venerdì 27 agosto 2010

La democrazia dell'acqua e l'economia dei cowboy

La scienziata indiana e la sua lotta per i diritti idrici. "La democrazia si fonda su questo bene comune. La creazione di un mercato non gestito dalla collettività ci riporta al far west. Non possiamo diventare egoisti nell'uso delle risorse della natura"

di VANDANA SHIVA

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Ci troviamo di fronte a una crisi idrica globale, che minaccia di peggiorare nei prossimi decenni; e man mano che la crisi si aggrava proseguono gli sforzi per ridefinire il concetto di diritti idrici. Un passo storico è avvenuto il 28 luglio, quando le Nazioni Unite hanno adottato una risoluzione che recita così: "L'acqua è una risorsa limitata e un bene pubblico fondamentale per la vita e la salute. Il diritto a disporre di acqua è indispensabile per condurre una vita dignitosa. È un prerequisito per la realizzazione di altri diritti dell'uomo".

Ma l'economia globalizzata trasforma sempre di più la definizione dell'acqua da proprietà comune a bene privato, da estrarre e rintracciare senza limiti. L'ordine economico globale esige la rimozione di tutti i vincoli, la deregolamentazione dell'uso dell'acqua e la creazione di mercati dell'acqua. I fautori del libero scambio delle risorse idriche considerano i diritti di proprietà privata l'unica alternativa alla proprietà pubblica, e il libero mercato l'unico sostituto della regolamentazione burocratica delle risorse idriche.

L'acqua deve rimanere, più di qualsiasi altra risorsa, un bene pubblico e dev'essere gestita dalla collettività. Nella maggior parte delle società l'acqua era ed è un bene che non può essere posseduto da privati. Testi antichi come le Istituzioni di Giustiniano dimostrano che l'acqua e altre risorse naturali sono beni pubblici: "Per legge di natura queste cose sono comuni all'umanità: l'aria, l'acqua corrente, il mare e di conseguenza la riva del mare...".

L'arrivo delle moderne tecnologie di estrazione dell'acqua ha accresciuto il ruolo dello Stato nella gestione delle risorse idriche. Soppiantando i metodi di autogestione, queste tecnologie hanno inflitto un duro colpo alle strutture democratiche per la gestione delle risorse idriche, che giocano un ruolo sempre meno importante nella conservazione. La globalizzazione e la privatizzazione delle risorse idriche stanno erodendo i diritti della popolazione e la proprietà collettiva si sta trasformando in proprietà delle grandi aziende. Le comunità di persone reali, con bisogni reali, vengono messe da parte nella corsa alla privatizzazione.

La spinta a privatizzare le risorse idriche comuni nasce da quella che io chiamo "l'economia del cowboy": se arrivi per primo in un posto hai il diritto assoluto di stuprare, saccheggiare, inquinare. Non hai nessun dovere verso i tuoi vicini, verso quelli che sono venuti prima di te, verso gli abitanti del luogo o quelli che sono venuti dopo di te. È interessante osservare che gli attuali tentativi di privatizzazione e queste leggi da far west sulle risorse idriche sono visti come un modello dal Cato Institute, un istituto di ricerca della destra americana: "Dalla frontiera occidentale, in particolare dai giacimenti minerari, sono nate la dottrina dell'appropriazione preventiva e le basi della commercializzazione dell'acqua. Questo sistema ha offerto gli ingredienti fondamentali per un mercato efficiente dell'acqua, dove i diritti di proprietà sono ben definiti, rispettati e trasferibili". (T. Anderson e P. Snyder).

La tendenza attuale a estendere l'economia del cowboy a livello globale è la ricetta ideale per distruggere le scarse risorse idriche mondiali e per escludere i poveri dal diritto all'acqua. Dal momento che l'acqua cade sulla terra in modo disomogeneo, dal momento che ogni essere vivente ha bisogno dell'acqua, la gestione decentralizzata e la proprietà democratica sono gli unici sistemi efficienti, sostenibili ed equi per il sostentamento di tutti.

Un elemento fondamentale della filosofia indiana, essenziale per la giustizia sociale, è l'uso accorto e morigerato delle risorse. Secondo un antico testo indiano, le Ishopanishad: "Un uomo egoista nell'usare le risorse della natura per soddisfare i propri bisogni crescenti non è nient'altro che un ladro, perché usare le risorse al di là del proprio bisogno vuol dire usare risorse a cui altri hanno diritto". E come disse con straordinaria concisione il Mahatma Gandhi: "La terra offre abbastanza per i bisogni di ciascuno, ma non per l'avidità di ciascuno".

Oltre lo Stato e oltre il mercato c'è la forza della partecipazione collettiva. Oltre le burocrazie e oltre il potere delle aziende c'è la promessa della democrazia idrica.

(Traduzione di Fabio Galimberti)




SINOSSI:
Un intenso ritratto di Vandana Shiva realizzato da Maurizio Zaccaro durante le riprese in India per il docu-film Terra Madre di Ermanno Olmi. Il documentario prodotto da Cineteca di Bologna e ITC Movie srl, racconta lesperienza del movimento Navdanya di cui Vandana Shiva è ideatrice e promotrice, la sua banca delle sementi per la salvaguardia della biodiversità della produzione agricola. Un nuovo modo di pensare, una conoscenza aperta e integrata, un approccio ai temi dell'ambiente come strettamente connessi allo sviluppo economico e alla lotta alla povertà.
Il nome del movimento Navdanya (che in Hindi significa nove semi) trae spunto dal rituale, molto diffuso nel sud dellIndia, di piantare nove semi in un vaso il primo giorno dellanno. Dopo nove giorni le donne si incontrano e confrontano i risultati, vedendo quali semi si sono comportati meglio; a questo punto si organizzano scambi cosicché tutte le famiglie possano piantare i migliori semi a disposizione. Gli scopi di Navdanya sono la difesa della biodiversità, la creazione di una banca di sementi da scambiare con i contadini che aderiscono al movimento, la riconversione dei campi a unagricoltura interamente biologica. Grazie a questa esperienza, Vandana Shiva è diventata una delle leader mondiali del movimento contro i brevetti sugli organismi viventi.

Il ciclo del combustibile nucleare (uranio, plutonio)

folliaquotidiana

Una parte complessa ma fondamentale della generazione di energia dal nucleare è costituita dal ciclo del combustibile. La sua importanza è dovuta a molte alle caratteristiche stesse della produzione di energia attraverso le reazioni di fissione nucleare.

Le sfide tecniche e tecnologiche sono estremamente impegnative, ed hanno l’obiettivo di rendere l’energia nucleare una fonte sostenibile. Alcuni favorevoli al nucleare affermano che il nucleare sia già un’energia sostenibile, paragonandola addirittura alle fonti rinnovabili e argomentando che, se si sfruttasse tutta l’energia dell’uranio naturale si potrebbero garantire i fabbisogni del pianeta per moltissimo tempo (diversi secoli). E’ bene sottolineare che la sostenibilità del nucleare, se è possibile in linea teorica, si è scontrata con grosse problematiche, tali da far desistere molte nazioni dal percorrere questa via.

Combustibile tradizionale e riciclo del combustibile esaurito

Gli elementi interessanti per i reattori nucleari si distinguono in

  • elementi fissili: possono essere sottoposti a fissione nucleare e possono sostenere una reazione nucleare a catena
  • elementi fissionabili: possono essere sottoposti a fissione nucleare
  • elementi fertili: non possono essere sottoposti a fissione nucleare ma possono trasmutare in materiali fissili

L’uranio naturale è composto per il 99,3% da U-238, che è fissionabile da neutroni veloci ed è fertile, e per lo 0,7% da U-235, che è fissile. Quindi solo l’U-235 sostiene la reazione a catena, mentre l’U-238 contribuisce in misura minore. La fissione di un atomo di U-235 produce due o tre neutroni veloci (ovvero con energia superiore a 0.5 MeV), ma per la fissione dell’U-235 sono necessari neutroni lenti o termici (con energia inferiore a 0.5 MeV). Quindi si impiega un materiale, detto moderatore, che rallenta i neutroni senza assorbirli, diminuendone l’energia.

Il combustibile nucleare è formato per circa il 4% (la percentuale precisa dipende dal tipo di reattore) da U-235 e per il resto da U-238. L’energia generata dalla fissione proviene principalmente dall’U-235 che viene sottoposto a fissione. Ma, durante l’utilizzo, alcuni atomi di U-238 possono assorbire un neutrone lento e diventare Pu-239. Quest’ultimo è fissile, quindi può essere impiegato per la produzione di energia poiché può sostenere una reazione a catena. Un terzo dell’energia generata da un reattore nucleare viene prodotta dalla fissione del Pu-239 “creato” all’interno del reattore stesso. In pratica si può affermare che di tutto il combustibile nucleare inserito nel reattore, solo il 3% dell’U-235 e il 2% del Plutonio trasmutato dall’U-238 crea energia.

Il combustibile esaurito proveniente da un reattore nucleare tradizionale è composto principalmente da U-238 e contiene per il 3% prodotti di fissione dell’U-235 (tipicamente Cesio-137, Stronzio-90, Iodio-129, e altri), per il 2% da prodotti di fissione del Pu-239, per l’1% di Plutonio, di cui metà Pu-239, e un ulteriore 1% di U-235.

combustibile_nucleare

A questo punto, se si utilizza un ciclo del combustibile aperto, il combustibile esaurito deve essere smaltito come rifiuto radioattivo. Se invece si utilizza un ciclo del combustibile chiuso si impiegano degli impianti di riprocessamento del combustibile per estrarre i materiali utili, come l’U-238 e il plutonio.

In questo modo si può ottenere una nuova mescola di materiali fissili che può essere riutilizzata nel reattore per produrre nuovamente energia. Questo combustibile “riciclato” prende il nome di MOX (Mixed Oxide Fuel) ed è composto da circa il 7% di Plutonio e dal 93% di U-238.

combustibile_mox

Problemi

Il riprocessamento del combustibile esaurito e la trasformazione in combustibile MOX viene effettuata in impianti dedicati. La produzione e l’utilizzo del MOX presenta varie difficoltà tecnologiche.

Impiego nei reattori

Non è attualmente possibile utilizzare in un reattore tradizionale solo combustibile MOX, che deve essere impiegato assieme al combustibile tradizionale [1]. Normalmente viene impiegato un terzo di MOX e due terzi di combustibile tradizionale, ma è possibile raggiungere il 50%. I reattori di generazione III+ potranno impiegare combustibile MOX: AREVA afferma che i reattori EPR potranno utilizzare fino al 100% di combustibile riprocessato e degli studi confermerebbero tale possibilità anche per i reattori Westinghouse AP1000.

Rischi relativi al riprocessamento

Il riprocessamento stesso produce dei rifiuti radioattivi a medio (ILW) e basso (LLW) livello, che spesso vengono rilasciati direttamente nell’ambiente senza essere smaltiti in modo appropriato. I siti di Sellafield e La Hague sono stati al centro di aspre polemiche negli ultimi decenni a causa di incidenti e rilasci radioattivi. Ad esempio, uno studio calcola [7] che negli anni ‘90 i rilasci atmosferici di Iodio-129 dei due impianti ammontavano a circa 200 kg annui.

L’impianto di Sellafield, ha sollevato preoccupazioni per lo scarico in mare di rifiuti contenenti Tecnezio-99 a partire dal 1994, data di inizio delle operazioni di riprocessamento del MOX, fino al 2004, quando è stato installato un nuovo sistema di condizionamento degli scarichi a seguito di pressioni internazionali da parte dei paesi scandinavi e dell’Irlanda. Nel 2005 il dibattito si è esacerbato a seguito della rottura di un tubo che ha riversato all’interno di un locale dell’impianto liquidi radioattivi. Tale perdita non è stata notata per 9 mesi.

Anche il sito di Cap de La Hague è stato criticato per le emissioni di materiali radioattivi nei mari e nell’atmosfera.

Rischi relativi allo smaltimento del MOX

Lo smaltimento del combustibile esaurito MOX è molto più problematica rispetto a quella del combustibile esaurito tradizionale [2], poiché contiene maggiori quantità di plutonio. In particolare, sono presenti quantitativi più elevati di Pu-238, Pu-241, Americio, Curio, che comportano maggiori livelli di radioattività e maggiore produzione di calore [2]. Per questo motivo il combustibile MOX esaurito richiede da 3 a 7 volte lo spazio del combustibile esaurito tradizionale [4][6] per distanziare a sufficienza i contenitori e permettere al calore di essere disperso nell’ambiente del deposito. In alternativa, è necessario conservare il combustibile MOX esaurito per 150 anni [4][6] in depositi superficiali per poter raggiungere lo stesso livello di emissioni termiche del combustibile esaurito tradizionale (e quindi poter essere smaltito con la stessa occupazione di volume nel deposito). La minore quantità di rifiuti viene quindi bilanciata dal maggior volume richiesto o dal lungo periodo di raffreddamento in superficie.

Oltre allo smaltimento del combustibile esaurito, dovrebbe essere conteggiato anche lo smaltimento dei rifiuti radioattivi prodotti dal riprocessamento.

Costi

I costi del combustibile MOX sono superiori a quelli del combustibile tradizionale. È stato stimato [3] che i costi del MOX siano pari al triplo rispetto a quelli normali e che, per essere competitivo, l’uranio naturale dovrebbe raggiungere un costo di almeno 400 $/kg (il prezzo massimo raggiunto negli ultimi anni è stato pari a 130 $/kg nel 2007).

Proliferazione

I sostenitori del riprocessamento sostengono che il plutonio recuperato e impiegato per fabbricare il MOX è in grado di resistere alla proliferazione delle armi nucleari. Per comprendere questa affermazione è necessario sottolineare che non tutti gli isotopi del plutonio sono “ottimali” per creare una bomba nucleare. In particolare, il plutonio maggiormente adatto per gli scopi bellici (detto “weapon-grade”) è costituito da una miscela di isotopi composta da oltre il 90% di Pu-239 e da non più del 6% di Pu-240. Il plutonio presente nel MOX è composto invece da circa il 50% di Pu-239, 15% di Pu-241 e da 24% di Pu-240. Questo miscela (detta “reactor-grade”) è meno adatta all’impiego militare e viene impiegata per la produzione di energia per usi civili.

Tuttavia, è possibile costruire una bomba nucleare anche con plutonio “reactor-grade”. Tale ordigno avrebbe una potenza molto inferiore rispetto a una bomba con plutonio “weapon-grade” (si calcola [7] che se la bomba che colpì Nagasaki fosse stata costruita impiegando plutonio “reactor-grade” avrebbe avuto una potenza di 1 kT, invece di 20 kT), ma comunque devastante.

Da questo punto di vista, si è sottolineato il pericolo relativo al furto di plutonio a scopo terroristico. I siti di riprocessamento e i trasporti dei materiali devono essere sottoposti a strettissima sorveglianza [8].

Riferimenti:

[1] World Nuclear Association, “MOX, Mixed Oxide Fuel”, disponibile: http://www.world-nuclear.org/info/inf29.html
[2] International Atomic Energy Agency, "Status And Advances In Mox Fuel Technology", Technical Reports Series No. 415, Vienna, 2003, Disponibile: http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/TRS415_web.pdf
[3] Richard K. Lester, "The Economics of Reprocessing in the United States", July 12, 2005, Disponibile: http://web.mit.edu/ipc/publications/pdf/The_Economics_of_Reprocessing.pdf
[4] Schneider, M., Marignac, Y., "Spent Nuclear Fuel Reprocessing in France", Research Report No. 4, International Panel on Fissile Materials, Princeton University’s Program on Science and Global Security, April 2008 http://www.fissilematerials.org/ipfm/site_down/rr04.pdf
[5] Schneider, M., Coeytaux, X., Faïd, Y.B., Marignac, Y., Rouy, E., Thompson, G., Fairlie, I., Lowry, D., Sumner, D., "Possible Toxic Effects From The Nuclear Reprocessing Plants At Sellafield (UK) And Cap De La Hague (France)", Luxembourg, November 2001, Disponibile: http://www.europarl.europa.eu/stoa/publications/studies/20001701_en.pdf
[6] Kate J. Dennis, Christopher D. Holmes, Kurt Z. House, Jacob J. Krich, Benjamin G. Lee, Lee T. murray, Ernst A. Van Nierop, Justin Parrella, David M. Romps, Jason Rugolo & Mark T. Winkler, "Should the United States resume reprocessing? A pro and con", The
Bulletin of the Atomic Scientists, November/December 2009, vol. 65, no. 6, pp. 30–41. DoI: 10.2968/065006003, Disponibile: http://romps.org/2009/reprocessing/09reprocessing_paper.pdf
[7] Moran, Jean E., Oktay, S., Santschi, Peter H., Schink, David R., "Atmospheric Dispersal of 129 Iodine from Nuclear Fuel Reprocessing Facilities", Environ. Sci. Technol. 1999, 33, 2536-2542, Disponibile: http://lib3.dss.go.th/fulltext/Journal/Environ%20Sci.%20Technology1998-2001/1999/no.15/15,1999%20vol.33,no15,p.2536-2542.pdf
[8] In Francia il plutonio estratto dal sito di Cap de la Hague viene trasportato per circa 1000 km fino al sito di Marcoule per creare il combustibile MOX

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