venerdì 12 giugno 2009

Nei Quaderni la profezia di Gramsci Il vecchio mondo muore e il nuovo non può nascere


de Gianni Fresu
La prima guerra mondiale provocò nella società europea una grave crisi economica, politica e culturale. La guerra era stata invocata come progresso e igiene dell'umanità ma dopo la sbornia di retorica patriottica e militare quel che restava era un quadro sociale profondamente disgregato segnato da alcuni fattori destinati a deflagrare tra loro: l'inefficacia e l'instabilità del sistema liberale, l'impoverimento e il ridimensionamento dei ceti medi, l'irrompere sulla scena delle grandi masse popolari mobilitate durante il conflitto. Gli storici hanno poi parlato di crisi morale e d'identità di una borghesia resa inquieta dalla crescita del movimento operaio e contadino e timorosa per l'esempio della rivoluzione dell'ottobre '17. Un contesto drammatico e insieme esaltante, dove il vecchio mondo sembrava destinato a morire da un momento all'altro, che segnò Gramsci nelle scelte di vita, consacrata alla militanza politica, e nel percorso teorico, sempre problematicamente rivolto all'insieme di queste contraddizioni.
L'Italia costituiva un punto nevralgico della crisi di civiltà europea, non è un caso se qui si formarono le condizioni per la nascita e l'avvento del fascismo, e l'opera dei Quaderni dal carcere ne analizza sistematicamente cause ed effetti. Quando una classe perde consenso e cessa di essere dirigente, limitandosi ad essere dominante attraverso l'uso della forza coattiva, vuol dire che le grandi masse si sono staccate dalle ideologie tradizionali e dai vecchi valori. La crisi del dopoguerra è sintetizzata in queste note, contenute nell'ottavo volume in uscita domani, da una celebre frase dell'intellettuale sardo: «il vecchio muore e il nuovo non può nascere».
A fronte di un decadimento irreversibile del vecchio ordine liberale non era corrisposto il suo superamento da parte di un ordine nuovo, il socialismo, per l'immaturità, il paternalismo e il dilettantismo del suo movimento. In situazioni di tale tipo si moltiplicano le possibili soluzioni di forza, i rischi di sovversivismo reazionario, le operazioni oscure sotto la guida di capi carismatici. Questa frattura tra rappresentati e rappresentanti porta per riflesso al rafforzamento di tutti quegli organismi relativamente indipendenti dalle oscillazioni dell'opinione pubblica come la burocrazia militare e civile, l'alta finanza, la chiesa. Dietro alla crisi di egemonia del regime liberale in Italia c'era l'inutile sforzo per la guerra, con il suo carico di promesse millantate non mantenute, e l'irrompere di soggetti sociali prima passivi. Il fascismo era la logica conseguenza di una condizione di stallo dove nessun gruppo, né quello conservativo né quello progressivo, aveva la forza necessaria per la vittoria definitiva. L'uso della forza, sia quella tradizionale dello Stato, sia quella illegale delle squadre paramilitari di Mussolini divengono allora per Gramsci il mezzo con il quale le vecchie classi dirigenti tentano di sopperire alla morte del vecchio mondo impedendo con ogni mezzo la nascita di quello nuovo.
fonte : unionesarda.ilsole24ore.com/Articoli/Articolo/124888


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