mercoledì 22 giugno 2011

Il vergognoso finanziamento del FMI

Attilio Folliero

articulo en español


La Liberia, paese africano tra i più poveri del mondo, ha una popolazione di poco superiore ai 4 milioni di abitanti, un PIL, per l’anno 2010, di poco inferiore a un miliardo di dollari ed un PIl pro capite di 226 dollari USA all’anno (dati di fonte FMI). Il PIL pro capite è dunque di molto inferiore ad un dollaro al giorno.



Il Fondo Monetario, stando ai sui fini statutari, tra gli altri ha il compito di ridurre gli squilibri esistenti fra i vari stati e quindi verrebbe da pensare che un paese povero come la Liberia sia uno di quei paesi che riceve aiuti dal FMI, appunto al fine di ridurre la propia immensa povertà. E’ così? Neppure per sogno! Di quei miseri 226 dollari che ogni liberiano ha annualmente a disposizone, ben 47,69 dollari vanno al FMI; il 21,10% del PIl pro capite va al FMI, sotto forma di quota di partecipazione al fondo (dati di nostra elaborazione su dati di fonte FMI).

Screenshot della pagina FMI riguardante le quote della Liberia; Url consultato il 14/06/2011

Questa la vergognosa attuazione del FMI. Ovviamente la Liberia è un caso estremo, ma tutti i paesi poveri sono fortemente penalizzati ed indebitati da un agire che considerare vergognoso è poco. Andiamo per ordine e vediamo come si finanzia il Fondo.
Al finanziamento del Fondo Monetario Internazionale (FMI) partecipano 187 paesi, che in totale apportano, per l’anno in corso, circa 377.710 milioni di dollari. In che misura avviene l’apporto dei vari paesi? Considerati i fini statutari, cioè cercare di ridurre gli squilibri esistenti fra i vari stati, verrebbe da pensare che il fondo sia finanziato soprattutto dai paesi ricchi al fine di aiutare i più poveri. E’ così?
Se analizziamo gli apporti al fondo in valore assoluto, effettivamente troviamo che I paesi ricchi sono quelli che apportano maggiori quantità di soldi: USA 67 miliardi di dollari circa, Giappone 24, Germania 23, Francia 17, Regno Unito 17, Cina 15, Italia 12, ecc. (Vedasi tabella con l’elenco di tutti i paesi).
Se invece portiamo l’analisi in profondità, analizzando l’apporto di ogni paese in base al proprio PIL, scopriamo che i paesi che più apportano sono quelli poveri. Infatti, confrontando, per ogni paese, la percentuale dei finanziamenti apportati al FMI con la percentuale del proprio PIL nazionale rispetto al PIL mondiale troviamo che i paesi poveri apportano molto di più rispetto ai paesi ricchi.
In questa speciale classifica degli squilibri nel finanziamento al FMI, troviamo in testa proprio la Liberia, il cui PIL nazionale rappresenta lo 0,0015% del PIL mondiale ed invece apporta al FMI una quota di finanziamento pari allo 0,054%; la quota apportata al FMI è del 3.416% in più rispetto a ciò che rappresenta il proprio PIl in relazione al PIL mondiale. Alla Liberia seguono tutti paesi poveri: Tuvalu, Sierra Leone, Burundi, Zimbabwe, ecc. (Vedasi tabella con l’elenco di tutti i paesi).
Se scendiamo ancora più in dettaglio, analizzando la quota pro capite in dollari apportata al FMI dai cittadini dei vari paesi, in valore assoluto i lussemburghesi sono quelli che più di tutti apportano al FMI: 1.319 dollari annui a testa, seguiti dai cittadini del Brunei con 821 dollari, quindi gli svizzeri con 706 dollari a testa; gli statunitensi apportano 206 dollari, gli italiani 207, i venezuelani 145 dollari a testa, i cittadini della Liberia 47,69 dollari a testa; in coda troviamo i cittadini dell’Etiopia con 2,51 dollari a testa (Vedasi tabella con l’elenco di tutti i paesi).
Ma quanto incidono i 1.319 dollari concessi al FMI dai lussemburghesi sul proprio PIL pro capite? Il finanziamento del FMI ai lussemburghesi incide solamente per 1,21% del PIL pro capite; ad ogni statunitense, il finanziamento del FMI incide solamente per lo 0,46% del proprio PIL pro capite. Ed ai liberiani? Quando i liberiani passano al FMI 47,69 dollari cadauno significa che stanno cedendo il 21,10% del proprio PIL pro capite, ammontante a 226 dollari annui! E così tutti gli altri cittadini dei paesi poveri. Ossia più si è poveri, più si finanzia il FMI (Vedasi la lista dei paesi che finanziano il FMI sulla base del PIL procapite).
E questo sarebbe l’organismo che dovrebbe ripianere gli squilibri? E’ chiaro che tale meccanismo non consentirà mai di appianare gli squilibri fra gli stati ed è evidente che questo non è il fine vero di tale organismo. Il fine vero del FMI sembra quello di controllare i popoli, impedendogli di ribellarsi, impedendogli di cercare vie alternative alla dominazione del dollaro e dello strapotere dei paesi ricchi, con l'obiettivo di poterli depredare delle ricchezze naturali di cui sono generalmente ricchi gli stati più poveri.
Mentre gli stati ricchi hanno dilapidato le ricchezze naturali esistenti nei propri territori in poco meno di cento anni di società altamente industrializzata, i paesi sottosviluppati, appunto perchè non sviluppati, hanno ancora intatte le prorie risorse e quindi i paesi ricchi, dopo aver dilapidando le proprie ricchezze naturali, hanno messo gli occhi su queste e pertanto hanno bisogno di controllarli, tenerli sottomessi ed impedire il loro sviluppo, cosa che si raggiunge facilmente con le politiche adottate dal FMI. Sembra questo il vero fine del FMI.
Ovviamente su questo organismo si sono riversate tante critiche, perfino quelle dell’allora vicepresidente del Banco Mondiale, Joseph Stiglitz, non certo un santo! Insomma Il Fondo Monetario Internazionale è un mostro, come ha titolato Angela Pozzi nel suo blog.
In virtù delle numerose critiche piovute, il FMI in una riunione dello scorso novembre ha deciso di apportare delle modifiche al suo modo di funzionare e finanziarsi. Modifiche in peggio o in meglio? Per i paesi poveri la risposta è scontata: in peggio!

In questa riunione, presieduta dall’allora segretario generale Dominique Strauss-Khan, il FMI ha deciso non solo un riallineamento delle quote fra i vari paesi membri (cosa che apparentemente dovrebbe favorire quelli più poveri), ma anche un raddoppio della quota, portando la disponibilità totale a disposizone dai circa 377 miliardi di dollari ad oltre 750 miliardi. In sostanza anche se fosse ridotta la quota di finanziamento dei paesi poveri, ovviamente di poco, considerato che la quota totale è destinata a raddoppiare, automaticamente i paesi poveri si vedrebbero aumentare e fortemente la propria quota da sborsare.

Immaginiamo che il raddoppio sia stato operato in vista della crescente necessità di “aiuti” da parte di un sempre più alto numero di paesi in crisi. Quindi ciò è da interpretarsi come un ulteriore segnale che si va verso un acuirsi della crisi economica dei paesi occidentali.
Insomma, si è parlato di una importante riallineazione delle quote ed una distribuzione più equa. Staremo a vedere.

Fino ad ora la quota che ogni paese doveva versare scaturiva da un complesso calcolo che considerava il PIL (50%), il grado di apertura ai mercati (30%), la variabilità economica (15%) e le riserve internazionali (5%). La quota versata era anche la base per il calcolo del finanziamento ottenibile: un paese membro poteva ottenere annualmente fino al 200% di quanto versato ed un massimo cumulato del 600% di quanto versato. Insomma, fino ad oggi, se un paese povero vuele ricevere aiuti dal FMI deve sborsare parecchi soldi, arrivando al caso limite della Liberia che versa annualmente il 21% del proprio PIL.


immagine
La bandiera della Liberia



Per concessione di Attilio Folliero
Fonte: http://attiliofolliero.blogspot.com/2011/06/il-vergognoso-finanziamento-del-fmi.html

martedì 21 giugno 2011

La NATO si assume la responsabilità per l'uccisione di civili a Tripoli

voltairenet.org
tradutzioni de SA DEFENZA




Il comando della Nato in Libia ha ammesso la responsabilità della morte di almeno cinque civili durante un attacco aereo su Tripoli, condotte durante le prime ore di Sabato.
E 'detto in una nota il generale Charles Bouchard, capo delle operazioni della Nato in Libia, l'Alleanza ", deplora la perdita di vite civili innocenti e si prende la responsabilità nel fare gli attacchi." Nella dichiarazione ha detto che il bersaglio di bombardamenti aerei era un enclave militare (sic..), ma è girato erroneamente il puntamento del target previsto e l'impatto del proiettile su un quartiere residenziale.

Secondo dati recenti, il recente attacco della NATO ha preso la vita di cinque membri della famiglia, tra cui due bambini e una donna. Bouchard ha detto che l'incidente potrebbe essere stato causato da "un fallimento di un sistema d'arma", ma sono ancora stabilire i dettagli dell'incidente.

Secondo i dati del governo libico, gli attacchi della coalizione occidentale ha finora causato la morte di quasi 900 persone. Dall'inizio della missione NATO in marzo, le autorità libiche periodicamente fanno il report sui morti civili nei bombardamenti dell'Alleanza.

Nel frattempo, nella città di Misurata (a est del paese) la lotta continua tra l'esercito del sovrano libico Muammar Gheddafi e le forze ribelli. Gli scontri di Domenica ha causato la morte di nove persone, mentre 51 sono stati feriti, secondo fonti dell'opposizione libica.

lunedì 20 giugno 2011

USA, pesticidi abbassano il quoziente d’intelligenza dei bambini.

ilfattoquotidiano

Secondo tre ricerche condotte in America, l'esposizione delle donne in gravidanza ai composti chimici usati in agricoltura può avere conseguenze gravi sui livelli di apprendimento dei nascituri

Le donne incinte che si sono esposte ai pesticidi usati in agricoltura metteranno al mondo figli meno intelligenti della media. La notizia è contenuta in tre studi americani, condotti presso l’Università di Berkeley, il Mt. Sinai Medical Center e la Columbia University.

Nonostante le popolazioni monitorate risiedano dalla California allo Stato di New York, i risultati ottenuti sono molto simili: l’esposizione durante la gravidanza ai pesticidi a base di organofosfati (composti chimici molto utilizzati in agricoltura) può portare i propri figli ad avere un quoziente intellettivo molto ridotto già all’età di 7 anni. Più precisamente, un’esposizione prenatale dieci volte superiore alla norma corrisponde ad un calo di 5,5 punti nei test sul QI.

I bambini del campione con i più alti livelli di esposizione agli antiparassitari in fase prenatale hanno ottenuto risultati di anche sette punti inferiori rispetto ai loro coetanei. Per Brenda Eskenazi, professore di epidemiologia e di salute materna e infantile, ciò significa che in futuro più bambini dovranno “essere spostati nella parte bassa dello spettro di apprendimento, e più bambini necessiteranno di servizi speciali a scuola”.

Le analisi sono partite durante la gravidanza delle partecipanti che sono state invitate a visite regolari dove, oltre ai questionari, venivano prelevati campioni di urina e misurate le condizioni dei feti.

Le ricerche della Berkley, iniziate nel 1999 nella comunità californiana di Salinas, un centro agricolo della Monterey County, hanno basato le loro analisi sulla misurazione dei metaboliti (i prodotti del processo del metabolismo) presenti nelle urine materne. Gli studi del Sinai Medical Center e della Columbia University, invece, hanno esaminato le popolazioni urbane di New York City. Come nel caso dei ricercatori di Berkeley, gli scienziati di Mount Sinai hanno campionato i metaboliti, mentre i ricercatori della Columbia hanno esaminato i livelli di clorpirifos (un particolare antiparassitario) nel sangue del cordone ombelicale.

Le rilevazioni della Berkeley University, eseguite su 329 bimbi californiani che hanno sostenuto test sulla comprensione verbale, il ragionamento percettivo, la memoria di lavoro e la velocità di elaborazione, hanno portato solo ora ai primi importanti risultati perché, come ricorda Maryse Bouchard, una degli autori dello studio, “i bambini sono ora in una fase in cui stanno frequentando la scuola, quindi è più facile ottenere valutazioni valide delle funzioni cognitive”.

Ciò che impressiona le ricercatrici Bouchard ed Eskenazi sono anche le forti coincidenze con i risultati ottenuti dagli altri due studi: “È molto raro vedere questa coerenza fra diverse popolazioni studiate”. Un fatto che, secondo gli scienziati, può portare l’esito delle ricerche ad essere “applicabile alla popolazione generale”, e dimostra come “la connessione tra l’esposizione a pesticidi e il QI non sia limitata alle persone che vivono in una comunità agricola”.

I ricercatori hanno raccomandato di ridurre l’uso di pesticidi ed il consumo di prodotti alimentari che abbiano subito troppi trattamenti chimici, osservando che la maggior parte dei parassiti che si trovano nelle nostre case, orti e giardini possono essere controllati anche senza queste sostanze. “Le persone, soprattutto le donne incinte, hanno bisogno di una dieta ricca di frutta e verdura”, afferma la professoressa Eskenazi, ma per i ricercatori è necessario che i consumatori lavino sempre accuratamente frutta e verdura. Un altro consiglio è quello di considerare, quando possibile, l’acquisto di prodotti biologici.

Ma il problema va ben oltre la dieta delle mamme americane ed il quoziente intellettivo dei loro bambini. Anche in Europa l’eccessivo uso di protesi chimiche in agricoltura sta creando non pochi problemi. I cancri infantili, ad esempio, sono aumentati nel vecchio continente dell’1,1% ogni anno negli ultimi trent’anni, e sono 100mila i bambini che muoiono annualmente di cancro. Di questi, il 70% dei casi sono dovuti a fattori ambientali. È quanto riportato nel film francese “I nostri figli ci accuseranno”, una potente denuncia nei confronti dell’inquinamento agro-chimico e dell’abuso di pesticidi e fertilizzanti in agricoltura. Che, sempre per gli autori del documentario, hanno portato i cancri maschili in Francia ad aumentare del 93% nell’arco di soli 25 anni.

sabato 18 giugno 2011

La rivolta degli Aganaktismeni, Indignati: Immense proteste in Grecia



Giorgos Mitralias Γιώργος Μητραλιάς

Tradotto da Giuseppe Oliva
italia.attac.org

Due settimane dopo avere iniziato, il movimento greco degli ‘indignati’ riempie le piazze principali di tutte le città con tantissime persone che gridano la loro rabbia e fanno tremare il governo di Papandreu ed i suoi sostenitori locali ed internazionali.

È già più che un movimento di protesta o perfino una massiccia mobilitazione contro le misure di austerità. Si è trasformato in un genuino sollevamento popolare che si estende a tutto il paese. Un sollevamento che ribadisce l’opposizione del paese di pagare per la ‘sua crisi’ o il ‘suo debito’ mentre fa perdere la riabilitazione ai due grandi partiti neoliberali, se non a tutto il mondo politico. Quanti sono giunti nella piazza Syntagma (piazza della Costituzione, nel centro di Atene) direttamente di fronte all’edificio del Parlamento, domenica 5 di giugno di 2011?
Difficile dirlo poiché una delle caratteristiche di simili mobilitazioni popolari è che non c’è un evento chiave, discorso o concerto, e la gente va e viene. Ma le persone trasportate dal metro di Atene che sa calcolare la quantità di passeggeri, si attesta per lo meno in 250.000 giunti in piazza Syntagma in quella notte memorabile. In realtà, varie centinaia di migliaia di persone si sono aggregate durante le manifestazioni ‘storiche’ nelle piazze principali di altre città greche. Tuttavia, in questa situazione bisogna formulare la domanda: come è possibile che un movimento di massa simile che scuote il governo greco, nel quale l’UE ha un interesse particolare, non si menzioni in assoluto nei media occidentali?
Carte indignés grecs

Durante questi primi dodici giorni non è stata detta praticamente né una parola, né mostrata un’immagine di quelle moltitudini senza precedenti che esprimevano la loro rabbia contro il FMI, la Commissione Europea, la ‘Troica’ [FMI, Commissione Europea e Banca Centrale Europea (BCE)] e contro Frau Merkel ed i dirigenti neoliberali internazionali. Niente. Con l’eccezione occasionale di poche righe su ‘centinaia di manifestanti’ per strade di Atene, seguendo un appello dei sindacati greci.
Questo testimonia una strana predilezione per squallide manifestazioni di burocrati sindacali mentre, ad alcuni centinaia di metri, immense moltitudini manifestano fino alle ore piccole della notte per giorni e settimane.
Place de Syntagma (place de la Constitution)
Seguendo gli ‘indignati’ greci o Aganaktismeni, bisogna dire che il movimento si fissa sempre di più tra le classi umili contro una società greca che è stata conformata per 25 anni da una totale dominazione di un’ideologia neoliberale cinica, nazionalista, razzista ed individualista che ha trasformato tutto in merci.

L’immagine risultante è per questo motivo spesso contraddittoria, poiché mescola la cosa migliore e la cosa peggiore tra idee ed azioni. Come per esempio quando la stessa persona mostra un nazionalismo greco che sfocia in razzismo mentre agita una bandiera tunisina, o spagnola, egiziana, portoghese, irlandesi, argentina, per mostrare solidarietà internazionalista con quei paesi.
Dobbiamo, pertanto, concludere che quei manifestanti sono schizofrenici? Indubbiamente no Come non ci sono miracoli, o sollevamenti sociali politicamente ‘puri’, il movimento diventa gradualmente più radicale dopo essere rimasto contrassegnato da quei 25 anni di disastro morale e sociale.
Manifestants et drapeaux
Ma attenzione: tutti i suoi ‘difetti’ si incorporano nella sua caratteristica principale, cioè il suo rifiuto radicale del Memorandum, della Troica, del debito pubblico, del governo, l’austerità, la corruzione, una democrazia parlamentare fittizia, la Commissione Europea, in sintesi, di tutto il sistema!
Sicuramente non è per caso che nelle ultime due settimane i manifestanti abbiano gridato frasi come non “dobbiamo niente, non vendiamo niente, non paghiamo niente! “, “non vendiamo né ci vendiamo!”, ”Che vadano tutti: Memorandum, Troica, governo e debito!” o “rimaniamo fino a che se ne vanno! “.
Simili tendenze uniscono tutti i manifestanti nella opposizione a pagare il debito pubblico. Per questo motivo la campagna di auditorium per il rifiuto del debito pubblico è un gran successo in tutto il paese. Il suo posto nel mezzo di piazza Syntagma è attorniato costantemente da una moltitudine ansiosa di firmare l’appello o di offrire i propri servizi come volontari.
Benché all’inizio fossero completamente disorganizzati, gli Aganaktismeni di Syntagma hanno sviluppato gradualmente un’organizzazione che culmina nell’Assemblea popolare realizzata ogni sera alle 21 e che attrae centinaia di oratori di fronte ad un’attenta platea di migliaia di persone.
I dibattiti sono frequentemente di gran qualità, per esempio sul debito pubblico, in realtà molto migliori di qualunque cosa che possa venir detta nei principali canali di televisione. Questo, nonostante il rumore nelle vicinanze, stiamo in mezzo ad una città di 4 milioni di abitanti, dozzine di migliaia di persone in costante movimento, e in particolare con la composizione molto diversa di quelle enormi udienze in mezzo ad un accampamento permanente che a volte somiglia ad una Torre di Babele. Tutte le qualità della democrazia diretta che si vivono giorno dopo giorno in piazza Syntagma non ci rendono ciechi davanti alla sua debolezza, la sua ambiguità o per certo suoi difetti come la sua allergia iniziale a qualunque cosa che suona a partito politico, sindacato o collettività stabilita. Benché bisogna riconoscere che simile rifiuto è una caratteristica dominante tra gli Aganaktismeni che tendono a respingere il mondo politico nel suo insieme, bisogna sottolineare il sofferto sviluppo dell’Assemblea Popolare, tanto ad Atene come in Tesalónica che è passata da un rifiuto dei sindacati all’invito di venire e manifestare in piazza Syntagma.
Ovviamente, man mano che passano i giorni, il paesaggio politico in piazza Syntagma si schiarisce, con la destra popolare e l’estrema destra ubicata nella sezione superiore, di fronte al Parlamento, e la sinistra anarchica e radicale nella piazza stessa, con controllo dell’assemblea popolare e dell’accampamento permanente. Per certo, benché la sinistra radicale domina e tinge di un profondo rosso tutti gli eventi e le manifestazioni in Syntagma, questo non significa che i diversi componenti della destra, da populista a nazionalista, razzista e perfino neonazista, non continuino a cercare di impadronirsi di questo massiccio movimento popolare.
I manifestanti persevereranno ed in gran parte dipenderà dalla capacità dell’avanguardia del movimento che questo si stabilisca adeguatamente in vicinati, posti di lavoro e scuole mentre si definiscono chiari obiettivi che stabiliscono le immense necessità immediate ed una rabbia rivendicativa contro il sistema.
Benché abbastanza differente dal movimento spagnolo per le sue dimensioni, la sua composizione sociale, la sua natura radicale e la sua eterogeneità politica, il movimento di Syntagma condivide con la piazza Tahrir in El Cairo e la Porta del Sole a Madrid lo stesso odio all’élite economica e politica che si è impadronita e ha amalgamato di ogni significato la democrazia parlamentare borghese in tempi di neoliberalismo arrogante ed inumano.
Il movimento è sospinto per lo stesso desiderio ardente, non violento, democratico e participativo che si trova in tutti i sollevamenti popolari di inizio Secolo XXI.



giovedì 16 giugno 2011

Dolce veleno

Gary Taubes,

The New York Times Magazine,
È difficile evitare la
conclusione che lo
zucchero provoca il
tumore, anche se
questa affermazione
può sembrare drastica
e senza precedenti

fruttosio-isomeri-500.gif

Nella figura qui sopra potete osservare le quattro strutture ad anello possibili per il fruttosio. Due strutture con un ciclo a sei atomi, dette piranosiche, e due strutture con cinque atomi, dette furanosiche.


Il 26 maggio 2009 Robert Lustig ha tenuto una conferenza dal titolo “Zucchero: l’amara verità”,
che nel luglio del 2010 è stata postata su YouTube. Da allora il filmato è stato visto più di 800mila volte e ha avuto una media di 50mila nuovi spettatori al mese. Sono numeri piuttosto
sorprendenti per una dissertazione di un’ora e mezza sulla biochimica del fruttosio e la fisiologia umana.

Lustig è uno specialista di endocrinologia pediatrica e il massimo esperto di obesità infantile alla School of medicine dell’università della California di San Francisco, una delle migliori facoltà di medicina degli Stati Uniti.

Ma il successo della conferenza ha poco a che vedere con le credenziali di Lustig e si deve piuttosto alla sua convincente tesi sullo zucchero, che lui definisce una “tossina” o un “veleno”. Con il termine “zucchero” Lustig non intende solo la sostanza bianca e granulosa che mettiamo nel caffè – tecnicamente conosciuta come saccarosio – ma anche lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, quello che Lustig definisce “l’additivo più demonizzato che si ricordi”.

Se Lustig ha ragione, l’eccessivo consumo di zucchero è la causa principale del vertiginoso aumento dei casi di obesità e diabete negli Stati Uniti negli ultimi trent’anni. Ma la sua tesi ha altre conseguenze. Implicherebbe che il consumo di zucchero è anche la probabile causa di molte patologie generalmente attribuite allo stile di vita occidentale, come le cardiopatie, l’ipertensione e vari tipi di tumori.

Il fatto che tante persone abbiano visto il video della conferenza significa che forse le parole di Lustig cominciano a essere ascoltate. I ricercatori e i funzionari del servizio sanitario che ho intervistato per questo articolo, spesso mi dicevano: “Sicuramente avrà già parlato con Robert Lustig”. E non perché Lustig abbia fatto ricerche fondamentali sullo zucchero, ma perché, a differenza di tanti studiosi, è sempre pronto a ribadire pubblicamente che lo zucchero è una sostanza tossica di cui si abusa. Secondo lui va considerato come l’alcol e le sigarette: un vero e proprio killer.

Una cosa è affermare, come quasi tutti i nutrizionisti, che una dieta sana richiede un maggior consumo di frutta e verdura, e forse meno grassi, carne rossa e sale, o che bisogna mangiare meno. Ben diverso è sostenere che un elemento particolarmente piacevole della nostra dieta non solo è poco salutare, ma potrebbe addirittura essere tossico. Eppure Lustig ha raccolto e sintetizzato una montagna di prove che giudica

Si sa che troppo zucchero fa male. Ma secondo alcuni ricercatori è più nocivo di quello che si pensa: potrebbe essere responsabile dell’aumento dei casi di diabete e di obesità. E all’origine di certi tumori abbastanza valide per condannare definitivamente lo zucchero.
Ho deciso di esaminarle perché la tesi di Lustig mi è sembrata convincente. Ho passato gran parte degli ultimi dieci anni a fare inchieste giornalistiche sull’alimentazione e le malattie croniche e sono arrivato a conclusioni analoghe a quelle di Lustig.

Cominciamo con il chiarire alcune questioni, a partire dal fatto che Lustig usa il termine “zucchero” per indicare sia il saccarosio – lo zucchero di barbabietola bianco e quello di canna scuro – sia lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio. È un punto essenziale, soprattutto perché lo sciroppo di mais è ormai diventato “la causa principale della generale diffidenza nei
confronti degli alimenti lavorati”, dice Marion Nestle, nutrizionista della New York university e autrice di Food politics.

Eppure gli effetti biologici delle due sostanze sono di fatto identici. “Non c’è nessuna differenza tra lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio e lo zucchero”, ha detto Lustig in una conferenza del 2010 a cui ho partecipato. “Sono entrambi nocivi – ugualmente nocivi eugualmente velenosi”.

Le calorie vuote

Lo zucchero raffinato, cioè il saccarosio, è formato da una molecola di glucosio legata a una di fruttosio. È il fruttosio, che è quasi due volte più dolce del glucosio, a distinguere lo zucchero da altri alimenti ricchi di carboidrati come il pane o le patate, che durante la digestione si scompongono in solo glucosio.

Nella forma consumata più comunemente, lo sciroppo di mais è per il 55 per cento fruttosio e per il rimanente 45 per cento quasi tutto glucosio. È stato lanciato per la prima volta sul mercato alla fine degli anni settanta e quando viene usato nelle bibite non si distingue dallo zucchero raffinato. Dato che entrambi questi zuccheri nell’intestino si trasformano in glucosio e fruttosio, il corpo umano reagisce a entrambi allo stesso modo e gli effetti fisiologici sono identici. In uno studio del 2010, Luc Tappy, un ricercatore dell’università di Losanna considerato la massima autorità mondiale negli studi sul fruttosio, ha scritto che non esiste “neanche un indizio” del fatto che lo sciroppo sia più nocivo di altre fonti di zucchero.

La questione, quindi, non è se lo sciroppo di mais è meglio o peggio dello zucchero, ma cosa fanno al nostro organismo e come lo fanno. L’opinione più difusa è che gli zuccheri al massimo provocano la carie e forniscono “calorie vuote” (cioè senza sostanze nutritive come proteine o vitamine) che tendiamo ad assumere in eccesso perché hanno un buon sapore.

Vera o falsa che sia, la tesi delle “calorie vuote” è sicuramente molto comoda perché permette di dare la colpa dell’obesità e, per estensione, del diabete (due condizioni così strettamente legate che alcuni esperti hanno coniato il termine “diabesità”), all’eccessivo consumo di alimenti in generale e allo scarso esercizio fisico, dal momento che il punto è la quantità di calorie ingerite e una caloria è sempre una caloria.

La tesi di Lustig, però, non riguarda il consumo di calorie vuote, ed era già stata avanzata dai biochimici, anche se con meno clamore. Il problema è che lo zucchero ha caratteristiche specifiche – soprattutto per il modo in cui il corpo umano metabolizza la componente di fruttosio – in grado di renderlo particolarmente nocivo, per lo meno se consumato in certe quantità.

Dritto al fegato

La definizione usata da Lustig quando spiega questo concetto è “isocalorico ma non isometabolico”. Significa che possiamo assumere 100 calorie di glucosio (da una patata, un panino o altri amidi) oppure 100 calorie di zucchero (metà glucosio e metà fruttosio), e queste calorie saranno metabolizzate in modo diverso e avranno un effetto diverso sul nostro corpo. Le calorie sono le stesse, ma le conseguenze metaboliche sono molto diverse.

Il fruttosio presente nello zucchero e nello sciroppo di mais è metabolizzato principalmente dal fegato, mentre il glucosio presente nello zucchero e negli amidi è metabolizzato da ogni cellula del corpo. Consumare zucchero (fruttosio e glucosio) significa più lavoro per il fegato che se avessimo assunto la stessa quantità di calorie di amido (glucosio). E se si consuma quello zucchero in forma liquida – una bibita o del succo di frutta – fruttosio e glucosio colpiranno il fegato più rapidamente di quando mangiamo una mela (o varie mele, per ottenere quella che i ricercatori definirebbero la dose equivalente di zucchero). La rapidità con cui il fegato deve svolgere la sua funzione influenza anche il modo in cui metabolizza il fruttosio e il glucosio.

Negli animali, o almeno nei ratti e nei topi di laboratorio, quando il fruttosio colpisce il fegato in quantità sufficiente e con sufficiente rapidità, il fegato ne trasforma buona parte in grasso. A quanto sembra questo induce una condizione nota come insulino-resistenza, che oggi è considerata il problema fondamentale dell’obesità e il diffetto alla base delle cardiopatie e del diabete di tipo 2, quello che si riscontra spesso nelle persone obese o sovrappeso. Potrebbe anche essere il punto di partenza per spiegare diverse forme di tumore.

Se quello che succede ai roditori di laboratorio succede anche agli esseri umani, e se mangiamo tanto zucchero da farlo succedere, allora siamo nei guai.
L’ultima volta che un’agenzia del governo statunitense ha esaminato a fondo la relazione tra zucchero e salute è stato nel 2005, in un rapporto dell’Institute of medicine, un istituto che fa parte delle National academies. Gli autori ammettevano che lo zucchero può aumentare il rischio di patologie cardiache e diabete, facendo perino salire il colesterolo Ldl – il cosiddetto colesterolo “cattivo” – ma non consideravano definitivi questi studi. La questione era piuttosto confusa: non era neppure possibile stabilire in quale quantità lo zucchero fosse efettivamente troppo.

Riprendendo il rapporto del 2005, uno studio dell’Institute of medicine pubblicato nell’autunno del 2010 ribadiva: “Non c’è consenso scientifico sulla quantità di zuccheri che si possono consumare in una dieta equilibrata”. Era la stessa conclusione a cui era arrivata la Food and drug administration (Fda), l’agenzia statunitense per il controllo dei farmaci e dei prodotti alimentari, l’ultima volta che aveva affrontato il problema dello zucchero, nel 1986. Gli esperti della Fda avevano detto che a parte il contributo calorico, “nessuna prova conclusiva dimostra che vi siano rischi per la popolazione quando gli zuccheri vengono consumati ai livelli attuali”. È un altro modo per dire che le prove non confutavano affatto tesi come quelle avanzate oggi da
Lustig e già allora da altri ricercatori, ma solo che non erano definitive o incontrovertibili.

Quello che dobbiamo tenere presente, sostiene Walter Glinsmann, amministratore della Fda, principale autore del rapporto del 1986 e oggi consulente della Corn reiners , l’associazione dei rainatori di mais, è che lo zucchero e lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio possono anche essere velenosi, ma qualunque altra sostanza può esserlo se consumata in modi e in quantità innaturali per gli esseri umani. La questione è sempre la stessa: quale dose rende nociva una sostanza innocua? Quanta ne dobbiamo consumare prima che diventi pericolosa?
Quando Glinsmann e i suoi colleghi della Fda decisero che nessuna prova conclusiva dimostrava la pericolosità dello zucchero, si basarono su un consumo medio pro capite di circa 18 chili all’anno oltre alla quantità assunta naturalmente da frutta e verdura: 18 chili all’anno di “zuccheri aggiunti”, come dicono i nutrizionisti.

Questa dose equivale a 200 calorie di zucchero al giorno, cioè meno di quante ne contengano una lattina e mezza di Coca-Cola o due bicchieri di succo di mele. Se veramente consumassimo questa quantità di zuccheri aggiunti, la maggior parte dei nutrizionisti sarebbe molto soddisfatta, Lustig compreso.

Ma 18 chili l’anno erano 16 chili in meno della quantità calcolata all’epoca dagli analisti del ministero dell’agricoltura – circa 34 chili all’anno a testa – e di regola le stime di questo ministero sono considerate le più affidabili. All’inizio degli anni 2000, sempre secondo il ministero dell’agricoltura, il consumo di zuccheri era passato a più di 40 chili all’anno pro capite.
Poiché questo aumento ha coinciso con l’epidemia di obesità e diabete, la tentazione di dare la colpa del problema al saccarosio e allo sciroppo di mais è forte. Nel 1980 circa un americano su sette era obeso e quasi sei milioni erano diabetici, e i tassi di obesità non erano cambiati in modo significativo rispetto al ventennio precedente.
All’inizio degli anni 2000, quando il consumo di zucchero ha raggiunto il picco massimo, un terzo degli americani era obeso e 14 milioni erano diabetici.

Grasso e resistente

Medici e autorità sanitarie hanno ormai accettato l’idea che una condizione nota come sindrome metabolica sia uno dei maggiori se non il maggiore fattore di rischio per la cardiopatia e il diabete. Secondo le stime dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, oggi ne soffrono circa 75 milioni di americani.

Il primo sintomo che i medici cercano per diagnosticare la sindrome metabolica è l’aumento della circonferenza vita. Questo significa che se una persona è sovrappeso ha una buona probabilità di avere la sindrome metabolica, e di conseguenza ha più possibilità di avere un infarto o di diventare diabetica (o entrambe le cose). Ma anche i magri possono avere la sindrome metabolica, e in questo caso hanno un rischio maggiore di cardiopatia e diabete rispetto ai magri che non hanno questa sindrome.

Quando una persona ha la sindrome metabolica le cellule del suo corpo ignorano attivamente l’azione dell’insulina, un ormone che attivando diversi processi metabolici e cellulari riduce la concentrazione di glucosio nel sangue. Questa condizione è tecnicamente nota come insulino-resistenza.

Da cosa è provocata l’insulino-resistenza? Ci sono diverse ipotesi, ma i ricercatori ritengono che una probabile causa sia l’accumulo di grasso nel fegato. In base agli studi che hanno tentato di rispondere a questa domanda, dice Varman Samuel, che studia l’insulino-resistenza alla Yale school of medicine, la correlazione tra presenza di grasso nel fegato e insulino-resistenza nei
pazienti, magri o obesi che siano, è “decisamente forte”.

Questo fa sorgere un’altra domanda: cosa provoca l’accumulo di grasso nel fegato? Una delle ipotesi più comuni è che ingrassare renda più grasso anche il fegato, ma questo non spiega il fegato grasso nelle persone magre. In parte il fenomeno potrebbe essere attribuito a una predisposizione genetica ma, tornando a Lustig, c’è anche la possibilità molto concreta che sia
provocato dallo zucchero.

Nei primi anni 2000, i ricercatori che studiavano il metabolismo del fruttosio avevano già confermato alcuni risultati e avevano valide spiegazioni biochimiche per quello che stava succedendo. Se si alimentano gli animali con abbastanza fruttosio puro o abbastanza zucchero, il loro fegato converte il fruttosio in grasso – l’acido grasso saturo palmitato per essere precisi
– che si ipotizza provochi cardiopatie perché fa aumentare il colesterolo Ldl.

Il grasso si accumula nel fegato e poi arrivano l’insulino-resistenza e la sindrome metabolica.
Secondo Michael Pagliassotti, un biochimico della Colorado state university che alla fine degli anni novanta ha condotto molti studi sugli animali, se gli animali mangiano enormi quantità di fruttosio e di zucchero (il 60 o il 70 per cento delle calorie della loro dieta) questi cambiamenti
possono verificarsi anche in una sola settimana. Ci vogliono mesi, invece, se mangiano quantità di zucchero più simili a quelle che consumano gli esseri umani: il 20 per cento circa delle calorie della loro dieta (negli Stati Uniti). In entrambi i casi, basta abolire lo zucchero e il fegato grasso scompare rapidamente portando via anche l’insulino-resistenza.

Effetti simili sono stati riscontrati anche nelle persone, però di regola i ricercatori – come Luc Tuppy in Svizzera o Peter Havel e Kimber Stanhope dell’università della California a Davis – hanno basato i loro studi solo sul fruttosio.

Anche se le ricerche sullo zucchero aumentano, si può ancora sostenere che non ci sono prove conclusive. Gli studi sui roditori non sono necessariamente applicabili agli esseri umani. E il genere di studi condotti da Tappy, Havel e Stanhope – somministrare bibite dolcificate con il fruttosio e paragonare gli efetti a quelli che si ottengono consumando bibite dolcificate con il
glucosio – non sono applicabili all’esperienza umana, perché nessuno di noi consuma mai fruttosio allo stato puro. Lo prendiamo sempre insieme al glucosio, nella composizione in parti quasi uguali dello zucchero o dello sciroppo di mais. E poi di regola la quantità di fruttosio o saccarosio somministrata in quegli studi ai roditori o ai volontari umani è enorme.
Proprio per questo le valutazioni delle ricerche efettuate finora sull’argomento concludono invariabilmente che occorrono altri studi per stabilire a quali dosi zucchero e sciroppo di mais cominciano a diventare, come dice Lustig, “tossici”.

Il combustibile insulina

Per il momento sappiamo che lo zucchero e lo sciroppo di mais, a causa delle particolarità della metabolizzazione del fruttosio e nelle quantità che consumiamo oggi, potrebbero determinare un accumulo di grasso nel fegato seguito da insulino-resistenza e sindrome metabolica, scatenando un processo che causa patologie cardiache, diabete e obesità. Forse sono davvero velenosi, ma ci vogliono anni perché arrivino a causare danni. Non succede dalla sera alla mattina.

Fino a quando non saranno condotti studi a lungo termine, non potremo sapere niente di certo.
Quali sono le possibilità che lo zucchero sia ancora più dannoso di quello che pensa Lustig?
L’obesità, il diabete e la sindrome metabolica sono tutte condizioni che fanno aumentare l’incidenza dei tumori. Per questo accennavo al fatto che l’insulino-resistenza potrebbe essere alla base di molti tumori, così come è alla base del diabete di tipo 2 e delle cardiopatie.

Il collegamento tra obesità, diabete e tumore è stato documentato per la prima volta nel 2004 in alcuni studi sulla popolazione condotti da ricercatori dell’Agenzia internazionale per la ricerca
sul cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità. Non è una tesi in discussione: chi è obeso e affetto da sindrome metabolica ha maggiori probabilità di ammalarsi di cancro. La maggior parte dei ricercatori è d’accordo sul fatto che il rapporto tra dieta o stile di vita occidentale e tumore si manifesta attraverso questa associazione con l’obesità, il diabete e la sindrome metabolica, vale a dire l’insulino-resistenza.

Come funziona? Gli studiosi di tumori oggi ritengono che il problema dell’insulino-resistenza è che fa secernere più insulina, e l’insulina (così come un ormone correlato noto come fattore di crescita insulino- simile) di fatto facilita la crescita dei tumori.

Come mi ha spiegato Craig Thompson, che ha fatto gran parte di queste ricerche e oggi è presidente del Memorial Sloan-Kettering cancer center a New York, le cellule di molti tumori dipendono dall’insulina per trovare il combustibile (lo zucchero nel sangue) e i materiali di cui hanno bisogno per crescere e moltiplicarsi. L’insulina e il fattore di crescita insulino-simile (così come i fattori di crescita correlati) forniscono anche il segnale per avviare questo processo.
E per le cellule tumorali, più insulina c’è meglio è.

Quello che questi ricercatori chiamano segnale dell’insulina (o del fattore di crescita insulino simile) sembra essere un passaggio necessario per molti tumori umani, soprattutto quelli al seno e al colon. Lewis Cantley, direttore del centro tumori al Beth Israel deaconess medical center della Harvard medical school, sostiene che fino all’80 per cento dei tumori dipende da mutazioni o da fattori ambientali che operano aumentando o mimando l’efetto dell’insulina sulle cellule del tumore incipiente.

La maggioranza dei ricercatori che studiano il rapporto tra insulina e cancro sembra interessata soprattutto a trovare un farmaco in grado di sopprimere il segnale dell’insulina nelle cellule del tumore incipiente e quindi di inibire o scongiurare completamente la loro crescita. Molti esperti che scrivono di questo rapporto dal punto di vista della salute pubblica partono dal presupposto che livelli di insulina cronicamente elevati e insulino-resistenza siano causati dall’essere sovrappeso o dall’ingrassare.

Ma alcuni ricercatori, come Cantley e Thompson, sostengono che se l’insulino- resistenza è causata da qualcosa di diverso dall’essere semplicemente più grassi, questo qualcosa con ogni probabilità è la causa alimentare di molti tumori. Se è lo zucchero a provocare l’insulino-resistenza, allora è difficile evitare la conclusione che lo zucchero provoca il tumore – o almeno alcuni tumori – anche se questa affermazione può sembrare drastica e senza precedenti.
“Ho eliminato lo zucchero rainato dalla mia dieta e mangio il meno possibile”, mi ha detto Thompson, “perché in definitiva credo che così potrò diminuire il mio rischio di cancro”. Cantley lo dice chiaramente: “Lo zucchero mi spaventa”.

Lo zucchero ovviamente spaventa anche me. Vorrei mangiarlo con moderazione. Sicuramente vorrei che i miei due figli fossero capaci di mangiarlo con moderazione, senza consumarne quantità eccessive, ma non so cosa signiichi veramente.

Una cosa è dire che lo zucchero ci fa ingrassare: quando cominciamo a prendere peso,
possiamo mangiarne di meno. Ma stiamo parlando anche di cose che non si vedono: fegato grasso, insulino-resistenza e tutto quello che ne consegue. Ufficialmente non dovrei avere paura perché le prove non sono conclusive, però sono preoccupato lo stesso.











L’AUTORE
Gary Taubes è un giornalista statunitense.
Il suo ultimo libro è Why we get fat: and what
to do about it (Alfred A. Knopf 2010). Ha un
blog: garytaubes.com.

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