Visualizzazione post con etichetta Antonio Socci. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Antonio Socci. Mostra tutti i post

mercoledì 18 novembre 2020

DOPO MESI DI POLEMICHE IL PD RIBALTA LE SUE POSIZIONI SU MES E DEBITO



di Antonio Socci

Sa Defenza


DOPO MESI DI POLEMICHE IL PD RIBALTA LE SUE POSIZIONI SU MES E DEBITO, DANDO RAGIONE A LEGA E FdI. NE AVETE SENTITO PARLARE?


In queste ore il Pd ha disinvoltamente rovesciato la sua posizione sul Mes e sulla cancellazione del debito, facendo sue le posizioni che da sempre sono sostenute dall’odiata Lega in Parlamento, sui media e nelle piazze.

La prova? Stava sulla prima pagina di “Repubblica” di ieri: Sassoli: ‘L’Ue cancelli i debiti per il Covid e riformi il Mes’”. Ed Enrico Letta, sempre ieri, ha dato un’intervista alla “Stampa” il cui titolo dice tutto: Gli Stati non si fidano, il Mes va superato, trasferiamo i fondi alla Commissione.

Sassoli e Letta non sono due passanti. Sono due dei principali “pontieri” fra Pd e burocrazia Ue. Infatti subito la viceministro degli Esteri Marina Sereni ha dichiarato: “E’ venuto forse il momento di modificare il meccanismo che regola il Fondo Salva Stati. Non a caso oggi sia David Sassoli che Enrico Letta suggeriscono di trasferirlo dagli Stati alla Commissione”.

E’ una giravolta clamorosa. Eppure nessuno la rinfaccerà al Pd. Ai ribaltoni della Sinistra (senza spiegazioni e senza mea culpa) siamo abituati e anche stavolta la cosa passerà in cavalleria. Anzi, diranno – come già ieri “Repubblica” – che sono “tutti d’accordo con Sassoli”. Come se fosse un’”ideona” sua.

Così quello che fino a ieri veniva condannato come fosse un attentato alla salute degli italiani o alla stabilità finanziaria (perché era sostenuto dai “cattivi” Salvini, Meloni, Bagnai e Borghi), diventa d’improvviso virtuoso, lungimirante e lodevole, in quanto targato Pd.

Eppure l’ossessivo ritornello sul Mes è andato in onda per mesi. In ogni talk show tutti concordavano con il Dem (o l’opinionista) che ripeteva la solfa sui 37 miliardi del Mes che erano tanto preziosi e addirittura ci potevano salvare dall’emergenza Covid. Puntualmente Lega e Fratelli d’Italia finivano sotto accusa perché rei di opporsi alla provvidenziale manna (che il governo peraltro poteva benissimo prendere).

Le ragioni di Lega e FdI erano queste: anzitutto il Mes è un prestito e non un regalo; inoltre ha delle clausole molto pericolose per il nostro Paese; infine i soldi che servono si possono oggi reperire con titoli del debito pubblico agli stessi interessi del Mes (non a caso tutti i paesi europei stavano ben alla larga dal Mes).

Il Pd faceva orecchie da mercante e accusava gli oppositori come irresponsabili e antieuropeisti. Ora, d’improvviso, la svolta a U.

Il Dipartimento Economia della Lega ha buon gioco nel cantar vittoria: Quattro giorni fa il Centro Delors, un think tank di Berlino, aveva suonato la campana a morto per il MES. Oggi il Pd, si accoda smentendo se stesso con una acrobatica piroetta e confermando quindi la validità della linea che la Lega sostiene fin da marzo: smantellare il MES e monetizzare il debito Covid.

Ma i parlamentari leghisti sottolineano un’altra cosa importante: “L’azione del Governo è stata ritardata dall’insistenza del Pd nel difendere un’istituzione datata come il MES, rifiutata da tutti gli altri Stati membri. I ritardi, che hanno inciso sulla carne viva di autonomi, imprenditori, professionisti, vanno messi in conto al provincialismo dei cosiddetti europeisti. Un minimo sindacale di competenza macroeconomica e di frequentazione delle istituzioni europee chiarisce che non c’è altra strada per evitare di stroncare la ripresa con una crisi da sovra indebitamento. Il nemico della pacifica convivenza fra popoli europei è chi, come il Pd, difende posizioni insensate e di retroguardia, non chi le critica in modo documentato e costruttivo”.

Lo stesso ribaltone viene fatto dal Pd sulla monetizzazione del debito per Covid che – quando veniva prospettato dalla Lega – suscitava scandalo.

Che oggi prevalga in tutti il buon senso è cosa ottima. Ma sarebbe leale e serio riconoscere i meriti politici di chi si è dimostrato più competente ed è stato ingiustamente attaccato per mesi.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 16 novembre 2020


Sa Defenza non ha alcuna responsabilità rispetto alle citazioni, informazioni pubblicate, i dati, le singole opinioni contenute in questo articolo.

Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali

lunedì 16 novembre 2020

LE DRAMMATICHE PAROLE DI BENEDETTO XVI

LE DRAMMATICHE PAROLE DI BENEDETTO XVI: “LA MINACCIA VIENE DALLA DITTATURA UNIVERSALE DI IDEOLOGIE APPARENTEMENTE UMANISTICHE… AVER PAURA DI QUESTO POTERE SPIRITUALE DELL’ANTICRISTO E’ FIN TROPPO NATURALE”.

Antonio Socci

A maggio ci furono polemiche per le anticipazioni di alcune dichiarazioni fatte da Benedetto XVI a Peter Seewald e pubblicate nella sua biografia che stava per uscire in Germania. Adesso quest’opera è tradotta in Italia col titolo “Benedetto XVI. Una vita” (Garzanti), dunque si ha la possibilità di comprendere meglio le parole del papa.

La domanda cruciale di Seewald a Ratzinger è questa: Una frase della sua prima omelia come pontefice è rimasta particolarmente impressa nella memoria: ‘Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi’. Aveva forse previsto quello che la aspettava?”.

Il papa risponde che non c’era l’allusione ai problemi del Vaticano (tipo Vatileaks), come molti hanno pensato.

“La vera minaccia per la Chiesa, e quindi per il servizio petrino” spiega Benedetto XVI “non viene da questo genere di episodi: viene invece dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddire le quali comporta l’esclusione dal consenso di base della società. Cento anni fa chiunque avrebbe ritenuto assurdo parlare di matrimonio omosessuale. Oggi coloro che vi si oppongono sono socialmente scomunicati. Lo stesso vale per l’aborto e la produzione di esseri umani in laboratorio. La società moderna intende formulare un credo anticristiano: chi lo contesta viene punito con la scomunica sociale. Avere paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è fin troppo naturale e occorre davvero che le preghiere di intere diocesi e della Chiesa mondiale vengano in soccorso per resistervi”.

I media hanno semplificato tutto in modo superficiale scatenando la polemica su quegli esempi. Ma non è lì il centro del ragionamento di Benedetto XVI, che ha ben altro respiro. Egli parla della “minaccia”rappresentata “dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche”.

Qui è il punto. Che un uomo di grande cultura, di profonda spiritualità e di riconosciuta autorevolezza, parli della “minaccia” di una “dittatura universale” non può lasciare indifferenti.

Si può obiettare, ma questo tema è emerso pure nel dibattito pubblico. Anche intellettuali laici si sono mostrati preoccupati per l’evidente imporsi di un “pensiero unico” e addirittura Micromega” ha puntato l’indice contro “la nuova stagione di eccessi che l’ideologia del politically correct sta vivendo e che ha condotto alla riscoperta ‘progressista’ della censura”.

Non solo. Autorevoli pensatori – come Giorgio Agamben – in questi mesi hanno lanciato l’allarme per “lo stato d’eccezione” durante “l’emergenza sanitaria”, ma più in generale per la politica che diviene biopolitica.

Pure un intellettuale laico (francese) lontano dal pensiero di Ratzinger, come Michel Onfray, ha pubblicato il libro “Teoria della dittatura”, dove addirittura vede all’orizzonte “un nuovo tipo di totalitarismo”. Dunque il tema esiste.

Ratzinger parla della “dittatura di ideologie apparentemente umanistiche” e aggiunge che “la società moderna intende formulare un credo anticristiano” e che “avere paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è fin troppo naturale”.

Qui la riflessione di Benedetto XVI incontra – per esempio – il pensiero di uno dei più grandi filosofi del nostro tempo: René Girard. Il quale, in effetti, usa le stesse categorie di Ratzinger nel libro “Vedo Satana cadere come la folgore” (Adelphi) per riflettere sul presente. Anche lui intravede “il nuovo totalitarismo”.

Girard spiega che il cristianesimo ha introdotto nel mondo la “pietà per le vittime”. C’è oggi un  umanitarismo (Ratzinger parla di “ideologie apparentemente umanistiche”) che fa sua questa sensibilità, ma contro il cristianesimo: “il movimento anticristiano più forte è quello che fa sua e ‘radicalizza’ la preoccupazione verso le vittime per paganizzarla… Il nuovo totalitarismo si presenta come liberatore dell’umanità”.

Anche Girard – come Ratzinger – chiama in causa la figura neotestamentaria dell’Anticristo, ovvero di colui che “imita sempre meglio Cristo e pretende di superarlo”.

Tutto il Novecento è percorso da figure letterarie dell’Anticristo – da quello di Solovev a quello di Benson – come grande umanitario e filantropo, una “imitazione usurpatrice” del Redentore che ricorda l’affresco di Luca Signorelli.

“L’Anticristo” scrive Girard “si vanta di recare agli uomini la pace e la tolleranza”, mentre “porta con sé l’effettivo ritorno a ogni sorta di abitudini pagane” (anche Girard, come Ratzinger, cita qui l’aborto e altre situazioni moderne).

In pratica Girard condivide con Ratzinger l’allarme per una modernità anticristiana che entrambi non esitano ad accostare alla figura apocalittica dell’Anticristo.

Considerazioni molto interessanti sull’Anticristo e la modernità sono state svolte anche da Mario Tronti e da Massimo Cacciari, in vari interventi e nel libro “Il potere che frena” (Adelphi).

Sull’Anticristo ha scritto – da laico – pure Giorgio Agamben proprio in un libro dedicato alla rinuncia di Ratzinger: “Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi”.

Appunto a questo libro fa riferimento un’altra domanda di Seewald al papa. Il biografo spiega che Agamben “si dice convinto del fatto che la vera ragione delle sue dimissioni (del pontefice, ndr) sia stata la volontà di risvegliare la coscienza escatologica. Nel piano divino della salvezza la Chiesa avrebbe anche la funzione di essere insieme ‘Chiesa di Cristo e Chiesa dell’Anticristo’. Le dimissioni sarebbero una prefigurazione della separazione tra ‘Babilonia’ e ‘Gerusalemme’ nella Chiesa”.

Agamben faceva riferimento a un antico saggio di Ratzinger su Ticonio. Il papa emerito non risponde direttamente, ma ricorda con Agostino che “molti sono parte della Chiesa in modo solo apparente, mentre in realtà vivono contro di essa” mentre “al di fuori della Chiesa ci sono molti che – senza saperlo – appartengono profondamente al Signore e dunque anche al suo corpo, la Chiesa”.

Poi aggiunge: “Sappiamo che nella storia ci sono momenti in cui la vittoria di Dio sulle forze del male è visibile in modo confortante e momenti in cui, invece, le forze del male oscurano tutto”.

.

Antonio Socci

.

Da “Libero”, 15 novembre 2020



Sa Defenza non ha alcuna responsabilità rispetto alle citazioni, informazioni pubblicate, i dati, le singole opinioni contenute in questo articolo.

Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali

mercoledì 7 ottobre 2020

VUOL RIFARE LA DC CHI E’ STATO ACCUSATO DAI VESCOVI DI NON RISPETTARE LA “LIBERTA’ DI CULTO”

Antonio Socci
  
Sa Defenza








STRANI GIORNI: VUOL RIFARE LA DC CHI E’ STATO ACCUSATO DAI VESCOVI DI NON RISPETTARE LA “LIBERTA’ DI CULTO” E GUIDA UNA COALIZIONE IN CUI SEMPRE I VESCOVI VEDONO “DERIVE LIBERTICIDE


Ora anche il povero san Francesco d’Assisi viene trascinato nelle lotte di potere interne al governo giallorosso. Il paradosso è che a “usare” il santo Patrono d’Italia ieri, ad Assisi, è stato quel Giuseppe Conte che è a capo della coalizione di governo più laicista e anticattolica della storia repubblicana: quella che ha fatto insorgere la Cei per la mancata riapertura delle chiese (scrissero che era minacciata la “libertà di culto”) e che ha fatto insorgere la Cei pure per la legge Zan in cui i vescovi vedono “derive liberticide”.

Il Capo del governo – secondo alcuni – sta preparando il terreno a un suo partito che vorrebbe dirsi addirittura d’ispirazione cattolica. Paradosso tipico di un’epoca e di un premier per cui le parole non hanno più nulla a che fare con la realtà.

Peccato che lo smemorato Conte ieri, ad Assisi, sia incorso in una gaffe clamorosa. Per l’operazione che ha in mente infatti ha coniato uno slogan che invece di rimandare a san Francesco evoca involontariamente Licio Gelli: “Piano di rinascita”.

Il sito della “Stampa” ha titolato: “ ‘Piano di rinascita’. Conte sdogana lo slogan P2”. Perfino sul sito del “Fatto quotidiano”, il giornale più contiano, Antonello Caporale ha commentato desolato: “Chiamatelo come volete, ma non Piano di Rinascita”.

Eppure non è neanche la prima volta. Già il 4 giugno scorso Conte – parlando della ripartenza del Paese dopo il Covid – parlò di “Piano di rinascita nazionale”.

Tanto l’on. Enrico Borghi, deputato Pd, protestò: “Eviterei definizioni tipo ‘Piano di rinascita democratica’ oppure ‘Programma di rinascita nazionale’. Almeno per la memoria di Tina Anselmi”.

Però Caporale ricorda che “anche dalla bocca di Nicola Zingaretti, il segretario del Pd, abbiamo udito questa superficialità lessicale, che è figlia di una colpevole e piuttosto insopportabile smemoratezza”.

Dunque ieri ad Assisi Conte c’è ricascato con il “Piano di Rinascita nazionale”. Però, secondo diversi osservatori e molte voci di palazzo, il premier starebbe caldeggiando un’altra rinascita: quella della Dc o di un partito della “sinistra Dc”.

A dire il vero ci sarebbe già la “sinistra dc” storica che fa parte del Pd (era la Margherita), ma di “cattolico” l’attuale Pd, a guida (post)comunista non ha proprio nulla. E’ piuttosto una sorta di “Partito radicale” di obbedienza tedesco-merkeliana con un’ideologia “politically correct” e la vecchia arroganza comunista.

Il possibile “nuovo” partitello cattoprogressista sarebbe il punto d’incontro di molti viandanti in cerca di alloggio politico. La prima carovana è quella di alcuni esponenti del mondo bergogliano, perlopiù generali senza esercito, in cerca di un qualche protagonismo politico.

Hanno la sponsorizzazione della Cei e infatti ieri “Avvenire”, il giornale dei vescovi, lanciava l’operazione su un’intera pagina con questo titolo: “Cristiani e autonomi, partito al via”. Sottotitolo: “Parte la nuova formazione politica. Zamagni: bipolarismo ha fallito, pensiero cattolico torni protagonista. Oggi, con il documento programmatico, saranno decisi nome e simbolo. Leadership collegiale: 21 membri”.

Ma la cosa più importante era il trafiletto che “Avvenire” affiancava all’articolo: “Tanti guardano al centro. Aspettando Conte”. Effettivamente Conte-Godot è considerato l’aggregatore ideale di questo presunto centro moderato. Ma, dice “Avvenire”, occorre una condizione: la definizione della legge elettorale “e in particolare delle soglie di sbarramento”.

Ad agitarsi attorno al fantasma della Balena Bianca infatti sono in tanti e tutti pesci piccolissimi: da Italia viva di Renzi (reduce da una pesante batosta alle regionali) a quel che è rimasto dell’Udc, da “Noi con l’Italia” di Maurizio Lupi al gruppetto di Bentivogli, da quello di Giro fino al Centro Democratico di Bruno Tabacci (e non dimentichiamo Mastella, Casini, Alfano…).

Potrebbe essere Conte il “federatore” di un partitello “cattoprogressista-ecologista” intenzionato a mettersi sull’onda del papato (al tramonto) di Bergoglio?

Finora il premier aveva sempre tranquillizzato Pd e M5S che, ovviamente, sarebbero i più danneggiati da un’operazione del genere. Ma ultimamente sembra che agitare il fantasma di questo partito gli serva per tenere a bada Zingaretti e il Pd i quali – sentendosi rafforzati dal voto delle regionali – pretenderebbero di dettar legge all’esecutivo.

Il governo in effetti è completamente impantanato, il Pd freme e vorrebbe dargli una scossa, vista la crisi galoppante del paese e il Recovery fund che si allontana, così il premier Conte risponde in due modi: da una parte lo “stato d’emergenza” che gli permette di alimentare la paura collettiva, rendendo molto difficile mettere sotto tiro il governo (magari coltiva pure la speranza di tornare a sermoneggiare in tv e far risalire la sua popolarità).

Dall’altra risponde con la velata minaccia di essere lui stesso a dimettersi e chiedere elezioni anticipate capeggiando un partito che sottrarrebbe voti a Pd e M5S.

E’ quanto fa credere lo scaltro Gianfranco Rotondi, ritenuto molto vicino a Conte, con questo messaggio: “Alle elezioni anticipate – come diceva Prodi – non ci si va. Ci si casca. Nel senso che a Palazzo Chigi saprebbero cosa fare se, al Senato, Renzi e un pezzo del Pd assecondassero un incidente parlamentare: Conte prima salirebbe al Colle per dimettersi, poi denuncerebbe davanti all’opinione pubblica l’agguato e il tradimento, e infine chiederebbe di tornare al voto”.

Magari è solo una minaccia, ma intanto il premier continua a tessere la sua tela, perfino verso certi settori del centrodestra. Infatti il prossimo week end a Saint Vincent concluderà una curiosa tre giorni sul tema: “Laudato si’: la politica cristiana dal bianco al verde”.

Per capire di cosa si tratta basta scorrere i nomi dei partecipanti: l’ex ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio, Rocco Buttiglione, Renato Schifani e Michela Vittoria Brambilla. Sembra all’insegna del bergoglismo.

Dal primo dibattito (“L’enciclica Laudato si’ cinque anni dopo: la cura del creato nuova frontiera dell’impegno politico dei cattolici”) al successivo: “Cattolici ed ecologisti: è l’ora di un’alleanza per la terra?”. Le conclusioni dell’11 ottobre – celebrata la Messa – saranno tirate proprio da Conte dopo un discorso di Silvio Berlusconi (sarà interessante sentire cosa ne dicono Marco Travaglio e i grillini).

Che tutto questo possa sfociare in un partito che abbia un senso è difficile immaginarlo. Ma resta lo stupefacente spettacolo di un premier che – non avendo nessuna identità politica – è pronto a “giocherellare” con tutte per restare a Palazzo Chigi (o magari salire su colli più alti). Mentre l’Italia è sull’orlo del baratro.


Antonio Socci

https://sadefenza.blogspot.com/2020/10/vuol-rifare-la-dc-chi-e-stato-accusato.html


Sa Defenza non ha alcuna responsabilità rispetto alle citazioni, informazioni pubblicate, i dati, le singole opinioni contenute in questo articolo.
Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali

martedì 22 settembre 2020

GLI USA CERCANO DI SPIEGARE AL VATICANO CHE DEVE DIFENDERE I CRISTIANI PERSEGUITATI DAL REGIME COMUNISTA CINESE

E NON RINNOVARE UN ACCORDO INSENSATO CON  I TIRANNI DI PECHINO

Antonio Socci
Sa Defenza
















Mancano pochi giorni alla visita di Mike Pompeo in Vaticano, prevista per il 29 settembre, ma il Segretario di Stato americano ha già lanciato un avvertimento molto chiaro dalla prestigiosa rivista “First Things”.

Già nelle precedenti visite aveva spiegato al cardinale Parolin e a papa Bergoglio quanto era sbagliato l’accordo sottoscritto dalla Santa Sede col regime comunista di Pechino, perché danneggiava i cristiani cinesi e legittimava nel mondo una tirannia molto pericolosa (il Covid-19 è l’ennesimo esempio della sua perniciosità globale).

Ora quell’accordo provvisorio di due anni fa (rimasto peraltro segreto nei suoi contenuti) arriva a scadenza e il Vaticano è deciso a rinnovarlo nonostante il bilancio fallimentare di questi due anni.

Così il Segretario di Stato di Trump preme sul Vaticano perché si fermi e non rinnovi un così nefasto accordo. Su “First Things” spiega che, negli ultimi tempi, la situazione dei diritti umani in Cina è diventata ancora più grave soprattutto per i credenti.

Pompeo ricorda la recrudescenza della persecuzione contro i cristiani, come contro buddisti tibetani e devoti di Falun Gong; menziona la pesantissima repressione contro i musulmani dello Xinjiang, infine  denuncia la “campagna di ‘sinizzazione’ per subordinare Dio al Partito comunista promuovendo lo stesso Xi come una divinità ultramondana. Ora più che mai” scrive Pompeo “il popolo cinese ha bisogno della testimonianza morale e dell’autorità del Vaticano a sostegno dei credenti”.

Infatti due anni dopo l’accordo sino-vaticano, per i cristiani le persecuzioni sono addirittura peggiorate, mentre, afferma Pompeo, il Vaticano “ha legittimato” i vescovi nominati dal regime. Quale convenienza ha dunque la Chiesa a rinnovare l’accordo?

Il Vaticano peraltro sta pure perdendo la sua autorevolezza morale. Infatti durante la brutale repressione comunista a Hong Kong dei mesi scorsi, la Santa Sede non ha speso nemmeno una parola (nonostante gli appelli dei cristiani della città e del card. Zen). Eppure “le voci più importanti di Hong Kong in difesa della dignità umana e dei diritti umani” scrive Pompeo “sono spesso voci cattoliche”.

Il Segretario di Stato Usa ricorda l’appello, dell’anno scorso, di 22 paesi alle Nazioni Unite per denunciare la detenzione, da parte del regime comunista, di “oltre un milione di musulmani uiguri, kazaki e altre minoranze nei cosiddetti campi di ‘rieducazione’ nello Xinjiang”.

Inoltre cita l’Alleanza Interparlamentare, composta da rappresentanti delle democrazie di tutto il mondo, che “ha condannato le atrocità” perpetrate dal comunismo cinese.

Pompeo rivendica i meriti dell’amministrazione Trump in questo campo: “Il Dipartimento di Stato è una voce forte in difesa della libertà religiosa in Cina e nel mondo e ha preso provvedimenti contro chi commette abusi sui credenti. Continueremo a farlo”.

Ma il Segretario di Stato USA dice anche alla Santa Sede che essa soprattutto ha “la capacità e il dovere” di richiamare l’attenzione del mondo “sulle violazioni dei diritti umani, in particolare quelle perpetrate da regimi totalitari come la Cina”.

Pompeo ricorda Giovanni Paolo II: “alla fine del XX secolo, la forza della testimonianza morale della Chiesa ha contribuito a ispirare coloro che hanno liberato l’Europa centrale e orientale dal comunismo e coloro che hanno sfidato i regimi autocratici e autoritari dell’America Latina e dell’Asia orientale”.

Oggi “la stessa testimonianza morale dovrebbe esprimersi nei confronti del Partito Comunista Cinese”.

Infatti il Concilio Vaticano II e i papi hanno sempre “insegnato che la libertà religiosa è il primo dei diritti civili” e che “la solidarietà è uno dei quattro principi fondamentali della dottrina sociale cattolica”. Oggi questo insegnamento della Chiesa dovrebbe essere proclamato “di fronte agli sforzi incessanti del Pcc per piegare tutte le comunità religiose alla volontà del Partito e al suo programma totalitario”.

E’ una responsabilità che il Vaticano ha verso tutta l’umanità: “Se il Pcc riuscirà a mettere in ginocchio la Chiesa cattolica e altre comunità religiose” scrive Pompeo “i regimi che disprezzano i diritti umani saranno incoraggiati e il costo della resistenza alla tirannia aumenterà per tutti i coraggiosi credenti che onorano Dio al di sopra dell’autocrate del giorno”.

La conclusione di Pompeo è drammatica: “Prego che, nei rapporti con il Pcc, la Santa Sede e tutti coloro che credono… prestino ascolto alle parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni: ‘La verità vi renderà liberi’“.

Anche 80 Ong per la difesa dei diritti umani in Cina hanno scritto al Papa chiedendogli di riflettere su quell’accordo. E’ una situazione di una gravità senza precedenti e segna una terribile svolta storica: nel confronto planetario sempre più aspro fra Occidente libero e Cina comunista, il Vaticano rischia di schierarsi di fatto con l’impero comunista, proprio mentre intensifica la repressione religiosa.

Così il Vaticano si separa dall’Occidente libero, ma soprattutto dai cristiani perseguitati.


Antonio Socci





Sa Defenza non ha alcuna responsabilità rispetto alle citazioni, informazioni pubblicate, i dati, le singole opinioni contenute in questo articolo.

Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali


lunedì 24 agosto 2020

ORA TUTTI BOMBARDANO IL GOVERNO (PERFINO I GIORNALI). EFFETTO DRAGHI?

ORA TUTTI BOMBARDANO IL GOVERNO (PERFINO I GIORNALI). EFFETTO DRAGHI?  

Antonio Socci   
Sa Defenza 







Sarà il vento di SuperMario Draghi che comincia a spazzare l’aria; sarà che questo governo ha stancato; sarà che ha esaurito la funzione assegnatagli alla nascita da quell’“ordine mondiale” di cui parlava Massimo Giannini nel 2019; fatto sta che dai giornaloni arrivano siluri molto preoccupanti per l’esecutivo giallorosso che presto potrebbe avere il benservito.

Anzitutto è iniziata un’aperta campagna per il “No” nel referendum sul “taglio dei parlamentari” grillino: giovedì su Repubblica è sceso in campo direttamente il direttore Maurizio Molinari (“Perché votare No al referendum”) e ieri sulla Stampa il referendum del “taglio” è stato demolito dall’editoriale di Massimo Cacciari (se dovesse prevalere il No sarebbe destabilizzante per il governo).

Ma in contemporanea è cominciato anche un duro bombardamento sull’esecutivo. Cannonate devastanti perché non si limitano più a criticare questo o quell’errore (nei giorni scorsi Paolo Mieli, sul Corriere della sera, ha fatto rilievi critici sulla gestione del caso di Alzano e Nembro da parte del premier, all’inizio dell’epidemia). Ma parlano di un governo che addirittura elude la Costituzione.

In particolare ieri, sempre su Repubblica, nella posizione dell’editoriale che impegna la linea del giornale, c’era un fondo del costituzionalista Michele Ainis il quale spiegava che la democrazia italiana è “sfregiata da prassi truffaldine, da scelte che fingono il rispetto delle regole e invece le aggirano, v’usano violenza”.

Quattro gli esempi. Prima “i famosi (o famigerati) dpcm. Quelli che ci hanno rinchiuso dentro casa, comprimendo un po’ tutte le libertà costituzionali. Misure necessarie, come no; ma il problema sta nella riserva di legge, con cui la Carta del 1947 protegge le nostre libertà. Quindi un decreto legge può restringerle, un decreto individuale del premier invece non può farlo, anche perché scavalca del tutto il Parlamento”.

Un altro esempio: i decreti legge approvati dal Consiglio dei ministri ‘salvo intese’” oppure “il lago di norme varate per decreto”.

Infine “il referendum costituzionale” di settembre “svilito dalla contemporaneità con le amministrative, dato che il governo ha deciso di abbinare le due consultazioni”, scelta che “imprime un sapore plebiscitario al referendum” e “calpesta la libertà degli elettori.

Ainis, con questi quattro casi, intende mostrare che la rottura delle garanzie formali genera sempre una lesione sostanziale dei nostri diritti e così – di fatto – spiega, in punta di diritto, quello che l’opposizione ha provato a far notare in tutti i mesi dell’emergenza durante i quali è stata (come il Parlamento) emarginata dal dibattito sui media e sbeffeggiata dal governo.

Lo stesso Cacciari, nell’editoriale della “Stampa” di ieri che ho citato, scrive che il “taglio dei parlamentari” voluto dai grillini (e ora sottoposto a referendum), al di là della sua materia specifica, manda questo “messaggio al popolo, messaggio chiarissimo: 
conta l’Esecutivo, conta il Governo, conta il Capo del Governo. Che significa contano quegli assetti burocratici-economici-finanziari con i quali qualsiasi esecutivo deve fare i conti se vuol durare. Il Parlamento, le Assemblee elettive non devono disturbare il conducente. Il Sovrano si appella al ‘popolo’ direttamente. Piattaforme Rousseau ovunque al posto di Parlamenti, aule universitarie e scuole, lavori e professioni”.

Un analogo siluro era arrivato giovedì scorso dall’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera (sto citando i pezzi da novanta dei giornaloni).

Galli osservava che se l’Italia ha sempre dovuto soffrire la piaga endemica del trasformismo, con l’attuale governo fra Pd e M5S, e ancor più con le recenti proposte di alleanza elettorale, si ha un “salto qualitativo che vede addirittura l’incontro di due trasformismi cosicché il suddetto trasformismo “si avvia a divenire il vero principio costitutivo del sistema politico italiano”.

In concreto si parla di voltagabbanismo e di accordi di governo senza alcun programma o ideale, solo per il potere. Sulla testa degli elettori. Un disastro per il Paese.

Ieri, sullo stesso giornale, Sabino Cassese ha rincarato la dose scrivendo che “questo tipo di forze politiche, quando si impossessa del governo, ha una forte propensione a distribuire sussidi per ingraziarsi gli elettori”. Sono siluri devastanti per l’attuale alleanza di governo.

Infine, a proposito di coerenza, dopo la questione dei verbali secretati del Cts, Palazzo Chigi ha appena risposto picche alla signora Giuliana Cavazza, figlia di una vittima della strage di Ustica (e presidente del Comitato), la quale domandava copia di quei documenti del Sismi, arrivati da Beirut nel 1980, che si ritiene possano dare risposte alle domande sulle stragi di Ustica(27 giugno 1980) e della stazione di Bologna (2 agosto 1980). La secretazione, dopo 40 anni, continua per altri otto.

Una risposta singolare quella di Palazzo Chigi. M5S e Pd avevano la “trasparenza” e la lotta ai “segreti di Stato” come loro bandiere, in passato. Todo cambia.

Antonio Socci
Da “Libero”, 23 agosto, 2020

*****
https://sadefenza.blogspot.com/2020/08/ora-tutti-bombardano-il-governo-perfino.html

Sa Defenza non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali


Seguiteci sul Canale Telegram https://telegram.org/#/im?p=@sadefenza 
Seguiteci sul Social VK https://vk.com/sadefenza





mercoledì 12 agosto 2020

L’ESTATE DELLE STELLE CADENTI

L’ESTATE DELLE STELLE CADENTI



Ci sarebbero tutti gli ingredienti della solita estate italiana: gli amorazzi da rotocalco, il tragico giallo dell’estate, il caldo e ora le stelle cadenti di S. Lorenzo. Solo che l’estate 2020 è diversa, è vuota di turisti stranieri e piena di problemi e di ansie. 

Le stelle cadenti non sono solo quelle di san Lorenzo. Nel mondo, come in Italia, è una vera pioggia di stelle, preannuncio di un autunno catastrofico. 

Sembrano cadenti perfino le stelle della bandiera americana nella campagna presidenziale più drammatica della storia recente, fra i danni umani ed economici del Covid e la piazza sobillata da chi vuole alimentare l’incendio; con il presidente Trump che si scambia con gli avversari addirittura l’accusa di voler mettere in discussione il sistema democratico. 

Stella cadente è pure quella della bandiera della Cina comunista, isolata dal Covid, dallo scontro commerciale e politico con gli Stati Uniti e per la sua “occupazione” illiberale di Hong Kong. Ma isolata anche dalla cintura di sicurezza marittima che India, Australia e Giappone le stanno stringendo attorno con l’aiuto degli Usa. 

Stelle cadenti poi sono quelle della bandiera Ue che ha perso una stella di primissima grandezza (economica e politica) come il Regno Unito e che ha rattoppato provvisoriamente il crollo economico dovuto al Covid, ma non usando la Bce, bensì con il bilancio dell’Unione per tenere sotto tiro l’Italia e impedirle di andarsene. Cosicché ora è stata innescata la bomba a orologeria dei debiti pubblici e, non avendo tolto di mezzo il “Fiscal compact”, a breve si riproporranno tragici scenari greci: anzitutto per l’Italia. 

La stella per noi più importante, quella che viene rappresentata nel simbolo ufficiale della Repubblica italiana, è anche la più cadente. Già ultima nella graduatoria delle economie europee in questi vent’anni di euro, che ci ha stremato, l’Italia ha pagato e paga anche la crisi del Covid più pesantemente degli altri, sia in vite umane, sia in costi economici. 

Sebbene Giuseppe Conte si sia molto affidato allo “stellone” portafortuna (e, in effetti, come premier appare più fortunato che capace) il suo governo e la sua leadership sono in caduta libera su tutti i fronti

Il presidente del Consiglio è alle prese con la grana dei verbali del Cts, che rimettono in discussione la sua controversa gestione dell’emergenza; è alle prese con la pessima gestione dei migranti che s’intreccia con i rischi del Covid; è alle prese con i mal di pancia del Pd (che vanno dal desiderato rimpasto ministeriale, con ridimensionamento del premier, al problema del referendum sul taglio dei parlamentari); è alle prese con il problema del Mes e con le divisioni dei Cinquestelle, che sono le stelle più cadenti di tutte, unite solo dalla ferrea volontà di tenersi stretto il mandato parlamentare. 

Infine Conte ha sulla testa la spada di Damocle delle elezioni regionali che, con un ennesimo successo del centrodestra, potrebbero decretare la fine del suo esecutivo. In effetti, in tutta questa nebbiosa incertezza, la sola cosa salutare, capace di purificare l’aria dai miasmi e ridare una guida vigorosa al Paese, sarebbe il voto. Ma faranno di tutto per evitarlo perché professano la religione del potere e della poltrona

Allora resta il voto parziale delle regionali che sarà anche un referendum per dare all’Italia un governo davvero rappresentativo del Paese, un governo più efficace e capace di visione. 

Ce n’è un bisogno estremo per risollevarsi dal baratro in cui siamo precipitati prima con l’euro e poi con il Covid. Anche perché proprio il Covid ha avviato la deglobalizzazione che contiene una chance : il ritorno a casa delle imprese prima delocalizzate

Un gruppo di economisti ha valutato che negli ultimi tempi sono già 175 le decisioni di “reshoring” relative all’Italia (sono 163 in Francia, 120 nel Regno Unito, 93 in Germania e 58 in Spagna). 

Ma cosa trovano qua le aziende che tornano? Se resta l’Italia della Sinistra, con la pressione fiscale soffocante, la burocrazia paralizzante, le infrastrutture fatiscenti e l’inefficienza giudiziaria sarà una catastrofe. Andiamo definitivamente dalle stelle alle stalle. 

Non può essere questo governo a preparare il terreno per un nuovo “miracolo economico”. 

Antonio Socci
Da “Libero”, 10 agosto 2020 

*****
https://sadefenza.blogspot.com/2020/08/lestate-delle-stelle-cadenti.html

Sa Defenza non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali

Seguiteci sul Canale Telegram https://telegram.org/#/im?p=@sadefenza
Seguiteci sul Social VK https://vk.com/sadefenza



lunedì 10 agosto 2020

GOVERNO E MONDO CLERICALE CANCELLANO DIO (PERFINO NEI DOCUMENTI VATICANI) COL PRETESTO DEL COVID

GOVERNO E MONDO CLERICALE CANCELLANO DIO (PERFINO NEI DOCUMENTI VATICANI) COL PRETESTO DEL COVID



C’è una vittima illustre del Covid, la più illustre, eppure è passata inosservata: Dio. Non poteva esser “fatto fuori” dal Covid, ma è stato cancellato dagli uomini a motivo (o con il pretesto) del Covid. Non si tratta solo di ciò che è avvenuto nei mesi del lockdown – una sorta di blackout della Chiesa – che è stato clamoroso e non ha precedenti in duemila anni di storia.

La cancellazione di Dio è stata anche più radicale. Fa discutere in questi giorni la Pontificia Accademia per la vita, al cui vertice papa Bergoglioha voluto mons. Vincenzo Paglia, della Comunità di S. Egidio.

L’Accademia ha appena emanato un documento dal titolo altisonante, L’Humana communitas nell’era della pandemia: riflessioni inattuali sulla rinascita della vita. Un testo di 29.128 caratteri dove non si trovano mai (proprio mai) le parole Dio, Gesù Cristo, fede e religione. C’è cinque volte la parola salute, ma non c’è mai la parola salvezza.

Come ha rilevato Stefano Fontana, non dice niente di cattolico, vale a dire di ispirato alla Rivelazione di Nostro Signore. In tutto il documento non si fa mai alcun riferimento né esplicito né implicito a Dio.

Eliminato Dio da questa riflessione clericale sul Covid, è però impossibile eliminarlo dalla vita degli uomini, perché lascia un vuoto infinito. Allora il rischio è che lo si sostituisca con la Natura (scritta rigorosamente con la N maiuscola come si addice alla divinità). E’ un po’ la nuova religione ecologista che ha Greta Thunberg come profetessa.

Lo fa pensare un recente intervento di due cardinali molto importanti in questo pontificato, Walter Kasper e Francesco Coccopalmerio.

I due prelati, nella prefazione al libro “Una nuova innocenza” scrivono che “la pandemia ha voluto essere una sorta di immenso campanello di allarme per ricordarci, in sostanza, che il mondo è gravemente malato e che così non può durare; e che, se non cambiamo atteggiamento e visione, altri e più catastrofici cataclismi si abbatteranno su di noi sotto la regia di una Natura sconvolta in primo luogo dal cambiamento climatico. Perché l’origine prima del contagio universale del Covid-19 sta proprio nell’attacco alla Natura”.

Anche “Avvenire” pubblica il testo ribadendo che la prima origine del contagio universale del Covid-19 sta nell’attacco alla Madre Terra. E’ assurdo. Tutti sanno che le epidemie ci sono sempre state, dall’età della pietra, e anzi erano molto più virulente proprio perché l’uomo era totalmente in balia della natura, la quale non è affatto idilliaca, ma spietata.

E’ proprio grazie all’aumento del potere umano sulla natura, tramite la scienza e la tecnologia, che le pandemie sono state in gran parte sconfitte. Il Covid-19 non c’entra nulla con “l’attacco alla Natura” da parte dell’uomo, tanto meno col cambiamento climatico (fra l’altro il virus sembra essere indebolito proprio dalle alte temperature).

A meno che non si voglia dire che il virus è stato fabbricato dall’uomo, ovvero dai cinesi nel laboratorio di Wuhan, come ipotizza il professor Joseph Tritto nel libro “Cina-Covid19”, ma questa non è certo la posizione del Vaticano che con la Cina va d’amore e d’accordo e mai direbbe una cosa simile.

Se dunque il Covid-19 è “naturale” che colpa ha l’uomo? E perché dovrebbe essere punito?  Il pensiero implicito di questi ecclesiastici “progressisti” è la vecchia idea di un “dio vendicativo” che torna con un nome diverso: la Natura. La quale punisce l’uomo per i suoi presunti peccati contro la Natura stessa.

I due cardinali sostengono di riflettere la visione di papa Bergoglioespressa nel titolo della Stampa del 22 aprile scorso, che ha così riassunto il suo discorso sul dramma del coronavirus: Il Papa: abbiamo peccato contro la terra, la natura non perdona.

Se dunque, nel pensiero ecclesiastico, c’è il rischio di sostituire Dio con la Natura, la concreta cancellazione di Dio dalla vita del popolo, nei mesi del lockdown, è un fatto. Proprio nei giorni in cui si poteva pensare che gli uomini avessero più bisogno di Lui, il governo e gli uomini di Chiesa hanno concordato la cancellazione delle messe e di tutti i riti religiosi per il popolo che è stato privato di tutti i sacramenti (perfino quello dei morenti).

Una cosa mai accaduta nella storia cristiana, perché finora per la Chiesa – come proclama il Codice di diritto canonico – salus animarum suprema lex, cioè: la salvezza delle anime è (sempre stata) la legge suprema.

Adesso sembra che alla salvezza dell’anima si sia sostituita la salute del corpo come valore supremo, cosicché si può rinunciare a Dio e ai sacramenti che non sono beni essenziali, anzi – è stato detto – rischiano di essere addirittura pericolosi perché andare in chiesa, confessarsi o ricevere la comunione, poteva (può) mettere a rischio la salute. Una nuova prospettiva del tutto immanentista.

Si poteva salvaguardare la salute senza veicolare il messaggio per cui, nei momenti più drammatici, è bene fare a meno di Dio e pensare solo alla salute del corpo affidandosi alla scienza e al governo? Certo che si poteva. Come si poteva e si doveva fare un lockdown diverso, nei tempi e nei modi, un lockdown che non annientasse tutte le attività umane, da quelle economiche a quelli spirituali.

Una delle conseguenze, per la Chiesa, è oggi la scarsa affluenza alle messe  che sono riprese – diversamente dall’attività delle discoteche – con forti limitazioni di presenza. I fedeli si chiedono cosa fare di una Chiesa che parla come il ministero della sanità.
E nel mondo clericale fa scandalo Gesù Cristo che, pur essendo il più grande guaritore dei corpi, afferma che il bene supremo è la salvezza dell’anima e la vita eterna: “chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e del Vangelo, la salverà… che giova all’uomo conquistare il mondo intero se poi perde la sua anima?” (Mc 8, 35-36). E il Salmo 62 recita: “la Tua grazia vale più della vita”.

Sembra che nel mondo clericale non circoli molta speranza cristiana, ma ci si affidi semmai a Speranza, il ministro della sanità. Auguri.

Antonio Socci

Da “Libero”, 9 agosto 2020


*****
https://sadefenza.blogspot.com/2020/08/governo-e-mondo-clericale-cancellano.html

Sa Defenza non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali


Seguiteci sul Canale Telegram https://telegram.org/#/im?p=@sadefenza
Seguiteci sul Social VK https://vk.com/sadefenza

venerdì 7 agosto 2020

L’USO POLITICO DELLA PAURA. COSA STA VERAMENTE ACCADENDO (Bernard Henri Lévy, Giorgio Agamben e Jacques Attali)

L’USO POLITICO DELLA PAURA. COSA STA VERAMENTE ACCADENDO (Bernard Henri Lévy, Giorgio Agamben e Jacques Attali)
La pandemia è un’immensa sciagura, per tutti i popoli. Ma c’è stato (e c’è) un uso politico della paura da parte di certe élite di governo? E con quali scopi? Ha ragione chi ritiene che sia in corso un gigantesco e inquietante esperimento politico?
A parlarne sono alcuni pensatori “non allineati” che subito il sistema mediatico delegittima bollandoli come “complottisti”. Ma a notare che qualcosa di strano sta accadendo è anche – per esempio – il pensatore simbolo dell’europeismo mainstream, Bernard Henri Lévy, che ha appena pubblicato un libro: Il virus che rende folli.

Lévy nota, giustamente, che l’epidemia di Covid non è stata affatto una novità apocalittica nei nostri anni. Rammenta l’influenza di Hong Kong, “dopo il maggio ‘68”, che fece un milione di morti “per emorragia polmonare o soffocamento” o, dieci anni prima, l’influenza asiatica, arrivata sempre dalla Cina, che fece due milioni di morti.


Ma allora non si verificò il panico planetario di oggi. Lévy si dice “raggelato”, ma non dalla pandemia: dal “modo molto strano in cui abbiamo reagito questa volta”, dall’“epidemia di paura che ha attanagliato il mondo”.

Infatti “abbiamo visto le città di tutto il mondo diventare città fantasma. Abbiamo visto tutti, da un capo all’altro del pianeta… popoli interi tremare e farsi trascinare nelle proprie abitazioni, a volte a colpi di manganello, come animali selvatici nelle loro tane”.

Lévy si chiede se è la “vittoria dei saggi del mondo che vedono in questo grande confinement – (…) il ‘grande internamento’ teorizzato da Michel Foucault nei testi in cui descriveva i sistemi di potere del futuro – la prova generale di un nuovo tipo di fermo e di arresto domiciliare dei corpi”. Oppure se è “il contrario” ovvero “il segno, rassicurante, che il mondo è cambiato, che finalmente sacralizza la vita e che tra questa e l’economia, sceglie la vita”.

La seconda ipotesi mi sembra radicalmente confutata da molti fatti e dati che mostrano come la vita umana nel mondo abbia totalmente perso la sua sacralità.

Resterebbe la prima, ma purtroppo Lévy non la analizza. Certo, nota che è stata la prima volta che abbiamo visto tutte le menti critiche della galassia di ultrasinistra applaudire a uno stato di emergenza. Ma si ferma alla protesta contro la paura.

Cita però di sfuggita il filosofo italiano Giorgio Agamben che – essendo di sinistra – ha scatenato malumori e polemiche proprio a sinistra perché, riflettendo sulle “conseguenze etiche e politiche” della tempesta Covid ha colto “la trasformazione dei paradigmi politici che i provvedimenti di eccezione andavano disegnando”.
Nel suo libro A che punto siamo? valuta la vicenda Covid “in una prospettiva storica più ampia” e conclude che qualcosa di importante si stava (e si sta) sperimentando.

Scrive: Se i poteri che governano il mondo hanno deciso di cogliere il pretesto di una pandemia per trasformare da cima a fondo i paradigmi del loro governo degli uomini e delle cose, ciò significa che quei modelli erano ai loro occhi in progressivo, inesorabile declino e non erano ormai più adeguati alle nuove esigenze (…) i poteri dominanti hanno deciso di abbandonare senza rimpianti i paradigmi delle democrazie borghesi, coi loro diritti, i loro parlamenti e le loro costituzioni, per sostituirle con nuovi dispositivi di cui possiamo appena intravedere il disegno, probabilmente non ancora del tutto chiaro.

Davvero si può usare politicamente il pretesto di una pandemia o Agamben esagera? In effetti c’è chi, già qualche anno fa, ha invitato a usare proprio una eventuale pandemia per scopi politici (ovviamente, a suo avviso) lodevoli.

Nel 2009 – quando si paventava la diffusione dell’influenza suina – il famoso economista e tecnocrate francese Jacques Attali, da acuto analista, in un articolo su “L’Express, scrisse: “La Storia ci insegna che l’umanità non si evolve in modo significativo se non quando ha davvero paura: essa allora mette in campo anzitutto dei meccanismi di difesa; a volte intollerabili (i capri espiatori e i totalitarismi); a volte inutili (la distrazione); a volte efficaci (strategie terapeutiche, respingendo se necessario tutti i precedenti principi morali). Poi, una volta terminata la crisi, trasforma questi meccanismi per renderli compatibili con la libertà individuale e includerli in una politica sanitaria democratica. Questa iniziale pandemia” scriveva Attali “potrebbe innescare una di queste paure strutturali”.

In particolare Attali, prevedendo la necessità di governare “meccanismi di prevenzione e controllo” per “un’equa distribuzione di farmaci e vaccini”, scriveva: “Verremo quindi, molto più velocemente di quanto avrebbe prodotto la sola ragione economica, a gettare le basi di un vero governo mondiale” e “nel frattempo potremmo almeno sperare nella messa in opera di una vera politica europea in materia”. 

Attali nel 2006 aveva pubblicato Breve storia del futuro e già lì vagheggiava un “governo mondiale” che segnava la fine dell’egemonia americana e vedeva “l’Unione europea avanguardia dell’iperdemocrazia”. Ma quella sua utopia aveva i tratti di una cupa distopia.
Antonio Socci

da “Libero”, 3 agosto 2020

*****
https://sadefenza.blogspot.com/2020/08/luso-politico-della-paura-cosa-sta.html

Sa Defenza non effettua alcun controllo preventivo in relazione al contenuto, alla natura, alla veridicità e alla correttezza di materiali, dati e informazioni pubblicati, né delle opinioni che in essi vengono espresse. Nulla su questo sito è pensato e pubblicato per essere creduto acriticamente o essere accettato senza farsi domande e fare valutazioni personali



Seguiteci sul Canale Telegram https://telegram.org/#/im?p=@sadefenza
Seguiteci sul Social VK https://vk.com/sadefenza


► Potrebbe interessare anche: