gli accumulatori al litio cinesi ne terreni foto de l'unione sarda |
di Mauro Pili
Pareri contrari di Comune e Regione, ma l’Enel inizia i lavori. C’è il mistero della società che ha fatto l’operazione
Le grandi gru sono sul posto da qualche giorno. Il traffico scorre ancora rarefatto, in attesa della stagione del sole ormai alle porte. Il proscenio è quello di Monte Nieddu, anello di congiunzione tra l’entroterra e l’insenatura di Capitana, nel grande Golfo degli Angeli. Le campagne sono quelle di Separassiu, agro di Quartucciu, nella cinta metropolitana di Cagliari. Per raggiungere quelle ruspe che spianano senza una tregua a ridosso della nuova statale 554, quella che collega il cagliaritano con Villasimius, bisogna azzardare un viaggio senza tom-tom. Le strade ci sono, bianche e rovinose, ma non si vedono nelle mappe. Il cavalcavia per collegare le due sponde agricole separate dalla superstrada l’hanno anche fatto. Con il passare del tempo, però, si devono essere dimenticati di collaudarlo: chiuso da sempre.
Distesa elettrochimica
In questo fronte strada, tra ruderi di aziende agro-pastorali abbandonate e ville a cavallo tra mare e montagna, è impossibile non accorgersi di quel che da giorni accade nel silenzio più totale. Un viavai di mezzi pesanti, di tir scortati e no, con braccia meccaniche volanti che trasbordano container verdi sospesi per aria e poi adagiati in quella distesa “elettrochimica” che ignoti signori venuti da lontano hanno deciso di piazzare a ridosso di Sant’Isidoro e Niu Crobu. Dove un tempo si dispiegavano vitigni e pascoli, ora è il tempo dell’invasione cinese in terra sarda. Nonostante tutti i pareri contrari, i consigli comunali infuocati, le proteste espresse a gran voce, in quell’area è iniziata la costruzione della più grande batteria elettrochimica della Sardegna, probabilmente una delle più grandi d’Europa. Se ne fregano nei Palazzi di Roma. Con un decreto “militare” hanno sentenziato: occupate quell’area e realizzate una batteria di accumulo da 180 megawatt, la più imponente concentrazione di Litio mai consentita da quello che fu il Ministero dell’Ambiente, ora impegnato a violarlo in virtù della fantomatica “Sicurezza Energetica”.
Golpe coloniale
Il decreto del Direttore generale di quel Dicastero di Roma che autorizza questo scempio strategico e ambientale l’hanno pure pubblicato nella Gazzetta ufficiale, ma nessuno lo ha mai impugnato. Ora, il cartello d’inizio lavori, nascosto dall’unica pianta d’ulivo salvata dall’incedere delle ruspe, comunica il misfatto: realizzazione di un impianto Bess (Battery Energy Storage System) di potenza nominale di 180 megawatt. Fine lavori aprile 2025, con tanto di imprese venute da lontano, salvo una minuta citazione per l’ennesimo umiliante sub appalto “riservato” ad un’impresa sarda. Niente Valutazione d’Impatto Ambientale, come si conviene ad un “golpe” coloniale in terra sarda. Sempre Draghi & company avevano previsto nei famosi decreti di “militarizzazione” della speculazione energetica in Sardegna di dare il via libera a questa calata “insulare” di batterie senza alcuna procedura di natura ambientale. Del resto, che gli fregava se a ridosso di centinaia di abitazioni, in un’area notoriamente agricola, si fosse realizzata una distesa infinita di Litio pianificata da una società da quattro soldi? Niente, appunto.
Come un chiosco
L’hanno autorizzata come se si trattasse di un chiosco, con la differenza che all’interno di quei duecento container posizionati in fila indiana c’è una montagna di Litio, il più infiammabile e pericoloso. Tutto concentrato a ridosso di un’arteria viaria di primaria importanza e soprattutto alle porte dell’area metropolitana di Cagliari. In questo assalto in grande stile, però, ci sono troppi “buchi neri” e molte incognite: dalla società che ha presentato i progetti, ai rapporti tra i vertici dell’Enel e la “fortunata” srl, l’individuazione di quei terreni nonostante i divieti urbanistici, la scelta delle batterie cinesi per realizzare questa mega batteria al Litio. I quesiti sono macigni, a partire dalla società che ha ottenuto le autorizzazioni ministeriali entrando come d’incanto nelle “divine” grazie dell’Enel e dei suoi funzionari.
Intreccio societario
È un capitolo, quello dell’intreccio societario, che apre scenari inesplorati, con un quesito su tutti: per quale motivo la potentissima Enel è “costretta” ad acquisire un’anonima società da diecimila euro, la “EnergyQ1bess s.r.l.”, per realizzare la più grande batteria “elettrochimica” in Italia, una delle più grandi al mondo? Per quale ragione il Ministero autorizza una “srl” e poi questa, subito dopo, cede armi e bagagli alla multinazionale di Stato? Del resto, la società “ignota” non ha una storia da mettere tra le referenze da curriculum: costituita solo il venti settembre del 2021, pochi giorni prima di presentare il progetto di Quartucciu, con una sede fiscale in una sottospecie di garage alla periferia di Olbia, in una strada a vicolo cieco intitolata a Simplicio Spano.
Buoni uffici romani
Eppure, l’amministratore di quella compagine, l’ingegner Stefano Floris, sembra godere di buoni uffici all’interno dell’ex Ente di Stato visto che è riuscito, senza colpo ferire, a piazzare quel progetto in un batter d’occhio, tanto che oggi rientra tra le “fortune” di una neonata compagine del colosso energetico: “Enel Libra Flexsys srl”. Restano un mistero gli importi pagati per la cessione societaria e i servizi “autorizzativi” resi alla multinazionale.
Terreni agricoli
Un capitolo a parte è la scelta dei terreni: stranamente gli occhi della “EnergyQ1bess” si sono concentrati su un terreno agricolo, urbanisticamente «zona E», vietata per qualsiasi differente utilizzo. Bocciatura senza appello del Comune di Quartucciu: «Incompatibile con il nostro territorio». La stessa Regione aveva messo nero su bianco il parere contrario: «Non è conforme al piano urbanistico vigente» e «risulta in contrasto sia in un’ottica di minor consumo del territorio, sia di conservazione dei terreni con potenzialità agricola, quale quello su cui ricade l’intervento». Peccato che con una tempistica micidiale il Governo, quello Meloni, ha introdotto modifiche chirurgiche alla norma di riferimento: l'autorizzazione non prevede l’acquisizione dell’Intesa Regionale. Insomma, lo Stato consente al “signor nessuno” di turno di “sfregiare” quel che vuole, senza nemmeno la minima “Intesa” con la Regione. Peccato che la Giunta regionale, un anno fa, si sia dimenticata di impugnare quella norma e di bloccare quel progetto come sarebbe stato d’obbligo per evitare pericolosi precedenti. Tanti silenzi e molte complicità, anche a scapito di poteri “autonomistici” non tutelati e come in questo caso “svenduti” per consentire affari “elettrochimici” in terra sarda.
Capitolo cinese
Infine, il capitolo cinese, quello più inquietante sul piano strategico: l’Enel con questa ennesima operazione, questa volta a ridosso di Cagliari, sta posizionando in Sardegna un quantitativo impressionante di batterie della più potente fabbrica cinese, la Catl. Containers strapieni di Litio che stanno letteralmente invadendo l’Isola, con problemi imponenti legati non solo alla sicurezza, ma anche alla totale “dipendenza” energetica dalla Repubblica Popolare Cinese. In pratica, con il solo fine di “chiudere” la centrale Sulcis, l’Enel sta di fatto consegnando al dominio del “Dragone” tutto il “nefasto” sistema dell’accumulo energetico pianificato per la Sardegna con il velleitario obiettivo di “stoccare” l’energia prodotta dalle “foreste” di pale eoliche e da infinite spianate di pannelli fotovoltaici. In realtà, pensano sempre e solo ai soldi: comprano a piene mani e a basso costo dalla Cina, in preda ad una sovrapproduzione di batterie, e allo stesso tempo incassano dallo Stato un premio di “valorizzazione” di 51.012 euro a megawatt, da moltiplicare per 180 e per 20 anni. Enel, alla fine dei conti, con questa operazione di Quartucciu, si metterà in tasca, di soli incentivi per la valorizzazione, ben 183 milioni di euro in vent’anni.
Scatole & alchimie
Ultima annotazione: dietro questo progetto c’è un sistema di “scatole cinesi”, società sconosciute e anonime, tutte riconducibili alla “Alchemist srl”, l’ennesima compagine da diecimila euro. Come se fosse un caso, la sede è sempre nel garage, quello del vicolo cieco alla periferia di Olbia. Gli azionisti, manco a dirlo, sono gli stessi della “EnergyQ1Bess”, quelli pianificano, si fanno autorizzare i progetti e poi vendono tutto al colosso di Stato. Un capitolo inesplorato con tanti nomi, incroci, consulenze e molti denari.
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