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mercoledì 18 novembre 2020

DOPO MESI DI POLEMICHE IL PD RIBALTA LE SUE POSIZIONI SU MES E DEBITO



di Antonio Socci

Sa Defenza


DOPO MESI DI POLEMICHE IL PD RIBALTA LE SUE POSIZIONI SU MES E DEBITO, DANDO RAGIONE A LEGA E FdI. NE AVETE SENTITO PARLARE?


In queste ore il Pd ha disinvoltamente rovesciato la sua posizione sul Mes e sulla cancellazione del debito, facendo sue le posizioni che da sempre sono sostenute dall’odiata Lega in Parlamento, sui media e nelle piazze.

La prova? Stava sulla prima pagina di “Repubblica” di ieri: Sassoli: ‘L’Ue cancelli i debiti per il Covid e riformi il Mes’”. Ed Enrico Letta, sempre ieri, ha dato un’intervista alla “Stampa” il cui titolo dice tutto: Gli Stati non si fidano, il Mes va superato, trasferiamo i fondi alla Commissione.

Sassoli e Letta non sono due passanti. Sono due dei principali “pontieri” fra Pd e burocrazia Ue. Infatti subito la viceministro degli Esteri Marina Sereni ha dichiarato: “E’ venuto forse il momento di modificare il meccanismo che regola il Fondo Salva Stati. Non a caso oggi sia David Sassoli che Enrico Letta suggeriscono di trasferirlo dagli Stati alla Commissione”.

E’ una giravolta clamorosa. Eppure nessuno la rinfaccerà al Pd. Ai ribaltoni della Sinistra (senza spiegazioni e senza mea culpa) siamo abituati e anche stavolta la cosa passerà in cavalleria. Anzi, diranno – come già ieri “Repubblica” – che sono “tutti d’accordo con Sassoli”. Come se fosse un’”ideona” sua.

Così quello che fino a ieri veniva condannato come fosse un attentato alla salute degli italiani o alla stabilità finanziaria (perché era sostenuto dai “cattivi” Salvini, Meloni, Bagnai e Borghi), diventa d’improvviso virtuoso, lungimirante e lodevole, in quanto targato Pd.

Eppure l’ossessivo ritornello sul Mes è andato in onda per mesi. In ogni talk show tutti concordavano con il Dem (o l’opinionista) che ripeteva la solfa sui 37 miliardi del Mes che erano tanto preziosi e addirittura ci potevano salvare dall’emergenza Covid. Puntualmente Lega e Fratelli d’Italia finivano sotto accusa perché rei di opporsi alla provvidenziale manna (che il governo peraltro poteva benissimo prendere).

Le ragioni di Lega e FdI erano queste: anzitutto il Mes è un prestito e non un regalo; inoltre ha delle clausole molto pericolose per il nostro Paese; infine i soldi che servono si possono oggi reperire con titoli del debito pubblico agli stessi interessi del Mes (non a caso tutti i paesi europei stavano ben alla larga dal Mes).

Il Pd faceva orecchie da mercante e accusava gli oppositori come irresponsabili e antieuropeisti. Ora, d’improvviso, la svolta a U.

Il Dipartimento Economia della Lega ha buon gioco nel cantar vittoria: Quattro giorni fa il Centro Delors, un think tank di Berlino, aveva suonato la campana a morto per il MES. Oggi il Pd, si accoda smentendo se stesso con una acrobatica piroetta e confermando quindi la validità della linea che la Lega sostiene fin da marzo: smantellare il MES e monetizzare il debito Covid.

Ma i parlamentari leghisti sottolineano un’altra cosa importante: “L’azione del Governo è stata ritardata dall’insistenza del Pd nel difendere un’istituzione datata come il MES, rifiutata da tutti gli altri Stati membri. I ritardi, che hanno inciso sulla carne viva di autonomi, imprenditori, professionisti, vanno messi in conto al provincialismo dei cosiddetti europeisti. Un minimo sindacale di competenza macroeconomica e di frequentazione delle istituzioni europee chiarisce che non c’è altra strada per evitare di stroncare la ripresa con una crisi da sovra indebitamento. Il nemico della pacifica convivenza fra popoli europei è chi, come il Pd, difende posizioni insensate e di retroguardia, non chi le critica in modo documentato e costruttivo”.

Lo stesso ribaltone viene fatto dal Pd sulla monetizzazione del debito per Covid che – quando veniva prospettato dalla Lega – suscitava scandalo.

Che oggi prevalga in tutti il buon senso è cosa ottima. Ma sarebbe leale e serio riconoscere i meriti politici di chi si è dimostrato più competente ed è stato ingiustamente attaccato per mesi.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 16 novembre 2020


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venerdì 3 maggio 2019

L'ARMATORE ONORATO PERDE MILIONI, CON TIRRENIA E MOBY, RUBATI AL POPOLO SARDO

L'ARMATORE ONORATO PERDE MILIONI, CON TIRRENIA E MOBY,  RUBATI AL POPOLO SARDO 

MAURO PILI


Rigorosamente in inglese. Rigorosamente tecnico. Rigorosamente nascosto.

Dentro lo scrigno della Borsa di Lussemburgo, però, il messaggio è esplicito: Moby ha perso 62 milioni di euro nel 2018 e se il governo non proroga la convenzione alla Tirrenia per la Sardegna saranno lacrime e sangue.


Dentro il bilancio appena depositato al mercato finanziario che foraggia Onorato e compagni è scritto a chiare lettere: senza proroga saltiamo per aria, ma prima alziamo al massimo tutte le tariffe per merci e passeggeri, tagliamo tutte le corse invernali e non solo da e per la Sardegna, e vendiamo navi a manetta.

Scritto e certificato da società "universali" di bilancio!

Attendere quei dormienti del ministro dei trasporti o del presidente della regione significa attendere morte sicura, continueranno a coprire con ignavia e connivenza queste operazioni sulle spalle della Sardegna e dei Sardi.

E dunque bisogna aprire il bilancio appena depositato per capire cosa sta per succedere!

Per frugare nel vero piano dei trasporti marittimi da e per la Sardegna bisogna armarsi di chiavistelli informatici, entrare nelle casseforti lussemburghesi e aprire il grande ricatto di Tirrenia e company.

Tutto scritto, senza pudore. Ovviamente non divulgato, tenuto nascosto nei rivoli finanziari di una city bancaria che attende con trepidante e alquanto illusoria attesa la restituzione di 300 milioni di euro.

Un bond ciclopico, contratto nel 2012 da mister Mascalzone Latino per comprare dallo Stato il carrozzone della Tirrenia e trasformarlo in una macchina da soldi. E di debiti, giusto quelli per non pagare lo Stato e continuare ad incassare una valanga di soldi pubblici.

La spregiudicatezza di uno Stato dormiente e/o connivente sta coprendo una delle operazioni più spericolate mai messe in campo contro la Sardegna.

Il piano è segreto.

Nel senso che nessuno lo deve conoscere, a parte coloro che hanno messo soldi a gogò per finanziare l'acquisto della Tirrenia, un carrozzone con dentro una convenzione capace di fruttare 560 milioni di euro. Tirrenia acquistata per 380 milioni di euro di cui 180 milioni mai pagati, per guadagnarci 560 milioni!

Eppure smontando gli accessi alla Borsa di Lussemburgo ecco il risultato: siamo sull'orlo del tracollo.

Lo scenario è raccontato nello stretto inglese finanziario.

Il Business Plan di Moby, si legge nel testo ufficiale, è stato oggetto di una Indipendent Business Review, da parte di una primaria società di consulenza, e incorpora una serie di ipotesi significative, la cui mancata realizzazione avrebbe "un impatto significativo" sul conseguimento delle prestazioni attese e sulla continuità aziendale, i principali effetti sono quelli indicati di seguito:

• un aumento dei ricavi di vendita del segmento merci nel periodo coperto dal Piano industriale, generato dall'aumento tariffario introdotto a novembre 2018 e dai maggiori volumi di vendita dal 2020; 
• un costo del carburante basato sulle curve forward calcolato alla data di redazione del Business Plan e una copertura swap quantitativamente limitata per l'anno 2019, che espone il Gruppo alla volatilità dei prezzi per gli anni del piano;


- la vendita di sette navi, due delle quali già avvenute nei primi mesi del 2019, ai valori e nei tempi previsti dal piano, ovvero quattro navi entro il 31 dicembre 2019 e tre navi nel 2020, di cui una alla fine di gennaio 2020;
- l'estensione in prorogatio dell'accordo tra lo Stato italiano e CIN per realizzare il collegamento marittimo di interesse pubblico con isole maggiori e minori (es. Sardegna, Sicilia e Isole Tremiti) con scadenza luglio 2020. 
- nessun pagamento del prezzo differito a Tirrenia nell'Amministrazione  Straordinaria durante il periodo coperto dal Piano Industriale e le sanzioni a seguito dell'indagine condotta dalla Commissione Europea in merito agli aiuti di Stato.

Le suddette assunzioni - è scritto - avvantaggeranno la struttura finanziaria del Gruppo e genereranno impatti positivi sulla performance operativa lorda del Gruppo per tutto il periodo coperto dal Piano Industriale, garantendo anche il rispetto di covenants finanziari.

Gli amministratori hanno inoltre redatto un piano 2019 - 2021 (scenario alternativo), approvato dal Consiglio di Amministrazione della Capogruppo, che prende in considerazione la conclusione dell'accordo tra lo Stato italiano e CIN a dicembre 2020.

• Tale scenario, con l'eccezione dell'estensione in prorogatio dell'accordo, si basa sulle stesse ipotesi dello scenario di base e inoltre aggiunge: 
• la possibilità per la controllata di vendere ulteriori tre navi nel 2021, non più richieste dalle obbligazioni derivanti dall'accordo; 
• l'eliminazione o la riduzione al periodo estivo di alcune rotte non più obbligatorie dall'accordo dal 2021 con:
o un sostanziale movimento dei volumi di merci sulle rotte esistenti e un aumento tariffario;
o un allineamento delle tariffe passeggeri a livelli di prezzo più elevati e un movimento verso rotte esistenti con una tariffa più elevata;

Dunque il blitz è pronto, scritto senza mezze frasi: taglio delle corse, tariffe massime, vendita navi e sopratutto niente soldi allo Stato.

La giustificazione di cotanto ricatto è nel risultato netto dell'esercizio 2018 con una perdita pari a 62.683 migliaia di Euro.

Ma in realtà c'è ben altro.

A dicembre i commissari di Tirrenia di Navigazione SpA in Amministrazione Straordinaria hanno presentato opposizione alla fusione. La prima udienza è fissata per il 14 maggio 2019;

La decisione sfavorevole a Onorato significherebbe sborsare subito, uno sull'altro, 105 milioni.

Ipotesi che Onorato dichiara impossibile ma che è costretto a prendere in considerazione con scenari che mettono a repentaglio la stessa operatività della compagnia.

A questo si aggiunge che Onorato considera persa anche la causa europea. Ammettono nel bilancio che si tratta di aiuti di stato da restituire.

"A seguito della probabile sentenza negativa della Commissione europea - scrive Onorato - condivisa dai propri consulenti legali, come definiti nel paragrafo Rischi connessi al regime regolamentare, data l'incertezza dell'importo da esigere dal governo italiano, i tempi e le condizioni di pagamento concordati, gli amministratori hanno mantenuto il piano di rate previsto dal contratto relativo all'acquisizione della business unit.

Insomma sono certi di perdere ma non mettono da parte accantonamenti di alcun genere, tanto meno nel bilancio 2018.

E poi c'è la condanna dell'AGCOM, altri 29 milioni.
Il tribunale amministrativo regionale ha concesso il provvedimento provvisorio sospendendo l'esecuzione dell'ammenda dell'AGCM nella parte relativa al pagamento della sanzione pecuniaria, sottoponendola alla costituzione di un deposito, successivamente depositato dinanzi al tribunale.

L'udienza di merito è stata fissata per il 22 maggio 2019.
Per la causa hanno accantonato 4 milioni di euro. Si sono autoconcessi uno sconto di 25 milioni. Roba che solo in Italia può succedere. Fare un bilancio sui propri desideri di sentenza!

E come se non bastasse si prorogano anche la vita delle navi, per arrivare sino a 40 anni. E lo scrivono esplicitamente. Nel mondo si acquistano navi green e questi se le ringiovaniscono con un pezzo di carta.

E lo scrivono: sulla base di presunte valutazioni tecniche dettagliate delle seguenti navi: "Moby Aki", "Moby Wonder", "Moby Tommy", I traghetti "Florio", "Rubattino", "Janas", "Sharden", "Bithia", "Nuraghes" e "Athara", la loro vita utile è stata estesa di 10 anni; quindi, la vita utile dei traghetti è ora pari a 40 anni dal momento in cui sono diventati operativi.

Altri guadagni! Con navi che valevano come catorci che, anzichè diminuire di valore, lo incrementano in maniera esponenziale. E' bastato dargli qualche anno di vita in più.

Ora resta il rebus della rata della convenzione Tirrenia da pagare. Quella che il ministero dovrebbe pagare per il servizio di continuità territoriale.

Lo Stato entro aprile dovrebbe pagare una rata dei 72 milioni di euro a Onorato.

Peccato che se lo facesse il funzionario preposto e lo stesso ministro rischierebbero grosso e di tasca.

Come può il governo pagare una rata dei 72 milioni di euro a chi non ha pagato i 180 milioni di euro delle navi che continua a usare e vendere come fossero sue?

E' come se un cittadino non pagasse il dovuto allo Stato e dall'altra continuasse a ricevere contributi a piene mani. Roba da galera!

Dunque la resa dei conti è arrivata.
Il ministro dormiveglia e il suo compare presidente della regione farebbero bene a pensare allo scenario possibile con qualche ora d'anticipo.

Giusto per non dire che non lo sapevano.
Se salta tutto per aria farebbero bene a prevenire con la rescissione della convenzione e l'immediato decreto che istituisce il contributo a passeggero e a merce lineare trasportata per abbattere tariffe e consentire una reale continuità territoriale a quelle compagnie che offrono continuità e servizi reali.

Se i due compari penta-leghisti continueranno a dormire non potranno dire che non sono stati avvisati.

E quel sonno copioso diverrà complice, anche per la corte dei conti e non solo!

Buon vento!

Motonave Tirrenia in avaria da incendio




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