giovedì 29 marzo 2012

Ernst Cassirer: segno, simbolo..L’anti-ontologia

L’anti-ontologia  Ernst Cassirer Hans Jörg Sandkühler
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Il presente studio si concentra sul ruolo del linguaggio e della scienza nella teoria della conoscenza di Ernst Cassirer. L’interpretazione data della posizione di Cassirer e di stampo costruttivista: il linguaggio e inteso come sistema complesso di segni arbitrariamente prodotti dalla mente umana per conferire senso e significato al mondo. La concezione cassireriana è anzi presentata alla stregua di un modello ideale per quel filone dell’epistemologia contemporanea che vuole affermare il pluralismo, tenendosi tuttavia a distanza dalle tentazioni scettiche, relativiste e soggettivistiche del nostro tempo.




Linguaggio, segno, simbolo.
L’anti-ontologia di Ernst Cassirer
Hans Jörg Sandkühler
Articolo pubblicato su invito, ricevuto il 10 maggio 2010
█ Riassunto Il presente studio si concentra sul ruolo del linguaggio e della scienza nella teoria della conoscenza di Ernst Cassirer. L’interpretazione data della posizione di Cassirer è di stampo costruttivista: il linguaggio è inteso come sistema complesso di segni arbitrariamente prodotti dalla mente umana per conferire senso e significato al mondo. La concezione cassireriana è anzi presentata alla stregua di un modello ideale per quel filone dell’epistemologia contemporanea che vuole affermare il pluralismo, tenendosi tuttavia a distanza dalle tentazioni scettiche, relativiste e soggettivistiche del nostro tempo.

PAROLE CHIAVE: Ernst Cassirer; Forma simbolica; Epistemologia; Costruttivismo; Linguaggio.
█ Abstract Language, Sign, Symbol. The Anti-Ontology of Ernst Cassirer - This paper investigates the role of language and the function of science in Ernst Cassirer’s theory of knowledge. Cassirer’s position is interpreted in a constructivist way: language is presented as a complex system of signs arbitrarily produced by the human mind to imbue the world with sense and meaning. Indeed, Cassirer’s theory is proposed as an ideal model for that part of the contemporary epistemology which agrees with the general principles of pluralism, but intends at the same time to stay away from sceptical, relativistic and subjectivist temptations which are very popular in our time.

KEYWORDS: Ernst Cassirer; Symbolic Form; Epistemology; Constructivism; Language.

OGGETTO DI QUESTE PAGINE SARÀ la Filosofia delle forme simboliche di Ernst Cassirer 1o, per meglio dire, la sua teoria della conoscenza. La prospettiva sistematica in cui s’inserisce questa
rilettura di Cassirer è quella di una  antiontologia. Prima di esporre le mie considerazioni in merito, vorrei portare l’attenzione su due precondizioni storiche: si tratta di due “rivoluzioni copernicane”. La prima ha luogo in filosofia ed è legata al nome di Immanuel Kant. Ernst Cassirer elabora la propria prospettiva filosofica seguendo le orme di Kant e del Neokantismo.
La seconda ha luogo a partire dalla metà del XIX secolo all’interno delle scienze della natura.
2La filosofia di Ernst Cassirer è legata alla matematica e alla fisica come poche altre.



█ Due rivoluzioni copernicane
Le due “rivoluzioni” di cui si è appena detto hanno dissolto quella fin troppo semplicistica convinzione per cui il nostro sapere sarebbe qualcosa di oggettivo. Nell’ambito della filosofia, come in quello delle scienze e delle arti, giunge a compimento la dissoluzione di ciò che si presumeva essere certo. Ha luogo
qui la dissoluzione del dato, ossia l’erosione di quell’idea per cui ci sarebbe una realtà precostituita che richiede soltanto di essere rappresentata per mezzo di copie riproduttive.
Con l’obsolescenza dell’idea di una rappresentazione speculare e riproduttiva,  s’indebolisce anche la fiducia ingenua nella percezione quale unico strumento di accesso “oggettivo” alla realtà. Come  già notava durante gli  anni Trenta Alfred N. Whitehead, la percezione sensibile non è qualcosa che ci fornisce il dato nei termini in cui noi successivamente lo interpretiamo.
3Esito di questa rivoluzione è l’affermarsi di una prospettiva costruttivista circa la costituzione della realtà all’interno della conoscenza. E dal momento che non esiste un’unica modalità
di corretta costituzione della realtà, da questa prospettiva trae origine una posizione ulteriore,
quella relativa alla  pluralità dei mondi, le cui implicazioni possono anche essere  descritte
come segue: il mondo non ci obbliga a una conoscenza che gli sia assolutamente conforme. È
nella conoscenza e nel linguaggio che il “mondo oggettivo” – relativo ai diversi contesti e ai diversi ambiti del sapere – diventa il nostro mondo. Noi non parliamo tutti la stessa lingua; esiste
ben più di un'unica e sola versione del mondo.
Secondo Nelson Goodman ciò  con  cui dobbiamo fare i conti è la “molteplicità” e “varietà” di mondi, ossia la loro «dipendenza da sistemi di simboli costruiti da noi, la varietà degli standard di correttezza cui sono sottoposte le nostre costruzioni». Questo  è l’approdo decisivo della  filosofia moderna,
quella filosofia che prese avvio allorché Kant ha operato il passaggio dalla struttura del mondo a quella della mente […] e che ora continua col passaggio dalla struttura dei concetti a quella dei diversi
sistemi simbolici delle scienze, della filosofia delle arti, della percezione e del discorso quotidiano.
Il movimento è da un’unica verità e da un mondo fisso e dato a una varietà di versioni corrette e anche in conflitto, ossia di mondi in fabbricazione.
4D’altro canto non si può ignorare che, così come si sono dati momenti di contestazione nei confronti della critica kantiana, anche l’idealismo ontologicamente neutrale  ha incontrato forti opposizioni  nell’ambito della teoria della conoscenza. Inoltre, proprio nelle scienze cosiddette “positive” si rinnova periodicamente la comparsa di posizioni opposte, quali il materialismo, il naturalismo e il
riduzionismo, che non trovano un punto di appoggio unicamente nelle scienze naturali.
Tanto la prima quanto la seconda “rivoluzione copernicana” lanciano  continuamente  la
loro sfida: mettere in discussione il materialismo nei suoi vecchi principi, attardo la sua
tesi fondamentale per cui ogni cosa, in quanto elemento del mondo materiale, cioè della natura, può essere spiegata con i mezzi della fisica. Per questa posizione tutto – e di conseguenza anche la coscienza o la mente – può essere spiegata mediante le leggi della natura.
E possiamo anche dire  – senza timore di
esagerazione – che, per quanto riguarda le tendenze oggi dominanti, il nuovo spirito scientifico si concentra sul soggetto, dotato di un atteggiamento critico e seguace di un certo scetticismo metodologico. E inoltre il linguaggio in cui si esprime non è solo descrittivo, ma anche prescrittivo: noi imponiamo alla natura le leggi della nostra mente. In questo senso la conoscenza non può essere caratterizzata attraverso un’obiettività garantita dalla “datità” degli oggetti e della corrispondenza fra teoria e realtà.
Se le cose stanno in questo modo, allora la strada è aperta per una trasformazione complessiva dell’immagine del mondo. Il nuovo clima culturale relativizza anche ciò che in precedenza pareva essere ovvio e scontato: e cioè che la conoscenza scientifica debba essere posta sul gradino più alto nella gerarchia delle forme di razionalità. La scienza diviene una forma simbolica fra altre culture epistemiche che hanno pari dignità e rango. Questa idea non entra solo a far parte di una mutata


comprensione di sé da parte delle scienze, ma si trova anche alla base, intesa in un senso
molto più ampio, di una nuova mentalità e di un nuovo stile di pensiero.
La nuova epistemologia di cui voglio parlare qui è un’epistemologia ontologicamente
neutrale e tuttavia – in un certo senso – ancora realistica. Quattro sono i tratti caratteristici che ne definiscono il profilo
.


▶  I processi cognitivi e le affermazioni vertenti sulla realtà dipendono fondamentalmente dalla tipologia di concezioni relative al rapporto tra conoscenza e realtà di volta in volta  privilegiata. Queste concezioni sono anch’esse parti di cornici più ampie, cioè di punti di vista o immagini che hanno a oggetto il mondo e anche noi stessi.
▶ Il mondo esterno e le sue proprietà non forniscono di per sé garanzia alcuna per la correttezza della nostra conoscenza. La nostra conoscenza è sottoposta a specifiche condizioni
epistemiche di carattere culturale. Queste condizioni, per esempio, possono essere gli schemi
della percezione e dell’esperienza, gli schemi di descrizione, i contesti delle forme simboliche,
ma anche le forme culturali in cui si inscrivono l’azione e il comportamento. Ci sono quindi
verità che sono solo contestuali e indessicali; ogni verità deve  essere corredata dall’indice
dello schema sulla cui base la si afferma.
▶  Le conoscenze non sono indipendenti dall’intenzionalità dei nostri atteggiamenti
proposizionali, ossia dalle credenze, dalle opinioni e dai desideri. L’oggettività delle
proposizioni è sempre permeata dalla soggettività propria degli atteggiamenti proposizionali.
▶ Dal momento che le conoscenze sono costruzioni, esse sono contestuali e prospettiche,
e quindi anche relative. Non possono essere garantite a priori contro le obiezioni scettiche.
Questi quattro presupposti si ripercuotono sulla nozione di “riferimento”. Il senso comune spontaneamente ci porta a ritenere che noi ci riferiamo in maniera diretta a qualcosa che ci è semplicemente dato. Gli sviluppi del pensiero filosofico dal XIX secolo fino a oggi tuttavia hanno portato con sé una critica radicale a questo bel sogno. Oggi con “riferimento” non si può più intendere il fatto che, quando impieghiamo  il linguaggio della conoscenza, noi parliamo la lingua degli oggetti.
L’originale è piuttosto il linguaggio della conoscenza, mentre gli oggetti menzionati sono
le sue variabili, non il contrario.
La filosofia contemporanea ha dato a questo problema denominazioni diverse. Indipendentemente da come la si voglia qualificare, questa questione riguarda qualunque tipologia
di elemento terzo, chiamato a fare da “ponte” tra soggetto e oggetto, tra conoscenza e realtà.
A volte  si usa l’espressione “interpretante”, talvolta “cornice teorica”, talaltra “gioco linguistico”, qualche altra ancora “schema concettuale”.5Tutti questi nomi indicano qualcosa che era ben noto già ai tempi di Kant: noi non conosciamo le cose così come esse sono, ma le conosciamo solo all’interno di una specifica cornice concettuale. La variante wittgensteiniana di questo problema recita: «la verità di  certe proposizioni empiriche appartiene al
nostro sistema di riferimento».
6A partire da questo paradigma, tipico della filosofia moderna, Nicholas Rescher in tempi più recenti ha tratto alcune conclusioni relative alle scienze della natura:
la scienza della natura non riproduce la “realtà” in sé, piuttosto ci fornisce un’immagine della realtà, così come questa ci si presenta – e va tenuto conto che noi siamo ricercatori di un genere assolutamente
particolare,  ai quali spetta una posizione altrettanto  particolare  nel contesto delle cose del mondo. […] Le scienze della natura che pratichiamo sono un artefatto umano che deve essere limitato in un
aspetto decisivo proprio dal fatto che si tratta delle  nostre scienze. Il mondo così
come lo conosciamo è pertanto il nostro mondo  – è il correlato della mente in un’immagine del mondo concepita secondo categorie di comprensione che sono caratteristiche degli esseri umani.
7Dall’assunto per cui l’ordine del conosciuto è l’ordine del conoscere sorge il problema


della relatività concettuale. Questa parola indica un relativismo8che segue in maniera apparentemente necessaria dal significato fondamentale dei concetti e dall’applicazione degli schemi concettuali. Nei fatti non si tratta d’altro che della relazionalità. Non ci sono cose e nemmeno una natura che non siano il risultato del rapporto con i concetti nel momento stesso in cui divengono oggetto della nostra conoscenza e del nostro linguaggio.
Per dirla diversamente: con questo processo, la filosofia, le scienze e le arti hanno imparato
a resistere alla loro brama di oggettività. Tradotto in un linguaggio più propriamente filosofico: la concezione ingenua della conoscenza come rappresentazione sosteneva che qualcosa viene rappresentato solo a patto che la rappresentazione si conformi in ampia misura a
questo qualcosa; ossia solo a patto che si dia un isomorfismo tra ciò che rappresenta e la cosa
rappresentata. È questa idea dell’immagine del mondo a essere entrata in crisi.
Una filosofia che  abbia il coraggio di assumere queste posizioni  diventa inevitabilmente una filosofia che si fa portatrice di una modestia ontologica. In effetti, nella misura in
cui la realtà si tramuta in segni, in forme simboliche e in versioni del mondo, tanto la conoscenza quanto la scienza perdono il mondo delle “cose” così come queste sono “in se stesse”.  L’esito cui  approda la ricerca di Ernst Cassirer sottolinea come ciò che sembra consolidare la nostra conoscenza dei fatti e ampliarla, è piuttosto  proprio quello che  ci  distanzia in misura maggiore dal nucleo di ciò
che è “fattuale”. La concettualizzazione pertanto implica sempre una perdita del contenuto autentico e profondo del reale.
9Nei segni e nelle forme simboliche noi riconquistiamo quel tanto di mondo fenomenico che
somiglia alla nostra mente e che pertanto possiamo comprendere e in cui possiamo agire.
Qui però vengono alla luce alcuni problemi:  che ne è del mondo esterno, della realtà
oggettiva? Può forse essere che essi non  esistano? Nient’affatto. Essi ci sono. La filosofia
di cui stiamo parlando non è antirealistica nel senso che nega l’esistenza del mondo esterno.
Essa afferma piuttosto che il cosiddetto “problema del mondo esterno”
10non è di  alcun interesse filosofico. Come scriveva Rudolf Carnap nella sua autobiografia, «per il sistema della scienza la tesi della realtà del mondo esterno è un ingrediente vuoto».
11Questo punto di vista muta radicalmente lo stile e l’autocomprensione  della filosofia,
cosa ben chiara allo stesso Cassirer: non il punto di vista di una filosofia, ma la
sua “ottica” è ciò che per essa davvero conta. Questa non vuole semplicemente schizzare una cartografia dell’essere a partire da una posizione già data, in cui i singoli ambiti
della realtà vengono registrati come se fossero già noti e dati una volta per tutte. Essa
mira piuttosto a una lontananza ancora sconosciuta, che bisogna in primo luogo scoprire e che può essere aperta in prima istanza solo grazie al concetto.

12
█ Ernst Cassirer e la critica al realismo metafisico
Il Saggio sull’uomo, una delle ultime opere di Cassirer, si apre con la ripresa di un noto
interrogativo kantiano:  che cos’è l’uomo? I passi iniziali rappresentano una testimonianza critica rivolta contro il dogmatismo ontologico e  tutte le  verità  “troppo certe”.  Qui Cassirer scrive: «che la conoscenza di sé sia il fine più alto dell’indagine filosofica, sembra generalmente riconosciuto».
13Questo non è stato messo in questione dallo scetticismo: nella storia della filosofia lo scetticismo è
stato la semplice controparte di un deciso umanismo. Con la negazione e la distruzione della certezza oggettiva del mondo esteriore lo scettico spera di ricondurre il pensiero dell’uomo verso il proprio essere.
Egli afferma che la conoscenza di sé è la condizione prima e necessaria per la realizzazione di sé.
14Quello di Cassirer è un esercizio abituale di scepsi, ma allo stesso tempo è la scepsi stessa
che diventa costantemente oggetto d’indagine epistemologica: per mettere in luce allo stato puro l’operazione dell’espressione, è necessario che il contenuto che serve da segno venga sempre
più spogliato del suo carattere di cosa; in tal modo però il significato oggettivante, che gli viene attribuito, perde il suo migliore punto d’appoggio. La teoria della rappresentazione
rischia così di ricadere sempre nello scetticismo: infatti che certezza abbiamo che il simbolo  dell'essere, che crediamo di avere nelle nostre rappresentazioni, riproduca esattamente la forma di esso, senza alterarla proprio nei suoi tratti essenziali?
15È dalla perdita della certezza che nasce la convinzione della necessità di una filosofia critica.
Ciò che contraddistingue la filosofia della conoscenza di Cassirer è il coerente disvelamento epistemologico della  relazionalità –che qui vuol dire  relatività – all’interno di
tutte le forme di conoscenza e di sapere, comprese le scienze. Questo tratto caratteristico compare già nel primo volume de Il problema della conoscenza nella filosofia moderna, edito nel 1906.
16Quattro anni più tardi, in Sostanza e funzione,  Cassirer raffina la propria tesi: «la verità dell’oggetto dipende dalla verità di determinati assiomi e non ha alcun fondamento diverso e più saldo. In tal modo
certamente non c'è alcun essere assoluto, bensì soltanto uno relativo». Siamo qui di fronte
a un’apologia del relativismo? Il relativismo sarebbe una conseguenza necessaria della critica al realismo metafisico? Decisamente no. Cassirer sgombra subito il campo da  questi
possibili  fraintendimenti:  «questa relatività non significa evidentemente la dipendenza
fisica dai singoli soggetti pensanti, bensì la dipendenza logica dal contenuto di determinate premesse universalmente valide di ogni conoscenza in generale».
17Quel che resta quindi èuna forma di circolarità viziosa, quella di voler spiegare la relatività della conoscenza in base all’universale azione reciproca delle cose, giacché proprio questa azione
reciproca è invece soltanto una di quelle idee di relazione che la conoscenza introduce nella molteplicità sensibile per riportarla a una forma unitaria.
18Il problema della relazionalità/relatività si lega a quello della soggettività delle condizioni della conoscenza e degli interessi impliciti alla conoscenza stessa. Come afferma Cassirer
non c’è alcun punto archimedeo della conoscenza, né vi sono possibilità di trattare i problemi filosofici,prescindendo da uno specifico punto di vista.
19
█ La teoria della conoscenza nel passaggio dalla critica della ragione alla critica della
cultura: linguaggio, segno e simbolo Cassirer concepisce la sua  Filosofia delle forme simboliche, la cui stesura prende avvio all’incirca dal 1920, come una sorta di “ponte” filosofico capace di collegare la critica della ragione conla critica della cultura: la critica della ragione diviene critica della civiltà. Essa cerca di intendere e di mostrare come ogni contenuto della civiltà, in quanto è più di un semplice contenuto singolo, in quanto è fondato su di un generale principio formale, ha come presupposto una originaria attività dello spirito.
20Sulla strada che porta da una critica della ragione verso la critica della cultura Cassirer approda infine a una nuova determinazione tanto della teoria della conoscenza quanto della relazione fra epistemologia e ontologia, dal momento che quello di cui va alla ricerca è una teoria «delle forme fondamentali della
comprensione del mondo». La sua tesi epistemologica è forte e prevede che «la teoria della conoscenza, in fondo,  non  è altro che un’ermeneutica della conoscenza».
21Al centro dell’immagine del mondo che Cassirer ha contribuito a formare in manieraconsiderevole  troviamo l’uomo quale essere vivente che si esprime mediante i simboli presenti nelle diverse culture. L’animal symbolicum  realizza nelle culture la propria libertà.
Ciò che nelle diverse modalità della conoscenza e nelle forme del sapere si oggettiva non è l’effetto di una determinazione naturale, né designa un fatto dato “per natura”. Per dirla con lo stesso Cassirer: «a una considerazione ingenua delle cose la conoscenza si presenta come un processo nel quale noi portiamo alla coscienza, riproducendola, una realtà che è di per sé esistente, ordinata e articolata».
22La nuova teoria della conoscenza, che si muove lungo le orme di Kant 23e che, neokantianamente, si spinge oltre Kant,24affronta questo problema partendo da un principio completamente diverso: «non possiamo cercare il vero “immediato” là fuori, nelle cose, ma dobbiamo cercarlo in noi stessi».
25Già in Sostanza e funzione il problema non è più quello di «sapere su quale separazione nell'assoluto si fondano le opposizioni tra “interno” ed “esterno”, tra “rappresentazione” e “oggetto”», bensì quello di conoscere semplicemente «da quali punti di vista e in base a quale necessità il  sapere stesso pervenga a queste distinzioni».
26Cassirer non ha in mente una teoria speculativa della conoscenza, ma lavora lungo tutto il corso della sua vita a una fenomenologia della conoscenza. In una riflessione più tarda Cassirer sottolinea come
la filosofia delle forme simboliche non vuole essere una metafisica della conoscenza, ma una fenomenologia della conoscenza.  Essa assume per questo la parola “conoscenza” nel senso più ampio e piùesteso. Essa comprende con questo termine non solo l’atto  del concepire scientificamente  e dello spiegare  teoreticamente, ma qualsiasi attività spirituale in cui noi ci costruiamo un “mondo” nella sua  forma caratteristica, nel suo ordine e nel suo “esser-così” […] Di conseguenza,  la filosofia delle forme simboliche non vuole, per principio, costruire  una determinata teoriadogmatica dell’essenza degli oggetti e delle loro proprietà fondamentali, ma, al suo posto, cogliere e descrivere, in un paziente lavoro critico,  i modi dell’oggettivazione,come essi siano propri e caratteristici dell'arte, della religione, della scienza.27In questa maniera la filosofia delle forme simboliche cerca di seguire la via indicata da Kant con la filosofia critica. Essa non vuole prendere le mosse da un principio universale dogmaticamente istituito sulla natura dell’essere assoluto, ma vuole in primo luogo indagare che cosa significhi in generale fare affermazioni su un essere, su un “oggetto della conoscenza” e per quali vie  e con quali mezzi in generale l’oggettualità sia accessibile e raggiungibile.
28In una riflessione ulteriore, risalente allaseconda metà degli anni Trenta, Cassirer osserva che «una teoria della conoscenza, che non voglia restar ferma alle sole analisi deiconcetti fondamentali delle scienze, deve [...] sapere in quale regione della conoscenza essa si trovi», perché, secondo Cassirer le “regioni” sono “tre mondi”: la soggettività dell’Io, l’intersoggettività tra gli uomini e infine
l’articolazione  natura/cultura,  assunte  quali due forme distinte della realtà. Chiarisce infatti lo stesso Cassirer:non [può] trattarsi qui naturalmente di livelli interni di una realtà assoluta, così come la metafisica da sempre ha tentato di distinguerli di collocarli di fronte a noi in un ordinamento gerarchico. Si tratta piuttosto soltanto dell’articolazione della conoscenza stessa e delle relazioni che sono presenti in essa.29Il prospettivismo di Cassirer  – l’idea del costruttivismo proprio di ogni forma del percepire e del conoscere, così come la sua critica a ogni  realismo ingenuo e a ogni oggettivismo 30– si basa soprattutto sull’indicazione dell’intenzionalità quale fonte di ogni ricono-scimento oggettuale: le relazione con un oggetto, l’intenzione diretta verso l’oggettualità, non si aggiunge alla percezione in un secondo momento, sgorgando da una qualche altra fonte, ma si trova sin dall’inizio in essa. Essa costituisce un momento costitutivo e ineliminabile della percezione stessa.
31L’intenzionalità è quella proprietà della coscienza tale per cui essa è diretta verso gli oggetti in quanto oggetti di coscienza, piuttosto che sugli oggetti esterni del mondo; per Cassirer come per
Brentano l’intenzionalità è legata a una “oggettualità immanente”, ossia  alla  inesistenza intenzionale
(ovvero mentale) di un oggetto.
32Sulla base della libertà conquistata  mediante l’uso di segni e simboli ha origine una relazione asimmetrica tra il “mondo” del senso comune, “nel quale noi conosciamo” e il mondo che è reso oggettivo da noi. Più inseriamo i singoli dati tratti dall’esperienza del mondo all’interno dei concetti generali dei sistemi simbolici che noi stessi creiamo e meno rimane di quel mondo che la comprensione del senso comune erroneamente concepisce come una realtà “data”.Il sapere non è né parte dell’essere né la sua copia e non viene neppure ammessa la sua relazione con questo essere, tanto che essa viene invece fondata da un altro punto di vista. È infatti la funzione del conoscere che ora costruisce e costituisce l’oggetto, non come assoluto, ma come condizionato da questa stessa funzione, come “oggetto nel fenomeno”.
33Questo è il motivo ispiratore dell‘opera di Cassirer: «la riduzione del “dato” alle funzioni pure della conoscenza  costituisce il fine ultimo, il risultato e il frutto della dottrina critica».
34La  funzione conoscitiva, che di volta in volta viene chiamata in causa, determina la forma  «dell’oggetto nella manifestazione». Attraverso la filosofia delle forme simboliche il concetto di simbolo diventa  un universale teorico-culturale. All’alba degli anni Venti, in un contributo intitolato Der Begriff der symbolischen Form im Aufbau der Geisteswissenschaften, Cassirer delinea una  sistematicagenerale delle forme simboliche: con “forma simbolica” si deve intendere quell’energia dello spirito grazie a cui  un contenuto spirituale significante viene collegato a un segno sensibile concreto, venendo  intimamente assimilato a quest’ultimo.
35Ogni forma simbolica ha la propria origine in una specifica cultura, innervandola profondamente di sé. Tutte le forme simboliche sono “indici” dei «casi di rifrazione che
l’essere in sé unitario e unico subisce non appena esso è afferrato e fatto proprio dal “soggetto”».
36Dal punto di vista della teoria della conoscenza ciò implica che «l’identità tra il sapere come tale e il suo contenuto oggettivo venga abbandonata»,
37identità che era sottesa all’ipotesi corrispondentista della  adaequatio rei et intellectus, dal momento che «la “comprensione” del mondo non è un semplice accogliere, non è un ripetere una data struttura della realtà, ma implica una libera attività dello spirito». Così hanno origine i “mondi”(possibili versioni di mondo) con i loro indici – il mondoM del mito, il mondoR della religione, il mondoS delle teorie scientifiche – detto in breve, ha origine «la pluridimensionalità del mondo spirituale».
38Il significato delle “cose” di cui si
parla all’interno di ogni forma simbolica è contestuale e indessicale.39Nello sviluppo del pensiero di Cassirer la filosofia del linguaggio acquisisce pian piano un’importanza sempre maggiore. Non è un caso che la prima parte della  Filosofia delle forme simboliche sia dedicata al linguaggio,
così come non è casuale che qui si trovi  un passo che ricorda il primo Illuminismo europeo: «il linguaggio già nella pura forma rappresenta l’antitesi della pienezza e concretezza del mondo dei sensi e delle emozioni.



L’obiezione di Gorgia: “parla colui che parla,
ma non il colore o la cosa”, ha ancor più valo-re se alla realtà oggettiva sostituiamo la realtà
soggettiva. In quest’ultima domina la massima individualità e l’assoluta determinatezza».
40Cassirer argomenta in favore di una nuova
visione tanto della relazione tra soggetto e oggetto quanto di quella tra oggettività e soggettività.
[Per la] critica della conoscenza [...] il
problema non è come noi possiamo giungere dall’oggettivo al soggettivo, ma, al
contrario, come noi passiamo dal soggettivo all’oggettivo. Essa non conosce altra e
superiore oggettività che non sia quella
che data nell’esperienza stessa in conformità alle sue condizioni.
41“Oggettività” non è più un attributo di entità indipendenti dalla coscienza, come nella metafisica della sostanza; l’oggettività di cui Cassirer parla è il risultato di un’operazione di oggettivazione in cui le entità hanno origine mediante un’opera di strutturazione messa in atto dalla mente.
Il motivo centrale del rivolgimento epistemologico verso la soggettività non deve essere fraintesa nel senso di una forma di soggettivismo ;
42si tratta piuttosto delle ragioni che stanno al fondo dell'opposizione nei confronti del realismo metafisico e della  teoria del rispecchiamento che discendono da una visione metafisica della conoscenza. Tali ragioni non provengono esclusivamente dall’idealismo; per Cassirer è soprattutto lo sviluppo delle scienze che ha desolidificato «il rigido concetto di essere»; e «nella misura in cui questo punto di vista si  dispiega  e si afferma nella scienza, in essa  viene sottratto il terreno all’ingenua teoria della conoscenza in quanto rispecchiamento». Al posto del «passivo  rispecchiamento di un essere già dato»fanno la loro comparsa «simboli  intellettuali liberamente creati».
43Le “cose” e gli “stati di cose” non sono per la coscienza dei contenuti già  dati; si tratta piuttosto della “modalità” e della direzione della loro “formazione”, che sono determinati soggettivamente. Da tutto ciò non segue alcun anarchismo epistemologico. Il compito prioritario della critica alla conoscenza consiste nello scoprire le regole generali della trasformazioni delle rappresentazioni in cose: concentrando l’attenzione su tutte le molteplici espressioni della regola logica che il sapere segue nei suoi diversi livelli e nelle sue diverse fasi, sorge per noi l'idea di un’unica realtà in sé coerente. È questo
modo che si compie la “rivoluzione copernicana” che sposta il movimento nello spettatore, anziché attribuirlo agli oggetti.
44Il sapere concettuale non è “riproduzione”bensì “strutturazione”, formazione interiore. Supportato dalla sua conoscenza dei risultati fondamentali della matematica, della fisiologia, della psicologia e soprattutto della fisica post-newtoniana, Cassirer continua a ricercare all’interno delle scienze delle evidenze capaci di avallare la sua tesi: «è l'intelletto scientifico a porre ormai le condizioni e le pretese che gli sono
proprie come misura dell'essere». Una volta che i concetti scientifici non possono essere più intesi
come  «imitazioni di cose che hanno una loro esistenza oggettiva», ma si sono rivelati in quanto «simboli degli ordinamenti e delle connessioni funzionali che si presentano all’interno della realtà»,
45la critica della conoscenza si trova ad affrontare un compito diverso:quando domandiamo se per il pensiero sussiste qualche possibilità di oltrepassare il piano di ciò che è semplicemente simbolico e significativo e di cogliere dietro di esso la realtà “immediata” e senza veli, risulta da sé che questa meta, quand’anche fosse raggiungibile, non lo sarebbe mai sulla via della esperienza “esterna”. È difficile mettere seriamente in dubbio il fatto che quest’ultima, cioè la conoscenza del
mondo delle cose, è legata a ben determinati presupposti e a ben determinate condizioni di carattere teoretico e che perciò il processo di oggettivazione, quale si compie progressivamente nella conoscenza della natura, è sempre al tempo stesso un pro-cesso di mediazione logica. È difficile metterlo in dubbio, diciamo, dopo tutti i progressi che l’analisi critica della conoscenza ha compiuto nel campo della fisica moderna.  Sennonché tanto più necessario appare ora invertire la direzione della ricerca. Non possiamo cercare il vero “immediato” nelle cose esteriori, ma lo dobbiamo cercare in noi stessi. Non già la natura come complesso degli  oggetti nello spazio e nel tempo, bensì il nostro proprio io, non già il mondo delle cose, bensì il mondo della nostra esistenza, della nostra vita vissuta, sembra poterci condurre alla
soglia di questo immediato.
46Volendo  trarre qualche conclusione da quanto detto fin qui, quel che interessa Cassirer non è più, come nel caso della tradizionale concezione realistica del rapporto tra ontologia ed epistemologia, una comprensione della trasformazione delle cose in rappresentazioni. Quel che gli sta a cuore è piuttosto
l’inversione del problema e quindi interrogarsi sul come sia possibile che i contenuti della coscienza diventino contenuti del “mondo esterno”.

█ Un nuovo spirito scientifico, ovvero riconoscere che tutto il fattuale è già teoria
All’inizio delle mie considerazioni, avevo detto che le precondizioni di questa posizione
teorica in quanto  forma precipua di antiontologia  risiedono in due “rivoluzioni copernicane”. Così come la crisi epistemologica delle scienze dal 1840 ha rappresentato il trampolino di lancio del neokantismo, anche la filosofia delle forme simboliche di Cassirer non sarebbe stata pensabile senza un  mutamento intervenuto  nella matematica, nella fisiologia e nella fisica. La filosofia critica segue le scienze empiriche e le teorie delle scienze induttive, non le precede.
Tra i promotori della nascita di un nuovo spirito scientifico nelle scienze empiriche che
furono importanti  per  Cassirer sono da  ricordare  anzitutto Johannes Müller 47e il suo allievo Hermann von Helmholtz,
48per quanto concerne la fisiologia della visione, ma anche  Heinrich Hertz per quanto riguarda l’epistemologia della fisica.In linea con Helmholtz, Cassirer definisce il mondo della conoscenza come un «mondo di puri segni».
49Heinrich Hertz è per Cassirer, come del resto egli stesso scrive, «l’autore
di una “rivoluzione del modo di pensare” nel
campo della teoria fisica», poiché costui «per
la prima volta e nel modo più decisivo ha
fatto passare la fisica dalla “teoria del rispecchiamento” a una pura “teoria simbolica”».
50Alla luce dei lavori fondamentali di Cassier in materia di critica della conoscenza e di
epistemologia delle scienze naturali non  si
può restare sorpresi dal fatto che egli sia stato
tra i primi filosofi a sentirsi  attratto  dalla
formulazione della teoria della relatività speciale e generale – e che quindi si sia dedicato
intensamente alla sua comprensione filosofica. Come egli stesso ebbe a rimarcare, la teoria della conoscenza lega il proprio destino
allo sviluppo delle scienze esatte.51Versol’inizio degli anni  Venti, Cassirer lavorò intensamente sulla teoria della relatività di Einstein, con l’intento di metterne in luce «il nucleo puramente filosofico».
52Vide che in quel momento  «si annuncia[va] un rivoluzionamento della nostra immagine del mondo» e che si stava trasformando radicalmente  «il concetto di natura e di conoscenza della natura».
53La consonanza tra la nuova fisica e la “critica della conoscenza” è dovuta al fatto che entrambe sanno che spazio e tempo sono «puri concetti formali e di ordine, non concetti fattuali o di cose».
54In  Zur Einsteinschen Relativitätstheorie, lavoro ambizioso sia da un punto di vista filosofico che scientifico, Cassirer affronta questi temi in una sezione intitolata Concetti di misura e concetti di cosa, volendo mostrare come l’idea di un unico punto archimedeo per una considerazione coerente dell’universo,  cui Newton ancora credeva di poter  accedere, si fosse dissolto con la nascita di una pluralità di geometrie.55Nel contesto della sua interpretazione della fisica einsteiniana,
56e nella discussione  con Moritz Schlick che ne seguì, Cassirer  fa il punto sulla situazione, affermando che sono le trasformazioni del concetto di oggetto nella scienza esatta che spingono  anuove impostazioni  nell’ambito della teoria della conoscenza.57Egli riteneva che la peculiarità della teoria della relatività – considerata  nell’ottica  di una teoria  generale  della conoscenza – sta nel fatto che in essa si compie,in maniera più consapevole e trasparente di quanto accaduto in passato, il passaggio da
una teoria corrispondentista della conoscenza a una teoria funzionale della stessa.58In breve,
questo vuol dire che  un  «oggetto empirico non vuol dire nient’altro che un insieme legale di relazioni».59Altrove Cassirer esprime questo punto in maniera più generale:  «“natura” non indica un particolare modo di datità delle cose come tali, essa indica piuttosto una direzione fondamentale della riflessione».60In altri termini, nella totalità dei possibili concetti di realtà, “natura” è solo uno di questi; 61in una determinata prospettiva la realtà per noi si trasforma in “natura”.Proprio nell’analisi epistemologica della fisica moderna Cassier  fornisce  la prova del fatto che  la concettualizzazione della conoscenza ispirata al realismo in quanto rappresentazione riproduttiva e speculare, un tempo
legata alle scienze della natura, è ormai diventata  dubbia.  Acquista così  interesse il  problema della  costruzione e della  articolazione della versione  teoretica del mondo. Ciò che
Cassirer  vuole mostrare  è che conoscere scientificamente non vuol dire riprodurre una
sostanza, bensì operare mediante simboli.
La filosofia critica vede già un errore nell’interrogarsi sulla “corrispondenza” tra rappresentazione e oggetto, cosa che porta in un vicolo cieco, porta cioè ad associare simboli concettuali a “cose in sé” di carattere trascendentale. I nostri concetti possono “riferirsi” a oggetti proprio perché questi stessi
sono costruiti in quanto oggetti attraverso concetti. In Zur Einsteinschen RelativitätstheorieCassirer  suggerisce che  a ogni misurazione oggettiva si  debba  aggiungere  immediatamente  un determinato indice soggettivo, capace di rendere  riconoscibile le particolari condizioni sotto cui essa è sorta,
62 e questo per evitare che tanto le scienze quanto la filosofia si lascino sedurre da quelle “cose” il cui
carattere di datità sarebbe in apparenza anche ciò che funge da garante della loro oggettività ontologica:
cosa vuol dire l’espressione “fatto scientifico”? Evidentemente nessun fatto del genere ci è fornito da osservazioni casuali o dal semplice accumulo di dati sensoriali. I fatti della scienza presuppongono sempre un elemento teoretico, il che vuol dire un elemento simbolico. Molti, se non la maggior parte dei fatti scientifici, che hanno segnato un punto di svolta nella storia delle scienze, sono stati in primo luogo fatti ipotetici, prima di diventare fatti osservabili.63Questa posizione viene ripresa e sviluppata anche nel primo dei cinque studi sulla Logica delle scienze della cultura, dove  Cassirer
argomenta  a partire dal “teorema” di Giambattista Vico: «ogni essere comprende e coglie veramente solo ciò che egli stesso produce».
64Ciò cui Cassirer in ultima istanza aspira è, secondo le sue stesse parole, una sorta di “antropomorfismo” in “senso criticotrascendentale”. Egli condivide con Goethe quella convinzione per cui  «la cosa più importante è riconoscere che ogni fatto è già teoria».
65 E da Goethe prende in prestito anche un’altra massima antropomorfica: «nella natura noi possiamo osservare, misurare, calcolare, pesare come vogliamo, ma è pur sempre soltanto un nostro misurare e un nostro pesare, nel senso in cui l'uomo è la misura di tutte le cose».
66 Sul presupposto di  questo principio protagoreo, un’ontologia del riferimento
diretto e  la teoria della conoscenza come rispecchiamento che a essa si accompagna, diventano semplicemente impossibili.




█ Note
1
Per una panoramica generale sul pensiero di
Ernst Cassirer cfr. H.J. SANDKÜHLER (Hg.), Konstruktion und Realität, Peter Lang, Frankfurt a.M.
1994;  H.J. SANDKÜHLER,  Das Buch der Natur in
der Schrift der Kultur. Empirie und die Herausstellung der Phänomene, in: «Dialektik», n. 3, 1993,
pp. 93-108; H.J. SANDKÜHLER, D. PÄTZOLD (Hg.),
Kultur und Symbol, Metzler, Stuttgart-Weimar
2003.
2
In proposito cfr.  H.J. SANDKÜHLER,  Nature et
culture épistémiques, Klimé, Paris 2003.
3
Cfr. A.N. WHITEHEAD, Modes of Thought (1938),
Firepress New York 1968
2
(trad. it. I modi del pensiero, a cura di P.A. ROVATTI, Il Saggiatore, Milano 1972).
4
N.  GOODMAN,  Ways of Worldmaking, Hackett,
Indianapolis 1978, pp. ix-x (trad. it. Vedere e costruire il mondo, traduzione di C. MARLETTI, Laterza, Roma-Bari 1988, pp. viii-ix).
5
Donald Davidson rimarca per esempio che i confini del nostro linguaggio coincidono con quelli
del nostro mondo. Cfr. D. DAVIDSON, On the Very
Idea of a Conceptual Scheme, in: «Proceedings and
Adresses of the American Philosophical Association (1973-1974)», vol. 47, pp. 5-20 (trad. it.
Sull’idea stessa di uno schema concettuale, in: R.
EGIDI (a cura di),  La svolta relativistica
nell’epistemologia contemporanea, Franco Angeli,
Milano 1988, pp. 152-167).
6
L. WITTGENSTEIN, On Certainty (1969), edited
by G.E.M. ANSCOMBE, G.H. VON WRIGHT, Basil
Blackwell, Oxford 2003
13
, p. 76 (trad. it.  Della
certezza. L’analisi filosofica del senso  comune, a
cura di M. TRINCHERO, Einaudi, Torino 1999
2
, p.
16).
7
N.  RESCHER,  Studien zur Naturwissenschaftlischen Erkenntnislehre, herausgegeben von A.
WÜSTEHUBE, Königshausen & Neumann, Würzburg 1996, p. 107.
8
In proposito cfr. S.  FREUDENBERGER,  Relativismus, in:  H.J. SANDKÜHLER (Hg.),  Enzyklopädie
Philosophie, vol. II, Felix Meiner, Hamburg 1999,
pp. 1378-1384.
9
Cfr. E. CASSIRER, An Essay on Man – An Introduction to a Philosophy of Human Culture (1944),
in:  E. CASSIRER,  Gesammelte Werke, Bd. 23, herausgegeben von M.  LUKAY, Felix Meiner, Hamburg 2006 (trad. it. Saggio sull’uomo. Una introduzione alla filosofia della cultura umana, a cura di L.
LUGARINI, Armando, Roma 1969).
10
Cfr. G. PAPPAS, Problem of External World, in: J.
DANCY, E. SOSA (eds.), A Companion to Epistemology, Blackwell, Oxford 1993, p. 381:  «il mondo
esterno, nel senso in cui I filosofi hanno inteso
questo termine, non è un qualche distante pianeta,
esterno alla terra. Né il mondo esterno è, a rigore,
un mondo. Il mondo esterno consiste piuttosto di
quegli oggetti ed eventi che esistono esternamente
al soggetto percipiente».
11
R. CARNAP, Mein Weg in die Philosophie, Reclam
Verlag, Stuttgart 1993, p. 71.
12
E. CASSIRER, Ziele und Wege der Wirklichkeitserkenntnis, in:  E. CASSIRER,  Nachgelassene Manuskripte und Texte, Bd. 2, herausgegeben von J.M.
KROIS, K.C.  KÖHNKE, O.  SCHWEMMER, Felix
Meiner, Hamburg 1999, p. 24.
13
E. CASSIRER, An Essay on Man, cit., p. 5 (trad. it.
p. 45).
14
Ibidem.
15
E. CASSIRER,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff. Untersuchungen über die Grundfragen der
Erkenntniskritik (1910), in:  E. CASSIRER,  Gesammelte Werke, Bd. 6, herausgegeben von R.
SCHMÜCKER, Felix Meiner, Hamburg 2000, pp.
305-306 (trad. it. Sostanza e funzione, a cura di M.
FERRARI, La Nuova Italia, Firenze 1999
2
, pp. 375-
376).
16
Cfr. E. CASSIRER, Das Erkenntnisproblem in der
Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit.
Erster Band (1906), in:  E. CASSIRER,  Gesammelte
Werke, Bd. 2, herausgegeben von T. BERBEN, Felix
Meiner, Hamburg 1999, pp. x, 3 (trad. it.  Storia
della filosofia moderna. Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza, vol. I, tomo I, a
cura di A.  PASQUINELLI, Einaudi, Torino 1971
7
,
pp. x, 3).
17
E. CASSIRER,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., p. 321 (trad. it. p. 394).
18
Ivi, p. 331 (trad. it. p. 406, trad. modificata).
19
Cfr.  E. CASSIRER,  Erkenntnistheorie nebst den
Grenzfragen der Logik und Denkspsychologie
(1927), in:  E. CASSIRER,  Gesammelte Werke, Bd.
17, herausgegeben von T.  BERBEN, Felix Meiner,
Hamburg 2004, pp. 13-81 (trad. it. La teoria della
conoscenza e le questioni di confine della logica e
della psicologia del pensiero, in: E. CASSIRER, Conoscenza, concetto, cultura, a cura di G.  RAIO, La
Nuova Italia, Firenze 1998, pp. 67-133).
20
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Erster Teil. Die Sprache (1923), in: E. CASSIRER, Gesammelte Werke, Bd. 11, hrsg. von C. ROSENKRANZ, Felix Meiner, Hamburg 2001, p. 11 (trad. it.  Filosofia delle forme simboliche, vol. I, a
cura di E. ARNAUD, La Nuova Italia, Firenze 1996,
p. 12).
21
E. CASSIRER,  Zur Metaphysik der symbolischen
Formen, in:  E. CASSIRER,  Nachgelassene Manuskripte und Texte, Bd. 1, hrsg. von J.M. KROIS, O.
SCHWEMMER, Felix Meiner, Hamburg 1995, p.
165 (trad. it.  Metafisica delle forme simboliche, a
cura di G. RAIO, Sansoni, Firenze 2003, p. 199).
22
E. CASSIRER, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit. Erster
Band (1906), cit., p. 1 (trad. it. p. 17).
23
Al di là di altri punti di riferimento importanti
per Cassirer, Kant può definirsi il suo segnavia.
Nel periodo dell’esilio, Cassirer ha spesso tenuto
lezioni o conferenze su Kant, anche in relazione
alle scienze della natura moderne, p. es. in relazione alla biologia.
24
Lascio qui aperta la questione se Cassirer debba
essere ritenuto un neokantiano o meno. Quel che
tuttavia lo accomuna al neokantismo – e in particolare al neokantismo marburghese  – emerge
chiaramente dalla redazione della voce  NeoKantianism per la  Enciclopedia Britannica: «loro
si interrogano sulla possibilità della filosofia come
scienza con l’intenzione di formularne le condizioni». Cfr. E. CASSIRER, Neo-Kantianism, in: Encyclopaedia Britannica, vol. 16, London-New York
1929
14
, p. 215).
25
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Dritter Teil. Phänomenologie der Erkenntnis
(1929), in:  E. CASSIRER,  Gesammelte Werke, Bd.
13, hrsg. von J. CLEMENS, Felix Meiner, Hamburg
2002, p. 27 (trad. it. Filosofia delle forme simboliche, vol. III tomo I, a cura di E. ARNAUD, La Nuova Italia, Firenze, 1989, terza rist., p. 31, traduzione lievemente modificata).
26
E. CASSIRER,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., p. 293 (trad. it. p. 360, trad. modificata).
27
E. CASSIRER, Zur Logik des Symbolbegriff (1938),
in: E. CASSIRER, Wesen und Wirkung des Symbolbegriffs, Wissenschaftlische Buchgesellschaft, Darmstadt 1956, p. 209 e segg. In questo testo Cassirer
discute le obiezioni di Marc-Wogau: non è mai
possibile uscire dal circolo delle forme, se
l’oggettività non può mai essere presente se non in
forme simboliche.
28
Ivi, p. 227 e segg.
29
E. CASSIRER, Ziele und Wege der Wirklichkeitserkenntnis, cit., p. 12 e segg. Sulla critica dello psicologismo cfr. E. CASSIRER La teoria della conoscenza
e le questioni di confine della logica e della psicologia
del pensiero, cit.
30
Ivi, p. 27.
31
Ivi, p. 26. Sul significato dell’intenzionalità si
veda  E. CASSIRER,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., p. 24 (trad. it. p. 19 e segg.).
32
Cfr. F. Brentano,  Psychologie vom empirischen
Standpunkt. Von der Klassifikation der psychischen
Phänomene (1874), in: F.  BRENTANO,  Sämtliche
veröffentliche Schriften Bd. I, hrsg. von T. BINDER,
A. CHRUDZIMSKI, Ontos Verlag 2010 (trad. it. La
psicologia dal punto di vista empirico, vol. I, a cura
di L. ALBERTAZZI, Laterza, Roma-Bari 1997).
33
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Dritter Teil, cit., p. 4 (trad. it. p. 8).
34
E. CASSIRER, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, Zweiter
Band, (1906), in: E. CASSIRER, Gesammelte Werke,
Bd. 3, herausgegeben von D. VOGEL, Felix Meiner,
Hamburg 1999, p. 638 (trad. it. Storia della filosofia moderna.  Il problema della conoscenza nella
filosofia e nella scienza, vol. II tomo III, a cura di
G. COLLI, Einaudi, Torino 1971
7
, p. 824).
35
E. CASSIRER, Der Begriff der symbolischen Formen
im Aufbau der Gesiteswissenschaften (1921/22), in:
E. CASSIRER,  Wesen und Wirkung des Symbolbegriffs, cit., p. 174 e segg.
36
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Dritter Teil. Phänomenologie der Erkenntnis,
cit., p. 1 (trad. it. p. 3).
37
Ivi, p. 4 (trad. it. p. 7).
38
Ivi, p. 15 (trad. it. p. 19).
39
Cfr.  E. CASSIRER,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., p. 296 e segg. (trad. it. p. 365 e segg)
dove Cassirer parla di “punti logici di riferimento“
e di “gradazione logica”, che sono propri di ogni
giudizio. Più avanti si legge inoltre: «ogni singolo
elemento riceve un indice che ne esprime la posizione rispetto al tutto e in questo indice si manifesta il suo valore oggettivo» (ivi, p. 314; trad. it. p.
386 ).
40
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Erster Teil. Die Sprache, cit., pp. 134-135
(trad. it., pp. 159-160, corsivo aggiunto).
41
E. CASSIRER,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., p. 300 (trad. it. pp. 368-369, traduzione
modificata).
42
Cassirer prende esplicitamente posizione contro
il soggettivismo. Cfr. E. CASSIRER, Was ist „Subjektivismus“?, in: «Theoria», n. 2, 1939, pp. 279-332
(trad. it. Che cos’è “soggettivismo”?, in: E. CASSIRER,
Conoscenza, concetto, cultura, cit., pp. 175-201.
43
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen For-men. Erster Teil. Die Sprache, cit., p. 3 (trad. it. p.
5).
44
E. CASSIRER, Goethe und die mathematische Physik, in:  E. CASSIRER,  Idee und Gestalt. Goethe,
Schiller, Hölderlin, Kleist. Funf Aufsätze, Bruno
Cassirer Verlag, Berlin 1921, p. 65.
45
E. CASSIRER, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit. Erster
Band (1906), cit., pp. 2-3 (trad. it. p. 19).
46
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Dritter Teil. Phänomenologie der Erkenntnis,
cit., p. 25-26 (trad. it. pp. 30-31).
47
Cfr.  E. CASSIRER,  Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., p. 309 (trad. it. p. 380).
48
Nel suo articolo Neo-Kantianism Cassirer chiarisce quanto sia stato importante per lui la figura
di Helmholtz per lo stretto rapporto fra neokantismo e sviluppo della scienza: «il neokantismo si
trova a confrontarsi con un compito nuovo poiché
deve avere a che fare con un nuovo stato della
scienza stessa» (ivi, p. 215).
49
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Dritter Teil. Phänomenologie der Erkenntnis,
cit., p. 23 (trad. it. p. 28).
50
Ibidem.
51
Cfr. E. CASSIRER, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie. Erkenntnistheoretische Betrachtungen
(1921), in:  E. CASSIRER,  Zur modernen Physik,
Wissenschaftliche  Buchgesellschaft, Darmstadt
1987
6
, p. 8 (trad. it. Teoria della relatività di Einstein,
a cura di G. RAIO, Newton, Roma 1981, p. 41).
52
E. CASSIRER, Philosophische Probleme der Relativitätstheorie, in: «Neue Rundschau», vol. 31, n. 2,
1920, p. 1337.
53
Ivi, p. 1338.
54
Ivi, p. 1351.
55
E. CASSIRER, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie cit., p. 5 (trad. it. p. 38).
56
Cfr. M.  PLÜMACHER, H.J. SANDKÜHLER,  Im
Streit über die „Wirklichkeit“. Distanzen und Nä-
hen zwischen Ernst Cassirer und Moritz Schlick, in:
«Dialektik», n. 1, 1995, pp. 121-132; A. BARTELS,
Die Auflösung der Dinge, in:  H.J. SANDKÜHLER
(Hg.), Philosophie und Wissenschaften. Formen und
Prozesse ihrer Interaktionen, Peter Lang, Frankfurt
a.M. 1997, pp. 193-210.
57
E. CASSIRER, Erkenntnistheorie nebst den Grenzfragen der Logik und Denkspsychologie, cit., p. 46 e
segg. (trad. it. p. 99 e segg.).
58
Cfr. E. CASSIRER, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie, cit., p. 49 (trad. it. p. 88).
59
Ivi, p. 41 (trad. it. p. 80).
60
E. CASSIRER, Ziele und Wege der Wirklichkeitserkenntnis, cit., p. 157.
61
Cfr. E. CASSIRER, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie p. 109 (trad. it. p. 157 e segg.).
62
Cfr. ivi, p. 11 e segg. (trad. it. p. 41 e segg.).
63
E. CASSIRER, An Essay on Man, cit., p. 65 (trad.
it. p. 129).
64
E. CASSIRER,  Zur Logik der Kulturwissenschaften, Göteborg, Erlander 1942, p. 9 (trad. it. Sulla
logica delle scienze della cultura, a cura di M. Maggi, La Nuova Italia, Firenze 1979, p. 8).
65
E. CASSIRER,  Philosophie der symbolischen Formen. Dritter  Teil. Phänomenologie der Erkenntnis
cit., p. 29 (trad. it. p. 35).
66
E. CASSIRER, Zur Einsteinschen Relativitätstheorie p. 107 (trad. it. p. 157).






















lunedì 26 marzo 2012

QUIRRA, CONTROLLI TAROCCATI?

P. Carta
 US



zona militare e òpoligono di quirra




Il PM Fiordalisi: trucchi per non trovare torio e uranio.

Su diciotto salme riesumate, sono stati ritrovati dati superiori alla norma in dodici casi.
 È la prova, secondo la Procura, del rapporto diretto tra attività svolte nel poligono dal 1956 a oggi praticamente senza controllo, il disastro ambientale tra Perdasdefogu e Villaputzu, certificato da analisi su analisi, e l'insorgenza di malattie e tumori in chi ha frequentato quella zona. 
 «Spero di aver contribuito a fare chiarezza su quel che è accaduto nel Salto di Quirra. Sono contento di aver aiutato la Sardegna, fornendo una serie di risultati delle mie indagini al Procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi. Poi la lettura dei dati e le scelte spettano ad altri. Cioè ai giudici e a voi sardi». 
Evandro Lodi Rizzini non dice altro. È il fisico di Brescia e del Cern di Ginevra che ha trovato torio radioattivo nelle ossa dei pastori morti attorno al Salto di Quirra. 


Controlli ambientali taroccati. Pagati con fior di soldi pubblici ma deviati in modo da certificare che  nel salto di Quirra non ci fosse alcuna traccia di inquinamento causato dalle attività del poligono.


 I SOSPETTI. E' la tesi del Procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, convinto di aver smascherato una zona grigia creata ad arte grazie ad esperti  e studiosi più o meno vicini alla Difesa (Min Dif) che ha sempre impedito di fare piena  luce sull'inquinamento ambientale nel Salto di Quirra. Capace di dire che le guerre simulate e i test di armi non creavano alcun tipo di danno ambientale. Professori universitari che hanno finto di non vedere il torio sparso nel Salto di Quirra dai missili Milan e poi ritrovato addirittura nelle ossa dei pastori morti nella zona di tumore, oltre che nel miele e nel formaggio prodotti nella zona. Tecnici che - in base a un appalto della Nato e della Difesa da due milioni e mezzo di Euro- adottavano per  la ricerca di uranio impoverito procedure secondo le quali era praticamente impossibile trovare traccia di contaminazione. E anche quando i risultati erano impossibili da nascondere (contaminazione da metalli pesanti cancerogeni e da sostanze radioattive), allora i chimici davano colpa alla vecchia miniera di Baccu LOcci o alla natura geologica de terreno, pur in assenza di uno studio specifico.


 VENTI INDAGATI. Per Fiordalisi è stato creato un sistema di consulenze e incarichi attorno a Perdasdefogu. Tutto questo compare nell'avviso della conclusione delle indagini, trasmesso ai venti indagati. 
Da qui l'avvio di conclusione delle indagini recapitato da Fiordalisi a venti indagati: sei ex comandanti del poligono di Perdas, due responsabili del distaccamento a mare di capo San Lorenzo, il tenente Walter Carta (responsabile del servizio di Prevenzione del poligono nonché ex sindaco di Forza Italia di Perdasdefogu), quattro esperti dell'Università di Siena (avrebbero taciuto sulle quantità di torio ritrovate nei terreni, in alcuni punti 35 volte superiori al fondo naturale del terreno), tre membri della commissione Difesa (i controllori del lavoro dell'Ateneo toscano), due chimici della Sgs di Torino (accusati di aver detto il falso quando hanno assolto dall'accusa di inquinamento le attività militari), il sindaco di Perdasdefogu, Walter Mura (Pd) e il professore universitario cagliaritano Pierluigi Cocco (medico competente della base) per aver ostacolato le indagini.


L'ACCUSA. Oltre alle (presunte) responsabilità degli ufficiali che comandavano il poligono di Perdasdefogu e il distaccamento di Capo San Lorenzo,ci soo quelle dei professori dell'Università  di Siena  FRANCESCO RICCOBONO  e dei suoi collaboratori . secondo l'accusa malgrado le richieste della Difesa, opposero un muro di silenzio sulla presenza del torio riscontrata in alcuni punti del Salto di Quirra oltre ogni soglia (anche 35 volte il fondo naturale). E sotto inchiesta anche la commissione Difesa incaricata di controllare il lavoro deglia accademici (gli ufficiali Giuseppe Di Donato, Vittorio Mauro) 


LA SGS. Rilevante dal punto di vista penale, secondo il Fiordalisi, anche il comportamento di due chimici della SGS di Torino (Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani), legata all'azienda che produce i missili  Milan al torio attraverso Finmeccanica, uno dei clienti più assidui del poligono affittato alla industrie belliche  per il test delle armi.
 In una nota, la SGS precisa di "non avere relazioni societarie né con Fiat. La società è controlla al cento per cento dal gruppo SGS, quotato alla borsa di Zurigo, i cui principali singoli azionisti sono Exor e la famiglia Von Finck, entrambi con il 15% del capitale."
Secondo la Procura, invece, nella SGS svizzera è presente con una quota di partecipazione anche la famiglia Agnelli e sino a qualche tempo fa presidente era Sergio Marchionne, attuale AD di Fiat.


I CONTROLLI. I due chimici della SGS avrebbero certificato che l'inquinamento di certi punti del poligono dipendeva dalla natura del terreno, non dalle attività svolte nel poligono: E avrebbero adottate procedure scientifiche discutibili: pochi campioni di confronto, ricerca di uranio impoverito con tecniche che secondo gli esperti erano sbagliate. "L'Uranio impoverito si dilava con la pioggia - ha spiegato il fisico scelto dalla Procura , Evandro Lodi Rizzini, il luminare che ha trovato il torio radioattivo nei cadaveri riesumati. Lo stesso professore universitario bresciano, in un parere che fa parte del fascicolo di un'inchiesta unica al mondo (per la prima volta viene messo sotto accusa un poligono, sospettato di aver rovinato l'ambiente e di aver favorito l'insorgenza di malformazioni e  malattie , per la prima volta sono state riesumate 18 salme alla ricerca di tracce di elementi radioattivi), ha spiegato che il torio è più pericoloso dell'uranio impoverito per la salute  e che qualsiasi indagine epidemiologica è inutile:"L'esposizione alle particelle Alfa è dannosa in assoluto, soprattutto se si entra in contatto con il torio per inalazione, ma per nessun tipo di tumore è possibile stabilire un nesso ed effetto. E quindi qualsiasi studio epidemiologico no ha senso". Neppure quello che è in procinto dipartire su input di Regione e Ministero della Salute.


LE ATTIVITA'. L'inchiesta della Procura di Lanusei ha messo in evidenza anche la pericolosità del RADAR ("in sei minuti di esposizione a certe frequenze si danneggerebbero in maniera irreversibile le cellule", è il parere del professor Marinelli), dei test del razzo Vega(" una fabbrica di nanoparticelle cancerogene", secondo Maria Antonietta Gatti), dei brillamenti delle munizioni obsolete avvenute , secondo il pm Fiordalisi, senza avvisare neppure il medico della base, il docente universitario cagliaritano Pierluigi Cocco (anche lui finito sotto inchiesta) e con il pretesto di addestrare gli artificieri.


L'Azienda Ospedaliera Universitaria di Cagliari, in una nota, si dice sicura della corretezza dell'operato del professor Cocco quale medico competente del poligono in base a un accordo tra Università e Difesa.
Secondo il Pm Fiordalisi il prof. Cocco non avrebbe potuto svolgere quel ruolo in quanto non iscritto nell'apposito elenco regionale dei medici abilitati per la tutela dal pericolo di esposizione alla radioattività.
Inoltre , sempre per il procuratore di Lanusei " la sua malafede risulterebbe dagli incarichi, molto remunerativi che nel 2011 gli sono stati affidati dall'amministrazione Militare  in aggiunta a quelli pregressi".  











sabato 24 marzo 2012

QUIRRA, le Salme? Radioattive: venti indagati, sindaco e medico ..


Salme radioattive: venti indagati
C'è anche il sindaco di Perdasdefogu






IN VENTI SOTTO INCHIESTA A QUIRRA,  EX COMANDANTI,  TECNICI della NATO, UN DOCENTE CAGLIARITANO.

PAOLO CARTA
Salme radioattive: venti indagati C'è anche il sindaco di PerdasdefoguUNA ESERCITAZIONE A QUIRRA

Torio radioattivo è stato trovato nelle salme dei pastori morti dopo aver lavorato nella zona del poligono del Salto di Quirra. Colpa delle guerre simulate, dei brillamenti di munizioni opbsolete, dei test degli oleodotti. Ne è convinto il Procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi, che ieri ha spedito l'avviso di conclusioni delle indagini a venti persone legate a filo doppio con la base militare. Ex comandanti, tecnici incaricati dalla Nato dei controlli ambientali, anche il sindaco di Perdasdefogu Walter Mura e il medico competente Pierluigi Cocco, professore universitario cagliaritano. È la prima tranche dell'inchiesta. 

LE SALME? RADIOATTIVE


Torio nei cadaveri dei pastori a Perdasdefogu: venti indagati
Sotto accusa militari,  universitari , il medico e il sindaco.


Lanusei. Nelle salme dei pastori che lavoravano attorno al poligono di Perdasdefogu e Quirra (in sardo Cirras)  è stato trovato torio radioattivo in misura superiore rispetto a chi non ha mai frequentato quella zona.


Colpa dei lanci dei missili Milan. Ma il disastro ambientale  e le morti sospette in questo angolo di Sardinya , dal 1950 dedicato ai test militari , sarebbero stati causati dai brillamenti di armi obsolete provenienti dagli arsenali di tutta Italia, dalle prove di resistenza degli oleodotti, dalle mancate bonifiche, dal fatto di non avere adottato nessuna precauzione per salvaguardare, oltre la natura, anche la salute di animali e persone.


VENTI INDAGATI. Il Procuratore di Lanusei , Domenico Fiordalisi, non ha dubbi: il disastro ambientale , la contaminazione  di suoli, acqua, e aria con sostanze tossiche e radioattive. le morti di tumore di 160 persone e la nascita di bambini e animali malformati potevano essere evitate. Tutto questo compare nell'avviso di conclusione delle indagini  recapitata ieri a venti persone. EX COMANDANTI  de  poligono di PERDASDEFOGU e del distaccamento  di Capo San Lorenzo (Villaputzu) responsabili sanitari del Comando militare, professori universitari ed esperti della commissione della Difesa, tutti sospettati  di omissione aggravata di cautele contro infortuni e disastri (rischiano condanne da sei mesi a cinque anni), E poi i chimici di una società che per conto della Nato ha controllato l'ambiente nel Salto di Quirra, accusati di falso per aver sostenuto che tutto era in ordine. Poi ancora i comandanti di Perdasdefogu , sospettati di omissione di atti d'ufficio.


SINDACO E MEDICO. A sorpresa, tra glimindagati anche il sindaco di Perdasdefogu Walter Mura, e il medico responsabile della base , il professore universitrio cagliaritano Pierluigi Cocco: sono sospettati di omissione di atti d'ufficio , ostacolo alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato.


PRIMO FILONE. E' questa solo una tranche dell'inchiesta che vede per la prima volta al mondo di fatto sotto accusa un poligono militare per effetti delle guerre simulate e dei test delle armi su ambiente e salute della popolazione . L'altro filone , che per adesso vede indagati alcuni comandanti di PERDASDEFOGU, ipotizza il reato di omicidio volontrio con dolo eventuale per la morte dei pastori colpiti dai tumori dopo avere frequentato zone contaminate.
Nelle 19 pagine firmate da FIORDALISI  e consegnate ieri alle parti (indagati e avvocati difensori) emergono novità assolute . Per esempio un prim accenno all'esito delle indagini sulle salme riesumate dei pastori dal professor Evandro Lodi Rizzini, fisico di fama mondiale : trovate quantità di torio radioattivo superiori alla norma.


ZONA FRANCA. Ma più in generale , emerge il fatto che  i vertici militari della base di Perdasdefogu considerassero il poligono una sorta di zona franca in cui tutto o quasi è lecito: seppellire rifiuti militari come missili o pezzi di radar in pochi centimetri di terra, effettuare billamenti di armi obsolete in dispregio a qualsiasi norma ambientale e senza avvisare nessuno , nemmeno il medico competente che potrebbe essere considerato il responsabile sanitario del comprensorio militare.
Il Procuratore Domenico Fiordalisi - che si avvale per l'ichiesta di consulenti di chiara fama, oltre che dell'instancabile abnegazione degli uomini della Squadra Mobile di Nuoro diretta da Fabrizio Mustaro e della Forestale di Lanusei (guidati da  Giuseppe  Carboni) - è sicuro di aver dimostrato il esso di causa ed effetto tra attività svolte nel poligno e malformazioni e malattie : " Sono state contaminate le falde acquifere che alimentano Escalaplano, Muravera, Villaputzu, e le polveri velenose , grazie ai venti dominanti arrivano a Escalaplano e nella zona di Quirra".




 Sabato 24 marzo 2012

mercoledì 21 marzo 2012

Per un movimento di massa europeo di solidarietà con il popolo greco e di resistenza attiva alle politiche di austerità

Yorgos Mitralias Γιώργος Μητραλιάς 
Tradotto da  Titti Pierini


Atene, 13 marzo 2012-Perché i dolori del popolo greco commuovono tanto l’opinione pubblica in Europa? E perché, giorno dopo giorno, la commozione si fa semprepiù estesa e profonda trasformandosi in voglia di agire, di far qualcosa per esprimere la propria solidarietà alla popolazione greca? La risposta non è difficile: se il dramma greco commuove ed indigna la gente è perché non lo si percepisce più come estraneo alle proprie preoccupazioni, come un caso isolato, un’eccezione alla regola. Perché, insomma, lo si riconosce come quel che è sempre stato, fin dall’inizio, un test inventato ed imposto di forza da chi sta in alto per sperimentare e misurare sulle cavie greche capacità di sopportazione e resistenze delle vittime di fronte alle loro politiche appunto prima di estenderle all’Europa in generale!

Non sorprende, allora, che il confronto tra l’odierna Grecia e la Spagna del 1936 colpisca e sia ripreso da tanti soggetti politici e sociali in Europa. La resistenza del popolo greco nel 2012 argina l’estensione della brutale aggressione del capitale al mondo del lavoro in Europa esattamente come la resistenza dei popoli dello Stato spagnolo fungeva da diga nel 1936 all’espandersi della peste nera – e allo scoppio della guerra – ovunque, in Europa e nel mondo!Se adesso la diga greca cede, presto avverrà l’inondazione dell’intera pianura europea…

Il fatto che vi sia un numero sempre maggiore di cittadini europei, di sindacati operai, di formazioni politiche e di movimenti sociali che percepiscono il dramma greco come emblematico di un’intera nuova fase storica del capitalismo neoliberista costituisce un’assoluta novità, dalle implicazioni molto importanti. Questo infatti significa che in questa Europa il vento sta cambiando, malgrado e contro la propaganda ufficiale sostenuta dai principali mezzi di comunicazione di massa, che non fanno che predicare (da due anni!) che «la colpa è solo e soltanto dei greci». Ma significa soprattutto che ormai esistono settori sempre più consistenti delle società europee disponibili, se non pronti, a dare al loro sentimento di solidarietà con il popolo greco un significato e un contenuto nuovi: quello che fa della resistenza greca alla barbarie capitalistica l’avamposto di una lotta comune più generale, che li concerne direttamente perché si tratta della loro stessa lotta contro le stesse politiche dello stesso nemico di classe!

La conclusione balza agli occhi: esistono ormai gli ingredienti per cercare di costruire un movimento di massa in Europa che sia insieme di solidarietà con il popolo greco e contro le politiche di austerità portate avanti dalle direzioni dell’Unione Europea. Qualcuno potrebbe dire, tuttavia: ma di quale movimento si parla? Quale potrebbero esserne l’ampiezza e la durata, le sue strutture e la sua radicalità?

In primo luogo, riteniamo che questo movimento potrebbe e dovrebbe costruirsi in base alle seguenti caratteristiche di fondo: essere europeo, vale a dire allargarsi all’intero continente, essere unitario, “generalizzato”, di massa, di lungo respiro e disporre di strutture stabili alla base delle nostre società (comitati di base autogestiti e federati tra loro). Ci spieghiamo…
  • L’esigenza di essere completamente unitari si fonda sul riconoscimento del fatto che le attuali politiche di austerità colpiscono una larga gamma di settori sociali, minacciandone perlomeno alcuni di vera e propria estinzione! Insomma, se anche i nostri buoni amici americani esagerano pretendendo di parlare a nome del 99% della società, fatto sta che non si è mai vista tanta gente oggettivamente, e a volte anche “soggettivamente”, unita contro uno stesso avversario di classe non solo comune ma – dato importante – percepito come tale. Proprio su tale “comunanza” di interessi occorrerà costruire il carattere profondamente unitario del movimento, evitando qualsiasi settarismo e “avanguardismo”. L’elemento dominante deve essere il “tutti insieme”.
     
  • È ovvio che una situazione del genere (piuttosto inedita!) favorisce la creazione di un movimento di massa, trattandosi della volontà di mobilitare e raggruppare tutte le vittime di questa vera e propria “guerra sociale” del capitale contro la schiacciante maggioranza dei cittadini. Tale caratteristica è accentuata dal fatto che l’offensiva reazionaria non è più esclusivamente “economica” ma deborda in ambito sociale, politico, ed anche culturale ed etico. Essa, insomma, è globale e pone dilemmi davvero esistenziali alla società e ai cittadini.
     
  • Dal momento che queste politiche colpiscono – ancorché con intensità diverse – tutte le popolazioni europee, va da sé che tale movimento possa e debba essere europeo – e che vada organizzato come tale -, altrimenti sarebbe condannato in partenza all’insuccesso…
     
  • La durata prolungata del movimento è resa obbligatoria dal fatto che deve presumibilmente affrontare un’offensiva di lungo respiro del nemico di classe globale, che ci fa entrare in una nuova fase storica. La lunga durata è rafforzata dalla prospettiva – del tutto concreta – che la crisi greca si perpetui senza riuscire ad approdare a breve scadenza a uno sbocco favorevole per l’uno o l’altro campo.
     
  • La conseguenza logica è che il movimento di massa europeo deve prepararsi a una lotta di lungo respiro, pianificare le proprie iniziative e investire in un progetto a lungo termine. La qual cosa vuole anche dire che deve dotarsi di strutture non effimere, ma che abbiano una qualche continuità e stabilità.
     
  •  Il movimento deve anche essere “generale”, e cioè non limitarsi a una resistenza parziale (ad esempio, strettamente economica) all’offensiva reazionaria che è “globale”, perché è a un tempo economica, sociale, culturale, patriarcale, ambientale , nonché “filosofica” ed etica. Deve perciò raggruppare sotto lo stesso tetto organizzativo tutte le resistenze, cercando – cosa non scontata in partenza – di dotarle di un denominatore comune per unificarle nella lotta.Detto questo, c’è ancora da individuare con maggior precisione il ruolo che deve giocare in questo movimento europeo la solidarietà con il popolo greco. Va detto, per prima cosa, che la solidarietà con la Grecia non è un peso ma una risorsa rilevante per la costruzione e lo sviluppo di un movimento di massa contro le politiche di austerità. La resistenza del popolo greco colpisce – a giusto titolo – milioni di europei, facilitando così enormemente la presa di coscienza di come le sofferenze dei greci mostrino quale sorte riservino a tutti noi i potenti di questo mondo. Reagendo in un primo momento “di pancia” di fronte al dramma greco, i lavoratori e gli altri cittadini europei prendono subito dopo coscienza di essere loro stessi parte di questo dramma, al di là delle frontiere e dei cosiddetti interessi “nazionali”, al di là e contro tutta la propaganda ufficiale. Essi scoprono, insomma, la comunanza di interessi di quelli che stanno in basso e l’internazionalismo in atto, un elemento di capitale importanza, in un periodo di crisi sistemica così cataclismica da resuscitare i “fantasmi” (nazionalisti, razzisti e anche… guerreschi) degli anni Trenta in vari settori della borghesia europea…
Va, tuttavia, riconosciuto che il senso di solidarietà non è eterno, va alimentato giorno per giorno perché sia abbastanza forte e diffuso da poter sorreggere un movimento di solidarietà di lungo respiro, dotato anche di comitati di base ovunque in Europa. E allora, le prospettive del “laboratorio” greco servono a mantenere vivi l’interesse, l’emozione e soprattutto il senso di solidarietà attiva che il dramma greco suscita?
La risposta a questa domanda cruciale è un “SÌ” categorico. Sì, esse possono garantire tutto questo, e per due ragioni: a) perché tutto sta ad indicare che non esiste uno sbocco ravvicinato al dramma greco in quanto nessuno dei suoi due protagonisti (quelli in alto e quelli in basso) dispone dei mezzi per schiacciare l’altro. E, questo, ci porta a concludere che l’attuale equilibrio instabile potrebbe protrarsi all’infinito, con la conseguenza sia di far marcire la situazione, sia di ulteriori esplosioni sempre più violente ma senza sbocco. In ogni caso, si può star certi che la crisi greca è destinata a permanere e a dominare a lungo l’attualità europea (e internazionale); b)perché la collera dell’immensa maggioranza della popolazione greca è talmente profonda che la storia successiva sarà costellata di eventi ed esplosioni di ogni genere in grado di mantenere mobilitata l’opinione pubblica europea favorevole alla lotta del popolo greco. Vi saranno certamente “tempi morti”, ma non tali da far scendere la tensione del movimento di solidarietà, tanto più che già possiamo prevedere che si verificheranno sempre più “avvenimenti” analoghi in altri paesi europei.
D’altro canto, sono la crisi greca e la lotta del popolo greco ad offrire in maniera del tutto naturale l’obiettivo e la parola d’ordine centrale del movimento europeo: rifiuto e disconoscimento del debito che non è nostro e rifiuto completo delle misure e dei piani di austerità. E, il tutto, all’insegna squisitamente etica del concetto fondamentale di “stato di necessità” del diritto internazionale, che impone che la soddisfazione dei bisogni elementari degli esseri umani abbia la priorità assoluta rispetto alla soddisfazione dei creditori. Nell’attuale situazione di polarizzazione crescente di quanti caldeggiano la sottomissione all’austerità in nome del saldo del debito e di quanti invece respingono categoricamente questo ricatto, questi due obiettivi/parole d’ordine sarebbero largamente sufficienti perlomeno a lanciare questo movimento europeo. Tanto più che ciascuno (movimento sociale, sindacato, forza politica o semplice individuo) sarebbe libero in seno al movimento di sostenere e proporre le proprie concezioni quanto al contenuto e alle forme delle lotte da portare avanti, purché ovviamente si condividano e si sostengano i due obiettivi centrali richiamati sopra.
Ovviamente, l’accettazione di un quadro programmatico così scarno non è esente da rischi o pericoli per lo sviluppo del movimento. Tuttavia, sono rischi che vanno accettati e assunti con piena consapevolezza, visto che adesso quel che conta di più è che vi sia il maggiore raggruppamento possibile di tutte le forze dietro al rifiuto chiaro e netto delle politiche di austerità della reazione europea. Questo tipo di raggruppamento, il maggiore possibile, è imposto dal bisogno urgentissimo di fare apparire a livello europeo una forza di massa in grado di rivaleggiare con il nostro comune avversario di classe, così ben rodato, organizzato, sperimentato, coordinato, iperarmato e soprattutto deciso a risolvere la partita con la plebe. Qui gioca un ruolo cruciale il fattore tempo e ignorarlo significa già spalancare la porta perché venga schiacciata. Non ci si può permettere il lusso di aspettare che maturino né le famose “condizioni oggettive”, né la misteriose “condizioni soggettive”, perché il nemico di classe non sta ad aspettare e sta già lanciando un’offensiva frontale contro la quale dobbiamo difenderci prima che sia troppo tardi. Prima, cioè, che il movimento popolare sia sconfitto e perda ogni capacità di resistenza – probabilmente – per decenni!...
Ecco quindi un primo sbocco per un progetto che riguarda l’urgente esigenza di costruire e far sviluppare in Europa la risposta di chi sta in basso alla guerra che sta scatenando contro di loro la Sant’Alleanza dell’Unione Europea, del Fondo Monetario Internazionale e del capitale. La discussione è aperta. Passiamo all’azione…



Per concessione di Movimento operaio
Fonte: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=7002

martedì 20 marzo 2012

Occupare Union Square: NYC, Join Us In segno di protesta!

translate SA DEFENZA 


occupare

Dopo il brutale attacco sul tentativo di ri-occupazione di Liberty Square dal NYPD per NON DIMENTICARE  i 6 mesi di attività  del movimento # OWS, un certo numero di occupanti hanno trasferito la loro base di Azione/occupazione a Union Square nel cuore di Manhattan, un punto di convergenza di diversi N. OWS che protestano negli ultimi 6 mesi.
Secondo quanto riportato sul terreno, varie decine di persone dormivano nel parco dopo il raid illegale e violento a  Liberty Square. Più di 70 persone restano, e sono al terzo giorno di occupazione. Anche se tende e tavoli, sono ancora interdetti, gli occupanti hanno portato coperte e attrezzi per dormire.Molti la stanno chiamando ¨ La nuova occupazione. ¨ Oltre a tenere assemblee generali, a Union Square gli occupanti stanno fornendo supporto vitale in carcere agli arrestati su # M17 in quanto sono liberato dalla custodia NYPD (polizia di NY). Finora, il NYPD non ha fatto alcun tentativo per rimuovere gli occupanti o impedire loro di dormire nel parco.
La nostra capacità di occupare i beni comuni, al fine di far sentire la voce del dissenso  è un diritto vitale politico. Non abbiamo bisogno di un permesso di esistere nello spazio pubblico. Ci appelliamo a tutti coloro che sono per l'uguaglianza, la giustizia, e la libertà - e contro le banche, le società, le élite ricche, e politici corrotti che hanno rubato la nostra democrazia e rovinato la nostra economia - di unirsi con noi adesso. Anche se i nostri piani sono flessibili e in continua evoluzione, dobbiamo essere  tutti insieme uniti con un solo interesse a questo movimento che lotta contro l'avidità di Wall Street e prendere parte alla conversazione per l'evoluzione. La primavera sta arrivando. il tempo per essere coinvolti è questo!



Visualizzazione ingrandita della mappa

Union Square è raggiungibile con la 14th St - Union Sq [N, Q, R, L, 4, 5, 6] stazioni della metropolitana. I manifestanti stanno occupando il lato sud del parco, la zona  dei gradini. Tornate qui a http://occupywallst.org per gli aggiornamenti! Naturalmente, non tutti possono stazionare nel  campo  per ovvi motivi- ma per favore sentitevi liberi di fermarvi in qualsiasi momento della giornata per dire un  ciao e mostrare la tanto apprezzata vostra solidarietà.

Finché c'è ingiustizia, fino a quando il paese è diviso tra ricchi e poveri, e finché l'1% continua ad esercitare il controllo sulle nostre vite, non andremo via. Continueremo a utilizzare lo spazio pubblico per ricostruire una vera democrazia, creare reti per sostenerci gli uni  l'altro, fornire servizi a coloro che soffrono la crisi economica,  e avviare lo scioglimento violento delle disuguaglianze in tutto il mondo.
Noi difenderemo coloro che devono affrontare pignoramenti sleali e la perdita di importanti servizi sociali, e noi continueremo ad accusare i banchieri di Wall Street e dirigenti aziendali che stanno approfittando di queste politiche atroci!

NYPD: gli Squash in un parco, che riapparirà in un altro! Non si può sfrattare un'idea il cui tempo è arrivato!

Union Square il 11.17.11
Union Square # occupata il 17 novembre 2011

per liberare Teulada e Capo Frasca e ammodernare Quirra

a cura de 
Comitato 

sardo Gettiamo le Basi



Il Pisq e la sindrome di Quirra
È la base militare sperimentale più grande d’Europa, costruita intorno al 1954 ed estesa su circa 13.500 ettari a terra, con una ulteriore superficie che si estende a mare fino a superare l’intera superficie della Sardegna (quasi 29 mila Kmq). Rappresenta la quasi totalità del demanio militare sparso in tutta la penisola. La presenza della base ha inferto un colpo mortale al movimento cooperativistico sorto negli anni ’45-50.
Sindrome di Quirra: l’elevata incidenza di malformazioni, aborti e moria di animali adulti e neonati, insieme alla diffusione di malattie tumorali tra gli allevatori della zona e gli abitanti delle zone circostanzi la base, fece parlare di Sindrome di Quirra, insieme a quella dei Balcani che aveva visto morire numerosi soldati impiegati nelle operazioni militari. La relazione di due veterinari mostra come il 65% del personale che lavora nel raggio di 2,7 km dalla base, risulta colpito da gravi malattie tumorali. Tra il 2009-2010 si evidenzia un incremento di neoplasie tumorali tra gli allevatori della zona, fino alla morte di un pastore 24enne il 10 luglio 2010.
Sulle cause ha lavorato la ricercatrice Antonietta Morena Gatti, direttrice del laboratorio di biomateriali dell’Università di Modena:
«Con il super microscopio elettronico ho trovato polveri sottilissime di metalli nelle foglie di lentischio prelevato a Quirra e nelle scarpe che avevo adoperato durante un sopralluogo nella base, e poi nei linfonodi, nel fegato, nei reni, nello sperma dei soldati e dei civili malati. Le stesse che avevo scoperto nei tessuti dei militari reduci della missioni nell’ex Jugoslavia. Nanoparticelle che per forma e dimensione possono essere causate solo da combustioni a certe temperature e da esplosioni: ci sono metalli combinati tra loro che non esistono sui libri».
Le nano particelle di materiali esplodenti e di metalli, quindi, insieme alla presenza di un campo magnetico elevato (frutto delle attività dei radar militari) tra le principali cause delle neoplasie al sistema emofiliaco.

progetto-appello Scanu 
 Condivisibile, previi imprescindibili chiarimenti, la parte su Teulada, Capo Frasca .


Irricevibile la parte sul poligono della morte Salto di Quirra.

Fallimentare come tutto-unico indivisibile.

Il progetto ripropone, con alcuni aggiornamenti di dettaglio, quello messo a punto nel 2005 dall’allora governatore della Sardegna. Ebbe un “successo” parziale. Come era facilmente prevedibile, i ministri (Martino del PDL, Parisi dei DS) accettarono esclusivamente la parte del baratto che dava l’assenso della Sardegna ai giochi di morte a Quirra. Non si scorgono segnali che possano far pensare che questa volta andrà diversamente, quindi, facendo tesoro dell’esperienza scindiamo le due parti  della proposta Scanu. Entriamo nel merito.

1   Premessa: l’esigenza della bonifica prevale sull’esigenza della smilitarizzazione, ha la priorità.  
La Sardegna ha visto sempre gli avvoltoi prendere il largo lasciando lo scempio ambientale, veleni impercettibili e montagne di rifiuti nocivi e pericolosi (La Maddalena, Furtei, Porto Torres, solo per citare alcuni casi oggi alla ribalta). Elucubrare progetti di riconversione in un’area contaminata è criminale. Una zona avvelenata, satura di ordigni bellici esplosi e inesplosi può essere usata solo come centrale nucleare e sarcofago delle scorie radioattive, intramontabile progetto governativo, al momento solo accantonato.
I regolamenti Nato impongono la bonifica subito dopo ogni esercitazione, in Sardegna non sono mai stati applicati, la bonifica non è mai stata fatta. Lo studio del CNR – commissionato nel 2005 dal ministro della Difesa -  attinente solo una porzione del mare militarizzato di Teulada ha calcolato in 30 anni il tempo necessario solo per rimuovere la ferraglia bellica, ovviamente a poligono spento. La stima è in linea con le stime standard dei centri studi delle Forze Armate Usa. Il costo dell’operazione è logicamente stellare.
Come si prevede di rintracciare ed eliminare i contaminanti invisibili (nano particelle, radiazioni ionizzanti, torio, uranio ecc.), i più pericolosi?
Come si pensa di costringere lo Stato ad osservare l’obbligo di bonifica? L’infinita vertenza entrate mostra bene l’arduità dell’impresa. Nella finanziaria 2007, grazie soprattutto all’impegno dell’allora senatore Bulgarelli, si strappò lo stanziamento di 25 milioni per tre anni, una goccia, ma il governo successivo (2008, Berlusconi) dirottò anche la goccia su altre “priorità”. Proposta per ottenere un minimo di garanzie: accendere una forte ipoteca su palazzo Chigi, Quirinale e via elencando e , soprattutto, sul patrimonio personale di  tutti gli eletti in Parlamento.
Si pensa forse di scaricare sulla vittima Sardegna i costi astronomici della decontaminazione?

2    Poligono della morte Salto di Quirra (Pisq )
Il progetto di ristrutturazione della struttura, ripristino della pacifica convivenza e ritorno all’idilliaco “su connottu” si regge su una premessa bislacca: i risultati del recente monitoraggio 2008-11 “ hanno mostrato la sussistenza di reali impatti negativi sulle aree ad alta intensità militare e zone adiacenti accanto ad ampie porzioni di territorio che non sembrerebbero interessate da significative contaminazioni”. 
La frase astrusa è un gioco di sottili ambiguità ed equilibrismi linguistici, la sentiamo martellare da un anno dai cosiddetti superesperti promossi consulenti del senatore e della terza Commissione Parlamentare d’Inchiesta. Tentiamo di tradurla in linguaggio accessibile e analizziamo:
  Superficie esaminata: 500 ettari sui 13.000 a terra, 133 sui 2.840.000 a mare.
La mini frazione di poligono esaminata (aree ad alta intensità militare e zone adiacenti) è risultata inquinata(sussistenza di reali impatti negativi), dunque, deducono “i nostri”, le aree non esaminate -gli altri 12.500 hm a terra più i milioni di ettari a mare– sono pulite (non sembrerebbero interessate da significative contaminazioni), dunque, si da il via immediato agli ammodernamenti funzionali agli interessi dell’onnipotente apparato industriale - militare con una spruzzatina di necessaria “ricerca scientifica”. La logica del ragionamento ci sfugge, appare folle. Ci sono o ci fanno o pensano di prenderci? Qual è l’ipotesi peggiore?
“Porzioni di territorio che non sembrerebbero interessate da significative contaminazioni ”, cioè quasi certamente incontaminate.
1  Comprendono la zona di Is Pibiris e quella a mare dove la procura di Lanusei ha scoperto le megadiscariche di materiale nocivo e pericoloso, perfino un missile inesploso carico di tritolo. Gli ettari 500 + 133 controllati sono stati scelti dal controllato, Forze Armate e ministri della Difesa (l’indicazione dei Comuni è stata confinata alle zone fuori poligono). E’ “comprensibile” che il controllato abbia evitato i controlli nei punti con qualche “problemuccio”. Incomprensibile, invece, l’ostinazione dei “nostri” a non mettere in discussione le loro stravaganti certezze.
2 Comprendono la frazione di Quirra dove si registra il maggiore numero di leucemie e linfomi, persino tra persone che non  frequentano le “aree ad alta intensità militare” esaminate. Come si spiega? Dobbiamo puntare i sospetti sugli Ufo cattivi o pensare al castigo divino? O dobbiamo pensare che qualcuno intenda prenderci per mentecatti?
Confidiamo nella disponibilità del senatore per risolvere gli arcani.

2   Teulada- Capo Frasca  
E’ ineludibile l’esigenza che la Sardegna si riappropri della sua terra e del suo mare, puliti e incontaminati come lo erano prima di essere sottoposti a schiavitù militare. E’ improcrastinabile ripristinare la legalità, l’osservanza da parte del ministero della Difesa (dunque del governo) dell’obbligo di legge di provvedere all’equa redistribuzione sul territorio nazionale dei gravami militari concentrati al 60% in Sardegna. L’iter è imposto dalle norme vigenti fin dal 1990. Finora tutti i ministri, tutti i governi hanno evaso l’obbligo.
 Il progetto Scanu, con divisibilissimo nell’obiettivo finale, si regge, anche in questo caso, su una base traballante, la stessa del 2005, che consiste nella valutazione, meramente soggettiva, di Capo Teulada e Capo Frasca come inutili residuati della guerra fredda. La controparte, invece (Stati Maggiori, ministri) considera CapoTeulada “uno dei due gioielli della Corona” (l’altro è il Salto di Quirra) in linea con la stima dei centri studi delle forze armate Usa che lo annoverano tra i tre poligoni di eccellenza a livello planetario. Impostare la contrattazione su un diamante sostenendo che è un fondo di bottiglia è mera perdita di tempo o fumo negli occhi per elettori sprovveduti.  

Conclusione 
Se non si vuole scadere nel proclama senza gambe, o peggio, funzionale a depistare l’attenzione popolare su miraggi per mettere al riparo il poligono della morte Salto di Quirra, il progetto-appello non può essere un tutto unico che di fatto si configura come una sorta di baratto autolesionista. Su questo Gettiamo le Basi conferma la valutazione del progetto “originale” del 2005: “politicamente fallimentare, tecnicamente irrazionale e moralmente ripugnante”.
L’obiettivo di liberazione di Capo Teulada e Capo Frasca è nostro da sempre e della stragrande maggioranza del popolo sardo. E’ altamente positivo che sia anche l’obiettivo delle Istituzioni che ci rappresentano. Merita di essere approfondito con serietà individuando strade percorribili, tappe necessarie e strumenti efficaci.

Comitato sardo Gettiamo le Basi tel 3467059885
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lunedì 19 marzo 2012

I predatori dell'oceano




PAOLA DESAI    il manifesto
2012.03.16
 

Altroché pirateria: è un saccheggio in grande stile quello che si consuma lungo le coste dell'Africa occidentale. Un affare nell'ordine di grandezza del miliardo e mezzo di dollari l'anno. È la pesca illegale: l'oceano di fronte all'Africa occidentale è uno dei più pescosi del pianeta, con grandi riserve di cernie, dentici, sardine, maccarelli, gamberi. Ma proprio per questo è anche zona di incursione per intere flotte di enormi pescherecci stranieri che fanno razzia, pescando anche in zone protette, nel mare sottocosta riservato alla pesca artigianale, magari con reti a maglie più piccole di quanto prescritto e comunque senza licenze. Una pesca selvaggia, possibile un po' grazie alla corruzione di cui si accompagna, un po' perché i paesi che ne sono vittima, dalla Costa d'Avorio alla Sierra Leone, Mali e altri, non hanno il personale e gli equipaggiamenti per fermare i pescherecci abusivi. Tanto che un alto funzionario della Fao, David Doulman, ieri dichiarava all'agenzia Reuters che «la pesca illegale in Africa occidentale è fondalmentalmente fuori controllo».

Un'organizzazione ambientalista londinese, la Environmental Justice Foundation, in uno studio ha cercato di descrivere questo saccheggio. Gran parte della pesca illegale è condotta da grandi pescherecci battenti bandiera cinese, sudcoreana o di paesi europei, spiega (li definisce Iuu, illegal, unreported, unregulated - illegali, non segnalati e privi di licenze). Pesce proveniente dall'Africa occidentale è stato visto ad esempio nei mercati di Londra, in scatole «con il logo della Cnfc, azienda statale cinese proprietaria di numerosi pescherecci Iuu che operano nel golfo di Guinea». L'Unione europea fa sapere che sta studiando un sistema di certificazioni per impedire che roba pescata illegalmente finisca sul mercato. 

Lo studio spiega come il pesce preso illegalmente sottocosta (zona riservata alla pesca locale) viene poi travasato in altomare su altri pescherecci con magazzini frigoriferi, spesso cinesi o europei, che poi lo rivenderanno come se l'avessero pescato in altomare. È un giro d'affari notevole: gli Stati uniti e l'Unione europea stimano che la pesca illegale ammonti ogni anno al valore di 23 miliardi di dollari in tutto il mondo. E la proporzione più alta di questa pesca illegale, il 37 per cento, avviene proprio nel mare dell'Africa occidentale.
I paesi coinvolti non riescono a fermare questo saccheggio in parte per la mancanza di mezzi: poche motovedette e poco personale per intercettare le flotte illegali. In parte perché le norme non sono adeguate, le multe ridicole. Peggio ancora, per la corruzione: si parla di pescherecci che si comprano l'impunità "oliando" autorità doganali e di sicurezza con tangenti di solito di qualche migliaio di dollari.

I pescatori locali sono i più direttamente danneggiati, perché i grandi pescherecci drenano il meglio: e considerato che la pesca rappresenta circa un quarto dell'occupazione in Africa occidentale, secondo la Fao, è chiaro che le incursioni di pescherecci illegali sono la causa diretta dell'impoverimento delle popolazioni costiene dalla Mauritania in giù. A volte i pescatori locali diventano parte dell'impresa illegale: con le loro barche più piccole fanno da tramite in zone troppo vicine alla costa per entrarvi con i grandi pescherecci. La Reuters cita il caso di pescatori senegalesi con le loro piroghe: escono dal porto di St. Louis, vengono issati a bordo da un peschereccio sudcoreano e portato per migliaia di chilometri, fino ai terreni di pesca del Gabon: la mattina sono calati in mare, pescano sottocosta, la sera tornano a bordo e ricevono un prezzo scontato per il loro pescato. Inutile biasimarli, in fondo sono l'ultima pedina di un gigantesco affare illegale.

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