Sa Defenza
Ora anche il povero san Francesco d’Assisi viene trascinato nelle lotte di potere interne al governo giallorosso. Il paradosso è che a “usare” il santo Patrono d’Italia ieri, ad Assisi, è stato quel Giuseppe Conte che è a capo della coalizione di governo più laicista e anticattolica della storia repubblicana: quella che ha fatto insorgere la Cei per la mancata riapertura delle chiese (scrissero che era minacciata la “libertà di culto”) e che ha fatto insorgere la Cei pure per la legge Zan in cui i vescovi vedono “derive liberticide”.
Il Capo del governo – secondo alcuni – sta preparando il terreno a un suo partito che vorrebbe dirsi addirittura d’ispirazione cattolica. Paradosso tipico di un’epoca e di un premier per cui le parole non hanno più nulla a che fare con la realtà.
Peccato che lo smemorato Conte ieri, ad Assisi, sia incorso in una gaffe clamorosa. Per l’operazione che ha in mente infatti ha coniato uno slogan che invece di rimandare a san Francesco evoca involontariamente Licio Gelli: “Piano di rinascita”.
Il sito della “Stampa” ha titolato: “ ‘Piano di rinascita’. Conte sdogana lo slogan P2”. Perfino sul sito del “Fatto quotidiano”, il giornale più contiano, Antonello Caporale ha commentato desolato: “Chiamatelo come volete, ma non Piano di Rinascita”.
Eppure non è neanche la prima volta. Già il 4 giugno scorso Conte – parlando della ripartenza del Paese dopo il Covid – parlò di “Piano di rinascita nazionale”.
Tanto l’on. Enrico Borghi, deputato Pd, protestò: “Eviterei definizioni tipo ‘Piano di rinascita democratica’ oppure ‘Programma di rinascita nazionale’. Almeno per la memoria di Tina Anselmi”.
Però Caporale ricorda che “anche dalla bocca di Nicola Zingaretti, il segretario del Pd, abbiamo udito questa superficialità lessicale, che è figlia di una colpevole e piuttosto insopportabile smemoratezza”.
Dunque ieri ad Assisi Conte c’è ricascato con il “Piano di Rinascita nazionale”. Però, secondo diversi osservatori e molte voci di palazzo, il premier starebbe caldeggiando un’altra rinascita: quella della Dc o di un partito della “sinistra Dc”.
A dire il vero ci sarebbe già la “sinistra dc” storica che fa parte del Pd (era la Margherita), ma di “cattolico” l’attuale Pd, a guida (post)comunista non ha proprio nulla. E’ piuttosto una sorta di “Partito radicale” di obbedienza tedesco-merkeliana con un’ideologia “politically correct” e la vecchia arroganza comunista.
Il possibile “nuovo” partitello cattoprogressista sarebbe il punto d’incontro di molti viandanti in cerca di alloggio politico. La prima carovana è quella di alcuni esponenti del mondo bergogliano, perlopiù generali senza esercito, in cerca di un qualche protagonismo politico.
Hanno la sponsorizzazione della Cei e infatti ieri “Avvenire”, il giornale dei vescovi, lanciava l’operazione su un’intera pagina con questo titolo: “Cristiani e autonomi, partito al via”. Sottotitolo: “Parte la nuova formazione politica. Zamagni: bipolarismo ha fallito, pensiero cattolico torni protagonista. Oggi, con il documento programmatico, saranno decisi nome e simbolo. Leadership collegiale: 21 membri”.
Ma la cosa più importante era il trafiletto che “Avvenire” affiancava all’articolo: “Tanti guardano al centro. Aspettando Conte”. Effettivamente Conte-Godot è considerato l’aggregatore ideale di questo presunto centro moderato. Ma, dice “Avvenire”, occorre una condizione: la definizione della legge elettorale “e in particolare delle soglie di sbarramento”.
Ad agitarsi attorno al fantasma della Balena Bianca infatti sono in tanti e tutti pesci piccolissimi: da Italia viva di Renzi (reduce da una pesante batosta alle regionali) a quel che è rimasto dell’Udc, da “Noi con l’Italia” di Maurizio Lupi al gruppetto di Bentivogli, da quello di Giro fino al Centro Democratico di Bruno Tabacci (e non dimentichiamo Mastella, Casini, Alfano…).
Potrebbe essere Conte il “federatore” di un partitello “cattoprogressista-ecologista” intenzionato a mettersi sull’onda del papato (al tramonto) di Bergoglio?
Finora il premier aveva sempre tranquillizzato Pd e M5S che, ovviamente, sarebbero i più danneggiati da un’operazione del genere. Ma ultimamente sembra che agitare il fantasma di questo partito gli serva per tenere a bada Zingaretti e il Pd i quali – sentendosi rafforzati dal voto delle regionali – pretenderebbero di dettar legge all’esecutivo.
Il governo in effetti è completamente impantanato, il Pd freme e vorrebbe dargli una scossa, vista la crisi galoppante del paese e il Recovery fund che si allontana, così il premier Conte risponde in due modi: da una parte lo “stato d’emergenza” che gli permette di alimentare la paura collettiva, rendendo molto difficile mettere sotto tiro il governo (magari coltiva pure la speranza di tornare a sermoneggiare in tv e far risalire la sua popolarità).
Dall’altra risponde con la velata minaccia di essere lui stesso a dimettersi e chiedere elezioni anticipate capeggiando un partito che sottrarrebbe voti a Pd e M5S.
E’ quanto fa credere lo scaltro Gianfranco Rotondi, ritenuto molto vicino a Conte, con questo messaggio: “Alle elezioni anticipate – come diceva Prodi – non ci si va. Ci si casca. Nel senso che a Palazzo Chigi saprebbero cosa fare se, al Senato, Renzi e un pezzo del Pd assecondassero un incidente parlamentare: Conte prima salirebbe al Colle per dimettersi, poi denuncerebbe davanti all’opinione pubblica l’agguato e il tradimento, e infine chiederebbe di tornare al voto”.
Magari è solo una minaccia, ma intanto il premier continua a tessere la sua tela, perfino verso certi settori del centrodestra. Infatti il prossimo week end a Saint Vincent concluderà una curiosa tre giorni sul tema: “Laudato si’: la politica cristiana dal bianco al verde”.
Per capire di cosa si tratta basta scorrere i nomi dei partecipanti: l’ex ministro verde Alfonso Pecoraro Scanio, Rocco Buttiglione, Renato Schifani e Michela Vittoria Brambilla. Sembra all’insegna del bergoglismo.
Dal primo dibattito (“L’enciclica Laudato si’ cinque anni dopo: la cura del creato nuova frontiera dell’impegno politico dei cattolici”) al successivo: “Cattolici ed ecologisti: è l’ora di un’alleanza per la terra?”. Le conclusioni dell’11 ottobre – celebrata la Messa – saranno tirate proprio da Conte dopo un discorso di Silvio Berlusconi (sarà interessante sentire cosa ne dicono Marco Travaglio e i grillini).
Che tutto questo possa sfociare in un partito che abbia un senso è difficile immaginarlo. Ma resta lo stupefacente spettacolo di un premier che – non avendo nessuna identità politica – è pronto a “giocherellare” con tutte per restare a Palazzo Chigi (o magari salire su colli più alti). Mentre l’Italia è sull’orlo del baratro.
Antonio Socci
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