ZONA FRANCA possibile col Nuovo codice doganale Comunitario.
Torna la realtà polverizzando le bufale dei santoni zonafranchisti.
MARIO CARBONI
Finalmente il Parlamento europeo ha approvato oggi il “Codice doganale dell'Unione ( rifuso) “ abrogando e sostituendo il Codice doganale europeo nato nel 1992 e le sue numerose riedizioni compresal'ultima nota come 450/2008.
E' una buona notizia perché almeno per quanto riguarda i confini dell'Unione europea e le conseguenti regole doganali c'è certezza di diritto e si tappa la bocca ai tanti azzeccagarbugli che in questi ultimi tempi hanno diffuso notizie ed argomentazioni sbagliate e fuorvianti, tanto da confondere molte persone in buona fede e dare strumenti demagogici a politicanti che su queste bufale hanno impostato le loro strategie elettoralistiche.
Questo apprezzamento nasce perché il neonato Codice doganale comunitario trattando di confini e dogane stabilisce ormai senza ombra di dubbio cosa è una Zona franca, chi la istituisce, quali sono le regole per crearle e gestirle e tante altre misure che si possono meglio conoscere leggendone nell'art.270 le caratteristiche.
Tralasciando i percorsi, le motivazioni e le modifiche ben illustrate nella prima parte del documento, già in rete nel sito web dell'Unione Europea da oltre un anno e che tutti potevano leggere, perfino i santoni sgarrupati della “zona franca fantasy”, è bene restringere una prima analisi agli interessi della Sardegna e cioè come queste regole, applicate dal primo giorno del mese successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea e con un periodo transitorio di massimo 18 mesi dato agli Stati per adeguarsi, influiscano sulla realizzazione del diritto storico dei sardi alla zona franca.
Bisogna puntualizzare che il Codice tratta solo di dogane, cioè di fiscalità doganale e detta norme esclusivamente sulla doganalità e non sull'insieme della fiscalità diretta ed indiretta delle imprese e dei cittadini che operano nell'Unione europea e che importano ed esportano beni e servizi attraverso le frontiere dell'Unione e quindi di quelle esterne degli Stati che ne fanno parte.
Il Codice doganale detta norme anche su porzioni di territorio, sia di frontiera che all'interno del territorio dell'Unione che “intercluse” cioè delimitate e con particolari caratteristiche doganali vengono chiamate “Zone franche” e che sono territori considerati extradoganali, quasi fossero territori esteri per le statualità dell'Unione e che sono elencati nel seguente sito web dell'UE:
http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/customs/procedural_aspects/imports/free_zones/list_freezones.pdf
Il vecchio codice doganale europeo, sin dalla sua apparizione, nel 1992, per prima cosa ed era proprio per questo che era nato, nell'art.1 definiva quale fosse il territorio complessivo dell'allora Comunità economica europea ( oggi divenuta Unione Europea ) composto dal territorio degli Stati componenti e con suoi confini esterni, in ragione del fatto che tutti gli Stati appunto per creare un mercato comune avevano delegato tutti i poteri sulle dogane al Parlamento europeo e alla Commissione, questi poteri avrebbero dovuto essere esercitati omogeneamente secondo un Codice doganale europeo, cioè attraverso un “ Trattato” definito da un “Regolamento Europeo” , comedire da una “ legge europea” valida per tutti e da tutti rispettata e introdotta nella legislazione interna di ogni Stato.
Sempre nell'art.1, in ragione di motivazioni particolari storiche della formazione dei confini dei singoli Stati europei e spesso come relitti dei conflitti succedutisi fra i diversi stati per determinare le rispettive frontiere, venivano elencate delle eccezioni, denominati territori extradoganali.
L'incomprensione di queste eccezioni, l'errata interpretazione delle loro caratteristiche e finalità, ha dato la stura a polemiche e falsi obiettivi, culminati con la grottesca richiesta di far considerare la Sardegna assimilabile a questi territori, tanto da richiedere la modifica , prima dell'art.1 del Codice doganale europeo e poi del nuovo “Codice doganale dell'Unione ( rifuso ) appena approvato dal Parlamento europeo, fortunatamente senza questa modifica bislacca e totalmente inutile ai fini della realizzazione della Zona franca sarda, pur definita integrale, venisse presa in considerazione.
Per confermare questa affermazione e bene sottolineare che, disinformati o poco conoscitori della materia o peggio demagoghi e mestatori potrebbero supporre in buona fede o meno che il confine politico di uno Stato e per estensione quello dell'Unione europea coincida con il suo territorio doganale ma così non è.
All'interno del territorio doganale della Unione europea esistono invece diverse aree che fanno parte del territorio politico di diversi Stati membri ed in particolare della Danimarca, Germania, Spagna, Francia ed Italia, ma che invece non fanno parte del loro territorio doganale ( quindi neppure del territorio doganale dell'UE ) e perciò sono territori extradoganali e come tali sono stati puntualmente elencati dall'inizio già nel 1992 e sempre confermati anche nell'art.3 dell'ultima versione dell'ora annullato Codice doganale europeo 450/2008 ( adattato) e che sono stati ancora confermati nel “ Nuovo codice doganale dell'Unione “ ( rifusione) all'Art.4, votato oggi nel Parlamento europeo e che sarà valido dopo un mese dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea, cioè probabilmente dal novembre prossimo.
Il paragrafo 1 dell'art.4 del nuovo “ Codice doganale dell'Unione (rifuso) ” elenca tutti gli Stati il cui territorio compone il territorio doganale dell'Unione europea, confermando quanto era previsto nel precedentemente tranne qualche modifica per quanto riguarda la Francia e i suoi territori d'oltremare..
Nell'elencare la lista degli Stati tutti firmatari di questo Trattato ( che poteva essere modificatoe certamente in parti semplici o secondarie anche nella sua finalissima fase presentando degli emendamenti entro il termine ultimo del 16 ottobre 2012 e che lo Stato italiano, unico a poterlo fare, non ha mai presentato ) per qualcuno di questi specifica delle eccezioni.
Diversi pifferai magici che suonano ad orecchio sulla Zona franca sarda non riescono a capire o peggio non vogliono farlo che il Codice doganale comunitario (rifuso) oltre a questi territori che non fanno parte del territorio doganale europeo, quindi posti fuori dalla linea doganale comune e perciò non soggetti alle norme doganali dell'Unione sono considerati a tutti gli effetti come territori esteri ed appunto definiti extradoganali de facto.
Prevede inoltre che vi siano altri territori che fictio iuris, cioè per una finzione giuridicasiano considerati come posti fuori dalla linea doganale europea e che sono appunto lezone franche.
Le zone franche erano previste all'art. 155 del Codice doganale europeo 450/2008 che ora è divenuto l'art. 207 del nuovo “ Codice doganale dell'Unione”, confermando che:
- sono esclusivamente gli Stati membri ( non le Regioni e tantomenoi Comuni ) che possono destinare talune parti del territorio doganale dell'Unione a zona franca.
- che è lo Stato che stabilisce l'area interessata e i punti di entrata ed uscita.
- che le zone franche sono intercluse ( sono scomparse sia la dizione punti franchi che la possibilità di zone franche non intercluse) e il loro perimetro e i punti di entrata ed uscita sono sottoposti a vigilanza doganale.
- gli Stati devono comunicare alla Commissione informazioni sulle rispettive zone franche esistenti, senza che la Commissione possa interferire o condizionare in alcun modo questa decisione se limitata alla fiscalità doganale.
Bisogna chiarire che pur se sulle decisioni degli Stati di istituire zone franche doganali, la Commissione europea non può interferire in nessuna maniera, invece se nelle zone franche doganali vengono stabilite anche delle defiscalizzazioni di imposte dirette e indirette o di altro tipo su persone e società per redditi, produzione e commercio di beni e servizi, il loro ammontare, la loro qualità e durata e chi ne usufruisce, devono essere comunicate dagli Stati affinché la Commissione possa stabilire se siano da considerare aiuti di stato non compatibili con la normativa che vieta la distorsione di concorrenza o autorizzabili e compatibili in forza di motivazioni storiche, demografiche, culturali, economiche, geografiche, di superamento di sottosviluppo, d'insularità penalizzante o norme di altro tipo, previste dai trattati europei ed in particolare dal Trattato di Amsterdam e da altre regole e che sono alla base delleante autorizzazioni di zone franche sopratutto fiscali nell'Unione Europea ed in particolare nelle Isole.
Ora è evidente che nel dibattito presente sulla zona franca in Sardegna, posizioni incolte o acerbe in materia non colgono il nesso esistente fra la particolare esigenza di ogni territorio o popolo richiedente le franchigie fiscali, che esse siano solo doganali o doganali e fiscali assieme o solo fiscali e la dimensione territoriale, che può essere limitata o estesa, delimitata da manufatti come muri o reti oppure parzialmente o interamente da confini naturali come fiumi, mari o rive di laghi e gli esempi reali sono molteplici.
Per quanto riguarda le Isole si può ricordare la Corsica è zona franca fiscale e non doganale, estesa a tutta l'Isola e i cui confini sono le sue coste.
Oppure le Isole Canarie che hanno delle zone franche con defiscalizzazioni doganali intercluse mentre il resto delle Isole Canarie nelle città e campagne e aree turistiche sono zone franche con defiscalizzazioni alle produzioni, commerci e consumi, del resto estese anche alla zone franche doganali e portuali ove si sommano alle defiscalizzazioni doganali.
Altro caso è la zona franca doganale e fiscale di Shannon in Irlanda che è interclusa ma la cui zona franca fiscale è estesa alla intera regione nella quale e posta interessando città e paesi ove vige la zona franca fiscale anche per l'università, il parco tecnologico e il turismo.
Da questo punto di vista l'ipotesi di zona franca sarda viene chiarita e facilitata dall'approvazione del Nuovo codice doganale dell'Unione anche se limita i suoi effetti alle franchigie doganali perché in nessuna sua parte pone limiti all'ampiezza e al tipo dei suoi confini e alla fiscalità di vantaggio aggiuntiva.
In ipotesi la zona franca sarda, in forza del Nuovo codice potrebbe benissimo essere delimitata dalle coste sarde ed interessare non solo tutta la Sardegna ma anche l'intero popolo sardo.
Una zona franca siffatta, limitata alle franchigie doganali non corrisponderebbe alle aspirazioni dei sardi che sopratutto vogliono liberarsi da una fiscalità opprimente, sbagliata e contraria ad ogni sviluppo e quindi la zona franca sarda deve essere anche e sopratutto fiscale, per i motivi ben noti e per essere competitiva con le altre e tante zone franche fiscali presenti almeno nel Mediterraneo.
Ovviamente se per zona franca integrale s'intende un mix di fiscalità di vantaggio doganale e fiscale che interessa tutta la Sardegna, questa deve essere definita non più sulla base di principi astratti ma sopratutto da un complessivo progetto industriale che descriva la sua complessiva articolazione tenendo conto anche di defiscalizzazioni al consumo che sono presenti in tante zone franche europee compreso qualche limitato esempio italiano.
Un Business Plan, un piano industriale ben articolato che preveda ragionevolmente gli investimenti preconizzati, l'occupazione, il pil, e l'ammontare degli sgravi fiscali necessari a raggiungere gli obiettivi in cinque, dieci anni ed anche più è quello che oggi manca e che né sostenitori della Zona franca comunque coniugata né le forze sociali o peggio i poteri pubblici sardi hanno ancora provveduto ad abbozzare o definire compiutamente o a stanziare le sommeutili per realizzarlo con risorse umane anche internazionali.
L'ultimo investimento e studio serio e approfondito ma che andrebbe fortemente rivisitato e completato in maniera moderna è quello realizzato dalla Giunta Melis negli ormai lontani ultimi anni 80 del secolo scorso.
Riassumendo, il superato codice doganale europeo 450/2008 prevedeva che vi fossero territori che sono fuori della linea doganale europea ed altri che sono considerati fuori della medesima linea doganale.
Ad ognuno di essi, quelli rispettivamente elencati nell'Art.3 e quelli previsti nell'Art. 167 corrispondeva una diversa situazione giuridica.
Il Nuovo Codice doganale dell'Unione conferma gli stessi concetti nel paragrafo 1 dell'art.4 e nell'art. 207 dedicato alle zone franche ( pag. 187 de ltesto consultabile sul web prima del voto).
Nei primi territori ( paragrafo 1 art.4 ) che sono extradoganali per loro natura ( defacto) e totalmente sottratti alla giurisdizione giuridica doganale dello Stato a cui politicamente appartengono sono consentiti l'uso ed il consumo di merci estere in franchigia di dazio ed in Italia ( solo per merci contingentate stabilite comunque con leggedello Stato ) sono i comuni di Livigno e di Campione d'Italia e le aree delimitate dalle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio.
Nei secondi territori ( zone franche ) tutte le attività sono sottoposte a una giurisdizione limitata e in quanto territori solo assimilati ai territori extradoganali ( fictio iuris-per finzione di legge ) e sono permessi l'uso ed il consumo delle merci estere in franchigia di dazio solo da specifiche norme di legge statali, e il cui elenco europeo è visibile nel link sopra riportato.
Confondere queste due differenti fattispecie di zone extradoganali e non capirne la genesi e le differenze può portare a gravi errori e confusioni, come alimentare la irreale e facilona assimilazione della Sardegna intera a Livigno e Campione, che sono in realtà terre svizzere entro i confini politici italiani e quindi in condivisione secondo un accordo che si tramanda da secoli.
Bisogna contestualizzare e conoscere delle terre extradoganali elencate e confermate nel Nuovo Codice doganale dell'Unione ( rifuso ) le particolari condizioni storiche che le hanno originate, le posizioni geografiche, i trattati internazionali anche lontani ed i rapporti interstatali e confinari nei quali sono inserite, gli esiti di antichi rapporti coloniali e irrisolti problemi di decolonizzazione, senza confonderle con la questione delle zone franche sia doganali che fiscali ches ono tutt'altra cosa e alle quali punta la Sardegna da quasi due secoli per la sua liberazione economico fiscale.
Questa confusione ha raggiunto vette impensabili in Sardegna con l'idea sbagliata diffusa recentemente di assimilare la condizione di Livigno e Campione d'Italia alla Sardegna nel richiedere la creazione della zona franca sarda.
I principi del Codice doganale europeo, in quanto espressi con un Regolamento (ricordo che ha valore di una legge ) hanno una portata generale e sono da applicare obbligatoriamente in ogni Stato membro, tanto che in passato sono stati immediatamente recepiti dal TU-Testo unico delle disposizionilegislative in materia doganale dello Stato italiano e che questo si dovrà adeguare al nuovo Codice doganale dell'Unione approvato recentissimamente nel Parlamento europeo.
Per affrontare la questione di Livigno e Campione d'Italia ed anche avere chiarezza sulle eventuali analogie o discrepanze con la “Questione zona franca sarda” è necessario illustrare cosa è una “linea doganale”, un “territorio doganale” e sopratutto cosa sono i “territori extradoganali”.
Il TU in vigore nella Repubblica italiana chiarisce preliminarmente che “ Il lido del mare ed i confini con altri stati costituiscono la Linea doganale e il territorio circoscritto dalla linea doganale, costituisce il territorio doganale.
Per quanto riguarda la Sardegna e questo dato è immutabile, sono le sue coste ad essere complessivamente linea doganale sarda e dello Stato.
Il TU chiarisce invece che nel Comune di Livigno “..la linea doganale, anziché il confine politico, segue le sponde nazionali del lago di Lugano e la delimitazione del Comune di Livigno verso i comuni italiani ad esso limitrofi.
Mentre per il Comune di Campione d'Italia, specifica che il confine politico, che racchiude il suo territorio, non costituisce linea doganale.
I Comuni di Livigno e Campione d'Italia quindi, sono compresi nei confini politici della Repubblica italiana ma non in quelli doganali , costituendo territori extradoganali.
Ma perché Livigno e Campione d'Italia sono territori extradoganali?
Livigno e la sua vallata, nonostante siano sotto la sovranità politica italiana, gravitano economicamente verso la vallata svizzera dell'Engandina e in un non lontano passato rimanevano anche fisicamente isolati verso l'Italia nei lunghi mesi invernali e per questo con la legge 17 luglio 1910 n. 516 Livigno e la sua vallata vennero dichiarati fuori dalla linea doganale italiana.
Fu permesso introdurre nel territorio doganale italiano in esenzione dai diritti doganali animali nati ed allevati nel Comune e contingenti di prodotti locali tassativamente indicati per qualità e quantità certificati dal Comune.
Non è inutile ricordare che le franchigie godute a Livigno hanno una storia che attraversa i secoli, già riconosciute dall'impero austriaco e che interessano oggi non più di 6.000 abitanti.
Campione invece deve la sua situazione ad impegni internazionali dato che il suo territorio è a tutti gli effetti una “enclave” entro il territorio svizzero e le acque svizzere del Lago di Lugano costituiscono quasi un caso di “annessione doganale” ad uno Stato estero e le sue franchigie interessano non più di 2.000 abitanti.
Chiedere demagogicamente che venisse modificato, prima il Codice doganale comunitario in vigore nell'art.1 paragrafo 4, e fuori tempo massimo ( dato che i richiedenti neppure lo conoscevano) anche il Codice doganale dell'Unione che si stava per votare definitivamente, per allineare lo status della Sardegna a Livigno e Campione come territorio extradoganale,ha significato in primis non capire cosa è un trattato internazionale e quali sono le lunghissimee defatiganti procedure necessarie per trovare l'accordo diplomatico necessario per la sua scrittura e l'approvazione e chi sono gli attori di questa vicenda eminentemente politica.
Ha inoltre significato non capire che cosa è una zona franca e come la richiesta e determinazione per realizzarla da parte di uno Stato, certo su sollecitazione e concertazione con le comunità e le istituzioni autonomiste , come parte dello Stato postafictio iuris fuori dalla linea doganale dello Stato medesimo, sia in effetti la cosa migliore da fare per raggiungere gli obiettivi economici e di sviluppo che le zone franche si prefiggono.
Prova ne è, basta leggere l'elenco delle zone franche europee, che per nessuna di queste zone, vecchie e nuove alcun Stato ha richiesto che fossero poste defacto fuori dalla linea doganale dello Stato ma ha deciso che invece fossero considerate fuori dalla linea doganale dello Stato, come ad esempio per parlare di Isole le Canarie, la Corsica, Malta, le Azzorre, Cipro, Shannon in Irlanda e le zone franche che pullulano nell'Est dell'Unione europea.
La zona franca della Corsica ad esempio è delimitata dalle sue coste, perché non potrebbe esserlo anche la Sardegna o perché non si potrebbe pensare ad una unica zona franca insulare doganale e fiscale Sardegna-Corsica??
Anche nella proposta di Mario Melis di “zona franca sarda integrale”, già inventata nella sua definizione e nei suoi contenuti e votata dal centrosinistra e dai sardisti nel 1988, che rimane una traccia importante per la zona franca sarda che sia doganale e fiscale, la pregiudiziale richiesta di extraterritorialità tipica delle zone franche era fictio iuris e si riferiva ad un progetto che interessasse tutta l'Isola e non veniva affatto richiesto di considerare la Sardegna come la Groenlandia o Livigno, cosai noltre totalmente inutile ai fini dell'obiettivo da raggiungere.
Per questo non si dovrebbe seguire la demagogia di chi chiede cose inutili e improbabili, fuori dalle sue competenze ed in capo allo Stato, ma che sono raggiungibili con una concertazione serrata con lo Stato in base ai nostri diritti autonomistici, solo per cavalcare richieste sbagliate di movimenti pontanei attivi ma confusi e diretti o meglio strumentalizzati, ormai è chiaro, da individui che puntano ad essere attori e candidati nelle prossime elezioni regionali.
La questione invece va ripresa senza che approfittando dello sputtanamento dell'idea di Zona franca integrale a causa di posizioni e comportamenti che ho succintamente evocato, ne approfittino i non pochi “avversari storici” non solo della vera e argomentatazona franca integrale, ma dell'idea stessa di zona franca e defiscalizzazioni.
Questi nemici storici sono annidati nelle periferie di una certa sinistra sarda assimilazionista per quanto riguarda la lingua sarda, antiautonomista e centralista politicamente e in quegli strati di borghesia compradora, burocratica e sindacale,che vive e prospera solo nell'assistenzialismo e nella dipendenza coloniale e che teme come il fuoco la liberalizzazione della nostra società ed il passaggio dai trasferimenti monetari ormai impossibili agli investimenti ed iniziative economiche favorite dalle defiscalizzazioni sia doganali ma sopratutto fiscali tipiche delle zone franche moderne, volte alla produzione ed all'esportazione e quindi all'occupazione ed all'aumento dei redditi e dei consumi del popolo sardo nel suo insieme.
La confusione diffusa a piene mani dai pifferai magici della zona franca, dalle errate e scomposte posizioni ed azioni dell'Esecutivo, platealmente alleati in funzione elettoralistica e strumentalizzante i Movimentiche che tanto si sono spesi per questa Idea, fa prevedere che nulla si otterrà di concreto e definitivo neanche per l'attuazione del DLG .75/98 che ha istituito le sei zone franche sarde e che difficilmente saranno delimitate anche solo doganalmente entro la fine della legislatura.
Purtroppo una vittoria del movimento per la zona franca ottenuto col decreto 75/98 che poteva essere l'inizio di un processo più ampio tendente ad inglobare tutte le comunità sarde in un progetto per tappe che comprendesse non solo le zone franche con vocazione portuale, aeroportuale ed industriale ma anche il resto del territorio in un sistema di defiscalizzazioni urbane e al consumo contingentato e sopratutto dei prodotti energetici per tutto il popolo sardo, sembra sfumare in questi ultimi mesi dell'anno che preludono alla prossime elezioni regionali.
Servirà, alla luce di questo nuovo Codice doganale dell'Unione ed a una più matura progettualità anche delle forze in campo che si contenderanno il consenso popolare per il Governo della Sardegna nella prossima legislatura, affrontare la questione seriamente ben sapendo che solo nella prossima legislatura un Governo sardo che sappia cosa vuole veramente saprà, utilizzando il Nuovo codice doganale dell'Unione ( rifuso ) realizzare la zona franca sarda doganale e fiscale con un confronto non certo facile ma non impossibile con lo Stato e l'Unione europea sopratutto per quanto riguarda la fiscalità di vantaggio.
L'approvazione delle nuove norme europee sulla zona franca che peraltro non concepiscono più le zone franche non intercluse lascia ancora ampie possibilità di successo, certo non di più di quelle ottenibili essendo indipendenti e trattando direttamente con l'Europa o con uno Statuto autonomistico sardo più avanzato e dotato di sovranità fiscale.
Anche a legislazione vigente, con le idee chiare e il sostegno popolare è possibile avere ampi successi e realizzazioni, salvo rinunciare a richieste come quella coralmente ritenuta nel Parlamento europeo e dagli esperti del settore non solo astrusa e bislacca ma anche ridicola, di modificare senza nessun bisogno il trattato sulla dogana europea o dichiarare la Sardegna sarà zona franca integrale perchè i sindaci con la forza magica delle loro parole dichiarano ogni cucuzzolo del proprio Comune zona franca.
Questo apprezzamento nasce perché il neonato Codice doganale comunitario trattando di confini e dogane stabilisce ormai senza ombra di dubbio cosa è una Zona franca, chi la istituisce, quali sono le regole per crearle e gestirle e tante altre misure che si possono meglio conoscere leggendone nell'art.270 le caratteristiche.
Tralasciando i percorsi, le motivazioni e le modifiche ben illustrate nella prima parte del documento, già in rete nel sito web dell'Unione Europea da oltre un anno e che tutti potevano leggere, perfino i santoni sgarrupati della “zona franca fantasy”, è bene restringere una prima analisi agli interessi della Sardegna e cioè come queste regole, applicate dal primo giorno del mese successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea e con un periodo transitorio di massimo 18 mesi dato agli Stati per adeguarsi, influiscano sulla realizzazione del diritto storico dei sardi alla zona franca.
Bisogna puntualizzare che il Codice tratta solo di dogane, cioè di fiscalità doganale e detta norme esclusivamente sulla doganalità e non sull'insieme della fiscalità diretta ed indiretta delle imprese e dei cittadini che operano nell'Unione europea e che importano ed esportano beni e servizi attraverso le frontiere dell'Unione e quindi di quelle esterne degli Stati che ne fanno parte.
Il Codice doganale detta norme anche su porzioni di territorio, sia di frontiera che all'interno del territorio dell'Unione che “intercluse” cioè delimitate e con particolari caratteristiche doganali vengono chiamate “Zone franche” e che sono territori considerati extradoganali, quasi fossero territori esteri per le statualità dell'Unione e che sono elencati nel seguente sito web dell'UE:
http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/customs/procedural_aspects/imports/free_zones/list_freezones.pdf
Il vecchio codice doganale europeo, sin dalla sua apparizione, nel 1992, per prima cosa ed era proprio per questo che era nato, nell'art.1 definiva quale fosse il territorio complessivo dell'allora Comunità economica europea ( oggi divenuta Unione Europea ) composto dal territorio degli Stati componenti e con suoi confini esterni, in ragione del fatto che tutti gli Stati appunto per creare un mercato comune avevano delegato tutti i poteri sulle dogane al Parlamento europeo e alla Commissione, questi poteri avrebbero dovuto essere esercitati omogeneamente secondo un Codice doganale europeo, cioè attraverso un “ Trattato” definito da un “Regolamento Europeo” , comedire da una “ legge europea” valida per tutti e da tutti rispettata e introdotta nella legislazione interna di ogni Stato.
Sempre nell'art.1, in ragione di motivazioni particolari storiche della formazione dei confini dei singoli Stati europei e spesso come relitti dei conflitti succedutisi fra i diversi stati per determinare le rispettive frontiere, venivano elencate delle eccezioni, denominati territori extradoganali.
L'incomprensione di queste eccezioni, l'errata interpretazione delle loro caratteristiche e finalità, ha dato la stura a polemiche e falsi obiettivi, culminati con la grottesca richiesta di far considerare la Sardegna assimilabile a questi territori, tanto da richiedere la modifica , prima dell'art.1 del Codice doganale europeo e poi del nuovo “Codice doganale dell'Unione ( rifuso ) appena approvato dal Parlamento europeo, fortunatamente senza questa modifica bislacca e totalmente inutile ai fini della realizzazione della Zona franca sarda, pur definita integrale, venisse presa in considerazione.
Per confermare questa affermazione e bene sottolineare che, disinformati o poco conoscitori della materia o peggio demagoghi e mestatori potrebbero supporre in buona fede o meno che il confine politico di uno Stato e per estensione quello dell'Unione europea coincida con il suo territorio doganale ma così non è.
All'interno del territorio doganale della Unione europea esistono invece diverse aree che fanno parte del territorio politico di diversi Stati membri ed in particolare della Danimarca, Germania, Spagna, Francia ed Italia, ma che invece non fanno parte del loro territorio doganale ( quindi neppure del territorio doganale dell'UE ) e perciò sono territori extradoganali e come tali sono stati puntualmente elencati dall'inizio già nel 1992 e sempre confermati anche nell'art.3 dell'ultima versione dell'ora annullato Codice doganale europeo 450/2008 ( adattato) e che sono stati ancora confermati nel “ Nuovo codice doganale dell'Unione “ ( rifusione) all'Art.4, votato oggi nel Parlamento europeo e che sarà valido dopo un mese dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea, cioè probabilmente dal novembre prossimo.
Il paragrafo 1 dell'art.4 del nuovo “ Codice doganale dell'Unione (rifuso) ” elenca tutti gli Stati il cui territorio compone il territorio doganale dell'Unione europea, confermando quanto era previsto nel precedentemente tranne qualche modifica per quanto riguarda la Francia e i suoi territori d'oltremare..
Nell'elencare la lista degli Stati tutti firmatari di questo Trattato ( che poteva essere modificatoe certamente in parti semplici o secondarie anche nella sua finalissima fase presentando degli emendamenti entro il termine ultimo del 16 ottobre 2012 e che lo Stato italiano, unico a poterlo fare, non ha mai presentato ) per qualcuno di questi specifica delle eccezioni.
- il territorio del Regno di Danimarca, ad eccezione delle isole Færøer e della Groenlandia,
- il territorio della Repubblica federale di Germania ad eccezione dell'isola di Helgoland e del territorio di Büsingen (trattato del 23 novembre 1964 tra la Repubblica federale di Germania e la Confederazione elvetica),
- il territorio del Regno di Spagna, ad eccezione di Ceuta e Melilla,
- il territorio della Repubblica francese, fatta eccezione per i territori d'oltremare e per Saint-Pierre e Miquelon e per Mayotte. ( Qualche modifica più di forma che di contenuto che non mi è chiara dovrebbe essere stata votata).
- il territorio della Repubblica italiana, ad eccezione dei comuni di Livigno e di Campione d'Italia e delle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio,
Diversi pifferai magici che suonano ad orecchio sulla Zona franca sarda non riescono a capire o peggio non vogliono farlo che il Codice doganale comunitario (rifuso) oltre a questi territori che non fanno parte del territorio doganale europeo, quindi posti fuori dalla linea doganale comune e perciò non soggetti alle norme doganali dell'Unione sono considerati a tutti gli effetti come territori esteri ed appunto definiti extradoganali de facto.
Prevede inoltre che vi siano altri territori che fictio iuris, cioè per una finzione giuridicasiano considerati come posti fuori dalla linea doganale europea e che sono appunto lezone franche.
Le zone franche erano previste all'art. 155 del Codice doganale europeo 450/2008 che ora è divenuto l'art. 207 del nuovo “ Codice doganale dell'Unione”, confermando che:
- sono esclusivamente gli Stati membri ( non le Regioni e tantomenoi Comuni ) che possono destinare talune parti del territorio doganale dell'Unione a zona franca.
- che è lo Stato che stabilisce l'area interessata e i punti di entrata ed uscita.
- che le zone franche sono intercluse ( sono scomparse sia la dizione punti franchi che la possibilità di zone franche non intercluse) e il loro perimetro e i punti di entrata ed uscita sono sottoposti a vigilanza doganale.
- gli Stati devono comunicare alla Commissione informazioni sulle rispettive zone franche esistenti, senza che la Commissione possa interferire o condizionare in alcun modo questa decisione se limitata alla fiscalità doganale.
Bisogna chiarire che pur se sulle decisioni degli Stati di istituire zone franche doganali, la Commissione europea non può interferire in nessuna maniera, invece se nelle zone franche doganali vengono stabilite anche delle defiscalizzazioni di imposte dirette e indirette o di altro tipo su persone e società per redditi, produzione e commercio di beni e servizi, il loro ammontare, la loro qualità e durata e chi ne usufruisce, devono essere comunicate dagli Stati affinché la Commissione possa stabilire se siano da considerare aiuti di stato non compatibili con la normativa che vieta la distorsione di concorrenza o autorizzabili e compatibili in forza di motivazioni storiche, demografiche, culturali, economiche, geografiche, di superamento di sottosviluppo, d'insularità penalizzante o norme di altro tipo, previste dai trattati europei ed in particolare dal Trattato di Amsterdam e da altre regole e che sono alla base delleante autorizzazioni di zone franche sopratutto fiscali nell'Unione Europea ed in particolare nelle Isole.
Ora è evidente che nel dibattito presente sulla zona franca in Sardegna, posizioni incolte o acerbe in materia non colgono il nesso esistente fra la particolare esigenza di ogni territorio o popolo richiedente le franchigie fiscali, che esse siano solo doganali o doganali e fiscali assieme o solo fiscali e la dimensione territoriale, che può essere limitata o estesa, delimitata da manufatti come muri o reti oppure parzialmente o interamente da confini naturali come fiumi, mari o rive di laghi e gli esempi reali sono molteplici.
Per quanto riguarda le Isole si può ricordare la Corsica è zona franca fiscale e non doganale, estesa a tutta l'Isola e i cui confini sono le sue coste.
Oppure le Isole Canarie che hanno delle zone franche con defiscalizzazioni doganali intercluse mentre il resto delle Isole Canarie nelle città e campagne e aree turistiche sono zone franche con defiscalizzazioni alle produzioni, commerci e consumi, del resto estese anche alla zone franche doganali e portuali ove si sommano alle defiscalizzazioni doganali.
Altro caso è la zona franca doganale e fiscale di Shannon in Irlanda che è interclusa ma la cui zona franca fiscale è estesa alla intera regione nella quale e posta interessando città e paesi ove vige la zona franca fiscale anche per l'università, il parco tecnologico e il turismo.
Da questo punto di vista l'ipotesi di zona franca sarda viene chiarita e facilitata dall'approvazione del Nuovo codice doganale dell'Unione anche se limita i suoi effetti alle franchigie doganali perché in nessuna sua parte pone limiti all'ampiezza e al tipo dei suoi confini e alla fiscalità di vantaggio aggiuntiva.
In ipotesi la zona franca sarda, in forza del Nuovo codice potrebbe benissimo essere delimitata dalle coste sarde ed interessare non solo tutta la Sardegna ma anche l'intero popolo sardo.
Una zona franca siffatta, limitata alle franchigie doganali non corrisponderebbe alle aspirazioni dei sardi che sopratutto vogliono liberarsi da una fiscalità opprimente, sbagliata e contraria ad ogni sviluppo e quindi la zona franca sarda deve essere anche e sopratutto fiscale, per i motivi ben noti e per essere competitiva con le altre e tante zone franche fiscali presenti almeno nel Mediterraneo.
Ovviamente se per zona franca integrale s'intende un mix di fiscalità di vantaggio doganale e fiscale che interessa tutta la Sardegna, questa deve essere definita non più sulla base di principi astratti ma sopratutto da un complessivo progetto industriale che descriva la sua complessiva articolazione tenendo conto anche di defiscalizzazioni al consumo che sono presenti in tante zone franche europee compreso qualche limitato esempio italiano.
Un Business Plan, un piano industriale ben articolato che preveda ragionevolmente gli investimenti preconizzati, l'occupazione, il pil, e l'ammontare degli sgravi fiscali necessari a raggiungere gli obiettivi in cinque, dieci anni ed anche più è quello che oggi manca e che né sostenitori della Zona franca comunque coniugata né le forze sociali o peggio i poteri pubblici sardi hanno ancora provveduto ad abbozzare o definire compiutamente o a stanziare le sommeutili per realizzarlo con risorse umane anche internazionali.
L'ultimo investimento e studio serio e approfondito ma che andrebbe fortemente rivisitato e completato in maniera moderna è quello realizzato dalla Giunta Melis negli ormai lontani ultimi anni 80 del secolo scorso.
Riassumendo, il superato codice doganale europeo 450/2008 prevedeva che vi fossero territori che sono fuori della linea doganale europea ed altri che sono considerati fuori della medesima linea doganale.
Ad ognuno di essi, quelli rispettivamente elencati nell'Art.3 e quelli previsti nell'Art. 167 corrispondeva una diversa situazione giuridica.
Il Nuovo Codice doganale dell'Unione conferma gli stessi concetti nel paragrafo 1 dell'art.4 e nell'art. 207 dedicato alle zone franche ( pag. 187 de ltesto consultabile sul web prima del voto).
Nei primi territori ( paragrafo 1 art.4 ) che sono extradoganali per loro natura ( defacto) e totalmente sottratti alla giurisdizione giuridica doganale dello Stato a cui politicamente appartengono sono consentiti l'uso ed il consumo di merci estere in franchigia di dazio ed in Italia ( solo per merci contingentate stabilite comunque con leggedello Stato ) sono i comuni di Livigno e di Campione d'Italia e le aree delimitate dalle acque nazionali del lago di Lugano racchiuse fra la sponda ed il confine politico della zona situata fra Ponte Tresa e Porto Ceresio.
Nei secondi territori ( zone franche ) tutte le attività sono sottoposte a una giurisdizione limitata e in quanto territori solo assimilati ai territori extradoganali ( fictio iuris-per finzione di legge ) e sono permessi l'uso ed il consumo delle merci estere in franchigia di dazio solo da specifiche norme di legge statali, e il cui elenco europeo è visibile nel link sopra riportato.
Confondere queste due differenti fattispecie di zone extradoganali e non capirne la genesi e le differenze può portare a gravi errori e confusioni, come alimentare la irreale e facilona assimilazione della Sardegna intera a Livigno e Campione, che sono in realtà terre svizzere entro i confini politici italiani e quindi in condivisione secondo un accordo che si tramanda da secoli.
Bisogna contestualizzare e conoscere delle terre extradoganali elencate e confermate nel Nuovo Codice doganale dell'Unione ( rifuso ) le particolari condizioni storiche che le hanno originate, le posizioni geografiche, i trattati internazionali anche lontani ed i rapporti interstatali e confinari nei quali sono inserite, gli esiti di antichi rapporti coloniali e irrisolti problemi di decolonizzazione, senza confonderle con la questione delle zone franche sia doganali che fiscali ches ono tutt'altra cosa e alle quali punta la Sardegna da quasi due secoli per la sua liberazione economico fiscale.
Questa confusione ha raggiunto vette impensabili in Sardegna con l'idea sbagliata diffusa recentemente di assimilare la condizione di Livigno e Campione d'Italia alla Sardegna nel richiedere la creazione della zona franca sarda.
I principi del Codice doganale europeo, in quanto espressi con un Regolamento (ricordo che ha valore di una legge ) hanno una portata generale e sono da applicare obbligatoriamente in ogni Stato membro, tanto che in passato sono stati immediatamente recepiti dal TU-Testo unico delle disposizionilegislative in materia doganale dello Stato italiano e che questo si dovrà adeguare al nuovo Codice doganale dell'Unione approvato recentissimamente nel Parlamento europeo.
Per affrontare la questione di Livigno e Campione d'Italia ed anche avere chiarezza sulle eventuali analogie o discrepanze con la “Questione zona franca sarda” è necessario illustrare cosa è una “linea doganale”, un “territorio doganale” e sopratutto cosa sono i “territori extradoganali”.
Il TU in vigore nella Repubblica italiana chiarisce preliminarmente che “ Il lido del mare ed i confini con altri stati costituiscono la Linea doganale e il territorio circoscritto dalla linea doganale, costituisce il territorio doganale.
Per quanto riguarda la Sardegna e questo dato è immutabile, sono le sue coste ad essere complessivamente linea doganale sarda e dello Stato.
Il TU chiarisce invece che nel Comune di Livigno “..la linea doganale, anziché il confine politico, segue le sponde nazionali del lago di Lugano e la delimitazione del Comune di Livigno verso i comuni italiani ad esso limitrofi.
Mentre per il Comune di Campione d'Italia, specifica che il confine politico, che racchiude il suo territorio, non costituisce linea doganale.
I Comuni di Livigno e Campione d'Italia quindi, sono compresi nei confini politici della Repubblica italiana ma non in quelli doganali , costituendo territori extradoganali.
Ma perché Livigno e Campione d'Italia sono territori extradoganali?
Livigno e la sua vallata, nonostante siano sotto la sovranità politica italiana, gravitano economicamente verso la vallata svizzera dell'Engandina e in un non lontano passato rimanevano anche fisicamente isolati verso l'Italia nei lunghi mesi invernali e per questo con la legge 17 luglio 1910 n. 516 Livigno e la sua vallata vennero dichiarati fuori dalla linea doganale italiana.
Fu permesso introdurre nel territorio doganale italiano in esenzione dai diritti doganali animali nati ed allevati nel Comune e contingenti di prodotti locali tassativamente indicati per qualità e quantità certificati dal Comune.
Non è inutile ricordare che le franchigie godute a Livigno hanno una storia che attraversa i secoli, già riconosciute dall'impero austriaco e che interessano oggi non più di 6.000 abitanti.
Campione invece deve la sua situazione ad impegni internazionali dato che il suo territorio è a tutti gli effetti una “enclave” entro il territorio svizzero e le acque svizzere del Lago di Lugano costituiscono quasi un caso di “annessione doganale” ad uno Stato estero e le sue franchigie interessano non più di 2.000 abitanti.
Chiedere demagogicamente che venisse modificato, prima il Codice doganale comunitario in vigore nell'art.1 paragrafo 4, e fuori tempo massimo ( dato che i richiedenti neppure lo conoscevano) anche il Codice doganale dell'Unione che si stava per votare definitivamente, per allineare lo status della Sardegna a Livigno e Campione come territorio extradoganale,ha significato in primis non capire cosa è un trattato internazionale e quali sono le lunghissimee defatiganti procedure necessarie per trovare l'accordo diplomatico necessario per la sua scrittura e l'approvazione e chi sono gli attori di questa vicenda eminentemente politica.
Ha inoltre significato non capire che cosa è una zona franca e come la richiesta e determinazione per realizzarla da parte di uno Stato, certo su sollecitazione e concertazione con le comunità e le istituzioni autonomiste , come parte dello Stato postafictio iuris fuori dalla linea doganale dello Stato medesimo, sia in effetti la cosa migliore da fare per raggiungere gli obiettivi economici e di sviluppo che le zone franche si prefiggono.
Prova ne è, basta leggere l'elenco delle zone franche europee, che per nessuna di queste zone, vecchie e nuove alcun Stato ha richiesto che fossero poste defacto fuori dalla linea doganale dello Stato ma ha deciso che invece fossero considerate fuori dalla linea doganale dello Stato, come ad esempio per parlare di Isole le Canarie, la Corsica, Malta, le Azzorre, Cipro, Shannon in Irlanda e le zone franche che pullulano nell'Est dell'Unione europea.
La zona franca della Corsica ad esempio è delimitata dalle sue coste, perché non potrebbe esserlo anche la Sardegna o perché non si potrebbe pensare ad una unica zona franca insulare doganale e fiscale Sardegna-Corsica??
Anche nella proposta di Mario Melis di “zona franca sarda integrale”, già inventata nella sua definizione e nei suoi contenuti e votata dal centrosinistra e dai sardisti nel 1988, che rimane una traccia importante per la zona franca sarda che sia doganale e fiscale, la pregiudiziale richiesta di extraterritorialità tipica delle zone franche era fictio iuris e si riferiva ad un progetto che interessasse tutta l'Isola e non veniva affatto richiesto di considerare la Sardegna come la Groenlandia o Livigno, cosai noltre totalmente inutile ai fini dell'obiettivo da raggiungere.
Per questo non si dovrebbe seguire la demagogia di chi chiede cose inutili e improbabili, fuori dalle sue competenze ed in capo allo Stato, ma che sono raggiungibili con una concertazione serrata con lo Stato in base ai nostri diritti autonomistici, solo per cavalcare richieste sbagliate di movimenti pontanei attivi ma confusi e diretti o meglio strumentalizzati, ormai è chiaro, da individui che puntano ad essere attori e candidati nelle prossime elezioni regionali.
La questione invece va ripresa senza che approfittando dello sputtanamento dell'idea di Zona franca integrale a causa di posizioni e comportamenti che ho succintamente evocato, ne approfittino i non pochi “avversari storici” non solo della vera e argomentatazona franca integrale, ma dell'idea stessa di zona franca e defiscalizzazioni.
Questi nemici storici sono annidati nelle periferie di una certa sinistra sarda assimilazionista per quanto riguarda la lingua sarda, antiautonomista e centralista politicamente e in quegli strati di borghesia compradora, burocratica e sindacale,che vive e prospera solo nell'assistenzialismo e nella dipendenza coloniale e che teme come il fuoco la liberalizzazione della nostra società ed il passaggio dai trasferimenti monetari ormai impossibili agli investimenti ed iniziative economiche favorite dalle defiscalizzazioni sia doganali ma sopratutto fiscali tipiche delle zone franche moderne, volte alla produzione ed all'esportazione e quindi all'occupazione ed all'aumento dei redditi e dei consumi del popolo sardo nel suo insieme.
La confusione diffusa a piene mani dai pifferai magici della zona franca, dalle errate e scomposte posizioni ed azioni dell'Esecutivo, platealmente alleati in funzione elettoralistica e strumentalizzante i Movimentiche che tanto si sono spesi per questa Idea, fa prevedere che nulla si otterrà di concreto e definitivo neanche per l'attuazione del DLG .75/98 che ha istituito le sei zone franche sarde e che difficilmente saranno delimitate anche solo doganalmente entro la fine della legislatura.
Purtroppo una vittoria del movimento per la zona franca ottenuto col decreto 75/98 che poteva essere l'inizio di un processo più ampio tendente ad inglobare tutte le comunità sarde in un progetto per tappe che comprendesse non solo le zone franche con vocazione portuale, aeroportuale ed industriale ma anche il resto del territorio in un sistema di defiscalizzazioni urbane e al consumo contingentato e sopratutto dei prodotti energetici per tutto il popolo sardo, sembra sfumare in questi ultimi mesi dell'anno che preludono alla prossime elezioni regionali.
Servirà, alla luce di questo nuovo Codice doganale dell'Unione ed a una più matura progettualità anche delle forze in campo che si contenderanno il consenso popolare per il Governo della Sardegna nella prossima legislatura, affrontare la questione seriamente ben sapendo che solo nella prossima legislatura un Governo sardo che sappia cosa vuole veramente saprà, utilizzando il Nuovo codice doganale dell'Unione ( rifuso ) realizzare la zona franca sarda doganale e fiscale con un confronto non certo facile ma non impossibile con lo Stato e l'Unione europea sopratutto per quanto riguarda la fiscalità di vantaggio.
L'approvazione delle nuove norme europee sulla zona franca che peraltro non concepiscono più le zone franche non intercluse lascia ancora ampie possibilità di successo, certo non di più di quelle ottenibili essendo indipendenti e trattando direttamente con l'Europa o con uno Statuto autonomistico sardo più avanzato e dotato di sovranità fiscale.
Anche a legislazione vigente, con le idee chiare e il sostegno popolare è possibile avere ampi successi e realizzazioni, salvo rinunciare a richieste come quella coralmente ritenuta nel Parlamento europeo e dagli esperti del settore non solo astrusa e bislacca ma anche ridicola, di modificare senza nessun bisogno il trattato sulla dogana europea o dichiarare la Sardegna sarà zona franca integrale perchè i sindaci con la forza magica delle loro parole dichiarano ogni cucuzzolo del proprio Comune zona franca.
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