domenica 12 gennaio 2014

SIRYA: LA GRANDE MENZOGNA... l'impegno dei media occidentali nel discredito di una nazione libera.

SIRYA: LA GRANDE MENZOGNA... l'impegno dei media occidentali nel discredito di una nazione libera.
Vàturu Erriu Onnis Sayli

al centro Ouday Hr Ramadan detto Soso  al convegno di Cagliari
La guerra, è la madre di tutte le ipocrisie, la scusa per fare stragi e passare indenni davanti alla giustizia umana; ci sono stati che a si arrogano il diritto di fare i poliziotti del mondo a motivo del numero delle armi potenti e distruttive che possiedono, ed osano pure definirsi democratici ovvero governo del popolo, mi chiedo di quale popolo sono il governo , se poi non fanno altro che distruggere e ammazzare altri popoli?

A Cagliari sabato 11 Gennaio 2014 alle 18,00 in piazza del Carmine 4, s'è svolto un convegno sulla Sirya organizzato dal Comitato No alla Guerra in Sirya, presso il CIS Centro di Iniziative Sociali, dal titolo: NAZIONI SOVRANE, IMPERIALISMO E FANATISMO ISLAMICO: COSA STA SUCCEDENDO IN SIRYA? Gli intervenuti sono Ouday Hr Ramadan detto Soso del Partito Siriano Unito e Luca Tentori .




Dopo la presentazione degli ospiti da parte della conduttrice del comitato, si apre la finestra della visione patriottica che Ouday Ramadan noto Soso si è prodigato a sciorinare lodi ed entusiastiche espressioni d'amore e colore per la sua amata terra di Sirya.

Un uomo che mostra molta gentilezza e  sapienza nell'esporre un materiale difficile a trattarsi, come  è l'argomento attorno alla  guerra di aggressione alla Sirya.

Ma riesce, nonostante il dolore per quanto sta accadendo alla sua terra, ad essere sereno e mostrare la giusta  attenzione per l'uditorio , trovando e miscelando con dovizia di immagini e similitudini d'uso e costume tra il popolo Siriano e sardo, il punto in comune ai due popoli, l'ospitalità innata che ambe due i popoli hanno; oltre all'impressione di beltà che ha avuto voluto esprimere con sincerità nel sentire il profumo che è diffuso dalle erbe aromatiche mediterranee nell'aria della terra sarda, percepito al suo arrivo in Sardinya.

Ho visto filmati su You Tube, dove spietati e feroci belve umane aprivano i corpi di soldati siriani uccisi per mangiarne il fegato... il commento di Putin alle minacce di avvertimento, di attentati a Sochi, dette dal principe saudita Bandar bin Sultan quando lo ha incontrato in agosto (2013);  che l'Arabia Saudita avrebbe attivato i gruppi terroristici ceceni da  loro controllati  contro la  Russia, se Mosca  si fosse rifiutata di abbandonare il suo sostegno al presidente siriano Bashar Al-Assad, Vladimir Putin  ha risposto se fossero questi feroci assassini  coloro che dovrebbero portare la democrazia in Sirya?

Chi manda, questi feroci assassini, in giro pel mondo a fare questo scempio?
Una risposta l'ha data il principe saudita Bandar bin Sultan: sono l'Arabia Saudita, ma poi c'è il Qatar, gli USA e suoi alleati, e Israele, ed altri stati servi fedeli.

  Mi sono chiesto quanti fossero queste belve, Ouday Soso  ha detto che sono un centinaio di migliaia,  ha anche detto che ben ventimila sono ex detenuti condannati all'ergastolo in Arabia Saudita, (immaginate cosa possono fare migliaia di persone represse per decine d'anni nelle carceri dei Saud) lasciati liberi di andare a massacrare un popolo libero e pacifico in Sirya.

Il dramma siriano è palpabile dalle testimonianze che riceviamo in sala, un centinaia di migliaia di Siriani è stato ucciso, milioni sono i profughi che hanno riparato all'emergenza dell'aggressione sulla costa siriana, in Libano e in Giordania, oltre a quelli in Turchia, con tutta la propaganda che fanno a favore dei "ribelli" che sono poi in realtà dei mercenari assoldati dai Saud arruolati in ogni spelonca dell'estremismo dell'islam e delle galere; 
come mai un popolo che si dice tiranneggiato non scende in piazza a sostegno dei ribelli , ma  al contrario lo fa e scende in piazza a milioni a sostengono del cosidetto del "regime"? 
E' evidente che quel che ci dicono e raccontano i media non corrisponde alla verità , ma sono chiaramente dei venditori di fumo al servizio della guerra imperiale USraeliana e delle multinazionali ed élite private , tutti servi del mostro.

Il problema che abbiamo in Sardinya come in tutto l'occidente "democratico" è la cattiva informazione, poiché accade che una aggressione sia trasformata in uno show a tutto campo in sostegno e a favore della parte cui interessa far prevalere la solidarietà nell'immaginario collettivo, nel  caso dei media italioti a sostegno a fianco dei mercenari assassini fatti passare per ribelli della libertà; 

I racconti di Ouday sono chiari , e si capiscono anche i motivi che hanno portato all'attacco da parte di USraele alla Sirya; il progetto del più grande oleodotto del mondo, la volontà di voler abbattere una delle poche nazioni cui non è asservita al FMI e alle élite private mondiali; voler cancellare il successo e il progresso, sia culturale che economico, avuto dalla nazione multietnica e multi-religiosa Siriana non definibile "democratica"; ciò che non riesce a far loro nel tenere assieme popoli e religioni più variegate assieme, (lo dimostrano le guerre etniche e religiose in atto in tutto il mondo gestite dagli USA e servi vari) lo vogliono distruggere altrove , affinché non  vi siano pietre miliari di paragone con il fallimento dell'imperialismo USraeliano.

La serata è stata un crescendo di interesse sviluppo sulla situazione della Sirya  e di informazioni che non troviamo certo sui media servi sia della RAI che di Mediaset, o della 7 che sono solo grancasse di risonanza degli interessi imperiali del "democratico" sostenitore di mercenari e assassini dell'occidente "libero".

La Siria, paese povero di petrolio e con un'economia non particolarmente forte, rappresenta però la punta più avanzata della politica anti-israeliana nel Vicino Oriente (soprattutto dopo che Egitto e Giordania hanno avviato un processo di normalizzazione delle loro relazioni con lo Stato ebraico), e da sempre reclama la restituzione dei territori occupati da Israele in seguito alla sconfitta araba nella Guerra dei sei giorni. È per questo che la Siria da sempre offre ospitalità ai movimenti più violentemente anti-israeliani, dall'ormai non più esistente organizzazione palestinese di resistenza al-Sāʾiqa (La folgore), alla più recente organizzazione Ḥamās, qualificata come terrorista sia dagli Stati Uniti sia dall'Unione europea.
Baššār al-Asad si ritrova quindi in rotta di collisione con gli Stati filo-americani e filo-israeliani, in particolare sui seguenti punti:

  • il sostegno politico ed economico, come pure di armamenti, al partito libanese dello Ḥezbollāh;
  • la protezione e il sostegno del movimento palestinese Ḥamās, il cui maggior rappresentante vive in Siria;
  • l'inflessibile ostilità mostrata verso Israele, Stato col quale la Siria non ha mai voluto concludere alcuna pace fin dal 1948, reclamando la preventiva restituzione di quanto delle alture siriane del Golan e della città fantasma di Quneyṭra è ancora in mano israeliana dopo la guerra del 1967, oltre a una soluzione del problema palestinese che comporti anche il ritorno in Israele dei discendenti dei profughi fuggiti o espulsi durante i vari conflitti intercorsi.
Questa condotta politica ha procurato ad Assad, almeno fino al 2011, una grandissima popolarità tra le popolazioni del mondo arabo (che generalmente non gli hanno mai obiettato nulla a proposito della sistematica violazione dei diritti della popolazione siriana), oltre a creare una forte sintonia con il regime dell'Iran, Paese la cui influenza in Vicino Oriente è cresciuta dopo il crollo del regime iracheno e la perdurante instabilità del Libano. fonte Bashar_al-Assad

scusate la cattiva qualità dell'immagine ma l'ambiente non era ben illuminato 

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venerdì 10 gennaio 2014

ATTENTATO E COLPO DI STATO L'11 SETTEMBRE 2001 NON SOLO SOSPETTI . INDIZI GRAVI SULL'OPERATO DI BUSH , DEL MOSSAD E DELL'ARABIA SAUDITA -2°p-


ATTENTATO E COLPO DI STATO L'11  SETTEMBRE 2001 NON SOLO SOSPETTI . 

INDIZI GRAVI SULL'OPERATO DI BUSH , DEL MOSSAD E DELL'ARABIA SAUDITA -2°p-

A.Boassa


L'economia americana entra in recessione ufficiale nell'aprile del 2001. la grande macchina che aveva avviato qualche decennio prima la globalizzazione di cui era la protagonista primaria entra in crisi . 


Eppure solo qualche mese prima il Pentagono "produce" il "Progetto per un nuovo secolo americano" , manifesto che teorizzava , in continuità con il pensiero più retrivo negli ultimi decenni degli ambienti conservatori , l'egemonia planetaria statunitense con la lista dei nemici da abbattere nel più vicino futuro
e il nemico principale da sconfiggere o da sottomettere ,ovviamente la Cina .


Si rendeva necessario realizzare qualcosa di spaventoso da utilizzare mediaticamente perché si potesse avere un consenso generalizzato per nuove avventure militari che restituissero slancio ad un'economia ingessata e ad un primato planetario ormai in difficoltà . Cosa di meglio se non "creare" un nemico assoluto , disumano da additare alle masse e giustificare davanti al mondo non solo la necessita ma anche il dovere di combatterlo con tutti i mezzi , tanto da demolire , come fatto inevitabile , la sovranità di tutti paesi del mondo , la democrazia , i diritti civili e lo stesso diritto internazionale ?


L'Islam e Osama Bin Laden come suo rappresentante più feroce vengono scelti come bersaglio militare e politico per dare il via ad un escalation micidiale nel Medioriente che ha come obiettivo primo un intensificarsi della corsa agli armamenti (una sorta di Keynesismo che può essere supportato con l'allegra emissione di dollari e con un debito enorme da scaricare sul pianeta) , come obiettivo secondo l'accaparramento di risorse energetiche indispensabili alla macchina bellica e al mantenimento di un sempre più che buono stile di vita negli States , come obiettivo terzo piazzare basi militari in Afghanistan e nelle repubbliche ex sovietiche nell'Asia centrale a ridosso della Cina in vista di quella resa dei conti già programmata in dettaglio dal Pentagono .


Una considerazione per chi ha dubbi sul complotto . Rispetto alle illuminanti analisi di Giulietto Chiesa immediatamente successive all'11 settembre abbiamo attualmente le indagini dell'FBI sui funzionari governativi sauditi e sul Mossad , le dichiarazioni di parlamentari americani, relative alle 28 pagine coperte da segreto , sulla inesistenza di un coinvolgimento nella tragedia di Al-Qaeda , la messa in stato di accusa di Bush da parte dei media americani e dalle associazioni dei parenti delle vittime . 


L'affronto subito con l'abbattimento delle torri (tre non due come gran parte della stampa riporta allo scopo di occultare il mistero di una torre che si abbatte "da sola") va vendicato con una guerra immediata (Afghanistan dove in qualche grotta si rifugia Osama) e con una "guerra infinita" contro il terrorismo . E' in gioco il prestigio e la sopravvivenza dell'occidente e degli Stati Uniti che si propongono come eroico baluardo della civiltà e della libertà .


Come se gli Usa avessero ricevuto una delega in bianco che gli consentano di porsi al di là delle leggi nazionali ed internazionali .




Il presidente potrà decidere assieme ai suoi più fedeli chi deve essere giustiziato o prelevato o torturato senza l'impiccio di prove o di giudici , disporre di prigioni in ogni dove del pianeta con la complicità ma anche senza dei governi nazionali , istituire tribunali speciali segreti che potranno giudicare senza prove ,senza avvocato difensore e condannare alla pena di morte , bombardare non curandosi dei civili (effetti collaterali inevitabili e quindi giustificabili) , favorire l'impunità degli eroici combattenti ...


Tutto programmato . Il generale Wesley Clark nel 2007 riferirà di essere venuto a conoscenza poco dopo l'11 settembre tramite il vice-presidente Cheney e il ministro della difesa Rumsfeld dell'intenzione dell'amministrazione di scatenare delle guerre contro Siria , Libano , Iraq , Libia , Somalia , Sudan , Iran .
Destabilizzare insomma inventandosi dei nemici , addestrando dei terroristi , favorendo tensioni tra le etnie , suscitando il panico tra i civili , creando disordini e caos .


"Guerre intermedie" come le ha definite Chiesa . Riarmo . petrolio , energia , basi militari . Prima di affrontare l'ostacolo che impedisce agli Usa di imporre il suo ordine globale e di realizzare compiutamente "il sogno americano" : la Cina.


Zbigniew Brzezinski , ben prima delle torri gemelle " E' imperativo che non emerga nessun sfidante euroasiatico in grado di dominare l'Eurasia e quindi anche di sfidare l'America , il primato globale dell'America" .
Obama "Gli Stati Uniti ... come nazione del Pacifico ... svolgeranno un ruolo più ampio e di lunga durata ... noi preserveremo la nostra capacità unica di proiezione e di potenza e scoraggeremo le minacce alla pace ...gli Stati Uniti sono una potenza del Pacifico...e noi siamo qui per rimanervi"


La strategia d'attacco del Pentagono è già pronta ed ha un nome :
"Air -Sea -Battle"




giovedì 9 gennaio 2014

L'EURO ARMA DELLA NATO CONTRO LA RUSSIA

L'EURO ARMA DELLA NATO CONTRO LA RUSSIA
Di comidad 
L'ingresso della Lettonia nell'area-euro è stato oggetto sulla stampa ufficiale di scontati commenti "cerchiobottistici", basati su un espediente retorico sempre efficace, cioè il contrapporre ad osservazioni concrete delle questioni vaghe. Ad esempio: possibile che l'euro sia il responsabile di tutti i mali? Oppure: i disastri dell'area-euro sono sotto gli occhi di tutti, ma se un altro Paese ha deciso di entrarvi proprio adesso, allora non è che l'euro vanti delle virtù nascoste che solo un lungimirante osservatore esterno sa cogliere? 

In questo modo si può fingere di discutere all'infinito, ottenendo così l'effetto desiderato, che consiste nell'avallare l'attuale stato di cose. Peraltro si può tranquillamente riconoscere che oggi l'euro in sé non è neanche il maggiore e peggiore dei mali che si porta dietro l'Unione Europea. Quando si chiede di allentare la morsa dell'austerità o di rendere più flessibili i parametri di bilancio, si è ancora fermi ad un dibattito precedente al 2012, l'anno dal quale la situazione della UE ha cominciato a sfuggire a qualsiasi tipo di plausibile narrazione.

Dal 2012 infatti è stato attivato quel nuovo organismo inenarrabile che va sotto il nome di Meccanismo Europeo di Stabilità, la cui maggiore risorsa a disposizione contro l'opinione pubblica è proprio la sua stessa assurdità. Chiunque cerchi di spiegare ad un ignaro in cosa consista il MES, rischia come minimo di passare per pazzo. Che senso ha un'istituzione europea che rastrella settecento miliardi (sic!) dagli Stati europei (centoventicinque miliardi solo dall'Italia), per poi poterglieli riprestare a strozzo in caso di bisogno? Che spiegazione confessabile può mai avere la totale immunità ed impunità legale dei vertici del MES proclamata dal Trattato istitutivo? Come si può giustificare il fatto che questi vertici del MES possano non accontentarsi dei settecento miliardi ed esigere ad arbitrio dagli Stati europei altre somme in tempi stretti e non negoziabili? 

Dal 2012 l'UE ha dunque problemi persino più gravi dello stesso euro in quanto tale, e cioè l'instaurarsi all'ombra dell'euro di un racket finanziario senza precedenti nella Storia. Eppure la Lettonia ha saputo guardare oltre questi trascurabili dettagli criminali, scorgendo nell'euro delle celate virtù che sfuggono agli osservatori più prevenuti e superficiali. E quali sarebbero mai queste virtù?


Le virtù dell'euro si chiamano NATO. Il 6 novembre dell'anno appena trascorso, il segretario generale della NATO, il danese Rasmussen, è volato in Lettonia non solo per parlare di questioni strettamente militari, ma anche per complimentarsi platealmente con il governo lettone per la sua prossima entrata nell'area-euro. 


Segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen 

Oltre che dal sito della NATO, la notizia della perfomance di Rasmussen in Lettonia è stata lanciata con l'opportuna enfasi dal giornale online "Baltic Course", un bollettino semi-ufficiale di politica e affari dei Paesi baltici. 

I complimenti di Rasmussen al governo lettone però sapevano molto di imposizione camuffata, come a dire: ormai non potete tirarvi più indietro. Del resto Rasmussen non è affatto nuovo a questi pesanti interventi in questioni economiche e finanziarie, e può permettersi di farlo in base all'articolo 2 del Patto Atlantico, che impone l'integrazione economica dei Paesi membri della NATO. La virtù dell'euro non è allora nemmeno tanto nascosta, dato che la NATO non ha più nessun pudore a presentarsi e rivelarsi ufficialmente come il maggiore puntello del fatiscente edificio dell'euro. 

Che la virtù recondita dell'euro sia proprio quella militare è confermato dalle stesse fonti lettoni. Il ministro delle finanze del governo lettone ha difeso l'ingresso nell'area dell'euro non con argomenti finanziari, bensì facendoci sapere che la decisione è stata presa soprattutto in funzione anti-russa, in modo da prevenire i ripensamenti che sono avvenuti in Ucraina, dove il brutale paternalismo russo è stato preferito alla brutalità tout-court della UE e della NATO. 

Che il principale collante del cosiddetto capitalismo sia costituito dal militarismo, dovrebbe essere considerato una scoperta dell'acqua calda, visti i tanti precedenti storici; ma la tronfia mitologia del capitalismo riesce spesso ad occultare anche l'evidenza.

EUROGENDFOR

Jacques Sapir: I tabù della sinistra radicale...

Sapir: I tabù della sinistra radicale

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Jacques Sapir prende spunto da un libro di recente pubblicazione per parlare dei tabù che imprigionano la sinistra radicale, impedendole di replicare il successo di partiti di destra come il Front National. Tra questi, l’impossibilità di riconoscere il valore della sovranità e di giudicare obiettivamente un europeismo basato sulla denigrazione della propria Nazione e sulle ideologie neo-liberiste.


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Il libro che Aurélien Bernier ha appena pubblicato per le edizioni Seuil, “La sinistra radicale e i suoi tabù”, occupa un posto importante nel dibattito che accompagnerà le elezioni europee di questa primavera 2014. Questo libro peraltro si inserisce sia in una corrente di idee, espresse dalla "sinistra della sinistra", che si appella a un'idea di Nazione, e anche in un percorso personale. Aurélien Bernier ha già pubblicato nel 2012 “Come la globalizzazione ha ucciso l'ecologia”, testo importante per l’analisi dell'interazione tra 'globale' e 'nazionale' o 'locale', e soprattutto “Disobbedire all'Unione europea” (edizioni Mille et Une Nuits). Quest’ultimo libro è considerato una sorta di breviario degli attivisti del Front de Gauche. Egli ha anche pubblicato nel 2008 “Il clima, ostaggio della finanza - o come il mercato specula con i "diritti ad inquinare"" sempre edito da Mille et Une Nuits. Il suo nuovo libro si inserisce quindi in questo doppio filone e solleva questioni che saranno fondamentali durante le elezioni europee.



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Una questione decisiva
La prima questione, quella che domina tutte le altre, si può riassumere così: perché in Francia il Front National (movimento decisamente di destra, ndt) esplode a livello elettorale, mentre il Front de Gauche (partito di sinistra, ndt) ristagna? Egli rileva, inoltre, che questo fenomeno non si manifesta solo in Francia, ma si ripete in un certo numero di paesi europei. La crisi, che avrebbe dovuto fornire un terreno fertile allo sviluppo di forze realmente di sinistra, visto che non è più possibile definire di sinistra il "Partito Socialista" (anche se gli attivisti di sinistra ancora possono illudersi), favorisce invece i partiti di destra o populisti (pensiamo al M5S di Beppe Grillo in Italia)


Tra le risposte fornite nel libro, due mi sembrano essere fondamentalmente corrette: la visione di un 'antifascismo' che confonde i generi e le epoche e impedisce di ragionare e, soprattutto, la negazione del sentimento nazionale. L’ho detto pubblicamente a un giornalista di Le Monde parecchi anni fa, parafrasando Lenin: l'odio per la propria nazione è l'internazionalismo degli imbecilli. In un certo senso, questo dice tutto. L’ossessione di 'rivivere gli anni trenta' porta alcuni sconsiderati a rifiutarsi di dire pubblicamente le cose che pensano, per timore di essere assimilati al Front National, che essi equiparano - molto scorrettamente - al NSDAP (partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, ndt). 

Ciò li conduce, in fasi successive, a respingere l'idea di Nazione con il pretesto che essa potrebbe dar luogo al nazionalismo. Ci chiediamo allora perché queste persone coraggiose ancora prendono il treno (il treno era uno degli elementi cruciali del genocidio commesso dai nazisti) o l'aereo, che è stato usato per lanciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. In breve, si può rimanere sorpresi di fronte a questa prevenzione verso ciò che è, nonostante tutto, una realtà, come lo sono i treni e gli aerei. A meno che il comfort personale non abbia la priorità, naturalmente, sulla coerenza e la logica del ragionamento... Non dovremmo confondere i periodi storici! Il ragionamento di Aurélien Bernier qui è chiaro e perfettamente convincente.

Il libro è organizzato in un'introduzione, davvero appassionante e che pone appunto le questioni principali, e in due parti che si occupano, una della storia del successo elettorale del Front National  (1984-2012) e della crisi della sinistra radicale, e l’altra di quello che l'autore chiama i "tre tabù" della sinistra: il tabù protezionista, il tabù europeo e il tabù della sovranità nazionale e popolare. C'è una progressione dallo strumento (il protezionismo) verso una nozione fondamentale (la Nazione).
 Egli conclude quindi parlando delle nuove tendenze politiche, ciò che chiama il 'neo-riformismo' e i 'neo-rivoluzionari' e fa della questione delle istituzioni europee (la UE), come uno dei punti chiave di queste nuove tendenze. 


Il libro si conclude con due appendici, una dedicata alla "cronaca di una rinuncia", che porta a  un'analisi delle posizioni del Partito Comunista Francese dal 1997 al 1999, e l'altra dedicata all'analisi dei risultati elettorali comparati del Front National e della sinistra radicale (oramai la sola vera sinistra rimasta in Francia). La seconda appendice è di gran lunga la più interessante, perché mostra l'evoluzione di questi risultati, e come il voto per il Front National stia perdendo la sua dimensione di pura protesta e diventando gradualmente un voto di adesione. Ma mancano dei dati per completare questa dimostrazione, perché il punto veramente sorprendente nell'evoluzione dei risultati elettorali del Front National è la loro evoluzione geografica. 

E bisogna anche fare un confronto con le regioni devastate dalla disoccupazione [1]. Anche la prima appendice è interessante, ma troppo descrittiva. In realtà manca il punto: come il Partito Comunista Francese, un partito che non ha mai compiuto un’analisi sostanziale dello stalinismo e del sovietismo, si sia allineato all’europeismo. Aurélien Bernier suggerisce che questo allineamento sia stato in gran parte opportunistico, ma non è affatto certo. Il legame consustanziale del PCF con un'ideologia totalizzante ha favorito questo riallineamento con un'altra ideologia totalizzante, poiché l’europeismo, va detto chiaro e forte, è un'ideologia totalizzante che può dar luogo a delle pratiche totalitarie. 

Da questo punto di vista, alcune analisi fatte dagli autori del libro curato da Cédric Durand, “En finir avec l’Europe”, libro che abbiamo presentato su questo sito [2], sono sicuramente più illuminanti. Pensare che ci fosse un PCF 'buono' prima del 1997 e uno 'cattivo' dopo il 1999 è profondamente fuorviante. Significa dimenticare l'effetto repressivo esercitato dal PCF sotto la direzione di Georges Marchais su gran parte della sinistra, spingendola tra le braccia di un socialismo dubbio. Significa dimenticare che la chiusura ideologica, la sterilità del dibattito intellettuale, hanno in gran parte preparato il terreno al passaggio ideologico dallo stalinismo verso l’europeismo. L’incapacità e, bisogna anche dire, l’ostinato rifiuto del PCF ad una analisi reale del sovietismo e dello stalinismo dagli anni '80 e anche degli anni '70, ha significato la sua fine come partito di massa.
 


Le origini del neo-liberismo

Questo ci porta agli errori ed omissioni che si possono trovare in questo libro. I meno importanti sono quelli dovuti a una scarsa conoscenza di alcuni punti. L'immagine di un Hayek "ispiratore" dell'Unione europea è totalmente falsa. Troviamo anche molti seguaci di Hayek tra gli oppositori sia dell’UE sia dell’Europa. Analogamente, il "neo-liberismo", non è d’ispirazione hayekiana, ma un'evoluzione del pensiero neoclassico dopo la svolta delle aspettative razionali, sotto l'influenza di tre autori: Lucas [3], Fama[4] e Sargent [5]. Infatti, l'UE è ben più neoliberista (in particolare in campo finanziario e monetario) di quanto sia in  continuità con Hayek [6]. È molto giusto insistere quindi sulla natura profondamente neoliberista dell’UE, una natura che non si lascerà modificare in profondità senza forti rotture istituzionali. Da questo punto di vista, condividiamo pienamente l'analisi svolta da Aurélien Bernier nella sua opera.

Analogamente, nel capitolo sul “tabù del protezionismo", possiamo sorprenderci del fatto che il dibattito al di fuori del Front de Gauche, o del movimento Trotskista, sia appena accennato. Con l'11% dei voti alle ultime elezioni presidenziali, il Front de Gauche è tutt'altro che rappresentativo della società francese. Il ruolo di Arnaud Montebourg in questo dibattito non è nemmeno menzionato. Non posso ignorare, a seguito delle polemiche sollevate dal mio libro La Démondialisation [7] all'interno dell'estrema sinistra, che quest'ultima può essere ottusa e di una malafede più unica che rara. Ma ho sempre considerato le sue critiche come marginali e sono molto più attento alla diffusione delle idee protezionistiche nella società francese nel suo insieme. Su questo punto, il lettore avrebbe trovato utile una riflessione sui vari livelli e categorie del capitalismo francese, a seconda della loro dipendenza più o meno importante dal mercato interno o dal mercato estero.
 
L’analisi mancante sulla natura del Front National 

Queste critiche e commenti sono di poco peso. Esse non tolgono nulla all'interesse e all'importanza del libro. D'altra parte, c'è una mancanza nel libro che lo squilibra e lo priva della forza di convinzione che potrebbe avere: è un'analisi dell'evoluzione del Front National. Quella che manca non è un'analisi dei risultati elettorali. Quella è presente, come abbiamo avuto l'opportunità di mostrare qui sopra. Ma una vera analisi della natura sociale e ideologica del Front National, analisi che – insieme a quella dei tabù della sinistra reale - è l’unica in grado di fornire una risposta alla domanda con cui si apre il libro. Ripetutamente Aurélien Bernier utilizza il termine "Nazionalsocialista" per riferirsi alla nuova linea del Front National [8]. 



Lo dico molto chiaramente, questa reductio ad Hitlerum di Marine Le Pen è inutile, disarma la critica autentica, ed è davvero stupida dal punto di vista adottato da Aurélien Bernier nel suo libro, che è quello di una critica a coloro che si atteggiano da antifascisti. Questo introduce anche una formidabile incoerenza nel libro. La dialettica sulla natura sociale del Front National, la sua ideologia e i suoi argomenti, dovrebbe quindi essere studiata.

Un partito che sta prendendo piede nella classe operaia (dove è ormai il primo partito), negli strati più popolari, è portato a produrre nuovi argomenti. Questo va a cozzare con le rappresentazioni comuni di una parte dell'apparato di partito. A questo riguardo sarà interessante analizzare  quale sarà l'ideologia spontanea dei giovani quadri del partito, reclutati dal 2010/2011, che il Front National intende promuovere. Le tensioni che ne possono risultare possono affondare il Front National, conducendolo a una scissione, oppure farlo evolvere in qualcosa di completamente nuovo. E' proprio perché non siamo nel 1930, e su questo concordiamo interamente con Aurélien Bernier, che non possiamo sapere cosa diventerà il Front National. Ma quel che è sicuro, è che non è nel passato che troveremo la risposta a questa domanda.

Il problema della sovranità 

Rimane un problema aperto: il ruolo della sovranità nazionale. Aurélien Bernier tende, su questo punto, a non vedere in questo concetto nient'altro che il prodotto della rivoluzione del 1789 [9]. Questo dipende dal fatto che non ha nessuna teoria sull'origine delle istituzioni. Non a caso il capitolo che dedica a questo problema è quello che meno mantiene le sue promesse. Ci aspettavamo una riflessione sull'origine delle prevenzioni di una parte della sinistra verso il concetto di sovranità nazionale. Invece troviamo solo un'analisi delle più piatte di argomenti strumentali. Tuttavia, questo problema è fondamentale. Perché senza sovranità non c'è alcuna legittimità e la legittimità precede la legalità (questo è un punto importante nelle nostre relazioni con l'Unione Europea). E’ sulla sovranità che, in situazioni di emergenza, si fonda il diritto, e non viceversa. E poi, perché la creazione di un quadro nazionale, non tanto geografico, quanto politico, è ben precedente al 1789. D'altronde su questo punto ho avuto un acceso dibattito anche con Alexis Corbières del Front de Gauche. 

Non possiamo comprendere la doppia minaccia costantemente in atto contro la Nazione, all'esterno e all'interno, se dimentichiamo che al momento della sua formazione lo Stato-Nazione si è affermato sia nei confronti dei micro-stati (le signorie), sia nei confronti del potere trans-nazionale, quello del Papato. Da questo punto di vista, i cinquant’anni che precedono la "Guerra dei 100 anni" costituiscono l’ingresso nella modernità della Nazione francese. Analogamente, il compromesso cui si arriva alla fine delle guerre di religione, compromesso la cui reale natura è espressa nell'opera postuma di Jean Bodin, l'Heptaplomeres, è il fondamento dei nostri attuali principi di democrazia laica. A questo proposito, l'attacco alla sovranità di Jean-Pierre Chevènement [10] (un termine che d'altra parte quest'ultimo rifiuta) non è solo assurdo ma, anche qui, intellettualmente e politicamente stupido. La sovranità è la base della democrazia.

È un peccato che questi errori e queste lacune tolgano forza a un'opera importante in questa battaglia, che ormai si preannuncia capitale, quella delle elezioni europee della primavera 2014. Perché questo libro pone delle questioni chiave, e quindi si dovrà aprire un dibattito.

[1] Vedere per esempio « Deux Cartes », post pubblicato su RussEurope, 30 dicembre 2013,http://russeurope.hypotheses.org/1880
[2] Vedere, « Europe : un livre, un sondage », post pubblicato su RussEurope, 16 Maggio 2013,http://russeurope.hypotheses.org/1237
[3] Lucas, R.E., Studies in Business-Cycle Theory, Cambridge (Mass.): MIT Press, 1981. Idem, con Sargent T.J, Rational Expectations and Econometric Practice, vol.1, 1981, 5th printing, Minneapolis: University of Minnesota Press.
[4] Fama, E., Eugène Fama, « The behavior of stock Market Prices », Journal of Business, Vol. 38, n°1, pp. 34-105, 1965. Fama, Eugene F. (September/October 1965). “Random Walks In Stock Market Prices”. Financial Analysts Journal Vol. 21 (N°5), pp. 55–59.
[5] Sargent, T.J., « Estimation of dynamic labor demand schedules under rational expectations », Journal of Political Economy, 86, p. 1009-1044, 1978.
[6] Sapir J., Les Trous Noirs de la science Économique, Albin Michel, Paris, 2000.
[7] Sapir, J., La Démondialisation, Paris, Le Seuil, 2011.
[8] Bernier A., La Gauche radicale et ses tabous, Le Seuil, Paris, 2014, p. 16.
[9] Bernier A., Op.cit, p. 18.
[10] Bernier A., Op.cit., p. 130.

mercoledì 8 gennaio 2014

Sardinya: LOGUDORESE E CAMPIDANESE DEVONO COABITARE.. di Blasco Ferrer

Lo studioso Blasco Ferrer interviene nel dibattito sul bilinguismo  LOGUDORESE E CAMPIDANESE DEVONO COABITARE Il sardo, una seconda lingua con una storia straordinaria 

In queste settimane abbiamo assistito a un “ciclone” sulla lingua sarda. Molti gli argomenti giusti, alcune posizioni faziose, caos e grande smarrimento. Mi piacerebbe tentare un discorso pacato e professionale sull’argomento capitale della questione: il sardo, lingua viva ed etnicamente marcata, va insegnato o no? E come?

La prima questione è se dobbiamo considerare oggi la lingua sarda una L1 (madrelingua) o una L2 (seconda lingua). Chi conosce la realtà sarda attuale non ha dubbi: per i bambini che arrivano alla scuola materna, nell’età cruciale in cui si diventa parlante nativo e si acquisisce una competenza linguistica decisiva, il sardo non è una L1. Per la maggioranza di loro è ormai una L2, anche se a Ollolai, Samugheo o Sinnai troviamo eccezioni. Una L2 non è una lingua straniera, come il tedesco o l’inglese per il bambino che inizia a studiarlo a scuola: per questa realtà linguistica è invalsa la sigla LE. Una L2 è una seconda lingua che il bambino può sentire dai nonni, nel quartiere. Queste circostanze sono essenziali per imbastire una educazione linguistica appropriata, che diverge da quella applicata a chi ha una L1, ma anche a chi deve imparare una LE, sconosciuta.

Secondo punto: come nasce e si sviluppa una lingua, nella fattispecie il sardo? È chiaro che una lingua naturale (non l’esperanto, né la LSC o “Limba sarda comuna”, sic!) è il portato storico di una comunità di parlanti. Il latino si è sviluppato dalle vicende storico-culturali di un popolo, che attorno al 1000 a.C. non si estendeva oltre il Latium Vetus. Le lingue neo-latine sono tutte nate dalle conquiste che hanno portato Roma a essere la capitale d’un impero. Ma poi, ciascun territorio conquistato ha seguito un percorso legato a peripezie culturali, politiche, belliche. 

Prendiamo l’italiano. Nel momento in cui affiora nelle scritture, attorno al 960 d.C., nei “Placiti campani”, non c’è altro nella Penisola italica che un groviglio di varietà dialettali. L’Italia delle Italie era un coacervo di sistemi linguistici in competizione, spesso incomprensibili fra di loro. Il prestigio letterario di Dante, Boccaccio e Petrarca, ha fatto sì che, già nel Quattrocento, diversi scrittori settentrionali (Boiardo, poi l’Ariosto) e meridionali (il Sannazaro) adottassero il fiorentino quale lingua letteraria. Fino alla revisione de I Promessi Sposi (1840) del Manzoni la lingua scritta italiana, così come la conosciamo, non sarà adottata nelle scuole; ma anche grazie al sostegno di opere quali Pinocchio e Cuore , la nuova norma linguistica si diffonderà in tutte le regioni dell’Italia Unita.

Una situazione diversa: la Catalogna. Il latino che permeò le contrade catalane (la Tarraconensis) generò un tipo di lingua (catalano) diverso da quello che si consolidò nel resto della Penisola Iberica (spagnolo e portoghese), e già durante il Due e Trecento da Barcellona si diffuse una lingua di prestigio in tutto il Mediterraneo. Il catalano letterario di base barcellonina garantí - come in Italia il fiorentino - una base solida, oggi insegnata nelle scuole catalane.

Vediamo l’aspetto glottologico. Alla fine dell’Ottocento la scuola positivista germanica si pose il quesito di classificare le lingue, valendosi di fattori legati esclusivamente allo sviluppo dei sistemi linguistici, e procedere così a una classificazione con principi applicabili a qualsiasi lingua. Diversi studiosi cominciarono a classificare anche le lingue romanze. Risultava chiaro che francese e spagnolo erano lingue ben diverse, perché l’evoluzione del latino nelle due aree aveva creato forti distanze strutturali. 

Così catalano e spagnolo si differenziavano nettamente, a causa della differente romanizzazione. Per la Sardegna, il veterano della linguistica comparativa, Max Leopold Wagner, giunse alla conclusione che nell’Isola ci fossero due macrovarietà tanto diverse che, se proiettate su un’area continentale, avrebbero dato vita a due sistemi linguistici differenti. Il logudorese e il campidanese riflettono peculiarità ascrivibili a processi di romanizzazione diversi. Ci sono, per di più, fenomeni tanto esclusivi del logudorese, da separare questa varietà dalle altre lingue romanze (il suono /k/ di chelu, chimbe, il congiuntivo imperfetto si proeret, “se piovesse”), mentre il campidanese, poiché il latino che giungeva a sud era costantemente rinnovato, ha accettato innovazioni che lo accostano all’italiano (celu, cincui, si proessit).

La penultima questione riguarda la coscienza etnico-linguistica dei parlanti, ed è fondamentale per capire quale soluzione adottare se si desidera salvare una lingua in pericolo. Il sardo si mantiene vitale nell’oralità, ma una lingua che si trasmette attraverso l’oralità è destinata a trasformarsi, e a lungo andare a scomparire, se si trova in una situazione di diglossia, ossia con una lingua-tetto (l’italiano) che ogni giorno costituisce il codice favorito di ogni situazione comunicativa, formale e informale. 

La domanda-chiave è: perché salvaguardare il sardo? La competizione con l’italiano o l’inglese è un falso problema: uno può imparare bene tutt’e tre le lingue. La regola solenne per far sì che un bambino diventi bilingue, è che ogni genitore si rivolga, sempre, nella propria lingua: il babbo in sardo, la mamma in italiano. E l’inglese lo imparerà a scuola. Ecco le tre casistiche indicate prima (L1, L2, LE), ora ridotte a due: due L1 (sardo e italiano) e una LE (inglese).

Se si accetta questo discorso, l’ultimo quesito diventa lineare. Una lingua “naturale”, parlata in famiglia e nella comunità di base (dai nonni, nelle feste), può essere trasferita in classe con un metodo moderno e aggiornato. Ma ciò significa che si deve trattare della lingua che si sente nella comunità di base. Soltanto cosí l’effetto sarà sicuro e la lingua etnica potrà essere salvata.
Dobbiamo accettare le conseguenze del portato storico che ha generato in Sardegna due macrovarietà, non riducibili a una sola norma, e tanto meno a una norma fatta a tavolino. 

In Europa non mancano gli esempi. In Norvegia, a Bergen, molte scritte sono in nynorsk e in bokmål. Al contrario lo sforzo di creare una supernorma (l’interromontsch nella Svizzera) non ha dato risultati soddisfacenti, perché le evoluzioni “naturali” avevano generato varietà troppo distanti fra di loro. In Sardegna, da più di due secoli, i poeti improvvisatori sapevano benissimo delle due supervarietà, ed erano in grado di esprimersi in un logudorese o in un campidanese “neutro”. In un secolo in cui, col sussidio del computer, si possono confezionare traduzioni simultanee per le lingue in uso nell’Ue, quale difficoltà potrebbe rappresentare un sistema sardo, che possiamo denominare SLC = Sardu/Logudoresu/Campidanesu? Nessuna, e avremmo garantita la sopravvivenza di una lingua con una storia peculiarissima.


Eduardo Blasco Ferrer
Ordinario di Linguistica sarda
Università di Cagliari

lunedì 6 gennaio 2014

Proprietà intellettuale: la Commissione Europea oltrepassa i limiti nei negoziati con gli imprenditori statunitensi TTIP


Proprietà intellettuale: la Commissione Europea oltrepassa i limiti nei negoziati con gli imprenditori statunitensi


Magali Pernin 
Tradotto da  Francesco Giannatiempo


Oggi, una nuova fuga di notizie nel segno dei negoziati commerciali  ci dà un’idea del lavoro realizzato dalla Commissione Europea in materia di proprietà intellettuale. Ha origine dal web, dal Core Group dei Verdi del Parlamento Europeo (incaricato delle questioni relative a Internet), che ha reso pubblici alcuni archivi elettronici.

Questo rapporto di prima mano – tradotto di seguito – ci fornisce l’informazione sinora sconosciuta sul contenuto del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership, Partenariato transatlantico su commercio ed investimenti, in italiano) sui diritti di proprietà intellettuale. Mentre la Commissione aveva sostenuto finora che il TTIP avrebbe riguardato poco tali questioni, sembra che i negoziatori stiano lavorando direttamente a favore degli interessi delle imprese. In questo senso stanno accogliendo le numerose lamentele (“lista dei regali di Natale”) e stanno andando oltre i propri compiti. Infine, i rappresentanti dell’Unione Europea acconsentiranno che si mantenga la società civile fuori del dibattito pubblico.




 
Bandiera europea del Copyright


In una riunione non ufficiale del 5 dicembre, il responsabile della Commissione Europea incaricato delle questioni sulla proprietà intellettuale del TTIP - Pedro Velasco Martins – ha tenuto un incontro con rappresentanti delle grandi imprese al fine di proporre nuove regole sulla proprietà intellettuale nel prossimo trattato economico tra la UE e gli Stati Uniti.

La riunione di due ore, svoltasi negli uffici della Camera di Commercio statunitense a Bruxelles, aveva come obiettivo la preparazione di strategie tra le imprese e la Commissione per fare in modo che il trattato potesse accogliere il livello più elevato di restrizioni sulla proprietà intellettuale. Alla riunione erano presenti i rappresentanti di un’equipe di grandi multinazionali; tra queste: TimeWarner, Microsoft, Ford, Eli Lilly, AbbVie (farmaceutica, già Abbott) e l’agglomerato LVMH. La lista dei partecipanti comprendeva, tra gli altri, anche i rappresentanti di Nike, Dow, Pfizer, GE, BSA e Disney. Era presente anche Patrice Pellegrino della OHMI, l’agenzia europea responsabile dei marchi nell’UE.

Quest’ultimo aspetto risulta abbastanza controverso, già che tanto il conduttore dei negoziati della Commissione – presuntivamente neutrale – quanto il rappresentante della OHMI, non solo si sono definiti alleati dei lobbisti, ma si sono spinti oltre e hanno iniziato a descrivere ai rappresentanti la forma con cui dovranno fare campagna per “educare” il pubblico al fine di ottimizzare  i risultati in materia di “diritti di proprietà industriale”. In particolare, bisognava mantenere fuori dal dibattito pubblico la preoccupazione degli eletti – come quelli del Parlamento Europeo – e della società civile, sempre più critici con i diritti di proprietà intellettuale.




Rivelata la “lista dei regali di Natale” delle imprese
Il negoziatore della Commissione, Velasco Martins, ha rivelato l’esistenza di una lista segreta di richieste delle imprese per ottenere nuovi diritti di proprietà intellettuale nel TTIP. Finora, tanto di fronte al pubblico quanto al Parlamento Europeo, la Commissione ha mantenuto al minimo il dibattito pubblico sui diritti di proprietà intellettuale. Gli unici elementi in materia di diritti di proprietà intellettuale sono le indicazioni geografiche, un tema minore che preoccupa poco.

In realtà, la Commissione ha rivelato di aver già ricevuto sufficienti lamentele (“la lista dei regali di Natale”) riferite alla proprietà intellettuale, e che attualmente lavora per applicare questa lista – già discussa con gli Stati Uniti in diverse riunioni, sia presenziali che per videoconferenza.

La “lista dei regali di Natale” interessa quasi tutti i campi principali relativi ai diritti di proprietà intellettuale. Dal punto di vista delle patenti, le imprese hanno mostrato “un vivo interesse” sul procedimento per la concessione di nuove. Per ciò che riguarda i diritti d’autore, vogliono mantenere lo stesso livello di protezione sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea; in realtà, si tratta di un’armonizzazione dall’alto, che si traduce in maggiori restrizioni per il grande pubblico. In riferimento ai diritti per il conseguimento dei vegetali, il settore farmaceutico ha fatto pressioni per “livelli più elevati” di protezione. Per i marchi, i lobbisti delle aziende hanno formulato richieste vincolate alla classificazione della Commissione. Inoltre, hanno mostrato molto interesse per il segreto commerciale.

Nelle negoziazioni transatlantiche, la proprietà intellettuale verrebbe trattata in maniera differente rispetto alle altre negoziazioni commerciali: non ci saranno “dichiarazioni generali”, bensì - al loro posto – il trattato porrà l’accento sulle “questioni concrete”.

Una possibile violazione del mandato di negoziazione
Secondo il negoziatore, la petizione più frequente nella “lista dei regali di Natale” era l’applicazione [giudiziaria] delle regole (enforcement). Da questo punto di vista, le aziende hanno prodotto petizioni “di miglioramento e di formalizzazione”, richiedendo allo stesso modo che le autorità “rendano delle dichiarazioni”. Il conduttore dei negoziati della Commissione ha manifestato che, sebbene le “dichiarazioni” comuni non sono parte del “linguaggio commerciale classico” – un eufemismo per designare cose non abituali negli accordi commerciali -, la Commissione si attarderà ancora prima di “lavorare su questo campo”.

Il fatto che la Commissione lavori su questioni di proprietà intellettuale nell’ambito dei negoziati del TTIP può costituire una violazione del mandato di negoziato approvato dal Consiglio Europeo. In riferimento all’applicazione [giudiziaria] delle regole (enforcement), l’articolo 30 del mandato è chiaro: “L’accordo non deve contenere disposizioni sulle sanzioni penali”. 

 “Molte persone aspettano la prima fuga di notizie”
Un lobbista dell’azienda farmaceutica Eli Lilly ha dichiarato di essere preoccupato per l’intensa “attività delle ONG” intorno al TTIP, specialmente sul tema del meccanismo di soluzione delle differenze tra lo Stato e gli investitori (ISDS). Ha chiesto cosa si potesse fare per “contrastare questa minaccia” ora che la proprietà intellettuale si è convertita in una questione controversa, soprattutto dopo l’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement, Accordo Commerciale Antifalsificazione).

Velanco Martins ha risposto che le critiche delle ONG e dell’opinione pubblica sono “un rischio”. Inoltre, ha aggiunto: “Sono contento che le nostre attività siano venute alla luce” [riferendosi alle questioni sulla proprietà intellettuale]. Ha detto ancora che “la Commissione è lieta di vedere l’attenzione [delle ONG] focalizzata sul ISDS”. Tutto il mondo ha riso. Continuando, Velasco Martins ha avvertito i partecipanti che “molta gente è in attesa del primo documento, della prima fuga di notizie”. Con “scivolone” e “fuga di notizie”, si riferiva alle disposizioni sulla proprietà intellettuale contenute nel TTIP.

Tokio, 25 marzo 2013: manifestazione davanti alla sede dell’associazione degli imprenditori giapponesi contro il progetto dell’Accordo di Associazione Transpacifico, parallelo e analogo al TTIP, tra gli USA e 12 paesi, dalla Cina alla Tailandia 
http://stoptafta.files.wordpress.com/2013/11/demonstrators-protest-against-the-trans-pacific-partnership-tpp-after-the-may-day-rally-in-tokyo-japan-photograph-epa-kimimasa-mayama.jpeg


Tokio, 1 maggio 2013: nuova manifestazione contro il progetto TPP.
Foto:  
Kimimasa Mayama/EPA


I consumatori, le ONG e i deputati considerati come nemici
La Commissione e il funzionario del OHMI hanno chiaramente dimostrato di stare dallo stesso lato delle numerose imprese statunitensi presenti. Al contempo, i consumatori europei e la società civile sono stati descritti come ignoranti o come nemici che devono essere combattuti.

Velasco Martins ha riferito sulla sua presenza a una delle riunioni sulla proprietà intellettuale organizzata dal Dialogo Transatlantico dei Consumatori (TACD, Trans Atlantic Consumer Dialogue). La riunione non è stata “piacevole da vedere”. Secondo il suo parere, le imprese a cui era diretta “dovrebbero preoccuparsi” delle organizzazioni dei consumatori come la TACD. Ciononostante, ha ritenuto che, escludendo alcuni aspetti facili da comprendere, le imprese potrebbero avere più agevolazioni: sebbene le questioni di avviso e di ripiegamento siano state illustrate nel TTIP, i negoziati saranno soggetti a ricevere le stesse critiche del ACTA. Allo stesso modo, il conduttore dei negoziati si è rallegrato perché la protezione dei dati non è stata inclusa nel capitolo della “protezione intellettuale”.

Pellegrino, della OHMI, gli ha dato il cambio affermando che la gente comune mantiene una specie “di attitudine alla Robin Hood” sulle questioni dei diritti di proprietà intellettuale. Finora le imprese non si sono trovate nella situazione di dover far fronte alle preferenze dell’opinione pubblica e alle critiche della società civile, perché, in parte, quest’ultima utilizzava le reti sociali.

Gli studi a favore delle imprese possono rieducare il pubblico
Un tema ricorrente è stato quello della necessità al ché l’opinione pubblica venga rieducata per comprendere il valore dei diritti della proprietà industriale.
Secondo Pellegrino, la chiave del risultato sta nell’appoggiarsi su un certo numero di rapporti a favore della proprietà intellettuale - rapporti ordinati dalla OHMI.

È stato evidenziato un rapporto recente, in cui si afferma che in Europa un impiego su quattro esiste grazie alle leggi sulla proprietà intellettuale. Tuttavia, questo studio è basato su una metodologia assurda e pretende che, se un’impresa utilizza un diritto di proprietà intellettuale per qualsiasi cosa, tutti gli impieghi di tale impresa esistono unicamente in ragione di tali diritti di proprietà intellettuale.



► Su un tema parallelo, leggere Il testo della bozza segreta completa del TPP negoziata
per il Capitolo dei Diritti di Proprietà Intellettuale English | Spanish



Per concessione di Tlaxcala
Fonte:http://www.contrelacour.fr/propriete-intellectuelle-ttip-commission-outrepasse-mandat/
Data dell'articolo originale: 20/12/2013
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=11037 

domenica 5 gennaio 2014

ATTENTATO E COLPO DI STATO l'11 SETTEMBRE 2001 NON SOLO SOSPETTI . INDIZI GRAVI SULL ' OPERATO DI BUSH, DEL MOSSAD E DELL' ARABIA SAUDITA.

ATTENTATO E COLPO DI STATO l'11 SETTEMBRE 

2001 NON SOLO SOSPETTI . INDIZI GRAVI 

SULL ' OPERATO DI BUSH,DEL MOSSAD E 

DELL'ARABIA SAUDITA.


A.BOASSA

Helen Mariani (associazione dei parenti delle vittime dell'11 settembre) :"Sono personalmente convinta che lei - si intende Bush- abbia deliberatamente permesso che i fatti dell'11settembre accadessero". Barry Zellman si chiede come mai non ci sia stata nessuna risposta militare quando tra il primo impatto e il secondo erano trascorsi 90 minuti


Altri membri dell'associazione mettono in evidenza una tale quantità di incongruenze : anomali operazioni in borsa , non rispettate le procedure d'emergenza dell'Aviazione civile ... che azzerano la credibilità della ricostruzione ufficiale .

Dubbi che non hanno sfiorato i politici nostrani e che sono apparsi ovvi invece a persone "comuni." toccate nei loro affetti (2752 i morti) . Si è gridato in Italia al complottismo , all'ideologismo (aggredito in particolare Giulietto Chiesa che fu tra i primi a denunciare il cumulo di menzogne della Casa Bianca).


Non di complottismo si tratta ma di complotto organizzato da una pluralità di agenti , come viene evidenziato nella stampa americana da attendibili testimonianze , da informazioni trapelate da relazioni che si basano su documentazione CIA ed FBI .


In sintesi , dell'indagine investigativa indipendente richiesta dal congresso di 800 pagine ne risultano censurate 28 . L'attuale fuga di notizie "sconvolgenti" deriverebbe proprio da lì .


Secondo il New York post e Press TV , l'abbattimento delle torri non sarebbe stato "ideato" ed attuato autonomamente da "cellule terroristiche islamiche". 


Addirittura - dico addirittura per noi italiani abituati ai rassicuranti e divertenti dibattiti politici televisivi- alcuni parlamentari statunitensi hanno dichiarato che nelle pagine censurate risulterebbe che nell'attentato non vi sia traccia di un qualche coinvolgimento di Al-qaeda

Per la CIA vi sono "prove inconfutabili" che i funzionari governativi sauditi hanno aiutato i dirottatori (coinvolte l'Ambasciata a Washington e il Consolato di Los Angeles) . Obama vuole coprire l'Arabia Saudita ma forse anche qualcun altro . 

La spia Khalezov avrebbe confessato all'FBI di un incontro con Harari ,direttore del Mossad che gli avrebbe confidato che gli attacchi dell' 11/9 non erano stati "una casualità fortunata per Israele" come aveva detto Netanyahu , ma un vero "attacco del Mossad contro gli Stati Uniti".

Parecchi agenti del terrore più spietato appaiono coinvolti e le 28 pagine di cui si chiede la desecretazione dovrebbero darci qualche lume anche se già ai più negli Stati Uniti parrebbe sicuro che l'ordine del massacro sia stato impartito da Bush in persona
. 

seguirà la seconda parte sul colpo di stato


“Sembra una reazione di termite e zolfo, che è un'idea molto ingegnosa,” ha dichiarato Steven Jones, Professore di Fisica alla BYU, ad una conferenza che si è tenuta Venerdì ad un meeting alla Utah Academy of Science, Arts and Letters allo Snow College.
In una foto satellitare scattata con dei rilevatori di calore che mostra molti focolai ancora incandescenti 5 e 12 giorni dopo il crollo:
Un semplice incendio sarebbe stato in grado non solo di fondere l'acciaio
 e di far crollare un grattacielo, ma addirittura di mantenersi così incandescente,
tanto che sono ancora presenti 
pozze di metallo fuso, dopo giorni interi dai crolli? 
Chiedetelo ad un pompiere e vedete se riesce a non ridervi in faccia.

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