mercoledì 7 novembre 2012

CONSULTA RIVOLUTZIONARIA SARDINYA..............

OI ASUMANCU TREMILLAS PERSONAS ANT PARTECIPADU A S'ATOBIU DDE SA CONSULTA REVOLUTZIONARIA DE SARDINYA, ET ANT NAU DDE ESSIRI PRONTUS PRO SI PIGAI SA RESPONSABILITAT DE GUVERNU DE SA TERRA NOSHTA.
S'ATOBIU DDE SA CONSULTA REVOLUTZIONARIA DE SARDINYA
E' giunto il giorno da dove possiamo allocare la partenza della Consulta Rivoluzionaria del popolo sardo.

E' l'inizio del percorso che ci porterà all'indipendenza, una massa di circa tremila persone hanno dato vita a "s'Atobiu" l'assemblea , ove son state smascherate tutte le pecche di questa classe politica corrotta e venduta agli interessi "altri" anchè quelli de il popolo; abbiamo iniziato a percorrere uan strada ce porta alla Rivoluzione Sociale della Sardinya, le avanguardie del popolo iniziano con "frastimus" imprecazioni per la condizione difficoltà e di subalternità ad un potere politico irresponabile ed egoista, che altro no fa che arricchirsi e gettare il popolo nella povertà più estrema. 

V'è la necessità organizzativa, ma sopratutto è "su bisu" il sogno della nuova dimensione, che, spinge la massa a farsi critica e istanziale di nuove idee da applicarsi sul campo tutto da lavorare e preparare alla fertilità.

Gli umori tra i presenti son variabili e i commenti son tinti quelli di stupore, altridi  delusione, ma arde e non cambia l'intento e la consapevolezza d'essere soggetto vincente.


Siamo pronti a trattare, con l'Italia colonialista, la nostra liberazione ed assumere responsabilmente la capacità di camminare sulle nostre proprie gambe,  rivendichiamo i nostri diritti di nuova Natzione dell'arcipelago euro-med, assumere  il ruolo che ci compete  di nuovo soggetto geopolotico e nell'imperante sprazzo del suo proprio alter-alter, assurgere a le nuove dimensioni del limes il tempo de l'astrato, e consentire infine la formazione della nuova soggettività sovrana, in terra libera. 


"Sardinya libera e indipendente!"

Ora, oggi, siamo arrivati alla giusta consapevolezza del nostro essere natzione indipendente, libera e sovrana.

Non abbiamo bisogno di essere consigliati o diretti da nessun altro che da noi stessi, poichè in noi vi è l'intemperante fierezza del cambiamento.

Ecco che s'affaccia legiadra forte e sanamente vergine vibarnte la nuoa era delle natzioni senza stato che ottemperando al giuramento che han col popolo loro perndon fardello e pongon i ponti de la LIBERTA'.

EST CUSTA S'ORA DE BOLIT CUN TOTUS IS FORTZAS SA SOBERANIA,  S'INDIPENDENTZIA,  SA LIBERTADE DE SARDINYA!!

SA DEFENZA



ASSEMBLEA GENERALE DEL POPOLO SARDO

La Consuta rivolutzionaria nasce con l'obiettivo di costituire un grande spazio di confronto, condivisione e partecipazionedal basso che raggruppi in Sardinya tutti i cittadini e le organizzazioni sociali e produttive.

La politica espressa oggi dala Regione  Autonoma dimostra l'incapacità, da partre di chi governa, a trovare soluzioni immediate e urgenti per arginare le cconseguenze devastanti della crisi che sta interessando ormai tutti i settori della società sarda.

CONSULTA RIVOLUZIONARIA


GIACOMO MELONI SEGRETARIO DELLA CONFEDERAZIONE SINDACALE SARDA CSS, HA INDETTO LO SCIOPERO GENERALE IN SARDINYA IL 7.11.2012
  

martedì 6 novembre 2012

Abbandonare l'Euro

Abbandonare l'Euro


Vicenç Navarro 
Tradotto da  Alba Canelli




Vista l'enorme crisi finanziaria ed economica vigente in Spagna, ci sono tre alternative. Una è quella di continuare le politiche di austerità del governo del Partito popolare, seguendo le istruzioni del Consiglio europeo (dominato da conservatori e liberali), della Commissione Europea (di chiaro orientamento conservatore neoliberista) e della Banca Centrale Europea (sotto l'enorme influenza della Bundesbank, la banca centrale tedesca, che è stata definita ironicamente e con ragionevole certezza, come il Vaticano del neoliberismo), massima esponente del sistema bancario tedesco. Queste politiche conducono inevitabilmente ad una situazione di recessione, rasentando la depressione per molti anni. Il suo fulcro è un attacco frontale al mondo del lavoro, allo stato sociale e alla democrazia.

L'evidenza di ciò è forte e sconvolgente. La sua massima espressione è ciò che sta accadendo in Grecia. Dietro questa strategia c'è il capitale finanziariario (che oggi domina il comportamento, non solo finanziario, ma anche economico, nell'area dell'euro) e il capitale delle grandi aziende. Questa opzione è, senza dubbio la peggiore. Aspettarsi che le politiche di quella che viene chiamata "austerità espansiva" siano efficaci nello stimolare l'economia e uscire dalla recessione, appartiene all’ambito del dogma neoliberista, accettato per molto tempo dalle sinistre al governo che stanno portando la Spagna, l'Europa e il mondo al disastro.
Un'altra alternativa è quella di seguire politiche quasi opposte alle politiche di austerità. Questa alternativa sarebbe ispirata alle politiche espansive del New Deal del XX secolo negli Stati Uniti e anche alle politiche espansive degli anni Cinquanta e Sessanta che hanno seguito la maggior parte dei paesi in Europa, stimolati dal Piano Marshall. Tali politiche espansive, effettuate su entrambi i lati dell'Atlantico, hanno permesso agli Stati Uniti e all'Europa occidentale di uscire dalla Grande Depressione. L'applicazione di queste politiche in Spagna e nell'UE implicherebbe un forte aumento della spesa pubblica, che avrebbe lo scopo di creare posti di lavoro e, attraversoquesti, aumentare la domanda interna e stimolare l'economia. Tali politiche avrebbero al centro della loro strategia, lo stimolo della crescita, sia per la Spagna, quanto per l’Unione Europea. Contrariamente a ciò che sostiene la saggezza convenzionale, questa strategia potrebbe essere sviluppata anche in Spagna, anche se la sua esecuzione sarebbe più semplice se tali politiche fossero effettuate anche a livello dell'Eurozona e dell'Unione Europea.
Mi si dirà che il governo francese ha già iniziato questo percorso. Ma, come ho scritto di recente, questo governo ha firmato il Patto Fiscale che impone agli Stati di avere bilanci in pareggio, senza mettere in discussione il Patto di Stabilità, che è quello che sta determinando i massicci tagli alla spesa pubblica che si stanno attuando nei paesi dell'Eurozona. Non possono sviluppare politiche di crescita senza mettere in discussione tali trattati. Il fatto che il governo socialista francese abbia proposto al Parlamento francese di approvare un simile patto fiscale, è un indicatore della scarsa probabilità che tale alternativa espansionista avvenga in quel paese.
Non escludo che le crescenti proteste popolari, guidate dai sindacati, e la crescita dei partiti più oltranzisti dei socialdemocratici al potere, muovano questi partiti verso posizioni più coerenti con il loro discorso a favore della crescita. Ma questa possibilità è campata in aria. Non la escludo (e sarebbe la mia preferita), ma sono scettico. I partiti socialdemocratici non hanno fatto l'autocritica che implicava il cambiamento notevole che avrebbero dovuto fare nelle loro politiche economiche. La socialdemocrazia spagnola e catalana ne sono un chiaro esempio. Le politiche economiche che stanno proponendo presumono che l'economia si riprenderà sulla base di un aumento delle esportazioni, senza rendersi conto che l'elemento chiave di tale recupero passa attraverso un aumento della domanda interna.
Questo ci porta alla terza alternativa, che non è la mia prima opzione, ma credo più che mai che sia l'unica opzione rimasta, dal momento che, come ho detto prima, la peggiore scelta è quella di continuare la situazione attuale. E la terza opzione è che la Spagna esca dall'euro. L'aver raggiunto questa conclusione deriva dalla mia consapevolezza del fatto che la Spagna non ha i mezzi e gli strumenti per uscire dalla crisi. Non è possibile svalutare la moneta per rendere più competitiva la Spagna, e lo stato non può proteggersi dalla speculazione finanziaria, non avendo una banca centrale che lo protegge. Questo è intollerabile. A meno che non si recuperino questi strumenti, la Spagna, nel quadro attuale della zona euro, non può riprendersi. In realtà, non è un caso che la Gran Bretagna e la Svezia stanno iniziando politiche espansive, in quanto entrambi i paesi hanno la loro moneta e la loro banca centrale.
Le argomentazioni che sono state addotte contro questa uscita dall'euro, nella maggior parte dei mezzi di comunicazione sono così di parte che peccano di credibilità. Vediamo. Uno di questi è che alla Spagna, con uscita dall'euro, si vedrebbe negata la possibilità di prendere in prestito denaro sui mercati finanziari. Lo stesso argomento è stato utilizzato, naturalmente, con molti paesi, tra cui Argentina (quando si separò dal dollaro), ma questo non è confermato dalla realtà dei fatti. Il sistema finanziario di oggi è multipolare, e non mancano nel mondo di oggi, né la liquidità né il credito. Al contrario. Oggi il mondo è inondato di denaro. Vi è un eccessivo accumulo di capitale finanziario. Il problema è la mancanza di domanda da parte la maggior parte delle popolazioni. Tale carenza è creata artificialmente in Spagna (e progettata fin dall'inizio dai creatori dell'euro e della BCE). Oggi la Spagna potrebbe ottenere credito ad interessi molto più bassi, se non aderisse all’unità monetaria. Svezia e Gran Bretagna, entrambe nell'UE, ma non nella zona euro, non hanno difficoltà di accesso al credito.
Un altro argomento che è stato usato è basato sull'ignoranza rispetto ad alcuni fatti. E' stato detto più volte che l'Argentina ha potuto recuperare molto presto (ha avuto bisogno di soli sei mesi per ricrescere dopo aver lasciato il dollaro) a causa della forte domanda di prodotti naturali in un'economia globale molto espansiva. Questo argomento non tiene conto del fatto che la ripresa argentina non era basata sull'incremento delle esportazioni, ma sulla crescita della domanda interna.
Un argomento che ha più validità, tuttavia, è il rischio di inflazione crescente, a causa dell'emissione di molta moneta da parte della banca centrale per supportare le politiche espansive. Questo rischio è reale. Ora, tra due mali minori, è preferibile un'inflazione elevata con basso tasso di disoccupazione e una crescita elevata, piuttosto che la situazione attuale con una bassa crescita, alta disoccupazione, e recessione.
Ammetto che l'uscita dall'euro non sarebbe un processo facile. Ma questo argomento, - la difficoltà di abbandonare l'euro - deve essere considerata alla luce dei costi umani, sociali, economici rispetto alla permanenza nell’euro. Le proposte di uscire dalla crisi nell'euro, sulla base di un aumento delle esportazioni (così come proposto, non solo dai gruppi di lavoro economici del Partito Popolare, ma anche del PSOE e PSC), ignorano (ripeto quello che ho detto prima) che il più grande problema dell'economia spagnola è l'enorme paralisi della domanda interna. Come ho già sottolineato, il settore delle esportazioni è andato crescendo in Spagna, mentre l'economia continuava a collassare, anno dopo anno. La soluzione passa attraverso un aumento della domanda che non può essere risolto se non si rompe con le politiche imposte dalle autorità della zona euro e dal Fondo Monetario Internazionale. È interessante notare che i due stati di cui sopra, il britannico e lo svedese (entrambi governati da partiti conservatori) hannoconvenuto che senza politiche espansive, di stimolo economico, non si riprenderanno dalla loro crisi. Ma, come ho detto prima, entrambi sono in grado di farlo perché hanno una propria banca centrale e una propria moneta. Quindi, anche se il debito britannico è superiore a quello spagnolo (che è relativamente basso), gli interessi sul debito pubblico sono molto più bassi, e nessuno dei due, né Gran Bretagna e né Svezia, hanno una forte inflazione. Il fatto che vi è un rischio di alta inflazione non basta per concludere che l'uscita dall'euro della Spagna porterebbe a un'inflazione elevata che colpirà l'efficienza dell'economia spagnola.
Un'ultima osservazione. E' una grande imperizia che nessuno dei due partiti maggiori, in grado di governare la Spagna abbiano minacciato di abbandonare l'euro. L'ultima cosa che vogliono la Germania e le sue banche è che la Spagna lasci l'euro. Lo Stato spagnolo dovrebbe usare questa minaccia come merce di scambio nelle sue trattative con la Troika. Il fatto è che non lo fa indica il suo grado di dipendenza. 





Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://blogs.publico.es/dominiopublico/5871/salirse-del-euro/
Data dell'articolo originale: 27/09/2012
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=8515 

 

lunedì 5 novembre 2012

7 NOVEMBRE 2012 CONSULTA RIVOLUTZIONARIA DAVANTI ALLA REGIONE SARDA

A IS 10 DE SU 7 MESI D'ONNIASANTU (DE SANT'ANDRIA) DE SU 2012
INNANTIS DE SA REJONE SARDA

ATOBIU CUN SCIOPERU NATZIONALI CUNTRA SA CASTA DDE IS BENDIUS DE ONNIA TZERACU DDE IS  PARTIDUS ITALIANISTAS-SARDUS

AMUS A TZERRIAI TOTUS IS AMIGUS CUMPANTZUS FRADIS E SORRIS DDE SARDINYA A SI PORTAI IN S'ATOBIU ASUTA DDE SA REJONE PO DDI 'ONAI SU PAPERI DDE VIA DE SA PATRIA NOSHTA! 

LA SITUAZIONE SOCIALE ED ECONOMICA IN CUI VERSA LA NOSTRA NATZIONE E' MOLTO GRAVE, E DOBBIAMO ASSUMERCI LA RESPONSABILITA' DELLA DIRETZIONE E DI GOVERNO DELLA SARDINYA PER NON LASCIARE CHE I PIRATI FAMELICI AL SERVIZIO DELLE BANCHE AMERICANE E ITALIOTE, DELLA BCE DEL FMI E DELL'EUROPA AFFOSSINO UNA NATZIONE ED UN POPOLO FIN ORA SCHIACCIATO PURE DALL'ARROGANZA ITALIOTA, PER RISCATTARE LA STORIA DEI NOSTRI EROICI AVI, E COSTRUIRE , SEGUENDO LE ORME DEGLI ANTICHI UNA NUOVA NATZIONE A DIMENSIONE D'UOMO E NON DEL PROFITTO.

E' ORA DI DARE IL SEGNALE AL POPOLO SARDO CHE CAMBIARE SI PUO' 
CAMMINARE CON LE NOSTRE GAMBE E' PIU' FACILE E MIGLIORE PER CAMBIARE , PARTECIPARE E' LA SOLUTZIONE ALL'APATIA ED ALL'AFASIA GENERALE CREATA DAI PARTITI ITALIOTI FINTI SARDI, PERCIO' ANZICHE' STARE A GUARDARE DALLA FINESTRA DELLA STORIA, AGISCI, MUOVI IL CULO E SCENDI IN PIAZZA AD ABBATTERE IL SISTEMA!

IL 7 NOVEMBRE 2012 , INIZIA LA NUOVA ERA DELLA NOSTRA NATZIONE,  CONSULTA RIVOLUTZIONARIA IMBOCA LA STRADA DA PERCORRERE PER LA NOSTRA SOVRANITA', INDIPENDENZA E  LIBERTA'!

SA DEFENZA





sabato 3 novembre 2012

Le basi che fanno paura... Teulada Quirra ....Sardinya..


Le basi che fanno paura. Documento dove raggrupperemo le 5 puntate.


Salvatore bellisai
Ipotesi sulle contaminazioni nei siti militari sardi

di Milvia Spadi

In Sardegna si trova il 60% delle basi militari italiane, intorno a Teulada, Capo Frasca e Quirra, da tempo si lamenta l’inquinamento prodotto dai materiali usati per le esercitazioni. In particolare nella zona  del poligono sperimentale del Salto di Quirra, il più grande d’Europa, sul quale dal 2011 indaga la procura di Lanusei, è stato accertato l’uso di armi pericolose, e rilevate tracce di uranio, torio, cadmio tugstenio. Il processo contro i responsabili accusati di inquinamento ambientale è in corso. Da tempo tuttavia associazioni di militari e civili protestano contro questa pericolosa presenza che avrebbe causato tumori e leucemie. E sono sempre di più le costituzioni di parte civile al processo.  





venerdì 2 novembre 2012

Grecia-Germania: Chi deve a chi? [1] L’annullamento del debito tedesco a Londra nel 1953

Grecia-Germania: Chi deve a chi? [1] L’annullamento del debito tedesco a Londra nel 1953

Eric Toussaint Ερίκ Τουσέν 
Tradotto da  FrancescaB



Dal 2010, nei paesi più forti della zona euro, la maggior parte dei dirigenti politici, sostenuti dai media dominanti, vantano i meriti della loro presunta generosità nei confronti del popolo greco e di altri paesi indeboliti della zona euro che occupano le prime pagine dell’attualità (Irlanda, Portogallo, Spagna…). In questo contesto sono chiamate «piani di salvataggio» delle misure che sprofondano ancora di più l’economia dei paesi cui sono destinate e che contengono arretramenti sociali mai visti in Europa nel corso degli ultimi 65 anni. A questo si aggiunge l’inganno del piano di riduzione del debito greco adottato nel marzo 2012, che implica una diminuzione dell’ordine del 50% (1) dei crediti dovuti dalla Grecia alle banche private, anche se questi crediti avevano perso tra il 65 e il 75% del loro valore sul mercato finanziario secondario.
La riduzione dei crediti alle banche private è compensata da un aumento dei crediti pubblici nelle mani della Troika e sfocia su nuove misure di una brutalità e di un’ingiustizia fenomenali. Questo accordo di riduzione del debito mira a vincolare definitivamente il popolo greco a un’austerità permanente, costituisce un insulto e una minaccia per tutti i popoli d’Europa e d’altrove. Secondo i servizi di studio dell’FMI, nel 2013, il debito pubblico greco rappresenterà il 164% del PIL, il che significa che la riduzione annunciata nel marzo 2012 non porterà a un effettivo e durevole alleggerimento del fardello del debito che pesa sul popolo greco. È in questo contesto che Alexis Tsipras, in visita al Parlamento europeo il 27 settembre 2012, ha sottolineato la necessità di un’iniziativa concreta di riduzione del debito greco e ha fatto riferimento all’accordo di Londra del 1953 che portò all’annullamento di buona parte del debito tedesco. Torniamo su questo accordo.


Il banchiere Hermann Josef Abs firma l'accordo di Londra sul debito tedesco  il 27 febbraio 1953

L’accordo di Londra del 1953 sul debito tedesco
Il radicale alleggerimento del debito della Repubblica federale della Germania (RFA) e la sua rapida ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale sono state rese possibili grazie alla volontà politica dei suoi creditori, ovvero gli Stati Uniti e i loro principali alleati occidentali (Gran Bretagna, Francia). Nell’ottobre del 1950 questi tre alleati formulano un progetto nel quale il governo federale tedesco riconosce l’esistenza dei debiti dei periodi precedenti e successivi alla guerra. Gli alleati vi allegano una dichiarazione in cui si notificava che «i tre paesi concordano che il piano prevede un regolamento adeguato delle esigenze insieme alla Germania il cui risultato non deve squilibrare la situazione finanziaria dell’economia tedesca attraverso ripercussioni indesiderate né colpire eccessivamente le riserve potenziali della valuta. I tre paesi sono convinti che il governo federale tedesco condivide la loro posizione e che il ripristino della solvibilità tedesca deve essere accompagnato da un adeguato pagamento del debito che assicura a tutti i partecipanti una giusta negoziazione, tenendo conto dei problemi economici della Germania (2)».

Se contabilizziamo gli interessi, il debito reclamato alla Germania riguardo al periodo antecedente la guerra ammonta a 22,6 miliardi di marchi. Il debito del dopo guerra è stimato a 16,2 miliardi. Al momento dell’accordo concluso a Londra il 27 febbraio 1953 (3) queste somme sono portate a 7,5 miliardi di marchi per quanto riguarda la prima e a 7 miliardi per la seconda (4). In percentuale questo rappresenta una riduzione del 62,6%. Per di più l’accordo stabilisce la possibilità di sospendere i pagamenti per rinegoziarne le condizioni qualora si verificasse un cambiamento sostanziale che limita la disponibilità delle risorse (5).
Per assicurarsi che l’economia della Germania occidentale sia davvero rilanciata e che costituisca un elemento stabile e centrale nel blocco atlantico di fronte al blocco dell’Est, gli Alleati creditori fanno importanti concessioni alle autorità e alle imprese tedesche indebitate, concessioni che vanno ben al di là di una riduzione del debito. Si parte dal presupposto che la Germania debba essere in condizioni di rimborsare tutto, mantenendo un livello di crescita elevato e un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Rimborsare senza impoverirsi. Per questo i creditori accettano:
- Primo, che la Germania rimborsi l’essenziale del debito che le è richiesto con la sua moneta nazionale, il marco. Rimborsa solo in maniera marginale con valute forti (dollari, franchi svizzeri, sterline…).

- Secondo, anche se all’inizio degli anni Cinquanta il paese presenta ancora una bilancia commerciale negativa (il valore delle importazioni supera quello delle esportazioni), le potenze creditrici accettano che la Germania riduca le importazioni: può produrre autonomamente quei beni che in passato faceva arrivare dall’estero. Consentendo alla Germania di sostituire le importazioni con beni di produzione propria, i creditori accettano quindi di ridurre le loro esportazioni verso questo paese. Ora, nel periodo tra il 1950 e il 1952 il 41% delle importazioni tedesche arrivavano da Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Se si aggiunge a questa cifra la parte delle importazioni provenienti dagli altri paesi creditori che hanno partecipato alla conferenza (Belgio, Olanda, Svezia e Svizzera), la cifra totale ammonta addirittura al 66%.

- Terzo, i creditori autorizzano la Germania a vendere i suoi prodotti all’estero, arrivando a incentivarne le esportazioni al fine di stimolare una bilancia economica positiva. Tutti questi elementi sono riportati nella dichiarazione precedentemente menzionata: «la capacità della Germania di pagare i suoi debitori privati e pubblici non significa unicamente la capacità di realizzare regolarmente i pagamenti in marchi tedeschi senza conseguenze inflazionistiche, ma anche che l’economia del paese possa coprire i debiti tenendo conto del suo attuale bilancio dei pagamenti. Determinare la capacità di pagamento della Germania chiede di far fronte a certi problemi quali:

1. la futura capacità produttiva della Germania con particolare riguardo verso la capacità produttiva dei beni esportabili e la capacità di sostituire le importazioni;

2. la possibilità di vendere le merci tedesche all’estero;

3. le probabili condizioni di commercio future;

4. le misure fiscali ed economiche interne necessarie ad assicurare un surplus per le esportazioni (6).»
Inoltre, in caso di litigio con i creditori, i tribunali tedeschi sono, in generale, competenti. Si dice esplicitamente che, in certi casi, «i tribunali tedeschi potranno rifiutare di eseguire […] la decisione di un tribunale straniero o di un’istanza arbitrale». È il caso qualora «l’esecuzione della decisione fosse contraria all’ordine pubblico» (p.12 dell’Accordo di Londra).

Un altro elemento molto importante è che il servizio del debito viene fissato in funzione della capacità di pagamento dell’economia tedesca, tenendo conto dello stato di avanzamento della ricostruzione del paese e dei ricavi delle esportazioni. In tal modo, la relazione tra il servizio del debito e i redditi delle esportazioni non deve superare il 5%. Ciò significa che la Germania occidentale non deve consacrare più di un ventesimo di tali redditi al pagamento del debito. In pratica, la Germania non destinerà mai più del 4,2% dei proventi delle esportazioni al pagamento del debito (questo montante viene raggiunto nel 1959). In ogni caso, nella misura in cui buona parte dei debiti tedeschi era rimborsata in marchi, la banca centrale tedesca poteva emettere moneta, in altri termini monetizzare il debito. Viene presa un’altra misura eccezionale: si applicherà una riduzione drastica dei tassi d’interesse che oscillano tra lo 0 e il 5%.

Le potenze occidentali offrono alla Germania dell’ovest un favore di un valore economico enorme: l’articolo 5 dell’accordo concluso a Londra rinvia il pagamento delle riparazioni e dei debiti di guerra (sia della prima che della seconda guerra mondiale) dovuti dalla RFA ai paesi occupati, annessi o aggrediti (e anche ai loro cittadini).
Infine bisogna prendere in conto i doni in dollari fatti dagli Stati Uniti alla Germania dell’ovest: 1,17 miliardi di dollari nel quadro del Piano Marshall tra il 3 aprile 1948 e il 30 giugno 1952 (circa 10 miliardi di dollari di oggi) ai quali vanno aggiunti almeno 200 milioni di dollari (circa 2 miliardi di dollari di oggi) tra il 1954 e il 1961, principalmente tramite l’agenzia internazionale dello sviluppo degli Stati Uniti (USAID).

Grazie a queste condizioni eccezionali, la Germania occidentale si risolleva economicamente in tempi molto rapidi e, all’inizio degli anni Novanta, finisce con l’assorbire la Germania dell’est. Oggi è di gran lunga l’economia più forte in Europa.


Germania 1953/Grecia 2010-2012

Se azzardiamo un confronto tra il trattamento che subisce la Grecia e quello che è stato riservato alla Germania dopo la Seconda guerra mondiale, le differenze e l’ingiustizia sono sorprendenti. Eccone una lista non esaustiva in 11 punti:
  • 1.- Proporzionalmente, la riduzione del debito accordata alla Grecia nel marzo 2012 è infinitamente minore rispetto a quella concessa alla Germania.
  • 2.- Le condizioni sociali ed economiche legate al piano (e a quelli che l’hanno preceduto) non favoriscono per niente il rilancio dell’economia greca, mentre nel caso della Germania hanno contribuito abbondantemente a risollevare l’economia.
  • 3.- La Grecia si vede imporre privatizzazioni principalmente in favore di investitori stranieri, mentre la Germania era incoraggiata a rinforzare il controllo sui settori economici strategici, con un settore pubblico in piena crescita.
  • 4.- I debiti bilaterali della Grecia (nei confronti dei paesi che hanno partecipato al piano della Troika) non sono ridotti (fatta eccezione per quelli dovuti alle banche private), mentre i debiti bilaterali della Germania (a partire da quelli verso i paesi aggrediti, invasi o annessi dal Terzo Reich) erano stati ridotti del 60% o più.
  • 5.- La Grecia deve rimborsare in euro anche se rispetto ai suoi partner europei (in particolare Germania e Francia) si trova in una situazione di deficit commerciale (quindi in carenza di euro), mentre la Germania rimborsava l’essenziale del suo debito in marchi tedeschi fortemente svalutati.
  • 6.- La banca centrale greca non può prestare denaro al governo greco, mentre la Deutsche Bank faceva prestiti alle autorità tedesche e faceva funzionare (certo, senza esagerare) le macchine che stampano banconote.
  • 7.- La Germania era autorizzata a non consacrare più del 5% dei suoi redditi da esportazione al pagamento del debito. Oggi invece, nel caso della Grecia, non è stato fissato alcun limite.
  • 8.- I nuovi titoli del debito geco che sostituiscono i vecchi debiti alle banche non sono più di competenza dei tribunali greci, ma delle giurisdizioni del Lussemburgo e del Regno-Unito (e sappiamo quanto queste siano favorevoli ai creditori privati), mentre i tribunali della Germania (questa antica potenza aggressiva e occupante) erano competenti.
  • 9.- In materia di rimborso del debito estero, i tribunali tedeschi potevano rifiutare di eseguire le sentenze dei tribunali stranieri o dei tribunali arbitrali nel caso in cui la loro applicazione costituisse una minaccia per l’ordine pubblico. In Grecia, la Troika rifiuta tassativamente che i tribunali possano invocare l’ordine pubblico per sospendere il rimborso del debito. Ora, le enormi proteste sociali e l’ascesa di forze neo-naziste sono la conseguenza diretta delle misure dettate dalla Troika e dal rimborso del debito. Pur correndo il rischio di provocare le proteste di Bruxelles, dell’FMI e dei “mercati finanziari”, le autorità greche potrebbero invocare lo stato di necessità e l’ordine pubblico per sospendere il pagamento del debito e abrogare le misure antisociali imposte dalla Troika.
  • 10.- Nel caso della Germania l’accordo stabiliva la possibilità di sospendere i pagamenti per rinegoziarne le condizioni qualora si verificasse un cambiamento sostanziale tale da limitare la disponibilità delle risorse. Per la Grecia non si prevede nulla di simile.
  • 11.- Nell’accordo sul debito tedesco era esplicitamente previsto che il paese potesse produrre sul posto ciò che prima importava, al fine di raggiungere un surplus commerciale e di potenziare i suoi produttori locali. La filosofia degli accordi imposti alla Grecia e le regole dell’Unione Europea vietano alle autorità greche di aiutare, sovvenzionare e proteggere i suoi produttori locali - che si tratti del settore agricolo, industriale, o terziario - di fronte ai loro concorrenti degli altri paesi dell’UE (che sono i principali partner commerciali della Grecia).
Potremmo aggiungere che, dopo la seconda guerra mondiale, la Germania ha ricevuto cospicui doni, in particolare, come abbiamo visto sopra, nel quadro del Piano Marshall.

Possiamo comprendere perché il leader di Svriza, Alexis Tsipras, quando si rivolge all’opinione pubblica europea faccia riferimento all’accordo di Londra del 1953. L’ingiustizia con cui viene trattato il popolo greco (così come gli altri popoli le cui autorità seguono le raccomandazioni della Troika) deve risvegliare la coscienza di una parte dell’opinione pubblica.

Ma non facciamoci illusioni, le ragioni che hanno spinto le potenze occidentali a trattare in quel modo la Germania dell’ovest dopo la seconda guerra mondiale non sono opportune nel caso della Grecia. Per vedere una reale soluzione al dramma del debito e dell’austerità, c’è ancora bisogno di forti mobilitazioni sociali in Grecia e nel resto dell’Unione Europea, così come l’accesso al potere di un governo del popolo ad Atene. Servirà un atto unilaterale di disobbedienza proveniente dalle autorità di Atene (sostenute dal popolo), quali la sospensione del rimborso e l’abrogazione delle misure antisociali per forzare i creditori a concessioni importanti e imporre infine l’annullamento del debito illegittimo. La realizzazione a scala popolare di un audit cittadino del debito greco deve servire a preparare il terreno.

NOTE
(1) I crediti delle banche private sulla Grecia passano grosso modo da 200 a 100 miliardi di euro. Il debito pubblico totale della Grecia supera i 360 miliardi di euro.
(2) Deutsche Auslandsschulden, 1951, p. 7 e ss., in Philipp Hersel, « El acuerdo de Londres de 1953 (III) », http://www.lainsigna.org/2003/enero...
(3) Testo integrale in italiano dell’Accordo di Londra del 27 febbraio 1953: http://www.admin.ch/ch/i/rs/i9/0.946.291.364.it.pdf
(4) 1 dollaro US valeva, all’epoca, 4,2 marchi. Il debito della Germania occidentale dopo la riduzione (ovvero 14,5 miliardi di marchi) corrispondeva a 3,45 miliardi di dollari.
(5) I creditori rifiutano sempre di inserire questo tipo di clausola nei contratti che riguardano paesi in via di sviluppo o paesi come la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, l’Europa centrale o orientale…
(6) (Auslandsschulden, 1951, p. 64 e ss.) in Philip Hersel, El acuerdo de Londres (IV), 8 de enero de 2003, http://www.lainsigna.org/2003/enero...




Per concessione di ComeDonChisciotte
Fonte: http://cadtm.org/Grece-Allemagne-qui-doit-a-qui-1-L
Data dell'articolo originale: 29/09/2012

URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=8442 

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