sabato 23 ottobre 2010

È il momento di passare all’azione

Paul Krugman
New York Times


L e persone per bene sono rimaste inorridite dal voto del 29 settembre alla camera dei rappresentanti di Washington. Un’ampia maggioranza bipartisan ha approvato una legge presentata dal deputato Sander Levin. Il provvedimento potrebbe porre le premesse per sanzioni commerciali contro la Cina legate alla politica monetaria del paese asiatico. La legge non è molto dura, ma di fronte alle allarmanti voci di guerre commerciali e altre catastrofi economiche, gli opinionisti più moderati ritengono che sia meglio non fare chiasso e privilegiare la diplomazia. Queste persone per bene, che da quando è cominciata la crisi si sono sbagliate su tante cose (per esempio, dicevano che il deficit pubblico statunitense avrebbe fatto impennare i tassi d’interesse e l’inflazione), si sbagliano anche questa volta. Per quanto riguarda la politica monetaria cinese, la diplomazia non otterrà niente inché non sarà accompagnata da qualche minaccia di ritorsione. L’isteria sulla possibile guerra commerciale è ingiustificata, e comunque ci sono cose peggiori dei conlitti commerciali. In un periodo come questo, con una disoccupazione di massa aggravata dalla politica predatoria della Cina in campo valutario, la possibilità di qualche nuovo dazio dovrebbe essere l’ultima delle preoccupazioni statunitensi. Ma facciamo un passo indietro. Le grandi economie industrializzate subiscono ancora gli effetti della bolla immobiliare e della crisi inanziaria. I consumi sono calati e quindi le aziende non hanno incentivi a espandere le loro attività. La recessione sarà anche finita, ma il tasso di disoccupazione è molto alto e non dà segni di voler tornare ai livelli normali. La situazione delle economie emergenti è diversa: hanno resistito alla tempesta economica e offrono molte opportunità d’investimento. Com’è naturale, quindi, i capitali provenienti dai paesi più ricchi ma in crisi si dirigono verso i paesi emergenti, che quindi potrebbero essere decisivi nell’uscita dalla recessione globale. La principale economia emergente, la Cina, ostacola invece questo processo naturale. Pechino ha limitato l’aflusso di capitali privati per mezzo di restrizioni sugli investimenti stranieri e mantiene artiicialmente basso il valore dello yuan. Questo aiuta le esportazioni cinesi, ma danneggia l’occupazione nel resto del mondo. La fata turchina Le autorità cinesi difendono questa politica con argomenti poco convincenti e al tempo stesso incoerenti. Pechino nega di manipolare deliberatamente il tasso di cambio. Forse vorrebbe farci credere che è stata la fata turchina ad accumulare riserve per 2.400 miliardi di dollari e a mettergliele sotto il cuscino mentre dormiva. Ma esponenti di primo piano dell’élite cinese dicono che le riserve non contano, perché il surplus commerciale della Cina non c’entra niente con il tasso di cambio. Eppure il primo ministro Wen Jiabao ha dichiarato: “Non possiamo immaginare quante fabbriche cinesi fallirebbero, e quanti operai perderebbero il lavoro, se lo yuan si rivalutasse troppo rapidamente”. Allora il valore dello yuan conta qualcosa. Pechino fa di tutto per ostentare il suo disprezzo nei confronti dei negoziatori statunitensi. A giugno i cinesi avevano detto di essere disposti a lasciar finalmente determinare dal mercato il valore della moneta. Questo avrebbe comportato un netto apprezzamento della valuta cinese. Invece in questi mesi il valore dello yuan è cresciuto appena del 2 per cento rispetto al dollaro, per lo più solo nelle ultime settimane, cioè con l’avvicinarsi del voto sulla proposta di legge di Levin. A cosa servirà dunque questa nuo- va legge? Permette – ma, si badi bene, non impone – alle autorità statunitensi di applicare dazi sulle esportazioni cinesi che sfruttano il valore artificialmente basso dello yuan. Ora, l’esperienza ci insegna che Washington non passerà all’azione. Anzi, continuerà a trovare scuse e a vantare progressi del tutto immaginari sul terreno diplomatico. Insomma sarà confermato quello che i cinesi pensano delle autorità statunitensi: che sono delle tigri di carta. Quindi la legge Levin può essere considerata al massimo un segnale rivolto ai cinesi. In ogni caso, è un passo nella direzione giusta. Perché la verità è che finora, di fronte ai comportamenti inaccettabili della Cina, i politici statunitensi sono stati incredibilmente e scandalosamente passivi. Specialmente se si considera che, visto l’ostruzionismo dei repubblicani, una delle poche possibilità che restano all’amministrazione Obama per afrontare il problema della disoccupazione è dar battaglia alla Cina. Probabilmente la legge Levin non basterà a modiicare questo atteggiamento passivo, ma almeno comincerà a mettere sotto pressione i politici statunitensi. E questo ci avvicinerà al momento in cui saranno inalmente pronti ad agire.

Paul Krugman è un economista statunitense. Nel 2008 ha ricevuto il premio Nobel per l’economia. Scrive sul New York Times.

Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è La coscienza di un liberal (Laterza 2009). Finora l’azione diplomatica non ha prodotto risultati. Le maniere forti convinceranno Pechino a rivalutare lo yuan

venerdì 22 ottobre 2010

La nuova beneficenza dei capitalisti

Slavoj Žižek

















Perché la beneficenza è diventata un elemento strutturale della nostra economia e non è più solo la caratteristica di qualche brava persona?

Nel capitalismo di oggi la tendenza è di mescolare proitto e beneficenza. Così quando comprate qualcosa, nella spesa è già incluso il vostro impegno per il bene degli altri, dell’ambiente e così via. Se pensate che stia esagerando, entrate in un qualunque caffè della catena Starbucks e vedrete. Cito la loro campagna: “Non è solo cosa comprate, ma cosa scegliete”. Lo spiegano così: “Quando comprate Starbucks (...) state scegliendo qualcosa di più di una tazza di cafè. State promuovendo un’etica del cafè. Grazie al programma Starbucks ‘Shared Planet’, compriamo più caffè del commercio equo e solidale di qualunque altra azienda al mondo, garantendo agli agricoltori un prezzo equo per il loro duro lavoro. E investiamo nei metodi dei coltivatori di caffè migliorando la vita delle loro comunità in tutto il mondo. È un buon karma per il caffè”. È quello che chiamo “capitalismo culturale” allo stato puro. Non state solo comprando un caffè, state comprando la vostra redenzione dall’essere semplici consumisti. State facendo qualcosa per l’ambiente, qualcosa per salvare i bambini che hanno fame in Guatemala e qualcosa per ricostruire il senso di comunità.

Potrei fare molti esempi, ma la sostanza non cambia: mentre fate delle scelte consumiste, allo stesso tempo spendete i vostri soldi per fare del “bene”. Tutto questo genera una sorta di… come potrei deinirlo? Un sovrainvestimento o sovraccarico semantico. Sapete che non è in gioco solo l’acquisto di una tazza di cafè: è in gioco il rispetto di tutta una serie di responsabilità etiche. Questa logica oggi è quasi universalizzata. Perciò si crea un corto circuito molto interessante: un gesto di consumo egoista comprende il prezzo del suo contrario.

Davanti a questo fenomeno, credo che dovremmo tornare al buon vecchio Oscar Wilde, che ci ha fornito l’argomentazione migliore contro la logica della beneficenza. In L’anima dell’uomo sotto il socialismo, lo scrittore sottolinea che “è molto più facile solidarizzare con la sofferenza che con il pensiero”: “Le persone scoprono di essere circondate da una spaventosa povertà, da una spaventosa bruttezza, da una spaventosa fame. È inevitabile che tutto ciò le commuova. Di conseguenza, con intenzioni ammirevoli ma male indirizzate, con la massima serietà e molto sentimentalismo, si impegnano nel compito di rimediare ai mali che vedono. Ma i loro rimedi non curano la malattia, non fanno che prolungarla. Di fatto, i loro rimedi sono parte della malattia. Cercano di risolvere il problema della povertà, per esempio, tenendo in vita i poveri o, nel caso di una scuola molto avanzata, divertendoli. Ma questa non è una soluzione, è un aggravamento del problema. L’obiettivo giusto è cercare di ricostruire la società su basi che rendano impossibile la povertà. E le virtù altruistiche hanno di fatto impedito il raggiungimento di questo obiettivo. […] I peggiori schiavisti erano quelli che si comportavano gentilmente con i loro schiavi, e così impedivano che l’orrore del sistema fosse compreso da coloro che sofrivano per sua colpa e da coloro che lo osservavano. […] La beneficenza degrada e demoralizza.

È immorale usare la proprietà privata per alleviare i mali orribili causati dall’istituzione della proprietà privata”. Penso che queste parole siano più attuali che mai. Per quanto possa apparire positivo, il salario garantito – questa specie di patto con i ricchi – non è una soluzione. A mio giudizio esiste un altro problema. Ho l’impressione che questo sia l’ultimo, disperato tentativo di mettere il capitalismo al servizio del socialismo: non cancelliamo il male, lasciamo che sia il male stesso a lavorare per il bene. Trenta o quarant’anni fa, sognavamo il socialismo dal volto umano. Oggi, invece, l’orizzonte più lontano, più radicale, della nostra immaginazione è il capitalismo globale dal volto umano. Le regole del gioco restano le stesse, però lo rendiamo un po’ più umano, più tollerante, con un po’ di welfare in più. Diamo al diavolo quel che è del diavolo e diciamolo chiaramente: almeno negli ultimi decenni, e almeno in Europa occidentale, in nessun altro momento della storia umana una percentuale così alta di popolazione ha goduto di tanta relativa libertà, ricchezza, sicurezza eccetera. Ora queste conquiste sono gradualmente rimesse in discussione. Voglio solo dire che l’unico modo per salvare gli acclamati valori del liberalismo è fare qualcosa di più. Non sono contrario alla beneficenza in astratto. È meglio di niente. Però dobbiamo essere consapevoli che contiene un elemento di ipocrisia. È ovvio che dobbiamo aiutare i bambini. È terribile vedere che la vita di un bambino può essere distrutta perché i genitori non possono pagare un’operazione che costa 20 dollari. Ma come avrebbe detto Oscar Wilde, a lungo andare, se ci limitiamo a curare i bambini loro vivranno un po’ meglio però si ritroveranno sempre nella stessa situazione.

http://www.terraligure.it/blog/struzzo.jpg

Slavoj ŽiŽek è un filosofo e studioso di psicoanalisi sloveno.

Il suo ultimo libro è Dalla tragedia alla farsa. Ideologia della crisi e superamento del capitalismo (Ponte alle grazie 2010).

giovedì 21 ottobre 2010

I plotoni dell'ingiustizia...

Monica Pisano

La manifestazione Liberi Pastori è cominciata ieri 19 ottobre con molto ritardo...Sulla 131 e 130 gli squadroni del questore cercavano di impedire l'ingresso a Cagliari dei pulmann i..Li hanno bloccati , e come squadristi di Pinochet sono saliti a bordo a chiedere documenti, prendere nominativi e minacciare i liberi Pastori e famiglie al seguito..tra cui anche tanti bambini e ragazzi..per non parlare delle mogli...che si occupavano di rifocilllare tutti....

Iniziamo con molto ritardo...alle 11.30 circa...La manifestazione si svolge senza intoppi fino a Via Roma di fronte al Consiglio Regionale...

Si respira un'aria pesante..Squadristi di polizia e carabinieri in assetto antisommossa...elicotteri che ci sorvegli
Questa è la situazione signori, il latte sardo viene pagato meno del latte italiano...i protti sardi sono in svendita, i pastori sono in svendita...le aziende agricole sono in svendita...Non si dice ma le banche del Veneto e dell'Emilia Romagna stanno acquistando grandi aziende sarde poco prezzo..in fallimento....la volontà è di dare il colpo di grazia ai sardi ormai allo stremo...Ma ancora si fanno manifestazioni a compartimenti stagni...operai tra loro...scuola e sindacati ormai svenduti...Coldiretti contro liberi pastori....come se questultima avesse fatto una volta l'interesse di agricoltori o pastori...A proposito la loro manifestazione si è svolta giorni prima con tanto di pallocini e mongolfiere...Senza ail minimo accenno all'oppressione perpetrata senza motivo di ieri..si, torniamo a ieri.. Ore 17.45...la polizia ed i Carabineri all'improvviso attaccano i manifestanti: donne, bambini, ragazzi, liberi pastori..Cominciano a sparare lacrimogeni ad altezza d'uomo...la folla cerca di mettersi a riparo dal fumo...non riesce a respirare..si spaventa arretra terrorizzata, urla di dolore...le squadre dell'ingiustizia avanzano manganellando e calpestando chi cade a terra...lasciando indietro sangue lacrime, dolore e frustrazione... Avanzano ..i lacrimogeni arrivano da Via Roma fino al porto...alle barche ormeggiate...un ragazzo con i rasta...viene malmenato da due poliziotti davanti a me...io comincio ad urlare... ...due corrono contro di me...mi spingono e mi minacciano... Sono inerme alzo le mani...mi mollano...Cercano di picchiare una madre...e lei ...Roba da periodo fascista!

Ma come arretrano...urlo al capo dello squadrone anti-giustizia...un ragazzo magro dalla faccia nevosa in borghese, con accento italiano, Dopo un attimo di shock...avanziamo...arretrano...ci minacciano allontanandosi...tornando indietro si mettono in assetto in fila e cominciano a marciare sbattendo gli anfibi sull'asfalto di via Roma...e i manganelli sugli scudi antisommossa...un brivido percorre tutta me stessa...non è paura è disgusto è consapevolezza ma è anche forza...torno indietro dal marciapiede seguo nauseata questa parata...questa prova di forza ma che forza non è ...Un ragazzo forse neanche maggiorenne...col segno distintivo: il foulard azzurro simbolo dei liberi pastori...sorseggia accanto a me una mezza birretta..un poliziotto esce dai ranghi dà una manata alla bottiglia che il giovanissimo teneva in mano, rifocillandosi di quella odiosa giornata...la calpesta con gli anfibi enormi...è un gigante..lui piccolo..e fragile..il ragazzo impallidisce lo prendono in due...tre, comincio ad urlare ...un agente dice : Gli stanno mettendo le manette..Urlo più forte...quasi senza voce oramai dalla rabbia...si guardano..dall'altra parte della strada..troppi testimoni...che vedono...lo mollano...libero. ragazzo! Sei libero...Lui sotto shock mi guarda è pallidissimo...gli dico ..

I liberi pastori non si arrendono...mi chiedo se le meccaniche degli altri arresti non sono state le stesse del ragazzo...ma forse anche peggio...Ho visto portar via in manette ragazzi inermi insanguinati, shoccati...

riprendiamo le posizioni...di fronte al Consiglio...proprio sull'asfalto...ci sediamo a terra di fronte aglia scuadroni anti-giustizia...stiamo lì...Inermi come prima...con la sola arma che è quella del coraggio...

Un libero pastore prende il microfono...

Aspettiamo...ma i giochi sono già fatti...La Sardegna è in svendita signori...Le masse leggeranno sui giornali che i banditi sardi sono scesi a distruggere a sopraffare e crederanno che sia così....perchè la verità gia scodellata è comoda e facile...da seguire comodamente in poltrona...













giovedì 14 ottobre 2010

La Repubblica ebraica di Israele

Sayli Vaturu

pubblicata da Sayli Vaturu

Gideon Levy

Ha’aretz.

http://www.haaretz.com/

La diga è crollata, minacciando di annegare ogni traccia di democrazia, fino al punto in cui forse finiremo per ritrovarci in uno stato ebraico, la cui natura nessuno capisce veramente, ma che di sicuro non sarà democratico.

Segnatevi la data. Il 10 ottobre è il giorno in cui Israele ha cambiato natura. E magari cambierà addirittura nome e si chiamerà “Repubblica ebraica di Israele”, come la Repubblica islamica dell’Iran. D’accordo: la legge sul giuramento di fedeltà che il premier Benjamin Netanyahu ha fatto approvare al governo e ora vuol far votare dal parlamento riguarda, o almeno così si dice, solo i nuovi cittadini israeliani non ebrei. Ma in realtà avrà efetti sul destino di tutti. Perché d’ora in poi vivremo in un nuovo paese etnocratico, teocratico, nazionalista e razzista. E chi pensa che la cosa non lo riguardi si sbaglia.

Già, perché in Israele c’è una maggioranza silenziosa che accetta tutto questo con un’allarmante apatia. Invece chiunque creda che dopo l’approvazione di questa legge il mondo continuerà a considerare Israele come una qualsiasi democrazia non ha capito cos’è questa legge: è un nuovo grave danno all’immagine di Israele.

Il premier Netanyahu ha dimostrato di essere come Avigdor Lieberman, il suo ministro degli esteri e leader del partito di estrema destra Yisrael Beiteinu. Il Partito laburista ha dimostrato di essere solo uno zerbino.

E Israele ha mostrato la sua indiferenza. La diga è crollata, minacciando di annegare ogni traccia di democrazia, fino al punto in cui forse finiremo per ritrovarci in uno stato ebraico, la cui natura nessuno capisce veramente, ma che di sicuro non sarà democratico.

Si prevede che la Knesset, nella sua sessione invernale, discuta un’altra ventina di disegni di legge antidemocratici. L’Associazione per i diritti civili in Israele ha appena pubblicato una lista nera di provvedimenti che comprende: una legge sul giuramento di fedeltà per i parlamentari, una legge sul giuramento di fedeltà per i produttori cinematograici, una legge sul giuramento di fedeltà per le associazioni senza ini di lucro. E ancora: un provvedimento che vieta ogni proposta di boicottaggio e un provvedimento sulla revoca della cittadinanza. Siamo di fronte a un pericoloso balletto maccartista, da parte di parlamentari ignoranti che non hanno capito cos’è la democrazia.

Non è difficile giudicare il duo Netanyahu-Lieberman: sono due fanatici nazionalisti, quindi nessuno può pretendere che capiscano che democrazia non signiica solo potere della maggioranza, ma anche anzi soprattutto diritti delle minoranze. È molto più diicile da capire, invece, l’inerzia dei cittadini. Le piazze di tutte le città israeliane avrebbero dovuto riempirsi di persone che riiutano di vivere in un paese dove la minoranza è oppressa da leggi severissime come quella che le obbligherebbe a prestare un falso giuramento di fedeltà a uno stato ebraico. E invece quasi nessuno sembra pensare che la cosa lo riguardi. È sbalorditivo.

Ci siamo dedicati per decenni al futile dibattito su cosa signiica essere ebrei. Un interrogativo che a quanto pare ci impegnerà ancora per molto tempo. Cos’è, infatti, lo “stato della nazione ebraica”? Appartiene forse agli ebrei della diaspora più che ai cittadini arabi d’Israele? E i cittadini arabi potranno decidere delle sue sorti, così che la nostra si possa chiamare ancora una democrazia? Cosa caratterizza l’ebraicità? Le festività? Le prescrizioni alimentari della kasherut? L’aumento del peso politico dell’establishment religioso, come se non fosse già suiciente a distorcere la democrazia?

L’introduzione di un giuramento di fedeltà allo stato ebraico ne deciderà il destino. E rischia di trasformare Israele in una teocrazia simile all’Arabia Saudita. È vero: per il momento giurare fedeltà allo stato ebraico è solo uno slogan ridicolo, e non esistono tre ebrei che riescano a mettersi d’accordo su come dovrebbe essere uno stato ebraico. Ma la storia ci ha insegnato che la strada per l’inferno può essere lastricata anche di slogan inutili. Nel frattempo, la nuova legge non farà altro che aggravare il senso di estraneità degli arabi israeliani e inirà per alienare le simpatie nei confronti di Israele di settori ancora più vasti dell’opinione pubblica mondiale.

Ecco cosa succede quando non si ha piena iducia nella strada intrapresa. Solo questa siducia può indurre a presentare proposte di legge perverse come quella approvata il 10 ottobre. Il Canada non sente il bisogno che i suoi cittadini giurino fedeltà allo stato canadese, né lo richiedono altri paesi. Solo Israele.

Questa decisione è stata pensata per provocare di nuovo la minoranza araba e spingerla a dimostrare an- cora più distacco dal paese, così che un bel giorno venga inalmente il momento di disfarsene. Oppure per afossare la prospettiva di un accordo di pace con i palestinesi. Comunque sia, lo stato ebraico – come diceva Theodor Herzl – fu fondato nel primo congresso sionista, che si svolse a Basilea nel 1897. Il 10 ottobre invece è stata fondata l’oscurantista Repubblica ebraica di Israele.

Gideon Levy è un giornalista israeliano. Scrive per il quotidiano Ha’aretz.

lunedì 11 ottobre 2010

TEULADA .. LA NAZIONE SARDA INIZIA IL LUNGO CAMMINO DELL'INDIPENDENZA POLITICA CULTURALE ED ECONOMICA DALLO STATO ITALICO



Teulada 10 ottobre 2010, una giornata uggiosa e grigia oltre che piovosa, sembra che tutti i numi siano contro di NOI, ma la sorpresa viene come compensata da una partecipazione popolare grandiosa, un migliaio di teuladesi in piazza e dopo nel palazzetto dello sport partecipe del sentimento nazionale nato dalla proposta di referendum consultivo sul nucleare proposto da Sardigna Natzione e NO NUKE, e a rivendicare sovranità ed opposizione al progetto di morte nucleare , che , il governo italiota ci vuole propinare e rivogare contro la nostrà dignità e volontà.

Oggi, si rischia che Teulada, suo malgrado, passi alla ribalta per una ulteriore servitù: LA CENTRALE NUCLEARE, che, il governo italiota del premier "sardo" adottato dalla Gallura Silvio Berlusconi e company vuole installare nella nostra terra.

Sappiamo quanto sia folle costruire centrali atomiche su un'isola, tra l'atro delle dimensioni della Sardegna poco più di 24000 kmq, considerate che l'area di evacuazione attorno a Chernobyl fu di 30000 kmq.. di conseguenza è tutto dire della serietà dei profeti di sventura dello stato italico e dei suoi lacchè e servitori costruttori e cementificatori nonchè speculatori a basso costo personale nello sfruttamento del territorio sardo, dei piani di evacuazione e sicurezza....

Bisogna iniziar a far pagare cara la loro scelta malaugurata del nucleare, dettata dalla malafede affaristica e tronfia di ingorda e meschina avidità, tramite campagne di boicotaggio sull'energia per quanti partecipano al comitato d'affari sia che siano coinvolti nella progettazione, costruzione o sfruttamento del territorio con appalti o altro, nel progetto Nucleare italiota in patria Sarda!

Il popolo sardo sta ponendo le basi per dare una spallata a questi avidi e tronfi politici che siano italioti o che siano i suoi leccaculi sardo-italioti

Si respira nell'aria un nuovo profumo di risveglio dal torpore ipnotico incantatore del re mediatico, una nuova era si staglia di fronte a NOI la scelta della sovranità e dell'abbandono della servitù-schiavitù nata nel lontano 1847 dalla cosidetta "FUSIONE PERFETTA".

Denunciamo che la sovranita' del popolo sardo ''e' stata frettolosamente abbandonata nelle mani della monarchia sabauda in cambio della 'perfetta fusione con gli Stati della terraferma' '' nel 1847, precisiamo di considerare ''politicamente conclusa la vicenda storica conseguente alla rinuncia alle proprie sovranita' istituzionali, avvenuta il 29 novembre 1847, e solo parzialmente recuperate nella legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.3, 'Statuto speciale per la Sardegna' ''.

Conseguentemente poniamo le basi per la indipendenza della nazione sarda già da ora , sia con il referendum consultivo che deve trasformarsi in un referendum di sovranità sarda per la cacciata dei nuovi "piemontesi" con un voto pebliscitario e trasversale per il bene comune della nostra terra!

Rimettere in discussione le servitù pendenti e tutte le scelte fatte dal governo italiota in funzione anti sarde, i quali perpetrano uno sfruttamento esagerato ed esasperato del territorio attuando una politica mortifera sulla nostra terra ed il nostro popolo.

Accade , che, nelle basi militari si usano armi non convenzionali (Uranio impoverito ed altre sostanze sconosciute) trasformando il territorio circostante in grande laboratorio per test sulla popolazione civile lì vivinte.

Le prove di questo scempio, le possiamo riscontrare nelle testimonianze dei cittadini del luogo e dalle indagini epidemiologiche che rivelano l'alta diffusione di tumori maligni e morti precoci nei pressi delle basi militari di Quirra e Teulada , malattie e morti pressochè inesistenti nel resto della nostra isola.

Inoltre condanniamo moralmente e politicamente le loro politiche scellerate accapparratorie del nostro territorio contro la volontà popolare e nazionale sarda, che lo stato Italiota ne fà con l'intento di trasformare la nostra isola come piattaforma per la produzione di energia a loro necessaria, per poi portarla tramite i cavi SACOI e SAPEI nel continente italico , ove consumarla, non tenendo in nessuna considerazione i danni ambientali e umani che arrecano alla nostra gente e alla nostra terra, partono dall'idea che questo luogo sia da considerare discarica comune a costo zero, sia per loro che per l'europoa intera... portare i rifiuti nucleri o di elevata tossicità chimica e biologica, è la soluzione dei loro problemi.

NON POSSIAMO TOLLERARE OLTRE QUESTA ONTA PER LA NOSTRA TERRA!

SIAMO POPOLO, NAZIONE, CON LA NOSTRA LINGUA E CULTURA , VOGLIAMO RIVENDICARE LA DIGNITA' DI UOMINI E DONNE LIBERI, E DI POTER DECIDERE DA NOI, DEL NOSTRO FUTURO !!

LIBERTADE INDIPENDENTZIA SOBERANIA!!





























► Potrebbe interessare anche: