giovedì 9 gennaio 2014

L'EURO ARMA DELLA NATO CONTRO LA RUSSIA

L'EURO ARMA DELLA NATO CONTRO LA RUSSIA
Di comidad 
L'ingresso della Lettonia nell'area-euro è stato oggetto sulla stampa ufficiale di scontati commenti "cerchiobottistici", basati su un espediente retorico sempre efficace, cioè il contrapporre ad osservazioni concrete delle questioni vaghe. Ad esempio: possibile che l'euro sia il responsabile di tutti i mali? Oppure: i disastri dell'area-euro sono sotto gli occhi di tutti, ma se un altro Paese ha deciso di entrarvi proprio adesso, allora non è che l'euro vanti delle virtù nascoste che solo un lungimirante osservatore esterno sa cogliere? 

In questo modo si può fingere di discutere all'infinito, ottenendo così l'effetto desiderato, che consiste nell'avallare l'attuale stato di cose. Peraltro si può tranquillamente riconoscere che oggi l'euro in sé non è neanche il maggiore e peggiore dei mali che si porta dietro l'Unione Europea. Quando si chiede di allentare la morsa dell'austerità o di rendere più flessibili i parametri di bilancio, si è ancora fermi ad un dibattito precedente al 2012, l'anno dal quale la situazione della UE ha cominciato a sfuggire a qualsiasi tipo di plausibile narrazione.

Dal 2012 infatti è stato attivato quel nuovo organismo inenarrabile che va sotto il nome di Meccanismo Europeo di Stabilità, la cui maggiore risorsa a disposizione contro l'opinione pubblica è proprio la sua stessa assurdità. Chiunque cerchi di spiegare ad un ignaro in cosa consista il MES, rischia come minimo di passare per pazzo. Che senso ha un'istituzione europea che rastrella settecento miliardi (sic!) dagli Stati europei (centoventicinque miliardi solo dall'Italia), per poi poterglieli riprestare a strozzo in caso di bisogno? Che spiegazione confessabile può mai avere la totale immunità ed impunità legale dei vertici del MES proclamata dal Trattato istitutivo? Come si può giustificare il fatto che questi vertici del MES possano non accontentarsi dei settecento miliardi ed esigere ad arbitrio dagli Stati europei altre somme in tempi stretti e non negoziabili? 

Dal 2012 l'UE ha dunque problemi persino più gravi dello stesso euro in quanto tale, e cioè l'instaurarsi all'ombra dell'euro di un racket finanziario senza precedenti nella Storia. Eppure la Lettonia ha saputo guardare oltre questi trascurabili dettagli criminali, scorgendo nell'euro delle celate virtù che sfuggono agli osservatori più prevenuti e superficiali. E quali sarebbero mai queste virtù?


Le virtù dell'euro si chiamano NATO. Il 6 novembre dell'anno appena trascorso, il segretario generale della NATO, il danese Rasmussen, è volato in Lettonia non solo per parlare di questioni strettamente militari, ma anche per complimentarsi platealmente con il governo lettone per la sua prossima entrata nell'area-euro. 


Segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen 

Oltre che dal sito della NATO, la notizia della perfomance di Rasmussen in Lettonia è stata lanciata con l'opportuna enfasi dal giornale online "Baltic Course", un bollettino semi-ufficiale di politica e affari dei Paesi baltici. 

I complimenti di Rasmussen al governo lettone però sapevano molto di imposizione camuffata, come a dire: ormai non potete tirarvi più indietro. Del resto Rasmussen non è affatto nuovo a questi pesanti interventi in questioni economiche e finanziarie, e può permettersi di farlo in base all'articolo 2 del Patto Atlantico, che impone l'integrazione economica dei Paesi membri della NATO. La virtù dell'euro non è allora nemmeno tanto nascosta, dato che la NATO non ha più nessun pudore a presentarsi e rivelarsi ufficialmente come il maggiore puntello del fatiscente edificio dell'euro. 

Che la virtù recondita dell'euro sia proprio quella militare è confermato dalle stesse fonti lettoni. Il ministro delle finanze del governo lettone ha difeso l'ingresso nell'area dell'euro non con argomenti finanziari, bensì facendoci sapere che la decisione è stata presa soprattutto in funzione anti-russa, in modo da prevenire i ripensamenti che sono avvenuti in Ucraina, dove il brutale paternalismo russo è stato preferito alla brutalità tout-court della UE e della NATO. 

Che il principale collante del cosiddetto capitalismo sia costituito dal militarismo, dovrebbe essere considerato una scoperta dell'acqua calda, visti i tanti precedenti storici; ma la tronfia mitologia del capitalismo riesce spesso ad occultare anche l'evidenza.

EUROGENDFOR

Jacques Sapir: I tabù della sinistra radicale...

Sapir: I tabù della sinistra radicale

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Jacques Sapir prende spunto da un libro di recente pubblicazione per parlare dei tabù che imprigionano la sinistra radicale, impedendole di replicare il successo di partiti di destra come il Front National. Tra questi, l’impossibilità di riconoscere il valore della sovranità e di giudicare obiettivamente un europeismo basato sulla denigrazione della propria Nazione e sulle ideologie neo-liberiste.


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Il libro che Aurélien Bernier ha appena pubblicato per le edizioni Seuil, “La sinistra radicale e i suoi tabù”, occupa un posto importante nel dibattito che accompagnerà le elezioni europee di questa primavera 2014. Questo libro peraltro si inserisce sia in una corrente di idee, espresse dalla "sinistra della sinistra", che si appella a un'idea di Nazione, e anche in un percorso personale. Aurélien Bernier ha già pubblicato nel 2012 “Come la globalizzazione ha ucciso l'ecologia”, testo importante per l’analisi dell'interazione tra 'globale' e 'nazionale' o 'locale', e soprattutto “Disobbedire all'Unione europea” (edizioni Mille et Une Nuits). Quest’ultimo libro è considerato una sorta di breviario degli attivisti del Front de Gauche. Egli ha anche pubblicato nel 2008 “Il clima, ostaggio della finanza - o come il mercato specula con i "diritti ad inquinare"" sempre edito da Mille et Une Nuits. Il suo nuovo libro si inserisce quindi in questo doppio filone e solleva questioni che saranno fondamentali durante le elezioni europee.



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Una questione decisiva
La prima questione, quella che domina tutte le altre, si può riassumere così: perché in Francia il Front National (movimento decisamente di destra, ndt) esplode a livello elettorale, mentre il Front de Gauche (partito di sinistra, ndt) ristagna? Egli rileva, inoltre, che questo fenomeno non si manifesta solo in Francia, ma si ripete in un certo numero di paesi europei. La crisi, che avrebbe dovuto fornire un terreno fertile allo sviluppo di forze realmente di sinistra, visto che non è più possibile definire di sinistra il "Partito Socialista" (anche se gli attivisti di sinistra ancora possono illudersi), favorisce invece i partiti di destra o populisti (pensiamo al M5S di Beppe Grillo in Italia)


Tra le risposte fornite nel libro, due mi sembrano essere fondamentalmente corrette: la visione di un 'antifascismo' che confonde i generi e le epoche e impedisce di ragionare e, soprattutto, la negazione del sentimento nazionale. L’ho detto pubblicamente a un giornalista di Le Monde parecchi anni fa, parafrasando Lenin: l'odio per la propria nazione è l'internazionalismo degli imbecilli. In un certo senso, questo dice tutto. L’ossessione di 'rivivere gli anni trenta' porta alcuni sconsiderati a rifiutarsi di dire pubblicamente le cose che pensano, per timore di essere assimilati al Front National, che essi equiparano - molto scorrettamente - al NSDAP (partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, ndt). 

Ciò li conduce, in fasi successive, a respingere l'idea di Nazione con il pretesto che essa potrebbe dar luogo al nazionalismo. Ci chiediamo allora perché queste persone coraggiose ancora prendono il treno (il treno era uno degli elementi cruciali del genocidio commesso dai nazisti) o l'aereo, che è stato usato per lanciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. In breve, si può rimanere sorpresi di fronte a questa prevenzione verso ciò che è, nonostante tutto, una realtà, come lo sono i treni e gli aerei. A meno che il comfort personale non abbia la priorità, naturalmente, sulla coerenza e la logica del ragionamento... Non dovremmo confondere i periodi storici! Il ragionamento di Aurélien Bernier qui è chiaro e perfettamente convincente.

Il libro è organizzato in un'introduzione, davvero appassionante e che pone appunto le questioni principali, e in due parti che si occupano, una della storia del successo elettorale del Front National  (1984-2012) e della crisi della sinistra radicale, e l’altra di quello che l'autore chiama i "tre tabù" della sinistra: il tabù protezionista, il tabù europeo e il tabù della sovranità nazionale e popolare. C'è una progressione dallo strumento (il protezionismo) verso una nozione fondamentale (la Nazione).
 Egli conclude quindi parlando delle nuove tendenze politiche, ciò che chiama il 'neo-riformismo' e i 'neo-rivoluzionari' e fa della questione delle istituzioni europee (la UE), come uno dei punti chiave di queste nuove tendenze. 


Il libro si conclude con due appendici, una dedicata alla "cronaca di una rinuncia", che porta a  un'analisi delle posizioni del Partito Comunista Francese dal 1997 al 1999, e l'altra dedicata all'analisi dei risultati elettorali comparati del Front National e della sinistra radicale (oramai la sola vera sinistra rimasta in Francia). La seconda appendice è di gran lunga la più interessante, perché mostra l'evoluzione di questi risultati, e come il voto per il Front National stia perdendo la sua dimensione di pura protesta e diventando gradualmente un voto di adesione. Ma mancano dei dati per completare questa dimostrazione, perché il punto veramente sorprendente nell'evoluzione dei risultati elettorali del Front National è la loro evoluzione geografica. 

E bisogna anche fare un confronto con le regioni devastate dalla disoccupazione [1]. Anche la prima appendice è interessante, ma troppo descrittiva. In realtà manca il punto: come il Partito Comunista Francese, un partito che non ha mai compiuto un’analisi sostanziale dello stalinismo e del sovietismo, si sia allineato all’europeismo. Aurélien Bernier suggerisce che questo allineamento sia stato in gran parte opportunistico, ma non è affatto certo. Il legame consustanziale del PCF con un'ideologia totalizzante ha favorito questo riallineamento con un'altra ideologia totalizzante, poiché l’europeismo, va detto chiaro e forte, è un'ideologia totalizzante che può dar luogo a delle pratiche totalitarie. 

Da questo punto di vista, alcune analisi fatte dagli autori del libro curato da Cédric Durand, “En finir avec l’Europe”, libro che abbiamo presentato su questo sito [2], sono sicuramente più illuminanti. Pensare che ci fosse un PCF 'buono' prima del 1997 e uno 'cattivo' dopo il 1999 è profondamente fuorviante. Significa dimenticare l'effetto repressivo esercitato dal PCF sotto la direzione di Georges Marchais su gran parte della sinistra, spingendola tra le braccia di un socialismo dubbio. Significa dimenticare che la chiusura ideologica, la sterilità del dibattito intellettuale, hanno in gran parte preparato il terreno al passaggio ideologico dallo stalinismo verso l’europeismo. L’incapacità e, bisogna anche dire, l’ostinato rifiuto del PCF ad una analisi reale del sovietismo e dello stalinismo dagli anni '80 e anche degli anni '70, ha significato la sua fine come partito di massa.
 


Le origini del neo-liberismo

Questo ci porta agli errori ed omissioni che si possono trovare in questo libro. I meno importanti sono quelli dovuti a una scarsa conoscenza di alcuni punti. L'immagine di un Hayek "ispiratore" dell'Unione europea è totalmente falsa. Troviamo anche molti seguaci di Hayek tra gli oppositori sia dell’UE sia dell’Europa. Analogamente, il "neo-liberismo", non è d’ispirazione hayekiana, ma un'evoluzione del pensiero neoclassico dopo la svolta delle aspettative razionali, sotto l'influenza di tre autori: Lucas [3], Fama[4] e Sargent [5]. Infatti, l'UE è ben più neoliberista (in particolare in campo finanziario e monetario) di quanto sia in  continuità con Hayek [6]. È molto giusto insistere quindi sulla natura profondamente neoliberista dell’UE, una natura che non si lascerà modificare in profondità senza forti rotture istituzionali. Da questo punto di vista, condividiamo pienamente l'analisi svolta da Aurélien Bernier nella sua opera.

Analogamente, nel capitolo sul “tabù del protezionismo", possiamo sorprenderci del fatto che il dibattito al di fuori del Front de Gauche, o del movimento Trotskista, sia appena accennato. Con l'11% dei voti alle ultime elezioni presidenziali, il Front de Gauche è tutt'altro che rappresentativo della società francese. Il ruolo di Arnaud Montebourg in questo dibattito non è nemmeno menzionato. Non posso ignorare, a seguito delle polemiche sollevate dal mio libro La Démondialisation [7] all'interno dell'estrema sinistra, che quest'ultima può essere ottusa e di una malafede più unica che rara. Ma ho sempre considerato le sue critiche come marginali e sono molto più attento alla diffusione delle idee protezionistiche nella società francese nel suo insieme. Su questo punto, il lettore avrebbe trovato utile una riflessione sui vari livelli e categorie del capitalismo francese, a seconda della loro dipendenza più o meno importante dal mercato interno o dal mercato estero.
 
L’analisi mancante sulla natura del Front National 

Queste critiche e commenti sono di poco peso. Esse non tolgono nulla all'interesse e all'importanza del libro. D'altra parte, c'è una mancanza nel libro che lo squilibra e lo priva della forza di convinzione che potrebbe avere: è un'analisi dell'evoluzione del Front National. Quella che manca non è un'analisi dei risultati elettorali. Quella è presente, come abbiamo avuto l'opportunità di mostrare qui sopra. Ma una vera analisi della natura sociale e ideologica del Front National, analisi che – insieme a quella dei tabù della sinistra reale - è l’unica in grado di fornire una risposta alla domanda con cui si apre il libro. Ripetutamente Aurélien Bernier utilizza il termine "Nazionalsocialista" per riferirsi alla nuova linea del Front National [8]. 



Lo dico molto chiaramente, questa reductio ad Hitlerum di Marine Le Pen è inutile, disarma la critica autentica, ed è davvero stupida dal punto di vista adottato da Aurélien Bernier nel suo libro, che è quello di una critica a coloro che si atteggiano da antifascisti. Questo introduce anche una formidabile incoerenza nel libro. La dialettica sulla natura sociale del Front National, la sua ideologia e i suoi argomenti, dovrebbe quindi essere studiata.

Un partito che sta prendendo piede nella classe operaia (dove è ormai il primo partito), negli strati più popolari, è portato a produrre nuovi argomenti. Questo va a cozzare con le rappresentazioni comuni di una parte dell'apparato di partito. A questo riguardo sarà interessante analizzare  quale sarà l'ideologia spontanea dei giovani quadri del partito, reclutati dal 2010/2011, che il Front National intende promuovere. Le tensioni che ne possono risultare possono affondare il Front National, conducendolo a una scissione, oppure farlo evolvere in qualcosa di completamente nuovo. E' proprio perché non siamo nel 1930, e su questo concordiamo interamente con Aurélien Bernier, che non possiamo sapere cosa diventerà il Front National. Ma quel che è sicuro, è che non è nel passato che troveremo la risposta a questa domanda.

Il problema della sovranità 

Rimane un problema aperto: il ruolo della sovranità nazionale. Aurélien Bernier tende, su questo punto, a non vedere in questo concetto nient'altro che il prodotto della rivoluzione del 1789 [9]. Questo dipende dal fatto che non ha nessuna teoria sull'origine delle istituzioni. Non a caso il capitolo che dedica a questo problema è quello che meno mantiene le sue promesse. Ci aspettavamo una riflessione sull'origine delle prevenzioni di una parte della sinistra verso il concetto di sovranità nazionale. Invece troviamo solo un'analisi delle più piatte di argomenti strumentali. Tuttavia, questo problema è fondamentale. Perché senza sovranità non c'è alcuna legittimità e la legittimità precede la legalità (questo è un punto importante nelle nostre relazioni con l'Unione Europea). E’ sulla sovranità che, in situazioni di emergenza, si fonda il diritto, e non viceversa. E poi, perché la creazione di un quadro nazionale, non tanto geografico, quanto politico, è ben precedente al 1789. D'altronde su questo punto ho avuto un acceso dibattito anche con Alexis Corbières del Front de Gauche. 

Non possiamo comprendere la doppia minaccia costantemente in atto contro la Nazione, all'esterno e all'interno, se dimentichiamo che al momento della sua formazione lo Stato-Nazione si è affermato sia nei confronti dei micro-stati (le signorie), sia nei confronti del potere trans-nazionale, quello del Papato. Da questo punto di vista, i cinquant’anni che precedono la "Guerra dei 100 anni" costituiscono l’ingresso nella modernità della Nazione francese. Analogamente, il compromesso cui si arriva alla fine delle guerre di religione, compromesso la cui reale natura è espressa nell'opera postuma di Jean Bodin, l'Heptaplomeres, è il fondamento dei nostri attuali principi di democrazia laica. A questo proposito, l'attacco alla sovranità di Jean-Pierre Chevènement [10] (un termine che d'altra parte quest'ultimo rifiuta) non è solo assurdo ma, anche qui, intellettualmente e politicamente stupido. La sovranità è la base della democrazia.

È un peccato che questi errori e queste lacune tolgano forza a un'opera importante in questa battaglia, che ormai si preannuncia capitale, quella delle elezioni europee della primavera 2014. Perché questo libro pone delle questioni chiave, e quindi si dovrà aprire un dibattito.

[1] Vedere per esempio « Deux Cartes », post pubblicato su RussEurope, 30 dicembre 2013,http://russeurope.hypotheses.org/1880
[2] Vedere, « Europe : un livre, un sondage », post pubblicato su RussEurope, 16 Maggio 2013,http://russeurope.hypotheses.org/1237
[3] Lucas, R.E., Studies in Business-Cycle Theory, Cambridge (Mass.): MIT Press, 1981. Idem, con Sargent T.J, Rational Expectations and Econometric Practice, vol.1, 1981, 5th printing, Minneapolis: University of Minnesota Press.
[4] Fama, E., Eugène Fama, « The behavior of stock Market Prices », Journal of Business, Vol. 38, n°1, pp. 34-105, 1965. Fama, Eugene F. (September/October 1965). “Random Walks In Stock Market Prices”. Financial Analysts Journal Vol. 21 (N°5), pp. 55–59.
[5] Sargent, T.J., « Estimation of dynamic labor demand schedules under rational expectations », Journal of Political Economy, 86, p. 1009-1044, 1978.
[6] Sapir J., Les Trous Noirs de la science Économique, Albin Michel, Paris, 2000.
[7] Sapir, J., La Démondialisation, Paris, Le Seuil, 2011.
[8] Bernier A., La Gauche radicale et ses tabous, Le Seuil, Paris, 2014, p. 16.
[9] Bernier A., Op.cit, p. 18.
[10] Bernier A., Op.cit., p. 130.

mercoledì 8 gennaio 2014

Sardinya: LOGUDORESE E CAMPIDANESE DEVONO COABITARE.. di Blasco Ferrer

Lo studioso Blasco Ferrer interviene nel dibattito sul bilinguismo  LOGUDORESE E CAMPIDANESE DEVONO COABITARE Il sardo, una seconda lingua con una storia straordinaria 

In queste settimane abbiamo assistito a un “ciclone” sulla lingua sarda. Molti gli argomenti giusti, alcune posizioni faziose, caos e grande smarrimento. Mi piacerebbe tentare un discorso pacato e professionale sull’argomento capitale della questione: il sardo, lingua viva ed etnicamente marcata, va insegnato o no? E come?

La prima questione è se dobbiamo considerare oggi la lingua sarda una L1 (madrelingua) o una L2 (seconda lingua). Chi conosce la realtà sarda attuale non ha dubbi: per i bambini che arrivano alla scuola materna, nell’età cruciale in cui si diventa parlante nativo e si acquisisce una competenza linguistica decisiva, il sardo non è una L1. Per la maggioranza di loro è ormai una L2, anche se a Ollolai, Samugheo o Sinnai troviamo eccezioni. Una L2 non è una lingua straniera, come il tedesco o l’inglese per il bambino che inizia a studiarlo a scuola: per questa realtà linguistica è invalsa la sigla LE. Una L2 è una seconda lingua che il bambino può sentire dai nonni, nel quartiere. Queste circostanze sono essenziali per imbastire una educazione linguistica appropriata, che diverge da quella applicata a chi ha una L1, ma anche a chi deve imparare una LE, sconosciuta.

Secondo punto: come nasce e si sviluppa una lingua, nella fattispecie il sardo? È chiaro che una lingua naturale (non l’esperanto, né la LSC o “Limba sarda comuna”, sic!) è il portato storico di una comunità di parlanti. Il latino si è sviluppato dalle vicende storico-culturali di un popolo, che attorno al 1000 a.C. non si estendeva oltre il Latium Vetus. Le lingue neo-latine sono tutte nate dalle conquiste che hanno portato Roma a essere la capitale d’un impero. Ma poi, ciascun territorio conquistato ha seguito un percorso legato a peripezie culturali, politiche, belliche. 

Prendiamo l’italiano. Nel momento in cui affiora nelle scritture, attorno al 960 d.C., nei “Placiti campani”, non c’è altro nella Penisola italica che un groviglio di varietà dialettali. L’Italia delle Italie era un coacervo di sistemi linguistici in competizione, spesso incomprensibili fra di loro. Il prestigio letterario di Dante, Boccaccio e Petrarca, ha fatto sì che, già nel Quattrocento, diversi scrittori settentrionali (Boiardo, poi l’Ariosto) e meridionali (il Sannazaro) adottassero il fiorentino quale lingua letteraria. Fino alla revisione de I Promessi Sposi (1840) del Manzoni la lingua scritta italiana, così come la conosciamo, non sarà adottata nelle scuole; ma anche grazie al sostegno di opere quali Pinocchio e Cuore , la nuova norma linguistica si diffonderà in tutte le regioni dell’Italia Unita.

Una situazione diversa: la Catalogna. Il latino che permeò le contrade catalane (la Tarraconensis) generò un tipo di lingua (catalano) diverso da quello che si consolidò nel resto della Penisola Iberica (spagnolo e portoghese), e già durante il Due e Trecento da Barcellona si diffuse una lingua di prestigio in tutto il Mediterraneo. Il catalano letterario di base barcellonina garantí - come in Italia il fiorentino - una base solida, oggi insegnata nelle scuole catalane.

Vediamo l’aspetto glottologico. Alla fine dell’Ottocento la scuola positivista germanica si pose il quesito di classificare le lingue, valendosi di fattori legati esclusivamente allo sviluppo dei sistemi linguistici, e procedere così a una classificazione con principi applicabili a qualsiasi lingua. Diversi studiosi cominciarono a classificare anche le lingue romanze. Risultava chiaro che francese e spagnolo erano lingue ben diverse, perché l’evoluzione del latino nelle due aree aveva creato forti distanze strutturali. 

Così catalano e spagnolo si differenziavano nettamente, a causa della differente romanizzazione. Per la Sardegna, il veterano della linguistica comparativa, Max Leopold Wagner, giunse alla conclusione che nell’Isola ci fossero due macrovarietà tanto diverse che, se proiettate su un’area continentale, avrebbero dato vita a due sistemi linguistici differenti. Il logudorese e il campidanese riflettono peculiarità ascrivibili a processi di romanizzazione diversi. Ci sono, per di più, fenomeni tanto esclusivi del logudorese, da separare questa varietà dalle altre lingue romanze (il suono /k/ di chelu, chimbe, il congiuntivo imperfetto si proeret, “se piovesse”), mentre il campidanese, poiché il latino che giungeva a sud era costantemente rinnovato, ha accettato innovazioni che lo accostano all’italiano (celu, cincui, si proessit).

La penultima questione riguarda la coscienza etnico-linguistica dei parlanti, ed è fondamentale per capire quale soluzione adottare se si desidera salvare una lingua in pericolo. Il sardo si mantiene vitale nell’oralità, ma una lingua che si trasmette attraverso l’oralità è destinata a trasformarsi, e a lungo andare a scomparire, se si trova in una situazione di diglossia, ossia con una lingua-tetto (l’italiano) che ogni giorno costituisce il codice favorito di ogni situazione comunicativa, formale e informale. 

La domanda-chiave è: perché salvaguardare il sardo? La competizione con l’italiano o l’inglese è un falso problema: uno può imparare bene tutt’e tre le lingue. La regola solenne per far sì che un bambino diventi bilingue, è che ogni genitore si rivolga, sempre, nella propria lingua: il babbo in sardo, la mamma in italiano. E l’inglese lo imparerà a scuola. Ecco le tre casistiche indicate prima (L1, L2, LE), ora ridotte a due: due L1 (sardo e italiano) e una LE (inglese).

Se si accetta questo discorso, l’ultimo quesito diventa lineare. Una lingua “naturale”, parlata in famiglia e nella comunità di base (dai nonni, nelle feste), può essere trasferita in classe con un metodo moderno e aggiornato. Ma ciò significa che si deve trattare della lingua che si sente nella comunità di base. Soltanto cosí l’effetto sarà sicuro e la lingua etnica potrà essere salvata.
Dobbiamo accettare le conseguenze del portato storico che ha generato in Sardegna due macrovarietà, non riducibili a una sola norma, e tanto meno a una norma fatta a tavolino. 

In Europa non mancano gli esempi. In Norvegia, a Bergen, molte scritte sono in nynorsk e in bokmål. Al contrario lo sforzo di creare una supernorma (l’interromontsch nella Svizzera) non ha dato risultati soddisfacenti, perché le evoluzioni “naturali” avevano generato varietà troppo distanti fra di loro. In Sardegna, da più di due secoli, i poeti improvvisatori sapevano benissimo delle due supervarietà, ed erano in grado di esprimersi in un logudorese o in un campidanese “neutro”. In un secolo in cui, col sussidio del computer, si possono confezionare traduzioni simultanee per le lingue in uso nell’Ue, quale difficoltà potrebbe rappresentare un sistema sardo, che possiamo denominare SLC = Sardu/Logudoresu/Campidanesu? Nessuna, e avremmo garantita la sopravvivenza di una lingua con una storia peculiarissima.


Eduardo Blasco Ferrer
Ordinario di Linguistica sarda
Università di Cagliari

lunedì 6 gennaio 2014

Proprietà intellettuale: la Commissione Europea oltrepassa i limiti nei negoziati con gli imprenditori statunitensi TTIP


Proprietà intellettuale: la Commissione Europea oltrepassa i limiti nei negoziati con gli imprenditori statunitensi


Magali Pernin 
Tradotto da  Francesco Giannatiempo


Oggi, una nuova fuga di notizie nel segno dei negoziati commerciali  ci dà un’idea del lavoro realizzato dalla Commissione Europea in materia di proprietà intellettuale. Ha origine dal web, dal Core Group dei Verdi del Parlamento Europeo (incaricato delle questioni relative a Internet), che ha reso pubblici alcuni archivi elettronici.

Questo rapporto di prima mano – tradotto di seguito – ci fornisce l’informazione sinora sconosciuta sul contenuto del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership, Partenariato transatlantico su commercio ed investimenti, in italiano) sui diritti di proprietà intellettuale. Mentre la Commissione aveva sostenuto finora che il TTIP avrebbe riguardato poco tali questioni, sembra che i negoziatori stiano lavorando direttamente a favore degli interessi delle imprese. In questo senso stanno accogliendo le numerose lamentele (“lista dei regali di Natale”) e stanno andando oltre i propri compiti. Infine, i rappresentanti dell’Unione Europea acconsentiranno che si mantenga la società civile fuori del dibattito pubblico.




 
Bandiera europea del Copyright


In una riunione non ufficiale del 5 dicembre, il responsabile della Commissione Europea incaricato delle questioni sulla proprietà intellettuale del TTIP - Pedro Velasco Martins – ha tenuto un incontro con rappresentanti delle grandi imprese al fine di proporre nuove regole sulla proprietà intellettuale nel prossimo trattato economico tra la UE e gli Stati Uniti.

La riunione di due ore, svoltasi negli uffici della Camera di Commercio statunitense a Bruxelles, aveva come obiettivo la preparazione di strategie tra le imprese e la Commissione per fare in modo che il trattato potesse accogliere il livello più elevato di restrizioni sulla proprietà intellettuale. Alla riunione erano presenti i rappresentanti di un’equipe di grandi multinazionali; tra queste: TimeWarner, Microsoft, Ford, Eli Lilly, AbbVie (farmaceutica, già Abbott) e l’agglomerato LVMH. La lista dei partecipanti comprendeva, tra gli altri, anche i rappresentanti di Nike, Dow, Pfizer, GE, BSA e Disney. Era presente anche Patrice Pellegrino della OHMI, l’agenzia europea responsabile dei marchi nell’UE.

Quest’ultimo aspetto risulta abbastanza controverso, già che tanto il conduttore dei negoziati della Commissione – presuntivamente neutrale – quanto il rappresentante della OHMI, non solo si sono definiti alleati dei lobbisti, ma si sono spinti oltre e hanno iniziato a descrivere ai rappresentanti la forma con cui dovranno fare campagna per “educare” il pubblico al fine di ottimizzare  i risultati in materia di “diritti di proprietà industriale”. In particolare, bisognava mantenere fuori dal dibattito pubblico la preoccupazione degli eletti – come quelli del Parlamento Europeo – e della società civile, sempre più critici con i diritti di proprietà intellettuale.




Rivelata la “lista dei regali di Natale” delle imprese
Il negoziatore della Commissione, Velasco Martins, ha rivelato l’esistenza di una lista segreta di richieste delle imprese per ottenere nuovi diritti di proprietà intellettuale nel TTIP. Finora, tanto di fronte al pubblico quanto al Parlamento Europeo, la Commissione ha mantenuto al minimo il dibattito pubblico sui diritti di proprietà intellettuale. Gli unici elementi in materia di diritti di proprietà intellettuale sono le indicazioni geografiche, un tema minore che preoccupa poco.

In realtà, la Commissione ha rivelato di aver già ricevuto sufficienti lamentele (“la lista dei regali di Natale”) riferite alla proprietà intellettuale, e che attualmente lavora per applicare questa lista – già discussa con gli Stati Uniti in diverse riunioni, sia presenziali che per videoconferenza.

La “lista dei regali di Natale” interessa quasi tutti i campi principali relativi ai diritti di proprietà intellettuale. Dal punto di vista delle patenti, le imprese hanno mostrato “un vivo interesse” sul procedimento per la concessione di nuove. Per ciò che riguarda i diritti d’autore, vogliono mantenere lo stesso livello di protezione sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea; in realtà, si tratta di un’armonizzazione dall’alto, che si traduce in maggiori restrizioni per il grande pubblico. In riferimento ai diritti per il conseguimento dei vegetali, il settore farmaceutico ha fatto pressioni per “livelli più elevati” di protezione. Per i marchi, i lobbisti delle aziende hanno formulato richieste vincolate alla classificazione della Commissione. Inoltre, hanno mostrato molto interesse per il segreto commerciale.

Nelle negoziazioni transatlantiche, la proprietà intellettuale verrebbe trattata in maniera differente rispetto alle altre negoziazioni commerciali: non ci saranno “dichiarazioni generali”, bensì - al loro posto – il trattato porrà l’accento sulle “questioni concrete”.

Una possibile violazione del mandato di negoziazione
Secondo il negoziatore, la petizione più frequente nella “lista dei regali di Natale” era l’applicazione [giudiziaria] delle regole (enforcement). Da questo punto di vista, le aziende hanno prodotto petizioni “di miglioramento e di formalizzazione”, richiedendo allo stesso modo che le autorità “rendano delle dichiarazioni”. Il conduttore dei negoziati della Commissione ha manifestato che, sebbene le “dichiarazioni” comuni non sono parte del “linguaggio commerciale classico” – un eufemismo per designare cose non abituali negli accordi commerciali -, la Commissione si attarderà ancora prima di “lavorare su questo campo”.

Il fatto che la Commissione lavori su questioni di proprietà intellettuale nell’ambito dei negoziati del TTIP può costituire una violazione del mandato di negoziato approvato dal Consiglio Europeo. In riferimento all’applicazione [giudiziaria] delle regole (enforcement), l’articolo 30 del mandato è chiaro: “L’accordo non deve contenere disposizioni sulle sanzioni penali”. 

 “Molte persone aspettano la prima fuga di notizie”
Un lobbista dell’azienda farmaceutica Eli Lilly ha dichiarato di essere preoccupato per l’intensa “attività delle ONG” intorno al TTIP, specialmente sul tema del meccanismo di soluzione delle differenze tra lo Stato e gli investitori (ISDS). Ha chiesto cosa si potesse fare per “contrastare questa minaccia” ora che la proprietà intellettuale si è convertita in una questione controversa, soprattutto dopo l’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement, Accordo Commerciale Antifalsificazione).

Velanco Martins ha risposto che le critiche delle ONG e dell’opinione pubblica sono “un rischio”. Inoltre, ha aggiunto: “Sono contento che le nostre attività siano venute alla luce” [riferendosi alle questioni sulla proprietà intellettuale]. Ha detto ancora che “la Commissione è lieta di vedere l’attenzione [delle ONG] focalizzata sul ISDS”. Tutto il mondo ha riso. Continuando, Velasco Martins ha avvertito i partecipanti che “molta gente è in attesa del primo documento, della prima fuga di notizie”. Con “scivolone” e “fuga di notizie”, si riferiva alle disposizioni sulla proprietà intellettuale contenute nel TTIP.

Tokio, 25 marzo 2013: manifestazione davanti alla sede dell’associazione degli imprenditori giapponesi contro il progetto dell’Accordo di Associazione Transpacifico, parallelo e analogo al TTIP, tra gli USA e 12 paesi, dalla Cina alla Tailandia 
http://stoptafta.files.wordpress.com/2013/11/demonstrators-protest-against-the-trans-pacific-partnership-tpp-after-the-may-day-rally-in-tokyo-japan-photograph-epa-kimimasa-mayama.jpeg


Tokio, 1 maggio 2013: nuova manifestazione contro il progetto TPP.
Foto:  
Kimimasa Mayama/EPA


I consumatori, le ONG e i deputati considerati come nemici
La Commissione e il funzionario del OHMI hanno chiaramente dimostrato di stare dallo stesso lato delle numerose imprese statunitensi presenti. Al contempo, i consumatori europei e la società civile sono stati descritti come ignoranti o come nemici che devono essere combattuti.

Velasco Martins ha riferito sulla sua presenza a una delle riunioni sulla proprietà intellettuale organizzata dal Dialogo Transatlantico dei Consumatori (TACD, Trans Atlantic Consumer Dialogue). La riunione non è stata “piacevole da vedere”. Secondo il suo parere, le imprese a cui era diretta “dovrebbero preoccuparsi” delle organizzazioni dei consumatori come la TACD. Ciononostante, ha ritenuto che, escludendo alcuni aspetti facili da comprendere, le imprese potrebbero avere più agevolazioni: sebbene le questioni di avviso e di ripiegamento siano state illustrate nel TTIP, i negoziati saranno soggetti a ricevere le stesse critiche del ACTA. Allo stesso modo, il conduttore dei negoziati si è rallegrato perché la protezione dei dati non è stata inclusa nel capitolo della “protezione intellettuale”.

Pellegrino, della OHMI, gli ha dato il cambio affermando che la gente comune mantiene una specie “di attitudine alla Robin Hood” sulle questioni dei diritti di proprietà intellettuale. Finora le imprese non si sono trovate nella situazione di dover far fronte alle preferenze dell’opinione pubblica e alle critiche della società civile, perché, in parte, quest’ultima utilizzava le reti sociali.

Gli studi a favore delle imprese possono rieducare il pubblico
Un tema ricorrente è stato quello della necessità al ché l’opinione pubblica venga rieducata per comprendere il valore dei diritti della proprietà industriale.
Secondo Pellegrino, la chiave del risultato sta nell’appoggiarsi su un certo numero di rapporti a favore della proprietà intellettuale - rapporti ordinati dalla OHMI.

È stato evidenziato un rapporto recente, in cui si afferma che in Europa un impiego su quattro esiste grazie alle leggi sulla proprietà intellettuale. Tuttavia, questo studio è basato su una metodologia assurda e pretende che, se un’impresa utilizza un diritto di proprietà intellettuale per qualsiasi cosa, tutti gli impieghi di tale impresa esistono unicamente in ragione di tali diritti di proprietà intellettuale.



► Su un tema parallelo, leggere Il testo della bozza segreta completa del TPP negoziata
per il Capitolo dei Diritti di Proprietà Intellettuale English | Spanish



Per concessione di Tlaxcala
Fonte:http://www.contrelacour.fr/propriete-intellectuelle-ttip-commission-outrepasse-mandat/
Data dell'articolo originale: 20/12/2013
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=11037 

domenica 5 gennaio 2014

ATTENTATO E COLPO DI STATO l'11 SETTEMBRE 2001 NON SOLO SOSPETTI . INDIZI GRAVI SULL ' OPERATO DI BUSH, DEL MOSSAD E DELL' ARABIA SAUDITA.

ATTENTATO E COLPO DI STATO l'11 SETTEMBRE 

2001 NON SOLO SOSPETTI . INDIZI GRAVI 

SULL ' OPERATO DI BUSH,DEL MOSSAD E 

DELL'ARABIA SAUDITA.


A.BOASSA

Helen Mariani (associazione dei parenti delle vittime dell'11 settembre) :"Sono personalmente convinta che lei - si intende Bush- abbia deliberatamente permesso che i fatti dell'11settembre accadessero". Barry Zellman si chiede come mai non ci sia stata nessuna risposta militare quando tra il primo impatto e il secondo erano trascorsi 90 minuti


Altri membri dell'associazione mettono in evidenza una tale quantità di incongruenze : anomali operazioni in borsa , non rispettate le procedure d'emergenza dell'Aviazione civile ... che azzerano la credibilità della ricostruzione ufficiale .

Dubbi che non hanno sfiorato i politici nostrani e che sono apparsi ovvi invece a persone "comuni." toccate nei loro affetti (2752 i morti) . Si è gridato in Italia al complottismo , all'ideologismo (aggredito in particolare Giulietto Chiesa che fu tra i primi a denunciare il cumulo di menzogne della Casa Bianca).


Non di complottismo si tratta ma di complotto organizzato da una pluralità di agenti , come viene evidenziato nella stampa americana da attendibili testimonianze , da informazioni trapelate da relazioni che si basano su documentazione CIA ed FBI .


In sintesi , dell'indagine investigativa indipendente richiesta dal congresso di 800 pagine ne risultano censurate 28 . L'attuale fuga di notizie "sconvolgenti" deriverebbe proprio da lì .


Secondo il New York post e Press TV , l'abbattimento delle torri non sarebbe stato "ideato" ed attuato autonomamente da "cellule terroristiche islamiche". 


Addirittura - dico addirittura per noi italiani abituati ai rassicuranti e divertenti dibattiti politici televisivi- alcuni parlamentari statunitensi hanno dichiarato che nelle pagine censurate risulterebbe che nell'attentato non vi sia traccia di un qualche coinvolgimento di Al-qaeda

Per la CIA vi sono "prove inconfutabili" che i funzionari governativi sauditi hanno aiutato i dirottatori (coinvolte l'Ambasciata a Washington e il Consolato di Los Angeles) . Obama vuole coprire l'Arabia Saudita ma forse anche qualcun altro . 

La spia Khalezov avrebbe confessato all'FBI di un incontro con Harari ,direttore del Mossad che gli avrebbe confidato che gli attacchi dell' 11/9 non erano stati "una casualità fortunata per Israele" come aveva detto Netanyahu , ma un vero "attacco del Mossad contro gli Stati Uniti".

Parecchi agenti del terrore più spietato appaiono coinvolti e le 28 pagine di cui si chiede la desecretazione dovrebbero darci qualche lume anche se già ai più negli Stati Uniti parrebbe sicuro che l'ordine del massacro sia stato impartito da Bush in persona
. 

seguirà la seconda parte sul colpo di stato


“Sembra una reazione di termite e zolfo, che è un'idea molto ingegnosa,” ha dichiarato Steven Jones, Professore di Fisica alla BYU, ad una conferenza che si è tenuta Venerdì ad un meeting alla Utah Academy of Science, Arts and Letters allo Snow College.
In una foto satellitare scattata con dei rilevatori di calore che mostra molti focolai ancora incandescenti 5 e 12 giorni dopo il crollo:
Un semplice incendio sarebbe stato in grado non solo di fondere l'acciaio
 e di far crollare un grattacielo, ma addirittura di mantenersi così incandescente,
tanto che sono ancora presenti 
pozze di metallo fuso, dopo giorni interi dai crolli? 
Chiedetelo ad un pompiere e vedete se riesce a non ridervi in faccia.

sabato 4 gennaio 2014

SA ZONA FRANCA AT A CALAI IN IS ELETZIONES DE SARDINYA LUIGI AMEDEO, noto GIGI, SANNA CANDIDATU PRESIDENTI DE SA RAS!

SA ZONA FRANCA AT A CALAI IN IS ELETZIONES DE SARDINYA LUIGI AMEDEO, noto GIGI, SANNA CANDIDATU PRESIDENTI DE SA RAS!
Vàturu Erriu Onnis Sayli 



Il Professore Luigi Amedeo noto Gigi Sanna  entra in politica e concorre alla Presidenza della Natzione Sarda con un movimento che in questi ultimi anni è agli onori della cronaca sarda nel rivendicare spazi di libertà che non siano soggetti alla tassazione infame italiota.

Una uomo tutto d'un pezzo , ligio al dovere patriottico, l'etica come base della sua nobile vita da insegnante e uomo politico impegnato, sempre ligio alla sua fedele patria segue fin da giovane l'orientamento sardista, cosa ben diversa dall'attuale partito sardo che pare più una banderuola che un partito di principi , qual'è invece il candidato Gigi Sanna.

Vedendolo scendere in campo, ci suole aver respiro profondo per dire cara Sardinya: UNA SPERANZA C'E' NATA IN CUOR...


Gigi Sanna ha rilasciato una dichiarazione a tutti gli amici che ha su facebook e ci dice:
E COMO TOCAT A BALLARE! INCOMINTZU SIAT E IN FESTA! 

Amici cari, come vi sveglierete, stamane non crederete ai vostri occhi. Forse lo apprenderete dai comunicati stampa, forse lo avrete già appreso dai partecipanti dei MOVIMENTI alla Assemblea di ieri in Santa Giusta, forse semplicemente lo apprenderete ora da me.Vi chiederete: è mai possibile? Gigi Sanna scende di nuovo in campo dopo essere stato praticamente per venti anni al di fuori della politica attiva? E naturalmente vi risponderete: non è possibile!
Invece lo è per i motivi che via via cercherò DI DIRE E DI SPIEGARE ANCHE E SOPRATTUTTO IN QUESTO PICCOLO MA SIGNIFICATIVO SPAZIO DI 'AMICIZIA' DOVE CI DICIAMO E CI RACCONTIAMO GIORNO DOPO GIORNO TANTE COSE, CERCANDO TALVOLTA ANCHE DI DIVERTIRCI.  
UN MOTIVO PERO' POSSO SPIEGARLO SUBITO. CHE NON E' PIU' TEMPO CHE, IN UNA SARDEGNA COSI' DEPRESSA DOVE LA PISTOLA E LA CORDA PER IMPICCARSI SONO ORMAI LE SOLUZIONI CHE LE PERSONE TROVANO PER USCIRE DEFINITIVAMENTE DI SCENA, QULCUNO COMODAMENTE 'FACCIA PARTE PER SE STESSO' E OSSERVI - COME SI SUOL DIRE - DALLA FINESTRA LO SFASCIO TOTALE E IL DEGRADO MATERIALE E MORALE DELLA NOSTRA AMATA ISOLA. 
NON E' PIU' TEMPO CHE UN SARDISTA ED UN INDIPENDENTISTA IRRIDUCIBILE, COME IO MI REPUTO DI ESSERE (SENZA NASCONDERLO MAI A NESSUNO), NON DIA ANCORA IL SUO CONTRIBUTO (CON ENERGIE LIMITATE MA ANCORA IN QULCHE MODO SPENDIBILI) PER TENTARE DI IMPEDIRE CHE IN BREVE TEMPO QUI NON ESISTANO CHE STERPI E MACERIE. 
ORA, IERI IN UNA BELLISSIMA ASSEMBLEA DEI MOVIMENTI DI TUTTA LA SARDEGNA COMMOVENTE PER LA TENSIONE MORALE E LA DETERMINAZIONE, MI HANNO DETTO SCHERZOSAMENTE, ALLUDENDO ALLA MIA PAGINA DI COPERTINA E ALL'INNO DEL POPOLO SARDO CONTRO I 'BARONES' . 
TOCA A TI BIERE ZI', ZAE NOS SAS MANOS,TOCA A BALLARE SU BALLU TUNDU. INCOMINTZU SIAT, IN FESTA. CA COMO SOS BALLOS SUNT SOS NOSTROS! .

venerdì 3 gennaio 2014

Finley (fisico canadese)...la "birifrangenza" "non si verifica mai con il vapore acqueo, perché la separazione dei colori si ha solo in un sistema di rifrazione cristallino


Come ha raccontato Finley (fisico canadese), il 16 giugno 2006, mentre guidava nella Statale 1 vicino a Victoria (British Columbia), "Mi fermai per vedere una piatta nuvola bianca, incredibilmente bianca, incredibilmente ampia. Era sconvolgente da vedere". 

La luce solare riflessa da quella enorme nuvola innaturale attraverso la sua sfumata visiera solare "occultava" il sole, come ha detto lui, in strisce prismatiche: "tutto rosa, verde e viola". 

Una tale "birifrangenza", ha spiegato Finley, "non si verifica mai con il vapore acqueo, perché la separazione dei colori si ha solo in un sistema di rifrazione cristallino". 

Tali interferenze prismatiche con lunghezze d'onda luminose avvengono solo con "materiale solido estremamente, estremamente fine", ha spiegato di nuovo Finley. 

Queste fini particelle sospese "generano campi di interferenza attorno ad ogni particella, cambiando il colore della luce". Finley ha detto che si stava riferendo specificamente agli agenti chimici rilasciati artificialmente nel cielo da "aviocisterne". 

Mentre il vapore acqueo che si solidifica in cristalli di ghiaccio ad elevate altitudini può predisporre dei "paraeli" (cerchi luminosi) attorno al Sole e un'occasionale aureola attorno alla luna, gli oleosi colori dell'arcobaleno visti molto più comunemente nelle scie dei jets e nelle nuvole artificiali sono firme chimiche, ha riferito. 

Il fenomeno della birifrazione (o birifrangenza o doppia rifrazione) non avviene mai con il vapore acqueo, con cui si assiste al fenomeno della rifrazione e della riflessione. 

Il particolato molto fine sospeso nell'atmosfera genera dei campi di interferenza attorno ad ogni particella. 

I raggi luminosi vengono birifratti: il raggio incidente r si divide in due raggi rifratti, r' e r'' della stessa intensità e polarizzati lungo piani perpendicolari. 

Tale fenomeno occorre soprattutto con il quarzo, il rame, l'alluminio etc.


giovedì 2 gennaio 2014

SUSAN GEORGE: Austerità significa socializzare le perdite e privatizzare i profitti.

Susan George

Prendiamo a prestito le parole che seguono, per esprimere la forte simpatia della lezione impartitaci, da apprendere e custodire praticandone i suggerimenti e le idee profuse, affinchè Noi tutti,  impegnati nella lotta per il diritto alla vita, al sociale, alla libertà ed all'autodeterminazione dei popoli, queste parole non siano vane; 
ringraziamo questa grande Donna della letteratura impegnata con il suo esempio nel sostegno della lotta sociale Susan George, vi incoraggiamo a percorrerne attentamente i suoi leggeri passi. 
Se avete a cuore il vostro cibo, la vostra salute e la sicurezza finanziaria vostra e quella della vostra famiglia, le tasse che pagate, lo stato del pianeta e della stessa democrazia, vi è un importante cambiamento politico di cui dovete essere consapevoli. Io chiamo questo cambiamento la «ascesa di autorità illegittima». Il governo di rappresentanti chiaramente identificabili e democraticamente eletti viene gradualmente soppiantato da un nuovo governo ombra in cui enormi imprese transnazionali (Tnc) sono onnipresenti e stanno prendendo di più in più decisioni che riguardano tutta la nostra vita quotidiana.
Essi possono agire attraverso le lobby o oscuri «comitati di esperti»; attraverso organismi ad hoc che ottengono un riconoscimento ufficiale; talvolta, attraverso accordi negoziati in segreto e preparati con cura da executive delle imprese al più alto livello. Lavorano a livello nazionale, europeo e sovranazionale, ma anche all’interno delle stesse Nazioni Unite, da una dozzina di anni nuovo campo di azione per le attività delle corporate. Non si tratta di una sorta di teoria paranoica della cospirazione: i segni sono tutti intorno a noi, ma per il cittadino medio sono difficili da riconoscere. Noi continuiamo a credere, almeno in Europa, di vivere in un sistema democratico. 
SA DEFENZA

Susan George sulla cabala capitalista, il segreto dietro l'austerità europea


Come vincere la Guerra di Classe e accendere i riflettori sull'ombroso 'complotto' globale e recuperare i beni della classe operaia

http://www.theguardian.com/global-development/video/2013/dec/30/susan-george-austerity-socialise-losses-privatise-profits

theguardian.com/

Austerità significa socializzare le perdite e privatizzare i profitti.

In una serena e discreta villa svizzera, un gruppo di esperti selezionati con molta cura è stato riunito da un comitato ombra di ricchi e potenti committenti, per rispondere ad un’unica, decisiva la domanda: come si può, nel bel mezzo di una crisi finanziaria globale, garantire al meglio la rinascita del capitalismo occidentale? 

È questa la scena machiavellica con la quale si apre l’ultimo libro di Susan George, la scrittrice-politologa Franco-Americana, attivista per la giustizia nel mondo
Forse più conosciuta per il suo lavoro sulla fame nel mondo, la povertà ed il debito, la George è ora tornata ad occuparsi di America ed Europa col suo Come vincere la Guerra di Classe: una satira su quell’1% di potenti o la "Davos Class" per usare le sue parole che fanno riferimento alla sede della riunione annuale dell’élite del World Economic Forum.

Ironico, a tratti bizzarro, il libro toccherà da vicino quel pubblico sempre più sospettoso verso i partiti politici e le istituzioni elitarie. La George ha detto: "Non credo che i libri pedagogico-moralistici funzionino. Penso che la gente sia più coinvolta dalla satira e dall’umorismo, anche nero... e Dio sa quanto ci sia su cui ironizzare là fuori". 

Susan George, 79 anni, ha speso decenni nello studio e nella critica della politica economica "ufficiale" ed è una figura chiave nei circoli alternativi alla globalizzazione. Nata in Ohio ai tempi della Grande Depressione, si spostò in Francia negli anni ’50, Paese che non lasciò più e che la vide unirsi ai movimenti contro la guerra coloniale di Algeria e la guerra americana in Vietnam. Oggi è presidente onorario di Attac-France, un gruppo originariamente impegnato nel far tassare gli scambi esteri e che ora si occupa di vari temi; presiede poi il direttorio della rete di "studiosi-attivisti" Transnational Institute

La satira è uno strumento politico antico, e la George la padroneggia da tempo; il suo ultimo libro è il seguito di The Lugano Report, pubblicato nel 1999 e presentato come un resoconto segreto di una riunione di ricercatori assoldati per scoprire come far sopravvivere il capitalismo nel terzo millennio. 

Di respiro mondiale, The Lugano Report giungeva alla conclusione che i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse (guerra, pestilenza, morte e carestia) sarebbero stati sguinzagliati per dare una mano a "liberare" il pianeta dalla moltitudine di "inutili" mangiapane. Sufficientemente brutale da guadagnarsi il paragone con lo scritto satirico del 18° secolo intitolato A Modest Proposal – nel quale Jonathan Swift suggerisce che gli Irlandesi finiti in povertà dovrebbero vendere i propri figli quale cibo per i ricchi – il The Lugano Report è andato a ruba in Francia ed è stato poi pubblicato in più di una dozzina di lingue. 

La George ha passato la maggior parte della propria vita impegnata in tematiche di livello planetario e scrivendo sulle sfide che attendevano i Paesi in via di sviluppo. La scrittrice rivela che l’impegno dimostrato dai governi europei nel forzare le politiche di austerità nonostante i loro palesi costi sociali, le ha aperto una nuova prospettiva: "Questa volta siamo molto preoccupati per la nostra stessa situazione ed è lì che si sta dirigendo l’impegno dei militanti". 

È pronta nel considerare che esistano comunque importanti collegamenti da fare fra le politiche di austerità in Europa ed i programmi di "aggiustamento strutturale" che i Paesi poveri furono forzati ad adottare negli anni ’70 ed ’80 e spiega: "A partire dagli anni ’70 e fino ad oggi [per oltre 40 anni quindi], la gente comune dei Paesi del sud ha dovuto pagare per i crimini e l’avidità ed i debiti odiosi perpetrati dai dittatori dei loro stessi governi e dalle loro classi alte. In quei Paesi conoscono molto bene che cosa ciò abbia significato e significhi per la popolazione: pesantissimi tagli nelle spese per la famiglia, la scuola, la cultura e la sanità".

"Ed ora tocca a noi. E la chiamano ‘austerità’. Chiamatela pure come vi pare, ma rimane la stessa politica che consiste nel rifilare le perdite alla collettività e canalizzare i guadagni nelle tasche dei privati… [ e ] la cosa è stata spinta ad un punto tale che, benché noi si sia diventati più ricchi dei Paesi del sud.. stiamo ora creando una situazione per la quale troviamo persone disperatamente povere in nazioni europee solitamente considerate ‘ricche’". 

La domanda che si pone la George è se i programmi di austerità forzati dai governi europei nonostante i costi sociali siano dovuti a degli errori o siano delle operazioni esattamente "volute" così. La George è per la seconda ipotesi e sostiene che in Europa ci sia una classe che non ha mai accettato le conquiste dei lavoratori ottenute a partire dalla Seconda Guerra mondiale, classe che ha deciso che sia il momento ideale per riprendersele. 

Nel suo ultimo libro, la George immagina che ci sia un gruppo di lavoro di esperti che può dare in anteprima la buona notizia ai propri finanziatori (l’1% dei più ricchi del pianeta). La buona notizia è che l’1% sta vincendo ed è "al controllo degli avvenimenti e degli sviluppi economici, politici e sociali ancor più fortemente che prima della crisi". 

Ma c’è una cattiva notizia: la situazione rimane precaria. Perciò il gruppo di lavoro "suggerisce" di sobillare divisioni all’interno dei componenti dei vari "movimenti" e di limitare l’ostentazione della propria ricchezza e, cosa più importante, sottolinea che "persuadere è vincere" e che ciò si ottiene con la ripetizione incessante di affermazioni del tipo : "l’impresa privata farà sempre meglio di quella pubblica", "non c’è società autenticamente libera senza un libero mercato"; "l’ineguaglianza non è un vero problema perché è intrinseca alla società e potrebbe essere su base genetica". 

Anche se la George può sembrare ossessionata da società segrete che tessono oscuri piani di portata planetaria per dominare il mondo, è pronta a spiegare che personalmente non crede nelle cospirazioni ma crede che tali piani siano la conseguenza di precisi interessi e riflettano delle strategie ben calcolate. Contesta poi prontamente chi l’accusa di essere pessimista sul futuro: "Penso che quando le cose arrivano ad un punto in cui tutti sono disgustati dal comportamento dei politici, allora diventa possibile il rinnovare".


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