Fukushima: responsabilità e menzogne della Tepco
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Accuse di negligenza per Tepco, la compagnia che gestisce la centrale nucleare di Fukushima. Che, a quanto riporta Les Echos, avrebbe tralasciato la gestione delle acque radioattive rilasciate nell'area, al fine di mantenere il valore azionario dell'azienda. Con un occhio di tolleranza da parte del governo giapponese.
Quando la centrale di Fukushima Dai-ichi è stata colpita dallo tsunami nel marzo 2011, un terremoto si è alzato nel mercato azionario giapponese. La caduta della Tepco, la compagnia che gestiva la centrale ha subito coinvolto l'intera borsa di Tokyo nel panico. A segnalarlo, la discesa dell'indice sintetico del paese, il Nikkei, che come accade in Italia per il FTSE segnala l'andamento complessivo della borsa giapponese. Secondo quanto riporta il quotidiano francese Les Echos, Tepco avrebbe agito nella gestione delle acque utilizzate per raffreddare la centrale (e dunque contaminate), mentendo al fine di evitare ulteriori shock nel titolo azionario.
Già in luglio il Wall Street Journal aveva accusato le autorità giapponesi di negligenza nella gestione della centrale e quindi di essere colpevoli del disastro del marzo 2011. Era così che la Tepco, messa di fronte all'evidenza da un panel costituito per indagare sul caso, aveva apertamente dichiarato le proprie responsabilità per l'accaduto.
Ma Tepco non era l'unica autorità sotto l'occhio di giornali e commissioni d'inchiesta. Con essa veniva accusato il governo di Naoto Kan, che - riporta Les Echos - avrebbe giocato con lo Yen al fine di potenziare le esportazioni. Seguito per breve tempo da Yoshihiko Noda, sarebbe stato poi il turno di Shinzo Abe, che ha infine scelto di nazionalizzare Tepco allo scopo di evitare il fallimento di quella che comunque rimane la principale azienda produttrice di elettricità del Giappone.
Non solo dunque pratiche atte a salvare l'industria e gli asset nazionali, ma anche menzogne al fine di coprirne i danni, con conseguente rischio per la popolazione:"Tepco avrebbe [...] promesso di avviare i lavori necessari [...] e avrebbe chiesto, in cambio, al governo di rimanere vago [...] sul rilascio di acqua contaminata e sul progetto per un muro di protezione. [...] Le autorità avrebbero accettato questo "mercato" per non nuocere alla salute finanziaria del fornitore, il quale doveva per contro risarcire le vittime che avevano dovuto evaquare le loro case situate nei pressi della centrale".
Senonché, a quanto spiega Sumio Mabuchi, membro del Partito Democratico del Giappone “Tepco non ha in seguito mantenuto la propria promessa”. Tocca ora a Shinzo Abe farsi carico della situazione, in special modo dopo aver spinto sulla leva del nazionalismo. Non potrà ora certo abbandonare uno degli asset fondamentali del paese, che conta su un fatturato da 10,7 miliardi (2013).
Con un risparmio privato assorbito in maniera massiccia dal debito pubblico nazionale, chissà chi avrebbe potuto approfittare della situazione per infiltrare i propri capitali nella Tepco. Shinzo Abe, dunque, dopo averla nazionalizzata, sarà costretto a muoversi per farne qualcosa. Un tavolo è stato aperto, ma tutto è ancora da vedere.
Foto: thierry ehrmann/Flickr
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