domenica 29 settembre 2013

Valdai Discussion Club, Un PUTIN sconosciuto ai più DA LEGGERE RIFLETTERE NELLA PORTATA DELLE IDEE CHE ESPRIME DIVULGA IL VERBO DI UNA SOCIETA' NON DI STILE SAFFICO..

Nota di Rischio Calcolato: Il seguente articolo del Direttore Blondet è una testimonianza di quanto sia manipolata e di basso livello l’informazione mainstream italiana, ogni anno a Valdai una città della regione di Novgorod (nordovest della russia) ove si riunisce il “Club di discussione Internazionale Valdai” una manifestazione culturale in cui leader ed esperti russi ed internazionali  discutono del ruolo della Russia nel mondo, a questa edizione era presente per l’Italia l’ex presidente del consiglio Romano Prodi
rischiocalcolato.it


Valdai Discussion Club
Abbiamo tratto parte dell'articolo su citato  dove si possono leggere le  espressioni del Presidente Russo


Valdimir Putin, ex uomo dei servizi segreti russi la famigerata ex KGB, luogo al  cui interno  si fa scuola ai nuovi quadri con senso aperto multiculturale ed anche spirituale; 

la nostra non conoscenza della ex società sovietica ci rende ignari della portata dell'approfondimento ideologico e concettuale subliminale raggiunto nella russia sovietica; siamo incoscienti al punto da restare sbigottiti nel sentirci dire cose che pensavamo fossero esclusiva della  nostra società e dialettica;
ma foriera della mancanza di una nostra visione realista,  luogo mancante e per noi inconcepibile di ragionamento, perché non si prende in considerazione che tali vecchi veterocomunisti razional-materialisti, come ce li hanno descritti hanno svolto un servizio non informativo e ci hanno fatto vedere  i russi in veste sterotipata. 

Certo quel che si vede in questo sunto, ribalta quanto ci è stato fatto credere nel passato fino ad ora, infatti  dal discorso fatto da Putin si vede un uomo eclettico intelligente e molto attento alle sensibilità sociali e umane, un uomo che si muove con mente aperta a tutto campo, che non parla da militarista di strategie militari come abbiamo conosciuto nello stereotipo che ci hanno inculcato e propinato i media "occidentali eterodiretti" , ma conosciamo un uomo a tutto tondo, pronto a mettersi in gioco sotto tutti gli aspetti anche in quello che per noi in "occidente" è il campo che avremmo dovuto eccellere e  prediligere : il campo spirituale. 

Lasciamo a Voi tutti il giudizio delle affermazioni di questo uomo  che ai più è avverso , lasciando da parte ogni prevenzione e guardando al vero senso del messaggio rivolto non solo all'interno della sua nazione , ma ad ogni popolo che abbia intenzione di camminare sulla strada della liberazione nazionale e della consapevolezza dell'essere. 

(pensiamo che per noi Sardi, la brillantezza della sintesi e delle idee espresse dalla lucidità dialettica esposta, siano un contributo di analisi alternativa in  prospettiva per il nostro cammino di liberazione, de sa Sardinya, una sorta di lampada al piede che ci illumina una strada possibile da percorrere)

Sa Defenza 


PUTIN DA LEGGERE E RIFLETTERE LA PORTATA DELLE IDEE CHE ESPRIME..

Alcuni passi del discorso di Putin molto interessanti:

è diventato più aperto, trasparente ed interdipendente. Questo fatto sfida praticamente tutti i popoli e i paesi in un modo o nell’altro, russi, europei, cinesi ed americani – le società di tutti i paesi, di fatto.

(...) Per noi (parlo dei russi e della Russia) le domande sul chi siamo e chi vogliamo essere sono sempre più in primo piano. Ci siamo lasciati alle spalle l’ideologia sovietica, e non c’è ritorno. Chi propone un conservatorismo fondamentale, e idealizza la Russia pre-1917, sembra ugualmente lontano dal realismo, così come sono i sostenitori di un liberalismo estremo, all’occidentale.

È evidentemente impossibile andare avanti senza auto-determinazione spirituale, culturale e nazionale. Senza questo, non saremo capaci di resistere alle sfide interne ed estere, né riusciremo nella competizione globale. Oggi vediamo una nuova tornata di questa competizione, centrate sull’economico-tecnologico e sull’ideologico-informazionale. I problemi militari e le condizioni generali stanno peggiorando. Il mondo diventa più rigido, e spesso scavalca non solo il diritto internazionale, ma anche l’elementare decenza>.

Ogni Stato, continua Putin,

<deve disporre di forza militare, tecnologica ed economica; ma la cosa prima che ne determinerà il successo è la qualità dei suoi cittadini, la qualità della società: la loro forza intellettuale, spirituale e morale. Alla fin fine, crescita economica, prosperità ed influenza geopolitica derivano da tali condizioni della società. Se i cittadini di un dato Paese si considerano una nazione, se e fino a che punto si identificano con la propria storia, coi propri valori e tradizioni, e se sono uniti da fini e responsabilità comuni. In questo senso, la questione di trovare e rafforzare l’identità nazionale è davvero fondamentale per la Russia>.

l’identità nazionale della Russia odierna subisce non solo la pressione oggettiva che viene dalla globalizzazione, ma anche le conseguenze delle catastrofi nazionali del ventesimo secolo
, quando abbiamo provato il collasso del nostro stato per ben due volte. L’effetto è stato un colpo devastante ai codici culturali e spirituali della nostra nazione; abbiamo fronteggiato la rottura di tradizioni e consonanza della storia, con la demoralizzazione della società, con una perdita di fiducia e responsabilità. Queste sono le cause radicali dei tanti urgenti problemi che affrontiamo. La questione della responsabilità verso se stesso, verso la società e il diritto, è qualcosa di fondamentale per la vita di ogni giorno come per la vita del diritto>.
(...)

<L’esperienza ha mostrato che una nuova idea nazionale non compare da sé, né si sviluppa secondo regole di mercato. Uno Stato ed una società costruiti “spontaneamente” non funzionano, né funziona copiare meccanicamente le esperienze di altri Paesi. Tali prestiti rozzi e tentativi di civilizzare la Russia dall’esterno non sono state accettati dalla maggioranza assoluta del nostro popolo. Ciò perché l’aspirazione all’indipendenza e alla sovranità nella sfera spirituale, ideologica e nella politica estera è parte integrante del nostro carattere nazionale. Detto tra parentesi, tali approcci sono falliti anche in altre nazioni. I tempi in cui modelli e stili di vita già bell’e fatti potevano essere inseriti in Paesi stranieri come programmi nei computers sono passati.

Comprendiamo anche che l’identità e un’idea nazionale non può essere imposta dall’alto, per mezzo di un monopolio ideologico. È una costruzione molto instabile e vulnerabile, e lo sappiamo per esperienza personale; non ha futuro nel mondo moderno. Abbiamo bisogno di creatività storica, d’una sintesi dei costumi e delle idee nazionali migliori, una comprensione delle nostre tradizioni culturali, spirituali e politiche colte da diversi punti di vista; bisogna capire che (l’identità nazionale) non è qualcosa di rigido che durerà per sempre, ma piuttosto un organismo vivente. Solo così la nostra identità sarà fondata su solida base, diretta verso il futuro e non il passato. Questo è il principale argomento a riprova che un’ideologia di sviluppo deve essere discussa da persone che hanno visioni differenti, e diverse opinioni sul come risolvere dati problemi.

Sicché tutti noi – i cosiddetti neo-slavofili e i neo-occidentalisti, gli statalisti e i cosiddetti liberisti – tutta la società deve lavorare insieme per creare fini comuni di sviluppo (...). Ciò significa che i liberisti devono imparare a parlare ai rappresentanti della sinistra e che d’altro canto i nazionalisti devono ricordare che la Russia è stata formata specificamente come stato pluri-etnico e multi-confessionale fin dalla sua nascita (...). La sovranità, indipendenza e integrità territoriale della Russia sono incondizionate. Qui ci sono “linee rosse” che a nessuno è permesso scavalcare. Per quanto differenti siano le nostre vedute, le discussione sull’identità e il nostro futuro nazionale sono impossibili se coloro che vi prendono parte non sono patriottici. Ovviamente intendo patriottismo nel più puro senso della parola>.

Dopo aver delineato la libertà di pensiero desiderabile in Russia e il limite che deve incontrare, nel comune senso di patria, Vladimir Putin pronuncia la critica più lucida alla "cultura" occidentale ed al sistema occidentale, che vuol imporre a tutta l’umanità, e ne addita l’intento suicida e, al fondo, demonico.

Questi sono passi fondamentali:

grave sfida all’identità della Russia è legata ad eventi che hanno luogo nel mondo s
ono aspetti insieme di politica estera, e morali. Possiamo vedere come i Paesi euro-atlantici stanno ripudiando le loro radici, persino le radici cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale. Essi rinnegano i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e finanche sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze di partners dello stesso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana.

La “political correctness” ha raggiunto tali eccessi, che ci sono persone che discutono seriamente di registrare partiti politici che promuovono la pedofilia.
In molti Paesi europei la gente ha ritegno o ha paura di manifestare la sua religione. Le festività sono abolite o chiamate con altri nomi; la loro essenza (religiosa) viene nascosta, così come il loro fondamento morale. Sono convinto che questo apre una strada diretta verso il degrado e il regresso, che sbocca in una profondissima crisi demografica e morale.

E cos’altro se non la perdita della capacità di auto-riprodursi testimonia più drammaticamente della crisi morale di una società umana? Oggi la massima parte delle nazioni sviluppate non sono più capaci di perpetuarsi, nemmeno con l’aiuto delle immigrazioni. Senza i valori incorporati nel Cristianesimo e nelle altre religioni storiche, senza gli standard di moralità che hanno preso forma dai millenni, le persone perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Ebbene: noi riteniamo naturale e giusto difendere questi valori. Si devono rispettare i diritti di ogni minoranza di essere differente, ma i diritti della maggioranza non vanno posti in questione.

Simultaneamente, vediamo sforzi di far rivivere in qualche modo un modello standardizzato di mondo unipolare e offuscare le istituzioni di diritto internazionale e di sovranità nazionale. Questo mondo unipolare e standardizzato non richiede Stati sovrani; richiede vassalli. Ciò equivale sul piano storico al rinnegamento della propria identità, della diversità del mondo voluta da Dio>...

domenica 22 settembre 2013

ISRAEL SHAHAK UN GRANDE UOMO DI ISRAELE IL SIONISMO NON E' SOLO CONTRO I PALESTINESI E' ANCHE CONTRO GLI EBREI ED ISRAELE

ISRAEL SHAHAK 

ISRAEL SHAHAK UN GRANDE UOMO DI ISRAELE
IL SIONISMO NON E' SOLO CONTRO I PALESTINESI
E' ANCHE CONTRO GLI EBREI ED ISRAELE

Antonello Boassa


Nel 1943 Israel venne deportato assieme alla madre nel campo di concentramento di Bergen-Belsen . 

Sopravvisse ed emigrò in Palestina allora sotto mandato inglese . 

Critico nei confronti dell'ebraismo classico già in gioventù , il suo impegno contro il sionismo divenne più esplicito dopo la guerra del 1967 . 

Responsabile della Lega israeliana per i diritti umani , promosse campagne e proteste contro le politiche discriminatorie verso le minoranze e si scontrò duramente con israeliani di sinistra che criticavano i provvedimenti oppressivi contro i Palestinesi ma che non rifiutavano il sionismo . Per Israel tali signori erano solo degli ipocriti .

Apprezzato a livello internazionale per i suoi saggi sull'ebraismo classico , su quello ortodosso e sul sionismo ,rimase sempre un ostinato avversario dei governi israeliani , ribadendo a più riprese che il sionismo era il principale ispiratore delle scelte di politica internazionale , delle velleità espansioniste , dell'oppressione nei confronti dei Palestinesi e delle minoranze (vedi a proposito il saggio ( "Sionismo come movimento recidivo") .

Per Israele la "redenzione" della terra si ha con l'allontanamento dei non ebrei " il vecchi proprietario non-ebreo può essere il più virtuoso degli uomini , l'acquirente il peggiore dei criminali : se è ebreo , la transazione opererà la "redenzione" o la "salvezza" della terra . 
Al contrario se il peggiore degli ebrei cede la sua proprietà al migliore dei non-ebrei , la terra fino ad allora "redenta e salvata" ricadrà nella "dannazione"..."La conclusione logica di tali teorie è l'espulsione ... di tutti i non-ebrei dalla terra "redenta".

Per Israel Shahak "tutto è decretato dal Talmud e non dalla Bibbia" . 

I precetti precedenti come quelli che seguiranno appartengono all'insegnamento post biblico che "manipola" la Bibbia ("amerai il prossimo tuo come te stesso è inteso dal giudaismo classico ed ortodosso attuale come l'ordine di amare il prossimo ebreo , e non l'uomo in genere") 
E' bene tener presente che le fondamenta ideologiche dell'apparato politico culturale militare dello stato di Israele poggiano non sull'Antico Testamento ma sulla letteratura talmudica e quindi sul giudaismo ortodosso .

"Secondo la legge giudaica ,l'uccisione di un ebreo è un crimine capitale ...Il caso è del tutto differente se la vittima è un non-ebreo . 

L'ebreo che uccide deliberatamente un non-ebreo è colpevole soltanto di un peccato contro le leggi del cielo , punibile solo da Dio e non dall'uomo" Israel Shahak aspira ad uno stato non fondamentalista , laico che costruisca la pace , la giustizia sociale e preveda libertà di pensiero e di culto . 


il grande Israele obiettivo del sionismo
Il rifiuto del sionismo risulta inesorabile " vi sono sempre state relazioni strette tra i sionisti e gli antisemiti . I sionisti pensavano di avvantaggiarsi dell'aspetto demoniaco dell'antisemitismo e di utilizzare gli antisemiti per i propri scopi ...

L'esempio più scioccante è la gioia con la quale alcuni dirigenti sionisti accolsero l'ascesa di Hitler al potere , poiché avevano in comune la fede nel primato della razza e l'ostilità all'assimilazione degli ebrei". 

Il disaccordo con i nazisti consisteva naturalmente nel fatto che per i sionisti la razza pura era quella ebraica .

Le fondamenta filosofiche ed ideologiche del sionismo sono complesse ma tra gli elementi costitutivi indubbiamente occupa un ruolo decisivo la letteratura talmudica con la quale Israel non è tenero . " 

I civili di cui non si è sicuri che non ci nuocciano... possono e anche debbono essere uccisi...in guerra , quando le nostre truppe sferrano l'attacco finale , è loro permesso ... di uccidere anche i civili buoni ..." Israel ci ricorda che a partire dal 1973 tali precetti venivano diffusi pubblicamente tra i militari israeliani religiosi .

Israel Shahak è parte di quella grande comunità ebraica diffusa a livello planetario che è contraria alla politica razzista ed espansionista dello stato di Israele . Comunità che ha poca voce in capitolo . Che i media di regime poco ne parlino per non disturbare lo stato sionista alleato di fatto ormai dell'Occidente e delle Petrol-monarchie è cosa ovvia . 


Mai dare spazio alle opposizioni vere . Ma ciò che risulta imbarazzante e direi umiliante è che in questo processo di occultamento per non dire di rifiuto concorrono anche molte sinistre nostrane tra cui alcune che si dichiarano di opposizione . 

Così come si accetta il pareggio di bilancio , il fiscal compact , il saccheggio dei beni dello stato ,la presenza imperiale della Nato , si tollera con disinvoltura che lo stato di Israele espropri , torturi , uccida .

Mi appello alle sinistre"autentiche" perché non solo si impegnino nell'opera di informazione dei crimini che vengono compiuti dai sionisti ma siano anche capaci di incontrarsi con le opposizioni israeliane , di collaborare , di solidarizzare perché ne hanno un gran bisogno loro ma anche la Palestina e anche noi .


Perché di loro ha bisogno questa regione martoriata e non certo di falsi democratici alla Oz o alla Grossman che non sono-lo direbbe proprio Israel Shahak- che degli ipocriti .

I SARDI POCOS LOCOS Y MAL UNIDOS?

Prof Francesco Casula, il suo è un bel inno di lode alla nostra terra ed al suo popolo, e ci teniamo pubblicarlo, la solidarietà scorre da sempre nelle vene del popolo sardo e  a volte la stupenda accoglienza e ospitalità data allo straniero viene scambiata, da chi non è puro di cuore, per debolezza e stupidità.. ma questa visione tenebrosa della vita non ci tocca, ed il nostro modo d'essere umili e solidali continua imperterrito senza esserne scalfito affatto vogliamo rammentare le azioni che Lei ha citato;  crediamo che il tutto  si possa sintetizzare nell'azione che i pastori attuano verso colui che perde tutto, la solidarietà che s'esprime è sintetizzata in questa cosa che noi sardi chiamiamo s'ajudu torrau: "Ponidura o paradura. – Quando un pastore ha subito qualche perdita e vuol rifare il suo gregge, l'usanza gli dà facoltà di fare quel che si dice la ponidura o paradura. Egli compie nel suo villag­gio, e magari in quelli vicini, una vera questua. Ogni pastore gli dà almeno una bestia giovane, in modo che il danneggiato mette subito insieme un gregge d'un certo valore, senza contrarre alcun obbligo, all'infuori di quello di rendere lo stesso servizio a chi poi lo reclamasse da lui…” ecco come siamo noi sardi; ma se provocati e perseguiti abbiamo la forza e  riusciamo a cacciare chi viene qui con idee belliche a farci guerra, magari pensano di trovare i "locos" ospitali che li hanno accolti in tempo di pace ... ebbene: sappiano che sappiamo essere anche  guerrieri che al momento giusto, sanno come liberarsi dall'oppressore. 

Sa Defenza



I SARDI POCOS LOCOS Y MAL UNIDOS?

 Francesco Casula
Francesco Casula

Noto che intellettuali insospettabili e avveduti continuano a ripetere il becero e trito luogo comune sui Sardi pocos, locos y mal unidos, attribuito a Carlo V, ma mai verificato in alcun documento o altra fonte storica.


Del resto l’imperatore poco doveva conoscere la Sardegna se non dai dispacci “interessati” dei vice re: solo due volte la visitò direttamente. Nel 1535 quando durante la spedizione contro Tunisi e i Barbareschi sbarcò a Cagliari trattenendosi alcune ore e nell’ottobre del 1541, nella seconda spedizione, questa volta contro Algeri, il più attivo nido dei Barbareschi. 

In questo caso la flotta imperiale sostò in Sardegna: ma non – come ebbe a sostenere Carlo V – per visitare Alghero, dove passò la notte del 7, bensì per esserne abbondantemente approvvigionato, a spese della popolazione della città catalana e dell’intero sassarese.


 Ma tant’è: tale luogo comune – a prescindere da Carlo V – è stato interiorizzato da molti sardi, con effetti devastanti, specie a livello psicologico e culturale  (vergogna di sé, complessi di inferiorità, poca autostima, voglia di autocommiserazione e di lamentazione) ma con riverberi in plurime dimensioni: tra cui quella socio-economica.


I Sardi certo sono pocos,: e questo di per sé non è necessariamente un fattore negativo. Ma non locos: ovvero stolti, stolidi e men che meno imbecilli.


Certo le esuberanti creatività e ingegnosità popolari dei Sardi furono represse e strangolate dal genocidio e dal dominio romano. Ma la Sardegna, a dispetto degli otto trionfi celebrati dai consoli romani, fu una delle ultime aree mediterranee a subire la pax romana, afferma lo storico  Meloni. E non fu annientata. 
La resistenza continuò. 
I Sardi riuscirono a rigenerarsi, oltrepassando le sconfitte e ridiventando indipendenti con i quattro Giudicati:sos rennos sardos (i regni sardi). 


Certo con catalani, spagnoli e piemontesi furono di nuovo dominati e repressi: ma dopo secoli di rassegnazione, a fine Settecento furono di nuovo capaci ai alzare la schiena e di ribellarsi dando vita a quella rivoluzione antifeudale, popolare e nazionale che porrà la base della Sardegna moderna.

Certo, si è tentato in ogni modo di scardinare e annientare lo spirito comunitario, la solidarietà popolare, quella pluralità di reti sociali e di relazione che avevano caratterizzato da sempre le Comunità sarde con variegati sistemi e costumi solidaristici e di forte unità: basti pensare a s’ajudu torrau o a sa ponidura: costumanza che colpirà persino un viaggiatore e visitatore come La Marmora che [in Viaggio in Sardegna di Alberto Della Marmora, Gianni Trois editore, Cagliari 1955, Prima Parte, Libro primo, capitolo VII., pagine 207-209] scriverà:” Fra le usanze dei campagnuoli della Sardegna, alcune sono de­gne di nota e sembrano risalire all'antichità più remota : citeremo le seguenti. Ponidura o paradura. –  Quando un pastore ha subito qualche perdita e vuol rifare il suo gregge, l'usanza gli dà facoltà di fare quel che si dice la ponidura o paradura. Egli compie nel suo villag­gio, e magari in quelli vicini, una vera questua. Ogni pastore gli dà almeno una bestia giovane, in modo che il danneggiato mette subito insieme un gregge d'un certo valore, senza contrarre alcun obbligo, all'infuori di quello di rendere lo stesso servizio a chi poi lo reclamasse da lui…”


Così le identità etnico-linguistiche, le specialità territoriali e ambientali, le peculiarità tradizionali, pur operanti in condizioni oggettive di marginalità economica sociale e geopolitica permangono. 

I Sardi infatti, nonostante le tormentate vicende storiche costellate di invasioni, dominazioni e spoliazioni, hanno avuto la capacità di metabolizzare gli influssi esterni producendo una cultura viva e articolata che ha poche similitudini nel resto del mediterraneo. 

Basti pensare al patrimonio tecnico-artistico, alla cultura materiale e artigianale, alla tradizione etnico-musicale connessa alla costruzione degli strumenti, alla complessa e stratificata realtà dei centri storici e delle sagre, agli studi sulla realtà etno-linguistica, alla straordinaria valenza mondiale del patrimonio archeologico e dei beni culturali, all’arte: da quella dei bronzetti a quella dei retabli medievali; dagli affreschi delle chiese ai murales, sparsi in circa duecento paesi; dalla pittura alla scultura moderna.


Ma soprattutto basti pensare alla Lingua, spia dell’Identità e substrato della civiltà sarda. Entrambe non totem immobili (sarebbero state così destinate a una sorte di elementi museali e residuali) ma anzi estremamente dinamiche.


La poesia, la letteratura, l’arte, la musica, pur conservando infatti le loro radici in una tradizione millenaria, non hanno mai cessato di evolversi, aprirsi e contaminarsi, a confronto con le culture altre. 
Soprattutto questo avviene nei tempi della modernità, a significare che la cultura sarda non è mummificata.


Anche il diritto consuetudinario – padre e figlio di quel monumento della civiltà giuridica che è la Carta de Logu – si è trasformato nel tempo, anche se la sua applicazione concreta (per esempio il cosiddetto “Codice barbaricino”) è da un lato costretta alla clandestinità e dall’altro a una restrizione alla società del “noi pastori”. 

Solo la crescita e l’affermarsi di studiosi, sardi non tanto per anagrafe quanto per autonomia dall’accademia autoreferente, ha fatto sì che gli elementi fondanti la cultura e la civiltà sarda passassero dall’enfasi identitaria alla fondatezza scientifica.


Alla straordinaria ricchezza culturale sono tuttavia spesso mancati, almeno fin’ora, i mezzi per una crescita e prosperità materiale adeguata. 

Oggi, dopo il sostanziale fallimento dell’ipotesi di industrializzazione petrolchimica, si punta molto sull’ambiente e sul turismo, settore quest’ultimo sicuramente molto promettente, purché si integri con gli altri settori produttivi, ad iniziare da quelli tradizionali come l’agricoltura, la pastorizia e l’artigianato. 

La struttura economica sarda infatti è sempre stata fortemente caratterizzata dalla pastorizia, che oggi però con i suoi quattro milioni di pecore, sottoposta com’è a processi di ridimensionamento dalle politiche dell’Unione europea, rischia una drammatica crisi.



sabato 21 settembre 2013

Ammentu de Giuanne Frantziscu Pintore in Nùgoro

Ammentu de Giuanne Frantziscu Pintore in Nùgoro



 
de Diegu Corràine
monteprama

Ammentu de Giuanne Frantziscu Pintore, su 24 de cabudanni in Nùgoro
Su 24 de cabudanni est sa data chi, in su 2012, est mancadu, a sa famìlia e a sos amigos Giuanne Frantziscu Pintore, giornalista e iscritore, militante distintu de sa càusa natzionale sarda.
In ocasione de custu primu anniversàriu, nos amus a addoviare in Nùgoro pro l'ammentare, faeddende de LIMBA SARDA E IDENTIDADE OE.

Ant a leare sa paràula a propòsitu de custu argumentu e de sa vida de Giuanne Frantziscu unos cantos amigos. A pustis, ant a pòdere intervènnere finas sos àteros amigos presentes.
At a èssere presente sa famìlia.
A sas  7 de sero, su 24-9-2013, NÚGORO
pratza Bustianu Satta, in sa sala cunferèntzias de s'Assòtziu culturale IBIS
(chi ringratziamus).

Bos isetamus

Amigos e familiares

venerdì 20 settembre 2013

Fukushima: responsabilità e menzogne della Tepco

Fukushima: responsabilità e menzogne della Tepco

diFrancesco Finucci
Accuse di negligenza per Tepco, la compagnia che gestisce la centrale nucleare di Fukushima. Che, a quanto riporta Les Echos, avrebbe tralasciato la gestione delle acque radioattive rilasciate nell'area, al fine di mantenere il valore azionario dell'azienda. Con un occhio di tolleranza da parte del governo giapponese.
Quando la centrale di Fukushima Dai-ichi è stata colpita dallo tsunami nel marzo 2011, un terremoto si è alzato nel mercato azionario giapponese. La caduta della Tepco, la compagnia che gestiva la centrale ha subito coinvolto l'intera borsa di Tokyo nel panico. A segnalarlo, la discesa dell'indice sintetico del paese, il Nikkei, che come accade in Italia per il FTSE segnala l'andamento complessivo della borsa giapponese. Secondo quanto riporta il quotidiano francese Les Echos, Tepco avrebbe agito nella gestione delle acque utilizzate per raffreddare la centrale (e dunque contaminate), mentendo al fine di evitare ulteriori shock nel titolo azionario.
Già in luglio il Wall Street Journal aveva accusato le autorità giapponesi di negligenza nella gestione della centrale e quindi di essere colpevoli del disastro del marzo 2011. Era così che la Tepco, messa di fronte all'evidenza da un panel costituito per indagare sul caso, aveva apertamente dichiarato le proprie responsabilità per l'accaduto.
Ma Tepco non era l'unica autorità sotto l'occhio di giornali e commissioni d'inchiesta. Con essa veniva accusato il governo di Naoto Kan, che - riporta Les Echos - avrebbe giocato con lo Yen al fine di potenziare le esportazioni. Seguito per breve tempo da Yoshihiko Noda, sarebbe stato poi il turno di Shinzo Abe, che ha infine scelto di nazionalizzare Tepco allo scopo di evitare il fallimento di quella che comunque rimane la principale azienda produttrice di elettricità del Giappone.
Non solo dunque pratiche atte a salvare l'industria e gli asset nazionali, ma anche menzogne al fine di coprirne i danni, con conseguente rischio per la popolazione:"Tepco avrebbe [...] promesso di avviare i lavori necessari [...] e avrebbe chiesto, in cambio, al governo di rimanere vago [...] sul rilascio di acqua contaminata e sul progetto per un muro di protezione. [...] Le autorità avrebbero accettato questo "mercato" per non nuocere alla salute finanziaria del fornitore, il quale doveva per contro risarcire le vittime che avevano dovuto evaquare le loro case situate nei pressi della centrale".
Senonché, a quanto spiega Sumio Mabuchi, membro del Partito Democratico del Giappone “Tepco non ha in seguito mantenuto la propria promessa”. Tocca ora a Shinzo Abe farsi carico della situazione, in special modo dopo aver spinto sulla leva del nazionalismo. Non potrà ora certo abbandonare uno degli asset fondamentali del paese, che conta su un fatturato da 10,7 miliardi (2013).
Con un risparmio privato assorbito in maniera massiccia dal debito pubblico nazionale, chissà chi avrebbe potuto approfittare della situazione per infiltrare i propri capitali nella Tepco. Shinzo Abe, dunque, dopo averla nazionalizzata, sarà costretto a muoversi per farne qualcosa. Un tavolo è stato aperto, ma tutto è ancora da vedere.

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