venerdì 16 dicembre 2016

UN NUOVO GOVERNO PER PELLEGRINAGGI A LOURDES

UN NUOVO GOVERNO PER PELLEGRINAGGI A LOURDES

comidad 


Il cosiddetto “ombrello europeo” ha dato un’altra bella prova di sé la settimana scorsa, allorché la Banca Centrale Europea ha lasciato trapelare la notizia, ancora “ufficiosa”, del rifiuto di accordare al Monte dei Paschi di Siena venti giorni in più per la ricapitalizzazione dell’istituto bancario. 

La fuga di notizie ha determinato un crollo in Borsa del titolo MPS. La BCE, con somma ipocrisia, ha aperto un’inchiesta interna per stabilire chi abbia fatto uscire la notizia con una settimana di anticipo rispetto ai tempi ufficialmente prefissati. 

L’inchiesta BCE configura l’ipotesi di aggiotaggio, come se non fosse stato aggiotaggio tutto il comportamento dei vertici della stessa BCE, i quali hanno tenuto per mesi sulla graticola della speculazione il sistema bancario italiano; in ostaggio dell’aggiotaggio, appunto. 

L’aggiotaggio è sì un reato grave in base ai codici penali vigenti, ma costituisce pur sempre il pane quotidiano di un sistema costruito sull’illegalità qual è il cosiddetto capitalismo. Il “capitalismo” di per sé non sarebbe altro che il principio giuridico per il quale il potere aziendale si stabilisce in base alle quote di capitale, cioè di denaro investito; quindi si tratterebbe di “plutocrazia”, di dominio del denaro. Sennonché il denaro non esercita il suo potere reale in base a norme legali, bensì in base ai reati che commette e di cui ottiene la legalizzazione a posteriori attraverso la potenza corruttiva di cui dispone. Quindi plutocrazia più cleptocrazia. Il mondo che il “capitalismo” costruisce attorno a sé non può che essere composto di inganni e trabocchetti, di vincoli soffocanti per il più debole, che sta al più forte invece aggirare a proprio vantaggio. Sembra proprio il ritratto dell’Unione Europea, uno dei maggiori templi che il capitale sia riuscito a costruirsi nella sua storia.


La cosiddetta crisi bancaria italiana restituisce appieno il senso di questa rete di inganni, che consiste nel drammatizzare artificiosamente questioni che in sé avrebbero il connotato della normalità. “Banca” e “bancarotta” sono infatti termini pressoché sinonimi già dai tempi di San Callisto, papa degli inizi del III secolo, famoso banchiere e bancarottiere, linciato dai suoi creditori e per questo elevato alla gloria degli altari come santo martire. Il caso MPS avrebbe avuto infatti da sempre il suo sbocco naturale nella nazionalizzazione, una scelta pretestuosamente rimandata solo per consentire speculazioni sul titolo azionario. Il bello è che Renzi aveva imposto anche alle Banche Popolari di riconvertirsi in SPA, come a prefigurarne una crisi cronica sotto gli attacchi della speculazione. Per il momento il Consiglio di Stato ha bloccato il provvedimento renziano ma, visti i precedenti, c’è poco da essere fiduciosi. 

Caduto Renzi, il presidente Mattarella ha imposto una soluzione- lampo della crisi di governo con un esecutivo che ripropone gli stessi conflitti di interessi del precedente, dal caso di Voucher-Man Poletti al caso della familista amorale Boschi. A fare da capro espiatorio è stata invece chiamata la ministra dell’Istruzione Giannini, forse nella speranza da parte del PD di recuperare almeno il voto degli insegnanti, che in fondo sono rimasti gli ultimi europeisti ed hanno vissuto come un dramma personale la Brexit.

Nel governo Gentiloni manca anche la componente dell’impresentabile Verdini, come se in fatto di impresentabilità l’attuale governo dovesse farsi insegnare qualcosa da qualcuno. L’unica “nota positiva” della compagine Gentiloni consiste nella sua debolezza politica e parlamentare che lascerebbe sperare nell’impossibilità di attuare altre disastrose “riforme” imposte dal Super-Buffone di Francoforte, in arte Mario Draghi. Laddove manchino le maggioranze parlamentari possono però supplire i soliti colpi di mano giustificati da finte emergenze.


Le opposizioni chiedevano un pronto rinvio alle urne, ma ciò rientrava nel gioco delle parti, poiché di per sé non farebbe scandalo che una maggioranza parlamentare ancora vigente prosegua la sua strada. L’aspetto patetico e ridicolo riguarda le motivazioni addotte da Mattarella per giustificare la sua scelta; motivazioni talmente inconsistenti che è risultato stonato vederci piazzata in mezzo anche l’unica questione vera: il terremoto. 

La legge elettorale non era mai stato un problema finché non la si è caricata di pretestuose pretese di “governabilità”, del tipo che bisognerebbe sapere già la sera dopo le lezioni chi governerà. Come se non lo si sapesse già dalla mattina prima che comunque governerà Draghi.
Tutta da ridere poi la presunta “urgenza delle scadenze internazionali” del Consiglio Europeo e del G7. Vista la totale irrilevanza dei governi italiani in tali consessi, tanto valeva spedirvi, piuttosto che un nuovo governo, la traccia di qualche governo passato, magari un ritratto di Quintino Sella o di Bettino Ricasoli. 

Ma in Italia tutto ciò che è internazionale deve assumere i contorni del sacro e del salvifico. La modernità è solo un’illusione ed il sacro è ancora dappertutto. Prendiamo tanto per i fondelli i poveri mussulmani per i loro pellegrinaggi alla Mecca e poi spediamo i nostri ragazzi in pellegrinaggio per la Sacra Europa per farli sentire “europei” con l’Erasmus; e le scuole italiane organizzano pure visite al parlamento europeo, manco fosse la grotta di Lourdes.


Indipendentisti in piazza per il diritto alla Salute Pubblica dei sardi

Indipendentisti in piazza per il diritto alla Salute Pubblica dei sardi

Claudia Zuncheddu
bustianuc


Le rappresentanze dei movimenti indipendentisti Fronte, Gentes, Progres, Sardigna Libera e Sardigna Natzione, oggi a Sassari hanno improvvisato un sit-in di fronte alla neonata Asl Unica. 

Un sit-in per manifestare il dissenso sulle politiche devastanti, in materia di Sanità pubblica, portate avanti in Sardegna dal Presidente Pigliaru e dalla sua maggioranza che governa. In egual misura si denunciano le responsabilità delle forze di opposizione nel Consiglio della RAS per il silenzio complice delle scelte neoliberiste di Pigliaru. 

Noi indipendentisti sosteniamo le lotte dei sardi per il diritto inalienabile alla Sanità pubblica e appoggiamo le azioni della “Rete Sarda – Sanità Pubblica”, in prima linea, non da oggi per la difesa degli ospedali in tutti i territori disagiati della Sardegna.

Noi ribadiamo la nostra contrarietà al “Piano di Riordino della Rete ospedaliera sarda” attraverso la quale con l’alibi riorganizzativo, di fatto declassano e chiudono gli ospedali dei territori più disagiati da Isili a La Maddalena, da Muravera a Sorgono, a Thiesi, ad Alghero, a Lanusei, al Sulcis Iglesiente…

Denunciamo lo stato di abbandono degli ospedali di Cagliari, con la chiusura di presidi ospedalieri al servizio di tutta la Sardegna, dal Microcitemico al Binaghi, al San Giovanni di Dio, al Marino. L’Ospedale Oncologico perde pezzi (dalla chirurgia alla radioterapia); il Brotzu è in forte sofferenza. Le lunghe liste d’attesa e la forte carenza di personale medico e paramedico, costringono i sardi a rinunciare alle cure sanitarie e i nostri medici a fuggire.

L’ospedale Microcitemico: scuola di scienziati ed avanguardia internazionale secondo l’OMS, oggi viene mortificato e accorpato al Brotzu, perdendo ogni sua specificità sia per l’assistenza ai talassemici sia per le malattie rare (assai diffuse in Sardegna).

Diciamo 

NO alla Asl Unica, la neonata grande mangiatoia dei partiti politici al governo dei sardi, reali responsabili dei Buchi di bilancio della Sanità, ma che intendono far pagare alle nostre collettività attraverso il taglio del diritto all’assistenza primaria e chiudendo i nostri ospedali pubblici.

NO alla sostituzione degli ospedali territoriali con centri burocratici di potere al servizio del clientelismo dei politici accondiscendenti. 

NO alla nomina del super-manager piemontese Moirano, a cui si affida il taglio dei diritti dei sardi ad una sanità pubblica di qualità e gratuita per tutti.

NO all’ ”operazione coloniale italo-araba” che vede l’apertura del Mater Olbia, l’ospedale privato di proprietà dell’Emiro del Qatar. La classe politica sarda in modo trasversale si è impegnata a distrarre dalle nostre casse, a favore dell’Emiro, 58 milioni all’anno per dieci anni, arrivando paradossalmente a “comprare un nuovo padrone” al Popolo sardo.

Con il sit-in a Sassari, noi indipendentisti preannunciamo la lotta ad oltranza in difesa della Sanità Pubblica Sarda.

DENUNCIA DEL DEPUTATO SARDO DI UNIDOS MAURO PILI: L'ASL CAGLIARITANA INVITA GLI OSPEDALI A DIMETTERE I MALATI SARDI PER LIBERARE POSTI PER I MIGRANTI

DENUNCIA DEL DEPUTATO SARDO DI UNIDOS MAURO PILI: L'ASL CAGLIARITANA INVITA GLI OSPEDALI A DIMETTERE I MALATI SARDI PER LIBERARE POSTI PER I MIGRANTI



 
Sos migranti a Cagliari: degenti allontanati in massa dagli ospedali
www.castedduonline

Dimissione dei pazienti dagli ospedali cagliaritani per far fronte all'emergenza migranti, ed anche blocco dei ricoveri programmati. Mauro Pili: assessorato alla Sanità allo sbando

Autore: Marcello Polastri il 15/12/2016 22:54

Dimissione dei pazienti dagli ospedali cagliaritani per far fronte all'emergenza migranti, ed anche blocco dei ricoveri programmati. Questo l'oggetto di una circolare definita "shock". Si tratta della nota diffusa dal direttore dei Presidi Ospedalieri di Cagliari, un documento ufficiale ma riservato. Fioccano le polemiche ed anche la denuncia del deputato Mauro PILI di Unidos.

"In previsione dello sbarco dei migranti previsto per la giornata di oggi (l'arrivo di 858 migranti, ndr), si invitano le SS.LL a provvedere a bloccare i ricoveri programmati e a dimettere i pazienti dimissibili, al fine di poter affrontare l'eventuale emergenza".

La missiva è indirizzata ai direttori degli Ospedali San Giovanni di Dio e del Policlinico Universitario.

Secondo Pili, si tratta di "una comunicazione imposta dall'assessorato della Sanità di una Regione allo sbando che arriva a pianificare lo sfollamento degli ospedali, mandando a casa i pazienti che risultano ricoverati per un motivo, altrimenti non dovrebbero essere ricoverati, e rispedire a casa coloro per i quali era pianificato il ricovero". Si tratterebbe di "un atto che rasenta la follia e la degenerazione gestionale di questa partita immigrazione: nessuna seria pianificazione con prefetture che danno l'assenso senza aver in alcun modo la certezza della più elementare logistica. Ed è evidente che con questa circolare i casi sono due: o si afferma che i pazienti vengono trattenuti indebitamente in ospedale oppure - precisa Pili - si chiede che vengano dimessi prematuramente rispetto alla prognosi precedente".

Ma cosa sta accadendo realmente negli ospedali Cagliaritani? Cosa sta programmando la "macchina" dell'accoglienza, e cosa pensano i numeri uno della sanità in Sardegna, al di là della "mandata a casa" dei pazienti per far posto a quella che sembra una emergenza mia vista ad oggi?
Una conferenza stampa avrebbe certo fugato dubbi e perplessità - anche politiche - e informato i cittadini che ora apprendono di questa emergenza ospedaliera "far fronte all'emergenza migranti".



CAGLIARI: PILI (UNIDOS), DIMESSI SARDI DA OSPEDALI PER FARE SPAZIO A MIGRANTI (2) 
www.adnkronos.com/

(Adnkronos) - Secondo PILI si tratta di "un atto che rasenta la follia e la degenerazione gestionale di questa partita immigrazione: nessuna seria pianificazione con prefetture che danno l'assenso senza aver in alcun modo la certezza della più elementare logistica. E' evidente che con questa circolare i casi sono due: o si afferma che i pazienti vengono trattenuti indebitamente in ospedale oppure -prosegue PILI - si chiede che vengano dimessi prematuramente rispetto alla prognosi precedente". "L'organizzazione dell'accoglienza non può essere gestita con tale pressapochezza. Come si può dare l'assenso al trasferimento in Sardegna di tanti migranti senza aver verificato le più elementari esigenze dell'accoglienza, a partire da quella sanitaria? Se si devono dimettere i pazienti sardi per far spazio ai migranti - conclude PILI - significa che non esistono le strutture idonee e i numeri sufficienti per garantire una seria accoglienza".


Migranti: Pili (Unidos), fuori i pazienti sardi dagli ospedali di Cagliari per far posto ai migranti

Pubblicato su 15 dicembre 2016 da pressinsardinia


= Circolare choc dell’AOU di Cagliari

Cagliari,15 dic. 2016 – “Una circolare shock del direttore dei Presidi Ospedalieri di Cagliari, un documento ufficiale ma riservato con oggetto: bloccare ricoveri programmati e dimissione pazienti dimissibili”. La denuncia è del deputato di Unidos Mauro Pili che pubblica una circolare del 13 dicembre 2016 firmata dal Direttore Medico dei Presidi Ospedalieri dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari che recita testualmente: “In previsione dello sbarco dei migranti previsto per la giornata di oggi (l’arrivo di 858 migranti con Nave Dattilo, ndr), si invitano le SS.LL. a voler provvedere a bloccare i ricoveri programmati e a dimetterei pazienti dimissibili, al fine di poter affrontare l’eventuale emergenza”. La circolare era destinata ai direttori degli Ospedali San Giovanni di Dio e del Policlinico Universitario.



“Una comunicazione imposta dall’assessorato regionale tra la follia e la totale spregiudicatezza di una Regione allo sbando – afferma Pili – che arriva a pianificare lo sfollamento degli ospedali, mandando a casa i pazienti che risultano ricoverati per un motivo, altrimenti non dovrebbero essere ricoverati, e rispedire a casa coloro per i quali era pianificato il ricovero. Non ci sono commenti. E nemmeno troppe interpretazioni. Si tratta di una gestione scandalosa che conferma la totale incapacità a governare tali emergenze e soprattutto l’inadeguatezza della struttura sanitaria”.

Secondo Pili si tratta di “un atto che rasenta la follia e la degenerazione gestionale di questa partita immigrazione: nessuna seria pianificazione con prefetture che danno l’assenso senza aver in alcun modo la certezza della più elementare logistica. E’ evidente che con questa circolare i casi sono due: o si afferma che i pazienti vengono trattenuti indebitamente in ospedale oppure –prosegue Pili – si chiede che vengano dimessi prematuramente rispetto alla prognosi precedente”.

“L’organizzazione dell’accoglienza non può essere gestita dalla regione con tale pressapochezza. Come si può dare l’assenso al trasferimento in Sardegna di tanti migranti senza aver verificato le più elementari esigenze dell’accoglienza a partire da quella sanitaria? Tutto questo fa parte di un atteggiamento vergognoso da parte della Regione che continua a fare conferenze stampa sull’accoglienza ma poi arriva ad avallare il blocco dei ricoveri e le dimissioni dei pazienti per far spazio ad eventuali emergenze dei migranti che sbarcano in Sardegna. Se si devono dimettere i pazienti sardi per far spazio ai migranti significa che non esistono le strutture idonee e i numeri sufficienti per garantire una seria accoglienza. Non si può propagandare accoglienza se poi questa avviene senza disporre delle misure minime, ricoveri ospedalieri prima di tutto”.

“Ma come è possibile –prosegue il deputato di Unidos – che in tante ore di navigazione non si sia potuto accertare il tipo di problematiche a bordo della nave in arrivo due notti fa a Cagliari? Tutto questo la dice lunga sul pressapochismo con cui sta operando il governo e soprattutto con quale atteggiamento succube operano le prefetture che insistono a non rappresentare al Ministero dell’interno la reale situazione della Sardegna. E’ impensabile – ha concluso Pili – che l’assessore della Sanità abbia ispirato questa circolare ma si sia guardato bene di annunciarla pubblicamente. Bene farebbero i vertici della sanità, dopo questo ennesimo scandalo, a trarne le conseguenze per manifesta incapacità gestionale e per spregiudicatezza senza precedenti nel governo della partita sanitaria in Sardegna”.


COME MARINE LE PEN PIAN PIANO È DIVENTATA LA CANDIDATA “DI SINISTRA” IN FRANCIA

COME MARINE LE PEN PIAN PIANO È DIVENTATA LA CANDIDATA “DI SINISTRA” IN FRANCIA

vocidallestero



Il City Journal pubblica un’analisi sul nuovo vento politico in Europa e nel mondo. Il dato rilevante è lo stravolgimento della “mappa” politica, in cui si incrociano e si confondono sempre più “destra” e “sinistra”. Un caso paradigmatico è la Francia, dove si profila un confronto tra il liberista e thatcheriano Fillon, candidato favorito alle prossime presidenziali, e la sfidante Marine Le Pen, da sempre descritta come rappresentante dell’ultradestra, ma in realtà affine per molti aspetti a ciò che tradizionalmente si considera “sinistra”. O, almeno, è alla Le Pen che dovrebbe rivolgersi una classe lavoratrice francese consapevole dei propri interessi.
Si noti che l’autore di questo articolo – pubblicato sulla rivista dei conservatori del Manhattan Institute for Policy Research – propende personalmente per il thatcheriano Fillon, ma riconosciamo la precisione e il pregio di un’analisi che non usa nemmeno una volta la parola “populismo”.

di Fred Siegel

Il nuovo clima politico generato da una globalizzazione avvenuta a rotta di collo, da un “politicamente corretto” imposto aggressivamente e dall’arroganza delle élite, è giunto in modo così turbolento che i sondaggisti sono stati ripetutamente incapaci di registrare ciò che stava accadendo. Lo scorso anno hanno sbagliato le previsioni sulle elezioni in Israele; stessa cosa per il referendum colombiano sulle trattative di pace coi narco-guerriglieri. Poi hanno fallito le previsioni sia sulla Brexit che sulle elezioni presidenziali americane. In Francia non sono riusciti a prevedere che l’ex primo ministro François Fillon avrebbe vinto le primarie per diventare il candidato conservatore alle elezioni presidenziali del prossimo aprile. Fillon, con le sue idee conservatrici in ambito sociale ma liberiste in campo economico, confonde le nostre idee di sinistra e destra. Rappresenta un allineamento di opinioni che non si vedeva dagli anni ’40 dell’Ottocento.

Ma non sono solo i sondaggisti a non essersi accorti di come il vento stava cambiando. Jean-Claude Juncker, lussemburghese sconosciuto ai più, è diventato il pubblico zimbello durante il periodo precedente al voto sulla Brexit; Juncker è il presidente della Commissione Europea — l’organo burocratico con ampi poteri di governo sull’Europa, che agisce per conto delle élite. Così come Nancy Pelosi e la sua declinante banda degli House Democrats, Juncker sta rilanciando la posta in gioco e insistendo con politiche che finora hanno prodotto solo fallimenti. Juncker ha detto a un giornale austriaco che non ci sarebbe stato alcun rallentamento sulla federalizzazione dell’Europa. Non ci saranno dunque “opt-out” [clausole di esclusione] dalla stagnazione economica somministrata da Bruxelles.

Il filo che lega tutti questi “sconvolgimenti” elettorali è che gli elettori sembrano propendere sempre di più verso destra. Ma se si pensa così, si assume che la geografia mentale della destra e della sinistra abbia ancora un senso. Gli stessi termini “sinistra” e “destra” derivano dalle prime fasi della Rivoluzione Francese. I seggi della prima Assemblea Nazionale, visti dal podio dell’oratore, erano tali da porre i sostenitori di una nuova Francia, teoricamente più razionale, alla sinistra del podio stesso. Alla destra stavano invece quelli — spesso cattolici — che, a quanto si dice, volevano restare nella tradizione aristocratica. Si trattava di un transitorio periodo di chiarezza politica e ideologica. Dal momento stesso in cui il despota illuminato Napoleone Bonaparte si autoincoronò re nel 1804, quei termini sono diventati, e sono tuttora, irrimediabilmente confusi. Il grande liberale cattolico Chateaubriand fu costretto ad allinearsi con la monarchia borbonica perché la vedeva come la minore minaccia alla libertà, se confrontata con Napoleone.

Fillon non ha predecessori né precursori nella Francia risolutamente statalista degli ultimi 168 anni. L’ultima grande figura che ha la stessa combinazione di idee liberali e conservatrici era l’anglofilo François Guizot, che fu primo ministro quando la rivoluzione del 1848 mise fine alla monarchia borghese di Luigi Filippo di Borbone-Orléans. Fino ad oggi Guizot, grande storico il cui libro “La Storia della Civiltà in Europa” sta poggiato sul tavolo su cui sto scrivendo, non ha avuto eredi. Fillon ha detto ai francesi che vuole “ridare al paese la sua libertà“. Ha promesso di tagliare mezzo milione di posti di lavoro nel settore pubblico, mettere fine alla settimana lavorativa di 35 ore e ridurre la corposa regolamentazione del lavoro francese da 3.000 ad appena 150 pagine. Questa sarebbe una sorta di rivoluzione. La Francia moderna non si è mai sottoposta alle riforme liberiste che hanno ravvivato le economie di Gran Bretagna, Canada, Svezia e Germania. La spesa pubblica in Francia rappresenta attualmente il 57 percento dell’economia, e come negli Stati Uniti — ma peggio — il libero mercato è stato strangolato da uno statalismo fuori controllo.

Lo scrittore cattolico George Marlin, di New York, ha descritto come gli elettori cattolici della “Rust Belt” [la zona degli Stati Uniti centrali dove si collocano le maggiori capitali industriali, oggi in declino], infuriati per l’atrofia economica e per il “politicamente corretto” del liberalismo sociale, si sono orientati verso Donald Trump nelle elezioni presidenziali di novembre, determinandone la vittoria. Qualcosa di simile è successo in Francia. Nell’aprile 2017 Fillon, anglofilo e cattolico praticamente, potrebbe verosimilmente contrapporsi a Marine Le Pen, la leader anti-islamista del Front National, nel ballottaggio delle elezioni presidenziali francesi. Se ciò accade gli espertoni scopriranno che la loro mappa mentale è resa del tutto obsoleta da un conflitto tra due candidati entrambi “conservatori”. Ciò è avvenuto perché la classe lavoratrice francese, una volta rivendicata dalla “sinistra”, è stata abbandonata dai Socialisti, così come è avvenuto con la loro controparte in America. Si sono dissolti nella ricerca di una incoerente alleanza tra elettori gay, islamici e femministi.

Il presidente socialista francese François Hollande ha governato con così tanta inettitudine da raccogliere oggi appena il 4 percento dei consensi. Al confronto, Hillary Clinton se l’è cavata piuttosto bene con gli uomini della classe lavoratrice bianca, ottenendo il 38 percento dei voti. I socialisti francesi sono ritornati alla posizione marginale che avevano nell’Ottocento, mentre negli USA i Democratici sono arretrati su posizioni regionali che avevano negli anni ’20, quando erano il partito dei proprietari di saloon e degli stati del Sud.

Nel 2001 il padre di Marine Le Pen, Jean-Marie Le Pen, sostenitore della Francia di Vichy, scosse il mondo arrivando secondo alla prima tornata elettorale delle elezioni presidenziali francesi, scavalcando il socialista Lionel Jospin. Il 16 percento dei voti raccolto da Jospin fu quasi raggiunto da un confuso assortimento da museo di comunisti, maoisti e trotskisti. Messi assieme, i partiti estremisti della destra e della sinistra avevano raccolto circa un terzo dei voti. Ma poi nelle elezioni generali i partiti mainstream si unirono per sostenere Jacques Chirac, che batté Jean-Marie Le Pen con l’82 percento dei voti.

Ma il 2016 è diverso. La Francia è demoralizzata. È scossa dall’aggressione musulmana. Si è trascinata per decenni con meno dell’1 percento di crescita annuale. Il suo tasso di disoccupazione è vicino alla doppia cifra, il tasso di disoccupazione giovanile al 24 percento spinge schiere di giovani verso Londra, Berlino e New York. La politica economica thatcheriana di Fillon spingerebbe senza dubbio un gran numero di sindacalisti francesi del settore pubblico — e ciò che resta degli elettori della classe lavoratrice industriale — nelle braccia di Marine Le Pen, che potrebbe di fatto trasformarsi nel candidato di sinistra (se una tale definizione ha ancora un senso). I molti milioni di persone che lavorano per il settore pubblico o che ricevono sussidi potrebbero silenziosamente sostenere il nazionalismo della Le Pen piuttosto che rischiare di perdere i loro privilegi.

Chiunque sia il vincitore, la malnata Unione Europea riceverà un altro shock, mentre i paesi dell’Europa del sud minacciano la solvibilità della Banca Centrale Europea. Come i Democratici americani, che, nota Scott Johnson di Powerline, hanno marciato a ranghi serrati di sconfitta in sconfitta, anche le élite europee non danno segno di imparare alcunché. Le élite europee sembrano aver sviluppato una sorta di volontà di morte. “Quale migliore notizia, per la comunità delle banche d’investimento, che sapere che ora tutti gli elettori non-fascisti, di destra, sinistra e centro, sono obbligati a votare Fillon?” ironizza con sarcasmo Paul Mason, del giornale britannico — ma fervente continentalista — The Guardian. “Chi vuole cancellare lo stato sociale, licenziare i lavoratori ed aumentare i giorni lavorativi?“. Dunque Marine Le Pen è diventata la candidata della “sinistra” francese — chi lo avrebbe mai detto? E non c’è dubbio che altre sorprese debbano ancora arrivare.


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