martedì 8 luglio 2014

LA ZONA FRANCA È OGGI PIÙ VICINA.

LA ZONA FRANCA È OGGI PIÙ VICINA.

Mario Carboni



La legge di stabilità 2014 ha modificato lo statuto sardo.

Pubblico l'articolo della legge che ci interessa:
ART. 514. L'articolo 10 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e' sostituito dal seguente: «Art. 10. -- La Regione, al fine di favorire lo sviluppo economico dell'Isola e nel rispetto della normativa comunitaria, con riferimento ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilità, può, ferma restando la copertura del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione: a) prevedere agevolazioni fiscali, esenzioni, detrazioni d'imposta, deduzioni dalla base imponibile e concedere, con oneri a carico del bilancio regionale, contributi da utilizzare in compensazione ai sensi della legislazione statale; b) modificare le aliquote in aumento entro i valori di imposizione stabiliti dalla normativa statale o in diminuzione fino ad azzerarle». 

Mentre i consiglieri regionali non se ne sono neanche accorti, al pari dei partiti e dei soloni che si interessano di zona franca senza aver neppure idea di che cosa sia, questa modifica apre per la Regione la possibilità, a proprie spese cioè gravando sul suo bilancio, di stabilire un progetto di zona franca fiscale almeno e per iniziare per le zone franche previste nel decreto 75/98. Olbia, Arbatax, Cagliari, Portovesme, Oristano e Porto Torres . In particolare ciò è previsto nel la lettera b. Basta leggere. 


Cosa bisogna fare?
-Insistere affinché come previsto dal decreto 75/98 e dallo Statuto regionale e dalle leggi regionali in vigore la Giunta Pigliaru faccia senza indugio:
Istituire la società Sardinia Free Zone come Autority generale che governi la zona franca sarda.


- come fare?
La strada migliore è quella di acquisire la maggioranza nella società Cagliari. Free Zone , cambiarne il nome in Sardinia. Free. Zone, modificarne lo statuto in modo che sia abilitata a gestire la rete delle sei zone franche stabilite nel decreto 75/98 comprensiva della Zona franca di Cagliari sottraendola all'autorità portuale e al Cacip che sino ad oggi ne hanno addormentato anche per manifesta incapacità l'attuazione per 20 anni. 


-Prime azioni.
Nominare il consiglio d'amministrazione con esperti e manager che vogliano e sappiano realizzare la Zona franca sarda.


-Mandato per il cda.
Previa congrua capitalizzazione della Sardinia Free Zone produrre entro un anno un Master plan della Sardegna Free Zone, utilizzando professionalità anche internazionali e i singoli Business plan delle sei zone franche previste dal decreto 75/98 comprensivi di perimetrazioni e contenuti fiscali, doganali e vocazioni.


- la Giunta regionale 
deve comunicare al Governo le perimetrazioni e ogni altra progettualita richiesta e prevista dal decreto 75/89 e attraverso il sistema pattizio del comitato paritetico per l'attuazione dello Statuto, far emettere i Decreti legislativi previsti o anche innovativi e onnicomprensivi che permettano lo start up delle zone franche sarde per un periodo iniziale di almeno 10 anni , a valere del decreto 75/98 e della nuova competenza statutaria conseguente alla modifica dell'art. 10 dello Statuto sardo , come stabilito nella legge di stabilità 2014 nell'art. 514.


Un decreto legislativo ulteriore in attuazione dello Statuto e nel rispetto dell'accordo quadro di programma del 2001 che prevede una fiscalità di vantaggio nel resto della Sardegna non interessata alle zone franche previste dal decreto 75/98 dovrà essere concordato fra la Regione e lo Stato per armonizzare in tutta la Sardegna e per le zone interne e costiere un sistema speciale economico fiscale per l'intera Sardegna che interessi in particolare l'agroindustria ed il turismo.


- compito dello Stato.

Essendo il sistema di agevolazioni fiscali a carico del bilancio regionale, ed essendo lo Stato debitore della Sardegna di 10 miliardi di euro di tasse di competenza dei sardi riscosse e non versare alla Regione, il complesso delle agevolazioni fiscali di imposte dirette ed indirette ed altre defiscalizzazioni e oneri doganali non esatti, previsto annualmente nel Master Plan della Z.F. dovrà essere considerato come riscosso dallo Stato e versato dallo Stato alla Regione come compensazione dei crediti in diminuzione dai 10 miliardi di euro dovuti.

- per iniziare la Giunta regionale dovrebbe inserire nella Finanziaria 2015 o meglio nell'assestamento di bilancio 2013 una norma e un fondo affinché una task force venga incaricata di assistere la Giunta nella realizzazione di questo insieme di iniziative.
Analoghe iniziative dovrebbero essere poste in essere affinché nella riprogrammazione dei fondi europei congrue risorse vengano indirizzare alla realizzazione del sistema integrato Sardinia Free Zone e alle infrastrutture materiali ed immateriali indispensabili.

Il movimento per la zona franca sarda dovrebbe uscire dallo stato comatoso nel quale versa per sostenere un programma realistico ed efficace riunendo forze, energie e progettualità messe a dura prova da errori, personalismi, ambizioni elettorali e fiducia mal riposta .


Sulcis, miniere, amianto: Un affare! (per chi)?

Sulcis, miniere, amianto: Un affare! (per chi)?


“Negli ultimi 5 anni la Regione Sardegna" ha registrato una forte diminuzione dei livelli occupazionali; 
dai dati ISTAT riferiti al 2013 emerge che 43.000 persone hanno perso il posto di lavoro rispetto all'anno precedente;con riferimento alla fascia d'età tra i 15 e i 74 anni, il tasso di disoccupazione ha subito un'impennata di 2 punti percentuali passando dal 15,5 al 17,5 per cento, tale dato raggiunge il 30,6 per cento, quasi duplicandosi, se si considera l'indice di mancata partecipazione, che aggiunge ai "disoccupati Istat" le persone che non compiono ricerca attiva di occupazione;

il tasso di occupazione è invece del 48 per cento per la fascia d'età tra i 15 e i 64 anni, in flessione rispetto al 51,7 per cento del 2012: tra questi sono solo 20.000 i giovani tra i 15 e i 24 anni che lavorano rispetto ai 26.000 dell'anno precedente;

la provincia di Carbonia-Iglesias è il "fanalino di coda" a livello regionale e nazionale per numero di occupati registrando dati negativi anche per il fenomeno della disoccupazione;

nel Sulcis il tessuto produttivo è al collasso, la filiera dell'alluminio sta registrando da tempo un preoccupante stato di paralisi, lo dimostra la chiusura degli attori del comparto (Alcoa, Eurallumina) e lo stallo di aziende industriali come Carbosulcis e Vynils;

molti lavoratori interinali, precedentemente impiegati in attività collaterali e di supporto alle più importanti realtà industriali del territorio, risultano esclusi da qualsiasi forma di ammortizzatore sociale e, in questo momento, si trovano in una condizione alquanto precaria. Quelli che invece beneficiano della cassa integrazione in deroga sono alla stretta finale vista l'improrogabilità”
Così si espressero  un gruppo di deputati e senatori in una interrogazione al Governo. 


En passant, dovremmo ricordare  che tanti di questi signori sono stati corresponsabili di questo disastro sociale economico e morale di tutto un territorio, è come se l’assassino si improvvisasse anamapatologo,   Tracciano, cioè una raffazzonata radiografia del territorio più martoriato d’Italia e chiedono al governo cosa intende fare ecc.. ecc … Fare la radiografia del territorio, e parlarne un po come quello che cerca di spiegare all’affamato cosa è la fame! Certo, si chiede al governo di attivarsi per rilanciare ecc.. cioè i discorsi che sentiamo fare da anni, da sempre viene da dire. 
E la loro radiografia pecca persino per difetto, poiché nelle statistiche riguardante la disoccupazione hanno omesso di menzionare  gli ex lavoratori “indipendenti” precipitati nel baratro della disperazione e molto spesso del sottoproletariato e, qualche volta del lavoro nero.  

La realtà sarda e quella sulcitana non può essere scritta con i dati ISTAT, non solo! Essa ha bisogno di essere capita, interpretata con una attenta analisi del processo macro e microeconomico che si è registrato in quelle zona. Un territorio che avrebbe avuto  tutte le  caratteristiche per uno sviluppo partendo da base agro-pastorali e turistiche e che, invece, seguendo la logica intrinseca del capitale quella secondo la quale esso  si trasferisce là dove ha maggiori probabilità di profitto è diventata, pro tempore, una zona ad alto tasso di industrializzazione. 

Una industrializzazione pesante, fatta di alluminio, di estrazione di carbone ecc.. 
Ed è stata sempre questa logica, quella della massimizzazione dei profitti, che ha fatto sì che il capitale scappasse via assieme ai profitti accumulati lasciandosi  dietro scheletri di fabbriche, scorie,  rifiuti, ,  inquinamento,  tumori,  morti a causa di malattie da lavoro e da inquinamento  per  testimonianza a perenne ricordo di chi non vuole dimenticare. 


I parlamentari interroganti, queste cose non le hanno dette, e non ci saremmo aspettati che le dicessero visto lo spessore civile e morale degli stessi (Chi poteva attendere qualcosa di più visto che il primo firmatario risulta essere una persona che di nome fa Domenico e di cognome Scilipoti)? Il fatto, comunque, che perfino il signor Scilipoti si sia sentito in dovere di interessarsi di Sulcis qualcosa lo vorrà pur dire e la cosa non ci tranquillizza!

Strane voci circolano sul Sulcis, sulla sua miseria, sulla sua fame di lavoro, e non sono per nulla confortanti: Una delle nuove frontiere, quella che sembra promettere i profitti più remunerativi  si chiama speculazione energetica ed a questo scopo il Sulcis è stato costellato di pale eoliche, pale che hanno dato adito a dubbi di legalità visto che s’è mossa perfino la Procura della Repubblica di Cagliari per accertare e perseguire commessi da politici e faccendieri.

Ma la sete di profitti non si ferma alle energie alternative: Chi di dovere sa che un corpo “debole” è facilmente ricattabile, e nulla è più debole del corpo “Sulcis” stordito e indebolito dalle continue “crisi”. Crisi di occupazione, innanzitutto, ma anche da crisi “morali" come conseguenza della crisi occupazionale. Un corpo debole non riesce a sviluppare anticorpi per le future malattie, e badiamo bene che di malattie si parla: malattie mortali sono quelle che si prospettano secondo voci che abbiamo raccolto, e che ci auguriamo naturalmente non corrispondano al vero: Di che si tratta?


I piani secondo queste voci sembra siano diversificati, si parla nuovamente dello stoccaggio della CO2 per continuare con l’estrazione del carbone. Un piano folle: Un piano che viene spacciato come “nuovo” da chi sa perfettamente che nuovo non è: Qualcosa di simile è stato fatta in Canada ed ha provocato un disastro con decine di morti. La Norvegia (la ricca Norvegia) lo aveva iniziato e ha desistito perché “molto costoso”. Vi sono, poi, le controindicazioni in senso tecnico: Lo stoccaggio della CO2 richiede una profondità tale che le miniere del Sulcis non hanno.

Si pensa, così di diversificare i progetti per l’impiego di mano d’opera aggiungendo allo stoccaggio delle ceneri di combustione del carbone altri rifiuti ed in particolar modo l’amianto; Perché proprio l’amianto? Perché, sempre in base a queste voci, è noto che 

Gli impieghi dell'amianto nel secolo scorso sono stati innumerevoli, dall'edilizia agli impianti industriali, sino all'utilizzo come isolante acustico e termico e nelle coibentazioni, nonché nella costruzione degli attuali acquedotti (che dovranno necessariamente essere oggetto di bonifica e smaltimento dei rifiuti) con una \arieta tale da rendere necessaria la classificazione degli stessi :

Tali rifiuti di amianto o contenenti amianto possono essere conferiti in determinate tipologie di discarica:

In Sardegna, secondo uno studio non recentissimo sono solo 4 le discariche adatte ad accogliere questi tipi di rifiuti e sono:

Impianto                Località                        Provincia
Ecoserdiana s.r.l. Località S'Arenaxiu- Serdiana  Cagliari
Riverso s.r.l. Loc. Serra Scireddus - Carbonia Carbonia-Iglesias
Impresa F. Cancella s.r.l. Loc. Coronas Bentosas- Bolotana Nuoro
Siged s.r.l. Loc. Scala Erre - Sassari  Sassari

Considerando che nell’anno 2007. i costi per lo smaltimento degli RCA (Rifiuti Contenenti Amianto) presso le suddette discariche oscillavano tra 250 e 350 €/t, in funzione della tipologia del materiale conferito; per abbassarsi  alla cifra di 150 e 300 €/t. nel 2008.  considerando inoltre che  La Sardegna non disponendo di adeguati impianti per lo smaltimento di RCA diversi da quelli individuati dal codice CER 1 70605 e le altre tipologie di rifiuti contenenti amianto non sottoposti a processi di trattamento finalizzati al contenimento del potenziale inquinante, pericolosi,  è costretta  a trasferirli presso impianti collocati al di fuori della Sardegna. ,  con un aumento considerevole dei costi complessivi di smaltimento.
Per quanto concerne i quantitativi di amianto/cemento-amianto rimosso e avviato a smaltimento, nella tabella seguente sono riportati i valori registrati tra il 2002 ed il 2007.

Le stime sui quantitativi di amianto/cemento-amianto, presenti in Sardegna e ancora da smaltire, sono impressionanti: Nel 2007 si parlava di    circa 168.852.676 kg.

Sono queste cifre e queste constatazioni che, solleticando gli appetiti di tanti, finiscono per destare l’interessamento anche delle persone citate all’inizio. Secondo le voci citate e non controllate, si vorrebbero usare, le miniere dismesse, o in via di dismissione, per lo stoccaggio di questo tipo di materiale.
Noi, invece, continuiamo a credere che uno sviluppo del territorio del Sulcis è possibile. 


Uno sviluppo che deve partire dalle bonifiche ambientali e che si imperni su due voci: Turismo e sviluppo del settore agro-pastorale con relativa industria di trasformazione e conservazione dei prodotti. Continuiamo a ripetere che non crediamo sia frutto del destino il fatto che il Sulcis sia costretto ad importare l’80% dei prodotti alimentari che consuma, che sia il fanalino di coda dell’industria turistica.

E poiché pensiamo questo, poiché continuiamo a credere in un tipo di turismo “modello Ruhr” (Là dove le miniere sono state soppiantate da parchi, scuole, ospedali musei e industria d’avanguardia) ci rifiutiamo di pensare che le miniere possano diventare un cimitero di eternit.

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