mercoledì 10 agosto 2011

La svalutazione del dollaro e delle principali monete del mondo rispetto all'oro


Attilio Folliero Аттилио Фолльеро
Cecilia Laya

attiliofolliero.


La scorsa settimana gli USA, per la prima volta nella loro storia, hanno perso la tripla AAA nel rating che qualifica il debito pubblico. E’ molto probabile che ciò determinerà una ulteriore svalutazione del dollaro nei confronti dell’oro. Per comprare una oncia di oro, alla fine di luglio erano necessari 1.628,5 dollari; è probabile che già domani l’oro possa arrivare a 1.700, lanciandosi definitivamente verso i 2.000 dollari.

Ovviamente, rispetto all’oro non si sta svalutando solamente il dollaro, ma tutte le monete, sia pure con percentuali differenti. E’ probabile che a partire da domani, alla riapertura dei mercati, il dollaro possa svalutarsi non solo nei confronti dell’oro, ma anche nei confronti delle altre monete.
Di quanto si è svalutato il dollaro? Il dollaro negli ultimi dieci anni si è fortemente svalutato rispetto all’oro. Alla fine del 2000 per comprare una oncia d’oro erano necessari 274,5 dollari, alla fine di luglio occorrevano - come visto – 1.628,5; ossia, con 100.000 dollari alla fine del 2000 era possibile acquistare 364,36 oncie d’oro; con la stessa quantità di dollari alla fine di luglio del 2011 si acquistavano solamente 61,41 oncie; una svalutazione dell’83,15%.

Nel corso dell’ultimo anno, dalla fine di luglio del 2010 alla fine di luglio del 2011 il dollaro ha perso il 28,2%; infatti un anno fa con 100.000 dollari si acquistavano 85,53 oncie contro le 61,41 di oggi; dall’inizio dell’anno si sta svalutando del 13,69%, dato che alla fine del 2010 con i 100.000 dollari dell’esempio si acquistavano ancora 71,15, circa dieci oncie in più rispetto alla fine di luglio.

Come detto, il dollaro non è l’unica moneta che si sta svalutando; al fine di analizzare la svalutazione del dollaro rispetto alle altre, consideriamo 19 tra le principali monete del mondo, di ogni continente: oltre al dollaro USA, il dollaro canadese per l’America; l’Euro, il franco svizzero, la sterlina inglese, la lira turca ed il rublo russo per l’Europa; lo yen giapponese, il renmimbi yuan cinese, il won coreano, la rupia indiana, la rupia indonesiana, il baht tailandese ed il dong vietnamita per l’Asia; il dirham degli Emirati Arabi ed il Riyal dell’Arabia Saudita per il Medio Oriente; il dollaro australiano per l’oceania; la sterlina egiziana ed il rand sudafricano per l’Africa. Nel sito è possibile consultare i prezzi dell’oro nelle differenti monete, dal 1973 ad oggi.

Consederando quante oncie di oro si potevano acquistare con 100.000 unità di ogni moneta alla fine del 2000, alla fine di luglio 2010, alla fine del 2010 ed alla fine di luglio del 2011 possiamo calcorare per ogni moneta la svalutazione intervenuta negli ultimi dieci anni, nell’ultimo anno e dall’inizio del 2011.

Nella seguente Tabella riportiamo la quantità di oncie d’oro acquistabili con 100.000 unità di ognuna delle 19 monete studiate, alla fine del 2000, alla fine di luglio del 2010, alla fine del 2010 ed alla fine di luglio del 2011. Con questi dati è possibile calcolare, per ogni moneta, la svalutazione intervenuta tra la fine del 2000 e la fine di luglio del 2011, negli ultimi dodici mesi (luglio 2010/luglio 2011) e nel corso del 2011 (fine 2010/fine luglio 2011).

Dalla tabella risulta evidente che tutte le monete hanno subito una forte svalutazione rispetto all’oro, negli ultimi dieci anni e mezzo; il franco svizzero è la moneta che si è svalutata di meno: solamente (si fa per dire) del 65,3%, dato che alla fine del 2000 con 100.000 franchi svizzeri si acquistavano 224,8 oncie d’oro, mentre oggi con la stessa quantità si acquistano 77,9 oncie; il franco svizzero è seguito dal dollaro australiano (-66,6%), dal dollaro canadese (-73,4%), dall’Euro (-74,2%), quindi da tutte le altre. Il dollaro USA - come visto - si è svalutato dell’83,1%; peggio hanno fatto solamente il dong vietnamita (-88,0%), la sterlina egiziana (-89,0%) e la lira turca, svalutatasi del 93,2%.

Negli ultimi dodici mesi (luglio 2010/luglio 2011), il franco svizzero rimane la moneta meno svalutata: solamente 4,7%, seguita dal dollaro australiano (-12,9%); l’euro negli ultimi dodici mesi si è svalutato del 20,8%, il dollaro USA del 28,2%; anche in questo caso solo poche monete si sono svalutate più del dollaro, tra le quali la lira turca svalutatasi del 35,5%.

Nel corso dei primi sette mesi dell’ultimo anno, il franco svizzero si è rivalutato del 2,0% rispetto all’oro; il franco svizzero è l’unica moneta che non solo tiene, ma acquista valore rispetto all’oro; tutte le altre perdono: l’Euro del 7,5%, il dollaro USA del 13,6% e la lira turca del 20,8%, come sempre peggior moneta, tra quelle prese in considerazione.

Questo, dunque il quadro della valutazione delle monete rispetto all’oro, alla vigilia del fantomatico accordo (2 agosto 2011) che ha evitato all’ultimo momento il default degli USA, accordo che comuqnue non ha impedito agli USA di vedersi ribassata la propia qualificazione del debito, dalla triple A ad AA+.

La svalutazione del debito USA sicuramente determinerà modifiche nel valore delle monete rispetto all’oro e soprattutto del dollaro rispetto alle altre monete; ossia è prevedibile che il dollaro perda valore sia rispetto all’oro che rispetto alle altre monete. In sostanza continua e si accentua la svalutazione di quella che fu la moneta di riferimento per i commerci mondiali dalla fine della seconda guerra mondiale.

Quantità di oro (oncie) acquistabili con 100.000 unità di ogni moneta a fine 2000, a fine luglio 2010, a fine 2010 ed a fine luglio 2011 e le rispettive variazioni percentuali

N
Moneta
31/12/2000
30/07/2010
31/12/2010
29/07/2011
Var % 2000/2011
Var % ultimi 12 mesi
Var % Anno 2011
1
Swiss franc
224,847
81,762
76,33
77,907
-65,35%
-4,7%
2,06%
2
Australian dollar
202,478
77,438
72,93
67,452
-66,69%
-12,9%
-7,51%
3
Canadian dollar
242,587
83,056
71,60
64,357
-73,47%
-22,5%
-10,12%
4
Euro
342,103
111,446
95,45
88,241
-74,21%
-20,8%
-7,55%
5
Japanese yen
3,191
0,987
0,88
0,796
-75,07%
-19,4%
-9,32%
6
Thai baht
8,399
2,650
2,36
2,059
-75,49%
-22,3%
-12,77%
7
Chinese renmimbi
44,019
12,626
10,80
9,540
-78,33%
-24,4%
-11,64%
8
Korean won
0,288
0,072
0,06
0,058
-79,78%
-19,4%
-7,10%
9
Indonesian rupiah
0,038
0,010
0,01
0,007
-80,82%
-24,5%
-8,54%
10
South African rand
48,133
11,712
10,75
9,151
-80,99%
-21,9%
-14,91%
11
Pound sterling
544,288
133,969
111,39
100,798
-81,48%
-24,8%
-9,51%
12
Indian rupee
7,806
1,843
1,59
1,390
-82,20%
-24,6%
-12,67%
13
Russian ruble
12,716
2,823
2,33
2,254
-82,27%
-20,1%
-3,28%
14
Saudi riyal
97,151
22,811
18,97
16,374
-83,15%
-28,2%
-13,69%
15
UAE dirham
99,201
23,290
19,37
16,719
-83,15%
-28,2%
-13,69%
16
US dollar
364,365
85,543
71,15
61,406
-83,15%
-28,2%
-13,69%
17
Vietnamese dong
0,025
0,004
0,00
0,003
-88,01%
-32,9%
-17,49%
18
Egyptian pound
93,667
15,005
12,26
10,307
-89,00%
-31,3%
-15,91%
19
Turkish lira
543,585
56,783
46,23
36,615
-93,26%
-35,5%
-20,80%

martedì 9 agosto 2011

Ghjurnate Internaziunale di Corti 2011


Cunferenza di Stampa "SULIDARITA CAMPERA" -... di Corsica_Libera

Siamo al trentesimo anno della manifestazione internazionale di Corti, una manifestazione che conta, nel tempo, di centinaia di delegazioni di natzioni senza stato.

Quest'anno si è svolta, come al solito, una bella manifestazione fiornate molto luminose e soleggiate , aria fresca e frizzante di montagna, tante le delegazioni intervenute (sardi, irlandesi, catalani, baschi, kanak..) tra cui per la prima volta anche la delegazione di Tahitiana.

Corsica Libera si candida ad entrare nella AEL (Associazione Europa Libera), il PSdAz (partidu sardu) per bocca del segretario natzionale Giovanni Colli si fa garante per la partecipazione dei fratelli Corsi all'associazione democratica AEL.

Questa adesione , comporta un cambio di rotta e di strategie politiche nella pratica quotidiana per la libertà de la Corsica; è un grande dibattito che si sta svolgendo da mesi nei movimenti corsi e anche ne la FLNC.

Ogni natzione senza stato si batte affinchè vengano riconosciuti i diritti dei loro popoli di potersi autodeterminare e gestire per conto e volontà loro; se democratzia deve essere, di questa realtà si deve tenere conto, altrimenti non si parli a sproposito quando si condannano i governi totalitari presenti nel mondo; se poi non si da la giusta e dignitosa libetà alle situazioni della natzioni senza stato interne dentro al blocco "di stati democratici".

Le Ghjurnate Internaziunale di Corti , significano questo: intendono rivendicare che a ogni soggetto natzionale venga riconosciuta la libertà di costituirsi democraticamente stato per darsi strutture statuali proprie riconosciute da le Natzioni Unite, affinchè il loro esistere possa esprimersi e camminare con una propria legge costituzionale di stato libero con pari dignità a tutti gli altri esistenti in terra e decidere finalmente come tutti gli altri da se la propria storia in piena libertà, rispettando i diritti individuali e di libera espressione.
SOVRANI IN CASA NOSTRA!


CORSICA - GHIURNATE INTERNAZIUNALE 2011 - INDIPENDENTISTI E AUTONOMISTI UNITI PER LA PRISE DE PUVUOIR NEL 2014

pubblicata da Bustianu Cumpostu il giorno martedì 9 agosto 2011 alle ore 23.23

I sardi, Bustianu Cumpostu di SNI, Gavino Sale di IRS, Giovanni Colli del PSd’Az insieme ai baschi di Batasuna e Askatasuna, ai catalani di S.I. Catalunia, ai Kanaki di USTKE, agli irlandesi del Sinn Féin e ai Polenisiani del partito Tavini-Tahiti sono stati graditi ospiti internazionali al trentennale de le Ghjurnate Internaziunale di Corti 5-6-7 agosto 2011.

Giornate molto importanti per l’alto livello del dibattito, nel quale è intervenuta anche la consigliere regionale indipendentista Claudia Zuncheddu, e per gli obiettivi che i corsi si propongono di conseguire nel loro agire politico e specialmente in occasione delle elezioni regionali del 2014.

Presa del potere regionale nel 2014 – Indipendentisti e autonomisti, nel dibattito su “solution politique et alternative nazionaliste” hanno condiviso il progetto di presentarsi uniti alle elezioni regionali del 2014 e puntare al governo della Corsica. I buoni risultati conseguiti nelle precedenti tornate elettorali hanno convinto Jean-Guy Talamoni a farsi promotore dell’ambito progetto, secondo il quale “ la coesione d’insieme non nuoce affatto alla necessaria pluralità della famiglia nazionalista” e puo puntare alla “ prise de povuoir en 2014” perché “ mai come oggi il nostro popolo è stato altrettanto minacciato , ma mai come oggi la sua presa di coscienza è stata così elevata”.

Legge sulla residenza – In seguito ad un referendum autogestito, effettuato nel comune di Sisco, dove il 74% ha votato si alla proposta di concedere la residenza in Corsica solo dopo 10 anni di domiciliazione effettiva e alla presa d’atto del fatto da parte del Consiglio Regionale corso, i nazionalisti si propongono di ripetere il referendum in tutta l’isola.

Soluzione politica globale per i prigionieri politici – J.G. Talamoni ha chiesto che ai prigionieri politici corsi venga riconosciuto lo stesso stato di “partigiani” della resistenza francese contro l’invasore tedesco e non di “terroristi” , creando i presupposti per una soluzione politica del problema.

Ufficializzazione della lingua corsa – Facendo leva sull’approvazione della mozione presentata dagli indipendentisti di Corsica Libera, in merito all’ufficializzazione della lingua corsa, ci si propone dI trasformare la mozione in legge e creare i presupposti didattici e pedagogici.

Grande ammirazione, gli indipendentisti corsi, hanno manifestato per i risultati eccezionali conseguiti dalla nazione sarda nel referendum contro il nucleare e concordando pienamente con Bustianu Cumpostu, che aveva citato l’evento nel suo intervento, hanno riconosciuto al referendum la valenza indipendentista per aver chiamato il popolo sardo a riaffermare la sovranità su proprio territorio nazionale.

IL COORDINATORE NAZIONALE SNI

Bustianu Cumpostu


martedì 2 agosto 2011

IL SEME SOTTO LA NEVE

di Francesco Codello
libertaria



Un anarchico pragmatico, questa era la definizione ricorrente di Colin Ward
morto l’11 febbraio.Inglese,nato nel 1924, architetto, insegnante, giornalista
e scrittore ha pubblicato oltre trenta libri di argomento politico, urbanistico
e pedagogico.Ward è una figura di primo piano dell’anarchismo.I suoi libri
pubblicati in italiano: Anarchia come organizzazione (1996), Dopo
l’automobile (1992), Acqua e comunità (2003),L’anarchia. Un approccio
essenziale (2008), Conversazioni con Colin Ward (a cura di David Goodway,
2003) tutti pubblicati da Elèuthera. E La città dei ricchi e la città dei poveri
(1998), Il bambino e la città (2000).Mentre il Bollettino dell’Archivio
G. Pinelli (supplemento al n.30) ha pubblicato L’anarchismo pragmatico
di Colin Ward. Qui ne tratteggia la figura e il pensiero Francesco Codello,
dirigente scolastico a Treviso, autore di Educazione e anarchismo (1995),
La buona educazione (2005),Vaso, creta o fiore? (2005), Né obbedire
né comandare (2009) e Gli anarchismi (2009)


«Come si reagirebbe alla scoperta che la società in cui si vorrebbe realmente vivere c’è già (…), se non si tiene conto, ovviamente, di qualche piccolo guaio come sfruttamento, guerra, dittatura e
gente che muore di fame? Questo libro vuol proprio dimostrare che una società anarchica,
una società che si organizza senza autorità, esiste da sempre, come un seme sotto la neve, sepolta sotto il peso dello stato e della burocrazia, del capitalismo e dei suoi sprechi, del privilegio e delle ingiustizie, del nazionalismo e delle sue lealtà suicide, delle religioni e delle loro superstizioni e separazioni» [1].

In questa citazione è compendiata tutta la ricerca a cui Colin Ward [2] ha dedicato la vita di
attento indagatore della società con l’intento di dimostrare che l’anarchia non è una visione,
basata su congetture, di una società futura, quanto piuttosto un modo del tutto umano di
organizzarsi, ben radicato da sempre nella concreta esperienza della vita quotidiana, che funziona a fianco delle tendenze spiccatamente autoritarie della nostra società e nonostante
quelle.

La domanda che fin dal 1961 Ward si pone è se, come anarchici, si è sufficientemente rispettabili (Anarchism and Respectability, 1961), vale a dire se la qualità delle idee e proposte libertarie
sono meritevoli di rispetto, in quanto suggeriscono concrete soluzioni libertarie ai problemi
del vivere sociale, da preferirsi a quelle autoritarie.
Uno degli aspetti più interessanti e nuovi (nel panorama anarchico) è costituito dal fatto che
tra gli oltre venti libri da lui scritti (senza contare l’enorme numero di articoli pubblicati in
una varietà di periodici non solo libertari), solo due sono esplicitamente riferiti all’anarchia,
mentre tutte le sue ricerche sono indirizzate a un’ampia gamma di problematiche sociali
(educazione, urbanistica, politica, architettura, costumi e comportamenti sociali, economia...)
utilizzando sempre fonti e studi, oltre che esperienze, di provenienza e orientamento culturali
vari.

Ward scriveva infatti già nel 1958: A mio modo di vedere la caratteristica più saliente del «libro che non c’è» sul movimento anarchico del ventesimo secolo non dovrebbe tanto essere il superamento delle concezioni proprie ai pensatori classici dell’anarchismo, Godwin, Proudhon, Bakunin, Kropotkin, ma la rielaborazione che ne è stata fatta, la loro estensione ad ambiti più vasti. Si è trattato di un processo selettivo che ha respinto il perfezionismo, la fantasticheria utopistica, il romanticismo cospirativo, l’ottimismo rivoluzionario, prendendo dai classici dell’anarchismo le idee più valide, non quelle più discutibili… E vi ha infine inglobato l’apporto concreto offerto dalle scienze sociali del nostro secolo, in particolare dalla psicologia e dall’antropologia, oltre che dall’evoluzione tecnica [3].

Le influenze culturali anarchiche e libertarie
Per sua stessa ammissione Colin Ward dichiara che questo quesito e questa idea dell’anarchia
non è nuova nel panorama dei pensatori e nella storia dei movimenti libertari, ma è stata sicu-
ramente poco ripresa e non sviluppata, al di fuori di qualche intuizione peraltro minoritaria. Si può quindi sostenere che essa rappresenta un’idea sostanzialmente originale e diviene una sfida nuova con cui misurarsi.

Lo stesso Ward individua in alcuni autori i suoi punti di riferimento principali, senza tralasciare gran parte della tradizione storica dell’anarchismo stesso, ma cercando di privilegiarne quegli elementi non obsoleti o chiaramente insoddisfacenti.
Le principali influenze culturali (non le uniche ovviamente) verso le quali si sente debitore, ce
le ricorda egli stesso, e sono quelle di William Godwin e Mary Wollstonecraft per l’educazione, Alexander Herzen per la politica, Pëtr Kropotkin per l’economia, Martin Buber per la sociologia, William Richard Lethaby e Walter Segal per l’architettura, Patrick Geddes e Paul Goodman per la pianificazione urbanistica [4].

Accanto a questi riferimenti, diciamo originari, egli assume e sviluppa molte altre indagini e ricerche, privilegiando quegli studi più originali e attuali in grado di portare dati e riscontri certi
alla sua tesi di fondo. Infatti nelle varie bibliografie che accompagnano i suoi scritti sono molto più citati autori e ricercatori che nulla hanno a che fare con l’anarchismo, ma che hanno indagato a fondo aspetti diversi di un problema, arrivando a conclusioni che possono
essere utilmente e facilmente portate a suffragio di una visione libertaria.

Il pensiero di Colin Ward arriva in Italia grazie soprattutto a pochi anarchici riuniti attorno al-
l’esperienza dei Gaf (Gruppi anarchici federati) e in particolare alla rinnovata gestione delle
Edizioni Antistato (curata da Amedeo Bertolo e Rossella di Leo) e alla rivista Volontà (diretta da
Luciano Lanza). Saranno proprio questi e pochi altri anarchici che accoglieranno con piacere la
sfida innovativa che l’anarchico inglese aveva lanciato fin dagli inizi degli anni Sessanta attra-
verso, soprattutto, le pagine di quella indimenticabile rivista che è stata Anarchy [5].

1. Colin Ward, Anarchy in Action, (1973) ora Anarchia come organizzazione, Elèuthera, Milano, varie edizioni, qui 2006.
2. Per una biografia intellettuale di Colin Ward vedi: David Goodway, Conversazioni con Colin Ward. Lo sguardo anarchico, Elèuthera, Milano, 2003; Stuart White, Un anarchismo rispettabile?, Bollettino Archivio Pinelli, n. 30, Milano, 2007; Francesco Codello, La lezione di Colin Ward, in A rivista anarchica, Milano, n. 2/2010; Id., Il seme sotto la neve. Intervista a Colin Ward, in Libertaria, Milano, n. 3/2001. David Goodway, Anarchist Seeds Beneath the Snow, Liverpool University Press, Liverpool, 2007, pp. 309-325.
Alla Colonia Berneri. Colin Ward nel 1952 in visita alla colonia marina fondata da Giovanna Caleffi, la vedova di Camillo Berneri, con Cesare Zaccaria a Piano di Sorrento nel 1951 nel nome della figlia MariaLuisa morta nel 1949. Un’esperienza che si chiude nel 1957
3. Colin Ward, The Unwritten Handbook, in Freedom, Londra, 28 giugno 1958.
4. Cfr.: Colin Ward, Influences. Voices of Creative Dissent, Green Books, Bideford, 1991.
5. Sulla esperienza di Ward (fondatore) alla rivista Anarchyvedi l’introduzione dello stesso al volume da lui curato, A Decade of Anarchy (1961-1970), Freedom Press,
Londra, 1987. Il volume contiene una scelta di articoli dalla rivista su vari argomenti di diversi autori.
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjG8QcWlmIOUm0ZNraETYFomNQoKmnAGisT2HcqQBFFor-n1Oov_AxeTIPmqsSkN5mblE8vkbzEIC8fc3q5IjRBklOlWdPvlLhkNyLQXlpOBRCpcDtz7egaPB7kZ5P43rMLKnYdRkuGc0/s660/untitled.bmp

Il tesoro delle corporation

de su espressu
espresso

I colossi americani del business hanno accumulato un milione e mezzo di miliardi di dollari di guadagni all'estero. Vogliono farli rientrare per rilanciare l'economia in cambio di uno sconto fiscale. Ma Obama nicchia. Perché teme che ci sia un trucco

LA PROPOSTA DELLE MULTINAZIONALI AMERICANE E' LA STESSA CHE HANNO OTTENUTO QUELLE ITALIANE DA TREMONTI: PAGARE IL 5% DEL CAPITALE ANZICHE' IL 35% PER FAR RIENTRARE I CAPITALI IN USA...


Il terreno fu sondato da una coppia d'eccezione: l'amministratore delegato di Cisco Systems John Chambers e il presidente di Oracle Safra Catz. I due decisero di uscire allo scoperto il 20 ottobre dell'anno scorso con un articolo a loro firma sul Wall Street Journal. Esordirono dicendo che era loro intenzione dare una mano a Barack Obama per far ripartire l'economia e accelerare la creazione di nuovi posti di lavoro.
Come? L'idea era semplicissima.

Leggete Chambers e Catz: "C'è un trilione (un milione di miliardi, ndr) di dollari che le società americane hanno guadagnato nelle loro operazioni all'estero e che potrebbe essere riportato negli Stati Uniti. Quel denaro, una volta rientrato, potrebbe essere investito per creare posti di lavoro nel Paese, per rinforzare il patrimonio delle aziende, per la ricerca e lo sviluppo, e in altro ancora". Beh, che cosa aspettano le multinazionali che hanno tutti questi soldi inutilizzati all'estero a portarli a casa per creare altra ricchezza e uscire ancora più velocemente da una stagione di crisi?

Siamo pronti, annunciarono Chambers e Catz. Ma...c'è sempre un ma in queste storie. Continuate a leggere l'op-ed pubblicato dal Wall Street Journal: "Per le società americane far ritornare a casa questi guadagni significa incorrere in una significativa sanzione: ovvero, pagare una tassa del 35 per cento. Questo vuol dire che le società americane possono, senza tante conseguenze, utilizzare i loro guadagni esteri per investire in qualsiasi Paese del mondo, eccetto che negli Stati Uniti". La legge degli Stati Uniti prevede che i profitti che le società americane fanno all'estero siano tassati solo nel momento in cui vengono portati a casa: fino a che stanno fuori il fisco non li può toccare.

Se quella dell'ottobre scorso fu l'apertura degli amministratori delegati e dei presidenti delle multinazionali made in Usa, mercoledì 15 giugno 2011 si è svolto a Washington un convegno dove una moltitudine di manager ha reso pubblica la proposta che, in via riservata, era stata presentata al presidente Obama e al Segretario al Tesoro Timothy Geithner sotto il nome di "Repatriation Holiday", la festa del rimpatrio. Noi portiamo a casa i soldi che adesso sono nelle casseforti delle nostre società estere diventando così i protagonisti di un nuovo stimolo all'economia e il governo ci regala un bello sconto fiscale. Quanto? Dal teorico 35 per cento, che è la aliquota prevista per la Corporation tax, al 5 per cento, 30 punti in meno, ovvero una montagna di denaro in più a disposizione delle multinazionali.

La Casa Bianca non ha risposto né sì né no. Obama ha detto: "Se ne parla solo quando l'intera materia fiscale sarà affrontata". Ovvero, scordatevi un regalo così grande fino a quando i repubblicani insistono per mantenere in vita gli sconti fiscali a coloro che guadagnano più di 250 mila dollari e rifiutano ogni accordo sui tagli di bilancio e sulla manovra fiscale che servono a porre il governo al riparo di un sicuro default se non si alza il tetto del deficit programmato. E dimenticate ogni Festa del Rimpatrio mentre milioni di americani non hanno lavoro o sono alle prese con seri problemi di bilancio familiare. Sulla scia di Obama si è messo il ministro Geithner.

Ma come, le aziende private offrono una sponda al governo dicendosi pronti a riportare i soldi fermi all'estero per iniettarli nel sistema economico interno e la Casa Bianca non afferra al volo l'occasione? Obama è affetto da cecità ideologica? Eppure si tratta di una montagna di dollari. Molti di più di quelli di cui avevano parlato nel loro articolo Chambers e Catz. All'estero, secondo i dati del Tesoro, ci sono un trilione e mezzo di dollari. Se si scorre un primo, parziale elenco delle società, è come fare l'appello del fior fiore dell'economia americana. La Pfizer e la Merck, giganti della farmaceutica hanno all'estero rispettivamente 48 e 40 miliardi di dollari, Johnson & Johnson 37, Citigroup 32, la Ibm 31, Procter & Gamble 30, PepsiCo 26,6, Hewlett-Packard 21,9, Coca-Cola 20,8, Google 17,5, Bristol-Myers Squibb 16,4, Oracle 13, DuPont 12,6, Apple e Dell 12,3 ciascuna, Intel 11,8, McDonald's 11, Morgan Stanley 5,1 miliardi di dollari.

Quando però l'enfasi della proposta, l'eccitazione della battaglia lobbystica e i fuochi d'artificio dell'elenco di miliardi di dollari in attesa di rientrare si posano come la sabbia dopo una tempesta di vento, le cose appaiono naturalmente un po' diverse. Basta guardare alla storia recente degli Stati Uniti. Senza andare troppo lontano nel tempo, ma fermandosi all'ottobre del 2004. Alla Casa Bianca c'era George W. Bush al quale le grandi corporation fecero la stessa proposta che hanno avanzato oggi a Obama. Condita sempre dalla previsione che il denaro avrebbe finito per creare nuovi posti di lavoro e sarebbe stato massicciamente investito in ricerca e sviluppo e in nuovi impianti. Bush e i suoi ministri, la stessa pattuglia che non ha mosso un dito contro le deviazioni della finanza che hanno portato l'America e il mondo al collasso economico del 2008, applaudirono e si adoperarono perché fosse varata una legge apposita per abbattere l'aliquota fiscale dal teorico 35 per cento all'effettivo 5,25 per cento (in realtà, tra deduzioni, semplificazioni, codicilli vari le società americane pagano una corporate tax che si aggira sul 27 per cento). Una volta approvato il super sconto fiscale, le cose andarono in modo molto differente.

Lo ha raccontato al New York Times Kristin J. Forbes, professoressa di economia alla Sloan School of Mangement del Mit e che ha guidato un gruppo di studio sugli effetti del Repatriation Holiday per conto del National Bureau of Economic Research. Premessa, la professoressa Forbes non è accusabile di partigianeria anti azienda e anti repubblicana, visto che è stata nel Council of Economic Advisers di W. Bush: "Per ogni dollaro riportato a casa, non è stato speso neanche un centesimo in nuovi impianti, ricerca e sviluppo, nuove assunzioni o aumenti di stipendio".

Dunque, una presa in giro in salsa patriottica, quella delle multinazionali. Continuando la lettura del rapporto della Forbes, si scopre che hanno utilizzato il denaro per riacquistare azioni proprie, per distribuire dividendi agli azionisti e per premiare i manager di vertice con bonus in contanti e stock option. C'è chi - è il caso della Merck - ha approfittato del rientro di capitale per ristrutturare l'azienda, licenziare migliaia di lavoratori e tacitare una class action miliardaria di clienti cui era stato venduto un farmaco che aveva creato più problemi che curato malattie.

Visto così, il niet di Obama assume un sapore diverso. Ma in questa storia c'è anche un personaggio che gioca due parti in commedia. E' Jeffrey Immelt, l'amministratore delegato della General Electric, la multinazionale delle multinazionali, la società che paga in assoluto meno tasse di tutti in America grazie a una costante e martellante azione di lobby che consente di ridurre i profitti interni ed esteri con mille cavilli fiscali. Immelt non è solo il numero uno della Ge: a gennaio è stato chiamato da Obama alla testa del Council for Jobs and Competitiveness. E allora ha provato a formulare una proposta intermedia: vuole il Repatriation Holiday, ma sostiene che il denaro che rientra andrebbe utilizzato per creare una grande banca privata specializzata in prestiti finalizzati alle infrastrutture del Paese. La proposta è caduta nel disinteresse generale delle grandi corporation e qualche amministratore delegato si è chiesto se Immelt fosse stato colpito da improvviso statalismo acuto.

Adesso tutto è fermo, l'opinione corrente è che fino alle prossime elezioni presidenziali (novembre 2012) non accadrà nulla. Ma chi ha cominciato questa battaglia non intende per nulla arrendersi. Anzi ha deciso di cominciare a fare sul serio pressione sull'amministrazione. La Cisco Systems ha annunciato il 21 luglio che è pronta a ridurre il personale di 6.500 unità, 4.500 licenziati il resto in pensione anticipata volontaria.

Quanti altri faranno come il ceo John T. Chambers per far cambiare opinione a Barack Obama?

http://www.zerohedge.com/sites/default/files/images/user5/imageroot/draghi/Cash%20vs%20UST.jpg

domenica 31 luglio 2011

Il nuovo antisemitismo



Uri Avnery אורי אבנרי

http://zope.gush-shalom.org
tradutzioni de Sa Defenza

Il ministro della propaganda nazista, il dottor Joseph Goebbels, chiama il suo capo, Adolf Hitler, dal telefono degli inferi.

"Mein Führer", esclama eccitato. "Notizie dal mondo. Sembra che eravamo sulla strada giusta, dopo tutto. ” L'antisemitismo sta conquistando l'Europa! "
"Bene!" Il Führer dice: "Sarà la fine dei Giudei!"

"Hmmm ... beh ... non esattamente, mein Führer. Sembra che abbiamo scelto i Semiti sbagliati. I nostri eredi, i nuovi nazisti, stanno per annientare gli arabi e tutti gli altri musulmani in Europa. "Poi, con una risatina:" Dopo tutto, ci sono molti più musulmani che ebrei da sterminare. "

"Ma per quanto riguarda gli ebrei?" insiste Hitler .
"Tu non ci crederai: i nuovi nazisti amano Israele, lo Stato ebraico - e Israele li ama!"


L'atrocità commessa questa settimana dal norvegese neo-nazista - è un caso isolato? Estremisti di destra in tutta Europa e negli Stati Uniti stanno già declamando all'unisono: "Egli (Breivik ndr) non appartiene a noi! Lui è solo un individuo solitario con una mente squilibrata! Ci sono pazzi ovunque! (dicono) ” Non si può condannare un intero campo politico per le azioni di una singola persona! "

Suona familiare. Dove abbiamo sentito, prima, parlare così?

Naturalmente, dopo l'assassinio di Yitzhak Rabin.

Non vi è alcun collegamento tra l'omicidio di massa di Oslo e l'assassinio di Tel Aviv. Oh c'è?


"Odio" montaggio immagine di Juan Kalvellido


Durante i mesi che hanno preceduto l'assassinio di Rabin, una campagna di odio crescente è stata orchestrata contro di lui. Quasi tutti i gruppi di destra israeliani erano in competizione tra loro per vedere chi lo demonizzava più efficacemente.

In una dimostrazione, una foto-montaggio di Rabin in uniforme di ufficiale SS era sfilata dentro. Sul balcone che si affaccia questa sulla dimostrazione, Binyamin Netanyahu potrebbe essere stato visto applaudire selvaggiamente, mentre una bara finta di "Rabin" è sfilata sotto. Gruppi religiosi hanno inscenato, una cerimonia cabalistica di stampo medievale in cui Rabin fu condannato a morte. Rabbini anziani hanno preso parte alla campagna. Nessuna voce di destra o religiosa è stata sollevata nell'ambito del macrabo avvertimento.

L'omicidio effettivo è stato infatti svolto da un singolo individuo, Yigal Amir, un ex colono , studente di una università religiosa. Si ritiene generalmente che prima dell'atto si sia consultato con almeno un anziano rabbino. Come Anders Behring Breivik, l'assassino di Oslo, ha progettato il suo gesto con attenzione, per un lungo periodo, e ha giustiziato a sangue freddo. Non aveva complici.

O ne ha avuti? Se non tutti, gli istigatori, chi sono suoi complici? Se non i responsabili demagoghi spudorati, come Netanyahu, che sperava di cavalcare il potere sull'onda dell'odio, paure e pregiudizi?

Come si è scoperto, i loro calcoli sono stati confermati. Meno di un anno dopo l'assassinio di Rabin, Netanyahu giunse al potere. Ora la destra è dirigente in Israele, diventando sempre più radicale, di anno in anno, e, ultimamente, sembra, di settimana in settimana. Vincitori fascisti ora giocano un ruolo di primo piano nella Knesset.

Tutto questo - il risultato di tre colpi sparati da un singolo fanatico, a seguito di parole di cinici demagoghi si sono mostrate mortalmente serie.

L'ultima proposta dei nostri fascisti, direttamente dalla bocca di Avigdor Lieberman, è quello di abrogare il coronamento di Rabin: gli accordi di Oslo. Quindi torniamo a Oslo.

Quando ho sentito la notizia circa l'oltraggio di Oslo, avevo paura che i responsabili potessero essere stati alcuni musulmani pazzi. Le ripercussioni sarebbero state terribili. Infatti, in pochi minuti, un gruppo musulmano stupido già vantava di aver effettuato questa impresa gloriosa. Fortunatamente, l'attuale assassino di massa si è arreso nella scena del crimine.

Lui è il prototipo di un nazista antisemita della nuova ondata. Il suo credo consiste nella supremazia bianca, fondamentalismo cristiano, l'odio per la democrazia e lo sciovinismo europeo, mescolato con un odio virulento dei musulmani.

Di questo credo ora spuntano propaggini in tutta Europa. Piccoli gruppi radicali dell'ultra-destra si stanno trasformando in dinamiche dei partiti politici, prendono posto nei parlamenti e diventano persino kingmakers qua e là. I paesi che sembravano sempre essere modelli di sanità mentale politico improvvisamente producono fascisti sobillatori del tipo più disgustoso, anche peggio del US Tea Party, un altro frutto di questo nuovo Zeitgeist. Avigdor Lieberman è il nostro contributo a questo illustre campionato del mondo (world-wide league) .

Una cosa che quasi tutti questi gruppi di ultra-destra europei e americani hanno in comune è la loro ammirazione per Israele. Nel suo manifesto politico di 1500 pagine , sul quale aveva lavorato per lungo tempo, l'assassino di Oslo ha dedicato un'intera sezione a questo. Ha proposto una alleanza della destra estrema europea e Israeliana. Per lui, Israele è un avamposto della civiltà occidentale nella lotta mortale con il barbaro Islam. (Questa reminiscenza ricorda un pò la promessa di Theodor Herzl (1) che il futuro Stato ebraico sarebbe stato un "avamposto della cultura occidentale contro la barbarie asiatica"?)

Parte dei professi filo-sionisti di questi gruppi islamofobici è, naturalmente, pura finzione, progettata per camuffare il loro carattere neo-nazista .Se amate gli ebrei, o lo Stato ebraico, non si può essere un fascista, giusto? Ci puoi scommettere che potete! Tuttavia, credo che la maggior parte di questa adorazione di Israele è del tutto sincero.
Israeliani di destra , che sono corteggiati da questi gruppi, sostengono che non è colpa loro che tutti questi mercanti di odio sono attratti da loro. Di fronte a esso, è certamente vero. Eppure non si può non chiedersi: perchè sono così attratto? Oppure, in che cosa consiste questa attrazione? Questo non giustifica un certo serio esame di coscienza?

Son venuto a conoscenza della gravità della situazione quando un amico ha attirato la mia attenzione su alcuni blog tedeschi anti-islamici .

Queste effusioni sono copie quasi identiche alle lettere delle diatribe di Joseph Goebbels . La stessa demagogia e slogan. La stessa base di accuse. La stessa demonizzazione. Con una piccola differenza: al posto degli ebrei, questa volta ci sono gli Arabi che stanno minando la civiltà occidentale, una seducente Cristianità, riporta a dominare il mondo. I Protocolli dei Savi di Mecca.

Il giorno dopo gli eventi di Oslo mi è capitato di guardare la TV Al Jazeera del network inglese, uno dei migliori al mondo, e ho visto un programma interessante. Per un'ora intera, il giornalista ha intervistato per strada gente italiana sui musulmani. Le risposte sono state scioccanti.

Le Moschee dovrebbero essere vietate. Sono luoghi dove i musulmani complottano per commettere crimini. In realtà, non hanno bisogno di moschee per tutti - hanno bisogno solo di un tappeto per pregare. I musulmani vengono in Italia per distruggere la cultura italiana. Sono parassiti, diffondono la droga, la criminalità e le malattie. Devono essere buttati fuori, fino all'ultimo uomo, donna e bambino. (ndr probabilmente interviste fatte al nord italia a leghisti)

Ho sempre considerato gli italiani alla mano, gente amabile. Anche durante l'Olocausto, si sono comportati meglio di molti altri popoli europei. Benito Mussolini è diventato un fanatico antisemita solo durante le ultime fasi, quando era diventato totalmente dipendente da Hitler.

Eppure eccoci qui, appena 66 anni dopo che i partigiani italiani hanno impiccato il corpo di Mussolini per i piedi in un luogo pubblico a Milano ( pzl Loreto) - e oggi una forma molto peggiore dell'antisemitismo è dilagante nelle strade italiane, come nella maggior parte [o "molti"? ] di altri paesi europei.

Naturalmente, vi è un problema reale. I musulmani non sono esenti da colpe per la situazione. Il loro comportamento li rende facili bersagli. Come gli ebrei nel loro tempo.

L'Europa è in un dilemma. Hanno bisogno di "stranieri" - e sono tutti musulmani - a lavorare per loro, a mantenere forte la loro economia, e, a pagare le pensioni dei loro anziani. Se tutti i musulmani fossero lasciati andar via domani mattina dall'Europa, il tessuto della società in Germania, Francia, Italia e molti altri paesi sarebbe un dramma, sociale ed economico.

Eppure molti europei sono sconcertati quando vedono questi "stranieri", con le loro strane lingue, manierismi e vestiti che affollano le strade, cambiando il carattere di molti quartieri, aperture di negozi, sposare le loro figlie, in competizione con loro in molti modi. Fa male. Come il ministro tedesco ha detto una volta: "Abbiamo portato qui lavoratori, e ho scoperto che avevamo portato degli esseri umani!"

Si può capire questi europei, fino ad un certo punto. L'immigrazione provoca problemi reali. La migrazione dal Sud povero al ricco Nord è un fenomeno del 21 ° secolo, a causa della disuguaglianza che soffrono le nazioni. Ha bisogno di un'altra politica europea sull'immigrazione, un dialogo con le minoranze e integrazione e multiculturalismo.
Non sarà facile.

Ma questa ondata di islamofobia va ben oltre. Come uno tsunami, può causare devastazione.



Molti dei numerosi partiti e gruppi islamofobici ricordano l'atmosfera della Germania agli inizi del 1920, quando i gruppi e milizie "völkisch" stavano diffondendo il loro veleno odioso, e una spia dell'esercito chiamato Adolf Hitler si era guadagnato allori come oratore antisemita .

Sembravano irrilevanti, marginali, addirittura folli. (i nazisti)
Molti ridevano di questo uomo Hitler , il pagliaccio chapliniana baffuto.

Ma il fallito putsch (colpo di stato) nazista del 1923 è stato seguito da quello del 1933, quando i nazisti presero il potere, e nal 1939, quando Hitler ha iniziato la seconda guerra mondiale, e nel 1942, quando le camere a gas sono stati messe in funzione.

E' dall'inizio che sono critici, quando opportunisti politici si rendono conto che è la paura e suscitare l'odio e il modo più semplice per arrivare di fortuna al potere, quando disadattati sociali diventano fanatici nazionalisti e religiosi, quando si attaccano le minoranze inermi diventa accettabile e la politica lo legittima , quando divertenti uomini si trasformano in mostri.

È che il dottor Goebbels che sento ridere dall'inferno?



Note de Sa Defenza

(1) Theodor Herzl Insieme a Max Nordau, Herzl è il padre del sionismo e il fondatore del Movimento sionista al congresso di Basilea del 1897, in cui venne eletto presidente. Sostenne il diritto degli ebrei di fondare uno stato ebraico, in Palestina o in Uganda (come proposto dagli Inglesi). Questa patria sarebbe dovuta servire per accogliere gli ebrei che avessero voluto o non avessero potuto vivere serenamente nel paese in cui abitavano. (http://it.wikipedia.org/wiki/Theodor_Herzl)

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