mercoledì 29 agosto 2012

MOVIMENTO (Imprenditoriale Indipendentista) "TERRA LIBERA”


MOVIMENTO 

“TERRA LIBERA” 

Il Popolo Sardo, prende atto della gestione fallimentare dello Stato Italiano, nei confronti della Sardegna. 

La Nazione Sarda, è stata considerata dallo Stato Italiano, da oltre 70 anni, “Terra idonea” per la collocazione di Siti Militari e Siti Industriali. In tutti questi decenni, non è stata presa a tutela dell’ambiente e della salute degli abitanti, alcuna precauzione.. 

Lo Stato Italiano, si è limitato a dare una contropartita in termini di numeri di posti di lavoro, senza salvaguardare l’ambiente e la salute dei suoi abitanti.


Ora si tirano le somme, e si capisce l’entità dei danni fatti. Si capisce anche che è impossibile poter procedere a bonificare le terre sarde compromesse. 

 Chi potrà mai rimettere a posto le cose? 

Pagheranno mai coloro che nei decenni sono stati gli artefici di questi massacri ambientali? 

 In America le are utilizzate per le Basi Militari, dopo 30 anni vengono recintate, e diventano Zona di divieto perenne. 


Queste aree, vengono considerate “AREE DÌ SACRIFICIO NAZIONALE”. 

Questo deve diventare la Sardegna? 

Il Popolo Sardo non ci sta!!

Che valore si può dare alla vita dei sardi che negli anni sono morti per via dei veleni importati da oltremare? 


Che valore si può dare per il danno causato alle terre occupate da basi militari e fabbriche altamente inquinanti? 


DANNO Incalcolabile!! 

SI PRENDE QUINDI ATTO DEL FALLIMENTO GESTIONALE DEL TERRITORIO SARDO DA PARTE DELLO STATO ITALIANO IL POPOLO SARDO UNICO E SOVRANO, A SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE E DELLA SALUTE DEI SARDI, DENUNCIA LA GRANDE PREOCCUPAZIONE PER LO STATO DÌ ALTO INQUINAMENTO PRESENTE NEL TERRITORIO DELLA NAZIONE SARDA. SI COMUNICA PERTANTO ALLO STATO ITALIANO, CHE IL POPOLO SARDO RIPRENDE POSSESSO DELLA PROPRIA NAZIONE, CONSIDERANDO IL DANNO SUBITO COME CREDITO NEI CONFRONTI DELLO STATO ITALIANO. 

Dal 01 gennaio 2013, i Sardi non saranno più in condizioni economiche tali, da poter versare imposta o tasse, nelle casse del Governo Italiano, poiché le ultime risorse saranno indispensabili per rilanciare l’imprenditoria Sarda. 

 Si fa presente inoltre, che restano ancora in quota alla Nazione Sarda, le somme non ancora versate dallo Stato Italiano alla Regione Sardegna, che ammontano a oltre 10 miliardi di euro (restituzione della percentuale di tasse pagate dai Sardi da rendere alla RAS). 

 Vista la crisi economica in atto, la Sardegna sceglie di puntare su un Piano di Sviluppo che coinvolga tutta la Piccola e Media Impresa Sarda. 
Turismo, Commercio e Artigianato saranno le attività principali su cui puntare per riuscire a dare ossigeno alle aziende Sarde. 

Si dovranno anche stabilire quanto prima i tempi di smantellamento, chiusura e bonifica, dei siti altamente inquinati (militari e industriali), lasciando l’utilizzo temporaneo dei Siti fino alla chiusura, ma con l’avvio dei lavori riguardanti le opere di bonifica ambientale.

Il Coordinatore Giuseppe Marini 

 E' incredibile che si sia arrivati a questi livelli. In realtà cosa sta accadendo? 


I SARDI, STANNO MANIFESTANDO, PERCHE' CHIEDONO CON FORZA CHE LE AZIENDE INQUINANTI (che da anni li ammazzano con il cancro), CONTINUINO AD OPERARE PER GARANTIRE GLI STIPENDI! CANCRO IN CAMBIO DI BUSTE PAGA!!!

martedì 28 agosto 2012

L’euro non è in difficoltà. Sono le persone ad esserlo!

L’euro non è in difficoltà. 
Sono le persone ad esserlo!
Vicenç Navarro 
social-europe.eu
Tradotto da  Curzio Bettio









Una delle frasi pronunciate più di frequente negli ambienti economici negli Stati Uniti (e, in misura minore, in Europa) è: “L’euro sta per crollare.” Coloro che ripetono più e più volte questa frase non sembrano conoscere come l’euro sia stato istituito, da chi, e a beneficio di chi. Se conoscessero meglio la storia dell’euro, si renderebbero conto che i poteri forti che sottendono l’euro si sono mossi molto bene e continuano a farlo. Fintanto che costoro continuano a trarre profitto dall’esistenza dell’euro, l’euro continuerà ad esistere.

Cominciamo con la storia dell’euro e con le ragioni principali per cui è stato introdotto.
Dopo il crollo del muro di Berlino, è apparso subito che la Germania Est e Ovest potevano riunirsi e che la classe dirigente della Germania Occidentale desiderava il sorgere di una Germania, ancora una volta, unita. Tale eventualità non piaceva all’Europa democratica. Per due volte nel 20° secolo, la maggior parte dei paesi europei aveva dovuto affrontare una guerra per fermare le mire espansionistiche di una Germania unita. I governi europei non erano proprio contenti di vedere riunita la Germania, dopo il nazismo.
Il presidente della Francia, François Mitterrand, così si pronunciava ironicamente: “Io amo la Germania così tanto che preferisco vederne due di Germanie, piuttosto che una!”
L’unica alternativa che questi governi vedevano era quella di assicurarsi che una Germania unita non sarebbe diventato un paese isolato di fronte a tutti gli altri. La Germania doveva integrarsi in Europa. Doveva diventare europeizzata.
Mitterrand pensava che un modo per ottenere l’integrazione era che la moneta tedesca, il marco, venisse sostituita da una nuova moneta europea, l’euro. Era questo il mezzo che veniva escogitato per ancorare la Germania post-nazista all’Europa democratica. La dirigenza tedesca, tuttavia, poneva condizioni. Una, era quella di istituire un’autorità finanziaria, la Banca centrale europea (BCE), che avrebbe dovuto gestire l’euro e avere come unico obiettivo quello di tenere bassa l’inflazione. La BCE avrebbe dovuto sottostare all’influenza pesante della (cioè, venire controllata dalla) Banca centrale tedesca, la Bundesbank. L’altra condizione era di formulare un Patto di Stabilità, che avrebbe imposto una disciplina finanziaria agli Stati membri della zona euro. I loro disavanzi pubblici dovevano rimanere inferiori al 3% del PIL, anche nei momenti di recessione.
Per questo, la BCE sta impartendo istruzioni ai governi della propria zona monetaria per smantellare l’Europa Sociale, e questi governi lo stanno facendo. Per capire perché gli altri paesi hanno accettato queste condizioni, si deve comprendere che l’ideologia dominante in questi paesi era il neoliberismo (che aveva visto il suo inizio con il presidente Ronald Reagan negli Stati Uniti e con il primo ministro Margaret Thatcher nel Regno Unito). Una posizione centrale all’interno di quel dogma neoliberista era di ridurre il ruolo degli Stati in campo economico e sociale, per quanto possibile, di incoraggiare il finanziamento privato, e di disincentivare la domanda interna come modo di stimolare l’economia. In questa prospettiva, il motore principale dell’economia doveva essere la crescita delle esportazioni.
Queste sono le radici del problema, problema non per l’euro, che è in buona salute, ma per la tutela sociale e il benessere delle popolazioni in quei paesi.

La Banca Centrale Europea non è una banca centrale
Tra le altre cose, una funzione di una banca centrale è quella di stampare denaro e, con quei soldi, comprare titoli pubblici dello Stato, assicurando che i tassi di interesse su tali obbligazioni siano ragionevoli e non diventino eccessivi. (La Federal Reserve degli Stati Uniti, per esempio, ha creato più di 2.300 miliardi dollari dal 2008 e li ha utilizzati per acquistare titoli di Stato del governo degli Stati Uniti e di titoli assistiti da garanzie ipotecarie.) La banca centrale protegge gli Stati contro le speculazioni del mercato finanziario. La BCE, tuttavia, non lo fa. I tassi di interesse sul debito pubblico statale in alcuni paesi sono saliti alle stelle, perché la BCE non ha acquistato nulla del loro debito (non ha acquistato titoli di Stato) per un bel po’ di tempo. Spagna e Italia sono pienamente consapevoli di questo. Ciò che la BCE fa, tuttavia, è quello di dare un sacco di soldi alle banche private a un tasso di interesse molto basso (inferiore all’1%), con il quale poi queste banche acquistano titoli pubblici a tassi di interesse molto elevato (dal 6% al 7% in Italia e Spagna ). Si tratta di una fantastica offerta e opportunità per queste banche!
Dallo scorso mese di dicembre, la BCE ha prestato più di 1 bilione di euro (1.000 miliardi di euro) a banche private, la metà di esso (500 miliardi di euro) alle banche spagnole e italiane. Questo trasferimento di fondi pubblici (la BCE è un ente pubblico!) al settore finanziario privato veniva giustificato indicando che questo aiuto per salvare le banche si era reso necessario per garantire che il credito continuasse a venire offerto alle piccole e medie imprese per le loro attività e alle famiglie in debito. Di credito, tuttavia, non si è vista l’ombra! Entrambi i soggetti, le famiglie e le imprese, continuano ad avere difficoltà ad ottenere credito.
Di tanto in tanto, la BCE acquista titoli pubblici dagli Stati in difficoltà, ma li acquista sui mercati secondari (*), in modo quasi clandestino, in piccole dosi e per periodi di tempo molto brevi.
I mercati finanziari sono a conoscenza di questa situazione. Questo è il motivo per cui l’elevato tasso di interesse dei titoli pubblici scende per un po’ quando la BCE li compra, per poi salire di nuovo, il che rende molto difficile per gli Stati sostenere questi tassi di interesse.
La BCE dovrebbe annunciare apertamente che non permetterà più che l’interesse dei titoli pubblici oltrepassi un certo livello, il che renderebbe impossibile per i mercati finanziari la speculazione su questi titoli. Ma la BCE non lo fa, lasciando gli Stati non protetti di fronte a tali mercati finanziari.
In questa situazione, gli accordi per cui la Spagna e l’Italia devono ridurre il loro debito pubblico per recuperare la fiducia e il credito dei mercati finanziari non sono credibili.
Mentre la Spagna stava mettendo in atto la riduzione del proprio deficit pubblico, il tasso di interesse dei titoli spagnoli era in crescita, dimostrando così come solo la BCE, e non i mercati finanziari, dovrebbe essere in grado di determinare il valore che andranno ad assumere i tassi di interesse.

Chi controlla il sistema finanziario europeo?
In teoria, la BCE avrebbe dovuto essere l’istituzione che doveva dare la direttiva all’euro.
Ma quella che controlla realmente l’euro e il sistema finanziario europeo, è la Bundesbank, la Banca centrale tedesca. Questo era stato il disegno, fin dall’inizio, come precedentemente abbiamo sottolineato. Ma esisteva un altro motivo per il controllo del sistema finanziario europeo da parte della Bundesbank e delle banche tedesche. Tale influenza (la questione del controllo) era il risultato di una serie di decisioni prese dal governo tedesco, in particolare dal governo social-democratico di Schröder (Programma 2010), e portate avanti dal governo conservatore della Merkel, che enfatizzava il settore delle esportazioni come motore primo dell’economia.
Oskar Lafontaine, ministro delle Finanze di Schröder, desiderava impostare la domanda interna come motore principale della ripresa economica tedesca. Proponeva aumento dei salari e della spesa pubblica.
Egli perdeva la partita e abbandonava il partito socialdemocratico, formando un nuovo partito, Die Linke / La sinistra, e Schröder risultava vincitore. (ora sta lavorando per una compagnia finalizzata alle esportazioni. Alcuni mesi dopo la fine del suo mandato politico, accetta la nomina di Gazprom a capo del consorzio Nord Stream AG, che si occupa della costruzione di un gasdotto che collegherà la costa russa nella regione di Vyborg alla costa tedesca nella regione di Greifswald, passando per il Mar Baltico.)  
In conseguenza di questa enfasi sulle esportazioni (la maggior parte orientata verso la zona euro), le banche tedesche accumulavano una quantità enorme di euro. Piuttosto che usare questi euro per aumentare i salari dei lavoratori tedeschi (aumenti che avrebbero stimolato non solo l’economia tedesca, ma l’economia europea nel suo complesso), le banche tedesche esportavano questi euro, investendoli nella periferia della zona euro.
Questi investimenti sono stati la causa della bolla immobiliare in Spagna. Senza il denaro tedesco, le banche spagnole non avrebbero potuto finanziare questa bolla, costruita su una speculazione enorme.

Quando è apparsa la crisi in Spagna?
Quando le banche tedesche hanno bloccato i prestiti alla Spagna in preda ad una loro reazione dettata dal panico (quando hanno appreso a loro spese che esse stesse erano state contaminate da prodotti tossici delle banche statunitensi), la bolla immobiliare esplodeva, creando un buco nell’economia spagnola pari al 10% del suo prodotto interno lordo, il tutto nel giro di pochi mesi. Si stava scatenando uno tsunami economico, un disastro autentico. Immediatamente, il bilancio pubblico nazionale passava da un avanzo di bilancio ad un enorme deficit, come risultato della drastica diminuzione delle entrate valutarie da altri paesi, non della crescita della spesa pubblica (la Spagna aveva la spesa pubblica pro capite più bassa fra i 15 paesi dell’Unione europea), ma piuttosto per il calo drammatico delle entrate a causa del collasso economico.
La sottolineatura da parte della “Troika” (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) che la Spagna necessita di tagliare la sua spesa pubblica ancor più è profondamente sbagliata, perché il debito pubblico non è stato causato da una crescita di questa spesa (come suggerito dalle osservazioni frivole della cancelliera Merkel sulle “stravaganze del settore pubblico spagnolo”). In buona sostanza, questi tagli hanno procurato una nuova recessione.

Qual è lo scopo del contributo finanziario?
La retorica ufficiale insiste sul fatto che le autorità finanziarie della zona euro hanno messo a disposizione della Spagna 100.000 milioni di euro per aiutare le sue banche. La realtà, tuttavia, è molto diversa. Le banche spagnole e lo Stato spagnolo sono profondamente in debito. Devono un sacco di soldi alle banche straniere, comprese le banche tedesche, che hanno prestato quasi 200.000 milioni di euro alla Spagna. Queste banche stanno facendo la voce grossa per avere i soldi indietro. Questo è il motivo per cui i 100.000 milioni di euro sono stati approvati dal Parlamento tedesco.
Peter Bofinger, consigliere economico del governo tedesco, lo ha esposto chiaramente: “Questa assistenza non è destinata ai paesi in difficoltà (come la Spagna), ma piuttosto alle nostre banche che possiedono tanto del debito privato in quei paesi.” (Pratap Chatterjee , “Salvataggio della Germania: la storia dietro gli oneri finanziari europei” [28/05/2012]).
Non avrebbe potuto esprimersi meglio!
Se le autorità europee desideravano tanto aiutare la Spagna, allora avrebbero dovuto prestare il denaro ad un tasso di interesse decisamente basso alle agenzie spagnole di credito pubblico (come l’ICO, l’Istituto Ufficiale per il Credito), risolvendo così il problema enorme della mancanza di credito in Spagna.
Ovviamente, questa alternativa non è stata nemmeno mai presa in considerazione.

Dove sta il presunto problema con l’euro?
Il fatto che la Spagna abbia un enorme problema di mancanza di liquidità, non significa che l’euro sia in difficoltà. Molti governi regionali non possono pagare i loro dipendenti pubblici a causa della mancanza di denaro. È un dato di fatto, di queste enormi differenze nella disponibilità di credito all’interno della zona euro stanno beneficiando le banche tedesche. Oggi, vi è un flusso di capitali dalla Spagna alla Germania, arricchendo le banche tedesche e rendendo i titoli pubblici tedeschi assolutamente sicuri. Il fatto che ci sia una crisi enorme, con tassi enormi di disoccupazione nei paesi periferici, non significa, tuttavia, che l’euro sia in crisi.
L’euro entrerebbe in crisi solo se questi paesi periferici, tra cui la Spagna, dovessero abbandonare l’euro. Ciò significherebbe il crollo delle banche tedesche e del sistema finanziario europeo. Ma questo non accadrà.
Le misure adottate in Spagna e negli altri paesi periferici, con il sostegno della Troika, dal governo spagnolo e dagli altri governi sono le misure che le forze conservatrici rappresentate da questi governi hanno sempre sognato: taglio degli stipendi, eliminazione della protezione sociale, smantellamento dello stato di sicurezza e previdenza sociale, e così via. I governi sostengono che lo stanno facendo in seguito alle istruzioni impartite ed imposte da Bruxelles, Francoforte o Berlino. Stanno spostando le responsabilità su agenti stranieri, che presumibilmente stanno costringendoli ad eseguire. È l’esternalizzazione della colpa. Il loro slogan principale è: “Non ci sono alternative!”
Quando il signor Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, convoca il signor Mariano Rajoy, presidente spagnolo del governo più conservatore nell’Unione europea, vicino al Tea Party degli Stati Uniti, gli dice che, per aiutarlo, dovrà fare le riforme del mercato del lavoro (ad esempio, rendere più facile per i datori di lavoro licenziare i lavoratori).
A questo proposito il discorso di Draghi non dà adito ad equivoci. In una recente conferenza stampa (9 agosto 2012), il signor Draghi è stato abbastanza chiaro. La BCE non acquisterà titoli pubblici spagnoli, a meno che il governo spagnolo non imponga difficili, impopolari misure, come la riforma del mercato del lavoro, la riduzione delle prestazioni pensionistiche, e la privatizzazione dello stato sociale. Il governo Rajoy sarà lieto di eseguire le seguenti istruzioni. Infatti, ha già fatto molti tagli e progetti per 120.000 milioni di euro in più nei tagli entro i prossimi due anni.
L’euro e il suo sistema di “governance” stanno lavorando meravigliosamente in favore di coloro che hanno la voce più forte all’interno dell’attuale zona euro.
La BCE sta impartendo istruzioni ai governi della propria zona monetaria per smantellare l’Europa sociale, e i governi stanno eseguendo.
Questo è ciò che il mio buon amico Jeff Faux, uno dei fondatori dell’Istituto di Politiche Economiche di Washington, DC, usa definire “le alleanze di classe internazionali”, vale a dire l’alleanza tra le classi dominanti di tutto il mondo. Attualmente, tale alleanza è chiaramente in azione nella odierna zona euro. È per questo che l’euro starà in circolazione ancora per un lungo, lungo tempo.


sabato 25 agosto 2012

L'attacco alla repubblica del Ecuador. Ecco il perchè di Londra...contro Assange..

L'attacco alla repubblica del Ecuador. Ecco il perchè di Londra.


BANDIERA DELL'ECUADOR

di Sergio Di Cori Modigliani 
sergiodicorimodiglianji

.... e conoscerete le verità, e la verità vi renderà liberi! .... (Jesus)

ESSERE RIVOLUZIONARI OGGI E' DIRE LA VERITA'



Oggi parliamo di geo-politica e di libera informazione in rete.
Tutto ciò che sta accadendo oggi, tecnicamente (nel senso di “politicamente”) è iniziato il 12 dicembre del 2008. Secondo altri, invece, sarebbe iniziato nel settembre di quell’anno. Ma ci volevano almeno quattro anni prima che l’onda d’urto arrivasse in Europa e in Usa.
Forse è meglio cominciare dall’inizio per spiegare gli accadimenti.
Anzi, è meglio cominciare dalla fine.
Con qualche specifica domanda, che –è molto probabile- pochi in Europa si sono posti.
Mi riferisco qui alla questione di Jules Assange, wikileaks, e la Repubblica di Ecuador.

Perché il caso esplode, oggi?
Perché, Jules Assange, ha scelto un minuscolo, nonché pacifico, staterello del Sudamerica che conta poco o nulla?
Come mai la corona dell’impero britannico perde la testa e si fa prendere a schiaffi davanti al mondo intero da un certo signor Patino, ministro degli esteri ecuadoregno, per gli euro-atlantici un vero e proprio Signor Nessuno, il quale ha dato una risposta alla super elite planetaria (cioè il Foreign Office di Sua Maestà) tale per cui, cinque anni fa avrebbe prodotto soltanto omeriche risate di pena e disprezzo, mentre oggi li costringe ad abbozzare, ritrattare, scusarsi davanti al mondo intero?
ECUADOR

Perché l’Ecuador? Perché, adesso?

Tutto era più che prevedibile, nonché scontato.
Intendiamoci: era scontato in tutto il continente americano, in Australia, Nuova Zelanda, Danimarca, paesi scandinavi. In Europa e a Washington pensavano che il mondo fosse lo stesso di dieci anni fa. 
Perché l’Europa –e soprattutto l’Italia- è al 100% eurocentrica, vive sotto un costante bombardamento mediatico semi-dittatoriale, non ha la minima idea di ciò che accade nel resto del mondo, ma (quel che più conta) pensa ancora come nel 1812, ovvero: “se crolla l’Europa crolla il mondo intero; se crolla l’euro e l’Europa si disintegra scompare la civiltà nel mondo” e ragiona ancora in termini coloniali. Ma il mondo non funziona più così. In Italia, ad esempio, nessuno è informato sulla zuffa (che sta già diventando rissa) tra il Brasile e l’Onu, malamente gestita da Christine Lagarde, la persona che presiede il Fondo Monetario Internazionale, e che ruota intorno all’applicazione base di un concetto formale, banale, quasi sciocco, ma che potrebbe avere ripercussioni psico-simboliche immense: l’Italia è stata ufficialmente retrocessa. Non è più l’ottava potenza al mondo, bensì la nona. E’ stata superata dal Brasile. Quindi al prossimo G8 l’Italia non verrà invitata, ma ci andrà il Brasile. Da cui la scelta di abolire il G8 trasformandolo in G10 standard. Si stanno scannando.

La prima notizia Vera (per chi vuole ricavare informazioni reali dal mondo reale) è questa: “L’Europa, con l’Inghilterra e Germania in testa, non possono (non vogliono) accettare il trionfo keynesiano del Sudamerica e la loro irruzione nel teatro della Storia come soggetti politici autonomi. Per loro vale il principio per cui “che se ne stiano a casa loro, non rompano, e ringrazino il cielo che li facciamo anche sopravvivere, come facciamo con gli africani. Altrimenti, da quelle parti, uno per uno faranno la fine di Gheddafi”. 

Il messaggio in sintesi è questo.
Dal Sudamerica negli ultimi quaranta giorni sono arrivati tre potentissimi messaggi in risposta: niente è stato pubblicizzato in Europa. Tanto meno l’ultimo (il più importante) in data 3 agosto, se non altro per il fatto che era in diretta televisiva dalla sede di New York del Fondo Monetario Internazionale. Nessuno lo ha trasmesso in Europa, ad esclusione del Regno di Danimarca. E così, preso atto che esiste una compattezza mediatica planetaria di censura, e avendo preso atto che se non se ne parla la televisione, non c’è in rete e non si trovano notizie su wikipedia, allora vuol dire che non esiste, il Sudamerica ha scelto il palcoscenico mediatico globale più intelligente in assoluto: il cuore della finanza oligarchica planetaria, la city di Londra.
E adesso veniamo ai fatti.

Jules Assange, il 15 giugno del 2012 capisce che per lui è finita. Si trova a Londra. Gli agenti inglesi l’arresteranno la settimana dopo, lo porteranno a Stoccolma, dove all’aereoporto non verrà prelevato dalle forze di polizia di Sua Maestà la regina di Svezia, bensì da due ufficiali della Cia, e un diplomatico statunitense, i quali avvalendosi di specifici accordi formali sanciti tra le due nazioni farà prevalere il “diritto di opzione militare in caso di conflitto bellico dichiarato” sostenendo che Jules Assange è “intervenuto attivamente” all’interno del conflitto Nato-Iraq mentre la guerra era in corso. Lo porteranno direttamente in Usa, nello Stato del Texas, dove verrà sottoposto a processo penale per attività terroristiche, chiedendo per lui l’applicazione della pena di morte sulla base dell’applicazione del Patriot Act Law. 

Si consulta con il suo gruppo, fanno la scelta giusta dopo tre giorni di vorticosi scambi di informazioni in tutto il pianeta. “vai all’ambasciata dell’Ecuador a piedi, con la metropolitana, stai lì”. Alle 9 del mattino del 19 giugno entra nell’ambasciata dell’Ecuador. Nessuna notizia, non lo sa nessuno. Il suo gruppo apre una trattativa con gli agenti inglesi a Londra, con gli svedesi a Stoccolma e con i diplomatici americani a Rio de Janeiro. Raggiungono un accordo: “evitiamo rischio di attentati e facciamo passare le olimpiadi, il 13 agosto se ne può andare in Sudamerica, facciamo tutto in silenzio, basta che non se ne parli”. I suoi accettano, ma allo stesso tempo non si fidano (giustamente) degli anglo-americani. Si danno da fare e mettono a segno due favolosi colpi. Il primo avviene il 3 agosto, il secondo il 4.

Il 3 agosto 2012, con un anticipo rispetto alla scadenza di 16 mesi, la presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla sede di Manhattan del Fondo Monetario Internazionale accompagnata dal suo ministro dell’economia e dal ministro degli esteri ecuadoregno, Patino, in rappresentanza di “Alba” (acronimo che sta per Alianza Laburista Bolivariana America”) l’unione economica tra Ecuador, Colombia e Venezuela. In tale occasione, la Kirchner si fa fotografare e riprendere dalle televisioni con un gigantesco cartellone che mostra un assegno di 12 miliardi di euro intestato al Fondo Monetario Internazionale con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche ore prima. “Con questa tranche, la Repubblica Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri soldi. 

Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo semplicemente la dichiarazione ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi a tutti, compresi gli interessi. Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto contro le decisioni del Fondo Monetario Internazionale che voleva imporci misure restrittive di rigore economico sostenendo che fosse l’unica strada. 

Noi abbiamo seguito una strada diversa, opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione, investendo invece di tagliare. 
Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo ripresi. Non solo. Siamo oggi in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo. Le idee del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale in materia economica sono idee errate, sbagliate. Lo erano allora lo sono ancor di più oggi: Chi vuole operare, imprendere, creare lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale……” ecc. 

Subito dopo (cioè 15 minuti dopo) la Kirchner ha presentato una denuncia formale contro la Gran Bretagna e gli Usa al WTO (World Trade Organization) la più importante associazione planetaria di scambi commerciali coinvolgendo il Fondo Monetario Internazionale grazie ai files messi a disposizione da Wikileaks, cioè Assange. L’Argentina ha saldato i debiti, ma adesso vuole i danni. Con gli interessi composti. “Volevano questo, bene, l’hanno ottenuto. Adesso che paghino”. E’ una lotta tra la Kirchner e la Lagarde. Le due Cristine duellano da un anno impietosamente. Grazie (o per colpa) di Assange, dato che il suo gruppo ha tutte le trascrizioni di diverse conversazioni in diverse cancellerie del globo, che coinvolgono gli Usa, la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia, la Germania, il Vaticano, dove l’economia la fa da padrone: Osama Bin Laden è stato mandato in soffitta e sostituito da John Maynard Keynes, lui è diventato il nemico pubblico numero uno delle grandi potenze; in queste lunghe conversazioni si parla di come mettere in ginocchio le economie sudamericane, come portar via le loro risorse energetiche, come impedir loro di riprendersi e crescere, come fare per impedire ai loro governi di far passare i piani economici keynesiani applicando invece i dettami del Fondo Monetario Internazionale il cui unico scopo consiste nel praticare una politica neo-colonialista a vantaggio soprattutto di Spagna, Italia e Germania, con capitali inglesi. 

Gran parte dei file già resi pubblici su internet. Gran parte dei file, gentilmente offerti da Assange all’ambasciatore in Gran Bretagna dell’Ecuador, il quale -siamo sempre il 3 agosto a New York- ricorda chi rappresenta e che cosa ha fatto l’Ecuador, ovvero la prima nazione del continente americano, e unica nazione nel mondo occidentale dal 1948, ad aver applicato il concetto di “debito immorale” ovvero “il rifiuto politico e tecnico di saldare alla comunità internazionale i debiti consolidati dello Stato perché ottenuti dai precedenti governi attraverso la corruzione, la violazione dello Stato di Dirirtto, la violazione di norme costituzionali”. Il 12 dicembre del 2008, infatti, il neo presidente del governo dell’Ecuador Rafael Correa (pil intorno ai 50 miliardi di euro, pari a 30 volte di meno dell’Italia) dichiara ufficialmente in diretta televisiva in tutto il continente americano (l’Europa non ha mai trasmesso neppure un fotogramma e difficilmente si trova nella rete europea materiale visivo) di “aver deciso di cancellare il debito nazionale considerandolo immondo, perché immorale; hanno alterato la costituzione per opprimere il popolo raccontando il falso. Hanno fatto credere che ciò chè è Legge, cioè legittimo, è giusto. Non è così: da oggi in terra d’Ecuador vale il nuovo principio costituzionale per cui ciò che è giusto per la collettività allora diventa legittimo”. Cifra del debito: 11 miliardi di euro. Il Fondo Monetario Internazionale fa cancellare l’Ecuador dal nòvero delle nazioni civili: non avrà mai più aiuti di nessun genere da nessuno “Il paese va isolato” dichiara Dominique Strauss Kahn, allora segretario del Fondo Monetario.. 

Il paese è in ginocchio. 

Il giorno dopo, Hugo Chavez annuncia ufficialmente che darà il proprio contributo dando petrolio e gas gratis all’Ecuador per dieci anni. Quattro ore più tardi, il presidente Lula annuncia in televisione che darà gratis 100 tonnellate al giorno di grano, riso, soya e frutta per nutrire la popolazione, finchè la nazione non si sarà ripresa. La sera, l’Argentina annuncia che darà il 3% della propria produzione di carne bovina di prima scelta gratis all’Ecuador per garantire la quantità di proteine per la popolazione. Il mattino dopo, in Bolivia, Evo Morales annuncia di aver legalizzato la cocaina considerandola produzione nazionale e bene collettivo. Tassa i produttori di foglie di coca e offre all’Ecuador un prestito di 5 miliardi di euro a tasso zero restituibile in dieci anni in 120 rate. Due giorni dopo, l’Ecuador denuncia la United Fruit Company e la Del Monte & Associates per “schiavismo e crimini contro l’umanità”, nazionalizza l’industria agricola delle banane (l’Ecuador è il primo produttore al mondi di banane) e lancia un piano nazionale di investimento di agricoltura biologica ecologica pura. Dieci giorni dopo, i verdi bavaresi, i verdi dello Schleswig Holstein, in Italia la Conad, e in Danimarca la Haagen Daaz, si dichiarano disponibili a firmare subito dei contratti decennali di acquisto della produzione di banane attraverso regolari tratte finanziarie pagate in euro che possono essere scontate subito alla borsa delle merci di Chicago. 

Il 20 dicembre del 2008, facendosi carico della protesta della United Fruit Company, il presidente George Bush (già deposto ma in carica formale fino al 17 gennaio 2009) dichiara “nulla e criminale la decisione dell’Ecuador” annunciando la richiesta di espulsione del paese dall’Onu: “siamo pronti anche a una opzione militare per salvaguardare gli interessi statunitensi”. Il mattino dopo, il potente studio legale di New York Goldberg & Goldberg presenta una memoria difensiva sostenendo che c’è un precedente legale. Sei ore dopo, gli Usa si arrendono e impongono alla comunità internazionale l’accettazione e la legittimità del concetto di “debito immorale”. La United Fruit company viene provata come “multinazionale che pratica sistematicamente la corruzione politica” e condannata a pagare danni per 6 miliardi di euro. Da notare che il “precedente legale” (tuttora ignoto a gran parte degli europei) è datato 4 gennaio 2003 a firma George Bush. Eh già. E’ accaduto in Iraq, che in quel momento risultava “tecnicamente” possedimento americano in quanto occupato dai marines con governo provvisorio non ancora riconosciuto dall’Onu. Saddam Hussein aveva lasciato debiti per 250 miliardi di euro (di cui 40 miliardi di euro nei confronti dell’Italia grazie alle manovre di Taraq Aziz, vice di Hussein e uomo dell’opus dei fedele al vaticano) che gli Usa cancellano applicando il concetto di “debito immorale” e quindi aprendo la strada a un precedente storico recente. Gli avvocati newyorchesi dell’Ecuador offrono al governo americano una scelta: o accettano e stanno zitti oppure se si annulla la decisione dell’Ecuador allora si annulla anche quella dell’Iraq e quindi il tesoro Usa deve pagare subito i 250 miliardi di euro a tutti compresi gli interessi composti per quattro anni. Obama, non ancora insediato ma già eletto, impone a Bush di gettare la spugna. La solida parcella degli avvocati newyorchesi viene pagata dal governo brasiliano.

Nasce allora il Sudamerica moderno.
E cresce e si diffonde il mito di Rafael Correa, presidente eletto dell’Ecuador. Non un contadino indio come Morales, un sindacalista come Lula, un operaio degli altiforni come Chavez. Tutt’altra pasta. Proveniente da una famiglia dell’alta borghesia caraibica, è un intellettuale cattolico. Laureato in economia e pianificazione economica a Harvard, cattolico credente e molto osservante, si auto-definisce “cristiano-socialista come Gesù Cristo, sempre schierato dalla parte di chi ha bisogno e soffre”. Il suo primo atto ufficiale consiste nel congelare tutti i conti correnti dello Ior nella banche cattoliche di Quito e tale cifra viene dirottata in un programma di welfare sociale per i ceti più disagiati. Fa arrestare l’intera classe politica del precedente governo che viene sottoposta a regolare processo. Finiscono tutti in carcere, media di dieci anni a testa con il massimo rigore. Beni confiscati, proprietà nazionalizzate e ridistribuite in cooperative agricole ecologiche. Invia una lettera a papa Ratzinger dove si dichiara “sempre umile servo di Sua Illuminata Santità” dove chiede ufficialmente che il vaticano invii in Ecuador soltanto “religiosi dotati di profonda spiritualità e desiderosi di confortare i bisognosi evitando gli affaristi che finirebbero sotto il rigore della Legge degli uomini”.

Tutto ciò lo si può raccontare oggi, grazie alla bella pensata del Foreign Office, andati nel pallone. In tutto il pianeta Terra, oggi, si parla di Rafael Correa, dell’Ecuador, del debito immorale, del nuovo Sudamerica che ha detto no al colonialismo e alla servitù alle multinazionali europee e statunitensi.
In Italia lo faccio io sperando di essere soltanto uno dei tanti.
Questo, per spiegare “perché l’Ecuador”.

E’ un chiaro segnale che il gruppo di Assange sta dando a chi vuol capire e comprendere che TINA è un Falso. Non è vero che non esiste alternativa. Per 400 anni, da quando gli europei scoprirono le banane ricche di potassio, gli ecuadoregni hanno vissuto nella povertà, nello sfruttamento, nell’indigenza, mentre per centinaia di anni un gruppo di efferati oligarchi si arricchiva alle loro spalle. Non è più così. E non lo sarà mai più. A meno che non finiscano per vincere Mitt Romney, Mario Draghi, Mario Monti, David Cameron e l’oligarchia finanziaria. L’esempio dell’Ecuador è vivo, può essere replicato in ogni nazione africana o asiatica del mondo.

Anche in Europa.
Per questo Jules Assange ha scelto l’Ecuador.
Ma non basta.
Il colpo decisivo al sistema viene dato da una notizia esplosiva resa pubblica (non a caso) il 4 agosto del 2012. “Jules Assange ha firmato il contratto di delega con il magistrato spagnolo Garzòn che ne rappresenta i diritti legali a tutti gli effetti e in ogni nazione del globo”.
Ma chi è Garzòn?
E’ il nemico pubblico numero uno della criminalità organizzata.
E’ il nemico pubblico numero uno dell’opus dei.
E’ il più feroce nemico di Silvio Berlusconi.
E’ in assoluto il nemico più pericoloso per il sistema bancario mondiale.
Magistrato spagnolo con 35 anni di attività ed esperienza alle spalle, responsabile della procura reale di Madrid, ha avuto tra le mani i più importanti processi spagnoli degli ultimi 25 anni. Esperto in “media & finanza” e soprattutto grande esperto in incroci azionari e finanziari, salì alla ribalta internazionale nel 1993 perché presentò all’interpol una denuncia contro Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri (chiedendone l’arresto) relativa a Telecinco, Pentafilm, Fininvest, reteitalia e Le cinq da cui veniva fuori che la Pentafilm (Berlusconi e Cecchi Gori soci, cioè Pd e PDL insieme) acquistava a 100 $ i diritti di un film alla Columbia Pictures che rivendeva a 500$ alla telecinco che li rivendeva a 1000$ a rete Italia che poi in ultima istanza vendeva a 2000$ alla Rai, in ben 142 casi tre volte: li ha venduti sia a Rai1 che a Ra2 che a Rai3. Lo stesso film. Cioè la Rai (ovvero noi) ha pagato i diritti di un film 20 volte il valore di mercato e l’ha acquistato tre volte, così tutti i partiti erano presenti alla pari. Quando si arrivò al nocciolo definitivo della faccenda, Berlusconi era presidente del consiglio, quindi Garzòn venne fermato dall’Unione Europea. Ottenne una mezza vittoria. Chiuse la telecinco e finirono in galera i manager spagnoli. 
Ma Berlusconi rientrò dalla finestra nel 2003 come Mediaset. Si riaprì la battaglia, Garzòn stava sempre lì. Nel 2006 pensava di avercela fatta ma il governo italiano di allora (Prodi & company.) aiutò Berlusconi a uscirne. Nel 2004 aprì un incartamento contro papa Woytila e contro il managament dello Ior in Spagna e in Argentina, in relazione al finanziamento e sostegno da parte del vaticano delle giunte militari di Pinochet e Videla in Sudamerica. Nel 2010 Garzòn si dimise andando in pensione ma aprì uno studio di diritto internazionale dedicato esclusivamente a “media & finanza” con sede all’Aja in Olanda. E’ il magistrato che è andato a mettere il naso negli affari più scottanti, in campo mediatico, dell’Europa, degli ultimi venti anni. In quanto legale ufficiale di Assange, il giudice Garzòn ha l’accesso ai 145.000 file ancora in possesso di Jules Assange che non sono stati resi pubblici. Ha già fatto sapere che il suo studio è pronto a denunciare diversi capi di stato occidentali al tribunale dei diritti civili con sede all’Aja. L’accusa sarà “crimini contro l’umanità, crimini contro la dignità della persona”.

La battaglia è dunque aperta.
E sarà decisiva soprattutto per il futuro della libertà in rete.
In Usa non fanno mistero del fatto che lo vogliono morto. Anche gli inglesi.
Ma hanno non pochi guai perché, nel frattempo, nonostante sia abbastanza paranoico (e ne ha ben donde) Assange ha provveduto a tirar su un gruppo planetario che si occupa di contro-informazione (vera non quella italiana). I suoi esponenti sono anonimi. Nessuno sa chi siano. Non hanno un sito identificato. Semplicemente immettono in rete dati, notizie, informazioni, eventi. Poi, chi vuole sapere sa dove cercare e chi vuole capire capisce.
Quando la temperatura si alza, va da sé, il tutto viene in superficie.
E allora si balla tutti.

In Sudamerica, oggi, la chiamano “British dance”.
Speriamo soltanto che non abbia seguiti dolorosi o sanguinosi.
Per questo Assange sta dentro l’ambasciata dell’Ecuador.
Per questo Garzòn lo difende.
Per questo, questa storia relativa al Sudamerica, va raccontata.
Per questo l’Impero Britannico ha perso la testa e lo vuole far fuori.
Perché Assange ha accesso a materiale di fonte diretta.
E il solo fatto di dirlo, e divulgarlo, scopre le carte a chi governa, e ricorda alla gente che siamo dentro una Guerra Invisibile Mediatica.
Non sanno come fare a fermare la diffusione di informazioni su ciò che accade nel mondo.
Finora gli è andata bene, rimbecillendo e addormentando l’umanità.
Ma nel caso ci si risvegliasse, per il potere sarebbero dolori davvero imbarazzanti.

Wikileaks non va letto come gossip.
Non lo è.
C’è gente che per immettere una informazione da un anonimo internet point a Canberra, Bogotà o Saint Tropez, rischia anche la pelle.
Questi anonimi meritano il nostro rispetto.
E ci ricordano anche che non potremo più dire, domani “ma noi non sapevamo”.
Chi vuole sapere, oggi, è ben servito. Basta cercare.
Se poi, con questo Sapere un internauta non ne fa nulla, è una sua scelta.
Tradotto vuol dire: finchè non mandiamo a casa l’immonda classe politica che mal ci rappresenta, le chiacchiere rimarranno a zero. Perché ormai sappiamo tutti come stanno le cose.
Altrimenti, non ci si può lamentare o sorprendersi che in Italia nessuno abbia mai parlato prima dell’Ecuador, di Rafael Correa, di ciò che accade in Sudamerica, dello scontro furibondo in atto tra la presidente argentina e brasiliana da una parte e Christine Lagarde e la Merkel dall’altra.
Perché stupirsi, quindi, che gli inglesi vogliano invadere un’ambasciata straniera?
Non era mai accaduto neppure nei momenti più bollenti della cosiddetta Guerra Fredda.
Come dicono in Sudamerica quando si chiede “ma che fanno in Europa, che succede lì?”
Ormai si risponde dovunque “In Europa dormono. Non sanno che la vita esiste”.
L'ECUADOR NEL CONTINENTE SUD-AMERICANO
L

► Potrebbe interessare anche: