta in un finto contraddittorio, Salvini si troverebbe ben presto a corto di slogan.

Del resto si tratta di reggere questo talk-show per poco più di un annetto, dato che dal 2015 lo scenario cambierà completamente, con l'avvento del mercato unico euro-americano, il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). 



La grande truffa della Nato economica, il Ttip 

L'euro infatti è stato un semplice Giovanni Battista, mandato avanti per annunciare il vero Messia, il mercato transatlantico, con l'ovvio addentellato dell'aggancio della valuta europea al dollaro statunitense. Nel 2015 gli USA arriveranno nuovamente a salvare l'Europa dalle orde del Crucco lurco e invasore; ciò, ovviamente, secondo la propaganda ufficiale a cui tutti si inchineranno, dato che invece i negoziati per l'instaurazione del TTIP procedono a Washington avendo come principale partner proprio la Germania. 

La demagogia mistificatoria di Salvini trova un illustre precedente nel suo mentore, Roberto Maroni. Nel 2011 Maroni guidò addirittura la corrente di opinione contraria all'aggressione alla Libia, cosa che però non impedì assolutamente alla Lega Nord di continuare a stare nel governo che collaborava attivamente a quella aggressione. 


Un Maroni più "muscolare" che mai, all'epoca spinse i suoi finti atteggiamenti di dissenso al punto da "imporre" al governo di cui faceva parte una serie di "ultimatum" e "penultimatum", fino ad accordarsi per una data limite alla partecipazione italiana alla missione NATO contro la Libia. 

La data indicata fu quella del settembre 2011. Evidentemente Maroni aveva origliato da qualche riunione della NATO che quella era proprio la data in cui la stessa NATO avrebbe avviato le sue operazioni militari di terra per infliggere la spallata decisiva al regime di Gheddafi.

sabato 14 dicembre 2013

OCCUPAZIONE DELLA PALESTINA . FONDAMENTI LEGALI INTERNAZIONALI PRESUNTI DEL SIONISMO E COMPLICITA' PASSATE E PRESENTI DELLE GRANDI POTENZE

OCCUPAZIONE DELLA PALESTINA . 

FONDAMENTI LEGALI INTERNAZIONALI 

PRESUNTI DEL SIONISMO E COMPLICITA' 

PASSATE E PRESENTI DELLE GRANDI POTENZE

A.Boassa


“Conferenza internazionale di pace di Sanremo” 

La pietra miliare su cui si fondano le "rivendicazioni" sioniste sulla Palestina è la Conferenza di Sanremo del 1920 (un'estensione della Conferenza di pace di Parigi del 1919) cui parteciparono le potenze vincitrici ad eccezione degli Stati Uniti 


In tale occasione venne affidato alla Gran Bretagna il Mandato per la Palestina , come "impegno sacro" per "la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico". 

Le potenze coloniali ritennero di nessuna importanza il fatto che la "terra santa" fosse abitata da un popolo di cui di fatto venne riconosciuto uno stato illegittimo di occupazione ." E' stato dato riconoscimento alla connessione storica del popolo ebreo con la Palestina e alle basi per ricostituire la loro nazione in quel paese" . 


PALESTINA E TRANSGIORDANIA. - La Palestina, occupata militarmente dall'Inghilterra nel 1917, le fu assegnata come mandato dalla conferenza di San Remo (25 aprile 1920), confermato dalla Società delle Nazioni (24 luglio 1922). Essa comprende un territorio di 26 300 kmq. con una popolati­ne salita da 757 000 abitanti nel 1922 a 1591000 nel 1939. Il Governo britannico si era impegnato con la nota Balfour (2 novembre 1917) a costituire in Palestina un centro nazionale ebraico. La Transgiordania, unita dapprima con la Palestina sotto mandato britannico, ne fu staccata il 25 maggio 1923. La superficie è calcolata di 86 300 kmq. e la popolazione di 300 000 abitanti. L'appartenenza del territorio di Maan e porto di Aqaba nel golfo omonimo, annesso alla Transgiordania nell'ottobre 1925, non fu mai riconosciuta dall'Arabia Saudiana.
Nel Mandato veniva specificato "Nulla deve essere fatto che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina". Meglio ancora se i naturali abitanti della Palestina si ritirano da terre non loro . Dove? Prima della firma del Mandato , la Gran Bretagna sottrasse al territorio mandatario in questione la Cisgiordania che venne aggiunta ai territori sotto sovranità araba . Tutto a posto ? Per il professor Yehuda Zvi Blum ex ambasciatore delle Nazioni "Gli Arabi palestinesi godono da lungo tempo dell'autodeterminazione nel proprio stato , lo stato arabo della Giordania"

Nel luglio del 1922 il Mandato venne approvato dalla Società delle Nazioni e in tal modo divenne vincolante per tutti i 51 membri della Società . La dichiarazione Balfour del 1917( che riconosceva i legami storici e religiosi degli Ebrei "con la terra dei loro padri che sotto la dominazione greca e romana divenne nota come Palestina") ebbe dunque la consacrazione di un riconoscimento giuridico internazionale che dava il via successivamente, alla "legittima" conquista della Palestina e con essa agli "illegali" atti di terrorismo e alle espulsioni "illegali" di massa .

Il sionismo rifiuta il concetto di occupazione sia che lo si esprima in termini giuridici o in termini politici . Infatti secondo il Sionismo il termine Palestina utilizzato nel Mandato venne designato per la "ricostituzione" del "focolare nazionale" del popolo ebraico "soltanto" . Se è un territorio è "ricostituito", secondo dettato internazionale , per un popolo senza patria , risulta evidente che il territorio , cioè la Palestina appartiene di diritto "soltanto" agli Ebrei. Churchill 
" E dove altro potrebbero essere gli Ebrei se non nella terra di Palestina , con la quale sono stati intimamente e profondamente associati per oltre tremila anni?"
Winston Churchill

Gli Arabi Palestinesi non sono perciò i legittimi abitanti del territorio proprio come un tempo i pellerossa in America . Perciò giusto eliminarli o espellerli .


Di occupazione non si tratta perchè non vi è invasione di un altro stato . Il territorio non è mai stato una nazione araba . Il territorio infatti era storicamente designato per l'insediamento di un "focolare nazionale ebraico" .


La questione dei rifugiati non avrebbe avuto ragione di esistere in tutta la sua evidente drammaticità se gli Arabi l'avessero affrontata adeguatamente . Molte aree arabe avevano guadagnato già l'indipendenza e avrebbero potuto facilmente accogliere gli sfortunati rifugiati in modo che si potessero integrare nella loro gente . 

Del resto la Cisgiordania venne ripartita proprio per gli Arabi Palestinesi che così potevano disporre di uno stato legittimo all'interno di quella Palestina destinata originariamente al "focolare"ebraico .
 La Dichiarazione Balfour fu  rilasciata sotto forma di lettera dal ministro degli Esteri britannico, Lord Arthur James Balfour, a Lord Rothschild. Fu consegnata a Chaim Weizmann, attivista sionista, per attestare l'appoggio britannico al progetto di un  "focolare nazionale" ebraico in Palestina.

La pretesa sionista di vantare dei diritti legittimi su una terra abitata da tutto un popolo si è valsa di una concezione imperiale e razzista del diritto che era patrimonio di tutto l'Occidente che già nell'ottocento aveva saputo esprimere la sua indomita ferocia . Il diritto internazionale su cui il sionismo fonda le sue deliranti teorie è del tutto marcio e deve essere completamente respinto come è stato respinto a suo tempo il diritto di schiavitù .


mercoledì 11 dicembre 2013

L’ex ministro Guarino scrive a Rehn "Niente lezioni da chi è complice della violazione dei Trattati"


L’ex ministro Guarino scrive a Rehn
"Niente lezioni da chi è complice della violazione dei Trattati"
Ex Ministro Guarino


Gentile Commissario, ho letto nei trascorsi giorni su Repubblica e sulla Stampa, quotidiani le cui informazioni sono da ritenersi attendibili, frasi a Lei attribuite. Ieri Lei si è incontrato con il presidente del Consiglio italiano. Sull’esito delle conversazioni non si leggono notizie precise. Lo si deve all’accumularsi di nuovi problemi e alla scarsa chiarezza formale che da qualche tempo caratterizza i rapporti tra l’Ue e gli stati membri. Mi pongo una domanda. Le è stato attribuito un preannuncio di quanto l’Unione potrebbe fare. E’ legittimo? E’ corretto? E’ utile? Ritengo di no.

L’anticipazione di provvedimenti non ancora formalizzati genera turbamenti nei rapporti tra il governo dello stato membro e i cittadini, mina la fiducia nei confronti dello stato, influisce sulle decisioni dei mercati. E’ un costume che si è diffuso nei rapporti tra Ue e stati membri. Genera confusione. Nella situazione grave in cui versano parecchi degli stati senza deroga, l’Eurozona e la stessa Unione, attenersi al Trattato in vigore, e solo al Trattato, è indispensabile. E’ dovere della Commissione europea rispettare il Trattato e farlo rispettare. E’ diritto dello stato membro esigerne la scrupolosa attuazione.
Se non erro, Lei ha assunto funzioni di Commissario europeo il 22 novembre 2004. E’ probabile, e lo darei addirittura per certo, che nell’assumere l’Ufficio, Lei non sia stato informato che negli anni dal 1996 al 1.1.1999, gli organi competenti dell’Unione, con una operazione illecita, nella sostanza truffaldina, a partire dalla data prescritta per il lancio dell’euro (1.1.1999), avevano sostituito la disciplina giuridica posta dal Trattato sull’Unione (Maastricht) a base della nuova moneta, l’euro, con una diversa, anzi opposta, quella del reg. 1466/97. Sintetizzo, in un modo che spero risulti sufficientemente chiaro, la differenza tra le due discipline. Il Tue, con una clausola giuridicamente qualificabile come “essenziale”, vincolava il sistema a un obiettivo preciso, quello di realizzare uno sviluppo “sostenibile, armonioso, non inflazionistico e che rispetti l’ambiente”, che garantisse anche “un elevato livello di occupazione e di protezione sociale” (art. 2 Tue). La crescita era la controprestazione dell’Unione a fronte della rinuncia all’esercizio della propria sovranità cui gli stati si assoggettavano con l’adesione all’euro. Il compito di realizzare l’obiettivo è stato affidato dal Tue (Maastricht) agli stati membri. Vi avrebbero provveduto, nell’interesse proprio e insieme dell’Unione, avvalendosi di due specifici poteri.
Avrebbero perseguito ciascuno una propria “politica economica”, il cui oggetto si sarebbe esteso a tutti gli aspetti della convivenza, anche quelli economici, non dipendenti dalla disciplina della moneta. L’Unione si sarebbe limitata a coordinare gli stati con direttive di massima. Distintamente veniva garantito agli stati, nel settore specifico della moneta, un secondo potere, quello di indebitarsi entro limiti indicati che avrebbero evitato che la crescita assumesse carattere inflazionistico. Al regolamento 1466/97, hanno fatto seguito due regolamenti, il n. 1055/2005 e il n. 1175/2011. Entrambi si sono collocati nel solco del primo, aggravandone la disciplina. Le date mi fanno ipotizzare che Lei abbia concorso alla deliberazione sia della proposta, che della adozione del secondo come del terzo regolamento, assumendone la corresponsabilità. Negli stessi anni in cui i regolamenti del 2005 e del 2011 si aggiungevano al primo, al Tue (Maastricht) subentravano i Trattati di Amsterdam e di Lisbona, quest’ultimo in vigore dal 1° dicembre 2009. Il secondo e il terzo Trattato riproducono testualmente, per la parte che interessa, le disposizioni del Tue.
Non le sembra assurdo che, nonostante l’entrata in vigore dei nuovi Trattati, la Commissione, di cui Lei fa parte ormai da dieci anni con responsabilità crescenti, abbia persistito nell’applicare i regolamenti orientati in una direzione del tutto opposta? Poiché al 1.1.1999 la condizione di un bilancio in pareggio era presente solo in qualcuno dei paesi membri, forse soltanto in uno, doveva essere chiaro che per tutti gli altri il risultato del pareggio avrebbe potuto essere realizzato solo se fosse stato ammesso l’impiego degli strumenti indispensabili. In concreto i poteri attribuiti dal Tue agli stati.
Olli Rehn
L’obbligo generalizzato del pareggio del bilancio li aveva invece soppressi. Era prevedibile che dai tre regolamenti sarebbe derivata non crescita, ma depressione. I dati statistici, univoci e impietosi, lo confermano. Nelle classifiche delle economie che sono cresciute meno fino al decennio dal 1990 al 2000 non era presente nessuno degli stati Ue. Nel decennio posteriore al vincolo della parità del bilancio, dal 2000 al 2010, nella graduatoria dei 35 peggiori, figurano l’Italia al terzo posto, la Germania al decimo, la Francia al quattordicesimo, più altri 10 paesi euro. Si deduce che il fattore depressivo che attanaglia l’Eurozona e più in generale l’Unione deve essersi prodotto tra il 1999 e il 2000. Se ne trova uno solo, il vincolo del pareggio del bilancio, imposto con regola generale agli stati dell’euro. E’ questo il fattore comune della quindicennale depressione dei paesi europei. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Una depressione generalizzata e progressiva, disoccupazione, imprese costrette a cessare l’attività, caduta della domanda, deperimento del territorio e dei beni culturali e ambientali, senso di impotenza, inefficienza delle istituzioni, spazi crescenti di corruzione e di illiceità. E tanto altro.
Sono persuaso che i titolari degli organi che hanno realizzato l’operazione surrettizia di sostituzione della disciplina del regolamento a quella dettata per l’euro dal Tue (Maastricht) non fossero consapevoli delle conseguenze che si sarebbero prodotte. Di queste una è tra tutte la più grave e nello stesso tempo la più ignorata. Con l’eliminazione di ogni potere degli stati in materia monetaria ed economica i regolamenti hanno eliminato le condizioni della “democrazia” la cui base è costituita dal potere periodico di voto con il quale i cittadini influiscono sugli indirizzi che il governo adotterà, ai cui effetti gli stessi cittadini saranno assoggettati. Non si può influire sui governi se i governi sono stati privati della titolarità di qualsiasi potere. I governanti dei paesi membri che accedessero alla applicazione del regime instaurato con i regolamenti, in sostituzione di quelli contemplati dai Trattati debitamente ratificati, potrebbero, loro malgrado, trovarsi coinvolti in processi nazionali per attentato alla Costituzione. La responsabilità si estenderebbe ai Commissari europei.

Il rigorismo che perpetua il golpe dell’euro 


Anche nelle condizioni di progressiva e generalizzata depressione, nella conformazione determinata dalla surrettizia applicazione dei regolamenti, i titolari di responsabilità nell’Unione e negli stati membri restano assoggettati alle condotte imposte, senza potersene discostare. Col tempo si formano usi applicativi. Ma il dato formale è decisivo. Se vige una fonte di rango superiore è a questa che bisogna attenersi. E’ un dovere assoluto, specie nel caso in cui l’applicazione corretta dei Trattati sia l’unico mezzo per uscire dalla gabbia in cui si è rinchiusi, per tornare al regime di libertà umana, di progresso e di democrazia in funzione del quale i Trattati sono stati stipulati. L’autore delle singole condotte, in caso di violazione dei Trattati, ne assume interamente la responsabilità. Secondo le notizie pubblicate, Lei avrebbe fatto riferimento a un tetto del 3 per cento nell’indebitamento, alla necessità di rispettare annualmente l’equilibrio del bilancio, all’obbligo di introdurre misure “strutturali”. Nessuno di questi adempimenti è previsto dal Trattato di Lisbona in vigore dal 1° dicembre 2009. L’art. 126 Tfue, nel n. 2, lett. a), secondo alinea, dispone che si può andare oltre il 3 per cento nell’indebitamento se il superamento “sia solo eccezionale o temporaneo”. L’“eccezionalità” e la connessa temporaneità sussistono quando il superamento sia dovuto a “eventi al di fuori del controllo dello stato membro”.

Nel nostro caso l’evento è identificabile nell’obbligo del pareggio del bilancio imposto a tutti gli stati membri, al quale è stato aggiunto l’obbligo di attenersi al programma approvato dalla Commissione distintamente per ciascuno stato. Nell’art. 126 Tfue non si rinviene una qualsiasi clausola che, in modo diretto o indiretto, possa addursi a sostegno della pretesa di impartire istruzioni specifiche agli stati. E quanto alle strutture, nell’art. 126 Tfue non ve ne è alcun cenno, né diretto né indiretto. E’ disposto Lei ad assumersi la responsabilità di comportamenti illeciti cui si connettono gravi responsabilità? Una esposizione completa del quadro istituzionale europeo è contenuta nel “Saggio di verità sull’Europa e sull’euro”, inserito nel mio sito e riprodotto per intero, per sua autonoma iniziativa, sul Foglio, quotidiano che ospita oggi questa mia. La mia lunga esperienza accademica, professionale, politica, mi induce a suggerirle di assoggettare le considerazioni che le ho esposto e le conclusioni del saggio a un critica severa. Sono a disposizione, sua e dei suoi uffici, per qualsiasi delucidazione. La mia responsabilità è diversa, ma forse non inferiore alla sua. Se venisse dimostrato che le riflessioni e le conclusioni che ne traggo sono erronee per incompletezza o per inesattezza dei dati statistici o documentali o per illogicità nell’argomentazione, ne darei pubblicamente atto, in modo immediato. E’ la sanzione massima che può imporsi a un antico e, se posso permettermi di aggiungere, rispettato accademico. Mi auguro di avere occasione di conoscerla di persona. Con cordialità e auguri di buon lavoro!
di Giuseppe Guarino

*Giurista, classe 1922, uno dei primi professori ordinari di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma, poi anche ministro delle Finanze (1987) e dell’Industria (1992-’93). Il suo saggio “No euro” è disponibile, a puntate, qui.


PRO FRAIGARE SA DOMO DE CUMONE E S'ALTERNATIVA A SU SISTEMA ITALIANISTA

PRO FRAIGARE SA DOMO DE CUMONE E S'ALTERNATIVA A SU SISTEMA ITALIANISTA 

BUSTIANU CUMPOSTU


su 13-12-2013 a  is cincu e mesu de meria, a su Teatro Massimo, in Via E Demagistris 12 a

Casteddu


 SEIS TOTUS CUMBIDAUS A DDU ESSIRI
PRO COMO ABERIMUS S'ARREGIONU, A PUSTIS E A COITU SI BI SUNT SAS CUNDITZIONES CUMINGIAMUS SU FRAIGU

 Chie este interessadu abojet chenapura a casteddu a sa presentada de su libru “L’indipendenza della Sardegna. Per cambiare e governare il presente” Chenapura 13 de Nadale a sas 17.30 in su foyer de su Teatro Massimo in Casteddu.


Sunt presentes sa maioria de sos partidos e movimentos de su sovranismu, de s'indipendentismu e in prus artigianos, cummerciantes e zonafranchistas.

EST DOVEROSU DE FRAIGARE SA DOMO DE CUMONE DE SOS SARDOS LIBEROS PRO CUNTRASTARE SU SISTEMA ITALIANU DE SU DISASTRU E SOS PARTIDOS SARDOS CHI LU SUSTENINT.


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