sabato 12 maggio 2012

SARDINYA:«Lotta nelle urne per liberare l'Isola»

«Lotta nelle urne per liberare l'Isola» 




Referendum, consegnate le firme;
 Salvatore Meloni: Sardegna senza padroni con il diritto internazionale

di Stefano Lenza


 www.unionesarda.it




Se non il paradiso terrestre, qualcosa di molto simile, la Sardegna indipendente immaginata da Salvatore, Doddore, Meloni. Un'isola padrona di se stessa, libera da vincoli con il resto d'Italia, a cominciare da quelli fiscali. Dove tutto andrà bene e tutti staranno meglio. Per riuscire a centrare l'obiettivo, il presidente della Repubblica di Malu Entu (l'isola di Mal di ventre) indica un percorso nuovo che guarda a ovest invece che ad est: non a Roma, allo Stato, ma a New York, all'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ieri mattina, ha depositato alla Regione le firme per richiedere il referendum della liberazione.


Un solo quesito, semplicissimo e scontato, almeno apparentemente: “Sei d'accordo, in base al diritto internazionale delle Nazioni Unite, al raggiungimento della libertà del popolo sardo, con l'indipendenza?”. Prima di recarsi in viale Trento, Doddore e i suoi hanno fatto tappa a Palazzo di Giustizia per la certificazione in Corte d'appello. «Presenteremo - ha spiegato Meloni in una conferenza stampa - 12.999 firme, più la mia, non valida perché lo Stato italiano mi ha condannato all'interdizione perpetua dal diritto di voto».


Questa sorta di ergastolo elettorale non gli è stato inflitto per le sue idee, non per il pensiero ma per l'azione: il 18 maggio del 1985 venne condannato in Assise a nove anni di carcere per quello che fu definito il complotto separatista. Per la sentenza, poi diventata definitiva, lui, ed altri, avevano organizzato un tentativo, seppur rimasto alla fase embrionale, di cospirazione politica che non escludeva il ricorso alla violenza. Storia del secolo scorso. Meloni si è fatto la galera ma negava e nega di aver mai avuto intenzione di ricorrere alle armi. L'indipendenza, invece, la voleva e la vuole ancora. E spera di ottenerla in tempi brevi. «Il referendum si terrà entro la fine dell'anno, o all'inizio del 2013. Per la prima volta, i sardi potranno decidere cosa vogliono fare da grandi. Se dipendere da Roma o diventare finalmente padroni in casa propria».


Resta da capire cosa accadrà dopo il voto. Nel caso venga raggiunto il quorum e con il sì prevalente nelle urne, non è che al Palazzo di Vetro voteranno per inviare i caschi blu a liberare la Sardegna dall'oppressione italiana. «Succederà invece - prevede Salvatore Meloni - che i sardi, tutti quelli che vogliono l'indipendenza e oggi militano in altre forze politiche, non ritenendo affidabili i movimenti indipendentisti, daranno vita al partito referendario di chi vuole una Sardegna libera. Stravincerà alle regionali e dal Consiglio scompariranno tutti quei gruppi e gruppetti che sono lì per questioni di poltrone e pensano solo agli affari loro». Dopo di che non ci saranno più ostacoli alla nascita della Repubblica dei Quattro Mori? «Nessuno, lo dicono le Nazioni Unite. Siamo una minoranza etnica e linguistica e non abbiamo niente a che fare con l'Italia. Da cui, fino a prova contraria ci separano le acque internazionali». 


Tutto ciò, a suo parere, dovrebbe bastare all'applicazione del diritto all'autodeterminazione dei popoli sancito dalla carta delle Nazioni Unite recepita dallo stato italiano. Doddore non vede difficoltà alcuna a cominciare dal fatto che l'Onu intende tutelare, almeno in teoria e non sempre in pratica, minoranze oppresse o pesantemente discriminate. In questi casi la comunità internazionale ritiene prevalente il principio della tutela dei diritti umani rispetto a quello della non ingerenza negli affari interni di uno stato sovrano. E interviene, come avvenuto in Kossovo nel 1999 o, recentemente in Libia. Niente ha fatto invece l'Onu per i Paesi Baschi o altre minoranze che rivendicano l'indipendenza. 


Qualche difficoltà, per Doddore, si pone anche in casa nostra. Giorgio Napolitano ha ricordato a Bossi e compagni che «non esiste una via democratica ad uno stato lombardo-veneto». Contemporaneamente ha lanciato un monito alle camice e cravatte verdi dentro e fuori dal Parlamento: «Se gli slogan della Lega dovessero diventare altro, lo Stato non esiterebbe a intervenire come già fece, agli albori della democrazia, nei confronti dell'indipendentismo siciliano». 


Il messaggio del Quirinale non turba comunque l'autoproclamato presidente di Malu Entu. «Bossi parla di Padania, noi di Sardegna. Tutti si dimenticano un piccolo particolare: nel 1297, il 4 aprile, Bonifacio VIII, fece il regno sardo corso e lo diede a Giacomo II di Aragona. Sapete come? In vassallaggio perpetuo. In teoria, quindi, noi e la Corsica dipendiamo sempre dal Vaticano». Mentre immagina un popolo sardo libero che vive nel benessere e nella concordia, Doddore non cede alla tentazione di lanciare una frecciatina contro altri cugini indipendentisti. «Abbiamo raccolto 27.347 firme ma ne presentiamo 12.999 e tra queste neanche una delle 541 autenticate da Gavino Sale nel suo ruolo di consigliere provinciale. Visto che lui non ha aderito personalmente, non parteciperà all'attuazione del referendum. È una questione di coerenza».

giovedì 10 maggio 2012

Poligono Quirra Sardinya, il pm: "bugie di Stato"



di Paolo Carta
riveduto da SA DEFENZA

Undici anni di lotta: questa  è la sconfitta della classe politica


L'inchiesta ha ottenuto quello che da anni chiedevano i familiari delle vittime.

C'è voluta un'inchiesta della magistratura per smuovere la classe politica  e far affrontare di petto dal Senato Italiano il caso Poligono di Quirra.

E' la grande vittoria del Procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi, che è riuscito a ottenere attenzione da parte del Governo Italico, l'avvio della bonifica e la sospensione di tutte le attività sperimentali e addestrative che mettevano più a rischio la salute dei militari e dei pastori. 

Era quello che chiedevano invano i pacifisti e i parenti di familiari morti dopo avere lavorato nel poligono con la divisa o al seguito del bestiame. 
Almeno dal 2001 dopo le segnalazioni sui casi sospetti di tumore del sindaco-oncologo Antonio Pili.

In mezzo c'erano stati due controlli ambientali voluti dalla classe politica regionale sarda e nazionale italiana, vera sconfitta di tutta questa vicenda.
Perchè al termine di analisi molto contestate anche in tempi non sospetti, si era arrivati nel 2005 e nel 2011 a una sorta di assoluzione delle attività svolte dalle forze armate italiane e dalle industrie belliche di tutto il mondo, senza il minimo controllo.

Pareri bollati come "bugie di stato" dal pm Fiordalisi ieri davanti alla commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, in virtù delle consulenze di illustri scienziati coinvolti nell'inchiesta della Procura come esperti superpartes. 

A prescindere da come andrà il processo penale che inizierà tra un mese davanti al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lanusei, quel che emerso merita il pronto intervento del Parlamento ITALIANO . Un angolo di paradiso, uno dei posti più belli della Sardinya è stato usato come discarica per smaltire armi provenienti da tutta l'Italia.

Quell'area militare inaugurata nel 1956 come se dovesse diventare una sorta di Cape Canaveral della NASA per il lancio di missili sperimentali e scientifici, è stata trasformata in una discarica che secondo la Procura ha inquinato suolo, aria e falde acquifere. Al punto che adesso la bonifica non è più procrastinabile.
Perchè dopo la parte destruens fatta di sequestri di aree del poligono, sgomberi dei meno colpevoli di tutti, i pastori, controlli e quant'altro, adesso è necessario avviare una fase costruens

La bonifica può dare posti di lavoro per tanti anni, porzionidel poligono come quella sul mare, utilizzata per tanti anni per test messi al bando, potrebbero essere sgomberate creando altro reddito una volta che i fondali saranno ripuliti.

Si farebbe giustizia anche dell'accordo (rimasto sin qui disatteso) firmato trent'anni fa dall'allora primo ministro italiano Giovanni Spadolini e dal presidente della regione Sarda Mario Melis, sulla necessità di alleggerire il peso delle servitù militari che grava così pesantemente sulla Sardinya e sul suo sviluppo economico.




Mariella Careddu
www.unionesarda.it

Poligono Quirra Sardinya, bugie di Stato

Audizione-choc del Procuratore di Lanusei Fiordalisi al Senato:
«Non test ma smaltimento illecito di rifiuti bellici dentro la base





I veleni di Quirra potrebbero uccidere il Poligono. La chiusura della base militare non è da escludere. Ci stanno pensando i parlamentari, all'indomani dell'audizione choc del procuratore della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi.


IL VERTICE 
Ieri pomeriggio, si è svolto il vertice d'urgenza della commissione di senatori che dovrà decidere cosa fare e dovrà farlo in fretta. Non si esclude nessuna ipotesi. Il magistrato ha parlato di «bugia di Stato», perché tra i confini della base isolana si «svolgeva un'attività diversa da quella dichiarata. Uno smaltimento di rifiuti bellici illecito». Una menzogna lunga decenni, secondo il pm, che per due ore ha riferito del grave inquinamento ambientale provocato da cadmio, amianto, uranio impoverito, torio e altre sostanze cancerogene sprigionate dai brillamenti e dalle esercitazioni avvenute in quel pezzo di Sardegna.


RELAZIONE CHOC 
La prima bugia starebbe già nel video mostrato dal pm ai commissari. Un filmato dell'esercito che nell'etichetta porta la scritta test , ma che in realtà mostra i brillamenti di bombe portate a Quirra da tutti i poligoni d'Italia. «I test sono un'altra cosa», assicura. Deflagrazioni che liberano nell'aria colonne di fumo e detriti alte diverse centinaia di metri, che il vento ha soffiato via verso i pascoli di Escalaplano e Perdasdefogu, verso fiumi e sorgenti, verso le aziende agricole che producono il miele e il formaggio nei quali i periti della Procura hanno trovato tracce di metalli pesanti. La relazione choc ha scosso i parlamentari: la commissione che indaga sulle morti e sulle malattie che hanno colpito personale militare impiegato nei poligoni in Italia e all'estero, dovrà fare in fretta. Dopo l'audizione di martedì è arrivata la convocazione d'urgenza nell'ufficio di presidenza. Ieri alle due del pomeriggio l'ultimo incontro. Un'ora per fare il punto della situazione e stabilire le tappe dell'intervento.


IL GENERALE 
Martedì prossimo a riferire davanti ai parlamentari sarà il generale Maurizio Lodovisi, responsabile della bonifica. L'ufficiale dovrà chiarire la situazione e presentare una relazione dettagliata che indichi l'importo necessario per ripulire l'area, il cronoprogramma e quello che già è stato fatto. «È importante che la commissione abbia deciso questo cambio di passo in seguito all'audizione del procuratore. Ora si passa da un livello cognitivo a un livello attivo», spiega Gian Piero Scanu, senatore del Pd e unico sardo a far parte del gruppo di lavoro.


L'AGENDA 
Dopo l'incontro con il generale, sono già in agenda altri due appuntamenti cruciali. Mercoledì la commissione farà gli straordinari: la prima seduta è fissata alle due del pomeriggio, servirà a tirare le somme, la seconda alle otto e mezza di sera, sarà quella decisiva. Il momento per decretare la morte o la vita del Poligono di Quirra. Ai parlamentari resta una settimana per ripensare alle foto mostrate loro dal magistrato. Il ritratto dell'agnello polifemo nato in un allevamento a una decina di chilometri dai confini della base. Le immagini di vacche impegnate a strappare i fili d'erba a ridosso della discarica di Is Pibiris. E poi, ci sono le relazioni degli esperti dell'Arpas, le perizie dei ricercatori che mostrano tracce di sostanze cancerogene e metalli pesanti ben oltre il perimetro del poligono.
Il resto è l'inchiesta della Procura che venerdì scorso ha chiesto venti rinvii a giudizio per il disastro provocato dalle esercitazioni militari. Nel registro degli indagati sono finiti nomi eccellenti dell'esercito, luminari del mondo accademico, medici, ricercatori e amministratori, tutti colpevoli, secondo il pubblico ministero, del disastro che ha seminato la terra e infestato l'aria con le scorie mortali.



Uranio impoverito e torio, accertamenti sul nesso di causalità coi tumori

C'è un'inchiesta-bis Morti sospette: si indaga ancora sulle guerre simulate
Inchiesta che va, inchiesta che viene. Gli atti dell'indagine sui veleni di Quirra sono appena arrivati nella cancelleria del giudice dell'udienza preliminare. Venti richieste di rinvio a giudizio in attesa di una risposta: la data dell'udienza verrà fissata a giugno. Al terzo piano del palazzo di giustizia di Lanusei, però, va avanti l'inchiesta bis, quella che vuole accertare il nesso tra le morti sospette di militari e civili e le sostanze letali lasciate a terra dalle guerre simulate. Per cercare una prova schiacciante non sono bastati i cadaveri dei diciotto pastori riesumati dalla Procura. Nella lista dei sospettati non c'è solo l'uranio impoverito. I test dei ricercatori hanno isolato tracce di torio, un metallo pesante più difficile da smaltire, più difficile da collegare in maniera univoca alle malattie che hanno portato alla tomba i pastori strappati alla terra in nome della giustizia. Senza nuovi risvolti, resta l'attesa per l'inchiesta madre nella quale sono indagati i militari Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Paolo Ricci, Gianfranco Fois, Francesco Fulvio Ragazzon, Giuseppe Di Donato, Vittorio Sabbatini, Vincenzo Mauro, Walter Carta, i ricercatori Francesco Riccobono, Giuseppe Protano, Fabio Baroni, Luigi Antonello Di Lella, i chimici Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani, il medico Pierluigi Cocco e il sindaco Walter Mura. 

mercoledì 9 maggio 2012

Quirra, il Senato pronto a varare misure urgenti

Mariella Careddu

www.unionesarda.it

Dopo l'audizione al senato italiano di ieri del pm Fiordalisi

Quirra, il Senato pronto a varare misure urgenti

 

 
PM Domenico fiordalisi


Un vertice d'urgenza sui veleni del poligono di Quirra. La commissione parlamentare è sotto choc. Alle dieci e mezza di ieri sera, il procuratore capo della Repubblica di Lanusei, Domenico Fiordalisi, conclude la sua relazione sugli effetti delle esercitazioni militari nel salto di Quirra: i politici capiscono che non c'è un attimo da perdere. Questo pomeriggio alle due, si riunirà l'ufficio di presidenza del Senato per adottare determinazioni urgenti.

L'INCONTRO A ROMA
Un fiume di parole iniziato alle otto e mezza di sera. Due ore di audizione e un faldone con centinaia di pagine che raccontano come il torio, l'amianto e le altre sostanze tossiche sprigionate dalle esercitazioni militari, abbiano impestato la terra e l'aria di quel quadrato grande più di dodicimila ettari, ma non solo. La bonifica dovrà andare oltre i confini catastali dell'area militare, perché l'inquinamento è più grave di quanto si potesse immaginare. 

I DATI DEL DISASTRO
Il pubblico ministero, che solo qualche giorno fa, ha chiesto il rinvio a giudizio per venti persone accusate di aver provocato il disastro e di aver omesso di denunciare la faccenda alle autorità competenti, ha sviscerato ogni aspetto della vicenda. I contenuti del colloquio sono stati secretati. Nel rapporto del procuratore, si va per capitoli. Si ripercorrono cronologicamente le tappe del disastro. Si elencano responsabilità e negligenze. Si evidenzia la pericolosità del torio, un metallo pesante, la cui incidenza è stata spesso sottovalutata. Più difficile da rintracciare attraverso i test, più difficile da smaltire, rispetto al ben più conosciuto uranio impoverito. 

LA COMMISSIONE
Ad ascoltare ogni dettaglio, c'erano i componenti della commissione parlamentare che deve fare chiarezza sui casi di morte e su quelli di malattia che hanno colpito il personale militare impiegato nei poligoni in Italia e all'estero. Tra i parlamentari, l'unico senatore sardo è Gian Piero Scanu del Pd. La relazione di Domenico Fiordalisi ha choccato tutti. Tanto che, alle dieci e mezza di sera, quando il pm si è congedato dai politici, è arrivata la decisione di non lasciar passare nemmeno un giorno in più. Bisogna fare in fretta, trovare una soluzione al più presto e far iniziare la bonifica per evitare che altri danni possano essere provocati in quell'area circondata da pascoli verdi, aziende agricole e centri abitati.


 
Un'esplosione nel poligono di Salto di Quirra

martedì 8 maggio 2012

Quel mistero di Sarsogna

Francesco Cesare Casula 

unionesarda

L'Isola dove tutti dormono e sognano e nessuno sa spiegare il perchè

Nemmeno uno scienziato inviato dall'Onu riesce a coronare la missione

Sogno Lucido
In mezzo a un vasto azzurro mare orlato d'antiche civiltà, insiste a vivere beata sotto il sol dell'avvenir un'isola di sogno, nella quale si dorme e si sogna, si sogna e si dorme, si dorme e si sogna in continuazione. Infatti, per questo, si chiama Sarsogna. 
 
L'ORIGINE
Chi le avesse dato per primo un simile nome, non si sa. I Greci achivi della Grecia e della Magna Grecia, in verità, la chiamavano Enipniona, che, poi, vuol dire sempre “la Dormiente che sogna”. Ma i più informati accademici odierni delle universias studiorum, accaniti latinisti, affermano nelle loro tesi dottorali di Filologia, Glottologia e Laringoiatria romanza che il nome deriva dal latino somnium. E ragionano così: i vecchi naviganti dell'alto mare aperto la conoscevano come ipsa insula somniat (che in italiano vuol dire “quell'isola sogna”…).
Nel corso del tempo secondo i dotti sarebbe caduta la ip e sarebbe rimasta solo la sa (chissà perché). Poi, la parola insula si sarebbe sott'intesa da sola ed eliminata in quanto ovvia.
Indi, dal II secolo a.Cr. in poi le chartae nauticae l'inscrissero col toponimo Sasognat. Ma, questo arbitrio non piaceva ai locali che spontaneamente aggiunsero una “r” eufonica e presero a chiamarla, fra un riposo e l'altro, Sarsognat. In ultimo, alle soglie del Medioevo, senza che nessuno se n'accorgesse (perché tutti dormivano), se n'è andata via quatta quatta la ”t” di coda per sfiducia nelle istituzioni. Ed eccoci giunti, così, a Sarsogna, come tutti oggi la studiano nei libri di geografia e di antropologia.
 
SU GOOGLE EARTH
Proprio così: di geografia e di antropologia; perché l'isola ha in sé una caratteristica unica al mondo, che la fa oggetto di attenti studi e ricerche nel campo delle risorse fisiche e morali umane. Per la parte fisica è presto detto. All'apertura serale di Google Earth risulta posizionata nell'emisfero nord della terra, a mezza strada fra il polo artico e l'equatore, in asse col meridiano londinese di Greenwich, ma un po' più a destra che a sinistra. Ha la forma di un cuscino stazzonato, tutto bozze e incavità al centro, sgualciture e spiegazzamenti ai lati. Contuttociò ha pochi porti, perché gli unici approdi li fecero i romani di passaggio, e ora, benché siano obsoleti e impraticabili (nelle banchine sud ed est), gli indigeni li reputano ancora congeniali, e sono troppo impegnati a dormire per pensare di riattarli coi tubi Innocenti, o, magari, farne uno nuovo in località Santa Pilla, da chiamarsi - potrebb'essere - Porto Alletto. 
 
GLI ABITANTI
Quanti abitanti annoveri, Sarsogna, nessuno lo sa con precisione: chi dice 20.000 chi 200.000 chi addirittura due milioni (pecore incluse). L'incertezza nasce dal fatto che nessun sarsognese è mai stato sveglio così a lungo da riuscire a compilare il formulario del censimento fino in fondo. Ma, di sicuro, quand'anche fossero 20.000, 200.000 o due milioni, essi sono ripartiti in otto, anzi dodici circoscrizioni che aspirano a diventare trentadue, come i denti dell'uomo/donna, in modo da poter masticare il cibo senza sforzo. Le circoscrizioni sono diverse le une dalle altre, e in competizione fra loro. Tutto dipende dalla postura dei dormienti. Nella circoscrizione di mezzo sono posizionati a pancia in su; in quella di sopra a pancia in giù. In quella di sotto dormono rannicchiati; mentre, in quelle di lato sono tutti distesi. E ognuno difende la propria posizione (che chiamano identità), anche a costo della vita.
 
IL MISTERO
Per cercar di capire perché i sarsognesi siano così addormentati tutti gli antropologi dell'orbe terraqueo si buttano a capofitto sull'antropologia culturale. Eppure, anche gli antropologi culturali, che di queste cose se n'intendono e sanno applicare l'olistica come se niente fosse, non riescono a spiegarsi il fenomeno sarsognese: «chi riesce andar via dall'isola dopo un giorno o due si risveglia del tutto e comincia pure a ragionare; chi invece arriva in Sarsogna sveglio e arzillo, pieno di buoni propositi, dopo due o tre giorni si assopisce e s'addormenta profondamente».
Alcuni antropologi, di non so dove, il primo giorno del loro arrivo, frastornati dal russare collettivo, andarono a chiedere lumi al governatore della regione. «Se non le sa lui, queste cose», pensavano, «non a caso sarà stato eletto governatore!».
Lo trovarono addormentato nell'alto scanno della sua autorità con un brutto cappello in testa per ripararsi dalla luce del sole. Cercarono di svegliarlo con cautela, poi scuotendolo leggermente, infine sbatacchiandolo vigorosamente tanto che il cappellaccio gli andò di traverso e rischiò di cadere. «Governatore - gridarono - perché dormite tutti?». Il governatore, di mala voglia, aprì un occhio (due sarebbe stato troppo), si aggiustò le manichette della giacca, quasi a chiedere loro salvifica ispirazione, ingurgitò la domanda, la rimuginò fra sé e sé, e infine trovò la soluzione: «Andate dallo storico di Palazzo, lui conosce senza dubbio la verità», e si riappisolò.
 
PANICO MONDIALE
Neanche lo storico ne cavò piede e anche l'Onu ne fu atterrita. Pensarono, allora, che la causa fosse l'aria («el aire pestilencial» sentenziarono gli ambasciatori di lingua spagnola, che ricordavano la malaria del passato). Tra il vedere e il non vedere, decisero ilico et immediate, all'unanimità, di mandare un drone (aereo senza pilota) per prelevare campioni di atmosfera insulare da analizzare. Niente da fare.
Per farla breve, alla fine diedero la colpa alle mosche (in effetti, la mosca tse-tse provoca il sonno). Chiesero alla comunità scientifica un entomologo che fosse disposto a paracadutarsi al centro dell'isola con tutta la sua attrezzatura (retini, microscopi, reagenti chimici, vettovaglie e tenda da campo) per osservare, catturare e, se del caso, vivisezionare i ditteri sospetti: le noiose mosche domestiche, le schifose mosche cavalline, le rare mosche bianche, le ruzzanti mosche cieche, le reticenti zitt'e mosca; insomma, la famiglia delle musciade al completo (padri, madri e figli).
 
LE MOSCHE
L'eroico scienziato volontario, calato giù dal cielo, perlustrò in lungo e in largo la campagna di Sarsogna sotto il sole cocente dell'estate acchiappando mosche a tutto spiano, tanto che a sera n'ebbe in suo potere un sacco pieno. Dalla contentezza non dormì neppure. Al lume della lampada acetilene si diede ad analizzare, anatomizzare, squartare teste, antenne, addomi, arti superiori ed inferiori delle povere bestiole ronzanti di paura, anelanti alla libertà. Purtroppo, col passar delle ore, si faceva palese l'insuccesso: nessun insetto pareva apportatore di sonno.
L'entomologo era disperato: per lui poteva essere il Nobel, la gloria, l'immortalità; invece, era la sconfitta, la vergogna, l'anonimato eterno. Si deterse il sudore dalla fronte, bevve dell'acqua dalla borraccia con mano tremante e s'apprestò ad escùtere l'ultimo vetrino dov'era spiaccicata la salma di una viscida mosca olearia, meglio conosciuta col nome latino di bactrocera oleae. «Mio Dio - pregò sommesso - fate che sia lei la colpevole». Già gli ciondolava la testa invasa dal torpore pomeridiano (si era al secondo giorno). Bisognava fare in fretta, molto in fretta. Nell'orgasmo dell'urgenza una goccia cadde accanto all'animaletto in osservazione. «Strano, disse l'entomologo, l'acqua che vedo non è del tutto pura…».
Effettivamente, insieme all'H2O il liquido mostrava sospette tracce di un lattice bianchiccio. «Vuoi vedere che…», pensò (non per nulla era un scienziato di fama internazionale!). Spostò il vetrino sul potentissimo microscopio elettronico per avere una scansione più dettagliata, e gli apparvero gli alcaloidi, le proteine, le cellule, l'enzima e gli idrocarburi di una secrezione che Wikipedia individuò proveniente da una pianta acquatica denominata euphorbia dendroides, ovverosia lua.
«La pianta - dice l'enciclopedia - è lattiginosa, con chioma spesso arrotondata, densamente ramificata, ma lassamente fogliosa. Tutta la pianta è tossica (un tempo questa specie veniva utilizzata per la pesca di frodo). Negli uomini, poche stille diluite nell'acqua provocano un sonno profondo». E tutti i bacini dell'isola ne erano invasi….!
 
EPILOGO
«Assassina!!!! - gridò l'entomologo - Ora ti denuncio al mondo intero!!!!". Ma, oramai, era troppo tardi: pure lui aveva bevuto il maledetto liquido, e i tre giorni di veglia erano scaduti. Cadde di schianto sul letto con l'inutile telefonino dell'accusa in mano, che faceva tu, tu, tu, a vuoto. Fu così che nobody in the world, nemmeno la CIA, seppe mai perché a Sarsogna si dorme e si sogna, si sogna e si dorme, si dorme e si sogna in continuazione.
 

Euforbia cespugliosa - portamento

lunedì 7 maggio 2012

Fukushima Il reattore n° 4 rilascia Cesio-137 i venti condannano la California

weeklyintercept

Technorati
Stephen Alexander

Se il reattore 4 a Fukushima diventa instabile e rilascia 10 volte la quantità di Cesio-137 (Cs-137) rilasciata al momento dell'incidente nucleare di Chernobyl, e i venti prevalenti potrebbero portarlo fino alla parte occidentale degli USA -che significa California .

Il 30 aprile 2012, 72 organizzazioni ONG hanno inviato una richiesta alle Nazioni Unite e al governo giapponese sollecitando la rapida azione per stabilizzare l'unità centrale nucleare di Fukushima Daiichi 4 combustibile nucleare esaurito.
Gli esperti nel settore nucleare sia  Giapponesi che nel mondo hanno approvato la lettera.

La lettera conteneva avvertimenti che l'unità
4  ha danneggiata la piscina del combustibile nucleare esaurito contiene cesio-137.
Questa piscina se è stata esposta a un terremoto o un altro evento che drena la piscina, quindi il risultato potrebbe essere un  catastrofico incendio radioattivo. La lettera ha esortato le Nazioni Unite a creare un vertice della sicurezza nucleare per trovare una soluzione al problema al'Unità di Fukushima Daiichi 4 e alla piscina del combustibile nucleare esaurito. La proposta ha indicatoto come le Nazioni Unite dovrebbero creare un team indipendente di valutazione relativa all'unità Fukushima Daiichi 4 e organizzare l'assistenza internazionale per stabilizzare il combustibile nucleare esaurito dell'unità e impedire la catastrofe imminente. La lettera è stata consegnata sia al Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon che al Primo Ministro giapponese Yoshihiko Noda.  
La seconda lettera ha incoraggiato il Giappone a chiedere ufficialmente aiuto alle Nazioni Unite.  Gli oltre 10.000 elementi di combustibile esaurito siti presso l'impianto di Fukushima Daiichi si trovano in piscine vulnerabili ai terremoti futuri. La radioattività è di circa 85 volte più alta e  duratura rispetto alla radioattività rilasciata a Chernobyl.

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