Soggetti e Società, Complessità Organizzativa e Sistema.
Nonostante i suoi 30 anni leggere il libro "Potere e Complessità Sociale" di Niklas Luhmann, mi ha dato lo stimolo per presentare alcuni spunti d'analisi al fine di valutare l'attuale momento storico-politico:
Niklas Luhmann |
Assistiamo, nostro malgrado, al rapporto molto conflittuale (mio punto di vista) STATO/RAS, dove la maggioranza alla Regione dimostra una gestione amatoriale di fronte allo Stato, ma la Casta pluridecennale del Parlamento, di fronte all'Europa, non decide quasi niente perché totalmente non adeguata.....
Ma anche i tecnocrati Europei di Bruxelles sono inconsistenti di fronte al potere delle Agenzie di Rating americane, dimostrando di non saper affrontare la CRISI
La domanda é: PERCHE'succede questo ?
Riguardo alle situazioni descritte uso la "Metafora della Matrioska" , dove ogni crisi si sdoppia in un altra - più piccola.
Ciò lo si deve al fatto che le varie crisi hanno comune origine; basta osservare le caratteristiche del rapporto di potere che le contraddistingue e che ne rende difficile la soluzione.
Per spiegare il perché delle crisi uso le categorie di Luhmann, sottolineando come nel Rapporto di Potere la volontà del subordinato non ha bisogno di venir sostituita dalla volontà di chi sta più in alto, ma ha solo bisogno di venir motivata adeguatamente senza ricorrere a alcuna violenza e/o coercizione; ......... Precisando e rafforzando meglio tale concetto.....si può affermare che ogni ricorso alla coercizione e/o violenza segna non già il successo del Potere ma il suo smacco.
Nessun Sistema Sociale Moderno potrebbe stabilizzarsi per lunghi periodi se l'esercizio della forza (al suo interno) non avesse un ruolo marginale rispetto al flusso complessivo dei Rapporti di potere.
Vediamo cosa succede nella pratica.
Il Sistema Elettorale e la Competizione fra partiti sono 2 elementi di un sottosistema sociale più ampio, quello politico, che attribuisce ai partiti un grado molto elevato di Autonomia (il cui livello é comprensibile analizzando i casi negativi portati all'onore della cronaca) e di Indeterminatezza strutturale, con cui si rideterminano le aspettative degli iscritti, creando le leadership e riducendo la complessità generale degli interessi e la domanda politica che viene dall'esterno.
- "Il Principio Elettorale" basato sui principi della generalità del suffragio, della eguaglianza del voto e della sua segretezza é funzionale alla elezione politica di ALCUNI che, da quel momento, fanno e si comportano come vogliono, quasi senza impedimento.
- Il Principio elettorale quindi, condizionato dall'Autonomia e dall'Indeterminatezza strutturale, non ha la Funzione di affermare la volontà popolare e, tantomeno, di scegliere i migliori e/o i più competenti.
- L'ELETTORE é inserito nel contesto d'una procedura particolare, che determina i limiti di competenza.
- Solo "Classi di Elettori" ampie possono superare questi limiti .
La LOGICA SISTEMICA delle nostre società complesse non viene spiegata dai vecchi paradigmi, frutto di altri tipi di organizzazione sociale, di una diversa struttura produttiva e di valutazioni di tipo meccanicistico, quando si analizzano dall'interno la relazione capitale/lavoro e il concetto di produttività/ora.
Tale logica sociale, per Niklas LUHMANN, non è l'affermazione della democrazia secondo la nozione classica ma la Logica Sistemica dell'Economia del Consenso, da valutare come Obiettivo funzionale e come Gestione di un "consenso supposto e non di uno effettivo", fondato su convinzioni comuni dei cittadini che, quando diventano Elettori, rinunciano alle loro convinzioni, limitando le proprie competenze e accettando nuove procedure stabilite dal Partito e/o Movimento.
Per andare oltre, si deve analizzare l'ormai introvabile fattore TEMPO, dipendente da vari motivi.
Le odierne SOCIETA' COMPLESSE ci guidano condizionano con mille problemi: scadenze, impegni di pagamento, presenza a varie manifestazioni per avere visibilità, che non sono parte della libera scelta (se mai é esistita) dei singoli ma comportamenti dovuti, che definisco come "dei quasi obblighi".
- Fare altre scelte, leggittime o allettanti, é diventato quasi impossibile.
- Se si vuol creare una SOCIETA' diversa in Sardegna, diventa indispensabile riappropriarsi del Tempo, semplificando tutte le nostre Strutture Sociali....
L' INFLAZIONE DEL POTERE La prima parte dell'analisi sul Potere si é soffermata sul FATTORE TEMPO, di cui abbiamo esplicitato le caratteristiche seguenti: Le odierne SOCIETA' COMPLESSE ci guidano/ci condizionano con mille problemi: scadenze, impegni di pagamento, presenza alle più varie manifestazioni per avere visibilità, non fan parte della libera scelta dei singoli ma sono comportamenti dovuti, "dei quasi obblighi". Fare altre scelte, legittime o appartenenti agli interessi dei singoli, é diventato quasi impossibile. Per creare una nuova SOCIETA' SARDA, basata su altri obiettivi, dobbiamo riappropriarci del TEMPO.
PER capire come e dove cambiare si deve fare una sintesi sul funzionamento delle ISTITUZIONI POLITICHE.
Il periodo che viviamo si può definire "TARDO CAPITALISMO" o principio d'un CAPITALISMO FINANZIARIO che si dipana in maniera autonoma rispetto alle istituzioni Politiche, le sovrasta e le condiziona.
Le ISTITUZIONI sono una conseguenza diretta della "complessità funzionale" delle società moderne.
I SISTEMI POLITICI, come quelli occidentali che si limitano a garantire la propria stabilità, sono carenti in relazione alla capacità di prevenire certi disturbi potenziali della moderna complessità sociale, perché incapaci d' esprimere una Pianificazione Politica a 360° gradi.
BISOGNA ALLORA CHIEDERSI:
Che rapporti esistono e quali sono i legami tra "IL PROBLEMA della DEMOCRAZIA" e le "TEORIE" che sovrintendono l'organizzazione di qualunque complessità sistemica del CAPITALISMO FINANZIARIO ?
Si può osservare negli STATI MODERNI, quelli detti Stati di Diritto, che il dissenso Politico é sempre attivabile istituzionalmente ma SI SCONTRA: con LIMITI di compatibilità posti dalle regole dello sviluppo capitalistico-finanziario; con il FORMALISMO rappresentativo (che ha perso decisionalità ma non il denaro) che é funzionale allo Status.
Il MODELLO così detto "rappresentativo" può (a lungo andare) manifestare dei rischi di evoluzione del Potere e, perciò, bisognerebbe valutare: Il definitivo tramonto del vecchio "Laissez faire" liberista e la separazione tra Società Civile e Stato, in un quadro più generale di "Welfare" quotidiano. L'autonomia e l'indifferenza sociale di apparati tecno-burocratici dello Stato (Equitalia é l'esempio) verso gli interessi singoli e nei confronti dei bisogni socialmente emergenti e delle carenze da lavoro.
La manipolabilità della Opinione Pubblica da parte di POTENTI AGENZIE (pubbliche e/o artatamente private) per:
(a) - produrre consenso,
(b) - garantire la lealtà di massa,
(c) - neutralizzare il dissenso.
La perdita di efficacia garantista delle Procedure Legali e delle Tutele Giuridiche dei diritti soggettivi, ormai piegate a garantire: non la libertà dei Soggetti di fronte al Potere, ma la Libertà del Potere dalle interferenze del SISTEMA POLITICO dello STATO, che non esprime più la generalità dei cittadini.
La tendenziale subordinazione del Sistema dei Partiti (attraverso gli eletti) alla logica di stabilizzazione conservatrice delle BUROCRAZIE AMMINISTRATIVE (basta osservare i loro stipendi per capire la loro importanza di "ultimi decisori") con la progressiva omologazione dei "programmi e delle forme organizzative dei partiti". Infine, la vittoria per K.O del Capitalismo Finanziario (controllore), con la sparizione dell'Istituto Classico di ogni Democrazia : la Divisione del Potere.
Note:
Luhmann, Niklas, Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale.
Sistemi sociali. Fondamenti di una teoria generale è l'opera di Niklas Luhmann che dalla metà degli scorsi anni Ottanta ha suscitato un intenso dibattito tra sociologi e filosofi politici e del diritto. Rappresenta il contributo forse più denso e originale apparso in Europa in ordine ad una radicale trasformazione della sociologia.Molto opportunamente la casa editrice Il Mulino, che già lo aveva pubblicato nel 1990 con la cura e traduzione di Alberto Febbrajo, che firma anche l'introduzione, lo ha ripubblicato a distanza di 11 anni. Il pensiero di Luhmann, scomparso nel 1998, dopo aver speso una folgorante carriera di studioso dei sistemi sociali e del diritto e aver insegnato Sociologia nell'Università di Bielefeld, ha influenzato i successivi studi di teoria sociale e di filosofia politica proprio per il carattere puro della sua ricerca, vòlta a scoprire i fondamenti e le condizioni di possibilità e pensabilità della scienza sociologica nel XXI secolo.
Il punto di partenza della teoria luhmaniana è lo stato di crisi della dottrina che, dopo Weber e Parsons, cioè lungo il XX secolo, ha inesorabilmente perso i propri paradigmi o, nella migliore delle ipotesi, li ha convertiti in un pensiero debole o settoriale che risente dell'ecceso di specialismo; d'altra parte, questione importante nell'indagine del concetto di sistema sociale, proprio questa crisi ha aperto in altre discipline, la filosofia politica, la teoria del diritto e la stessa antropologia, un'orizzonte di contaminazione sociologica, convertitasi in alcuni casi in scuola di pensiero – ad esempio le teorie radicali dell'operaismo italiano alla metà degli anni '60, o le teorie politiche "postmoderne" - incentivando la permeabilità e multidisciplinarietà della scienza politica. D'altra parte, come Luhmann afferma nella Prefazione, la sociologia ha dovuto acquisire dalle scienze strutturate e tecnicamente più avanzate, quali matematica e genetica, biologia e informatica, il quadro di riferimento della sua attività, vòlta più all'individuazione di modelli funzionali che a descrizioni fenomenologiche, a indagini strutturali più che a risposte critiche ai problemi posti dalle società complesse, in primo luogo occidentali.
Il punto di partenza della teoria di Luhmann è condensato nella ricerca di una global theory, una teoria "universale" (pag.59), capace di dar conto non del singolo evento sul piano della composizione articolata di ciò che, anche dopo Parsons, continua a chiamarsi società, bensì dei fondamenti della disciplina. Questi, a partire dalla crisi degli opposti paradigmi ontologico-soggettivistici e critico-analitici, non risultano infatti avere una validità generale. Si tratta dunque di "valicare una soglia" (pag.60), quella improntata alla storia del pensiero, che dall'antichità greca ha mutato almeno tre volte paradigma. Dall'ipotesi tutto/parti, nella descrizione dei raggruppamenti sociali e umani, alle teorie gerarchiche medievali, al concetto di forma che si afferma nel XVII secolo, alla scoperta della differenza tra sistema e ambiente, la teoria sociologica è in effetti riducibile ad una successione di fondamenti, che hanno però lasciato ai margini il dato più evidente e complicato dell'imprevedibilità dei sistemi sociali. Per questo l'importanza dell'opera di Luhmann è stata messa in evidenza anzitutto dai suoi critici, siano essi fautori di una sociologia poststrutturale - per cui l'elemento oscuro e ignoto del legame sociale può sempre essere spiegato in termini di elementi discreti - , o sostenitori della critica sociale di derivazione marxista che, al pari dei filosofi dell'agire comunciativo (Habermas in primo luogo), tendono ad ontologizzare (e soggettivizzare) il concetto di sistema.
Considerando l'essenziale e innovativo lavoro di Maturana e Varela in biologia, descritto soprattutto in Erkennen: "Die Organisation und Verkörperung von Wirklichkeit" (1982),Principles of biological authonomy, e da entrambi in L'albero della conoscenza (1987), Luhmann giunge invece alla definizione di sistema come entità autoreferenziale, in una ipotesi non dialettica basata sulla differenza tra sistema e ambiente. E di qui giunge al "passaggio, dalla teoria incentrata sul binomio sistema/ambiente alla teoria dei sistemi autoreferenziali" (pag.713). Non è il sistema in sé o l'ambiente in sé a costituire l'orizzonte di svolgimento della teoria, bensì la considerazione dell'insieme differenziale. Il dato che fonda qualsiasi sistema non è quindi la "cosa in sé", l'ente o il soggetto (non esiste un sistema senza un ambiente), bensì la loro relazione, che si riproduce in sottosistemi e ambienti relativi, in un’ incessante attività autoproduttiva. Lo sconvolgimento delle tradizionali categorie sociologiche è il frutto dell'approccio linguistico-funzionalistico, che deve esser considerato come il punto di svolta di ogni indagine sulla complessità delle civiltà e dei sistemi sociali pluridifferenziati.
La complessità è infatti l' altro fondamento di una teoria non ontologica, pensabile a partire dal carattere differenziale di ogni operazione dei sistemi, essendo essa "informazione che manca al sistema per poter cogliere e descrivere compiutamente il proprio ambiente"(pag.99). E' importante il fatto che l'autopoiesi e in genere le operazioni sistemiche suppongono una desoggettivazione e che tutto si svolge nell'orizzonte di relazioni differenziali: gli elementi dinamici, le società, i loro confini e l'autoriferimento fondante ogni sistema. A differenza delle strutture, i sistemi autogenerano i propri confini ("self generated boundaries", pag.101) e sono indipendenti dall'osservazione altrui. Essi inoltre sono soggetti ad una costituzione multipla e alla compenetrabilità, cioè l'intreccio di relazioni intra ed extrasistemiche che denotano il rapporto con gli ambienti relativi, nonché quello dei singoli individui nella relazione sociale (la cosiddetta interpenetrazione).
Tra i fondamenti di una teoria sociologica che pone in primo piano l'autoproduzione, il rapporto al tempo svolge una funzione essenziale; esso distingue la teoria luhmanniana dalle precedenti acquisizioni della sociologia, da Durkeim a Weber. Se si vuole aspirare alla costituzione di una teoria universale la dinamicità dei sistemi deve essere ammessa, poiché solo attraverso i concetti di reversibilità e irreversibilità e la scelta per la seconda ipotesi sono comprensibili non solo i mutamenti temporali, ma l'intera prospettiva evolutiva, per lo più assente in un' analisi funzionalistica. Il tema del tempo determina il rapporto tra complessità e selezione, quest'ultima essendo il parametro in base a cui il sistema comunica e riduce ad azione la comunicazione. Ma il tempo è da presupporre anzitutto per il fatto che non può mai esserci corrispondenza tra sistema e ambiente (e anzi la non corrispondenza crea sia il sistema che l'ambiente); dunque anche il tempo è da considerare un differenziale.
Tra i fondamenti di una teoria sociologica che pone in primo piano l'autoproduzione, il rapporto al tempo svolge una funzione essenziale; esso distingue la teoria luhmanniana dalle precedenti acquisizioni della sociologia, da Durkeim a Weber. Se si vuole aspirare alla costituzione di una teoria universale la dinamicità dei sistemi deve essere ammessa, poiché solo attraverso i concetti di reversibilità e irreversibilità e la scelta per la seconda ipotesi sono comprensibili non solo i mutamenti temporali, ma l'intera prospettiva evolutiva, per lo più assente in un' analisi funzionalistica. Il tema del tempo determina il rapporto tra complessità e selezione, quest'ultima essendo il parametro in base a cui il sistema comunica e riduce ad azione la comunicazione. Ma il tempo è da presupporre anzitutto per il fatto che non può mai esserci corrispondenza tra sistema e ambiente (e anzi la non corrispondenza crea sia il sistema che l'ambiente); dunque anche il tempo è da considerare un differenziale.
Il tempo può essere "gestito" dai sistemi, secondo alcune metafore produttive (velocità, prudentia) utili a temporalizzare la complessità. Questa opera incessante distingue i sistemi come strutture reversibili dai processi, che sono irreversibili. In questo contesto poi si chiarisce perché l'analisi funzionale (come analisi dei problemi) è la più appropriata a svelare la dinamica sistemica; infatti il metodo funzionale inserisce la prospettiva evolutiva (fatta di discontinuità più che di nessi causali) nella statica di tipo strutturalista e in tal modo l'intero approccio autopoietico al sistema conserva la caratteristica olistica delle precedenti teorie sistemiche, "combinandola però con la capacità di attuare un'elevata specificazione dei problemi...". (pag. 127). Nella loro differenza costitutiva con i sistemi psichici (le cui metafore risultano centrali nella sociologia tra il XVIII e il XX secolo), i sistemi sociali hanno in comune con i primi la coevoluzione, che rappresenta il fattore di senso di entrambi. Infatti il senso è "il prodotto comune dell' evoluzione" (pag.147), ed è la qualità che differenzia il sociale da altri sistemi (meccanici) e strutture.
Il senso è il fattore che dà luogo alla riduzione della complessità e soprattutto all'autoriferimento, che consente la chiusura dei sistemi (ed è essenziale che Luhmann abbia dimostrato come alla chiusura autopoietica corrisponda un' estesa apertura verso l'"esterno" e che anzi solo sistemi chiusi complessi e autoreferenziali possono "aprirsi"). Infatti solo attraverso una comprensione dell'ambiente e del mondo nelle tre dimensioni materiale, temporale e sociale, è pensabile l'autonomia della dimensione sociale, a partire dalle metafore interno/esterno (materiale), reversibilità/irreversibilità (temporale) ego/alter (sociale). Ulteriore elemento di desoggettivazione, che differenzia Luhmann dalla tradizione metafisica, consiste nell'aver egli individuato uno schematismo e una procedura di ricombinazione, e non leggi di natura, alla base dei processi sociali; come delle generalizzazioni simboliche e non dei segni, alla base dei processi di autocostruzione del senso. Su questo punto di svolta è il caso di insistere, se, successivamente alla concezione luhmaniana e lungi dalla sua indicazione di metodo, consistente in un' integrazione delle varie prospettive teoriche, confliggono da un lato le tendenze a concepire le società e i sistemi politici come entificazioni, in una prospettiva sostanzialistica (siano esse teorie postweberiane, soggettivistiche o dell'agire comunicativo); dall'altro le tendenze analitiche oggettualizzanti e riduzioniste, che declinano la teoria sociale in termini di struttura e funzione.
In questo senso il superamento dell'ipotesi di Talcott Parsons, che ha comunque costituìto a lungo il riferimento obbligato per l'autore di Potere e complessità sociale avviene reinterpretando il concetto di "doppia contingenza" (pag.205), da cui non può discendere alcuna azione sociale in senso specifico; per Parsons infatti il tipo specifico di agire che si incontra nella società è il frutto di un tacito consenso che crea un orientamento normativo, mentre Luhmann afferma che proprio dalla particolare situazione di una relazione cieca (black box) tra due o più attori sociali proviene l'agire, come dinamica di interrelazione, creazione e distruzione di legame. La critica alla soggettivazione delle categorie di ego e alter come poli della relazione sociale e quella della comunicazione, come situazione oggettiva in cui un mittente e un destinatario risultano personificati, si rivelano produttive al punto da affermare, contro tutte le rassicuranti teorie della società come bisogno di ordine e necessità di controllo, che dalla "cecità", quindi dall' indeterminatezza della situazione nell'incontro tra un ego e un alter e dall' opacità e inaffidabilità reciproca iniziale, si costruisce il sitema sociale, tramite concessioni di libertà. Il contrario del calcolo, dice Luhmann, per cui l'"interesse egoistico nasce solo in un secondo momento" (pag.215).
I sistemi sono impenetrabili e ciò spinge all'azione. Essi sono creati nell'istabilità.
"La teoria descrive una realtà che è sospesa nel vuoto, una costruzione che si fonda da sola…Non potendo fondare la stabilità dell'ordine sociale né sulla natura né su norme né su valori validi a priori, la teoria deve individuare nuovi riferimenti…"(pag.227). Questa novità è rintracciata nell'orizzonte comune di ricerca che Luhmann ha condiviso con Habermas nel dualismo comunicazione/azione e nelle rispettive motivazioni come fondamenti dei sistemi sociali. La critica a Weber si lega a quella a Parsons perché se una qualche intenzionalità a priori dell'agire è smentita dalla configurazione stessa del sistema, anche la modalità analitica dell'azione in quanto tale è revocata in dubbio, non essendo essa a creare i sistemi bensì, al contrario, i sistemi a produrre azione. Il passaggio decisivo ad un nuovo paradigma è costituito dal considerare la comunicazione come elaborazione della selezione; in tal caso si avranno tre termini più un quarto, oltremodo necessario, che delinea l'unità dei sistemi: comunicazione, informazione, aspettativa di successo e codifica.
Si tratta di una teoria riflessiva della comunicazione che, considerata dal punto di vista evolutivo si basa sulla non credibilità delle informazioni. La diffrenza tra comunicazione e informazione non permette di concepire la prima come azione. Inoltre nello sviluppo della comunicazione si possono rintracciare epoche successive, contrassegnate dall'efficacia del linguaggio, dei mezzi di diffusione e dei mezzi di comunicazione. In effetti il tipo di azione specifica dei sistemi sociali proviene dal fatto che per essere osservato un sistema deve preservarsi come sistema d'azione e deve avere al suo interno processi di imputazione delle azioni. Le azioni devono costituire un'autodescrizione del sistema, devono prodursi riconoscimenti interni ed esterni ad esso e tramite l'azione si avvia quell'asimmetria temporale dei rapporti sociali che ne consente l'esistenza; la modalità di creazione dei sistemi è del tipo "order from noise"(pag.287). Diversamente da Habermas dunque la comunicazione non può essere intesa come fenomeno che realizza consenso e integrazione, perché se così fosse: "…minerebbe le sue stesse premesse e riuscirebbe a mantenersi solo riscuotendo un sufficiente numero di insuccessi…"(pag.291).
La teoria, anche in questo punto, è teoria del differenziale, del dislivello, dell' inadeguatezza. La differenza fondante sitema/ambiente consente l'aumento e insieme la normalizzazione dell'improbabilità su cui i sistemi sociali sono basati. La differenza mette in gioco anche la questione dei confini nel processo di differenziazione tra sottosistemi e relativi ambienti. Nel concreto della formazione dei sistemi e, in coerenza con una teoria non metafisica della società, "i confini territoriali sono un caso particolare di confini di senso"(pag.326), e allo steso modo l'azione collettiva non è una "cosa in sé" ma una possibilità, vagliata nell'evoluzione sociale; in questo senso ogni centro politico è di per sé problematico, per non dire arbitrario, e mette al centro questioni di legittimazione che, nel momento in cui vengono discusse, sono il segno che la conquista di istituzioni formali, di per sé improbalbile, è stata "accettata dai sistemi"(pag.333). Come si può osservare è in questo senso che la teoria viene a confronto con le tendenze più recenti della filosofia politica e del diritto "comunicative", di cui c'è traccia ad esempio nel testo di Habermas Morale, diritto, politica, che riprende alcune tematiche di Luhmann sulla questione del principio normativo e della legitimazione del diritto stesso; esiti e motivi che rimangono centrali soprattutto in questi anni.
Il sistema di globalizzazione delle esperienze e delle relazioni sociali mette in scena e propone una finzione di legittimità dei comportamenti collettivi, politici ed etici; nonché del diritto, soprattutto internazionale, stabilito dalle sovranità nazionali, calpestato e reso inoperoso dalle forze imperiali e spersonalizzanti. In questo senso il diritto come previsione dei sistemi sociali e i movimenti sociali come eventi autoriflessivi che coniugano teoria e prassi nell'azione, intesi come sistemi immunitari della società, si "conciliano nella figura della disubbidienza civile" (pag.614), ciò che rimane forse uno degli esiti più illuminanti e fecondi del pensiero di Luhmann. Egli infatti considera che proprio nell'opera di destabilizzazione condotta nei conflitti, come nei processi di comunicazione e in genere nelle azioni di rifiuto, considerato in termini sociali, si manifesta un effetto di immunizzazione dei sistemi stessi; essi, come i movimenti sociali (ma con una specificazione diversa su cui è necessario tornare) emanano in tal modo segnali di allarme "distruggendo per un istante la pretesa globale del sistema di essere complessità già ridotta e ordinata"(pag.578). In questo senso il sistema giuridico, considerato nel suo valore comunicativo, più che essere l'elemento ordinatore del sistema sociale è il suo sistema immunitario; funziona come anticipazione di possibili conflitti; esso, diversamente dall'idea giusnaturalista, non è comprensione dell' essenza dell'agire, bensì modalità di trattamento delle informazioni; previene la società alimentando conflitti. E' autonomo nell'uso dello schema lecito/illecito.
In generale le pratiche conflittuali, di rifiuto sociale, come i processi di comunicazione, in quanto sistemi immunitari non sono sistemi cognitivi (perché bloccano l'autoosservazione) e, nel caso dei movimenti, compiono un'osservazione autoreferenziale. Luhmann illustra l'origine delle forme di conflitto in tre condizioni dei sistemi sociali 1) l'allentamento dei legami interni 2) la specializzazione 3) la cumulazione di effetti di rifiuto. Tale configurazione permette di individuare una storia del mutamento dei conflitti a partire dalle concezioni naturalistiche e individualizzanti per giungere a quella produttiva concezione autopoietica dei movimenti in cui il movimento sociale muove se stesso. I movimenti sono autoreferenzaili e autoriflessivi non separando teoria e prassi. Così diritto e movimenti sociali si conciliano nella pratica della disubbidienza che è questa unità, poiché consiste insieme in un'azione di rifiuto immunizzante e in una nuova produzione di legalità, spostando il suo limite e ridisegnando il suo orizzonte. Anzi, in questi giorni in cui l'attesa di una guerra imperiale e unilaterale che ridisegna violentemente l'ordine mondiale sta mutando la stessa percezione del diritto e della democrazia, si può dire, seguendo Luhmann fino ad un certo punto, che la disubbidienza è la vera legalità e la vera produzione di diritto, in quanto immunizzazione che garantisce, dall'interno del sistema, la sua tenuta; ma che, concepita e praticata fuori dal suo orizzonte liberale, assume il vero potenziale come pratica autoconsapevole di moltitudini in movimento.