domenica 22 settembre 2013

I SARDI POCOS LOCOS Y MAL UNIDOS?

Prof Francesco Casula, il suo è un bel inno di lode alla nostra terra ed al suo popolo, e ci teniamo pubblicarlo, la solidarietà scorre da sempre nelle vene del popolo sardo e  a volte la stupenda accoglienza e ospitalità data allo straniero viene scambiata, da chi non è puro di cuore, per debolezza e stupidità.. ma questa visione tenebrosa della vita non ci tocca, ed il nostro modo d'essere umili e solidali continua imperterrito senza esserne scalfito affatto vogliamo rammentare le azioni che Lei ha citato;  crediamo che il tutto  si possa sintetizzare nell'azione che i pastori attuano verso colui che perde tutto, la solidarietà che s'esprime è sintetizzata in questa cosa che noi sardi chiamiamo s'ajudu torrau: "Ponidura o paradura. – Quando un pastore ha subito qualche perdita e vuol rifare il suo gregge, l'usanza gli dà facoltà di fare quel che si dice la ponidura o paradura. Egli compie nel suo villag­gio, e magari in quelli vicini, una vera questua. Ogni pastore gli dà almeno una bestia giovane, in modo che il danneggiato mette subito insieme un gregge d'un certo valore, senza contrarre alcun obbligo, all'infuori di quello di rendere lo stesso servizio a chi poi lo reclamasse da lui…” ecco come siamo noi sardi; ma se provocati e perseguiti abbiamo la forza e  riusciamo a cacciare chi viene qui con idee belliche a farci guerra, magari pensano di trovare i "locos" ospitali che li hanno accolti in tempo di pace ... ebbene: sappiano che sappiamo essere anche  guerrieri che al momento giusto, sanno come liberarsi dall'oppressore. 

Sa Defenza



I SARDI POCOS LOCOS Y MAL UNIDOS?

 Francesco Casula
Francesco Casula

Noto che intellettuali insospettabili e avveduti continuano a ripetere il becero e trito luogo comune sui Sardi pocos, locos y mal unidos, attribuito a Carlo V, ma mai verificato in alcun documento o altra fonte storica.


Del resto l’imperatore poco doveva conoscere la Sardegna se non dai dispacci “interessati” dei vice re: solo due volte la visitò direttamente. Nel 1535 quando durante la spedizione contro Tunisi e i Barbareschi sbarcò a Cagliari trattenendosi alcune ore e nell’ottobre del 1541, nella seconda spedizione, questa volta contro Algeri, il più attivo nido dei Barbareschi. 

In questo caso la flotta imperiale sostò in Sardegna: ma non – come ebbe a sostenere Carlo V – per visitare Alghero, dove passò la notte del 7, bensì per esserne abbondantemente approvvigionato, a spese della popolazione della città catalana e dell’intero sassarese.


 Ma tant’è: tale luogo comune – a prescindere da Carlo V – è stato interiorizzato da molti sardi, con effetti devastanti, specie a livello psicologico e culturale  (vergogna di sé, complessi di inferiorità, poca autostima, voglia di autocommiserazione e di lamentazione) ma con riverberi in plurime dimensioni: tra cui quella socio-economica.


I Sardi certo sono pocos,: e questo di per sé non è necessariamente un fattore negativo. Ma non locos: ovvero stolti, stolidi e men che meno imbecilli.


Certo le esuberanti creatività e ingegnosità popolari dei Sardi furono represse e strangolate dal genocidio e dal dominio romano. Ma la Sardegna, a dispetto degli otto trionfi celebrati dai consoli romani, fu una delle ultime aree mediterranee a subire la pax romana, afferma lo storico  Meloni. E non fu annientata. 
La resistenza continuò. 
I Sardi riuscirono a rigenerarsi, oltrepassando le sconfitte e ridiventando indipendenti con i quattro Giudicati:sos rennos sardos (i regni sardi). 


Certo con catalani, spagnoli e piemontesi furono di nuovo dominati e repressi: ma dopo secoli di rassegnazione, a fine Settecento furono di nuovo capaci ai alzare la schiena e di ribellarsi dando vita a quella rivoluzione antifeudale, popolare e nazionale che porrà la base della Sardegna moderna.

Certo, si è tentato in ogni modo di scardinare e annientare lo spirito comunitario, la solidarietà popolare, quella pluralità di reti sociali e di relazione che avevano caratterizzato da sempre le Comunità sarde con variegati sistemi e costumi solidaristici e di forte unità: basti pensare a s’ajudu torrau o a sa ponidura: costumanza che colpirà persino un viaggiatore e visitatore come La Marmora che [in Viaggio in Sardegna di Alberto Della Marmora, Gianni Trois editore, Cagliari 1955, Prima Parte, Libro primo, capitolo VII., pagine 207-209] scriverà:” Fra le usanze dei campagnuoli della Sardegna, alcune sono de­gne di nota e sembrano risalire all'antichità più remota : citeremo le seguenti. Ponidura o paradura. –  Quando un pastore ha subito qualche perdita e vuol rifare il suo gregge, l'usanza gli dà facoltà di fare quel che si dice la ponidura o paradura. Egli compie nel suo villag­gio, e magari in quelli vicini, una vera questua. Ogni pastore gli dà almeno una bestia giovane, in modo che il danneggiato mette subito insieme un gregge d'un certo valore, senza contrarre alcun obbligo, all'infuori di quello di rendere lo stesso servizio a chi poi lo reclamasse da lui…”


Così le identità etnico-linguistiche, le specialità territoriali e ambientali, le peculiarità tradizionali, pur operanti in condizioni oggettive di marginalità economica sociale e geopolitica permangono. 

I Sardi infatti, nonostante le tormentate vicende storiche costellate di invasioni, dominazioni e spoliazioni, hanno avuto la capacità di metabolizzare gli influssi esterni producendo una cultura viva e articolata che ha poche similitudini nel resto del mediterraneo. 

Basti pensare al patrimonio tecnico-artistico, alla cultura materiale e artigianale, alla tradizione etnico-musicale connessa alla costruzione degli strumenti, alla complessa e stratificata realtà dei centri storici e delle sagre, agli studi sulla realtà etno-linguistica, alla straordinaria valenza mondiale del patrimonio archeologico e dei beni culturali, all’arte: da quella dei bronzetti a quella dei retabli medievali; dagli affreschi delle chiese ai murales, sparsi in circa duecento paesi; dalla pittura alla scultura moderna.


Ma soprattutto basti pensare alla Lingua, spia dell’Identità e substrato della civiltà sarda. Entrambe non totem immobili (sarebbero state così destinate a una sorte di elementi museali e residuali) ma anzi estremamente dinamiche.


La poesia, la letteratura, l’arte, la musica, pur conservando infatti le loro radici in una tradizione millenaria, non hanno mai cessato di evolversi, aprirsi e contaminarsi, a confronto con le culture altre. 
Soprattutto questo avviene nei tempi della modernità, a significare che la cultura sarda non è mummificata.


Anche il diritto consuetudinario – padre e figlio di quel monumento della civiltà giuridica che è la Carta de Logu – si è trasformato nel tempo, anche se la sua applicazione concreta (per esempio il cosiddetto “Codice barbaricino”) è da un lato costretta alla clandestinità e dall’altro a una restrizione alla società del “noi pastori”. 

Solo la crescita e l’affermarsi di studiosi, sardi non tanto per anagrafe quanto per autonomia dall’accademia autoreferente, ha fatto sì che gli elementi fondanti la cultura e la civiltà sarda passassero dall’enfasi identitaria alla fondatezza scientifica.


Alla straordinaria ricchezza culturale sono tuttavia spesso mancati, almeno fin’ora, i mezzi per una crescita e prosperità materiale adeguata. 

Oggi, dopo il sostanziale fallimento dell’ipotesi di industrializzazione petrolchimica, si punta molto sull’ambiente e sul turismo, settore quest’ultimo sicuramente molto promettente, purché si integri con gli altri settori produttivi, ad iniziare da quelli tradizionali come l’agricoltura, la pastorizia e l’artigianato. 

La struttura economica sarda infatti è sempre stata fortemente caratterizzata dalla pastorizia, che oggi però con i suoi quattro milioni di pecore, sottoposta com’è a processi di ridimensionamento dalle politiche dell’Unione europea, rischia una drammatica crisi.



sabato 21 settembre 2013

Ammentu de Giuanne Frantziscu Pintore in Nùgoro

Ammentu de Giuanne Frantziscu Pintore in Nùgoro



 
de Diegu Corràine
monteprama

Ammentu de Giuanne Frantziscu Pintore, su 24 de cabudanni in Nùgoro
Su 24 de cabudanni est sa data chi, in su 2012, est mancadu, a sa famìlia e a sos amigos Giuanne Frantziscu Pintore, giornalista e iscritore, militante distintu de sa càusa natzionale sarda.
In ocasione de custu primu anniversàriu, nos amus a addoviare in Nùgoro pro l'ammentare, faeddende de LIMBA SARDA E IDENTIDADE OE.

Ant a leare sa paràula a propòsitu de custu argumentu e de sa vida de Giuanne Frantziscu unos cantos amigos. A pustis, ant a pòdere intervènnere finas sos àteros amigos presentes.
At a èssere presente sa famìlia.
A sas  7 de sero, su 24-9-2013, NÚGORO
pratza Bustianu Satta, in sa sala cunferèntzias de s'Assòtziu culturale IBIS
(chi ringratziamus).

Bos isetamus

Amigos e familiares

venerdì 20 settembre 2013

Fukushima: responsabilità e menzogne della Tepco

Fukushima: responsabilità e menzogne della Tepco

diFrancesco Finucci
Accuse di negligenza per Tepco, la compagnia che gestisce la centrale nucleare di Fukushima. Che, a quanto riporta Les Echos, avrebbe tralasciato la gestione delle acque radioattive rilasciate nell'area, al fine di mantenere il valore azionario dell'azienda. Con un occhio di tolleranza da parte del governo giapponese.
Quando la centrale di Fukushima Dai-ichi è stata colpita dallo tsunami nel marzo 2011, un terremoto si è alzato nel mercato azionario giapponese. La caduta della Tepco, la compagnia che gestiva la centrale ha subito coinvolto l'intera borsa di Tokyo nel panico. A segnalarlo, la discesa dell'indice sintetico del paese, il Nikkei, che come accade in Italia per il FTSE segnala l'andamento complessivo della borsa giapponese. Secondo quanto riporta il quotidiano francese Les Echos, Tepco avrebbe agito nella gestione delle acque utilizzate per raffreddare la centrale (e dunque contaminate), mentendo al fine di evitare ulteriori shock nel titolo azionario.
Già in luglio il Wall Street Journal aveva accusato le autorità giapponesi di negligenza nella gestione della centrale e quindi di essere colpevoli del disastro del marzo 2011. Era così che la Tepco, messa di fronte all'evidenza da un panel costituito per indagare sul caso, aveva apertamente dichiarato le proprie responsabilità per l'accaduto.
Ma Tepco non era l'unica autorità sotto l'occhio di giornali e commissioni d'inchiesta. Con essa veniva accusato il governo di Naoto Kan, che - riporta Les Echos - avrebbe giocato con lo Yen al fine di potenziare le esportazioni. Seguito per breve tempo da Yoshihiko Noda, sarebbe stato poi il turno di Shinzo Abe, che ha infine scelto di nazionalizzare Tepco allo scopo di evitare il fallimento di quella che comunque rimane la principale azienda produttrice di elettricità del Giappone.
Non solo dunque pratiche atte a salvare l'industria e gli asset nazionali, ma anche menzogne al fine di coprirne i danni, con conseguente rischio per la popolazione:"Tepco avrebbe [...] promesso di avviare i lavori necessari [...] e avrebbe chiesto, in cambio, al governo di rimanere vago [...] sul rilascio di acqua contaminata e sul progetto per un muro di protezione. [...] Le autorità avrebbero accettato questo "mercato" per non nuocere alla salute finanziaria del fornitore, il quale doveva per contro risarcire le vittime che avevano dovuto evaquare le loro case situate nei pressi della centrale".
Senonché, a quanto spiega Sumio Mabuchi, membro del Partito Democratico del Giappone “Tepco non ha in seguito mantenuto la propria promessa”. Tocca ora a Shinzo Abe farsi carico della situazione, in special modo dopo aver spinto sulla leva del nazionalismo. Non potrà ora certo abbandonare uno degli asset fondamentali del paese, che conta su un fatturato da 10,7 miliardi (2013).
Con un risparmio privato assorbito in maniera massiccia dal debito pubblico nazionale, chissà chi avrebbe potuto approfittare della situazione per infiltrare i propri capitali nella Tepco. Shinzo Abe, dunque, dopo averla nazionalizzata, sarà costretto a muoversi per farne qualcosa. Un tavolo è stato aperto, ma tutto è ancora da vedere.

mercoledì 18 settembre 2013

SARDINYA: ZONA FRANCA possibile col Nuovo codice doganale Comunitario.

ZONA FRANCA possibile col Nuovo codice doganale Comunitario. 


Torna la realtà polverizzando le bufale dei santoni zonafranchisti.

MARIO CARBONI

Finalmente il Parlamento europeo ha approvato oggi il “Codice doganale dell'Unione ( rifuso) “ abrogando e sostituendo il Codice doganale europeo nato nel 1992 e le sue numerose riedizioni compresal'ultima nota come 450/2008.
E' una buona notizia perché almeno per quanto riguarda i confini dell'Unione europea e le conseguenti regole doganali c'è certezza di diritto e si tappa la bocca ai tanti azzeccagarbugli che in questi ultimi tempi hanno diffuso notizie ed argomentazioni sbagliate e fuorvianti, tanto da confondere molte persone in buona fede e dare strumenti demagogici a politicanti che su queste bufale hanno impostato le loro strategie elettoralistiche.
Questo apprezzamento nasce perché il neonato Codice doganale comunitario trattando di confini e dogane stabilisce ormai senza ombra di dubbio cosa è una Zona franca, chi la istituisce, quali sono le regole per crearle e gestirle e tante altre misure che si possono meglio conoscere leggendone nell'art.270 le caratteristiche.

Tralasciando i percorsi, le motivazioni e le modifiche ben illustrate nella prima parte del documento, già in rete nel sito web dell'Unione Europea da oltre un anno e che tutti potevano leggere, perfino i santoni sgarrupati della “zona franca fantasy”, è bene restringere una prima analisi agli interessi della Sardegna e cioè come queste regole, applicate dal primo giorno del mese successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea e con un periodo transitorio di massimo 18 mesi dato agli Stati per adeguarsi, influiscano sulla realizzazione del diritto storico dei sardi alla zona franca.

Bisogna puntualizzare che il Codice tratta solo di dogane, cioè di fiscalità doganale e detta norme esclusivamente sulla doganalità e non sull'insieme della fiscalità diretta ed indiretta delle imprese e dei cittadini che operano nell'Unione europea e che importano ed esportano beni e servizi attraverso le frontiere dell'Unione e quindi di quelle esterne degli Stati che ne fanno parte.
Il Codice doganale detta norme anche su porzioni di territorio, sia di frontiera che all'interno del territorio dell'Unione che “intercluse” cioè delimitate e con particolari caratteristiche doganali vengono chiamate “Zone franche” e che sono territori considerati extradoganali, quasi fossero territori esteri per le statualità dell'Unione e che sono elencati nel seguente sito web dell'UE:
http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/customs/procedural_aspects/imports/free_zones/list_freezones.pdf
Il vecchio codice doganale europeo, sin dalla sua apparizione, nel 1992, per prima cosa ed era proprio per questo che era nato, nell'art.1 definiva quale fosse il territorio complessivo dell'allora Comunità economica europea ( oggi divenuta Unione Europea ) composto dal territorio degli Stati componenti e con suoi confini esterni, in ragione del fatto che tutti gli Stati appunto per creare un mercato comune avevano delegato tutti i poteri sulle dogane al Parlamento europeo e alla Commissione,  questi poteri avrebbero dovuto essere esercitati omogeneamente secondo un Codice doganale europeo, cioè attraverso un “ Trattato” definito da un “Regolamento Europeo” , comedire da una “ legge europea” valida per tutti e da tutti rispettata e introdotta nella legislazione interna di ogni Stato.

Sempre nell'art.1, in ragione di motivazioni particolari storiche della formazione dei confini dei singoli Stati europei e spesso come relitti dei conflitti succedutisi fra i diversi stati per determinare le rispettive frontiere, venivano elencate delle eccezioni, denominati territori extradoganali.
L'incomprensione di queste eccezioni, l'errata interpretazione delle loro caratteristiche e finalità, ha dato la stura a polemiche e falsi obiettivi, culminati con la grottesca richiesta di far considerare la Sardegna assimilabile a questi territori, tanto da richiedere la modifica , prima dell'art.1 del Codice doganale europeo e poi del nuovo “Codice doganale dell'Unione ( rifuso ) appena approvato dal Parlamento europeo, fortunatamente senza questa modifica bislacca e totalmente inutile ai fini della realizzazione della Zona franca sarda, pur definita integrale, venisse presa in considerazione.

Per confermare questa affermazione e bene sottolineare che, disinformati o poco conoscitori della materia o peggio demagoghi e mestatori potrebbero supporre in buona fede o meno che il confine politico di uno Stato e per estensione quello dell'Unione europea coincida con il suo territorio doganale ma così non è.

All'interno del territorio doganale della Unione europea esistono invece diverse aree che fanno parte del territorio politico di diversi Stati membri ed in particolare della Danimarca, Germania, Spagna, Francia ed Italia, ma che invece non fanno parte del loro territorio doganale ( quindi neppure del territorio doganale dell'UE ) e perciò sono territori extradoganali e come tali sono stati puntualmente elencati dall'inizio già nel 1992 e sempre confermati anche nell'art.3 dell'ultima versione dell'ora annullato Codice doganale europeo 450/2008 ( adattato) e che sono stati ancora confermati nel “ Nuovo codice doganale dell'Unione “ ( rifusione) all'Art.4, votato oggi nel Parlamento europeo e che sarà valido dopo un mese dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea, cioè probabilmente dal novembre prossimo.

Il paragrafo 1 dell'art.4 del nuovo “ Codice doganale dell'Unione (rifuso) ” elenca tutti gli Stati il cui territorio compone il territorio doganale dell'Unione europea, confermando quanto era previsto nel precedentemente tranne qualche modifica per quanto riguarda la Francia e i suoi territori d'oltremare..

Nell'elencare la lista degli Stati tutti firmatari di questo Trattato ( che poteva essere modificatoe certamente in parti semplici o secondarie anche nella sua finalissima fase presentando degli emendamenti entro il termine ultimo del 16 ottobre 2012 e che lo Stato italiano, unico a poterlo fare, non ha mai presentato ) per qualcuno di questi specifica delle eccezioni.
  • il territorio del Regno di Danimarca, ad eccezione delle isole Færøer e della Groenlandia,
  • il territorio della Repubblica federale di Germania ad eccezione dell'isola di Helgoland e del territorio di Büsingen (trattato del 23 novembre 1964 tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione elvetica),
  • il territorio del Regno di Spagna, ad eccezione di Ceuta e Melilla,
  • il territorio della Repubblica francese, fatta eccezione per i territori d'oltremare e per Saint-Pierre e Miquelon e per Mayotte. ( Qualche modifica più di forma che di contenuto che non mi è chiara dovrebbe essere stata votata).
  • il territorio della Repubblica italiana, ad eccezione dei comuni di Livigno e di Campione d'Italia e delle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio,

Diversi pifferai magici che suonano ad orecchio sulla Zona franca sarda non riescono a capire o peggio non vogliono farlo che il Codice doganale comunitario (rifuso) oltre a questi territori che non fanno parte del territorio doganale europeo, quindi posti fuori dalla linea doganale comune e perciò non soggetti alle norme doganali dell'Unione sono considerati a tutti gli effetti come territori esteri ed appunto definiti extradoganali de facto.

Prevede inoltre che vi siano altri territori che fictio iuris, cioè per una finzione giuridicasiano considerati come posti fuori dalla linea doganale europea e che sono appunto lezone franche.
Le zone franche erano previste all'art. 155 del Codice doganale europeo 450/2008 che ora è divenuto l'art. 207 del nuovo “ Codice doganale dell'Unione”, confermando che:

- sono esclusivamente gli Stati membri ( non le Regioni e tantomenoi Comuni ) che possono destinare talune parti del territorio doganale dell'Unione a zona franca.
- che è lo Stato che stabilisce l'area interessata e i punti di entrata ed uscita.
- che le zone franche sono intercluse ( sono scomparse sia la dizione punti franchi che la possibilità di zone franche non intercluse) e il loro perimetro e i punti di entrata ed uscita sono sottoposti a vigilanza doganale.
- gli Stati devono comunicare alla Commissione informazioni sulle rispettive zone franche esistenti, senza che la Commissione possa interferire o condizionare in alcun modo questa decisione se limitata alla fiscalità doganale.

Bisogna chiarire che pur se sulle decisioni degli Stati di istituire zone franche doganali, la Commissione europea non può interferire in nessuna maniera,  invece se nelle zone franche doganali vengono stabilite anche delle defiscalizzazioni di imposte dirette e indirette o di altro tipo su persone e società per redditi, produzione e commercio di beni e servizi, il loro ammontare, la loro qualità e durata e chi ne usufruisce, devono essere comunicate dagli Stati affinché la Commissione possa stabilire se siano da considerare aiuti di stato non compatibili con la normativa che vieta la distorsione di concorrenza o autorizzabili e compatibili in forza di motivazioni storiche, demografiche, culturali, economiche, geografiche, di superamento di sottosviluppo, d'insularità penalizzante o norme  di altro tipo, previste dai trattati europei ed in particolare dal Trattato di Amsterdam e da altre regole e che sono  alla base delleante autorizzazioni di zone franche sopratutto fiscali nell'Unione Europea ed in particolare nelle Isole.

Ora è evidente che nel dibattito presente sulla zona franca in Sardegna, posizioni incolte o acerbe in materia non colgono il nesso esistente fra la particolare esigenza di ogni territorio o popolo richiedente le franchigie fiscali, che esse siano solo doganali o doganali e fiscali assieme o solo fiscali e la dimensione territoriale, che può essere limitata o estesa, delimitata da manufatti come muri o reti oppure parzialmente o interamente da confini naturali come fiumi, mari o rive di laghi e gli esempi reali sono molteplici.

Per quanto riguarda le Isole si può ricordare la Corsica è zona franca fiscale e non doganale, estesa a tutta l'Isola e i cui confini sono le sue coste. 
Oppure le Isole Canarie che hanno delle zone franche con defiscalizzazioni doganali intercluse mentre il resto delle Isole Canarie nelle città e campagne e aree turistiche sono zone franche con defiscalizzazioni alle produzioni, commerci e consumi, del resto estese anche alla zone franche doganali e portuali ove si sommano alle defiscalizzazioni doganali.
Altro caso è la zona franca doganale e fiscale di Shannon in Irlanda che è interclusa ma la cui zona franca fiscale è estesa alla intera regione nella quale e posta interessando città e paesi ove vige la zona franca fiscale anche per l'università, il parco tecnologico e il turismo.

Da questo punto di vista l'ipotesi di zona franca sarda viene chiarita e facilitata dall'approvazione del Nuovo codice doganale dell'Unione anche se limita i suoi effetti alle franchigie doganali perché in nessuna sua parte pone limiti all'ampiezza e al tipo dei suoi confini e alla fiscalità di vantaggio aggiuntiva. 
In ipotesi la zona franca sarda, in forza del Nuovo codice potrebbe benissimo essere delimitata dalle coste sarde ed interessare non solo tutta la Sardegna ma anche l'intero popolo sardo.

Una zona franca siffatta, limitata alle franchigie doganali non corrisponderebbe alle aspirazioni dei sardi che sopratutto vogliono liberarsi da una fiscalità opprimente, sbagliata e contraria ad ogni sviluppo e quindi la zona franca sarda deve essere anche e sopratutto fiscale, per i motivi ben noti e per essere competitiva con le altre e tante zone franche fiscali presenti almeno nel Mediterraneo.

Ovviamente se per zona franca integrale s'intende un mix di fiscalità di vantaggio doganale e fiscale che interessa tutta la Sardegna, questa deve essere definita non più sulla base di principi astratti ma sopratutto da un complessivo progetto industriale che descriva la sua complessiva articolazione tenendo conto anche di defiscalizzazioni al consumo che sono presenti in tante zone franche europee compreso qualche limitato esempio italiano.
Un Business Plan, un piano industriale ben articolato che preveda ragionevolmente gli investimenti preconizzati, l'occupazione, il pil, e l'ammontare degli sgravi fiscali necessari a raggiungere gli obiettivi in cinque, dieci anni ed anche più è quello che oggi manca e che né sostenitori della Zona franca comunque coniugata né le forze sociali o peggio i poteri pubblici sardi hanno ancora provveduto ad abbozzare o definire compiutamente o a stanziare le sommeutili  per realizzarlo con risorse umane anche internazionali.
L'ultimo investimento e studio serio e approfondito ma che andrebbe fortemente rivisitato e completato in maniera moderna è quello realizzato dalla Giunta Melis negli ormai lontani ultimi anni 80 del secolo scorso.

Riassumendo, il superato codice doganale europeo 450/2008 prevedeva che vi fossero territori che sono fuori della linea doganale europea ed altri che sono considerati fuori della medesima linea doganale.
Ad ognuno di essi, quelli rispettivamente elencati nell'Art.3 e quelli previsti nell'Art. 167 corrispondeva una diversa situazione giuridica.
Il Nuovo Codice doganale dell'Unione conferma gli stessi concetti nel paragrafo 1 dell'art.4 e nell'art. 207 dedicato alle zone franche ( pag. 187 de ltesto consultabile sul web prima del voto).

Nei primi territori ( paragrafo 1 art.4 ) che sono extradoganali per loro natura ( defacto) e totalmente sottratti alla giurisdizione giuridica doganale dello Stato a cui politicamente appartengono sono consentiti l'uso ed il consumo di merci estere in franchigia di dazio ed in Italia ( solo per merci contingentate stabilite comunque con leggedello Stato ) sono i comuni di Livigno e di Campione d'Italia e le aree delimitate dalle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio.

Nei secondi territori ( zone franche ) tutte le attività sono sottoposte a una giurisdizione limitata e in quanto territori solo assimilati ai territori extradoganali ( fictio iuris-per finzione di legge ) e sono permessi l'uso ed il consumo delle merci estere in franchigia di dazio solo da specifiche norme di legge statali, e il cui elenco europeo è visibile nel link sopra riportato.

Confondere queste due differenti fattispecie di zone extradoganali e non capirne la genesi e le differenze può portare a gravi errori e confusioni, come alimentare la irreale e facilona assimilazione della Sardegna intera a Livigno e Campione, che sono in realtà terre svizzere entro i confini politici italiani e quindi in condivisione secondo un accordo che si tramanda da secoli.

Bisogna contestualizzare e conoscere delle terre extradoganali elencate e confermate nel Nuovo Codice doganale dell'Unione ( rifuso ) le particolari condizioni storiche che le hanno originate, le posizioni geografiche, i trattati internazionali anche lontani ed i rapporti interstatali e confinari nei quali sono inserite, gli esiti di antichi rapporti coloniali e irrisolti problemi di decolonizzazione, senza confonderle con la questione delle zone franche sia doganali che fiscali ches ono tutt'altra cosa e alle quali punta la Sardegna da quasi due secoli per la sua liberazione economico fiscale.

Questa confusione ha raggiunto vette impensabili in Sardegna con l'idea sbagliata diffusa recentemente di assimilare la condizione di Livigno e Campione d'Italia alla Sardegna nel  richiedere la creazione della zona franca sarda.


I principi del Codice doganale europeo, in quanto espressi con un Regolamento (ricordo che ha valore di una legge ) hanno una portata generale e sono da applicare obbligatoriamente in ogni Stato membro, tanto che in passato sono stati immediatamente recepiti dal TU-Testo unico delle disposizionilegislative in materia doganale dello Stato italiano e che questo si dovrà adeguare al nuovo Codice doganale dell'Unione approvato recentissimamente nel Parlamento europeo.

Per affrontare la questione di Livigno e Campione d'Italia ed anche avere chiarezza sulle eventuali analogie o discrepanze con la “Questione zona franca sarda” è necessario illustrare cosa è una “linea doganale”, un “territorio doganale” e sopratutto cosa sono i “territori extradoganali”.

Il TU in vigore nella Repubblica italiana chiarisce preliminarmente che “ Il lido del mare ed i confini con altri stati costituiscono la Linea doganale e il territorio circoscritto dalla linea doganale, costituisce il territorio doganale.
Per quanto riguarda la Sardegna e questo dato è immutabile, sono le sue coste ad essere complessivamente linea doganale sarda e dello Stato.

Il TU chiarisce invece che nel Comune di Livigno “..la linea doganale, anziché il confine politico, segue le sponde nazionali del lago di Lugano e la delimitazione del Comune di Livigno verso i comuni italiani ad esso limitrofi.

Mentre per il Comune di Campione d'Italia, specifica che il confine politico, che racchiude il suo territorio, non costituisce linea doganale.

I Comuni di Livigno e Campione d'Italia quindi, sono compresi nei confini politici della Repubblica italiana ma non in quelli doganali , costituendo territori extradoganali.

Ma perché Livigno e Campione d'Italia sono territori extradoganali?

Livigno e la sua vallata, nonostante siano sotto la sovranità politica italiana, gravitano economicamente verso la vallata svizzera dell'Engandina e in un non lontano passato rimanevano anche fisicamente isolati verso l'Italia nei lunghi mesi invernali e per questo con la legge 17 luglio 1910 n. 516 Livigno e la sua vallata vennero dichiarati fuori dalla linea doganale italiana.
Fu permesso  introdurre nel territorio doganale italiano in esenzione dai diritti doganali animali nati ed allevati nel Comune e contingenti di prodotti locali tassativamente indicati per qualità e quantità certificati dal Comune.

Non è inutile ricordare che le franchigie godute a Livigno hanno una storia che attraversa i secoli, già riconosciute dall'impero austriaco e che interessano oggi non più di 6.000 abitanti.
Campione invece deve la sua situazione ad impegni internazionali dato che il suo territorio è a tutti gli effetti una “enclave” entro il territorio svizzero e le acque svizzere del Lago di Lugano costituiscono quasi un caso di “annessione doganale” ad uno Stato estero e le sue franchigie interessano non più di 2.000 abitanti.

Chiedere demagogicamente che venisse modificato, prima il Codice doganale comunitario in vigore nell'art.1 paragrafo 4, e fuori tempo massimo ( dato che i richiedenti neppure lo conoscevano) anche il Codice doganale dell'Unione che si stava per votare definitivamente, per allineare lo status della Sardegna a Livigno e Campione come territorio extradoganale,ha significato in primis non capire cosa è un trattato internazionale e quali sono le lunghissimee defatiganti procedure necessarie per trovare l'accordo diplomatico necessario per la sua scrittura e l'approvazione e chi sono gli attori di questa vicenda eminentemente politica.

Ha inoltre significato non capire che cosa è una zona franca e come la richiesta e determinazione per realizzarla da parte di uno Stato, certo su sollecitazione e concertazione con le comunità e le istituzioni autonomiste , come parte dello Stato postafictio iuris fuori dalla linea doganale dello Stato medesimo, sia in effetti la cosa migliore da fare per raggiungere gli obiettivi economici e di sviluppo che le zone franche si prefiggono.
Prova ne è, basta leggere l'elenco delle zone franche europee, che per nessuna di queste zone, vecchie e nuove alcun Stato ha richiesto che fossero poste defacto fuori dalla linea doganale dello Stato ma ha deciso che invece fossero considerate fuori dalla linea doganale dello Stato, come ad esempio per parlare di Isole le Canarie, la Corsica, Malta, le Azzorre, Cipro, Shannon in Irlanda e le zone franche che pullulano nell'Est dell'Unione europea.

La zona franca della Corsica ad esempio è delimitata dalle sue coste, perché non potrebbe esserlo anche la Sardegna o perché non si potrebbe pensare ad una unica zona franca insulare doganale e fiscale Sardegna-Corsica??

Anche nella proposta di Mario Melis di “zona franca sarda integrale”, già inventata nella sua definizione e nei suoi contenuti e votata dal centrosinistra e dai sardisti nel 1988, che rimane una traccia importante per la zona franca sarda che sia doganale e fiscale, la pregiudiziale richiesta di extraterritorialità tipica delle zone franche era fictio iuris e si riferiva ad un progetto che interessasse tutta l'Isola e non veniva affatto richiesto di considerare la Sardegna come la Groenlandia o Livigno, cosai noltre totalmente inutile ai fini dell'obiettivo da raggiungere.

Per questo non si dovrebbe seguire la demagogia di chi chiede cose inutili e improbabili, fuori dalle sue competenze ed in capo allo Stato, ma che sono raggiungibili con una concertazione serrata con lo Stato in base ai nostri diritti autonomistici, solo per cavalcare richieste sbagliate di movimenti pontanei attivi ma confusi e diretti o meglio strumentalizzati, ormai è chiaro, da individui che puntano ad essere attori e candidati nelle prossime elezioni regionali.

La questione invece va ripresa senza che approfittando dello sputtanamento dell'idea di Zona franca integrale a causa di posizioni e comportamenti che ho succintamente evocato, ne approfittino i non pochi “avversari storici” non solo della vera e argomentatazona franca integrale, ma dell'idea stessa di zona franca e defiscalizzazioni.
Questi nemici storici sono annidati nelle periferie di una certa sinistra sarda assimilazionista per quanto riguarda la lingua sarda, antiautonomista e centralista politicamente e in quegli strati di borghesia compradora, burocratica e sindacale,che vive e prospera solo nell'assistenzialismo e nella dipendenza coloniale e che teme come il fuoco la liberalizzazione della nostra società ed il passaggio dai trasferimenti monetari ormai impossibili agli investimenti ed iniziative economiche favorite dalle defiscalizzazioni sia doganali ma sopratutto fiscali tipiche delle zone franche moderne, volte alla produzione ed all'esportazione e quindi all'occupazione ed all'aumento dei redditi e dei consumi del popolo sardo nel suo insieme.

La confusione diffusa a piene mani dai pifferai magici della zona franca, dalle errate e scomposte posizioni ed azioni dell'Esecutivo, platealmente alleati in funzione elettoralistica e strumentalizzante i Movimentiche che tanto si sono spesi per questa Idea, fa prevedere che nulla si otterrà di concreto e definitivo neanche per l'attuazione del DLG .75/98 che ha istituito le sei zone franche sarde e che difficilmente saranno delimitate anche solo doganalmente entro la fine della legislatura.

Purtroppo una vittoria del movimento per la zona franca ottenuto col decreto 75/98 che poteva essere l'inizio di un processo più ampio tendente ad inglobare tutte le comunità sarde in un progetto per tappe che comprendesse non solo le zone franche con vocazione portuale, aeroportuale ed industriale ma anche il resto del territorio in un sistema di defiscalizzazioni urbane e al consumo contingentato e sopratutto dei prodotti energetici per tutto il popolo sardo, sembra sfumare in questi ultimi mesi dell'anno che preludono alla prossime elezioni regionali.

Servirà, alla luce di questo nuovo Codice doganale dell'Unione ed a una più matura progettualità anche delle forze in campo che si contenderanno il consenso popolare per il Governo della Sardegna nella prossima legislatura, affrontare la questione seriamente ben sapendo che solo nella prossima legislatura un Governo sardo che sappia cosa vuole veramente saprà, utilizzando il Nuovo codice doganale dell'Unione ( rifuso ) realizzare la zona franca sarda doganale e fiscale con un confronto non certo facile ma non impossibile con lo Stato e l'Unione europea sopratutto per quanto riguarda la fiscalità di vantaggio.

L'approvazione delle nuove norme europee sulla zona franca che peraltro non concepiscono più le zone franche non intercluse lascia ancora ampie possibilità di successo, certo non di più di quelle ottenibili essendo indipendenti e trattando direttamente con l'Europa o con uno Statuto autonomistico sardo più avanzato e dotato di sovranità fiscale.
Anche a legislazione vigente, con le idee chiare e il sostegno popolare è possibile avere ampi successi e realizzazioni, salvo rinunciare a richieste come quella coralmente ritenuta nel Parlamento europeo e dagli esperti del settore non solo astrusa e bislacca ma anche ridicola, di modificare senza nessun bisogno il trattato sulla dogana europea o dichiarare la Sardegna sarà zona franca integrale perchè i sindaci  con la forza magica delle loro parole dichiarano ogni cucuzzolo del proprio Comune zona franca.



SABRA E CHATILA . IL MASSACRO IMPUNITO

SABRA E CHATILA . 

IL MASSACRO  IMPUNITO 

Antonello Boassa


Moshe Dayan e Ariel Sharon 

I crimini contro l'umanità . Difficilmente nei media si affronta in modo approfondito il perchè di tanta ferocia . Le cause , di solito , vengono attribuite a conflitti religiosi , a rivalità tribali o addirittura alla crudeltà insita nella natura umana . 


Vengono individuati dei "cattivi"( che il più delle volte sono cattivi per davvero) e molto sbrigativamente attribuiti a loro i contrasti interni.

Somalia , Ruanda , Libano ,Palestina , Sri Lanka , Cecenia , Sudan... A parte le solite eccezioni , mai potremo capire , in particolare dalle televisioni , chi sono i veri protagonisti dei disastri planetari : le multinazionali , le banche ,i governi occidentali ; mai potremo capire quanto i conflitti locali siano stimolati a bella posta per favorire il caos e l'intervento risolutore imperiale , giustificato alla Kipling come "un fardello dell'uomo bianco".


IL genocidio . Se ne parla fino a quando è utile al potere poi passa nel dimenticatoio senza averne chiarito il perché . Così se ne potrà fare un altro a breve per "ragioni umanitarie".


Il massacro di Sabra e Chatila non viene oscurato ,come succede per altri terribili avvenimenti perché i media devono bruciare le notizie e passare immediatamente ad altre , ma semplicemente perché i governi occidentali e i loro media non devono importunare un loro molto importante alleato di fatto : lo stato di Israele . Come del resto si sta zitti sulla colonizzazione del Tibet dato "l'enorme mercato cinese".


Il 17 settembre 1982 si conclude la mattanza . Intendo commemorare quell'immane tragedia con brevi accenni . 1700 morti secondo testimoni oculari . 3000 secondo la Croce Rossa .


Il 15 l'esercito israeliano circonda i campi e nel giorno 16 favorisce l'ingresso dei suoi alleati falangisti , fornendo tutto il supporto necessario , dalle mappe ai bulldozer ai fari degli elicotteri per illuminare a giorno i campi.La BBC da la notizia che la tv israeliana aveva reso noto che le truppe falangiste avrebbero compiuto "epurazioni" . La "caccia" ha inizio . Prima in silenzio con coltelli ,accette , pugnali . 


Il 17 arriva la condanna internazionale . Si fa in fretta . Si spara nel mucchio .

IL 22 settembre il parlamento israeliano decide di non formare una commissione ufficiale d'inchiesta . Nessuno ha mai pagato per questo genocidio . Il Presidente Pertini , in Libano nel 1983 nei luoghi del massacro , ebbe a dire " Il responsabile dell'orrendo massacro è ancora al governo in Israele . E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto . E' un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla società"


Sabra e Chatila 

Area - Luglio, agosto, settembre (nero)

lunedì 16 settembre 2013

Kosher, non OGM, senza glutine, naturali e biologici...


La Food and Drug Administration (Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali, abbreviato in FDA) è l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici. Esso dipende dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti.
L'FDA ha come scopo la protezione della salute dei cittadini attraverso regolamenti che controllino la messa sul mercato dei prodotti che sono sotto la sua giurisdizione, tra cui i farmaci, gli alimenti, gli integratori alimentari e gli additivi alimentari, i mangimi e farmaci veterinari, le attrezzature mediche, il sangue e gli emoderivati per trasfusioni e icosmetici. Tra gli strumenti di controllo sono previsti sia valutazioni prima della messa sul mercato che il monitoraggio post-commercializzazione. È presieduta da un Commissario che viene nominato dal Presidente degli Stati Uniti d'America e confermato dal Senato. L'attuale Commissario è Margaret A. Hamburg.

IN QUESTO ARTICOLO CHE ABBIAMO TRADOTTO CONTIENE NELLA SOSTANZA LA DENUNCIA DI QUELL'AGENZIA AMERICANA CHE NEGLI ANNALI SEMBRAVA FOSSE LA PIETRA D'ANGOLO DI PARAGONE PER LA CERTIFICAZIONE SULLA PRESUNTA BONTA' DI UN PRODOTTO ALIMENTARE O FARMACEUTICO, COME è DESCRITTO SOPRA, MA IN REALTA'  DA QUEL CHE LEGGIAMO NELL'ARTICOLO SOTTOSTANTE COMPRENDIAMO CHE LA FDA (Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali, abbreviato in FDANON E' IN EFFETI QUELL'ENTE trasparente, obbiettivo e corretto quale DOVREBBE ESSERE,  RAPPRESENTATO per la sua purezza  di giudizio DALL'ACQUA PULITA E PURA DI FONTE, COME CI HANNO FATTO CREDERE NEL TEMPO . 
IN EFFETTI si dimostra sia UN ENTE  CORROTTO AL SERVIZIO DELLE MULTINAZIONALI DEL CONSUMO, ANZICHè DELLA SALUTE PUBBLICA.

SA DEFENZA  



Kosher, non OGM, senza glutine, naturali e biologici: Top dodici cose che probabilmente non conoscevano l'etichetta alimentare 

di Mike Adams 
naturalnews.com


Siete confusi circa l'etichetta di cibo e che cosa significa veramente? 
Questa è  parte della strategia dei giganti alimentari globali, ovviamente: si confonde così tanto da generare un tale rumore  dà cercare di dare un senso a tutto

 Ecco perché ho ​​scritto questo articolo: per demistificare l'etichetta alimentare e darà il senso  su che cosa realmente significano. La maggior parte di questi punti probabilmente sorprenderà ... 

# 1) "kosher" non significa non-OGM 
ingredienti geneticamente ingegnerizzati, infatti, sono apertamente accettati nei cibi Kosher certificati. 
La certificazione Kosher non comporta test per gli OGM, e le certificazioni Kosher sono regolarmente disponibili sul alimenti contenenti OGM. 

# 2) "biologico" non significa basso contenuto di metalli pesanti 
Il processo di certificazione USDA biologica certificata non è testato per i metalli pesanti. Gli alimenti che hanno contenuti molto alti in alluminio piombo, arsenico, cadmio, mercurio  sono  apertamente etichettati  da USDA come biologica certificata. 

# 3) "non-OGM" non significa organico 
Solo perché un alimento è certificato non OGM non significa che è organico. Anche le colture convenzionali come mais, soia e colza possono essere certificate non-OGM se sono coltivati ​​senza semi geneticamente modificati. Esistono diversi tipi di spuntini sul mercato in questo momento, che utilizzano ingredienti non OGM coltivati ​​con pesticidi chimici. 

# 4 ) "tutto naturale" non significa nulla 
La frase "All Natural" non è regolamentata in alcun modo da parte della FDA. Tutti gli alimenti, compresi quelli realizzati con colori artificiali, dolcificanti chimici, conservanti chimici e OGM, possono essere etichettati come "tutto naturale". "tutto naturale" è il trucco usato da grandi aziende alimentari per cercare di indurre in errore i consumatori a pensare i loro prodotti cibo spazzatura sono in qualche modo organico. 

# 5) "Trans-Fat Free" (libero da grassi) non significa privo di grassi trans 
La FDA attualmente permette alimenti contenenti fino a 0,5 g di grassi trans per porzione di rivendicare ZERO grammi di grassi trans per porzione. L'FDA, vedete, è stato completamente dirottato da aziende alimentari e farmaceutiche, che hanno convinto la FDA a consentire nelle etichette degli alimenti di mentire spudoratamente ai consumatori su ciò che il cibo contiene realmente. Ovunque nel mondo, 0,5 non è uguale a zero. Anche in alta classe di matematica della scuola, è arrotondato al primo. Ma alla FDA, 0,5 in qualche modo significa zero. 

# 6) "non-OGM" non significa certificata non-OGM 
Ci sono molti alimenti , super-cibi e prodotti anche alimentari attualmente affermando di essere "non-OGM", ma non riuscendo a fornire alcuna certificazione di tale status. Una società che si auto-proclama i suoi prodotti ad essere "non-OGM", sta probabilmente cercando di tirare uno veloce su di te a meno che non può eseguire il backup che il reclamo con la certificazione. Solo certified non OGM significa qualcosa. La prossima volta che vedete un marchio che afferma "non-OGM", chiedetevi: "Certificato da chi?" "Dove sono le prove?" 

# 7) "senza glutine" alimenti sono spesso OGM 
Attenzione di OGM in alimenti senza glutine. Poiché gli alimenti senza glutine sono spesso basati su mais, di solito sono fatti con mais geneticamente modificato contenente la tossina Bt , un insetticida mortale. Evitate i prodotti senza glutine a meno che non sia anche certificato non OGM. 

# 8) "Organic" alimenti possono ancora contenere un piccola quantità di OGM 
Gli OGM sono così diffuse che ora hanno contaminato praticamente l'intero approvvigionamento di cibo. Gli alimenti che sono certificati biologici possono ancora contenere tracce di OGM. Quanto ne sono autorizzati a contenerne? 
"Non ci sono i livelli di tolleranza specifici nella normativa organica USDA per gli OGM", dice l'USDA . 
"National Organic Program, la politica afferma che tracce di OGM non significano automaticamente che la fattoria è in violazione delle norme USDA Organic. In questi casi, l'organismo di certificazione studierà come è avvenuta la presenza accidentale e raccomanda come si può fare meglio la prevenzione in il futuro., ad esempio, essi possono richiedere una zona cuscinetto più grande o una pulizia più approfondita di un mulino per i cereali in comune. " Anche se biologici certificati gli alimenti possono ancora contenere tracce di OGM, sono più   sani per voi gli alimenti coltivati convenzionalmente, il che è tutto dire. 

# 9) Gli alimenti "biologici" sono ora coltivate abitualmente in paesi fortemente inquinati come la Cina 
Una percentuale crescente di alimenti "biologici", super-cibi e delle materie prime utilizzate negli integratori alimentari sono importati dalla Cina. 
Natural News ha trovato che queste materie prime hanno sempre più elevate percentuali di metalli pesanti rispetto ai prodotti concorrenti coltivati ​​nel Nord America. , ma perché sono significativamente più bassi nel caso, sono sempre più utilizzati in prodotti nutrizionali o venduti presso i negozi di alimentari di salute dopo essere stato etichettato come " biologico ". Certificazioni biologiche,   consentono alle aziende biologiche in Cina di crescere e produrre in campi che sono fortemente inquinati da cadmio, piombo e mercurio. Non vi è alcun limite per i livelli dei metalli pesanti nei terreni utilizzati per la produzione di alimenti biologici certificati USDA. 

# 10) La FDA attualmente non da alcun limite sulla quantità di metalli pesanti consentiti negli alimenti, la FDA , di volta in volta,  non conduce esami di laboratorio per  prove di contaminanti in alimenti importati. Tuttavia, la FDA non pubblica o impostare  limiti ufficiali sui metalli pesanti negli alimenti importati. Solitamente, quando la FDA fa trovare metalli negli alimenti (come ad esempio l'arsenico nel riso), dichiara il contaminante "troppo basso per causare rischi  alla salute a breve", e palesemente ignorano i rischi per la salute a lungo termine . Anche il cibo infetto e veicolo di E.coli o salmonella, per la FDA non vi è  nessun cibo troppo inquinato  . 

# 11) L'uso di "prodotti biologici" non non rende automaticamente l'intero prodotto biologico 
Alcuni prodotti venduti oggi vengono descritti come "biologico", quando solo una frazione dei loro ingredienti sono biologici. Questo non si qualifica un prodotto per essere chiamato biologico. differenza della frase, "tutto naturale", il termine "biologico" è  regolamentato dal governo federale e ha un significato specifico. La sola presenza di ingredienti biologici in un prodotto non è sufficiente perché si possa definire l'intero prodotto è biologico. 
interessante notare che, anche se tutti gli ingredienti impiegati nei prodotti sono certificati biologici, il prodotto in se ha ancora bisogno di essere certificato separatamente per essere veramente chiamato "biologico". 
a proposito, qualche volta il prodotto migliore di in un tipo particolare, non è quello che  certifica l'essere biologico, come abbiamo scoperto dal contenuto dei prodotti di metalli pesanti nei test dei super-cibi . 

# 12) "A basso contenuto calorico" 
significa quasi sempre che è addolcito con un dolcificante chimico basta uno sguardo alle etichette degli ingredienti di "basso contenuto calorico" alimentare o delle bevande, e  quasi sempre trovate sucralosio, acesulfame potassio, saccarina, aspartame o altri dolcificanti chimici. 
La presenza di tali dolcificanti chimici è quasi onnipresente sugli alimenti sportivi l'etichetta è "a basso contenuto calorico". 
Eppure "a basso contenuto calorico" non significa che sia più sano per voi in alcun modo. In effetti, gli alimenti a basso contenuto calorico come le bibite gassate dietetiche possono  contenere ingredienti estremamente dannosi come l'acido fosforico, una potente sostanza chimica che può erodere i denti e le ossa .

venerdì 13 settembre 2013

SIS-MA: L'ASSEMBLEA DI GHILARZA DELL'8 SETTEMBRE E LA PROSPETTIVA.

 
Caro Vàturu , ti invio il documento di Sis-Ma redatto dopo l’assemblea di Ghilarza. Naturalmente lo invio a voi per pubblicarlo o fare un articolo su: Sa Defenza . 
    Abbiamo scelto come Sis –Ma di diffondere il documento solo con voi , Arrexini , Il minuto , nel blog del minatore rosso e nel nostro sito . Abbiamo volutamente evitato l’altra stampa . Il documento sarà fatto pervenire a tutti i partiti e movimenti indipendentisti .
    A si biri cun saludi Antonello
    presentazione alla stampa di SIS-MA
    Sa Defenza è sempre disponibile a pubblicare documenti che hanno  l'obbiettivo di allargare il dibattito, su e dentro i movimenti indipendentisti che ragionano di liberazione della Sardinya.
    Si ringrazia tutti gli amici che ci danno questo privilegio di divulgazione dei loro documenti.


    all'ingresso della torre aragonese a Ghilarza

    L'ASSEMBLEA DI GHILARZA DELL'8 SETTEMBRE  E LA PROSPETTIVA.


L'EMERGENZA SARDA. 

La Sardegna presenta oggi una condizione sociale, economica e ambientale di grave emergenza; gli attori di questo processo sono il grande capitale, la speculazione su un territorio dato in preda e il potere politico e tecnocratico rappresentato dai partiti politici italiani e dai loro terminali sardi. 


La vorticosa concentrazione di investimenti sulla produzione di energia, sull'industria dei rifiuti e in campo militare (condotte in modo frontale contro le residue potenzialità di destinazione agricola, mineraria e turistica) corrisponde alla accelerazione del disinvestimento e all'abbandono integrale di tutta la produzione industriale manifatturiera che ha segnato l'economia sarda negli ultimi trent'anni. 


L'accelerazione del processo ha determinato nell'ultimo anno la nascita e la diffusione di comitati popolari spontanei in una misura finora ignota. Si tratta di una domanda sociale estrema che non ha trovato finora alcuna reale rispondenza politica.



LA FATUITA' ELETTORALE. 
La politica regionale approda a un rinnovo della legislatura che va praticamente a corrispondere con le probabili nuove elezioni politiche italiane e con le elezioni europee, nel pieno della crisi globale. 
La crisi sarda, come altri gironi infernali ormai seminati in Europa dal neoliberismo, appare come ingoiata dalla crisi italiana come questa dalla crisi europea. Una tale situazione necessiterebbe letteralmente di un 'alto profilo' nell'interpretazione del processo e di una estrema attenzione al passaggio elettorale, il quale difficilmente avrà il potere di fornire rimedi ma molto facilmente potrebbe dare come sua risultante il colpo di grazia. 
E' questo che impone la ricerca di una composizione del fronte indipendentista e popolare sardo che in primo luogo sia in grado di affrontare i nuovi rapporti di forza che saranno determinati dal risultato elettorale, e se possibile (ma non prioritariamente) sia anche in grado di affrontare le elezioni e possibilmente di contrastarne le trappole maggioritarie concordate dai partiti del regime coloniale pd-pdl per garantirsi la forma duopolistica del potere. 
Questo fronte non va inteso come un artificio: esso, anche se insufficiente rispetto al ritmo dell'aggressione coloniale, ha letteralmente fatto da scudo contro i colpi più gravi: sul nucleare, sulle basi militari, sul territorio, sui lavoratori ecc. 
E' indispensabile che questo scudo, temprato sul campo di battaglia, non si sciolga per il fatuo gioco delle sirene che notoriamente prendono corpo quando si apre il sipario delle elezioni.

UNA SITUAZIONE COMPROMESSA. 
La trasformazione dello scudo della resistenza in un puzzle privo di soluzione è in atto; riteniamo che nessuno dei soggetti in gioco (noi compresi) possa dirsene assolto, e trascuriamo le futili distinzioni nominali tra indipendentismi, sovranismi, sardismi ecc. 
Stando ai fatti, riteniamo che la compromissione decisiva sia stata determinata dalla decisione dell'organizzazione Progres di lanciare una candidatura fondata sulla notorietà personale, favorita dalla stima diffusa nei riguardi della candidata, ma anche mossa allo svilimento delle forze indipendentiste e socialiste e diretta essenzialmente all'elettorato moderato di centrosinistra e di centrodestra; 
le compromissioni che si sono poi succedute da parte delle altre organizzazioni, e di cui non è dato conoscere oggi l'esito, sono a loro volta imposte dalla necessità di garantire ai concorrenti il quorum necessario per accedere all'elezione. 
Tutto questo è comprensibile e persino giustificabile, se si considera senza pregiudizi il valore delle persone. 
Tuttavia, nel complesso della situazione che così si è venuta a creare, significa probabilmente il suicidio elettorale di chi non passerà il quorum e certamente il suicidio politico di chi invece lo passerà. 
Un puzzle presenta una e una sola risoluzione giusta; il puzzle elettorale sardo presenta invece molte soluzioni che sono oggi tutte sbagliate; dunque va ricercata con pazienza, rispetto reciproco e pari dignità la soluzione più auspicabile per il popolo sardo, ivi compresa quella sua parte imponente che per totale perdita della fiducia nello strumento elettorale sceglierà di non andare a votare.

LA NECESSITA' DI UNA ASSEMBLEA PERMANENTE. 
Sis-ma ha analizzato in modo pubblico, a partire dalla presentazione della candidatura di Michela Murgia, il processo che si è venuto a determinare in seno al campo indipendentista, e ha reso manifesto l'impegno a sostenere una sorta di assemblea permanente su questa grave situazione, fino alla sua migliore risoluzione. 
Abbiamo ripetuto in tutti i modi che ci impegniamo a partecipare a tutte le iniziative volte a ricercare l'esito del fronte unito; è in questo spirito che abbiamo partecipato all'assemblea di Ghilarza dell'8 settembre ed è in questo spirito che ci muoveremo ancora con tutta la correttezza di cui possiamo essere capaci. 
Sappiamo che tutti i soggetti che riteniamo nostri interlocutori asseriscono di avere le porte aperte: bene, noi vi entreremo tutte le volte che saremo invitati, purché si assuma che le porte aperte servono davvero al loro scopo se chi è dentro si prova anche ad uscirne fuori; non serve a nessuno custodire questo genere di fortini, se essi impediscono di poter confrontare con gli interlocutori la visione dell'intero panorama. 
Si può obiettare che anche l'assemblea di Ghilarza ha avuto un suo soggetto promotore e padrone di casa, anch'essa con le sue dichiarazioni di porte aperte; essa ha tuttavia aperto un percorso che sarebbe stato ormai difficile costringere nei limiti dell'organizzazione che l'ha promossa proprio in forza di questa consapevolezza, ed è di questo che oggi si deve prendere atto.

L'ASSEMBLEA DI GHILARZA DELL'8 SETTEMBRE. 
L'assemblea di Ghilarza è dunque un fatto, ed è un fatto politico rilevante; stando a un giudizio realistico, essa non era in realtà una “assemblea generale” quanto piuttosto una assemblea cui hanno partecipato “parti” del mondo indipendentista: quell'incontro fra “parti” ha comunque prodotto un risultato condiviso che assume una sua rilevanza generale; 
è anche vero che alcuni dei partecipanti l'hanno abbandonata avendo constatato l'assenza di componenti politiche molto importanti, ma è anche vero che duecento militanti di varie organizzazioni ne hanno deciso il risultato dopo molte ore di confronto. 
Riteniamo futile in questa sede disquisire sul livello di democraticità dell'assemblea, che ha innegabilmente dato la parola e la facoltà di replica a tutti su un ordine del giorno definito. 
Francamente, non si può considerare il risultato conseguito come il frutto di forzature. 
Esso si compone di due deliberati, che vanno intesi con attenzione. 
Il primo deliberato impegna i convenuti sulla linea del “fronte unitario”, ovvero sul perseguimento della costruzione di quel “fronte unico” che oggi è compromesso dalle partenze elettorali finora compiute. 
Il secondo deliberato indica nella territorializzazione dei comitati lo strumento di proposta e di verifica relativamente all'incombenza elettorale.

SIS-MA E L'ASSEMBLEA DI GHILARZA. 
I compagni di Sis-ma si sono espressi a favore del primo deliberato, che ha avuto una approvazione quasi unanime; si sono invece astenuti sul secondo deliberato, che pure è stato approvato a larga maggioranza. 
Le ragioni di questa condotta di voto sono state appositamente dichiarate e vertono sul rapporto tra emergenza sociale e incombenza elettorale. 
Riteniamo cioè che mentre vi sono tutte le ragioni per la costituzione di un fronte di resistenza organizzato e permanente tanto più in occasione delle elezioni e quindi del rinnovo della geografia del potere politico in regione, persistono molte controndicazioni sulla prioritaria finalizzazione elettorale di questo sforzo comune. 
La controindicazione più elementare consiste appunto nel rischio di costruire una cosa buona (un fronte di resistenza) la cui prima prova in scena possa tradursi in un conflitto elettoralistico con altre anime del mondo indipendentista, e quindi con nostri stessi compagni, con i quali invece operiamo insieme nei conflitti sociali;

che cioè la ricerca fatua del consenso in campagna elettorale possa dare luogo a una tipologia di fuoco amico che avvantaggerebbe immediatamente il comune nemico e che riteniamo vada assolutamente evitata. 
La controindicazione più sostanziale riguarda invece la reale utilità di costringere alla misura del mercato elettorale un bene (l'indipendenza, l'uguaglianza) che ha valore non misurabile.
La terza controindicazione riguarda le soglie di quorum e la compatibilità delle alleanze. 
Tenuto conto di queste riserve, consideriamo con favore il processo diffusivo dell'azione politica nei comitati territoriali e daremo dunque il nostro contributo alla loro azione.
SIS-MA E LE ALLEANZE ELETTORALI. 
Siamo assolutamente consapevoli della necessità di alleanze difficili e problematiche in una situazione come questa, e quindi non serve da parte nostra perdere tempo in anatemi inutili nei confronti delle forze politiche che ritengono di doverle fare. 
Chiediamo la stessa comprensione nei nostri confronti: oltre ad essere in opposizione politica frontale al centro destra, noi non sosterremo alcuna alleanza interna al centro sinistra o che si presenti come sua variante; nè abbiamo alcun interesse per le posizioni sardiste-sovraniste-indipendentiste a connessione centrista variabile (psdaz ecc.). 
Sul puro terreno elettorale siamo persino disponibili a ridurre la nostra posizione ideologica comunista al puro e semplice concetto del bene comune, inteso come la terra, l'acqua, l'ambiente, la pace, i diritti, ma non siamo assolutamente disposti ad interloquire con ideologie dichiarate o con pratiche di governo che calpestano questi princìpi. 
Siamo pienamente consapevoli della difficoltà di tutto questo quadro; riteniamo che siano stati fatti degli errori anche molto gravi; confidiamo tuttavia che la situazione possa essere migliorata e c'è una ragione che ci costringe a questa fiducia: riteniamo che nessun compagno, nessuna forza politica con cui combattiamo insieme nella battaglia quotidiana contro il potere coloniale debba cadere nelle mani del nemico per il semplice gioco di specchi delle elezioni.

SISMAsinistra indipendentista sarda - movimento anticapitalista 10 settembre 2013


in attesa dell'inizio dell'assemblea generale indipendentista a Ghilarza 8.9.13


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