giovedì 10 febbraio 2011

Risultati del monitoraggio/caratterizzazione del Pisq consegnati in data 1/2/011

di Gettiamo le Basi Sardinia

La componente civile della Commissione Tecnica Mista di Esperti coordinata da dr. Antonio Onnis sostiene la proposta avanzata da Gettiamo le Basi. Concorda con l’esigenza di una pluralità di letture “tecnico-scientifiche” dei risultati del Piano ed evidenzia la mancanza di figure professionali pluridisciplinari nella CTME . Ricordo che CTME è formata da 4 persone “senza oneri per la Difesa”, una commissione ridotta al lumicino per volontà esplicita dei militari e per la compiacenza o disinteresse delle Autorità locali del CIPT, Comitato d’Indirizzo Politico Territoriale. Il contributo dell’Arpas appare più realista del re, finora ha puntato le critiche sulla rilevazione delle nano particelle a Baunei svolta da A Gatti. E' umanamente comprensibile, i funzionari sono gli stessi che hanno fatto la scoperta “scientifica” del millennio sul nesso arsenico-tumori emolinfatici e non vogliono certo farsela portare via dalle nano particelle.


E’ doveroso che le istituzioni si facciano carico di contribuire alla pluralità di letture del monitoraggio/caratterizzazione da parte di esperti scientifici di fiducia e di provata indipendenza.
Il dovere delle Autorità locali presenti nel CIPT è particolarmente cogente tenuto conto che lo scarso interesse denotato e la saltuaria partecipazione ai lavori si è tradotta in silenzi e assenze che di fatto hanno avvallato il controllo truffaldino gestito dai controllati (in primis Provincia Cagliari e Assessorato regionale Sanità, Dirindin-Liori).
E’ nell’interesse delle istituzioni e Autorità locali un intervento fattivo tenuto conto dell’inchiesta della Procura di Lanusei non solo per omicidio plurimo doloso ma anche “per omissioni di atti d’ufficio”.
Sarebbe opportuno tentare di coinvolgere i sindaci estromessi dal CIPT e le POCHE personalità istituzionali che hanno denotato una certa apertura.

Gettiamo le Basi può contare da subito su professionalità di buon livello e provata indipendenza per la lettura dei lavori del lotto 3 “Analisi degli elementi chimici in matrici ambientali e biologiche” (il lotto in cui con la tecnica gutta scavat lapidem è stata introdotta l’indagine non prevista dei veterinari). Per la lettura dei lotti 1 e 2 va riannodata la rete di professionalità di fiducia e i tempi si fanno più lunghi.

La ricerca sulle matrici biologiche è stata seguita dal 2002 da Mauro Cristaldi, docente alla Sapienza di biologia umana e animale comparata, consulente scientifico della prima Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul DU, coordinatore del Comitato scienziate/i contro la guerra, estensore su richiesta di Gettiamo le Basi di un Piano di controllo del Pisq (consegnato nel 2004 ad alcuni consiglieri regionali di area soriana e rimasto sepolto nei cassetti).
Dal 2008 Cristaldi ha dovuto interrompere l’impegno su Quirra per gravissimi motivi di salute. Dopo l’ultimo intervento chirurgico (2 settimane fa) pare stia meglio e sostiene di essere perfettamente in grado di coordinare il suo team di laureandi, ricercatori,collaboratori. Il problema per Gettiamo le Basi è che Mauro Cristaldi ha sempre lavorato gratis e con spese viaggio a suo carico mentre nessuno del suo team può fare altrettanto (sono ricercatori precari!).







VOLANTINO IN DISTRIBUZIONE DOMENICA 13 FEBBRAIO 2011

COMITADU.SI.NONUCLE

COMITADU PRO SU “SI”
IN SU REFERENDUM CONSULTIVU SUBRA SU NUCLEARE IN SARDIGNA

Email comitato.si.nonucle@tiscali.it – Rif. Provisòriu Tel/fax - 0784/415249 - 348/7815084

DIE DE SA VARDIANÌA A QUIRRA
Domenica 13 febbraio dalle ore 10

Sa Die de sa Vardianìa – E’ un giorno di condivisione collettiva organizzata come una festa paesana che chiama la gente a condividere la necessità di rendere più esplicita la volontà di essere sensibili alla tutela del proprio territorio, della propria salute e di quella delle generazioni future.
Una condivisione esplicita che non si chiude nelle comunità del territorio interessato ma si allarga e coinvolge tutto il popolo sardo facendolo partecipe attivo di VARDIANÌA , salvaguardia, dell’Habitat sardo da fonti di pericolo, presenti o incombenti.
Si vuole affidare la VARDIANÌA alla festa popolare, perché è nella festa che il sentidu condiviso trova le tracce più profonde dell’interesse comune, sfrondate delle sfere personali, e dà individualità al collettivo.

CHI UCCIDE A QUIRRA ?

Qual è il pericolo presente o incombente?
Nel territorio di Quirra ci sono state malformazioni e malattie gravi, su animali e persone che non rientrano nella “normalità”, addebitabili dunque ad un pericolo presente, non individuato con certezza, ma presente.
Quando la morte di un individuo non è “normale” è una uccisione, qualcosa sta uccidendo le persone nel territorio di Quirra, è necessaria la VARDIANÌA collettiva.
E’ necessario individuare il pericolo, quello che uccide, non quello dei cerimoniali della politica, eliminarne la causa con determinazione e pretendere dai responsabili il risarcimento dei danni fatti e futuri.

SPETTA AI NOI SARDI SA VARDIANÌA
Sos Sinnos de sa Vardianìa
UN SEGNO DI SALVAGUARDIA – Un bronzetto nuragico, Capo Tribù, sarà il simbolo di Vardianìa sarà il segno di un popolo che è passato leggero sul suo territorio ed il monito che a nessuno sarà consentito di passarvi pesante. Sotto il bronzetto ci sarà una targa in ceramica con la scritta “ A Vardnìa de Quirra e de sa Sardigna totu”

UN SEGNO DI LUTTO PER I MORTI DI QUIRRA – Sarà il bronzetto nuragico, Madre dell’Ucciso, a segnare il cordoglio collettivo del popolo sardo per i figli di Sardegna uccisi a Quirra. Non possiamo nascondere quegli uccisi, nel chiuso del lutto familiare, tutto il popolo sardo ha il dovere di fagher lutu, è il loro sacrificio, il loro essere caduti, che ci ha reso palese il pericolo che uccide. Sarà segno del nostro lutto ma sarà anche segno della nostra determinazione a fermare il pericolo che uccide e a chiedere conto a chi del pericolo è stato causa. Sotto il bronzetto ci sarà una targa in ceramica con la scritta “ Bos fagimus lutu Mortos de Quirra” .

Zente de Sardigna Faghimus festa, cumbidamunos, faghimus populu,
SEMUS POPULU – TOCAT A NOIS

Il comitato.si.nonucle invita tutti al pranzo con pane, casu, sarditza, vinu e amistade meda.
HYPERLINK "mailto: Comitato.si.nonucle@tiscali.it" Comitato.si.nonucle@tiscali.it – tel. 3487815084

martedì 8 febbraio 2011

Nucleare CONNECTION

storie IL MISTERO DELL'UOMO CONDANNATO E MAI CERCATO
ilmanifesto
Dal traffico illecito di rifiuti alla morte di Ilaria Alpi. Le carte della Procura di Bolzano riaprono le piste investigative che conducono a Giorgio Comerio. L'uomo, già attenzionato dalla Procura di Reggio Calabria, è stato condannato a 4 anni per tentata estorsione. Ma nessuno lo ha mai cercato
Andrea Palladino
BOLZANO
C'è una domanda che dovrà porsi la commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti. Una domanda chiave, che servirà a iniziare a fare luce sui rapporti tra la rete internazionale del traffico di armi e rifiuti - anche radioattivi - con pezzi dello stato: come è stato possibile che un personaggio del calibro di Giorgio Comerio sia uscito indenne da una condanna a quattro anni di reclusione? E come è possibile che, nonostante un ordine di arresto emesso dalla Procura della Repubblica di Bolzano, nell'ottobre del 2002, l'imprenditore che stringeva accordi con Ali Mahdi, il signore della guerra somalo, per smaltire rifiuti nucleari davanti alle coste somale possa essere entrato in Italia indenne? Tre anni, undici mesi e diciotto giorni. Questa è la pena residua che Giorgio Comerio, originario di Busto Arsizio, dovrebbe scontare, dopo una condanna definitiva per tentata estorsione. Una pena che - anche calcolando l'eventuale sconto di tre anni per l'indulto del 2006 - prevede l'arresto. Nei giorni scorsi il presidente della commissione rifiuti Gaetano Pecorella ha ricordato l'importanza che ha Giorgio Comerio per definire - almeno in parte - molti dei punti oscuri che circondano la vicenda delle navi dei veleni e della morte di Ilaria Alpi. «Per capire la relazione tra questi due argomenti - ha spiegato Pecorella - dobbiamo trovare ed ascoltare Comerio».
Rifiuti Nucleari
Le scorie verso l'Africa
La procura di Reggio Calabria fin dai primi mesi del 1995 aveva iniziato a monitorare questo curioso imprenditore, da anni residente nelle isole vergini britanniche. Ufficialmente si occupava di «georadar», apparati che servivano a scansionare i terreni. Nel 1993 Comerio aveva creato una vera e propria holding, che partiva nelle isole vergini britanniche e si diramava con sedi più o meno operative in Italia, in Svizzera, in Francia e negli Usa. Con l'Odm aveva ripreso un progetto accantonato dall'agenzia nucleare dell'Ocse nel 1988: smaltire i rifiuti nucleari sparandoli in siluri chiamati penetratori sotto i fondali marini. «Era tutto legale», ha sempre sostenuto, anche quando venne interrogato dalla procura di Reggio Calabria, nel luglio del 1995. L'ipotesi investigativa - fino ad oggi mai dimostrata - era che dietro l'Odm si potesse nascondere un vero e proprio traffico internazionale di scorie radioattive, che partendo dall'Europa e dagli Usa sarebbero finite nelle acque dei paesi africani. Un'inchiesta complessa e difficile, che ha avuto non pochi ostacoli. Quando il 12 maggio 1995 il corpo forestale di Brescia e i carabinieri di Reggio Calabria entrarono nella casa di Giorgio Comerio a Garlasco, in provincia di Pavia, rimasero interdetti di fronte all'immenso archivio di documenti, mappe, accordi internazionali. Tra i faldoni spuntò anche un intero dossier sulla Somalia, paese da anni dilaniato da una guerra civile. Leggendo i vari dossier si scoprì che tra il giugno e l'ottobre del 1994 - pochi mesi dopo la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio - Giorgio Comerio e la sua società Odm avevano avuto stretti rapporti con Ali Mahdi, primo presidente ad interim della Somalia dopo la caduta di Siad Barre. L'obiettivo era chiaro, scritto nero su bianco: trovare un sito nel mare somalo dove lanciare i penetratori carichi di scorie radioattive. Non c'era, però, solo la Somalia tra i contatti che Comerio aveva sviluppato in quegli anni per rendere operativo il progetto di dumping dei rifiuti nucleari sotto il fondo degli oceani. Ordinate e numerate nella sua casa-studio di Garlasco vi era la documentazione che comprovava i contatti con Capo Verde, il Congo, il Sudafrica e la Guinea Bissau. «Alla fine non se ne face nulla - spiegò Comerio ai magistrati - e non ho mai smaltito le scorie radioattive».

Centrali nucleari esistenti nel mondo Fonte: www.insc.anl.gov/pwrmaps/map/


Le nuove carte di Bolzano
Fino ad oggi le diverse commissioni parlamentari che si sono occupate di Comerio hanno sempre basato le diverse ipotesi solo sull'inchiesta di Reggio Calabria, che terminò, come è noto, in una archiviazione. I possibili legami tra l'attività di Comerio, il traffico di scorie radioattive e la morte di Ilaria Alpi si sono sempre poggiati su alcuni elementi ritenuti labili. Alcuni fatti sono, però, incontrovertibili: sicuramente Giorgio Comerio aveva avviato stretti contatti con la fazione di Ali Mahdi pochi mesi dopo la morte della giornalista italiana. Non solo. Il pm Francesco Neri - che conduceva le indagini insieme al suo collega Nicola Maria Pace di Matera - continua ancora oggi a giurare di aver visto il certificato della morte di Ilaria Alpi tra le carte sequestrate a Comerio nel 1995. Circa un mese fa è stato poi aggiunto un tassello, ritenuto molto importante dalla commissione rifiuti: il maresciallo Domenico Scimone, che faceva parte del gruppo di investigatori coordinati dalla procura di Reggio Calabria, ha raccontato di aver visto anche una copia del primo lancio di agenzia sulla morte di Alpi e Hrovatin. Anche in questo caso questo documento, come il certificato di morte, è sparito dalle carte dell'inchiesta. C'è una parte, però, della lunga storia di Giorgio Comerio che non è stata fino ad oggi approfondita. Nell'ottobre del 1996 - quando l'inchiesta sui traffici radioattivi e sulle navi dei veleni era passata alla Dda - venne arrestato dalla Procura di Bolzano, per una storia di tangenti chieste come perito ed esperto della tecnologia Georadar ad un imprenditore del nord, finita con una condanna a quattro anni per tentata estorsione. Negli atti di quel processo - che il manifesto ha potuto visionare - appaiono altri piccoli tasselli utili oggi per capire gli interessi di quello che il ministro Giovanardi definì «noto trafficante».

«Odio tutti i procuratori»
Non sospettava neanche di essere ascoltato Giorgio Comerio quando stringeva un accordo con l'imprenditore Guido Agostini. Si era presentato proponendo di sistemare una perizia sulla tratta ferroviaria Verona-Brennero e chiedeva in cambio 30 milioni di euro. E come spesso accade in questi casi, i due si incontrarono a pranzo, lontani da occhi indiscreti, per concludere l'affare. Agostini, però, aveva deciso di collaborare con la Guardia di Finanza e portava con se un microfono nascosto. «Io li odio tutti questi Procuratori - spiegava Comerio prima di una zuppa d'orzo - sono degli idioti». Tra una portata e l'altra parlava dei suoi affari, del suo passato di imprenditore internazionale - «da trentanni sono residente all'estero, e non ho problemi», spiegava del periodo passato in Argentina. «Desaparecidos?», gli chiede Agostini. «No, affari immobiliari», spiegava Comerio. Poi l'argomento cade su quell'inchiesta di Reggio Calabria: «Guardi, quando ci sono queste indagini, mi incazzo come una iena - diceva -. Le dico, sono in mezzo ad una situazione con cinque miliardi per le mani a Reggio Calabria...». Una cifra enorme per l'epoca. Cosa si nascondeva dietro quei cinque miliardi? Sarà una delle risposte che Comerio dovrà dare alla commissione rifiuti, quando finalmente verrà trovato.

I contratti con l'Ucraina
Su una cosa non c'è dubbio: per Comerio il nucleare aveva un fascino particolare. La sua agenda del 1995 - sequestrata dalla Procura di Bolzano - è piena di riferimenti, anche istituzionali, all'industria nucleare. Ci sono tracce di account per i database dell'Aiea, l'organizzazione internazionale dell'energia atomica; ci sono indirizzi e numeri di telefono di funzionari europei, sotto la chiara dicitura «gestione e stoccaggio di rifiuti radioattivi»; e, infine, sono segnate in evidenza le date di incontri internazionali sempre della Aiea sul tema. Ma c'è di più. Durante la perquisizione della sua abitazione disposta dai magistrati di Bolzano venne trovato anche un contratto firmato con la società ucraina Joint-Stock Venture Prometey. La prima parte dell'accordo prevede l'inabissamento dell'amianto; subito dopo, però, Giorgio Comerio specifica: «se volete estendere la licenza ai rifiuti radioattivi, l'Odm pagherà il doppio». Un accordo firmato il 22 gennaio del 1996, quando il gruppo di investigatori che seguiva Comerio da un anno e mezzo si era ormai sfaldato, dopo la morte del capitano di corvetta Natale De Grazia.



La Northwest Compact aveva già deciso di fare appello contro la sentenza del giudice federale che di recente ha in pratica autorizzato lo stoccaggio dei rifiuti nucleari italiani nel deposito di Clive, nel deserto dello Utah. La Northwest Compact vuole portare il caso alla 10th U.S. Circuit Court of Appeals di Denver. La compagnia che ha ricevuto il permesso allo scarico è la EnergySolutions Inc., con sede a Salt Lake City. La compagnia vuole importare 20.000 tonnellate di scorie a basso livello di radioattività dall’Italia. Dopo un periodo di lavorazione a Tennessee circa 1.600 tonnellate dovrebbero essere scaricate nello Utah.

SCORIE NUCLEARI: scorie nucleari italiane Neppure lo Utah le vuole


Continua la polemica sulle scorie italiane da importare negli Stati Uniti. Anche lo Stato dell’Utah si unirà agli stati della Northwest Compact on Low-Level Radioactive Waste, l’organismo incaricato di gestire lo stoccaggio di materiali radioattivi. Per bloccare i piani della EnergySolutions Inc, la compagnia che ha ricevuto l’autorizzazione per importare scorie radioattive, tra cui quelle italiane, nel deposito di Tooele County, nello Utah.

martedì 1 febbraio 2011

PRO S’INDIPENDENTZIA

″Ísula seus. Ísula sola
ma cun s’ànima ‘e niaxis...″

(Siamo isola. Isola sola/ ma con l’anima di moltitudini...)

- P. Alcioni -





IL DIBATTITO SCALDA IL CUORE E GLI ANIMI DI TUTTI NOI SARDI.

ABBIAMO NECESSITA' DI AVERE UN CONFRONTO UTILE SULLE NOSTRE IDEE, SULL'INDIPENDENZA DELLA SARDEGNA, SUPPORTATO DALLA NOSTRA CONSAPEVOLEZZA NEL RISPETTO DI TUTTE LE SOGGETTIVITA' ESISTENTI DENTRO E FUORI LA NOSTRA TERRA.

LA MOLTITUDINE NAZIONALE, RISPETTA CON COSCIENZA E RISPETTO LA DETERMINAZIONE APERTA A L'INCONOSCIUTO SISTEMA DI IDEE NUOVE PRO S'INDIPENDENTZIA, IDEE DETTATE DA ETICA POLITICA, DA UMANA DISPONIBILITA', DA CAPACITA' DURATURA DELL'ESISTENZIALE ESSERE NAZIONE .


LE BASI DE S'INDIPENDENTZIA, SONO NOSTRA NECESSITA', PER AVERE MOTIVO DI LIBERTA', MOTIVO DI LIBERA ESPRESSIONE, DI SCELTA SUL FUTURO E SUL PRESENTE DELLA NOSTRA TERRA E NAZIONE SARDA.

PER QUESTO MOTIVO, VOGLIAMO PORTARE ALL'ATTENZIONE DI TUTTA LA MOLTITUDINE, I VALORI , GLI ASPETTI DI DIBATTITO, CHE PERMEA LA NOSTRA CAPACITA' DI PENSARE E DI REALIZZARE INDIPENDENZA.

SAYLI VATURU.




METTIAMO A DISPOSIZIONE UN CAPITOLO DEL LAVORO DI BACHISIO BANDINU, CHE NOI, REPUTIAMO OPERA OMNIA NELLE NOSTRE IDEE FORZA PER LA LIBERTA'.

PRO S'INDIPENDENTZIA

Pro s’indipendentzia indica l’itinerario in cui mettersi in cammino. annuncia un tempo nuovo: dice che il popolo sardo assume su di sé la piena responsabilità di governarsi, afferma che ciascun sardo è chiamato all’impresa della politica. Si interroga su qualcosa di straordinario e di decisivo: che cosa vogliamo fare di noi stessi? Bi semus o no bi semus? Noi sardi vogliamo esserci: desiderio e volontà di farci artefici del nostro destino politico. Dinanzi a noi si apre un nuovo orizzonte di partecipazione e responsabilità: ci sono tante cose da fare e le vogliamo indirizzare secondo i nostri intendimenti, le vogliamo compiere secondo il nostro programma.

Ci siamo consumati nel tempo del risentimento e della rivendicazione, ora basta, non vogliamo, anche per gli anni a venire, continuare a lamentarci che le cose procedano in un modo che non ci piace, che ci esclude e ci umilia. Siamo chiamati a vivere intensamente, non a sopravvivere. Siamo chiamati all’invenzione, non alla resistenza. Non pretendiamo risarcimenti , intendiamo fare investimenti a nostro profitto, per la nostra crescita.


Pro s’indipendentzia non è un ideale, è invece un’operazione pragmatica: si pensa, si dice, si fa, si ama. Le cose non avvengono secondo l’idealità, le cose avvengono secondo l’operare: il ruolo di ciascuno, qualunque esso sia, è del tutto essenziale per la riuscita dell’impresa.

Pro s’indipendentzia non va riferita ad un futuro indeterminato. Appartiene all’urgenza e alla responsabilità del presente. Chi dice che i tempi non sono maturi crede che il tempo debba maturare per conto suo, come frutto di stagione. E’ una concezione passiva che chiude la frontiera del tempo e nega la sua apertura. In verità il tempo non è mai in ritardo e non è mai in anticipo: la sua attualità dipende dalle nostre scelte, prende la forma del nostro operare e la misura del nostro passo. Chi dice di attendere il tempo giusto subisce il tempo governato da altri e continua a servire il padrone del tempo.

Chi afferma che non siamo all’altezza per conquistare la piena sovranità ha il complesso del nano. All’altezza di chi? Di chi è più alto di noi? Si, dunque c’è qualcuno che ci sovrasta: lui sì che è all’altezza! E infatti ci domina dall’alto. In verità si è sempre all’altezza delle proprie aspettative, se c’è speranza progettuale, se c’è fede nel realizzare i propri desideri e nell’attuare i propri programmi.

Non è convincente la tesi che prima bisogna raggiungere l’indipendenza economica e fiscale e poi quella politica come se esistessero compartimenti stagni. E’ proprio l’indipendenza politico-istituzionale che mette in moto una nuova economia e un nuovo modello fiscale. Lo spirito e le ragioni che caratterizzano l’indipendentismo sardo non coincidono con il modello padano che difende la propria ricchezza sperperata da Roma ladrona, la Sardegna invece vuole riscattare la propria debole economia governandosi da sé, liberandosi dai condizionamenti che ne impediscono lo sviluppo.

Si sente spesso dire che la Sardegna ha grandi potenzialità. Pare un’affermazione gratificante e piena di non so bene quali promesse, in realtà è un modo di rimandare l’azione a tempo indeterminato. Non ci interessa il potenziale, che poi non sappiamo bene cosa sia, ci interessa invece l’atto, la decisione, la realizzazione dei nostri progetti.

S’indipendentzia non è un’utopia, qualcosa di meraviglioso ma di irranggiungibile, è invece un processo in atto e ciascuno vi concorre secondo la propria passione, secondo la propria volontà e intelligenza, secondo l’amore delle cose e degli eventi. Il poeta nuorese ha scritto: “Se l’aurora arderà su’ tuoi graniti/Tu lo dovrai, Sardegna, ai tuoi figli”. I nuovi figli non appartengono al futuro, operano nel presente: allora il futuro non è più il fantasma dell’utopia, è più semplicemente l’avvenire, cioè le cose che a mano amano avvengono e si compiono percorrendo la strada voluta.

S’indipendentzia non è un concetto che se ne sta in in una nicchia arcana, al contrario esiste e si fa nella concreta esperienza del percorso: essere in cammino significa già sperimentare la sua qualità. Non si pone come punto d’arrivo, quasi fosse una meta da raggiungere una volta per tutte, è un cammino di libertà che si conquista continuamente. E’ un’impresa: progetto, programma, investimenti, invenzione e profitto. Profitto vuol dire qualità della vita della gente sarda, presenza attiva del cittadino a farsi della politica. Ciascuna impresa chiama a un fare e a un dire che rifiuta il luogo comune, il già masticato, il sapere già dato e conformato. l’impresa chiede stima di sé e fede nel proprio operare. La fede è anche una virtù laica e senza le opere è morta. Non è credenza che prima o poi le cose avverranno, è fiducia nella cose che si fanno, che avvengono e divengono secondo obbiettivi.

Dove ci condurrà l’indipendenza? E’ una domanda che viene posta con sospetto e spesso a giustificazione di una rinuncia. C’è chi pretende cdi conoscere in anticipo l’esito del viaggio, già prima di mettersi in cammino, secondo la psicologia del colpo sicuro: la pretesa di un sapere prima dell’esperienza. Si presume di valutare le cose prima di farle. E invece è proprio nel procedere che si decidono gli indirizzi e si aprono prospettive. Il viaggio è invenzione, è un’opera aperta, ricca di sorprese e di novità. Chi pretende la garanzia del tempo avvenire e vuole avere già in tasca la cambiale sicura del suo profitto non è uomo di impresa. Il suo ragionamento è: “Non so come l’impresa vada a finire, per ciò non mi ci metto neppure”. L’indipendenza ci conduce verso traguardi sempre nuovi che noi vogliamo e che siamo capaci di raggiungere, traguardi di libertà e di forte coscienza politica.

Pro s’indipendentzia parte dalla realtà del proprio presente,qualunque esso sia,per osservare dove siamo e dove dobbiamo andare. Spesso interviene una visione pessimistica che si ammanta di buon senso e di saggezza: s’indipendentzia sarebbe anche una bella cosa, ma occorre essere realisti e la realtà ci dice che si tratta di un obiettivo irrealizzabile. Nella storia della Sardegna c’è sempre stata una realtà che ha impedito un cammino di libertà, è stato costante il richiamo a un realismo che ci ha fatto percorrere strade imposte dai dominatori . Questo invito a essere realisti esprime il realismo dell’impotenza, conferma l’accettazione della dipendenza, senza prospettiva di cambiamento.
Chi suggerisce di non fare il passo più lungo della gamba, non ha ne gamba ne passo. E quando si dice che la politica è l’arte del possibile, ci si deve chiedere chi stabilisca la misura del possibile. Non è una misura che può essere determinata dai politici della subalternità o dagli intellettuali assimilati. La politica come arte del possibile appartiene e risponde alle esigenze economiche e sociali del popolo sardo, al suo desiderio di un cambiamento radicale, capace di conquistare una vera soggettività. Dietro la giustificazione del realismo si nasconde una convinzione e una motivazione precisa: l’indipendenza non ce la concedono e dunque è inutile chiederla. E’ l’autocertificazione della sconfitta.
Il fatto è che l’indipendenza è qualcosa che viene concessa né è qualcosa che si chiede timidamente. L’indipendenza si conquista democraticamente, secondo proprio diritto, secondo un proprio dovere.

Come ricorre, nel discorso sardo, la parola indipendentzia e quale significato le si attribuisce?
Certamente è una parola che per molti fa problema, in qualche modo crea persino allarme, E’ una parola perturbante e procura inquietudine, eppure etimologicamente è un termine bellissimo: indica un’apertura di liberazione e soprattutto un’apertura di libertà. E invece è come se la parola si fosse incrostata di materiale pericoloso, per così dire radioattivo.
Se chiedete ai cittadini sardi:” Siete favorevoli alla piena sovranità della Sardegna?”, tutti vi diranno di si. Se chiedete: “Volete l’autodeterminazione, del popolo sardo?” , avrete una risposta unanimemente affermativa. E quando precisate che cosa si intenda pe sovranità e autodeterminazione, la risposta è inequivocabile:”Vogliamo che i sardi si governino da sé, nella nella piena responsabilità delle proprie scelte”. Insomma la gente non fa sottili distinzioni giuridiche fra indipendenza , sovranità, autodeterminazione: sono termini che in concreto vengono ricondotti a un medesimo significato.
Eppure se alle stesse persone chiedete: “Siete favorevoli all’indipendenza della Sardegna?”, la domanda fa problema, qualcosa si mette di traverso. Le risposte diventano ambigue e cominciano a porre dei distinguo, con precisazioni e con attenuazioni. Evidentemente la parola indipendentzia crea allarme. sospetto, innesca associazioni mentali negative o comunque destabilizzanti. Ma perché piena sovranità e autodeterminazione non fanno problema e vengono benevolmente accettate? E dunque, perché indipendentzia da parola di speranza si trasforma in parola di paura, da parola di libertà diventa disordine e persino terrorismo? Eppure indipendentzia vuol dire liberazione
da uno stato di dipendenza. In senso specificamente politico è l’atto che sancisce, con una propria costituzione, l’autogoverno, senza ingerenze esterne. Popolo sardo sovrano, nazione sarda, sovrana. Ma allora perché piena sovranità è liberante, augurante e invece indipendentzia è allarmante, inquietante?

Ci sono almeno due spiegazioni . La prima è questa: indipendentzia viene associata a separatismo: un fantasma lacerante che indica la separazione di una parte dall’intero. Rimarca un distacco, uno strappo violento, psicologicamente rimanda a una perdita ce alimenta il fantasma dell’abbandono, della solitudine e della insicurezza. Uno sgomento che si manifesta nelle espressioni : ce la faremo da soli? Si tratta di un fantasma molto potente perché pone una domanda estrema, esistenziale: come faremo a sopravvivere?
Il fatto è che una lunga dipendenza ha creato la psicologia della sudditanza che, seppure sofferta e osteggiata, continua a offrire una certa garanzia di sopravvivenza e che però ci impedisce di camminare con le nostre gambe.
In verità indipendentzia non è separatismo, al contrario instaura una nuova relazione paritaria. Non c’è violenza, c’è un nuovo contratto, senza sudditanza ed egemonia, nel rispetto reciproco e con pari dignità. Non c’è la metafora corporea di uno strappo che sanguina: pacificamente la Sardegna decide la sua sovranità creando un nuovo rapporto tra due Stati sovrani, all’interno di una comune appartenenza all’Europa.
Il secondo aspetto negativo sarebbe il carattere violento della lotta, tipico dei movimenti indipendentisti e non solo di Europa. Così nasce la paura degli attentati e delle bombe, l’insicurezza e la conflittualità permanente e persino i costi umani di vittime innocenti. Nulla di tutto ciò.
Pro s’indipendentzia è costitutivamente pacifica sia come scelta etica di pratica di vita, sia come radicamento e conferma di principi democratici: il rispetto della maggioranza cha ha diritto di governare. Se gi indipendentisti sono minoranza, non possono e non devono imporre, in nessun modo, la volontà su una maggioranza che è legittimamente contraria. Si tratta di far valere la bontà delle loro tesi e mostrare alla gente la qualità dei loro programmi, ma se il popolo sardo, nella sua maggioranza , non vuole l’indipendenza, è giusto che non ci sia l’indipendenza.Chi impone con le armi, con le intimidazioni, le proprie idee crede nel separatismo armato che è proprio il contrario dell’indipendenza.
Ma bisogna fare ancora una passo avanti. Nell’orizzonte dell’indipendenza della Sardegna deve scomparire persino il concetto di nemico, finisce quella logica contestativa del periodo autonomistico ce ci ha logorato in battaglie sempre frustranti e che ci ha abituato al bisogno di avere sempre un avversario di fronte.
Occorre dunque restituire alla parola indipendentzia il suo preciso significato politico ed etico, per liberarla di tutte le incrostazioni e attribuirle i valori di libertà, di democrazia, in modo che entri nel dibattito politico pubblico per quello che è effettivamente. E cioè: da una parte dichiarazione del popolo sardo a esercitare la sua piena sovranità e a specificarla nella forma di una piena costituzione, dall’altra parte attuazione di un nuovo patto con i cittadini nella forma di una democrazia partecipata, con dispositivi di controllo, nuovi rapporti con le autonomie locali che costituiscono la base democratica della partecipazione popolare, con forte accentuazione di comunità politica a gestione responsabile.
La parola indipendentzia non è ideologia né disciplinare né confessionale. Nessuno la possiede, nessuno l’amministra. Non appartiene ad un codice corporativo; ciascuna persona parlando e ascoltando ne intende il valore di libertà nella sua pratica attuazione.
Oggi in Sardegna c’è un parlare disperso, fatto di sfiducia e risentimento: un rimuginare in privato, un chiacchiericcio di gruppi che non diventa opinione pubblica come consapevolezza di propositi e decisioni collettive.
Si vive in un tempo di depressione e di scetticismo. Una esperienza di crisi vissuta dentro la famiglia e la comunità, dentro la fabbrica e dentro la scuola, nella bottega artigiane e nella piccola impresa, nei campi della pastorizia e dell’agricoltura. C’è la consapevolezza di essere frenati, condizionati, impediti, per cui non riusciamo a valorizzare pienamente le nostre risorse materiali e umane. Per chi crede nell’indipendenza, la coscienza della crisi non è motivo di scoraggiamento, anzi è un dispositivo per avviare il cammino del rinnovamento. Ciascuno di noi, nell’operare comune, ha risorse per cambiare le cose. La Sardegna è attanagliata da gravi problemi ma ha capacità di risolverli perché ha importanti decisioni da prendere: le scelte sono quelle fatte insieme.










mercoledì 19 gennaio 2011

Diossina: la regina della morte chimica passa nel pranzo delle moltitudini

IL CASO ATTUALE DELLA GERMANIA RIPONE IL PROBLEMA DELLE DIOSSINE E DELLA LORO MESSA AL BANDO




Le Diossine sono cancerogene e mutagene.

E' indispensabile partire dalla rivendicazione di messa al bando della produzione delle diossine, inoltre tali sostanze chimiche, sono nate con specifici obiettivi militari (Agente Arancione , VietNam) , ma vengono usate sopratutto in agricoltura come diserbanti.

Le diossine si accumulano nei vegetali e negli animali, ed entrano a far parte del ciclo alimentare umano essendo presenti nelle derrate alimentari, si parte dalle verdure fino alle carni, e le uova tramite mangimi contaminati, arrivando come cibo sulle nostre tavole, contaminando i corpi di uomini donne e bimbi ignari.

Per avere più sicurezza dobbiamo iniziare una politica di gruppi di aquisto diffusi, entrando nella logica della filiera corta e dei controlli presso i contadini dei concimi e pesticidi usati, per evitare questo bisogna volgerci alla coltivazione biologica e biodinamica ... invitiamo i contadini a rivolgersi per l'acquisto di sementi biologichje e biodinamiche ad aziende verdi specializzate come Arcoiris
agricoltura biologica e biodinamica

DOBBIAMO GRIDARE FORTE LA NOSTRA DISAPPROVAZIONE E OPPOSIZIONE ALL'USO DI DISERBANTI, SIA IN AGRICOLTURA CHE NELLA PULIZIA DEI MARGINI DELLE STRADE TRA CUI QUELLE FERRATE.

LE DIOSSINE OLTRE AD INQUINARE L'AMBIENTE CIRCOSTANTE, CON IL TEMPO , ESSENDO LE SUE MOLECOLE PESANTI, CALANO FINO ALLE FALDE ACQUIFERE, COSI' LA BEVIAMO SENZA SAPERE DI BERE VELENO COME FANNO IN ITALIA DALL'INCIDENTE ALL'ICMESA, IN BRIANZA NELLA ZONA DI SEVESO.

MOVIMENTARSI PER NON SUBIRE
AGIRE PER NON MORIRE

SA DEFENZA



Contaminazioni ambientali

Germania - BASF 1953
Vietnam - 1961-1975
Italia - Seveso 1976
Stati Uniti, Love Canal - 1978
Stati Uniti, Times Beach, Missouri 1971 - 1983
Italia - Taranto, Il caso Ilva

Le diossine, nel loro insieme sono molecole molto varie a cui appartengono composti cancerogeni. Ad esse vengono ascritti composti estremamente tossici per l'uomo e gli animali, arrivando a livelli di tossicità valutabili in ng/kg, sono tra i più potenti veleni conosciuti.
Viene classificata come sicuramente cancerogena e inserita nel gruppo 1, Cancerogeni per l'uomo dalla IARC, dal 1997 la TCDD.
Anche secondo le norme giuridiche di molti paesi molte diossine sono ormai agenti cancerogeni riconosciuti.
Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare, poco o nulla solubili in acqua (circa 10−4 ppm), ma sono più solubili nei grassi (circa 500 ppm), dove tendono ad accumularsi. Proprio per la loro tendenza ad accumularsi nei tessuti viventi, anche un'esposizione prolungata a livelli minimi può recare danni. Le diossine causano una forma persistente di acne, nota come cloracne; sugli animali hanno effetti cancerogeni ed interferiscono con il normale sviluppo fisico.

È stato inoltre dimostrato che l'esposizione alla diossina può provocare l'endometriosi.(L'endometriosi è una malattia cronica e complessa, originata dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, endometrio, in altri organi quali ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino, provocando sanguinamenti interni, infiammazioni croniche e tessuto cicatriziale, aderenze ed infertilità.)

Mediamente il 90% dell'esposizione umana alla diossina, eccettuate situazioni di esposizione a fonti puntuali (impianti industriali, inceneritori ecc.), avviene attraverso gli alimenti (in particolare dal grasso di animali a loro volta esposti a diossina) e non direttamente per via aerea: il fenomeno del bioaccumulo fa sì che la diossina risalga la catena alimentare umana concentrandosi sempre più, a partire dai vegetali, passando agli animali erbivori, ai carnivori ed infine all'uomo. L'emivita della TCDD nell'uomo varia da 5,8 a 11,3 anni (Olson 1994) principalmente in funzione di livello metabolico e percentuale di massa grassa; varia tra 10 e 30 giorni nei roditori (dati IARC [8]). La tossicità, espressa come LD50 è sensibilmente specie specifica (esempio LD50 somministrazione per via orale nella cavia è di 500.0 ng/kg nel caso di TCDD).

Contaminazioni delle derrate

Belgio: i polli alla diossina - 1999
Mangimi animali di produzione tedesca - 2003
Polli e suini: Olanda, Belgio, Germania - 2006
Addensanti in yogurt e altri alimenti: Svizzera ed Unione Europea - 2007
Italia - Campania 2007
Irlanda 2008
Germania 2010

Diossina di Germania

http://www.altrenotizie.org

di Emanuela Pessina

BERLINO. Cresce ulteriormente lo scandalo diossina in Germania e, nel frattempo, Berlino cerca colpevoli da decapitare: un’azione politica, tuttavia, che non basta a ridare fiducia ai consumatori tedeschi. Perché, secondo un’indagine presentata dal settimanale Der Spiegel, il controllo della qualità dei prodotti alimentari in Germania è sistematicamente inaffidabile e ora, più che il sacrificio politico di qualsiasi capro espiatorio, dal Governo ci si aspetterebbe una riforma concreta delle procedure di garanzia.

Tutto è cominciato la settimana scorsa, quando l’azienda produttrice di mangimi per animali Harles und Jentzsch (che si trova in Schleswig-Holstein, Germania del Nord, ma che risulta registrata nella Bassa Sassonia, a Nord-Ovest) è stata indagata per la produzione di foraggi inquinati dalla diossina. Secondo le ultime indagini, Harles und Jentzsch non avrebbe fornito alle autorità una lista completa dei propri clienti: la scoperta di un nuovo rivenditore ha condotto alla chiusura di altri 934 allevamenti. L’informazione, tuttavia, è giunta a Berlino con estremo ritardo.

Non si sono fatte attendere le reazioni da parte del Governo. Il ministro per la Tutela dei consumatori, Ilse Aigner (CSU), da parte sua ha chiesto che i responsabili paghino in prima persona. In particolare, Aigner ha sollecitato le dimissioni del ministro dell’Ambiente della Bassa Sassonia, Hans-Heinrich Sander (FDP) e del suo sottosegretario, responsabili di non averla informata tempestivamente. Aigner ha inoltre invitato il presidente del Land in questione, David McAllister (CDU), a prendere provvedimenti. Tante parole, tuttavia, che potrebbero non bastare a risolvere il problema.

In Germania la sicurezza alimentare viene garantita ai cittadini attraverso il sistema del Qualitaetssiegel (QS), un marchio di qualità rilasciato da alcuni istituti privati dopo regolari analisi di laboratorio di campioni di produzione. Il contrassegno QS è sinonimo di qualità sia per i consumatori che per lo Stato: supermercati e negozi accettano soltanto merce con il suddetto bollino e le autorità tedesche tralasciano volentieri di controllare ufficialmente le aziende già certificate QS.

In realtà, il sistema QS non è all’altezza della fiducia che gli si accorda quotidianamente, poiché le analisi dei campioni alimentari avvengono secondo una procedura a dir poco bislacca: basti pensare che, dal 2003, anche Harles und Jentzsch era regolarmente certificata QS. Gli istituti di controllo (privati) autorizzati concedono piena autonomia alle aziende: sono i produttori stessi - contadini e macellai, così come industrie di mangime - a scegliere quando e come sottoporsi agli accertamenti; sono le aziende stesse a prelevare i campioni dalla propria produzione e a inviarli ai laboratori che più li aggradano tra quelli approvati dallo Stato. In pratica, non esistono controlli a sorpresa. Un po’ troppa emancipazione, a quanto pare, anche per l’irreprensibile Germania.

Il sistema QS è stato introdotto nel 2001 in seguito allo scandalo dell’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), di cui si sono trovati alcuni casi anche in Germania. Oltre alle dimissioni del ministro dell’Agricoltura e di quello della Salute, la crisi della mucca pazza ha palesato la necessità di un controllo più attento della catena alimentare. Con il polverone mediatico, tuttavia, è scomparsa anche l’urgenza e la politica si è accontentata dei buoni propositi dei protagonisti dell’industria alimentare, che hanno appunto promosso il sistema QS. Un metodo, tuttavia, che lascia la sicurezza dei consumatori tedeschi nelle mani dei produttori stessi.

In sostanza, più che una certificazione effettiva di qualità, il bollino QS sembra essere un doping da commercio, un fattore indispensabile ai produttori per mantenere un certo tenore di prezzi. Perché, senza QS, i prodotti sono pagati meno. In occasione dello scandalo diossina, il ministro per la Tutela del consumatore Aigner ha presentato un mini-programma di riforma in dieci punti, che non va comunque a migliorare il sistema là dove ce n’è bisogno. Aigner, inoltre, ha sollecitato l’intervento dell’Unione Europea, accordando nel frattempo ancora piena fiducia all’economia.

Negli ultimi anni, tra l’altro, si è diffusa un’insana concorrenza tra i produttori, determinata dall’aumento sproporzionato della produzione di carne e dal conseguente calo dei prezzi (si parla della nostra società, chiaramente, una società che consuma più del necessario e si arroga il diritto di buttare il surplus). Se si considerano questi fattori, forse, lo scandalo della diossina può anche non sorprendere più di tanto.

Quanto più cresce la competizione, tanto più aumenta il rischio di azioni criminali nell’ambito dell’industria alimentare che assicurino un tenore di vendite altrimenti impensabile. A farne le spese, chiaramente, la qualità: così si arriva all’alto tasso di diossina nelle uova, che indica la presenza di combustibile vecchio e rifiuti industriali nel foraggio dei polli, o alla presenza di ormoni e antibiotici nella carne di maiale, dovuta allo smaltimento di medicinali nel rispettivo mangime.

Tanto rumore per nulla, quindi: fino a che punto ci si aspettare qualità in condizioni di sopravvivenza economica e con un sistema di controllo della qualità tanto tollerante? Come si può lasciare tanta autonomia a produttori che devono fare i conti, a fine mese, con un bilancio aziendale e non con la nostra salute?























Questa voce tratta di una classe di composti,
a cui appartengono cancerogeni riconosciuti
per l'uomo, ed alcuni dei più potenti
composti tossici conosciuti.

wikipedia

Le diossine, dal punto di vista della nomenclatura chimica, sono una classe di composti organici eterociclici la cui struttura base consta di un anello con quattro atomi di carbonio e due di ossigeno.
Si ripartiscono in due categorie, entrambe derivate da composti di formula bruta C4H4O2.

Tra le circa 200 diossine stabili conosciute, le più note sono le dibenzodiossine policlorurate, composti aromatici la cui struttura consiste di due anelli benzenici legati da due atomi di ossigeno e con legati uno o più atomi di cloro. Gli anelli benzenici stabilizzano la struttura della molecola.

Gli isomeri che hanno il cloro nella posizione 2, 3, 7 e/o 8 sono quelli più tossici.
Le diossine alogenate si bioaccumulano con emivita variabile a seconda delle molecole degli organismi e delle condizioni degli stessi[1].

La più nota e pericolosa di esse, per contaminazioni ambientali e alimentari, è la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina, spesso indicata con l'abbreviazione TCDD.


formula di struttura del TCDD






Come si legge la tracciatura delle uova, diventata obbligatoria dal primo gennaio 2004?


Sul guscio dell'uovo trova
te una serie di cifre come questa: 1IT123PV034 1

- La prima cifra identifica il metodo dell'allevamento: 0 allevamento biologico, 1 allevamento all'aperto (cioè in uno spazio di almeno 4 mq con vegetazione in cui le galline possono razzolare almeno due ore al
giorno), 2 allevamento a terra (su terreno coperto di paglia o di sabbia), 3 allevamento in gabbia (dove per ogni gallina è riservato almeno mezzo metro quadro).

IT - Lo stato dove l'uovo è stato prodotto. 123 - Il codice Istat del comune sede dell'allevamento. PV - La provincia dove ha sede l'allevamento. 034 - Numero di identificazione dell'allevamento. A volte tale numero è seguito da una lettera che identifica il gruppo di galline ovaiole all'interno dell'allevamento. Se l'uovo è prodotto al di fuori dei paesi dell'Unione europea la dicitura sugli imballaggi è "sistema di allevamento indeterminato".

Sull'etichetta della confezione deve essere riportata la data di scadenza, per legge 28 giorni dopo la deposizione. Si deve notare che le uova devono essere ritirate dagli scaffali del supermercato una settimana prima della scadenza, per evitare che al consumatore distratto resti poco tempo per il consumo.

Altre informazioni presenti per legge sull'etichetta sono: la data di consumo preferibile, la categoria di qualità e di peso, il numero di uova confezionate, il nome e la ragione sociale o il marchio del centro di imballaggio, le modalità di conservazione. Informazioni facoltative sono: data di deposizione, data di imballaggio, tipo di alimentazione fornita alle galline.

In Italia la maggior parte di uova appartiene al metodo di allevamento 3, ben il 96% del totale. Un po' meglio la situazione europea, dove l'allevamento in gabbia copre "solo" l'87% del prodotto globale.

lunedì 17 gennaio 2011

La fine della recessione? Chi inganna chi?



Immanuel Wallerstein

Tradotto da Alba Canelli

I media ci dicono che la "crisi" economica è finita, e che l'economia-mondo è tornata alla sua modalità normale di crescita e di profitto. Il 30 dicembre, Le Monde riassume questa sensazione in uno dei suoi soliti e brillanti titoli di sempre: "Gli Stati Uniti vogliono credere in una ripresa economica". Esatto, loro "vogliono credere," e non solo la gente degli Stati Uniti. Ma è così?

Prima di tutto, come ho detto più volte, non siamo in una recessione, ma una depressione. La maggior parte degli economisti tendono ad avere definizioni formali di questi termini, basate principalmente sull' aumento dei prezzi nei mercati azionari. Utilizzano questi criteri per dimostrare la crescita e il profitto. E i politici al potere sono felici di sfruttare questa assurdità. Ma né la crescita né il guadagno sono le misure appropriate.

Ci sono sempre alcune persone che ottengono guadagni, anche nel peggiore dei tempi. La questione è quante persone, e quali persone. In tempi "buoni," la maggior parte della gente gode di miglioramenti in situazioni materiali, anche se vi sono notevoli differenze tra quelli che sono in cima e quelli in fondo alla scala economica. Una marea crescente solleva tutte le barche, come si suol dire, o almeno la maggior parte delle barche. Ma quando l'economia-mondo ristagna, come è stato per l'economia-mondo fin dal 1970, accadono diverse cose. La quantità di persone che sono abituate a guadagnare e quindi ricevere un reddito minimo adeguato, diminuisce notevolmente. E per questo, i paesi cercano di esportare la loro disoccupazione a vicenda. Inoltre, i politici cercano di negare l'accesso agli anziani pensionati e giovani che non sono ancora in età lavorativa, con lo scopo di placare gli elettori che rientrano in categorie comuni dell' età lavorativa.

Se valutiamo la situazione paese per paese, è per questo che ci sono sempre un certo numero di questi, dove la situazione è meglio di molti altri. Ma quali paesi sembrano essere in una situazione migliore è una cosa che varia con una certa rapidità, come è avvenuto negli ultimi 40 anni. Inoltre, mentre la situazione di stallo continua, il quadro negativo si sviluppa e cresce, motivo per cui i media cominciarono a parlare di "crisi" e i politici a cercare pronti rimedi. Hanno chiesto l' "austerità," che significa ridurre ulteriormente le pensioni, l'istruzione e l'attenzione all'infanzia. Sgonfiano la loro moneta, se questo gli è possibile, al fine di ridurre temporaneamente il loro tasso di disoccupazione a scapito dei tassi di disoccupazione di un altro paese.

Consideriamo il problema delle pensioni statali. Nel 2009, uaa piccolo cittàin Alabama ha esaurito il suo fondo pensione. Si dichiarò in bancarotta e smise di pagare le sue pensioni, violando la legge statale gli imponeva di farlo. Come precisò il New York Times, "non sono solo i pensionati quelli che soffrono quando un fondo pensione si prosciuga". "Se una città cerca di rispettare la legge e pagare un pensionato con denaro della sua finanziaria, probabilmente dovrà adottare notevoli aumenti di tasse o realizzare massicci tagli nel settore dei servizi, per raccogliere il denaro." "Gli attuali lavoratori urbani potrebbero pagare un piano pensionistico che non sarà lì per il loro pensionamento".

Ma questo è un problema che si profila in ogni stato degli USA che, per legge, deve avere bilanci in pareggio, il che significa che non possono ricorrere a prestiti per soddisfare le proprie esigenze di bilancio. E c'è un problema parallelo in ogni nazione che è nella zona euro che non può sgonfiare le sue valute per soddisfare le sue esigenze di bilancio, che ha fatto sì che la sua capacità di ottenere prestiti comporti costi insostenibili ed esorbitanti.

Ma che cosa, si può chiedere a quei paesi in cui si dice che l'economia "fiorisce", come la Germania, e più in particolare della Germania, in Baviera, chiamato da alcuni "il mondo dei felici." Perché succede allora che gli abitanti della Baviera "sentono un malessere" e sembrano "sopraffatti ed incerti della loro salute economica?" Il New York Times osserva che "(in Baviera) c'è un' opinione diffusa che la buona fortuna della Germania ..." "è arrivata a spese dei lavoratori, che negli ultimi 10 anni hanno sacrificato stipendi e benefici per rendere i loro datori di lavoro più competitivi..."

"Infatti, parte della prosperità proviene dal fatto che le persone non ottengano la protezione sociale che dovrebbero avere".

Bene, allora, almeno c'è il buon esempio delle "economie emergenti" che hanno mostrato una crescita sostenuta nel corso di pochi anni, soprattutto nei cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). Guardiamo meglio. Il governo cinese è molto preoccupato per le disinvolte pratiche di concessione di prestiti della banche cinesi, che sembrano essere una bolla, e che conducono alla minaccia di inflazione. Un risultato è il forte aumento dei licenziamenti in un paese dove la rete di sicurezza per i disoccupati sembra essere scomparsa. Nel frattempo, il nuovo presidente del Brasile, Dilma Rousseff, ha detto preoccupata che la "sopravvalutazione" della valuta brasiliana si unisce a quello che lei percepisce come deflazione della moneta americana e della Cina che minacciano la competitività delle esportazioni brasiliane. E i governi di Russia, India e Sud Africa, tutti mostrano i primi segni di insoddisfazione da ampi segmenti della loro popolazione che non sembra aver ricevuto i benefici della presunta crescita economica.

Infine, non da meno, vi sono notevoli aumenti dei prezzi dell'energia, cibo e acqua. Questo è il risultato della combinazione di una popolazione mondiale in crescita e l'aumento della percentuale di persone che chiedono di averci accesso. Ciò implica una lotta per raggiungere questi beni di prima necessità, una lotta che potrebbe rivelarsi mortale. Ci sono due possibili esiti. Uno è che un gran numero di persone a riducano il livello di domanda che è il più improbabile. Un altro è che la mortalità della lotta termini riducendo la popolazione mondiale e quindi meno carenza -una soluzione malthusiana delle più spiacevoli.

Entrando in questo secondo decennio del XXI secolo, sembra improbabile che verso il 2020 guardiamo indietro a questo decennio come quello in cui la "crisi" è stata relegata alla memoria storica. Non aiuta molto "voler credere" in una prospettiva che sembra remota. Non aiuta per cercare di capire che quello dobbiamo fare al riguardo.
















Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://www.iwallerstein.com/end-of-the-recession-whos-kidding-whom/

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