martedì 18 settembre 2012

La lunga tradizione di cancellazione del debito in Mesopotamia e in Egitto dal 3 al 1 ° millennio a.C.


Eric Toussaint 

Tradotto da  Andrea Grillo 

senza soste





È indispensabile passare attraverso la cortina di fumo della storia raccontata da parte dei creditori e ripristinare la verità storica. La cancellazione del debito generalizzata si è verificata più volte nella storia.













Hammurabi, re di Babilonia, e gli annullamenti del debito

Il Codice di Hammurabi si trova nel Museo del Louvre di Parigi. In realtà il termine “codice” è inappropriato, perché Hammurabi ci ha tramandato piuttostoun insieme di regole e di giudizi sulle relazioni tra i poteri pubblici e i cittadini. Il regno di Hammurabi, “re” di Babilonia (situata nell’attuale Iraq), iniziò nel 1792 avanti Cristo e durò 42 anni. Quello che la maggior parte dei manuali di storia non dice è che Hammurabi, come altri governanti delle città-Stato della Mesopotamia, proclamò in varie occasioni un annullamento generale dei debiti dei cittadini con i poteri pubblici, i loro alti funzionari e dignitari. Quello che  stato chiamato il Codice di Hammurabi fu scritto probabilmente nel 1762 avanti Cristo. Il suo epilogo proclamava che “il potente non può opprimere il debole, la giustizia deve proteggere la vedova e l’orfano (…) al fine di rendere giustizia agli oppressi”. Grazie alla decifrazione dei numerosi documenti scritti in caratteri cuneiformi, gli storici hanno trovato la traccia incontestabile di quattro annullamenti generali del debito durante il regno di Hammurabi (nel 1792, 1780, 1771 e 1762 A. C.).


All’epoca di Hammurabi, la vita economica, sociale e politica si organizzava intorno al tempio e al palazzo. Queste due istituzioni, molto legate, costituivano l’apparato dello Stato, l’equivalente dei nostri poteri pubblici di oggi, nei quali lavoravano numerosi artigiani e operai, senza dimenticare gli scriba. Tutti erano  alloggiati e nutriti dal tempio e dal palazzo. Ricevevano razioni di cibo che gli garantivano due pasti completi al giorno. I lavoratori e i dignitari del palazzo erano nutriti grazie all’attività di una classe contadina a cui i poteri pubblici fornivano (affittavano) le terre, gli strumenti di lavoro, gli animali da tiro, il bestiame, acqua per l’irrigazione. I contadini producevano in particolare orzo (il cereale di base), olio, frutta e legumi. Dopo il raccolto, i contadini dovevano consegnare una parte di questo allo Stato come quota per l’affitto. In caso di cattivi raccolti, accumulavano debiti. Oltre al lavoro nelle terre del tempio e del palazzo, i contadini  erano proprietari delle loro terre, della loro casa, delle loro greggi e degli strumenti da lavoro. Un’altra fonte di debiti dei contadini era costituita dai prestiti concessi a titolo privato da alti funzionari e dignitari al fine di arricchirsi e di appropriarsi dei beni dei contadini in caso di mancato pagamento di questi debiti. L’impossibilità nella quale si trovavano i contadini di pagare il debito poteva portare anche alla loro riduzione in schiavitù (anche membri della loro famiglia potevano essere ridotti in schiavitù per debiti). Al fine di garantire la pace sociale, in particolare evitando un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, il potere annullava periodicamente tutti i debiti [2] e ripristinava i diritti dei contadini.


Gli annullamenti generali del debito si sono susseguiti in Mesopotamia per 1000 anni
Le proclamazioni di annullamenti generali dei debiti non si limitarono al regno di Hammurabi: cominciarono prima di lui e si prolungarono dopo di lui. C’è la prova di annullamenti del debito che risalgono all’anno 2400 A. C., cioè sei secoli prima del regno di Hammurabi, nella città di Lagash (Sumer), i più recenti risalgono al 1400 A. C., a Nuzi. In totale, gli storici hanno identificato con precisione una trentina di annullamenti generali del debito in Mesopotamia tra il 2400 e il 1400 A. C.. Si può concordare con Michael Hudson [3] quando afferma che gli annullamenti generali del debito costituiscono una delle caratteristiche principali delle società dell’Età del Bronzo in Mesopotamia. Si trovano d’altronde nelle diverse lingue mesopotamiche espressioni che designano questi annullamenti per cancellare il debito e riportare i conti a zero: amargi a Lagash (Sumer), nig-sisa a Ur, andurarumad Ashur, misharum a Babilonia, shudutu a Nuzi.
Queste proclamazioni di annullamento del debito erano occasione di grandi festeggiamenti, generalmente nella festa annuale della primavera. Sotto la dinastia della famigia di Hammurabi fu instaurata la tradizione di distruggere le tavolette sulle quali erano scritti i debiti. In effetti, i poteri pubblici avevano una contabilità precisa dei debiti su tavolette che erano conservate nel tempio. Hammurabi muore nel 1749 A. C., dopo 42 anni di regno. Il suo successore, Samsuiluna, annulla tutti i debiti con lo Stato e decreta la distruzione di tutte le tavolette dei debiti salvo quelle che si riferiscono a debiti commerciali.
Quando Ammisaduqa, l’ultimo governante della dinastia Hammurabi, accede al trono nel 1646 A. C., l’ annullamento generale dei debiti che proclama è molto dettagliato. Si tratta manifestamente di evitare che certi creditori si approfittino di alcune carenze. Il decreto di annullamento precisa che i creditori ufficiali e gli esattori di imposte che hanno espulso contadini debbano indennizzarli e restituire i loro beni pena la morte. Se un creditore ha accaparrato un bene facendo pressioni, deve restituirlo e/o pagarlo per intero, se non lo fa è condannato a morte.
In conseguenza di questo decreto, furono create commissioni al fine di controllare tutti i contratti  immobiliari ed eliminare quelli che rientravano nella proclamazione di annullamento del debito e di ripristino della situazione precedente, statu quo ante. La messa in pratica di questo decreto era facilitato dal fatto che, in generale, i contadini spossessati dai creditori continuavano a lavorare nelle loro terre anche se queste erano diventate proprietà del creditore. A partire da qui, annullando i contratti e obbligando i creditori a indennizzare le vittime, i poteri pubblici ripristinavano i diritti dei contadini. La situazione peggiorerà un po’ due secoli dopo.

I limiti degli atti di annullamento dei debiti
In Mesopotamia, durante l’Età del Bronzo, gli schiavi per debiti erano liberati, ma non gli altri tipi di schiavi (in particolare quelli che erano prigionieri di guerra).
Gli atti di annullamento del debito non devono essere presentati come decisioni che promuovessero l’emancipazione sociale, si trattava di restaurare l’ordine precedente, che comprendeva diverse forme di oppressione. Tuttavia senza esaltare l’organizzazione di queste società di 3000 o 4000 anni fa, bisogna sottolineare che i governanti tentavano di mantenere una coesione sociale evitando la costituzione di grandi proprietà private, prendendo provvedimenti perché i contadini mantenessero accesso diretto alla terra, limitando l’aumento delle disuguaglianze, vigilando sulla manutenzione e lo sviluppo dei sistemi di irrigazione. Michael Hudson sottolinea, da parte sua, che la decisione di dichiarare guerra spettava all’assemblea generale dei cittadini e che il “re” non aveva il potere di prenderla.
Sembra che, nella cosmovisione dei mesopotamici dell’età del bronzo, non ci fosse stata una creazione  originaria da parte di un dio. Il governante (ruler), di fronte al caos, riorganizzò il mondo per ristabilire l’ordine normale e la giustizia.
Dopo il 1400 A. C., non si è trovato nessun atto di annullamento del debito. Le disuguaglianze si rafforzarono e svilupparono fortemente. Le terre furono accaparrate dai grandi proprietari privati, la schiavitù per debiti si radicò. Una parte importante della popolazione emigrò verso il nordest, verso Canaan con incursioni verso l’Egitto (i faraoni si lamentavano di questo).
Nel corso dei secoli che seguirono, considerati dagli storici della Mesopotamia come tempi bui, (Dark Ages) -a causa della riduzione delle tracce scritte-, si hanno tuttavia prove di lotte sociali violente tra creditori e indebitati.


Egitto: la stele di Rosetta conferma la tradizione degli annullamenti del debito

La stele di Rosetta della quale si appropriarono membri dell’esercito napoleonico nel 1799 durante la campagn d’Egitto fu decifrata nel 1822 da Jean-François Champollion. Si trova oggi nel British Museum di Londra. Il lavoro di traduzione fu facilitato dal fatto che la pietra presenta lo stesso testo in tre lingue: l’ egizio antico, l’egizio popolare e il greco dei tempi di Alessandro Magno. Il contenuto della stele di Rosetta conferma la tradizione dell’annullamento dei debiti che fu instaurata nell’Egitto dei faraoni a partire dall’VIII secolo avanti Cristo, prima della sua conquista da parte di Alessandro Magno nel IV secolo A. C.. Vi si legge che il faraone Tolomeo V, nel 196 avanti Cristo, annullò i debiti verso il trono del popolo dell’Egitto e oltre.
Anche se la società egizia dell’epoca dei faraoni era molto diversa dalla società mesopotamica dell’Età del Bronzo, si trova traccia evidente di una tradizione di proclamazioni di amnistia che precede gli annullamenti  generali del debito. Ramsete IV (1153-1146 A. C.) proclamò che chi era fuggito poteva rientrare nel Paese. Chi era in carcere veniva liberato. Suo padre Ramsete III (1184-1153 A. C.) fece la stessa cosa. Bisogna segnalare che nel 2º millennio sembra che non ci fosse schiavitù per debiti in Egitto. Gli schiavi erano prigionieri di guerra. Le proclamazioni di Ramsete III e IV riguardavano l’annullamento dei ritardi nel pagamento di imposte dovute al faraone, la liberazione dei prigionieri politici, la possibilità per le persone condannate all’esilio di tornare.
Solo a partire dall’VIII secolo avanti Cristo si trovano in Egitto proclamazioni di annullamento dei debiti e di liberazione degli schiavi per debiti. È il caso del regno del faraone Bocchoris (717-711 avanti Cristo), il cui nome fu ellenizzato.
Una delle motivazioni fondamentali degli annullamenti del debito era che il faraone voleva disporre di una classe contadina capace di produrre sufficienti alimenti e disponibile quando fosse necessario per campagne militari. Per queste due ragioni, era necessario evitare che i contadini fossero espulsi dalle loro terre a causa dell’influenza dei creditori.
In un’altra parte della regione, si constata che anche gli imperatori siriani del primo millennio avanti Cristo adottarono la tradizione dell’annullamento dei debiti. Lo stesso successe a Gerusalemme, nel V secolo avanti Cristo. Come prova, nel 432 avanti Cristo, Neemia, certamente influenzato dall’antica tradizione mesopotamica, proclama l’annullamento dei debiti degli ebrei indebitati verso i loro ricchi compatrioti. È a quell’epoca che si redige la Torah. La tradizione degli annullamenti  generalizzati del debito farà parte della religione ebraica e dei primi testi del cristianesimo tramite il Levitico che proclama l’obbligo di annullare i debiti ogni sette anni e in ogni giubileo, cioè ogni 50 anni.

Conclusione
Oggi la restituzione del debito costituisce innegabilmente un tabù. È presentata dai capi di Stato e di governo, dalle banche centrali, dal FMI e dalla stampa dominante come inevitabile, indiscutibile, obbligatoria. I cittadini e le cittadine dovrebbero rassegnarsi al pagamento del debito. L’unica discussione possibile è sul modo di modulare la ripartizione dei sacrifici necessari per ottenere risorse di bilancio sufficienti per mantenere gli impegni presi dalla nazione indebitata. I governi che hanno chiesto prestiti sono stati eletti democraticamente, gli atti che hanno realizzato sono pertanto legittimi. Bisogna pagare.
È essenziale attraversare la cortina di fumo della storia raccontata dai creditori e ristabilire la verità storica. Annullamenti generalizzati del debito hanno avuto luogo ripetutamente nella storia. Questi annullamenti sono situati in diversi contesti. Nel caso che abbiamo appena citato, le proclamazioni di annullamento generalizzato del debito erano prese su iniziativa di governanti preoccupati di preservare la pace sociale. In altri casi, gli annullamenti furono risultato di una lotta sociale esacerbata dalla crisi e dall’aumento delle disuguaglianze. È il caso della Grecia e Roma antiche. Bisogna prendere in considerazione anche altri scenari: l’annullamento del debito decretato da Paesi indebitati che deliberano un atto sovrano in modo unilaterale, l’annullamento del debito concesso dai vincitori a un Paese sconfitto e/o alleato… Una cosa è certa: dal punto di vista storico, il debito gioca un ruolo motore in numerosi grandi cambiamenti sociali e politici.


NOTE:
[1] Eric Toussaint (laureato in Scienze Politiche, presidente del CADTM del Belgio,www.cadtm.org, membro del Consiglio Scientifico di ATTAC Francia). Damien Millet ed Eric Toussaint hanno curato il libro collettivo Il debito o la Vita, che ha ricevuto il Premio del Libro politico alla Fiera del libro politico di Liegi nel 2011). Ultimo libro pubblicato, Damien Millet ed Eric Toussaint, AAA, Audit, Annullamento, Altra politica, Le Seuil, Parigi, 2012.
[2] I debiti tra commercianti non erano oggetto di questi annullamenti .
[3] Quest’articolo è essenzialmente basato sulla sintesi storica presentata da Michael Hudson, laureato in Economia, in vari articoli e opere: “The Lost Tradition of Biblical Debt Cancellations”, 1993, “The Archaeology of Money”, 2004. Michael Hudson fa parte di un équipe scientifica multidisciplinare (ISCANEE, International Scholars’ Conference on Ancient Near Earstern Economies) che comprende  filologi, archeologi, storici, economisti, che lavorano sul tema delle società e delle economie antiche del Vicino Oriente. I suoi lavori sono pubblicati dall’università di Harvard. 

Michael Hudson iscrive il suo lavoro nel proseguio delle ricerche di Karl Polanyi. Inoltre produce analisi sulla crisi contemporanea. Vedere in particolare, “The Road to Debt Deflation, Debt Peonage, and Neoliberalism”, febbraio 2012. Tra le opere di altri autori che a partire dalla crisi economica e finanziaria iniziata nel 2007-2008 hanno scritto sulla lunga tradizione di annullamento del debito, conviene leggere: David Graeber, Debt : The First 5000 Years,Melvillehouse, New York, 2011.



Fonte: http://cadtm.org/La-longue-tradition-des


Eric Toussaint (dottore in scienze politiche, presidente del CADTM Belgio www.cadtm.org , membro del Consiglio scientifico di ATTAC Francia). 
Damien Millet e Eric Toussaint hanno scritto l'opera collettiva "La Dette ou la Vie", Aden, CADTM, 2011 , che ha ricevuto il Premio Libro politico a livello politico Fiera del Libro di Liegi nel 2011. Ultima pubblicazione: Damien Millet e Eric Toussaint, "AAA, Audit,  annullamento, Politique Autre", Le Seuil, Paris, 2012.

lunedì 17 settembre 2012

SARDINYA, QUIRRA - DELIBERA CORAGIOSA DE S'AMMINISTRATZIONE DE BIDDAPUTZU CONTR'A S'ORDINANTZIA MILITARE CHI IMPONET IMPEDIAMENTOS



SI UNU SINDIGU E UN'AMMINISTRATZIONE FAGHENT UNA DELIBERA CHE A CUSTA CHERET NARRER CHI SU BENTU EST CAMBIANDE ED EST BENTULANDE A S'ALA DE SA SOBERANIA.
NO EST UNA DECLARATZIONE DE INDIPENDENTZIA MA FAGHET TRETU MANNU IN SU CAMINU DE SA SOBERANIA.
BENE MEDA FERNANDO ( Fernando Codonesu est su sindigu de Villaputzu )
Bustianu Cumpostu

OGGETTO: Interdizione dell’accesso all’area terrestre del Poligono sperimentale e di
addestramento interforze del Salto di Quirra – Determinazioni in merito.
IL CONSIGLIO COMUNALE
PREMESSO che con il Decreto di accoglimento di istanza di dissequestro del 29/09/2011 emesso
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei, è stato disposto il dissequestro
dell’area terrestre del poligono, a seguito del quale l’Amministrazione Difesa ha avviato le azioni
esecutive discendenti dal sopra citato provvedimento;
VISTA l’ordinanza n. 2 del 17/10/2011 emessa dall’aeronautica Militare, Centro Sperimentale di
Volo Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del Salto di Quirra a firma del
Comandante Gen. B.A. Sanzio Bonotto con la quale viene disposto l’allontanamento degli
allevatori e degli agricoltori attualmente presenti nel sedime militare, nonché il divieto di accedere e
transitare all’interno dell’area terrestre del Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del
“Salto di Quirra” di qualunque soggetto civile non debitamente e preventivamente autorizzato dal
Comando Militare.
L’ordinanza si applica con decorrenza dal 09/11/2011.
La predetta ordinanza è stata notificata a tutti i Sindaci del territorio affinché questi ultimi ne
comunicassero il contenuto alla popolazione e la esponessero all’Albo Pretorio.
CONSIDERATO che nelle aree interessate dal divieto pascolavano le greggi di vari pastori di
Villaputzu ed insistono diverse attività agricole per la coltivazione di orti, uliveti, vigne, etc.
DATO ATTO che il sopra citato provvedimento comporta effetti negativi nei confronti delle
categorie immediatamente e direttamente colpite da tale provvedimento, soprattutto per quello che
riguarda le attività agricole e pastorali, nonché conseguenze economiche lesive per tutta la
comunità di Villaputzu.
VISTA la deliberazione della G. C. n.100 del 07/12/2011 con la quale è stato conferito incarico ai
legali affinché assumessero tutte le iniziative che si rendessero opportune e necessarie a tutelare il
Comune e la popolazione di Villaputzu a seguito del provvedimento sopraccitato, al fine di
scongiurare o almeno limitare nell’immediato i gravi pregiudizi che ne derivano ed in particolare
impugnare la predetta ordinanza nanti gli organi competenti.
PRESO ATTO che il TAR Sardegna con sentenza n. 25/12 del 26/01/2012 stabiliva tra l’altro che:
“il Comune ricorrente, vista la complessità e delicatezza della questione controversa, potrà trovare
la richiesta tutela nella più opportuna sede di merito della causa, anche tenuto conto che il
provvedimento impugnato (di tutela preventiva) appare per la sua stessa natura provvisorio e che
l’Amministrazione militare dovrà, in tempi adeguati, procedere al suo superamento definendo i
connessi procedimenti di verifica ambientale e di bonifica, con ripristino delle precedenti libertà
dei singoli e della Comunità ove esistenti e legittime”.
SUCCESSIVAMENTE sono seguiti diversi incontri tra Amministrazione Comunale e
Amministrazione Militare c/o i poligoni di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo, nei quali è sempre
stata rinnovata l’esigenza per la Comunità di Villaputzu di dare immediato avvio ai lavori di
bonifica di quelle parti del territorio del PISQ riconosciute come inquinate a seguito dell’indagine
ambientale predisposta dal Ministero della Difesa nel 2008 e conclusa con le relazioni della CTME
(Commissione Tecnica Mista degli Esperti) e dell’Arpas.
PRESO ATTO
CHE i risultati dell’indagine sono noti dal mese di maggio del 2011 e, alla data odierna, non si è
fatto nulla di concreto salvo un progetto di caratterizzazione ambientale di due aree riconosciute
come gravemente inquinate dall’indagine della Procura di Lanusei.
CHE come è ampiamente noto, il Comune di Villaputzu ha pagato e paga un peso estremamente
gravoso alle servitù militari.
Innanzitutto quel peso che è noto come “sindrome di Quirra”.
Quirra è una piccola frazione del paese di appena 150 abitanti dove sì è riscontrato un abnorme
numero di morti da tumore (23 certificati) la cui prima denuncia risale a oltre un decennio fa, ad
opera dell’allora sindaco oncologo Dr. Antonio Pili. Su questo aspettiamo ancora di conoscere i
risultati dell’indagine epidemiologica presentata in data 15 dicembre 2011.
La “Sindrome di Quirra” si è poi arricchita di ulteriori numeri arrivando a oltre 160 casi come
risulta dall’inchiesta della Procura di Lanusei.
RILEVATO che il poligono interforze del Salto di Quirra si estende per 13.400 ettari e di questi ben
7.500, di cui 1.200 sono ubicati nel poligono di Capo San Lorenzo, appartengono al Comune di
Villaputzu, ovvero circa il 58% della sua estensione e, in altri termini, ben il 41% dell’intero
territorio comunale che è pari a poco più di 18.000 ettari.
La superficie del poligono a monte ricadente nel nostro comune è pari a 6.300 ettari, peraltro in
larga parte soggetta ad usi civici.
Da un punto di vista economico, la non disponibilità del 41% del territorio ha provocato un divario
negativo in termini di reddito medio procapite rispetto a quello medio della provincia di Cagliari
pari a oltre il 30%. Dalle verifiche effettuate, tale differenza è costante a partire dal 1965.
ACCERTATO che altri disagi e danni economici evidenti sono dovuti all’allontanamento dei
pastori dai terreni adibiti a pascolo e che da 18 mesi non sono in grado di vendere né il bestiame né
i prodotti derivati come latte e formaggi.
Da qui la necessità dell’avvio immediato delle bonifiche e la stipula di un accordo di couso dei
terreni non inquinati, che sono pari ad oltre il 90% dell’intera superficie del PISQ.
EVIDENZIATO che la situazione appena descritta non è più sostenibile, specialmente nel mutato
quadro geopolitico internazionale, neanche con l’attuale ruolo delle Forze Armate italiane e con la
politica governativa nota come “spending review”.
E’ in corso infatti un progetto di ristrutturazione delle forze armate mirato al miglioramento
dell’efficienza e dell’efficacia del sistema nel mutato quadro geopolitico internazionale.
I punti qualificanti di tale processo riguardano l’uso massiccio delle tecnologie di rete, la
diminuzione degli effettivi in servizio, la spinta verso la robotica, l’intelligence e un ruolo sempre
più politico e di “peace keeping” nei vari teatri di guerra.
Secondo la dottrina che sottende tale processo, si passerebbe dall’uso della forza all’uso della
politica e della cooperazione internazionale.
CONSIDERATO che in campo nazionale, alcuni fatti e prese di posizione politica hanno
caratterizzato questa prima parte del 2012.
Innanzitutto la presentazione in Senato di una mozione firmata da oltre 120 senatori di tutti gli
schieramenti per la ridiscussione e il riequilibrio delle servitù militari, in quanto se comprensibili e
accettabili nel mondo diviso in due blocchi degli anni ’50 risultano oramai anacronistiche.
La successiva relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro approvata all’unanimità il
30 maggio dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito ha inoltre delineato
uno scenario per la ridefinizione e il parziale superamento delle servitù militari che pesano sulla
Sardegna.
Gli assi portanti della proposta si basano sulla salvaguardia dell’occupazione esistente, sulla
dismissione graduale dei due poligoni di Capo Frasca e Teulada, su un progetto di riqualificazione
del poligono interforze del Salto di Quirra.
Successivamente all’approvazione della su citata relazione, il 27 luglio c.a. si è costituito a Cagliari
il coordinamento dei Sindaci dei comuni interessati dai poligoni militari. Hanno aderito fino a
questo momento i comuni di Villaputzu, Perdasdefogu, Teulada, Arbus, Villagrande, Ulassai,
Arzana, Osini, Lotzorai, Tertenia, Escalaplano, Ballao, Sant’Anna Arresi, Jerzu e Muravera.
Il Coordinamento intende affrontare, in qualità di soggetto istituzionale, le problematiche della
dismissione progressiva dei due poligoni di Teulada e Capo Frasca e contribuire attivamente al
progetto di riqualificazione del PISQ.
Compito del coordinamento è anche quello di concorrere alla predisposizione di un progetto di
sviluppo condiviso e partecipato di tutti territori interessati dalle servitù militari, con il
coinvolgimento dei Ministeri di riferimento (Difesa, Infrastrutture, Sviluppo Economico, Ambiente,
Coesione Sociale, Sanità, Istruzione e Università), Regione, imprese e categorie produttive.
PRESO ATTO che per i lavori di bonifica relativi ai due poligoni di Capo Frasca e Teulada da
dismettere e il PISQ da riqualificare, sulla base di lavori analoghi limitatamente all’inquinamento
disciplinato dal D. Lgs 152/2006 e s.m.i., si stimano necessari almeno 500 milioni di euro e nulla, al
momento, si può dire in merito alla quantificazione di bonifiche su suoli contaminati da fonte
radioattiva.
VERIFICATO inoltre che per la riqualificazione del PISQ e per lo sviluppo di tutti i territori
interessati dalle servitù militari, a partire soprattutto dai comuni maggiormente gravati di
Villaputzu, Teulada, Arbus e Perdasdefogu, si stima la necessità di risorse finanziarie pari almeno
ad un miliardo di euro, per cui si ritiene indispensabile una forte azione politica da parte dell’intera
comunità sarda nei confronti del Governo e di tutti i Ministeri di riferimento per lo stanziamento
complessivo, anche su base pluriennale, di circa 1,5 miliardi di euro per le attività di bonifica,
riqualificazione e sviluppo.
Nel quadro appena delineato che presuppone un dialogo fra le parti in campo, le autorità militari e
le autorità civili democraticamente elette, si inseriscono alcuni fatti che partono dall’ordinanza del
mese di ottobre 2011 già citata, come i posti di blocco e la predisposizione di piste nell’area del
poligono a monte (in assenza di autorizzazione) che preludono alla recinzione di aree vaste che,
purtroppo, disattendono tali aspettative di collaborazione e dialogo e sembrano andare, invece, in
direzione opposta, caratterizzandosi tra l’altro per palesi violazioni delle leggi nazionali e regionali.
PRECISATO che le servitù militari che si estendono sul 41% del territorio del Comune di
Villaputzu sono in netto contrasto con la lettera e lo spirito dell’art. 5 della Costituzione, nello
specifico si sottolinea che l’Ordinanza su citata del Comandante del PISQ viola le prerogative del
Sindaco e le leggi che le disciplinano. In particolare:
• Il sindaco è autorità sanitaria locale (vedasi art. 32 della legge n. 833/1978 e dell'art. 117
del D. Lgs. n. 112/1998, in materia di Ordinanze Contingibili e Urgenti con efficacia estesa
al territorio comunale, in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica).
• Il sindaco sovrintende alle seguenti attività (D. Lgs 267/2000- TUEL, Testo Unico delle
leggi sull’ordinamento degli Enti Locali e successive modifiche e integrazioni:
• emanazione di atti in materia di ordine e sicurezza pubblica;
• svolgimento di funzioni in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;
• vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico,
informandone preventivamente il prefetto.
.
• L’art. 5, comma 3 del codice della strada a mente del quale “I provvedimenti per la
regolamentazione della circolazione sono emessi dagli enti proprietari, attraverso gli
organi competenti a norma degli articoli 6 e 7, con ordinanze motivate e rese note al
pubblico mediante i prescritti segnali”.
• Il D. Lgs n. 112/1998 che disciplina il passaggio di competenze dallo Stato alla Regione e da
questa ai Comuni costieri.
Per le sopra citate motivazioni
CONDIVIDE
Le osservazioni e le richieste già fatte dal Sindaco in diverse sedi istituzionali e qui ulteriormente
riportate e lo invita ad esercitare tutte le prerogative su richiamate che la legislazione vigente gli
attribuisce, con specifiche iniziative in sede politica, l’allargamento al Coordinamento dei Sindaci e
il coinvolgimento di tutte le rappresentanze della società sarda.
CHIEDE
La revoca della sopra citata ordinanza.
La riqualificazione e la riconversione del Poligono di Quirra alla luce del divieto di attività militari
che confliggono con l’ambiente, la ripresa di quelle attività militari e sperimentazioni, previa
verifica di compatibilità sotto il profilo ambientale, e lo sviluppo progressivo di attività civili legate
alle nuove tecnologie ICT, alla ricerca scientifica, all’energia rinnovabile, alle applicazioni
aerospaziali e ai sistemi “dual use”, come evidenziato dalla relazione di medio termine approvata
dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito.
L’individuazione di Capo San Lorenzo come sito di localizzazione di uno dei Data Center
nazionali e come primo insediamento tecnologico su cui costruire un nuovo modello di sviluppo.
La riperimetrazione del PISQ che preveda almeno la restituzione alla comunità villaputzese di
quelle aree individuate come SIC (Sito di Interesse Comunitario) dalla pianificazione territoriale
regionale, ovvero la piana di Capo San Lorenzo. Allo stesso tempo propone l’individuazione, nel
poligono a monte, delle aree effettivamente necessarie per le esercitazioni militari lasciando invece
quelle non più indispensabili ai Comuni proprietari, che potranno meglio utilizzarle per il proprio
sviluppo economico e sociale.
Al riguardo, si ricorda che il tavolo tecnico congiunto Ministero – Regione – Comuni istituito per
l’individuazione delle zone non più necessarie alla Difesa, che aveva incominciato a delineare un
quadro di lavoro fino al mese di febbraio 2012, non è stato più riconvocato per cui se ne chiede
l’immediata riconvocazione per l’accoglimento delle nostre richieste.
Agli Enti sovraordinati, in primo luogo la GIUNTA REGIONALE della SARDEGNA, una chiara
ed inequivocabile presa di posizione in tale direzione;
INVITA GLI ORGANI RAPPRESENTATIVI DELLA COMUNITA’ SARDA
• ad attivare un tavolo di confronto e proposta per l’avvio immediato dei lavori di bonifica di
quelle parti del territorio del PISQ e dei poligoni di Capo Frasca e di Teulada che sono
risultate inquinate a seguito di 50 anni di esercitazioni militari, la definizione del progetto
di riqualificazione del PISQ e la predisposizione di un piano di sviluppo dei territori
interessati dalle servitù militari con la richiesta di risorse finanziarie quantificate in 1,5
miliari di euro al Governo nazionale da inserire nella legge di assestamento di bilancio;
• a rinegoziare con lo Stato centrale la presenza delle servitù militari nella nostra isola ai
sensi dello Statuto regionale che vede il governo del territorio come “materia concorrente”
con lo Stato per arrivare ad un accordo su un “piano paritario Stato-Regione” che recepisca
elementi qualitativi di sovranità dei sardi;
• a definire il progetto di riconversione della base militare e di sviluppo del territorio di tutti i
comuni interessati.
TRASMETTE
Copia del presente provvedimento: al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei
Ministri, al Presidente della Giunta Regionale quale titolare del confronto e della negoziazione con
il Governo centrale, ai Capi Gruppo dei partiti politici presenti nel Consiglio Regionale e al suo
Presidente, al Prefetto di Cagliari, alle Procure di Cagliari e Lanusei, ai Presidenti delle Province, a
tutti i Sindaci della Sardegna, agli altri partiti e movimenti presenti nella società sarda, alle testate
giornalistiche e televisive regionali e nazionali.
DELIBERA
In conformità.
IL SINDACO - FERNANDO CODONESU
IL CONSIGLIO COMUNALE


sbarco militare a Quirrra

sabato 15 settembre 2012

Tramatza: Sa Consulta Revolutzionaria de Sardinya

Antonio Masala
www.unionesarda.it
Tramatza assembela de Sa Consulta Revolutzionaria

Battezzato ieri a Tramatza un movimento che unisce, tra gli altri, Irs, Sni, La base e pastori

In campo i nuovi rivoluzionari
Sale: «La vecchia politica farà i conti con noi, valiamo il 15%»

«Fuori tutti» che per i «rivoluzionari» sta all'urlo «disposti a tutto» dei lavoratori Alcoa. Stessa rabbia, stessa voglia di spaccare il mondo e prima di tutto, per i «rivoluzionari» senza armi, mandare a casa i politici di oggi insieme alla politica di sempre. 
A Tramatza si sono ritrovati in quattrocento, pastori, sindacalisti sparsi, politici borderline della politica, commercianti, artigiani, quelli di Sardigna Natzione e Irs con in testa Bustianu Cumpostu e Gavino Sale, movimenti indipendentisti vari, associazioni di non allineati, gli attendati fissi di viale Trento. Osservatori attenti, gli avvocati Elias Vacca e Patrizio Rovelli. Celebrano il battesimo della nuova creatura movimentista: la “Consulta rivoluzionaria” che punta a far fuori senza botte di testa ma a colpi di protesta e di voti chi «ha distrutto la Sardegna» come ripetono in coro pastori e artigiani neri di rabbia e rossi di finanze. Rivoluzione democratica sotto l'arcobaleno dell'autonomia e dell'indipendentismo. Di sardismo dal sapore antico.

http://www.youtube.com/watch?v=yUR_0cBDRHI&list=UU5Hyfett8HG7Z6YsAcO5okA&index=2&feature=plpp_video
GRANDE COALIZIONE 

Per qualcuno un sogno che diventa realtà. Ciascuno col suo passato e la sua storia ma tutti disposti a fare un passo indietro per farne tre avanti come hanno sottolineato con forza Gavino Sale, Bustianu Cumpostu, Stefano Arbau e Felice Floris per Sardigna Natzione, Irs, La base e Movimento pastori anche se con qualche sottolineatura. Tracciare il passaggio dalla «protesta alla proposta», che chiuda con il tempo delle sortite sulla Carlo Felice per far posto a quello della grande coalizione capace di spalancare le porte della Regione. Che allontani una classe politica e ne chiami una nuova: quella «rivoluzionaria», compattata attorno a un blocco sociale che, a detta di Gavino Sale «vale il 15 per cento dell'elettorato». «Con questa nuova forza non politica ma movimentista», dice Sale, «la vecchia politica dovrà fare i conti. Adesso i sardi devono decidere di decidere, il tempo è scaduto per tutti».


LA RIVOLUZIONE 

 Bustianu Cumpostu l'aggettivo «rivoluzionaria» non garba granché, «forse va cambiato ma di sicuro vanno cambiati tutti i politici perché non è possibile che esistano partiti che non vogliono la prosperità della Sardegna». 
Ma cambiare come? La risposta è pressoché unanime, da Cumpostu e Sale, da Floris e Arbau passando per Ivan Garau, presidente del Movimento artigiani sardi. Intanto mobilitando la gente, girando paese per paese per spiegare, presentare proposte e progetti. Gavino Sale ne ha anticipato tre tutte imperniati sulla sovranità, passaggio di qualità dall'autonomia ormai morta e sepolta: sovranità fiscale, energetica e agroalimentare.

http://www.youtube.com/watch?v=5R_6WZiJEp4&list=UU5Hyfett8HG7Z6YsAcO5okA&index=4&feature=plcp

PASSAGGIO STORICO
 Per Felice Floris la consulta rappresenta qualcosa di storico, senza precedenti per portata e idee. «È l'aggregazione di tutti quelli che amano la Sardegna, lavorano e producono. Di chi rispedisce al mittente la vecchia politica e scrive una pagina nuova». Alla prima uscita, entro il 15 ottobre a Cagliari, annunciano che saranno in cinquantamila per assediare il Consiglio regionale. Sarà «una sollevazione popolare democratica» al grido «tutti a casa». Piovono gli applausi, gli stessi che rinforzano la rabbia di Andrea Impera quando pretende la zona franca vista bene da Angela Merkel ma non dalla Regione e quella non meno nascosta di Ivan Garau quando ricorda che oltre Alcoa, Carbosulcis, «esistono anche i poveracci delle partite Iva braccati da Equitalia». Per Efisio Arbau «i politici di oggi sono fuori. La consulta invece avanza, si fa squadra e sarà presto pronta a dare vita a una battaglia durissima».


ZUNCHEDDU CONTESTATA

Claudia Zuncheddu, unica consigliere regionale presente, parla di «una Sardegna isolata, che ha di fronte non tante singole vertenze ma la sua vertenza, unica e drammatica». In sala c'è chi la contesta e Felice Floris allora ricorda che «il problema è stare in questo consiglio regionale .Chi ci sta o c'è stato non può essere all'interno della consulta perché resta comunque macchiato da una certa politica». Quella iniziata a Tramatza è un'altra storia.


INTERVENTOS DE SOS FUNDADORES DE SA CONSULTA REVOLUTZIONARIA -

http://www.youtube.com/watch?v=yUR_0cBDRHI
http://www.youtube.com/watch?v=NDIvsH6gMpc
 http://www.youtube.com/watch?v=5R_6WZiJEp4
TRAMATZA assemblea de sa Consulta revolutzionaria de Sardinya


domenica 9 settembre 2012

BERSANI PENSA SOLO COL PERMESSO DEL FMI

BERSANI PENSA SOLO COL PERMESSO DEL FMI
Di comidad 
Pierluigi Bersani segretario PD conclude la festa del 2012

Pierluigi Bersani manifesta apparentemente una visione chiara del nemico da battere. Tutto ciò che lo contraria viene fatto rientrare nel contenitore del "populismo", un'etichetta che gli consente di accomunare fenomeni come Grillo, Di Pietro, Ingroia o il Buffone di Arcore.

Nel Bersani-Pensiero, "populismo" è quindi tutto ciò contro cui è lecito, anzi doveroso, battersi. Angela Merkel sembra essere venuta in suo soccorso, poiché poche settimane fa anche la cancelliera tedesca aveva dato fiato ai timori di una possibile vittoria elettorale dei populismi in Europa. Questo però prima di convertirsi anche lei al "tremontismo", cioè all'espediente retorico di rifarsi una verginità grazie alla denuncia generica dei mali del dominio della finanza, salvo poi continuare ad obbedire, punto per punto, ai dettami del Fondo Monetario Internazionale.

Potrebbe darsi infatti che Bersani e la Merkel, in fatto di esecrazione del populismo, abbiano avuto un ideologo in comune, in questo caso proprio il FMI. La categoria "populismo" è infatti quella che dagli anni '80 serve ad individuare e screditare tutte le opposizioni alla politica del FMI in America Latina. 

Il populismo ha come termini contrari "pragmatismo" o "modernità". L'opposizione proposta in questi termini non è affatto simmetrica, dato che non si capisce perché non possa esistere anche un populismo moderno e pragmatico; ma il senso propagandistico di questa opposizione di termini è invece evidente; vuole cioè suggerire che una politica economica seria non può che basarsi su provvedimenti impopolari. Almeno questo è ciò che ci assicurano gli ideologi del FMI sul sito della stessa organizzazione. [1]

Si comprende perciò il motivo per il quale Bersani ritiene lecito e doveroso opporsi al populismo, visto che la condanna viene da tanta autorità. E, visto che però una "opposizione" di bandiera al berlusconismo bisognava comunque fingerla, allora, per poterselo consentire, occorreva collocare pretestuosamente nel calderone del "populismo" anche un'esperienza di governo che si è distinta invece per assoluta obbedienza ai dettami del FMI. 

Del resto, sebbene oggi l'Europa sia trattata esattamente come l'America Latina degli anni '80 e '90, di importanti tentativi di opposizione politica al FMI non ve ne sono stati; tranne il fuoco di paglia di Orban in Ungheria, che però non ha trovato in Putin la sponda che sperava, dato che il leader russo se ne è andato, anche lui, a cercare il proprio spazio alla corte del FMI e del WTO. Intanto, in Europa ed in Italia c'è chi crede veramente che il problema sia il rigore deflazionistico della Germania, e magari aspetta e spera soccorso da Obama o dallo stesso FMI.

Quando Bersani è diventato segretario del Partito Democratico in molti hanno tirato un sospiro di sollievo. Che al posto di un ideologo fumoso e sradicato come Veltroni si insediasse un uomo legato agli affari delle Coop rosse, delle Municipalizzate del Nord-Italia o della Compagnia delle Opere, fu considerato persino un elemento rassicurante, poiché finalmente si aveva a che fare con qualcuno legato a interessi, magari loschi, ma comunque connessi al territorio italiano. 

Questa speranza che l'affarismo locale potesse costituire un contrappeso allo strapotere dell'affarismo delle multinazionali si basava sul vecchio schema delle "borghesie nazionali"; uno schema che però non tiene conto del fatto che il colonialismo determina un vero e proprio "sequestro di coscienza" nei confronti dei gruppi dirigenti locali.

Mettiamoci nei panni del giovane Bersani nell'Italia degli anni '70, iscritto al PCI mentre questo partito attuava la sua riconciliazione con l'Occidente e con la NATO. Rampollo di un'umile famiglia di lavoratori, Bersani si iscriveva alla Facoltà di Filosofia, e non perché sia quella dove si studia meno, ma proprio per soddisfare la sua insaziabile sete di verità. Gli eventi storici però cospiravano per offrire luminosamente al giovane Bersani quella Verità che i suoi studi universitari gli rendevano invece sfuggente.

Nel 1976 il governo italiano contraeva il suo primo debito col FMI. Con una "lettera d'intenti" dell'allora ministro del Tesoro, Stammati, l'Italia chiedeva un prestito di durata determinata al FMI, ovviamente offrendo le consuete "garanzie comportamentali", cioè tagli alla spesa sociale ed ai salari. Il prestito aveva un'entità di poco più di cinquecento milioni di dollari, cioè una cifra non molto rilevante per il bilancio di uno Stato come l'Italia. [2]

Ma quel debito dell'Italia nei confronti del FMI assumeva un enorme significato politico nel momento in cui il PCI reggeva il governo in parlamento attraverso la propria astensione. In pratica si richiedeva al PCI di aderire non solo alla NATO, ma anche alle dottrine del braccio finanziario della stessa NATO, cioè il FMI.

A riprova di questa "conversione" del PCI, sta di fatto che non soltanto i media ufficiali, ma anche la stampa di sinistra - comprese alcune riviste rivoluzionarie - cominciarono ad attribuire la causa della crisi economica agli aumenti salariali e alla crescita della spesa sociale (definita allora anche come "salario sociale"). 

Immaginiamoci dunque il giovane Bersani immerso nell'avida lettura de "l'Unità", de "La Repubblica" (un quotidiano allora appena fondato) o de "l'Espresso". Immaginiamocelo anche seguire disciplinatamente i corsi alla scuola-quadri del PCI, e nutrirsi avidamente di quelle nuove e ispirate verità. Per Bersani fu una rivelazione, un nuovo Vangelo: "Beati i poveri perché sarà sempre colpa loro".

Bersani era anche allora un coerente uomo di sinistra, sempre dalla parte dei più deboli e, grazie a quelle geniali dottrine, scoprì che l'unico modo di stare veramente dalla parte dei più deboli è quello di mettersi sempre contro di loro. Infatti gli ideologi del FMI ci spiegano che i poveri vorrebbero più salario e più tutele, ma questo è populismo, che crea inflazione e calo della produttività, quindi più povertà. 

Per combattere la povertà bisogna invece combattere i poveri e tutelare i ricchi, cioè costringere i poveri a fare l'elemosina ai ricchi. Qualsiasi mediazione sociale e territoriale viene quindi liquidata come obsoleta, ed ogni questione viene letta esclusivamente nell'ottica di un classismo feroce.

Bersani apprese egregiamente quella lezione, la fece sua. Capì che bisogna avere la spregiudicatezza e il coraggio di sfidare il principio di non-contraddizione, che è roba da populisti. 

Tra le sue varie esperienze di governo, Bersani è stato anche ministro dei Trasporti, cosa che gli ha consentito di affrontare con particolare competenza la questione TAV. Bersani ci ha spiegato che non conta nulla che la Tratta ad Alta Velocità Torino-Lione si basi su un traffico sempre più inconsistente, che lascia semi-inutilizzate le linee già esistenti, poiché saranno le nuove linee ferroviarie a creare il traffico, e non viceversa. 

Ma i soldi per l'Alta Velocità bisognava trovarli da qualche parte, perciò occorreva tagliare laddove il traffico invece c'era, come nelle linee regionali o nei vagoni-letto. Le conseguenze di questa minore mobilità di persone e di merci sono stati un calo delle attività produttive ed anche un crollo dei valori immobiliari. Hai creato tanta nuova povertà, quindi ricchezza sicura. 

Pensa infatti a quante attività produttive e quanti immobili possono essere rilevati dalle compagnie multinazionali a prezzi di svendita. Ormai non sono più solo i lavoratori a impoverirsi, ma anche i ceti medi. Anche in Val di Susa il grande buco nella montagna sta determinando un crollo dei valori immobiliari, perciò i "tagli" o le cosiddette "grandi opere" convergono nell'obiettivo di aggredire e saccheggiare i territori.

Un aspetto curioso della propaganda del FMI riguarda il tentativo di porre tutta la propria politica sotto l'icona dell'economista neoliberista Milton Friedman, come a voler lanciare un'esca ai keynesiani, sfidandoli a singolar tenzone in una di quelle infinite discussioni sulle teorie economiche. In realtà nessuna dottrina economica è in grado di giustificare i precetti del FMI, che sono invece spiegabilissimi in base al codice penale. 

Si tratta infatti di banali pratiche di sabotaggio e di aggiotaggio per svalutare i territori, i beni pubblici e i piccoli patrimoni privati per consentirne più facilmente il saccheggio da parte delle multinazionali. 

Che il fenomeno FMI debba essere analizzato non in base a criteri economici, bensì strettamente criminologici, è un elemento che ormai fa parte del bagaglio dell'opinione pubblica latino-americana; al contrario, in Europa l'esistenza del FMI è appena percepita e, per di più, come un'entità indistinta e neutra. Se non fosse stato per le disavventure sessuali di Strauss-Kahn, molti in Europa non saprebbero neppure che il FMI esiste.


[1]http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.imf.org/external/np/speeches/2006/113006.htm&prev=/search%3Fq%3Dimf%2Bpopulism%26start%3D10%26hl%3Dit%26sa%3DN%26biw%3D960%26bih%3D513%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=BqdEUIPIJeHj4QSL54HIAg&ved=0CCwQ7gEwATgK
[2]http://www.mps.it/NR/rdonlyres/41611F53-B7C6-4787-81AA-1B4D57C26961/34278/07Verde.pdf

sabato 8 settembre 2012

IL PRESIDENTE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA



Mario Draghi, per grazia di Dio
di Pedro Luìs Angosto
da: rebelion.org
24/8/2012
ciptagarelli.jimdo.com

Devo riconoscere di avere una appassionata ammirazione per Mario Draghi. Può sembrare scioccante per chi abbia letto altri miei articoli ma è così.
Il fatto è che ho un figlio che studia Scienze Economiche e io, per mio figlio, voglio il meglio; per questo, ogni volta che parliamo di futuro e di economia – cose evidentemente in contraddizione, attualmente – gli leggo la biografia di Draghi e gli dico che dev’essere come lui, che così come va il mondo è necessario saper scegliere.
 Tu – lo avverto – hai due strade; una, studiare bene la tua materia, essere un maledetto rosso come tuo padre e non combinare niente di buono, oppure essere come Mario Draghi o San Escrivà de Balaguer (1) – le capacità le hai, non ci vuole molto, anche se non bisogna avere scrupoli, non è difficile! – persone che hanno avuto un’infanzia difficile (non come te, figlio mio, che sei cresciuto tra lenzuola di seta e succhi di frutta esotici) ma che non sono riusciti a superare le avversità, le pietre che Nostro Signore Onnipotente gli poneva sul cammino fino ad arrivare in Terra a godere dei beni e delle prebende che generalmente il divino riserva ai mortali in quel luogo in cui – dicono – si arriva senza soldi e che, per questo stesso fatto, nessuna commissione internazionale delle molte inviate ha potuto verificare non solo la sua ubicazione ma neppure la sua esistenza.
Non ti preoccupare dell’etica né della tua coerenza ideologica; nessun cattolico potente, nessun banchiere, nessun appartenente al Partido Popular o nessun Papa del mondo crede in Dio; anzi, sanno benissimo che non esiste e questo è il vantaggio che hanno rispetto ai poveri che ci credono.
Puoi continuare ad essere rosso, anche comunista, di quelli che - non lo metto in discussione, sai già che sono una persona democratica ma questo tienilo per te - parlano sì coi compagni ma mai dove c’è gente di un certo livello, perché tutto si viene a sapere e le cose brutte si sanno ancor più velocemente, per stringere legami, se ancora serve questo metodo e puoi tenere la tua ideologia per te, clandestina, ma per quello che riguarda il tuo domani bisogna essere pratici e comportarsi come un buon gesuita, proprio come dimostra la traiettoria di vita di Mario Draghi.

Non preoccuparti mai dei danni diretti e collaterali che la ricerca del tuo interesse personale possono causare a seconde o terze persone: la maggioranza non le conosci, e se ne conosci qualcuna perché è un tuo subordinato o perché il suo lavoro dipende da te, mantieni le distanze, non permettere che ti contaminino con i loro piccoli problemi tipo non arrivo alla fine del mese, non ho da dar da mangiare ai miei figli, non c’è la scuola o l’ospedale… queste sono piccolezze.

Se segui la strada tracciata da San Ignazio di Loyola (2) e continuata da San Escrivà – immensi apporti della Spagna alla civiltà - come ha fatto Draghi, sarà il segno che Dio ti guarda; il resto, o gli altri, non importano. Il tuo dovere è di seguire sempre la Strada perché domani, quando la miseria sia divisa tra tutti i miserabili, tu possa vivere come Dio comanda.
So già che quello che ti chiedo è difficile, molto difficile, però ti ho già detto che Dio mette alla prova gli eletti, e tu sei fra loro. Mettere da parte le tue idee – che mi sembrano giuste e che condivido – rispetto al tuo itinerario studentesco e lavorativo sarà la garanzia assoluta del tuo trionfo e, alla fine, della mia soddisfazione e orgoglio perché saprò che sarai tra coloro che comandano e godono, tra coloro che schiacciano e ridono e non tra i comandati schiacciati e sofferenti. Non si crescono i figli per questo.

Mio figlio comincia a stufarsi della predica, ma soprattutto ha non capisce il discorso che gli sto facendo. Mi domanda: ma se tu mi hai dato da leggere il primo libro di Gramsci, mi parlavi di Rosa Luxemburg, sei anticlericale, ti emozionavi evocando la rivoluzione russa e quella francese, maledici sempre il capitalismo, come puoi dirmi queste cose? E soprattutto, come ti aspetti che io segua i tuoi consigli?

Figlio mio, sembra che tu non abbia capito; io continuo ad essere quello di sempre e a pensare esattamente come prima, ma succede che viviamo in un mondo convulso dove tutto cambia alla velocità della luce; quello che io metto davanti ai tuoi occhi e alla tua intelligenza è la necessità che tu scelga tra lo stare con chi è sopra e gode il miele del successo o il vivere in ginocchio tra il fango e l’indolenza di coloro che sono aggrediti e non sono neppure capaci di difendersi, e men che meno di passare all’attacco.

Guarda, figlio mio, Mario Draghi ha perso il papà quando era piccolo. Credeva che la sua vita non valesse più niente, ma quando tutto sembrava perduto i figli di Sant’Ignazio de Loyola, per ordine di Dio, gli diedero un’opportunità e lo accolsero nel loro seno. Là silenzioso, obbediente, disciplinato, imparò le massime ignaziane come pochi lo avevano fatto prima. Data la sua nascita avrebbe potuto essere un proletario rivoluzionario, ma questo era molto triste, e lui seppe scegliere, passando sopra chiunque e obbedendo a chi doveva obbedire.
Prima l’ipocrisia della povertà, “che la mia mano destra non sappia mai che cosa fa la sinistra” e, soprattutto, al mondo non c’è nessuno più importante di me e dei miei padroni.
Non ha mai pensato agli altri né si è mai preoccupato delle sofferenze di milioni di persone; per questo, seguendo la Strada che Dio gli aveva tracciato - e i gesuiti spiegato - se n’è andato al Massachusetts Institute of Technology, dove ha imparato chi muove la mano invisibile “dei mercati”, e ha mangiato spesso con alcuni dei padroni di quelle mani, costruendo grandi amicizie con Goldman e soci.
E’ ritornato alla sua Italia natale – un signor nessuno – e per anni ha dato lezioni nelle migliori università. Ma questo non gli era sufficiente e lui, come un Titano, è sfinito alla Banca Mondiale, di cui è stato Direttore Esecutivo, è diventato persona della massima fiducia di Goldman Sachs e si è incaricato di privatizzare tutto quello che il popolo italiano aveva costruito con il suo lavoro per il bene comune.

Non gli hanno tremato i polsi, non ha dubitato un attimo, come fanno i figli di Sant’Ignazio di Loyola, di San Escrivà e di Milton Friedman (3); ha continuato ostinatamente la sua missione; i cadaveri si contavano a milioni attorno a lui e ad ogni nuovo scalino che saliva, Stati interi soccombevano a maggior gloria del capitalismo. Infine, quando grazie alla sua costanza, perizia ed abilità, cominciava a credere che non gli rimanesse niente da conquistare – era stato anche amico di Silvio Berlusconi – Goldman e Angela Merkel gli hanno offerto la presidenza della Banca Centrale Europea: non si poteva arrivare più lontano!
Le istruzioni erano chiare e severe: ti devi occupare di due cose. Succeda quel che succeda, che l’inflazione non si alzi per non danneggiare l’economia tedesca anche se le altre andranno in rovina e con esse migliaia di cittadini, e di strangolare i paesi della periferia in modo che tutto il flusso economico dell’Europa vada verso il Centro. E’ vero che estenderemo la miseria fino ad estremi mai visti per la maggioranza degli abitanti del vecchio continente, ma questa è la tua missione. Draghi sorrideva mentre un filo di bava gli colava dal lato destra della bocca. Non disse niente, assentì e si mise all’opera.

Quindi lui stesso…figlio mio, figlio, dove sei? Giulio, Giulio…?!!

Sono tre mesi che non vedo mio figlio. Dicono che se n’è andato in uno sbuffo di fumo, a uccidere le canaglie col suo fucile della vendetta. Vi assicuro che glielo detto, tutto quanto sopra, per il suo bene. Se qualcuno sa dove si trova – è alto, bello e molto simpatico – per favore, vi prego di farmelo sapere.

(*) Storico, scrittore e giornalista spagnolo
1) Fondatore dell’Opus Dei, canonizzato da Giovanni Paolo II;
2) Fondatore della Compagnia di Gesù;
3) Economista statunitense, premio Nobel per l’economia, padre del neoliberismo.

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Via Magenta 88 Sesto San Giovanni )

giovedì 6 settembre 2012

Banca Mondiale: nel 2010 crescita record per Venezuela, ALBA, UNASUR, CELAC e BRICS; perdono potere Europa ed USA



Banca Mondiale: nel 2010 crescita record per Venezuela, ALBA, UNASUR, CELAC e BRICS; perdono potere Europa ed USA

Attilio Folliero Аттилио Фолльеро
Cecilia Laya
Tito Pulsinelli 

selvasorg



Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Banca Mondiale, gli otto paesi che conformano l’ALBA (1) sono quelli che maggiormente sono cresciuti fra il 2009 ed il 2010: il PIL dei paesi dell’ALBA è cresciuto del 33,43%, seguto dai 5 Paesi che conformano l’area geografica dell’ AfricaMeridionale (2), cresciuti del 28,81%, dai 12 paesi dell’ UNASUR (3) al 27,07%, dai 33 paesi dell’America Latina che conformano la CELAC (4) al 25,41%, dai 5 paesi dell’ ASEAN (5) al24.39%, dai 5 del BRICS (6) al 22,37% e dai 6 paesi dell'OCS (7) in crescita del 19.36%.

I paesi del cosiddetto blocco occidentale, che ben rispondono alla definizione di Paesi Industrializzati Altamente Indebitati (PIAI), sono al di sotto della crescita media mondiale;infatti, mentre l’economia mondiale è cresciuta complessivamente dell’8,92%, l’ Oceania (Australia e Nuova Zelanda) è cresciuta del 7,68%; i paesi del Nord America del 5,06%; iPaesi dell’ OCSE (8) hanno fatto registrare una crescita del 4,74%; quelli del G7 (9) solamentedel 3,76%; l’Europa nel suo complesso è cresciuta dell’1,42%. I 27 paesi che conformano l’Unione Europea (10) ed i 17 dell’ Area Euro (11) sono in decrescita, rispettivamente dello0,49% e del 2,14%.
I sedici paesi che conformano geograficamente l’Europa Meridionale e che ben può definirsi Europa Latina (12), hanno sperimentato una decrescita del 3,45% ed è l’area del mondo cheha perso maggior potere fra il 2009 ed il 2010.
Per quanto riguarda i singoli paesi, la Mongolia é in assoluto il paese con la più alta crescita: fra il 2009 ed il 2010 è aumentato del 35,27%; tra i paesi importanti, a più forte crescitatroviamo l’ Indonesia (31,00%), il Brasile(30,94%), l’India (25,40%), la Russia (21,10%), il Venezuela (20,15%), l’ Argentina (20,04%), la Cina (18,74%). Dei sette Grandi, il Canada è l’unico ad avere sperimentato una forte crescita (17,90%); il Giappone è cresciuto dell’8,46%,il Regno Unito del 4,16% e gli USA del 3,83%; la Germania, che occupa il posto 150 nellalista dei paesi in base alla crescita, è in decrescita dello 0,55%, la Francia al posto 167retrocede del 2,83% e l’Italia al posto 169 decresce del 2,83%.
In attesa che la Banca Mondiale pubblichi i dati del 2011, prevedibilmente nel prossimo mese di luglio, possiamo anticipare che i paesi dell’ALBA, trainati dalla crescita del Venezuela,continueranno ad essere protagonisti anche per l’anno 2011 e seguenti.
Da quando il Venezuela è governato dal presidente Hugo Chávez, secondo i dati della Banca Mondiale, lo sviluppo è stato enorme, trascinando nella crescita anche i paesi dell’ALBA.Chávez arriva al governo nel 1999, peró nei primi 4 anni, oltre ad occuparsi delle grandiriforme istituzionali, deve fronteggiare un colpo di stato, nell’aprile del 2002 ed una serratapatronale di due mesi, dal dicembre 2002 al febbraio 2003, che letteralmente azzera laproduzione petrolifera, principale attività economica del paese. Dal 2003, quando il PIL delVenezuela ascendeva a 83 miliardi di dollari USA, lo 0,22% del PIL mondiale, è passato adoltre 391 miliardi nel 2010, con una incidenza dello 0,62% sul PIL mondiale; da quintaeconomia dell’America Latina (dietro a Messico, Brasile, Argentina e Colombia) e 44°economia del mondo, che era nel 2003, è passata ad essere la terza economía dell’AmericaLatina, dopo Brasile e Messico, superando Argentina e Colombia e 25° economia del mondonel 2010.
Tra il 2003 ed il 2010 la crescita venezuelana è stata del 368,59%; solamente 4 paesi hannoavuto una crescita superiore: Azerbaijan (611,60%), Angola (508,59%), Kazakistan (383,43%) e Guinea Equatoriale (374,41%). Nello stesso periodo, il Brasile è cresciuto del277,92%, la Cina del 261,17%, la Russia del 243,87%, l’ India del 188,11%. I paesi del G7hanno avuto crescite modeste: Canada 82,13%, Francia 42,84%, Italia 36,08%, Germania 35,35%, USA 31,54%, Giappone 29,08%, Regno Unito 21,58%. Nello stesso periodo, fra il 2003 ed il 2010, per quanto riguarda i blocchi economici, quelli chesono cresciuti di più sono: OCS (259,43%), Unasur  (246,72%), Brics (241,60%), Alba (233,23%) e Celac (159,63%); al polo opposto, i blocchi cresciuti di meno sono: Area Euro (42,45%), Unione Europea (42,24%), Paesi OCSE (41,31%) e G7 (33,69%).
In sostanza possiamo dire che il baricentro del mondo, si sta spostando sempre più verso America Latina ed Asia; in particolare i paesi del BRICS, dell’ALBA e dell’OCS avranno unruolo sempre maggiore ed il BRICS è destinato a superare a breve il G7.Confrontando l’evoluzione negli ultimi 20 anni, tra aeree e blocchi geopolitici, risulta evidenteche il polo incentrato sugli Stati Uniti e l’Europa (G7, Unione Europea e paesi dell’area Euro) – identificabili come PIAI o vassalli della NATO - sono in fase calante. In ascesa i blocchi deipaesi asiatici e dell’America Latina (BRICS, OCS, UNASUR, ALBA e CELAC).I paesi del G7, che nel 1993 producevano il67,45% del PIL mondiale, nel 2010producevano solo il 50,25% e sicuramente nelcorso del 2011 sono scesi al di sotto del 50%; ipaesi del BRICS invece, che nel 1992rappresentavano il 6,72% del PIL mondialesono triplicati, arrivando al 18,31% nel 2010;cosi pure i paesi della Cooperazione diShangai (OCS) sono passati dal 3,67% al del1993 al 12,02% nel 2010.
Vanno su quelli che hanno tralasciato o abbandonato l’ortodossia neoliberista e i diktat delFMI e delle elites finanziarie. Per il futuro a breve e medio termine, possiamo senz’altro direche i paesi dell’America Latina e dell’Asia continueranno a crescere, mentre si accentuerá ildeclino progressivo dei PIAI, che fanno capo agli USA ed all’Europa occidentale.Riguardo il Venezuela, tutto indica che non si fermerá la forte crescita, visto che laproduzione di petrolio é programmata per elevarsi dai 2,99 milioni di barili al giorno del 2011,ad oltre 5,81 per il 2018 (13), grazie a circa 100 miliardi di dollari di investimenti, versati sia dalVenezuela che da compagnie petrolifere di numerosi paesi, tra le quali vi è la partecipazionedell’ENI, con oltre 7 miliardi; il settore delle costruzioni contribuirà enormeente alla crescitadel paese, considerato che è prevista, per i prossimi 5 o 6 anni, la costruzione di circa 3milioni di appartamenti, settore che ovviamente trascinerà nella crescita anche l’indotto (cemento, ferro, ceramica, infissi, …); inoltre, contribuirà alla crescita del paese, ilpotenziamento delle infrastrutture e delle comunicazioni, con la costruzione di migliaia dichilometri della rete ferroviaria, di decine di chilometri in nuove linee metropolitane nelleprincipali città, il terzo ponte sull’Orinoco (con una lunghezza totale superiore ad 11 chilometried equivalente a quasi tre volte il fantomatico e mai realizzato Ponte di Messina, in Italia) enumerose imprese stategiche, tra cui quella dedicata alla progettazione e realizazione disatelliti per telecomunicazioni. Non è affatto azzardato prevedere che il nostro amatoVenezuela nel prossimo quinquenio entri a far parte del ristretto gruppo di paesi che hannoun PIL dell’ordine del migliaio di miliardi di dollari.
Il Venezuela, inoltre è destinato ad entrare presto nel gruppo dei paesi a reddito alto; secondo la Banca Mondiale, per l’anno 2010, si considerano a reddito alto i paesi che hanno un redditoprocapite superiore a 12.276 dollari annui; per il 2010, il reddito procapite del Venezuela eradi 11.590 dollari ed era inserito tra i paesi a reddito medio alto; grazie alla crescita in attoentrerà presto a far parte dei paesi a reddito alto e successivamente ad avvicinarsi semprepiù al reddito di quelli che fino ad oggi possiamo considerare i paesi più ricchi del mondo,sempre che continui la attuale politica portata avanti dal governo di Hugo Chávez.
Ricerca a cura di: Attilio Folliero, Cecilia Laya e Tito Pulsinelli (14)

Notas
1) Gli 8 paesi che formano l’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nostra America – Trattato sulCommercio dei Popoli (ALBA-TCP) sono: Antigua e Barbuda, Bolivia, Cuba, Dominica,Ecuador, Nicaragua, San Vicente y las Granadinas, Venezuela;
2) I 5 paesi che formano geograficamente l’Africa meridionale son: Botswana, Lesotho, Namibia,Sudafrica e Swaziland;
3) I 12 paesi che conformano la Unione di Stati Sudamericani (UNASUR) sono: Argentina,Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Paraguay, Perú, Surinam, Uruguay eVenezuela;
4) I 33 paesi che fanno parte della Comunità di Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) sono: Antigua e Barbuda, Argentina, Bahamas, Barbados, Belice, Bolivia, Brasil, Cile, Colombia,Costa Rica, Cuba, Dominica, Ecuador, El Salvador, Granada, Guatemala, Guyana, Haití,Honduras, Giamaica, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perú, Repubblica Dominicana,Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Surinam, Trinidad e Tobago,Uruguay e Venezuela;
5) La Associazione di Stati del Sud-est Asiatico (ASEAN) è formata da 10 paesi (BruneiDarussalam, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Tailandia eVietnam); in questa nostra ricerca prendiamo in considerazione solamente i 5 paesi più grandiper i quali esistono dati certi per il periodo analizzato: Indonesia, Malesia, Filippine, Tailandiae Vietnam;
6) I 5 paesi del BRICS sono: Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica;
7) I 6 paesi membri della “Organizzazione della Cooperazione di Shanghái” (OCS) sono: Cina,Russia, Kazakistan, Kirgikistan, Tagikistan e Uzbekistan; attualmente sono entrati comeosservatori altri 4 paesi (India, Iran, Pakistan e Mongolia), che in futuro potrebbero entrare apieno titolo nella OCS; inoltre, sono in corso trattative con altri due paesi (Bielorussia e SriLanka); infine, in Serbia ci sono partiti e movimenti che invece dell’ingresso nella UnioneEuropea stanno facendo pressione per avvicinarsi alla OCS, organizzazione che quindi in unfuturo non tanto lontano potrebbe assumere un ruolo rilevante a livello mondiale;
8) L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo económico (OCSE), conosciuta come“club dei paesi ricchi” fino al 2010 aveva 33 paesi membri: Canada, USA, Regno Unito,Danimarca, Islanda, Norvegia, Turchia, Spagna, Portogallo, Francia, Irlanda, Belgio,Germania, Grecia, Svezia, Svizzera, Austria, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia, Giappone,Finlandia, Australia, Nuova Zelanda, Messico, Repubblica Ceca, Ungheria Polonia, Corea delSud, Slovacchia, Cile, Slovenia e Israele; alla fine del 2010 è entrata anche l’Estonia epertanto i paesi membri attualmente sono 34;
9) Il Gruppo dei sette o dei sette grandi (G7) è costituito da: USA, Giappone, Germania, Francia,Regno Unito, Italia e Canada;
10) I 27 paesi che attualmente formano l’Unione Europea sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro,Repubblica Ceca, Danimarca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Estonia, Finlandia, Francia,Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, PaesiBassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania e Svezia;
11) I 17 paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’Euro (Eurozona) sono: Germania, Austria, Belgio, Cipro, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia,Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi e Portogallo; ricordiamo che l’Euro è statoadottato anche da altri 6 paesi (Monaco, San Marino, Vaticano, Andorra, Montenegro eKossovo) e dai territori britannici in Cipro (Akrotiri e Dhekelia) e per le sue emissioni filatelicheanche dal Sovrano Militare Ordine di Malta, stato senza territorio riconosciuto dall’ONU;
12) I 16 paesi che formano geograficamente l’Europa del Sud e che Félix Martin RodríguezMelo ha giustamente denominado “Europa Latina”, sono: Albania, Andorra, Bosnia edHerzegovina, Croazia, Slovenia, Spagna, Gibilterra, Grecia, Italia, Kosovo, Macedonia, Malta,Montenegro, Portogallo San Marino e Serbia;
13) Secondo l’annuale rendiconto del 2011 di PDVSA, Urlwww.pdvsa.com
14) Attilio Folliero è un italiano residente in Venezuela, laureato in Scienze Politiche all’Università“La Sapienza” di Roma; attualmente professore contrattato della Facoltà di Scienze delleComunicazioni (Escuela de Comunicación Social) dell’Università Centrale di Caracas (UCV);Cecilia Laya è una economista venezuelana, con cittadinanza italiana, laureata in Economiapresso la UCV, attualmente funzionario della Università “Simon Bolivar” di Caracas (USB);Tito Pulsinelli è un sociologo italiano dell’Università di Trento, analista ed osservatoregeopolítico; i tre furono tra i fondatori del sito web lapatriagrande.net e sono membri delFREVEMUN (Fronte dei venezuelani del mondo) e di COVENPRI (Associazione venezuelanadi professionisti delle relazioni internazionali e difensori della solidarietà mondiale)



Per concessione di Attilio Folliero
Fonte: http://selvasorg.blogspot.it/2012/05/banco-mundial-en-2010-crecimiento.html
Data dell'articolo originale: 10/05/2012
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=7301

'Primitive' ( PSA )

Il movimento per i popoli tribali. 

Survival è l'unica organizzazione che lavora in tutto il mondo per i diritti dei popoli tribali. 
Lavoriamo con centinaia di comunità tribali e  organizzazioni . 
Ci siamo finanziati quasi interamente da enti pubblici e da alcune fondazioni. 
Non prendiamo  soldi dai governi nazionali, perché i governi sono i principali violatori dei diritti dei popoli tribali, né prendiamo soldi da aziende che potrebbero essere tra quelli che abusano dei popoli tribali. 

 Circa 250.000 sostenitori provenienti da quasi 100 paesi ci hanno aiutato finanziariamente, milioni da routine cercate con le nostre pubblicazioni, pubblicato e stampato in sette lingue. 

Non abbiamo mai limitato la nostra informazione  materiale solo a chi può pagare. 

Vogliamo che tutti conoscete i popoli tribali.

 

martedì 4 settembre 2012

L'annientamento della borghesia rivoluzionaria in Sardegna e la costruzione del parassitismo: storia di una strategia politica.


..la questio trattata è di indubbia profondità, la paura dell'essere è atavica e la paura della responsabilità di autogoverno è ancor più grande; i motivi adotti da Marco nell'articolo sono chiari e avvincenti nel farci comprendere i motivi che muovono queste paure, una lucidità d'analisi della realtà sarda , spero però che quanto affermato per is "torraus a domu" non siano l'unica speranza per la nostra terra, ma, siano i giovani locali la speranza dei sardi tutti; che siano intellettuali o proletari in affanno per uno stipendio da pastore o giovani disoccupati.. uomini che si sforzano a dar vita alla riscossa di cui abbisognamo per vivere, come dice Oggianu in ultima analisi, da cittadini liberi e felici in questa terra colonizzata  e martoriata. 
Sa Defenza

Marco Oggianu


E’ una vecchia strategia coloniale quella di spingere all'emigrazione uomini e donne di una Nazione sottomessa. E' una politica che nel nostro caso ha radici nel vecchio Regno di Sardegna, esattamente dall’inizio del XIX secolo, dopo la fine di Napoleone e la repressione dei moti rivoluzionari angioyani che puntavano a creare una Repubblica Sarda Indipendente su ispirazione di quella francese. Da allora i Savoia decisero che bisognava impedire assolutamente la creazione di una borghesia rivoluzionaria sarda, sia in senso economico, che politico, che culturale. 

La Sardegna doveva diventare terra di funzionari che amministravano gli interessi piemontesi, o di agricoltori e pastori disorganizzati, poveri e ignoranti, o di forza lavoro per le aziende piemontesi. Favorire le scuole classiche e letterarie al posto di quelle tecniche e economiche, favorire il potere della chiesa e in particolare dei gesuiti, favorire la creazione di una classe dirigente fedelissima e parassitaria, che vivesse di rendita in base alla sua fedeltà al Regno e alla dominazione straniera. Impedire in tutti i modi la nascita di piccole aziende attraverso una politica fiscale protezionista e la totale mancanza di infrastrutture, che rendevano i costi dei trasporti proibitivi. 

In seguito la tattica fu anche di controllare qualunque tipo di sviluppo capitalista e industriale avvenisse in Sardegna, in modo che non fosse spontaneo e autoctono, ma che venisse imposto da fuori e avesse come protagonisti imprenditori di fuori, meglio ancora se appartenenti alla grande industria e finanza assistita e protetta dallo Stato. 

I Sardi insomma dovevano essere allevati o come futuri emigrati, o come lavoratori assistiti di aziende in perdita. Lo Stato spendeva non per creare profitto ma per creare cittadini fedeli e dipendenti, per autoconservare la propria integrità. A questo va aggiunta la politica tesa a militarizzare la Sardegna, la propaganda per gli arruolamenti di massa in qualunque corpo dell’esercito o di polizia. Funzionari per procura, militari, sgherri, lavoratori assistiti, il resto doveva (e deve) essere spinto a emigrare. 

In Sardegna venne favorita una scuola di tipo umanistico-classico, esaltatrice delle glorie di Roma, del Risorgimento e della cultura italiana, vista come superiore e redentrice nei confronti di quella Sarda, indicata come inferiore, arretrata e istintivamente delinquente. Cancellare nei Sardi ogni traccia di coscienza nazionale, storica e sostituirla con un autorazzismo e un complesso di inferiorità diffuso che sfociasse nell’abbandono, nel rifiuto di se e della propria terra. 

Creare questa sorta di mutanti, di cyborg, emigrati mentali e fisici alienati completamente dalla propria essenza. La classe intellettuale sarda ne è un esempio: disfattista, autorazzista, bravissima nel descrivere una Sardegna isolata, incapace di fare storia, violenta, selvaggia, arretrata e fiera della propria arretratezza, bravissima nell’esaltare questa arretratezza come qualcosa di chic da offrire a turisti esotici abbigliati per i Safari. 

Bravissimi nel raccontare un mare di menzogne e una terra mai esistita se non nei loro cervelli insani. Alla scuola in tempi moderni si aggiungono TV e strumenti mediatici, i quali mostrano al cyborg sardo un mondo oltre il mare fatto di ricchezza, successo, bellezza, elevazione culturale e morale, per alcuni di ballerine, magnati, scudetti, miliardi, per altri di rivoluzioni, lotte sociali, progresso, salotti culturali. 

Cose che solo oltre il mare sono possibili, qui o ci si rassegna a servire, a sopravvivere, a consumare ciò che il vero mondo ci offre, o si prende la nave. Una pulizia etnica soft, fatta in maniera raffinata e non violenta, molto più efficace di quella in stile bosniaco. I maggiori quotidiani Sardi, voce della stessa classe dirigente e intellettuale disfattista e reazionaria ancora oggi seguono alla lettera tale strategia. Servizi su emigrati che ce l’hanno fatta si affiancano a interviste a assi del pallone che invitano a imparare lingue straniere, fare le valige e andarsene.

Tale strategia però ha funzionato finché lo Stato aveva la forza e i mezzi per pagare la propria autoconservazione, finché aveva il monopolio della cultura e della formazione dei suoi sudditi. Oggi non solo questi mezzi sono sempre meno, ma molti Sardi che l’emigrazione l’hanno vissuta pian piano tornano, si rendono conto, e formano, proprio loro, quella borghesia illuminata e rivoluzionaria che si voleva evitare nascesse. 

Sono loro l’unica speranza per la Sardegna di domani, una Sardegna viva, aperta al Mondo, ricca, Indipendente. Una terra dove gli uomini e le donne non vadano più via, ma vengano e vi abitino da cittadini liberi e felici.     

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