venerdì 25 febbraio 2011

Illusioni progressiste

Rossana Rossanda
il manifesto


Luciana Castellina fa la domanda giusta: come è successo che uomini e movimenti sui quali erano state riposte tante speranze ed erano stati magnifici nelle lotte di liberazione siano arrivati al punto d...i sollevare il rancore di tanta parte del loro popolo? Le rivolte nel Maghreb e nel Medio Oriente ci interpellano su questo. E così la reazione dei dirigenti al potere, specie di quelli che lo avevano preso con impeto progressista - il libico Muammar Gheddafi e il governo derivante dal Fln algerino.

Non è una domanda diversa da quella che dovremmo farci sul perché le rivoluzioni comuniste hanno subito la stessa sorte. Rispondere che Stalin era un mostro (Stalin e Hitler, stessa razza, tesi degli storici post 1989), e forse anche Lenin, e Mao un pazzo, è derisorio, e del resto non fa che spostare la domanda: perché masse immense e grandi cambiamenti hanno trovato in essi i loro leader? Nel caso di Gheddafi, con le sue uniformi rutilanti e i mantelloni da cavaliere del deserto, la convinzione di essere un liberatore e la disposizione ad ammazzare ed essere ammazzato, l'elemento di delirio è evidente, come i zigzag nei rapporti con le potenze occidentali e il terrorismo. Anche lui all'inizio non parve affatto demente, e non lo era.

Sarebbe interessante seguire alcune ipotesi, anche per l'immediato futuro dei movimenti che stanno scuotendo i paesi arabi. La prima è capire la natura illusoria di un anticolonialismo, spesso declinato come antimperialismo e, più raramente, anticapitalismo, affidato, in presenza di masse incolte, a un'avanguardia forte e risoluta, che più o meno transitoriamente prende il potere e, anche per mezzo di Costituzioni ad hoc, lo difende non solo dagli avversari ma anche contro chiunque lo critica, anche i suoi stessi compagni, vedendovi "oggettivamente" un nemico. E spesso lo è o lo diventa, perché una lotta anticoloniale non si svolge nel vuoto ma in presenza di grandi poteri politici ed economici, che intervengono in ogni spazio o contraddizione presente nel "processo rivoluzionario".

Il quale si difende con misure aspre, ma che sembrano giustificate anche ad osservatori esterni, perché la storia è complicata. Chi avrebbe detto che l'opposizione allo scia di Persia, Reza Palevi, sarebbe stata guidata da un movimento religioso fondamentalista? La Cia non lo aveva sospettato, e molti di noi si sono detti che, dunque, il progresso si fa anche per vie inaspettate, penso non solo al manifesto, ma a Michel Foucault. Invece sbagliavamo come sbagliano Chavez o Lula quando invitano Amadhinejad.

In questo errore è grande la responsabilità dell'Urss da quando difende soltanto i suoi interessi come stato, (e in essi a medio termine perde e si perde), ma anche dei partiti comunisti, che in essa e nelle sue politiche hanno visto la sola barriera rimasta dopo il fallimento delle rivoluzioni in Europa. Quando a Bandung, su iniziativa jugoslava, si delineò il blocco dei paesi non allineati, si deve individuare la causa della loro breve sopravvivenza soltanto nell'antipatia per essi nutrita dalle due superpotenze? Le loro intenzioni di pace erano forti, ma il loro modello sociale era debole. Molto più grave, la decolonizzazione passò presto - liquidati i Patrice Lumumba o Amilcar Cabral - attraverso la formazione di borghesie nazionali (anche su di esse per un certo tempo il movimento comunista sperò) o su forze che, partite anticapitaliste o progressiste attraverso forme di proprietà pubblica, presto soggiacquero o ai problemi di una crescita tutta statalizzata, lo stato ridotto alla sua espressione più rozza, ogni forma di controllo dal basso inesistente o, peggio, a forme diverse di corruzione. Libia e Algeria, in possesso di grandi fonti di energia, sono due esempi affatto diversi di un sequestro di potere che ha sottratto da ogni partecipazione le stesse popolazioni cui erogava alcuni servizi che ne facevano crescere i bisogni, ma che non ha mai coinvolto se non in una rete, più o meno trasparente, di affari o da appelli basati sull'emotività.

E sulle quali la mondializzazione ha indotto un doppio processo: coalizza al vertice le forze economiche, utilizzando gli stati come una agenzia di affari di ambigua proprietà, e produce una immensa massa di lavoratori sfruttati ma in parte crescente acculturati, e dotati di mezzi di comunicazione sconosciuti ai dannati della terra di quaranta anni fa: la folla in piazza Trahir era in possesso di telefonini e conosceva in buona parte Internet, attraverso la quale si era in buona parte formata. Gli sfruttati e oppressi di oggi non sono più gli umiliati e oppressi di allora. Né sono soltanto, come ci è piaciuto di credere dopo l'11 settembre, massa di manovra di imam fondementalisti. Questo nuovo tipo di proletariato - che tale è - non sta più facilmente ai progressismi dispotici, dai quali ha tratto in passato alcuni benefici. E' esso che ha invaso le piazze, che fa vacillare i regimi, che si è fatto scivolar di dosso l'egemonia dell'islamismo in una sua secolarizzazione, esclusion fatta per il potere della dinastia wahabita dell'Arabia saudita. E soprattutto degli ayatollah iraniani, capaci nel medesimo tempo di sviluppare e tenere in gabbia con un sistema del tutto inchiavardato una sia pur riluttante "società civile", cui non permetterà di certo i sussulti del mondo arabo.

In Tunisia e in Egitto sono solo gli eserciti i bizzarri e pericolosi mediatori fra potere e popolazione. Pericolosi, perché anch'essi sono una casta chiusa, e per sua natura fortemente gerarchizzata, nella quale non si dà alternativa fra obbedienza e insurrezione, insurrezione e obbedienza, una necessariamente di seguito all'altra. Non penso, come alcuni amici, che sia da proporsi una sorta di scontro permanente fra movimenti aperti e istituzioni chiuse, e tanto meno che lo sviluppo della persona possa darsi un perpetuo lasciarsi ogni contesto alle spalle, come su questo stesso giornale si suggeriva ai tunisini che sono sbarcati a Lampedusa. Forse qualcuno crescerà nell'esodo, ma non saprei proporre a chi ha appena sbarazzato il paese da una autocrazia di andarsene altrove, non occuparsi di ridare un senso al tessuto sociale da cui viene, e tanto meno di passare nel nostro continente, chiuso in un suo declino. In tutti i paesi dove una forma di dispotismo, ottuso o progressista, ha interdetto l'articolarsi in correnti e progetti di società e il misurarsi nel conflitto, una folla generosa ma atomizzata, e che tale voglia restare, sarà sempre prima o poi preda di un nuovo potere. Non per niente i totalitarismi vietano l'esistenza di corpi intermedi che non siano una loro diretta emanazione.

Il problema delle rivolte arabe - che forse non è giusto neppure chiamare tali - è di darsi forme di partiti e sindacati e regole e divisioni dei poteri che possano costituire leve reali di intervento sui regimi che sempre tendono a formarsi di nuovo. E' un problema anche nostro, e siamo lungi dall'averlo risolto se, nel caso italiano, siamo paralizzati da un personaggio di modesto livello come Berlusconi. C'è in occidente un malessere della democrazia rappresentativa che è impossibile ignorare. Ma non lo risolveremmo se scagliassimo qualche moltitudine su un Palazzo di Inverno; la storia dovrebbe averci insegnato anche questo. La domanda, spalancata oggi dalle folle vincenti di Tunisi e del Cairo, o dalle battaglie in atto in Libia, non è diversa da quella che è venuta maturando nella nostra desolante quotidianità.

mercoledì 23 febbraio 2011

Cagliari porto militare a rischio nucleare

La recente mobilitazione contro il muro "con le stellette", fuorilegge e deturpante, in costruzione nell'area militare del porto di Cagliari induce a sperare che la città affronti finalmente anche la questione più ampia del porto militare classificato a rischio nucleare. Riproponiamo una sintesi dell'emergere dell'inquietante realtà e della volontà bipartisan di ignorarla

Comitato sardo Gettiamo le Basi


il Porto di Cagliari

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Cagliari porto militare a rischio nucleare , muri abusivi di cemento, muri opportunistici di silenzio

Pinocchi, allodole, ghiri dormienti


2000 Febbraio , “il manifesto” da notizia che 11 città italiane, all’insaputa del Parlamento e della cittadinanza, sono classificate “porto a rischio nucleare”, condannate ad accogliere unità militari straniere a propulsione e armamento nucleare. Cagliari è tra queste (la nuclearizzazione di La Maddalena è nota da sempre).
Conferma il Governo incalzato dai parlamentari di tutti gli schieramenti politici e dalle città/regioni coinvolte (i parlamentari sardi, come sempre, tacciono, tace la Regione Sardegna e tace il Comune). Conferma il Prefetto di Cagliari incalzato dalle richieste di associazioni di base di rendere noto il Piano di Emergenza nucleare come impone la normativa europea recepita con il dl 230/1990.
Gettiamo le Basi si avventura nell’impresa di scuotere dal letargo classe politica e istituzioni. Ottiene un risultato.

Giugno,
il sindaco Delogu (oggi senatore del PDL), riferisce in aula la “rassicurante” conferma del Prefetto: Cagliari è porto nucleare, però le unità nucleari non sostano in molo ma in rada. Sapere che i mostri atomici transitano e sostano a distanza di un centinaio di metri dal molo tranquillizza pienamente Sindaco e Consiglio. Nessuno si pone il problema, rimarcato peraltro dalle autorità militari, che la sos ta in banchine dotate di fonti di elettricità comporta lo spegnimento del reattore mentre invece la sosta in rada avviene a reattore nucleare acceso, quindi in condizioni di peggiore insicurezza.
Azzerate le già scarse preoccupazioni e la curiosità superficiale del Comune, cala il silenzio sull'inquietante presenza delle centrali atomiche galleggianti di forze armate straniere.

Dicembre
, inchiesta dell’Unione Sarda (19,20/12): il Prefetto conferma di nuovo, la Marina Militare smentisce il Prefetto .

2001 gennaio. In risposta alla nuova ondata di lettere promossa da Gettiamo le Basi per richiedere, ai sensi di legge, il Piano di protezione civile e di evacuazione contro il rischio nucleare, il Prefetto smente la Marina e ammette le negligenze : "Il piano di Emergenza in parola è in fase di totale riesame ed aggiornamento(...) Successivamente al completamento dell'iter di approvazione si procederà ad enucleare le notizie da comunicare alla popolazione civile potenzialmente interessata da emergenza radiologica";
ottobre,
cambio dei ruoli e inversione delle parti: il Prefetto smente se stesso : nega che il porto militare di Cagliari comporti rischi nucleari . Il Comando della Marina militare si autosmente e smente il Prefetto : informa che Cagliari è interessata da un Piano Militare di Emergenza per la sosta di unità navali a propulsione nucleare (Videolina "Rapporto S" ottobre/novembre).
Nel cronico letargo delle istituzioni e delle forze politiche la lotta dal basso per denuclearizzare Cagliari va avanti, s’intreccia alla lotta contro la base atomica Usa di La Maddalena e alla lotta delle altre città a rischio nucleare.

2005 febbraio,. in tutta Italia parte una nuova ondata di richieste ai Prefetti delle 11 città classificate “porto a rischio nucleare”.
Aprile,
i Prefetti della penisola rispondono con la “fotocopia” della nota del gennaio ‘01 rilasciata dai Prefetti di Cagliari e Sassari (competente per La Maddalena). Il Prefetto di Cagliari invece si mantiene alla versione dell’autunno ‘01 e scrive: Si ribadisce che l'esclusione dalla rada di Cagliari di punti di approdo impiegabili per la sosta di unità a propulsione nucleare, è attuale e, conseguentemente, non sussiste la necessità di alcuna pianificazione di emergenza” (21-4-05).
Maggio,
incalzato dalle lotte del popolo sardo il Prefetto di Sassari rende pubblico il Piano di Emergenza nucleare per le popolazioni coinvolte dalla base atomica Usa di La Maddalena. Il Piano, incredibilmente messo in vendita al “modico” prezzo di € 36, è subito ribattezzato “il libro delle barzellette” e respinto con indignazione al mittente da Comuni e Province di Sassari e Gallura.
Sapere che non esiste piano che tenga di fronte al rischio atomico non scuote Cagliari e tantomeno i big politici sardi dal loro letargo.

Giugno,
in risposta all’interrogazione del deputato Mauro Bulgarelli (non sardo e allora non eletto in Sardegna ) il Ministro smentisce il Prefetto di Cagliari, ribadisce le affermazioni rese al Parlamento nel 2000: Cagliari è porto militare a rischio nucleare. Il Prefetto accetta la smentita, si autosmente e scarica sulla Marina la responsabilità del “disguido informativo”.
Agosto
, sotto la pressione popolare Prefetto, Marina e Ministro compiono il miracolo di far coincidere le loro contraddittorie “verità”.

La verità unificata ripropone la versione prefettizia iniziale: è vero che Cagliari è porto nucleare, però, momentaneamente, dal 2005 al 2006, non può ospitare i gioielli militari atomici per “ragioni logistico-operative”; il Piano di tutela della cittadinanza, come la tela di Penelope, è in fase di completamento; la sosta è prevista in un punto segreto lontano dal molo e dalle rotte commerciali. Poco importa se nel golfo non esiste un punto “protetto” lontano dalle rotte civili, poco importa se la sosta in rada con il reattore in funzione comporta rischi maggiori di contaminazione e incidenti. Nessuno coglie le inquietanti implicazioni delle “spiegazioni” delle Autorità competenti: se è vero che le unità militari a propulsione e armamento atomico, limitatamente al periodo 2005-06, non entreranno né in porto né in rada perché mancano le strutture logistico-operative, ne consegue che sono in atto o sono previsti gli interventi per dotare Cagliari delle strutture adeguate ad “assolvere gli obblighi che derivano da accordi internazionali”.
Un mini pezzetto di classe politica entrato in scena all’ultima con gran battage mediatico amplifica le “rassicurazioni”, inneggia al clima di cordialità, “rispetto per la popolazione e le istituzioni democratiche” denotato dai vertici militari e invita la popolazione a
pensare ad altro ... tutto tace sul fronte del porto turistico-nucleare

Porto

Comitato sardo Gettiamo le Basi

venerdì 18 febbraio 2011

L’intollerabile stabilità del Medio Oriente

GIDEON LEVY
Ha’aretz

Come si chiama la sassaiola di alcuni ragazzi contro un carro armato che entra in un quartiere residenziale,minando paura e devastazione? “Disturbo alla quiete pubblica”. E come si chiama l’arresto di quei ragazzi per consentire al carro armato di proseguire indisturbato il suo lavoro? “Ripristino dell’ordine pubblico”. Ecco come abbiamo creato un linguaggio ripugnante e asettico che serve gli interessi di un’unica e sola narrazione: la nostra. Ecco come in Israele descriveremmo a noi stessi la realtà distorta in cui viviamo.

Anche se i carri armati non entrano più nelle zone abitate: nei Territori palestinesi l’ordine viene mantenuto in un modo o nell’altro perino senza di loro. L’occupante opprime, gli occupati frenano i loro istinti e la loro lotta, e l’ordine regna sovrano: per ora. È questo che chiamiamo stabilità.

scontri egitto due morti al cairo


Ora l’Egitto ha osato “turbare la quiete pubblica”. La gente, che ne aveva abbastanza del governo corrotto e dei suoi metodi autoritari, è scesa in piazza.
È quello che chiamiamo una rivolta. Il mondo occidentale, Israele compreso, è preoccupato per il grande pericolo che la stabilità del Medio Oriente sia scossa. Io dico che la stabilità deve essere scossa. La stabilità di questa regione – l’unica cosa che interessa agli occidentali e agli israeliani – non significa nient’altro che mantenere lo status quo.

Questa situazione sarà anche positiva per Israele e per l’occidente, ma è pessima per i milioni di persone che hanno dovuto pagarne il prezzo. Mantenere la stabilità in Medio Oriente signiica perpetuare questa situazione intollerabile, in cui circa due milioni e mezzo di palestinesi vivono senza diritti sotto la dominazione israeliana e altri milioni – i profughi della guerra del 1948 – sopravvivono nei campi (sparsi in tutti i paesi arabi), anche loro senza diritti, speranza e dignità.
Questa cosiddetta stabilità riguarda dunque milioni di arabi che vivono sotto regimi criminali e tiranni.

Nella stabilissima Arabia Saudita, le donne sono considerate le ultime degli ultimi; nella stabilissima Siria si reprime ogni minimo segno di opposizione; in Giordania e in Marocco, due paesi stabili che sono i prediletti degli occidentali e degli israeliani, anche nelle normali conversazioni da bar la gente ha paura di fare una critica al re.

La tanto ambita stabilità del Medio Oriente è un problema che riguarda anche milioni di egiziani poveri e ignoranti, mentre le famiglie al potere accumulano denaro e privilegi. Riguarda regimi che usano gran parte dei loro soldi per le spese militari (anche se non è necessario) per conservare il potere, e lo fanno a spese dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria, dello sviluppo e del benessere del popolo. Questa stabilità poggia su un dominio che si trasmette di padre in iglio (e non solo nelle monarchie) e su elezioni truccate, a cui possono partecipare solo dei partiti al potere.

Questa stabilità comporta conlitti inutili e senza senso, guerre civili e guerre tra paesi in cui le popolazioni versano il loro sangue per i capricci e la megalomania dei leader.
È una situazione che favorisce la repressione della libertà di pensiero, dell’autodeterminazione e della lotta per la libertà. È fatta di debolezza, mancanza di crescita e di sviluppo, mancanza di opportunità di progresso e di beneici per la maggior parte dei cittadini, la cui situazione è di una stabilità agghiacciante: sono stabili nella loro miseria e oppressione.

Una regione ricca di risorse naturali e umane come il Medio Oriente, che avrebbe potuto conoscere un benessere almeno pari a quello dell’Estremo Oriente, è ferma da decenni grazie a questa stabilità, e oggi è la regione più arretrata del mondo dopo l’Africa.
Ecco dunque la stabilità che a quanto pare vogliamo conservare, la stabilità che gli Stati Uniti vogliono sempre mantenere, la stabilità che vuole mantenere l’Europa. Qualsiasi cosa la minacci è considerata come un disturbo alla quiete pubblica. E quindi è un male, almeno per noi. Ricordiamoci però che a suo tempo, la fondazione dello stato di Israele rappresentò una fortissima scossa per la regione, minacciò davvero la sua stabilità e costituì un grandissimo pericolo: ma era una scossa giusta, per noi israeliani e per l’occidente. È arrivato il momento di disturbare di nuovo la quiete pubblica, per dare uno scossone alla stabilità da quattro soldi in cui vive il Medio Oriente.

Ad avviare questo processo sono stati i popoli della Tunisia e dell’Egitto. All’inizio gli Stati Uniti e l’Europa hanno reagito balbettando, ma poi sono tornati rapidamente in sé. E si sono finalmente resi conto che la stabilità di questa regione non è solo ingiusta, ma anche illusoria: finirà con l’essere travolta. Quando il carro armato ci invade la vita, bisogna prenderlo a sassate: l’intollerabile stabilità del Medio Oriente va spazzata via.

egitto-rivolte

GIDEON LEVY
è un giornalista israeliano. Scrive per
il quotidiano Ha’aretz. In questa regione
stabilità signiica solo conservare lo
status quo. Una situazione forse
positiva per Israele e l’occidente, ma
pessima per milioni di persone che ne
pagano il prezzo

martedì 15 febbraio 2011

SARDEGNA SUD ORIENTALE QUIRRA

BASE MILITARE PISQ CAPO SAN LORENZO

Vincenzo Pillai

Ore 9
Davanti a noi i cancelli d’ingresso di una delle più importanti basi militari d’Europa.
Un grande trapezio che si estende dalle colline della Barbagia fino al mare e sul Tirreno disegna un altro trapezio di interdizione attivato, a piacere, dai comandi militari.
Siamo la regione-nazione più militarizzata e devastata d’Italia.
Davanti ai nostri occhi un modesto gruppo di carabinieri e, tutt’intorno, le verdi colline di Sardegna e guglie di granito, potrebbero essere un paradiso, sono disseminate di schegge di proiettili di cui è anche difficile sapere il nome perché questa non è una base come le altre, come quella di Teulada dove scorazzano carri armati e marines si allenano a lasciare i mezzi anfibi per guadagnare la battigia; qui si fa altro.
Qui gli eserciti della Nato sperimentano nuove armi e, principalmente, nuovi sistemi d’ arma.
Qui i venditori di morte di tutto il mondo trattano i loro affari dopo aver dimostrato l’efficienza di loro prodotti.
Qui si è un passo avanti rispetto a tutte le esercitazioni che calpestano il suolo sardo.
E qui si uccide , non solo e non tanto per una manovra sbagliata o un proiettile vagante;
qui si uccide accumulando sul terreno visibili e invisibili fattori di morte futura ma sicura.
Ore 10
Sono arrivati a gruppi di auto da tutta la Sardegna:sono militanti dei partiti della sinistra anticapitalista , dei movimenti indipendentisti dei collettivi che mettono insieme esperienze e pratiche di anni lontani e recenti e che sono ancora troppo pochi per costruire una rete a maglie larghe e nodi forti, in grado di liberare tutti da pratiche scorrette, facendo vincere le buone pratiche del fare oggi guardando agli effetti sul domani.
Il cancello sbarra il passo ; la base mette in mostra tutta la sua potenza con la rete di tre metri di ferro che la protegge dal mondo. Viene da gridare : chi uccide a Quirra ? e vorremmo appendere alla rete i nostri striscioni, e vorremmo che il vento li gonfiasse fino a sradicare tutto quel ferro che ferisce la nostra terra.
Ore 12
Il piccolo uomo di bronzo è ora a cinquanta metri dal cancello e dai carabinieri che lo difendono e vicino a lui un altro bronzetto, la madre dell’ucciso con il suo fardello di dolore; due bronzetti arrivati dalla notte dei tempi fin qui, davanti a questo forziere che custodisce la morte del futuro. Qui, per fare VARDIANIA, che non è semplice guardia e neppure semplice presa di possesso di un territorio devastato; è riprendere per accudire amorevolmente, è impossessarsi per liberare dal possesso innaturale dell’homo economicus, è una carezza sul sottile manto di terra che copre la dura roccia per restituirgli la salute che i milites hanno violentato, è SALVAGUARDIA, gestita collettivamente e pacificamente dal popolo, da un pericolo incombente per noi e i nostri figli.
La manifestazione è quindi pacifica e i portavoce del comitato contro il nucleare e il sindaco di La coni illustrano ai giornalisti la volontà e i pensieri che stanno nella testa e nel cuore dei manifestanti ; adesso sono mille con le bandiere di tutte le organizzazioni della sinistra anticapitalista e indipendentista; mancano quelle del Pd.
Ore 13
La giornata della VARDIANIA vuole essere affermazione di un valore fondamentale in un clima di festa popolare; così ci trasferiamo tutti con un lungo corteo di auto e pullman nella grande piazza di Villaputzu per prendere un aperitivo preparato dal comitato locale che da anni raccoglie dati sui problemi sanitari che la presenza della base provoca alla popolazione. La carovana si trasferisce poi a San Vito ( altro paese che si domanda quale prezzo stiano pagando gli abitanti di oggi e di domani per i pochi posti di lavoro che la base fornisce) In piazza è allestito il pranzo sociale : su un tavolo di cinquanta metri sono posate le carni preparate dal comitato e torte e dolci che molti gruppi di partecipanti hanno portato per condividerle con tutti. Ceste di carciofi e di arance prodotte in questa bella valle con un microclima eccezionale in cui si potrebbero ottenere anche frutti tropicali. In piedi nella piazza, sotto uno splendido sole primaverile, si mangia e si balla.
Ore 17
Nella sala del centro culturale, stracolma di gente che resterà anche in piedi fino alla fine, si svolge il dibattito con la partecipazione di esperti di una commissione ufficiale incaricata di ricercare i dati utili a chiarire ulteriormente quello di cui tutti i partecipanti sono ormai pienamente convinti : le esercitazioni che si svolgono nella base sono causa di gravi malattie per uomini e animali del territorio. Sebbene tutto questo sia per noi chiaro, gli esperti sono ascoltati con attenzione , non abbiamo timore delle loro ricerche e dell’incontro che ,nei prossimi giorni devono fare con la commissione senatoriale che ha il compito di definire ulteriormente l’ambito della ricerche. Però in molti interventi si sottolinea come davanti a quanto è già accaduto ( malformazioni di animali, aumento spropositato delle leucemie ) si dovrebbe prima di tutto fermare l’attività della base, altrimenti le commissioni governative di indagine possono divenire un alibi per andare avanti comunque.
Nei 19 interventi dei rappresentanti di partiti e comitati viene messa in luce la relazione fra la lotta per la chiusura della base e la lotta per impedire la costruzione di una centrale nucleare in Sardegna dove sole ,vento e acqua possono darci tutta l’energia che ci occorre per un nuovo modello di sviluppo basato sulla valorizzazione delle risorse locali. La Sardegna non è una terra povera ; sono poveri molti sardi perché vittime di uno sviluppo capitalistico che ha fatto e fa dello sfruttamento coloniale il suo strumento di dominio. Non è certo con i miseri salari forniti dalle basi militari che si favorisce lo sviluppo dei paesi che le ospitano; viene quindi sottolineata l’assenza dalla manifestazione dei sindaci dei territori in cui si estende la base e come sia miope la loro politica di buon vicinato quando è a rischio la salute dei loro stessi figli.
Ore 20
Salutando con un applauso la riuscita della manifestazione delle donne nelle città , i partecipanti si danno appuntamento alle prossime scadenze del Comitato, già fissate in molti paesi della Sardegna: ciascuno diventi soggetto promotore di nuove iniziative perché a maggio si voterà in Sardegna il referendum consultivo sul nucleare e siamo tutti consapevoli che la vittoria contro il nucleare in Sardegna tirerà la volata al referendum di giugno contro il nucleare in tutt’Italia.









intervista a Carlo Roggero, amministratore unico di Ets, spa specializzata nelle energie ecostenibili, con il teleriscaldamento

Da quanti anni siete nel settore delle energie rinnovabili e come mai questa scelta? La società Ecotermica, oggi Ecotermica Servizi spa, è nata nel 1994 . Ero di ritorno dal Venezuela dove ho avuto un'esperienza nella costruzione di una segheria industriale. Per poter esportare il legname in Europa bisognava essiccarlo e la centrale che alimentava l'essicatoio era alimentata dagli scarti della segheria. Mi son detto, ma se funziona a fini industriali può funzionare anche a fini civili. Di qui l'idea (che nel frattempo iniziava ad essere realizzata in Alto Adige) di produrre energia termica per i comuni, con caldaie che bruciassero scarti di segherie situate nelle vicinanze del progetto. Dapprima piccole caldaie a legna e poi, nel 2000, il primo progetto di teleriscaldamento alimentato a biomasse a Verzuolo. Affinché le cose funzionino è necessario garantire un bilancio ambientale positivo. Il combustibile biomassa ha un basso potere calorifico e quindi va reperito nelle vicinanze della centrale.. Dopo la realizzazione di 3 impianti di teleriscaldamento a biomasse (Verzuolo,Castellamonte e Leinì) siamo passati alla cogenerazione a gas (efficienza energetica) anche causa la carenza di biomasse reperibili localmente. Le centrali cogenerative a gas che abbiamo progettato e poi o costruito direttamente o cedute a terzi e che oggi alimentano impianti di teleriscaldamento sono state : Saluzzo, Savigliano, Chieri, Costigliole Saluzzo , Banchette ed Ivrea. Tutte in Piemonte per un’ investimento di circa 100 M di euro quasi totalmente realizzate da imprese locali.

Potrebbe spiegarmi meglio cos'è il teleriscaldamento? E’ vero che è stato il primo in Italia?

Verzuolo è stato il primo in Piemonte , ma in Italia credo che il primo impianto sia stato il teleriscaldamento di Dobbiaco (Alto Adige). Il teleriscaldamento è come un acquedotto che trasporta acqua calda. La centrale viene costruita in un’area comunale ritenuta idonea naturalmente in accordo con l'Amministrazione Comunale . Affinché il progetto abbia una valenza sotto il profilo del bilancio ambientale , la potenza della centrale a biomassa DEVE ESSERE la somma della potenza delle caldaie (dei vari condomini) che potranno essere allacciate e quindi sostituite . Teleriscaldamento vuol dire portare nei tubi (l'acquedotto caldo) l'energia termica prodotta a distanza dalla centrale. I tubi entrano nel condominio, baypassano la caldaia esistente, che viene mantenuta inattiva e non viene smantellata al fine di una eventuale emergenza. Da quel momento il condominio si scalda con l'energia termica (acqua calda) prodotta dalla centrale a biomassa.

Come ovviate ai problemi di dispersione termica e a quanta distanza può arrivare un impianto di teleriscaldamento?

Bella domanda, la dispersione energetica è il punto debole del teleriscaldamento. Ci sarà sempre una dispersione termica ; non è possibile evitala completamente, ma può essere contenuta utilizzando speciali tubazioni preisolate ed interrando le tubazioni a circa 1.5 metri. In questo caso perdiamo circa 1-2 gradi su una distanza di 10 KM. Attenzione anche se è vero che 1-2 gradi sembrano pochi, moltiplicati per i litri di acqua che trasportiamo, alla fine, su base annua, si disperde mediamente circa il 10% dell'energia prodotta. Tecnicamente quindi non ci sono problemi dovuti alla distanza ma ne esistono molti sotto l’aspetto di poter realizzare un progetto energeticamente migliorativo. Non tutti i progetti possono essere realizzati con successo. Dipende dalla cittadina ospite, dai gradi giorno della zona, da quanti e che tipo di utenze si possono allacciare, dalla distanza che le tubazioni percorrono, dalla tecnologia adottata etc .La generazione a distanza deve essere il più possibile distribuita localmente. Smarcate le variabili di cui ho accennato prima, personalmente, propendo per la realizzazione di piccole centrali che alimentano piccole cittadine o quartieri di grandi città. Il piccolo teleriscaldamento ha innumerevoli vantaggi ambientali : se fatta con tutti i crismi, una centrale di piccole dimensioni inquina meno di un insieme di caldaie condominiali. Le caldaie che il teleriscaldamento sostituisce molto spesso risultano essere mal mantenute, vecchie ed insicure. Vi sono vantaggi economici dovuti all’economia di scala. Dal punto di vista ambientale, una centrale di teleriscaldamento deve essere autorizzata dai competenti enti provinciali e i valori di emissioni autorizzati sono bassissimi. Sempre grazie all'economia di scala la centrale può permettersi apparecchiature per catturare sia il particolato i che gli inquinanti emessi con i fumi. Inoltre un impianto di questo tipo può essere dall’A.R.P.A. (l’Agenzia Regionale per l’Ambiente) monitorato in continuo da punto remoto, tipo internet e in qualsiasi momento, quindi ,verificare che i dati di emissione rispettino le prescrizioni autorizzative . Tutte cose che una caldaia condominiale non può permettersi. infine se fatto nel rispetto di tutti i parametri , energetici ed economici, il teleriscaldamento è in grado di garantire sia l’allacciamento gratuito che una diminuzione dei costi in bolletta all’utente garantendo quindi vantaggi economici sia alla società che lo realizza che per i cittadini che si allacciano. Per farti un esempio, i nostri progetti sono stati tutti interamente finanziati dalla nostra società o dalle società che le hanno realizzate e dalle banche e, sino ad oggi, abbiamo sempre allacciato gratuitamente tutte le utenze che in più, hanno avuto una riduzione del costo in bolletta di circa il 10/15 %.Molte di queste utenze sono oggi riscaldate con un combustibile rinnovabile, prodotto localmente che ha totalmente sostituito un combustibile di origine fossile importato.

Cosa ne pensa dell’utilizzo dell’energia nucleare e del suo utilizzo in Italia come energia alternativa, lo può essere?

Penso che sia un controsenso perché non è una soluzione ne’ sotto il profilo energetico ne’ sotto l'aspetto economico...naturalmente poi è anche potenzialmente molto pericolosa … ma andiamo per ordine.

Va bene spiegami più nel dettaglio e per ordine.

L’energia nucleare non risolve il nostro problema energetico. In Italia, il problema energetico è di dipendenza estera per l’approvvigionamento del combustibile fossile , non abbiamo ne petrolio ne gas e dobbiamo importarlo. L’energia nucleare viene prodotta utilizzando l’uranio come combustibile. In italia l’uranio non esiste quindi, l’energia nucleare non solo non ci svincola da una dipendenza estera , ma addirittura la appesantisce in quanto, l’uranio, deve anche essere arricchito e non abbiamo la tecnologia per farlo. Oggi dipendiamo da gas e petrolio. Domani dovremmo dipendere da uranio e da chi sa arricchirlo. Inoltre, il prezzo dell'uranio sul mercato mondiale ha subìto una forte impennata, passando dai 7 $/lb del 2001 al picco di 135 $/lb del 2007. Nel 2001 il prezzo del dell'uranio incideva per circa il 5-7% sul totale dei costi riguardanti la generazione energetica da fonte nucleare. Secondo dati della WNA, a gennaio 2010, con uranio a 115$/kg, incide già per circa il 40% . Non è più conveniente. Viene anche detto che il nucleare serve all’Italia in quanto è necessario aumentare la capacità di produzione di energia elettrica. Non è vero, i consumi stanno scendendo causa la crisi e fortunatamente anche grazie a politiche mirate all’efficienza e al risparmio energetico. Dal punto di vista della capacità produttiva l’Italia è autonoma anche rispetto alle previsioni che il Gestore del Mercato Elettrico ha fatto in proiezione per l’anno 2020. Se proprio si vuole intervenire sulla capacità produttiva allora è più conveniente aumentare le fonti energetiche alternative e rinnovabili e proseguire sulla conversione delle grandi centrali in impianti a gas e con tecnologie che, a ciclo combinato, oggi possono raggiungere un’efficienza di circa il 60 %. Le soluzioni per il problema energetico ? Utilizzo di combustibili fossili meno inquinanti, riqualificazione delle centrali energetiche esistenti per aumentarne l’efficienza (oggi l’efficienza media del parco termoelettrico è pari a circa 40%) , promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili ma soprattutto, promuovere lo sviluppo di tecnologie mirate al risparmio energetico. Ad esempio la tecnologia con lampade a led consuma circa 1/10 delle vecchie lampade ad incandescenza. Queste a mio parere sono le soluzioni e non, dover realizzare centrali nucleari che oltretutto non si possono spegnere e che necessiteranno per contro di aumentare i consumi elettrici come ad esempio fa la Francia che di giorno non soddisfa il proprio fabbisogno energetico e di notte non sa che farne.

Ma si dice che l’energia Nucleare è più economica ed aiuterà le imprese ad avere energia ad un costo più basso, è vero ?

Non è vero. L’energia nucleare non conviene neanche dal punto di vista economico. L’energia prodotta da fonte nucleare già oggi costa di più di una altro sistema con cui possiamo produrre energia, Non a caso gli USA, lo hanno abbandonato. L'uranio a basso costo non esiste più e il piano economico non sta in piedi. Nessuna compagnia privata oggi investe sul nucleare. Non conviene a meno che i maggiori costi siano pagati dallo Stato. Ma allora, per assurdo, lo Stato farebbe meglio a destinare le risorse del nucleare ad abbassare il valore delle tasse energetiche che costituiscono in gran parte la tariffa che va a pagare l’utente finale. In parole povere, è già oggi più costosa e lo sarà ancor di più in futuro. Il costo del kWh prodotto con fonte nucleare è oggi già più caro del costo necessario a produrre energia con le fonti alternative . Naturalmente nel costo dell’energia devono essere considerati in modo corretto tutti i costi : quelli di capitale, interessi passivi, esercizio, manutenzione, combustibile, trattamento rifiuti e il futuro decommissioning della centrale. Una centrale nucleare ha una vita media di circa 50/60 anni. Per costruirla si impiegano circa 10 anni , lavorerà circa 50 anni e poi si impiegheranno circa 150 anni per smantellarla e “metterla in sicurezza “ non le pare un controsenso ? Ho virgolettato il metterla in sicurezza perché è un recente studio del M.I.T. a dirlo : ad oggi nessuno sa ancora come poterlo fare. Le scorie ad alta radioattività durano sino a 500.000 anni ! ovunque saranno stoccate prima o poi il cemento si sgretolerà, l’acciaio si corroderà e le montagne potranno franare. In conclusione , 50 anni di energia nucleare ad un costo maggiore e 500.000 anni di problemi alle generazioni attuali e a quelle future, ecco perché è un controsenso.A conferma di quanto dico il 25 maggio 2010, J. Wayne Leonard, amministratore delegato di Entergy Corp. la seconda compagnia americana di impianti atomici, ha affermato: “Nonostante le licenze per costruire 2 nuovi reattori abbiamo per il momento abbandonato i progetti, i numeri non tornano . Se diamo un costo appropriato ai rischi siamo semplicemente fuori mercato (“When we price the risk appropriately … the numbers just don’t work”) perlomeno finché il costo dell’energia che vendiamo da una parte e del carbone dall’altra non raddoppieranno. (While a few U.S. companies are moving ahead to develop new reactors, Leonard said that to make the economics of nuclear work for Energy, he would need to see "double-digit natural gas prices and carbon blow-out prices" starting at $25 per ton and escalating toward $50.)

Quindi pare dicano delle vere e proprie menzogne, inoltre bisogna aggiungere il fatto che l’Italia sia un paese ad alta densità di popolazione e che sia in gran parte sismica, e questi due fattori aumentano considerevolmente i rischi. In sintesi possiamo dire non è detto che una tecnologia se innovativa sia utile, se è così rischiosa e costosa, qualche volta tornare indietro è la cosa più intelligente da fare?A volte si , sempre che indietro non significhi dire ritornare al nucleare che peraltro ricordo essere stato oggetto di una chiara espressione referendaria da parte dei cittadini. Nessuno può garantirci che le centrali siano sicure al 100%, difatti ,nessuna compagnia assicurativa al mondo, stipula polizze per le centrali nucleari. Gli Stati sono obbligati a creare ingenti fondi a riserva per eventuali disastri ambientali , per la messa in sicurezza ed il futuro decommisioning delle centrali,che durano sino a 3 volte la vita utile dell'impianto! La comunità Europea ha di recente aumentato le richieste di garanzia e da quanto mi risulta, molti paesi tra cui l’Italia, non hanno destinato fondi sufficienti.

Potrebbe farmi un esempio più chiaro, perché viene richiesto di aumentare i fondi a garanzia della salute pubblica ? Un recente studio epidemiologico fatto a Vercelli (in zona è presente l’impianto nucleare di Trino) richiede approfondimenti e l´istituzione di un registro per capire la reale portata delle anomalie riscontrate. Tra le donne l´insorgenza di leucemie è due volte rispetto al resto del Piemonte. Raddoppiata la mortalità per il cancro al sistema nervoso . Il disastro di Chernobyl continuerà a produrre effetti in futuro anche se non conosceremo mai la portata complessiva dei danni arrecati alle persone e all'ambiente l’ A.R.P.A Piemonte lo evidenzia in uno studio del 2003. La Comunità Europea sta rivedendo al rialzo le garanzie da richiedere agli stati che intendono dotarsi di nucleare, proprio perché è in linea con le tendenze delle macroeconomie attuali. A vent'anni dall'esplosione del reattore nucleare n. 4 della centrale nucleare di Chernobyl, l'opinione pubblica è ancora sorprendentemente ignara delle drammatiche conseguenze del disastro: l'Organizzazione mondiale della sanità, (OMS)m ha calcolato che Chernobyl ha prodotto un livello di radioattività 200 volte superiore a quello dell'effetto combinato delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki; circa 350.000 persone sono state evacuate dalle zone più contaminate; tuttavia, nelle aree in cui è stato decretato l'obbligo di evacuazione continuano a vivere 9.500 cittadini; circa 7 milioni di persone hanno diritto a speciali indennità , pensioni e prestazioni sanitarie poiché rientrano nella categoria degli individui colpiti dal disastro di Chernobyl. Si stima che il danno economico complessivo subito dalla sola Ucraina supererà i 165 miliardi di euro entro il 2015, e fino al 2005 sono stati diagnosticati circa 4.000 casi di carcinoma alla tiroide in Bielorussia, Ucraina, e Russia tra coloro che all'epoca dell'incidente avevano meno di 18 anni; le stime ufficiali prevedono che vi saranno 9.000 casi di tumori incurabili; secondo i calcoli di scienziati indipendenti, il cancro causato dal disastro di Chernobyl causerà fra 30.000 e 60.000 vittime. Il numero di persone colpite da invalidità permanente a seguito dell'incidente nucleare, figli compresi, è passato da 200 nel 1991 a 64.500 nel 1997 e ha superato la soglia delle 91.000 unità nel 2001. Nel Regno Unito, ad oltre 2 500 km di distanza dal luogo del disastro, 374 allevamenti ovini con 200.000 pecore sono ancora soggetti a restrizioni a causa della contaminazione prodotta dall'incidente nel reattore ucraino; i campi contaminati nel Regno Unito si estendono su una superficie di oltre 750 km.; in alcune regioni di Germania, Austria, Italia, Svezia, Finlandia, Lituania e Polonia si registra ancora un livello di contaminazione da cesio 137 pari a diverse migliaia di becquerel per chilogrammo nella selvaggina,compresi cinghiali e cervi, nei funghi selvatici, nelle bacche e nei pesci ittiofagi di lago. La Commissione Europea non prevede un miglioramento della situazione nel prossimo futuro ed afferma pertanto che le restrizioni su determinati alimenti provenienti da taluni Stati membri dovranno essere mantenute ancora per molti anni.Oggi la tecnologia che produce energia da fonte nucleare è INUTILE e POTENZIALMENTE MOLTO PERICOLOSA.

Giulia Salfi

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