sabato 19 dicembre 2009

LA BANCA DEI REGOLAMENTI INTERNAZIONALI CI METTE IN GUARDIA CONTRO FUTURE CRISI

DI ANDREW GAVIN MARSHALL
Mondialisation.ca

La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza e l'indebitamento è la ripresa.

È importante ricordarci che le esclamazioni onnipresenti e ostinate di «una fine» di recessione, di «una soluzione alle crisi» e di «una ripresa» dell'economia, vengono proprio da quelle stesse persone e istituzioni che negli ultimi anni ci dissero che non c'era «nessuna ragione di preoccuparsi», che le «basi dell'economia continua(va)no a resistere», che non c'era «nessun rischio» di crisi economica.

Perchè continuiamo a credere a persone che si sono sempre sbagliate, nelle loro affermazioni e nelle loro scelte? A chi dovremmo credere e a chi rivolgerci per avere informazioni e analisi più giuste? Una fonte utile sarebbe forse quella che si trova all'epicentro della crisi, nel cuore del mondo oscuro delle banche centrali, il regolatore del sistema bancario mondiale e la «più prestigiosa istituzione finanziaria al mondo», che, fino ad oggi, ha previsto la crisi con esattezza: la Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI). Ecco un buon punto di partenza.


La crisi economica è tutto fuorchè finita e le «soluzioni» apportate sono paragonabili a un cerotto su un braccio amputato. La BRI, la banca centrale delle banche centrali, ci ha messi in guardia rispetto a questo tipo di speranze fuori luogo e continua a farlo.

Cos'è la banca dei Regolamenti Internazionali?

La BRI è stata creata dal Comitato Young, creato nel 1929 per regolare il pagamento delle riparazioni tedesche, esposte brevemente nel Trattato di Versailles del 1919. Il comitato era diretto da Owen D.Young, presidente e direttore generale di General Electric, coautore del piano Dawes del 1924, membro del Cnsigilio d'Amministrazione della Fondazione Rockefeller e vice-presidente della Federal Reserve Bank di New York. Come principale delegato statunitense alla conferenza sulle riparazioni tedesche, era accompagnato da J.P.Morgan, Jr. [1]. Qui nasce il piano Young per il pagamento delle riparazioni tedesche.

Questo piano entra in vigore nel 1930, dopo il crac finanziario. Una parte del piano implicava la creazione di un'organizzazione internazionale di regolamento, fondata nel 1930 e conosciuta con il nome di Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI). Si diceva essere stata concepita per facilitare e coordinare i pagamenti delle riparazioni tedesche di Weimar ai poteri alleati. Tuttavia, la sua seconda funzione, più segreta e molto più importante, era di agire come «coordinatore delle operazioni delle banche centrali nel mondo». Definita come «una banca per le banche centrali», la BRI «è un'istituzione privata con degli azionisti, ma fa delle operazioni per le agenzie pubbliche. Queste operazioni sono strettamente confidenziali, quindi in generale il pubblico ignora la maggior parte delle operazioni della BRI» [2]

La BRI è stata fondata dalle «banche centrali di Belgio, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Giappone e Regno Unito, e dalle tre principali banche commerciali degli Stati Uniti: J.P. Morgan & Company, First National Bank of New York e First National Bank of Chicago. Ogni banca centrale ha sottoscritto 16000 azioni e le tre banche statunitensi hanno anch'esse sottoscritto lo stesso numero di azioni». Nonostante ciò, «solo le banche centrali hanno diritto di voto [3]».

I membri delle banche centrali fanno incontri bimensili alla BRI, nei quali discutono di diverse questioni. È importante notare che la maggior parte «delle transazioni effettuate dalla BRI per conto delle banche centrali esigono la massima segretezza [4]», ecco perchè probabilmente la maggior parte delle persone non ne hanno mai sentito parlare. La BRI ppuò offrire alle banche centrali «una confidenzialità e una segretezza bancaria superiore a una banca quotata tripla A [5]».

La BRI è stata instaurata «per rimediare al declino di Londra come centro finanziario mondiale, offrendo un meccanismo per cui un mondo dotato di tre principali centri finanziari a Londra, New York e Parigi, potrebbe sempre funzionare come se ce ne fosse uno solo [6]». Come spiegava Carroll Quigley:

I poteri del capitalismoo finanziario avevano un altro obiettivo dalla notevole portata, niente meno che la creazione di un sistema mondiale di controllo finanziario nelle mani dei privati, capace di dominare il sistema politico di ogni paese e l'economia del mondo intero. Questo sistema doveva essere controllato in modo congiunto e con una forma feudale dalle banche centrali del mondo, con degli accordi segreti conclusi durante le frequenti conferenze e riunioni private. In cima al sistema, doveva trovarsi la Banca dei Regolamenti Internazioni a Basilea, in Svizzera, una banca privata, detenuta e controllata dalle banche centrali mondiali, anch'esse delle società private [7].


Non ci sono dubbi che la BRI sia la più importante, potente e segreta delle istituzioni finanziarie al mondo. I suoi avvertimenti non dovrebbero essere presi alla leggera, visto che, più che ogni altra istituzione al mondo, sarebbe a conoscenza di tali informazioni.

Nel settembre 2009, la BRI riportava che «il mercato mondiale dei prodotti derivati aveva fatto un salto enorme raggiungendo i 426 miliardi di dollari nel secondo trimestre, quando il gusto del rischio è riapparso, ma il sistema rimane instabile e soggetto alle crisi». Il rapporto trimestrale della BRI indica che i prodotti derivati hanno subito una crescita del 16% «soprattutto per via di una crescita dei contratti a termine (futures) e delle opzioni sui tassi d'interesse a tre mesi». L'economista capo della BRI ha avvertito che il mercato dei derivati pone «dei rischi sistemici maggiori» nel settore finanziario internazionale e che «il pericolo è che le autorità di regolamentazione non riescano, una volta ancora, a vedere che le grandi istituzioni hanno preso molti più rischi di quanto non potessero in condizioni di choc». L'economista ha inoltre aggiunto: «L'uso di derivati da parte degli hedge funds e di altri investimenti di questo tipo, può portare alla luce importanti rischi nascosti [8]».

All'indomani della pubblicazione del rapporto della BRI, il suo vecchio economista capo, William White, ha messo in guardia in questo modo: «Il mondo non ha affrontato i problemi che si trovano al centro del declino economico ed è possibile che lentamente entri di nuovo in recessione». Ha inoltre avvertito che «le azioni dei governi destinate ad aituare l'economia sul breve periodo, potrebbero in realtà gettare le basi delle crisi a venire». White avrebbe inoltre messo in guardia riguardo a una recessione a W: «Ci stiamo dirigendo verso una recessione a W? È quasi certo. Stiamo andando verso una L? Non ne sarei poi così sorpreso. La sola cosa che potrebbe sorprendermi davvero sarebbe una ripresa durevole che venga dalla posizione in cui ci troviamo».

Un articolo del Financial Times spiegava che i commenti di White dovevano essere presi in considerazione, perchè oltre ad aver diretto il dipartimento economico della BRI dal 1995 al 2008, aveva «più e più volte avvertito dei pericolosi squilibri congiunturali nel sistema finanziario mondiale, avvertimenti che risalgono al 2003, e – rompendo un gran tabù dell'epoca nelle cerchie delle banche centrali – ha osato contestare la continua perenne politica di denaro a buon mercato di Alan Greenspan, all'epoca presidente della FED».

Il Financial Times continua:

Ovunque, nel mondo, le banche hanno immesso migliaia di miliardi di dollari di nuovo denaro nel sistema finanziario negli ultimi due anni, come sforzo per prevenire la depressione. Nel frattempo, i governi sono andati verso estremi simili, collezionando grandi debiti per sostenere le industrie, dalle banche ai costruttori automobilistici.


White ha avvertito che «è possibile che queste misure stiano già riempiendo una bolla nei prezzi degli attivi, andando dalle azioni alle merci e [che] esiste un rischio minore che l'inflazione diventi incontrollabile a medio termine». In un discorso tenuto a Hong Kong, William White spiegava che «i problemi basilari dell'economia mondiale, come i disequilibri commerciali insostenibili tra Stati Uniti, Europa e Asia, non sono stati risolti» [9].

Il 20 settembre 2009, il Financial Times rivelava che durante una riunione del G20, la BRI «a capo dell'organismo che sorveglia la regolamentazione bancaria mondiale, ha dato un avvertimento importante, dicendo che il mondo non può permettersi di supporre in modo 'compiacente' che il settore finanziario si sia davvero ripreso» e che «Jaime Caruana, direttore generale della BRI e ex governatore della Banca Centrale di Spagna, ha affermato che la ripresa finanziaria non deve essere mal interpretata [10]».

Questi avvertimenti seguono quelli della BRI lanciati nell'estate 2009 riguardo alle speranze inopportune di fronte alle misure di stimolazione economica prese dai diversi governi nel mondo. Alla fine di giugno, la BRI ha avvertito che «le misure di stimolazione budgetarie non possono dare niente di più che un rilancio temporaneo della crescita, seguita da una lungo periodo di stagnazione».

Un articolo dell'Australian rivela: «Il solo organismo internazionale ad avere anticipato la crisi finanziaria [...] ha previsto che il più grande rischio era che gli investitori delle obbligazioni sul mercato mondiale (world bond investors) forzassero i governi ad abbandonare le misure di stimolazione economica e a ridurre invece radicalmente le spese pur alzando le imposte e i tassi di interesse, dopo che il rapporto mondiale della BRI ha, negli ultimi tre anni, messo in guardia dei pericoli di una nuova depressione». Inoltre, «il suo ultimo rapporto annuale ha avvertito che paesi come l'Australia si trovavano di fronte a una possibile forte richiesta di valuta, cosa che provocherebbe un innalzamento degli interessi».

La BRI ha inoltre avvisato che «una tregua temporanea potrebbe intralciare le autorità a prendere iniziative destinate a rimettere in piedi il sistema finanziario, se sono impopolari, e infine prolungare il periodo di crescita lenta».

Del resto, «nello stesso tempo, le garanzie dei governi e gli asset insurance hanno esposto i contribuenti a delle perdite potenziali enormi». Spiegando come le misure fiscali creino dei rischi significativi, la BRI continua: «La possibilità che i responsabili della fiscalità esauriscano la loro capacità di prendere in prestito prima di finire le costose riparazioni del sistema finanziario, costituisce un pericolo [...] È ben probabile che i piani di stimolazione aumentino i tassi di interesse reali e le previsioni di inflazione. Quest'ultima allora si intensificherebbe mentre il declino si attenuerebbe e [a BRI] ha espresso dei dubbi sul piano di salvataggio bancario adottato negli Stati Uniti [11]».

La BRI ha inoltre messo in guardia contro l'inflazione, affermando che «La grande e giustificabile paura è che la drammatica facilità della politica monetaria negli aggregati monetari e di credito cresca, prima che questa situazione venga rovesciata. Questo porterà a un'inflazione che nutre le prospettive di inflazione o potrebbe alimentare ancora un'altra bolla speculativa, gettando le fondamenta del prossimo ciclo finanziario di bolla-crollo [12]». Secondo il più recente rapporto sulla creazione della bolla dei derivati, è ormai evidente cosa è successo: è stata creata un'altra bolla speculativa. Il problema delle bolle, è che scoppiano.

Da parte sua, il Financial Times riportava che William White, ex economista capo della BRI aveva anche fatto sapere che «dopo due anni di sostegno dei governi al sistema finanziario, abbiamo ormai un gruppo di banche ancora più grandi e pericolose che mai; questo è stato sottolineato anche da Simon Johnson, ex economista capo dell'FMI, quando ha affermato che l'industria della finanza si è in effetti appropriata del governo degli Stati Uniti». Ha chiaramente detto: «La ripresa fallirà, a meno che non rompiamo l'oligarchia finanziaria che impedisce la realizzazione di una riforma essenziale [13]».

All'inizio del settembre 2009 i responsabili delle banche centrali si sono incontrati alla BRI e, secondo la stampa, «si son messi d'accordo su un insieme di misure mirate a rafforzare la normativa e la supervisione dell'industria bancaria, sulla scia della crisi finanziaria». Il capo della BCE avrebbe detto: «Gli accordi a cui siamo arrivati oggi tra i 27 grandi paesi del mondo sono essenziali, perchè stabiliscono nuovi standard per la regolamentazione e la supervisione bancaria a livello mondiale [14]».

Tra le misure stabilite, «i prestatari dovrebbero alzare la qualità del loro capitale incluedendo un maggior numero di titoli e allo stesso modo, le banche dovranno aumentare la quantità e la qualità degli attivi che hanno in riserva e frenare il leverage». Una delle decisioni chiave prese alla conferenza di Basilea (il cui nome viene dal Comitato di Basilea sul controllo bancario, ed è stato costituito dalla BRI), è che «le banche dovranno aumentare la qualità del loro cosiddetto Tier1 Capital, che misura la capacità di una banca di assorbire le perdite improvvise». Questo vuol dire che «la maggior parte di questo genere di riserve dovrebbero essere delle azioni ordinarie e dei benefici non ripartiti, e gli averi sarebbero completamente resi pubblici [15]».

A metà settembre, la BRI ha ammesso che «le banche centrali devono coordinare la supervisione mondiale delle camere di compensazione dei prodotti derivati per limitare il rischio sistemico». In altre parole «I responsabili della regolamentazione fanno pressioni affinchè una gran parte del commercio dei derivati fuori dalla borsa di 592 miliardi di dollari sia trasferito alle camere di compensazione, che agiscono a titolo di compratore per ogni venditore e di venditore per ogni compratore, riducendo così i rischi di credito per il sistema finanziario». Il rapporto pubblicato dalla BRI poneva la domanda seguente: «Le camere di compensazione dovrebbero avere accesso alle facilities di credito delle banche centrali e se sì, in quale momento? [16]»

Crisi in vista

Il mercato dei derivati rappresenta una grave minaccia per la stabilità dell'economia mondiale. Tuttavia, si tratta di una minaccia come tante altre, tutte legate e intrecciate, l'una scatenando l'altra. Il grosso elefante nella stanza è la grande bolla finanziaria creata dai piani di salvataggio e dalle misure di “rilancio” in tutto il mondo. Questo denaro è stato usato dalle grandi banche per consolidare l'economia, comprando banche meno grandi e assorbendo l'economia reale: l'industria dell'alto rendimento. Il denaro è stato anche usato nella speculazione, alimentando la bolla dei derivati e portando a un innalzamento delle borse, evento completamente illusorio e inventato. In realtà i piani di salvataggio hanno innalzato la bolla dei derivati a livelli rischiosi, e gonfiato i mercati della Borsa che son diventati così incontrollabili.

Nonostante ciò, un temibile rischio sorge dal costo dei piani di salvataggio e delle cosiddette misure di “stimolazione”. La crisi economica è una conseguenza dei bassi tassi di interesse e del denaro facile: si facevano dei prestiti ad alto rischio, il denaro era investito ovunque e in qualsiasi cosa, il mercato dell'abitazione si è gonfiato, così come quello dell'immobiliario commerciale, il commercio dei derivati si è impallato, raggiungendo le centinaia di miliardi di dollari all'anno, la speculazione si è fatta invadente e dominava il sistema finanziario mondiale. Gli hedge funds erano i facilitatori volontari del commercio dei derivati e le grandi banche erano i principali partecipanti e detentori.

Nello stesso tempo, i governi spendevano senza contare, in particolare negli Stati Uniti, pagando diversi miliardi di dollari per guerre e budgets di difesa e stampando il denaro dal nulla, cortesia del sistema mondiale di banche centrali. In compenso, tutto il denaro creato ha portato un debito. Nel 2007 il debito totale (debiti interni e di consumazione, e prestiti commerciali) degli Stati Uniti raggiungeva la somma sconcertante di 51 miliardi di dollari [17].

E come se il fardello del debito non fosse sufficiente, considerando che sarebbe stato impossibile rimborsarlo, negli ultimi due anni abbiamo assistito all'aumento del debito più rapido e costoso della storia, sotto forma di misure di rilancio e di piani di salvataggio in tutto il mondo. Nel luglio 2009, ci veniva detto che «ai contribuenti si sarebbero potuti chiedere 23,7 miliardi di dollari per sostenere l'economia e risollevare le società di finanziamento, ha osservato Neil Barofsky, ispettore generale speciale del Troubled Asset Relief Program [piano di salvataggio degli attivi a rischio] del Tesoro [18]».

Il piano Bilderberg in azione?

Nel maggio 2009 ho scritto un articolo sulla riunione del Bilderberg, riunione ultrasegreta delle principali §˜ites dell'Europa e del Nordamerica che si incontrano annualmente a porte chiuse. Il gruppo Bilderberg agisce come gruppo di riflessione internazionale informale e non pubblica nessuna informazione: i reportages sulle riunioni vengono dunque da fughe di notizie e le fonti non possono essere verificate. Tuttavia, le informazioni fornite dagli inseguitori del Bilderberg e giornalisti Daniel Estulin e Jim Tucker si sono rivelate sorprendentemente giuste in passato.

A maggio, le informazioni scappate dalle riunioni riguardavano senza sorpresa il principale soggetto di conversazione: la crisi economica. La domanda chiave era di sapere se ci si dovesse impegnare in «una depressione prolungata e dolorosa che condannasse il mondo a dei decenni di stagnazione, declino e povertà [...] o in una depressione più corta ma intensa che aprisse la strada a un nuovo ordine economico mondiale, che offrisse una minor sovranità, ma che fosse più efficiente».

È importante notare che uno dei punti importanti all'ordine del giorno era di «continuare a ingannare milioni di risparmiatori e investitori che credevano al clamore sulla pretesa ripresa economica. Stanno per affrontare perdite massicce e gravi difficoltà economiche nei mesi a venire».

Estulin ha parlato di un rapporto trapelato e che egli affermava aver ricevuto dopo la riunione, che mostrava i grandi disaccordi tra i partecipanti, dato che «I partigiani della linea dura sono favorevoli a un declino drammatico e a un'espressione corta e severa, ma altri pensano che le cose sono andate troppo lontane e che le conseguenze del cataclisma economico mondiale non possono essere calcolate con esatezza». Nonostante ciò, la visione comune era che la recessione sarebbe andata peggiorando e che la ripresa sarebbe stata «relativemente lente e lunga» e che si dovevano cercare questi termini nella stampa durante le settimane e i mesi a venire. In effetti, questi termini sono apparsi ad infinitum su tutti i media mondiali.

Il giornalista rivelava inoltre che «di fronte allo spettro della loro morte finanziaria, alcuni eminenti banchieri europei sono estremamente preoccupati e qualificavano questa acrobazia come 'insostenibile', e affermavano che i deficit di budget e commerciale avrebbero potuto generare il crollo del dollaro». Un membro di Bilderberg ha ammesso che «le banche stesse non sanno quando [si toccherà il fondo]». Tutti sembravano essere d'accordo sul fatto che «il nuovo capitale di cui le banche statunitensi han bisogno potrebbe essere considerevolmente più elevato di ciò che il governo statunitense ha suggerito al momento dei suoi recenti test di pressione». Inoltre, «qualcuno dell'FMI ha sottolineato che il suo studio personale sulle recessioni storiche suggerisce che gli Stati Uniti sono solo al terzo di questa. Di conseguenza, le economie che si aspettano di ristabilirsi grazie alla rinascita della domanda proveniente dagli Stati Uniti dovranno aspettare a lungo». Uno dei partecipanti ha dichiarato che «Le perdite in capitali propri nel 2008 erano peggiori di quelle del 1929 [e che], la prossima fase del declino economico sarà ugualmente peggiore che negli anni '30, soprattutto perchè gli Stati Uniti si portano addosso un debito eccessivo di circa 20 miliardi di dollari. L'idea di un boom [economico] sano sarà solo un miraggio finchè questo debito non sarà eliminato [19]».

La percezione generale di una ripresa dell'economia vorrebbe dire che il piano Bilderberg è in azione? Bene, per rispondere in modo chiaro a questa domanda, dobbiamo esaminare chi erano i principali partecipanti alla conferenza.

I dirigenti delle banche centrali

Come al solito, numerosi dirigenti delle banche centrali erano presenti. Tra questi, il governatore della Banca nazionale di Grecia, quello della Banca d'Italia, il presidente della Banca europea degli investimenti, l'ex presidente della Banca mondiale, James Wolfensohn, Nout Wellink presidente della Banca centrale dei Paesi Bassi e membro della direzione della BRI, Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, il governatore aggiunto della Banca nazionale del Belgio e un membro del Consiglio degli amministratori della Banca centrale d'Austria.

Ministri dell'Economia e media

Anche i Ministri dell'Economia e i funzionari di numerosi paesi hanno assistito alla riunione. La Finlandia, la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna avevano tutti un rappresentante dell'Economia. C'erano anche molti rappresentanti delle grandi imprese mediatiche mondiali, tra cui l'editore del Der Standard d’Austria; Il presidente e direttore generale della Washington Post Company; il redattore capo del The Economist; l'editore delegato del Die Zeit tedesco; il coredattore e cronista del Nouvel Observateur francese; e il corrispondente per gli affari e cronista economico del The Economist. Ecco alcune delle grandi pubblicazioni finanziarie mondiali presenti a questa riunione. Naturalmente, hanno una grande influenza sulla percezione che il pubblico ha dell'economia.

I banchieri

È importante sottolineare anche la presenza a quest'incontro di banchieri privati, dato che sono le grandi banche internazionali che detengono le azioni delle banche centrali mondiali, le quali detengono, a loro volta, le azioni della BRI. Tra le banche e le società di finanziamento rappresentate, c'erano la Deutsche Bank AG, ING, Lazard Freres & Co., Morgan Stanley International, Goldman Sachs e la Royal Bank of Scotland. Inoltre, è importante sottolineare la presenza di David Rockefeller [20], ex presidente e direttore generale della Chase Manhattan (oggi J.P. Morgan Chase), che potremmo definire come l'attuale «re del capitalismo».

L’amministrazione Obama

L'incontro del Bilderberg accoglieva inoltre numerosi rappresentanti dell'amministrazione Obama incaricati di risolvere la crisi economica, tra cui Timothy Geithner, segretario al Tesoro ed ex presidente della Federal Reserve Bank of New York; Lawrence Summers, direttore del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca, ex segretario al Tesoro del governo Clinton, ex presidente dell'Università di Harvard ed ex economista capo della Banca mondiale; Paul Volcker, ex governatore della FED e capo del Comitato consultivo di rilancio economico del presidente Obama e Robert Zoellick, ex presidente di Goldman Sachs e attuale presidente della Banca Mondiale [21].

Senza che questo abbia conferme, si parla della presenza del presidente della Fed Ben Bernanke. Tuttavia, se possiamo fidarci della storia e delle precedenti riunioni del Bilderberg, il presidente della Fed e quello della Federal Reserve Bank of New York sono sempre presenti. Sarebbe quindi una sorpresa che non fossero presenti all'incontro del 2009. Ho contattato la Fed di New York per chiedere se il presidente aveva assistito alle riunioni di organismi o gruppi qualsiasi in Grecia durante l'incontro dei membri del Bilderberg e mi hanno risposto di chiedere alle organizzazioni una lista dei partecipanti. Se non ne hanno confermato la presenza, non l'hanno neanche negata.

È evidente che tutti questi giocatori chiave possono esrcitare abbastanza influenza per modificare l'opinione pubblica e la percezione della crisi economica. Sono inoltre gli stessi che hanno più da guadagnarci. Nonostante ciò, poco importa l'immagine che creano, questa resta ciò che è: un'immagine. L'illusione si romperà molto presto e tutti si renderanno conto che la crisi che abbiamo vissuto fino ad ora non è altro che il capitolo introduttivo della crisi economica tale come sarà scritta nei libri di storia.

Conclusione

Gli avvertimenti della BRI e del suo vecchio economista capo, William White, non devono essere presi alla leggera. Le precedenti messe in guardia della BRI e di William White sono passate in sordina e col tempo si sono rivelate esatte. Non lasciate che la speranza di «ripresa economica» veicolata dal media metta da parte la «realtà economica». Anche se può farci deprimere riconoscerlo, è molto meglio conoscere la terra che calpestiamo, anche se costellata di pericoli, invece di ignorarla e correre imprudentemente su un campo minato. L'ignoranza non rende felici, ma è piuttosto una catastrofe a scoppio ritardato.

Un medico deve prima identificare e diagnosticare correttamente un problema prima di poter dare un qualsiasi rimedio come soluzione. Se la diagnosi non è corretta, il rimedio non avrà effetto, potrebbe anzi aggravare la situazione. L'economia mondiale è colpita da un grave cancro: alcuni l'hanno diagnosticato correttamente, eppure il rimedio che le è stato dato serviva a guarire un raffreddore. Il tumore economico è stato identificato. La domanda è: l'accettiamo e cerchiamo di eliminarlo o continuiamo a pensare che il rimedio per la tosse lo guarirà? Tra le due posizioni, quale offre le migliori possibilità di sopravvivenza? Ora cercate di accettare il motto «stupido felice».

Come diceva Gandhi, «Non vi è altro Dio che la verità»

Per una visione d'insieme delle crisi finanziarie a venire, vedere: "Entering the Greatest Depression in History: More Bubbles Waiting to Burst" Global Research, 7 agosto 2009.

Note

[1] Time, HEROES: Man-of-the-Year. Time Magazine: Jan 6, 1930: http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,738364-1,00.html

[2] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 2

[3] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 6

[4] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 148

[5] James Calvin Baker, The Bank for International Settlements: evolution and evaluation. Greenwood Publishing Group, 2002: page 149

[6] Carroll Quigley, Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time (New York: Macmillan Company, 1966), 324-325

[7] Carroll Quigley, Tragedy and Hope: A History of the World in Our Time (New York: Macmillan Company, 1966), 324

[8] Ambrose Evans-Pritchard, Derivatives still pose huge risk, says BIS. The Telegraph: September 13, 2009: http://www.telegraph.co.uk/finance/newsbysector/banksandfinance/6184496/Derivatives-still-pose-huge-risk-says-BIS.html

[9] Robert Cookson and Sundeep Tucker, Economist warns of double-dip recession. The Financial Times: September 14, 2009: http://www.ft.com/cms/s/0/e6dd31f0-a133-11de-a88d-00144feabdc0.html

[10] Patrick Jenkins, BIS head worried by complacency. The Financial Times: September 20, 2009: http://www.ft.com/cms/s/0/a7a04972-a60c-11de-8c92-00144feabdc0.html

[11] David Uren. Bank for International Settlements warning over stimulus benefits. The Australian: June 30, 2009:

http://www.theaustralian.news.com.au/story/0,,25710566-601,00.html

[12] Simone Meier, BIS Sees Risk Central Banks Will Raise Interest Rates Too Late. Bloomberg: June 29, 2009:

http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601068&sid=aOnSy9jXFKaY

[13] Robert Cookson and Victor Mallet, Societal soul-searching casts shadow over big banks. The Financial Times: September 18, 2009: http://www.ft.com/cms/s/0/7721033c-a3ea-11de-9fed-00144feabdc0.html

[14] AFP, Top central banks agree to tougher bank regulation: BIS. AFP: September 6, 2009: http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5h8G0ShkY-AdH3TNzKJEetGuScPiQ

[15] Simon Kennedy, Basel Group Agrees on Bank Standards to Avoid Repeat of Crisis. Bloomberg: September 7, 2009: http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=aETt8NZiLP38

[16] Abigail Moses, Central Banks Must Agree Global Clearing Supervision, BIS Says. Bloomberg: September 14, 2009: http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=a5C6ARW_tSW0

[17] FIABIC, US home prices the most vital indicator for turnaround. FIABIC Asia Pacific: January 19, 2009: http://www.fiabci-asiapacific.com/index.php?option=com_content&task=view&id=133&Itemid=41

Alexander Green, The National Debt: The Biggest Threat to Your Financial Future. Investment U: August 25, 2008: http://www.investmentu.com/IUEL/2008/August/the-national-debt.htm l

John Bellamy Foster and Fred Magdoff, Financial Implosion and Stagnation. Global Research: May 20, 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=13692

[18] Dawn Kopecki and Catherine Dodge, U.S. Rescue May Reach $23.7 Trillion, Barofsky Says (Update3). Bloomberg: July 20, 2009: http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=aY0tX8UysIaM

[19] Andrew Gavin Marshall, The Bilderberg Plan for 2009: Remaking the Global Political Economy. Global Research: May 26, 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?aid=13738&context=va

[20] Maja Banck-Polderman, Official List of Participants for the 2009 Bilderberg Meeting. Public Intelligence: July 26, 2009: http://www.publicintelligence.net/official-list-of-participants-for-the-2009-bilderberg-meeting/

[21] Andrew Gavin Marshall, The Bilderberg Plan for 2009: Remaking the Global Political Economy. Global Research: May 26, 2009: http://www.globalresearch.ca/index.php?aid=13738&context=va

Titolo originale: "La reprise ¦—onomique est une illusion"

Fonte: http://www.mondialisation.ca
Traduzione a cura di MARINA GERENZANI

martedì 1 dicembre 2009

MANIFESTAZIONE ANTINUKE!! NO NUKE! UNA RISATA SARDONICA VI SEPPELLIRA'



http://socialmail.tiscali.it/messages_s/75/159/2494_b7301042a33f5e6f67836bd2b429d6/attachments/NO%20NUKE.mp3

NON PERMETTIAMO DI RENDERE INVIVIBILE LA TERRA DEI NOSTRI FIGLI CHE DEVONO ANCORA NASCERE!!


8 DICEMBRE 2009 ORE 17,00 CAGLIARI PIAZZA DEL CARMINE MANIFESTAZIONE ANTINUCLEARE CON INTERVENTI DEI SOSTENITORI DI UNA REALTA' DI PRODUZIONE ENERGETICA NON INVASIVA NEL RISPETTO DELL'AMBIENTE E DELLA DIMENSIONE UMANA

RELAZIONE DEL PROF. L. BURDERI, DIBATTITO CON INTERVENTI DEGLI ADERENTI ALL’EVENTO, CENA SARDA...


MUSICA: ROSSELLA FAA, MARIO SANDRO MOSSA QUINTET, REAGGE MUFFIN, EROTIC MONKEY, SIMONA DEIDDA SOUND, DR.BOOST, ISOLA SOUND, E MOLTI ALTRI ANCORA, EPPOI ANCORA GIOIA PACE E MOLTA SIMPATIA!!!!!!!


COMITATO SARDO ANTINUCLEARE






Nucleare, legare le multinazionali ai consorzi per la costruzione delle centrali.

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È il nucleare la soluzione per Alcoa

La proposta dell'Enel: le imprese energivore nei consorzi delle centrali

Giuseppe Centore - La Nuova Sardegna 1 Dicembre 2009

Fonte: Rassegna Stampa Provincia di Nuoro

PORTOVESME. Passa anche dal nucleare la soluzione della vertenza Alcoa. I silenzi del governo, le non-risposte alla piazza e al Parlamento, non erano legate all'assenza di idee su come uscire dal rebus delle tariffe, ma alla necessità di prendere tempo per definire i dettagli di una strategia.
Una strategia che non a caso è stata esplicitata a Sondrio dal presidente di Enel il giorno dopo la manifestazione di Roma. Entro l'anno verranno sistemati altri tasselli e ci saranno anche gli annunci ufficiali. La strategia del governo si regge su tre pilastri: il ruolo dei grandi produttori (Enel), l'avvio in esercizio delle infrastrutture di trasporto tra Sardegna e Penisola (il Sapei), le agevolazioni per Alcoa. Il ruolo di Enel passa per il nucleare. Non c'è allo stato attuale alcun collegamento tra questa opzione e la realizzazione di centrali nucleari nell'isola.
Il progetto che ha in mente il governo, presente anche nella legge 99 di quest'anno, ipotizza l'incontro tra produttori e consumatori speciali di energia (Alcoa in pratica ha bisogno di una media centrale elettrica per sé) nei consorzi per la costruzione di queste centrali a prescindere dalla loro collocazione.
«Crediamo che il nucleare debba vedere un ampio coinvolgimento dell'industria elettrica e delle grandi imprese energivore italiane». Con queste parole Fulvio Conti, ha indirettamente risposto al pre-accordo tra governo e Alcoa del giorno prima intervenendo in una conferenza sul Sistema energetico venerdì a Sondrio. Conti, ha spiegato che l'Enel sta pensando «a modelli societari o consortili per ciascuna unità (cioè ciascuna centrale, ndr) aperti ai grandi consumatori di energia come industrie o consorzi di imprese od altri operatori del settore energetico, che potranno così beneficiare di elettricità a prezzi vantaggiosi per tutta la durata in esercizio della centrale, in proporzione alla loro partecipazione. Quello che chiedo é che in questi consorzi sia sempre Enel a mantenere la posizione di leadership».

Il secondo pilastro, su cui si regge il primo, riguarda le infrastrutture. E' già attiva operativa la prima tranche da 500 megawatt del cavo sottomarino, il cosiddetto"Sapei" che collegherà la Sardegna alla penisola. I tecnici di Terna contano di portarlo in esercizio a pieno regime per il prossimo marzo, e di attivare la seconda tranche del cavo a marzo 2011. L'entrata in funzione del cavo doveva essere accompagnata da una grande cerimonia, prevista per il 19 novembre. I pre-inviti per quell'evento, con la presenza del Presidente Berlusconi, fautore dell'opera, erano già partiti, ma poi c'era stato un imprevisto dietro-front. Non è escluso che lo slittamento sia legato alla vertenza Alcoa. L'attivazione del Sapei, anche solo con la prima tranche, crea una forte discontinuità con il passato. La Sardegna non è più isolata sul fronte energetico, né in entrata né in uscita. La disposizione del 2000 (governo Prodi, ministro dell'industria Enrico Letta) che elevò la quota di riserva (quella immettibile in rete in qualunque momento in caso di black-out) all'80 per cento della potenza prodotta in Sardegna, non ha più ragione d'essere. La riserva anche nell'isola scenderà più o meno al 20, e questo significa che il chilowattora prodotto in Sardegna costerà di meno perché dovrà confrontarsi con l'energia prodotta nel resto del paese, ora col Sapei in grado di attraversare il mare nelle due direzioni.

Terzo pilastro della strategia del governo è il pre-accordo; l'interconnessione con l'estero, l'interrompibilità delle forniture e la riduzione della tariffa per il"trasporto" dell'energia dal luogo di produzione a Portovesme diventano alla luce degli altri due punti, complementari e di minore importanza. Adesso si capisce il ritardo e l'assenza di notizie sulle comunicazioni formali tra le parti e con l'Europa: il piano del governo stava prendendo corpo, e solo con la pre-intesa poteva essere parzialmente illustrato. Un altro risultato raggiungibile nella strategia del governo (analogamente a quando accaduto con l'altra azienda energivora del Sulcis-iglesiente, la Portovesme srl) è quello di "legare" virtuosamente le multinazionali al territorio. Nel caso della Portovesme il Contratto di programma (quando arriverà) e l'eolico impediscono di ipotizzare abbandoni anche a medio termine. Nel caso di Alcoa la partecipazione a un consorzio per la costruzione di una centrale nucleare non consente improvvisi disimpegni. Anche questo un risultato non da poco.

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