mercoledì 7 aprile 2010

- Nota su statualità, sovranità e Nazione Sarda

Benito Saba
de "Sardigna, Pàtria amada!"
Oggi finalmente è stato acquisito pacificamente da tutti i Sardi nella travagliata maturazione della nostra cultura politica democratica che la non statualità della Sardegna non sopprime la Nazione Sarda come soggetto di diritti naturali prestatuali (l'identità etnica, la memoria storica - ed in essa quella delle passate statualità, quelle vissute non nella soggezione di "occupati" o colonizzati, ma nella partecipazione attiva alla cittadinanza nella parità dei diritti e doveri - la lingua, la cultura, l'integrità del territorio, il diritto ad usufruirne da parte delle comunità, l'autogoverno in tutto ciò che riguarda direttamente la Sardegna, la salvaguardia dell'ambiente, della sua salubrità e peculiarità, la precedenza dei residenti nel godere dei benefici derivanti dall'utilizzo non distruttivo delle risorse primarie dei territori ecc.). Ne consegue che il Popolo Sardo, anche soggetto politico-istituzionale nell'ordinamento statuale italiano (v. ad es. Statuto Sardo art. 28), poiché incarna detta Nazione, si pone anche e prima di tutto come soggetto portatore ed espressione di questa peculiare identità nazionalitaria che non solo esso Popolo ha diritto di rivendicare e proclamare, ma che lo pone - anche per la volontaria rinuncia alla precedente statualità - in parità morale con il Popolo "Italiano" (con cui è ora unito nella statualità e con il quale, insieme ad altre etnie, costituisce il Popolo della Repubblica Italiana) in quanto la sua soggettività non nasce con l'ordinamento statuale italiano, ma è preesistente ad esso ordinamento, che appunto non la costituisce, ma soltanto la riconosce ai fini dell'attività politico-istituzionale.
Oltre al richiamo fondamentale dell'art. 28 dello Statuto Sardo - che è legge costituzionale - mi sia consentito ricordare che la Costituzione non parla mai di "Popolo Italiano", es
pressione riassuntiva più "facile" invalsa almeno da un secolo e mezzo nella vita politica anche per una chiara volontà di integrazione e unificazione di tipo omogeneizzante. La Costituzione parla sempre e soltanto di "Popolo" (artt. 1, 71, 101, 102). Ed infatti l'"Italia" dell'art. 1 non è realtà geo-politico-istituzionale soltanto degli appartenenti alla espressione storica della etnia italiana, o, più precisamente, italica (se mai ne esista una sola), ma di quanti sono cittadini entro i suoi confini riconosciuti; è questa "Italia" che "è Repubblica democratica" e pertanto il "Popolo" di cui al 2° comma - cui "appartiene la sovranità" - non è soltanto il Popolo "Italiano" stricto sensu, bensì il Popolo della Repubblica Italiana, che non coincide con il primo, come riconosciuto indirettamente dalla stessa Costituzione all'art. 6: le "minoranze linguistiche" - tra cui è ufficialmente compresa quella sarda, ai sensi dell'art. 2 della L. 15-12-1999, n. 482 (pur chiamate intenzionalmente in tutta la legge "popolazioni" per rimanere nell'ambito esclusivamente della politica culturale e linguistica) - sono espressione inequivocabile di una pluralità di soggetti etnico-nazionali (cioè di comunità presenti "da sempre" con cultura e coscienza identitaria particolare non riconducibile alla nazione "stricto sensu" italica e radicate in territori definiti all'interno dei confini della Repubblica), anche se di diverso peso demografico, tutti costituenti il Popolo della Repubblica Italiana.
Purtroppo - alla luce di quanto testè illustrato - del tutto improprio ed equivoco è l'uso dei termini "Nazione/i" e "nazionale/i" nel testo della Costituzione, come anche - per trascinamento terminologico dei riferimenti al primo - in quelli dello Statuto speciale per la Sardegna (L. Cost. 26 febbraio 1948 n. 3 e succ. mod.) e della L. n. 482/1999 richiamata.
In tutti i casi in cui ricorrono (Costituzione: artt. 9, 11, 16, 49, 67, 87, 98, 99, 117, 120, 126 e
Disp. trans. III e XIII) (Statuto Sardo: artt. 3, 7, 33, 50, 53, 54) (L. n. 482/1999: artt. 4, 5, 9) questi termini non hanno mai la significanza propria etimologica di una particolare identità etnico-culturale, matrice demologica ed etico-politica della soggettualità storica dello Stato italiano, il quale di conseguenza ne sarebbe espressione univoca; essi invece nella loro significanza testuale e contestuale sono un chiaro portato di aspetti ineludibili della cultura politica post-rivoluzionaria francese e poi in continuità di quella risorgimentale protesa alla unificazione statuale dell'Italia (aspetti culturali purtroppo esasperati in seguito a mitizzazione sacrale e fanatica nel ventennio fascista). Fatto sta che in tutti quegli articoli i termini in esame possono essere sostituiti tout court con "Stato/i", "dello Stato", "statale/i", "Repubblica", "della Repubblica", "repubblicano/i" "generale pubblico" ed equivalenti.
Non esiste pertanto, a mio avviso, alcuna norma costituzionale che sancisca l'unicità di una "Nazione italiana" di cui sia espressione il Popolo della Repubblica, o sancisca la non compatibilità di altra Nazione, oltre a quella italica, all'interno della Repubblica Italiana. In altre parole ritengo fermamente che la Rep
ubblica Italiana sia costituzionalmente uno Stato plurietnico e perciò plurinazionale (ovviamente, lo ripeto, mi riferisco all'esistenza di etnie non italiche costituite in comunità "storiche" radicate in territori definiti all'interno dei confini della Repubblica).
Il diritto ad un Inno Nazionale Sardo - come anche quello a definire
la Sardegna Patria nazionale del Popolo Sardo - è pertanto non una concessione retorica ad una tradizione popolare decaduta a valenza di tipo folkloristico, ma un diritto inalienabile, pur nella unitarietà dell'ordinamento statuale italiano di cui la Sardegna e il suo Popolo fanno parte integrante nell'attualità storica, peraltro protesa ad evoluzione federalista nel quadro italiano e nazionalitaria nel quadro dell'unità europea.(1)
Più controversa è la questione se si possa parlare di "sovranità" del Popolo Sardo.
Mi sia consentito un accenno, data l'ultima strofa del mio Inno.
Come è
risaputo la Legge della Regione Sarda del 23 maggio 2006, n. 7, (1) aveva riconosciuto e sostenuto questa tesi - largamente condivisa in sede scientifica e politica in Sardegna - sia nel titolo ("Istituzione, attribuzioni e disciplina della Consulta per il nuovo statuto di autonomia e sovranità del popolo sardo), sia nell'art. 1, comma 1, che nell'art. 2, comma 2, lett. a), e comma 3. Si sa che a seguito di ricorso del Governo (2) la Corte Costituzionale con sentenza n. 365 del 7-11-2007 ha dichiarato l'illegittimità di queste espressioni giudicate in contrasto con gli artt. 1, 5 e 114 della Costituzione e con l'articolo 1 dello Statuto Speciale della Sardegna (3).
Mi sia consentito di far presente sommessamente che, al di là del
legittimo e doveroso dibattito sulla sentenza richiamata e le sue motivazioni (4), ciò che interessa a noi in questa sede non è la sovranità del Popolo sardo soltanto in quanto soggetto dell'ordinamento italiano, sovranità non accolta dalla Corte Costituzionale, ma soprattutto in quanto soggetto nazionalitario, cioè incarnazione ed espressione della Nazione Sarda. E, ad avviso di quanti non si stancano di richiamare la fondazione antropologica del diritto naturale, la sovranità di una nazione è analoga alla libertà e dignità della persona umana, anzi ne è la proiezione collettiva. E se all'art.1 della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo",adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948, leggiamo che "Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti", analogamente tutte le nazioni nascono libere ed eguali in dignità e diritti, cioè sovrane, perchè la nazione non è altro che l'insieme nativo storico particolare di quegli esseri umani associati naturalmente per appartenenza etnico-culturale, convivenza geograficamente delimitata e caratterizzata da comuni interessi socio-economici. Le vicende storiche possono far venir meno o attenuare considerevolmente detta sovranità nel diritto positivo, ma essa non può essere soppressa eticamente e sussiste come connotazione costitutiva inscindibile di diritto naturale.
La sovranità della Nazione Sarda è pertanto innegabile, a meno di sostenere che la Sardegna si trovi in una condizione di dominazione esterna, di "occupazione" straniera, di sudditanza coloniale, di impossibilità di esprimersi democr
aticamente.
Tale sovranità non è certamente oggi di tipo statuale, di rilevanza formale internazionale, ma è reale, perché morale (cioè consistente in una stabile tensione etico-culturale basata sull'autocoscienza dell'identità nazionale) e quindi p
olitica e pertanto oggettivamente, pur non formalmente, rilevante anche per l'ordinamento italiano sia statale che regionale e indirettamente per l'ordinamento internazionale.
Le espressioni di tale sovranità coincidono oggi con quelle della volontà democratica del Popolo Sardo in quanto soggetto dell'ordinamento italiano, ma il loro "peso" morale e politico va al di là di quelle espressioni derivanti dalla sola soggettività di diritto positivo; esse esprimono prima di tutto il rinnovarsi nel tempo e l'attualizzarsi dell'adesione della Nazione Sarda allo Stato italiano, adesione che è frutto di una rinuncia volontaria alla statualità sarda e di un patto morale di solidarietà totale e che pertanto si attua nella reciprocità dei sacrifici e benefici equamente partecipati. Il "sentire nazionale" (cioè la coscienza della propria identità nazionale sarda) non è dunque oggi in alternativa a quello di italianità, ma questa è stata acquisita per le circostanze storiche intervenute e per la conseguente reciproca "convenienza" (nella più ampia accezione, anche morale) storica, non è nativa e pertanto indismiss
ibile qualunque siano le situazioni, cioè anche se si dovessero determinare condizioni ritenute democraticamente inaccettabili, o non convenienti strategicamente sul lungo periodo storico, per la Sardegna ed i Sardi.
Guardando in positivo, il Popolo Sardo attraverso il circuito democratico partecipa, come parte attualmente integrante ed integrata, alla sovranità costituzionale del Popolo della Repubblica Italiana nelle forme e nei modi sanciti dall'attuale ordinamento statuale; ma insiem
e e prima di tutto è soggetto espressivo della originaria naturale sovranità della insopprimibile Nazione Sarda e come tale è sempre responsabile - mediante la pacifica espressione democratica - delle sorti della Sardegna, oggi nella adesione attiva e leale allo Stato italiano, come un domani, forse non molto lontano, nella partecipazione istituzionalmente più diretta all'ordinamento europeo, magari anche attraverso la transizione di configurazioni costituzionali federaliste dello Stato Italiano che consentano per molte "materie" un rapporto appunto più diretto con le istituzioni europee.
Il fatto che la predetta adesione sia rinnovata tacitamente con la partecipazione alla vita statuale democratica italiana non significa che sia stata data una volta per tutte in termini non più discutibili, sempre nella pacifica dialettica democratica.
Certamente l'unità statuale italiana è sempre più "com-promettente" man mano che passa il tempo, ma è anche vero che fortunatamente oggi è venuta meno la cultura della statualità "sacrale" ed il conseguente suo culto acritico e fanatico. E ciò vale soprattutto oggi che si affaccia all'orizzonte storico (magari per la sua attuazione passerà qualche decennio) il progetto dell'Europa non degli Stati ex ottocenteschi, ma dei Popoli, cioè dei soggetti nazionalitari portatori di valori e culture per un Europa non semplicemente federazione di Stati preesistenti, ma più riccamente risultanza dinamica di un crogiolo unitario di Nazioni. In tale crogiuolo le Nazioni europee, ponendosi al di là delle gabbie statuali del passato, devono essere disposte a dare e a ricevere, pur custodendo gelosamente la propria identità come patrimonio di ciascuna e di tutte per una sintesi culturale e geopolitico-istituzionale nuova e più alta, proiettata verso la governance della globalizzazione dei processi economici, culturali, sociali e politici che, soltanto se guidati fuori dagli egoismi e antagonismi degli Stati tradizionali, possono salvare il pianeta dal collasso ecologico e/o dall'autodistruzione per guerre disperate di sopravvivenza o di difesa o acquisizione prepotente di materie o risorse primarie.
In questo quadro dinamico la sovranità del Popolo Sardo - in quanto soggetto nazionalitario - sulle sorti della Sardegna e dei Sardi è e sarà allo stesso tempo la risultanza e la prospettiva storica dei processi richiamati, non per contrastare in negativo alcunché di valido nell'interesse concreto dei Sardi nell'attualità, ma, al contrario, per promuovere con coraggio una Sardegna, un'Italia, un'Europa ed un mondo più capaci di dare risposte nuove, "a misura d'uomo" ai nostri figli, fuori e oltre le culture ottocentesche.
Saremo "all'altezza" della situazione storica e sapremo misurarci con questa sfida del terzo millennio?

Sassari, 8 settembre 2008





(1) Sui rapporti tra Nazione Sarda e Popolo Sardo e Nazione Italiana e Popolo Italiano v. la Relazione, il Preambolo e la parte dispositiva del Disegno di Legge Costituzionale n. 352 del Sen. F. Cossiga - Senato della Repubblica - del 15 maggio 2006 "Nuovo Statuto della Regione Autonoma della Sardegna - Costituzione della Comunità Autonoma di Sardegna e Noa Carta de Logu de sa Comunidade Autonoma de Sardigna", in http://www.consregsardegna.it/ACRS/NuovoStatuto/Meterialeedocumentazione/Sardegna/Progetto%20di%20Legge%20Cossiga%20per%20un%20Nuovo%20Statuto%20Speciale%20Sardo.pdf").
(2) v. http://consiglio.regione.sardegna.it/XIIILegislatura/Leggi%20approvate/lr2006-7.asp
(3) v. http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_22_20060911101639.pdf
e l'impugnativa del Consiglio dei Ministri in
http://www.federalismi.it/ApplOpenFilePDF.cfm?dpath=document&dfile=26092006073600.pdf&content=Corte+Costituzionale,+Impugnativa+Impugnativa+della+L.R.+Sardegna+n.+7/2006,
+'Istituzione,+attribuzion
i+e+disciplina+della+Consulta+per+il+nuovo+statuto+di+autonomia+e+sovranit%C3%A0+del+popolo+sardo'+-+regioni+-+documentazione+-+
(4)v. http://www.cortecostituzionale.it/informazione/rassegna_stampa/rassegnastampaquestionidecise/schedaDec.asp?sez=seguito&Comando=LET&NoDec=365&AnnoDec=2007&annopubblicazione=2007
(5) v. per una sintesi i saggi di
- P. Caretti in
http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum/giurisprudenza/2007/0010_caretti_nota_365_2007.pdf
- di O. Chessa in
http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum/giurisprudenza/2007/0004_chessa_nota_365_2007.pdf
- di P. Passaglia in
http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum/giurisprudenza/2007/0021_nota_365_2007_passaglia.pdf
- di A. Mangia in
http://www.forumcostituzionale.it/site/images/stories/pdf/documenti_forum/giurisprudenza/2007/0018_nota_365_2007_mangia.pdf
- di Adele Anzon Demmig in
http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/dottrina/autonomie/anzon.html

martedì 6 aprile 2010

Figli dell' officina... Vieni oh maggio













Figli dell' officina

o figli della terra

gia l' ora si avvicina
della più giusta guerra

la guerra proletaria

guerra senza frontiere

innalzeremo al vento

bandiere rosse e nere


Avanti
siam ribelli

fieri vendicator

un mondo di fratelli

liberi
dal lavor


Dai monti e dalle valli

giù giù scendiamo in
fretta

con queste man dai calli

noi la farem vendetta

del
popolo gli arditi

noi siamo i fior più puri

fiori non
appassiti

dal lezzo dei tuguri


Avanti siam ribelli

fieri
vendicator

un mondo di fratelli

liberi dal lavor


Noi
salutiam la morte

bella e vendicatrice

che schiuderà le porte a
un' era più felice

ai morti ci stringiamo

e senza impallidire

per
l' anarchia pugnamo

o vincere o morire


Avanti siam ribelli

fieri
vendicator

un mondo di fratelli

liberi dal lavor



Vieni
o Maggio t'aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori

dolce
Pasqua dei lavoratori

vieni e splendi alla gloria del sol


Squilli
un inno di alate speranze

al gran verde che il frutto matura

a
la vasta ideal fioritura

in cui freme il lucente avvenir


Disertate
o falangi di schiavi

dai cantieri da l'arse officine

via
dai campi su da le marine

tregua tregua all'eterno sudor!


Innalziamo
le mani incallite

e sian fascio di forze fecondo

noi
vogliamo redimere il mondo

dai tiranni de l'ozio e de l'or


Giovinezze
dolori ideali

primavere dal fascino arcano

verde maggio
del genere umano

date ai petti il coraggio e la fè


Date
fiori ai ribelli caduti

collo sguardo rivolto all'aurora

al
gagliardo che lotta e lavora

al veggente poeta che muor!


Testo
Pietro Gori



martedì 16 marzo 2010

ATOBIU A GONNESA IN S'ULIVARIU IN PITZUS DE: Sa Cultura Economia e Traballu

Sayli Vaturu
Sa defenza sotziali

Domenica 14 marzo a Gonnesa, paese dell'iglesiente legato alla cultura mineraria del secolo scorso, oggi lavora per un futuro diverso dall'apparente deserto lavorativo ed economico, quale luogo migliore per presentare una nuova idea di finanza ed economia per il lavoro.

La giornata è molto fredda ma radiosa per la luce irradiata dal nostro amabile sole, le persone si avvicendano nella piazza davanti alla vecchia villa ristrutturata chiamata S'Ulivariu, in realtà è la vecchia casa di un sindaco dell'ottocento, ma, essendo lasciata allo stato di abbandono, il comune ha pensato bene di ristrutturarlo, e lo ha messo a disposizione della comunità Gonnesina e sarda tutta.

La piazza virtuale Facebook ha chiamato a raduno tante persone , interessate allo sviluppo Culturale Economico-sociale e lavorativo della Sardegna e tutte le zone di crisi nella nostra natzione.

Carlo Lai dell'associazione Andara ha aperto i lavori con una analisi profonda ed arguta su l'unità del popolo sardo affinche si possano aprire nuovi orizzonti per la natzione sarda , il suo è stato un discorsso preparatorio per quanto poi le ralazioni hanno dato vita al simposio sulla cultura l'economia e il lavoro in sardegna.

Paolo Biancu relatore principale dell'evento ha posto in campo la sua esperienza di professore di Economia proponendo un'economia locale basata su capitali sociali condivisi da una molteplicità di soggetti .. il popolo sardo . L'intento la costituzione di una banca rurale diffusa per la realizzazione di progetti che diano l'input alla realizzazione di un nuovo soggetto sociale operativo su tutto il territorio natzionale sardo.
Paolo ci rammenta quanto affermato da Gramsci nostro compatriota "Senza radici non esiste Sardità. I ricordi delle radici sono i ricordi della propria terra, dell´umanitá, della natura e della cultura del luogo e ci riportano alla memoria singolare di ognuno di noi...."


Marco Cannas ha trattato l'aspetto ambientale in cui si è trovata la sardegna post industriale , a dover affrontare iuna situacione dffusa nelle zone indiìustriali di inquinamento disastroso, con la condizione pesante dovuta alla non partcipazione alla bonifica deìi teritoi dalle aziende in fuga come dei ladri di futuro mancato.

Marco Cannas narat:" In S'olivariu, nci fiat po fintzas'e unu mulinu, istadhas po bestiaminis, ortus, e medas matas de mendulas e olias, de sa famillia de su caballeri Toro, podestargiu de Gonnesa a is tempus de sa furriada de su 1906. Issu fiat nasciu in Suedhi. Is netus e is netas oj bivint in Castedhu, ant bendiu bona parti de su poderi e cust'atra parti dh'ant lassat a su comuna. Sa domu de is de Toro, parit chi siat stetiu unu cunventu de mongias, poita est agoa de sa cresia, mi depu informai beni po custa noa. Poita ca sa cresia titulada a Sant'Andria, inantis de su 1100-1200 d.c., fiat tzerriat a santa Maria de Flumentebidu. Seus cichendi paperis po fai "monumentus abertus", intzandus seus in circa de s'istoria de custu logu. Depu tenni una foto de su 1906 aundi si bit su mulinu."

Paola Alcioni "sa Cantadora" la poetessa sarda , ha delineato una nuova strada culturale sarda , tutta riscossa e niente pianto per un passato disastroso, ha iniziato ponendo un detto in auge da secoli condiviso ma combattuto dai rivoluzionari sardi: "pocos locos e malunidos" per metterlo in discussione e trasformare le traversie in opportunità, in modo radicale e potentemente attivo e costruttivo, piena delle sue idee fortza che porta nel grembo di Donna sarda indipendentista, deteminata nel dar voce all'inconosciuto mondo dell'utopia pregna di sovranità.

Mario Puddu, ha incentrato la sua relazione su: "Cultura e lingua sarda", espone la sua idea di cultura dicendo che la cultura deve prendere in se in senso largo la conoscenza e scrivere , specialmente in un tempo in cui il mondo si è fatto paese, e questo è un'un'idea che è nella testa di tutti. "La cultura di un popolo è cio che si coltiva, perciò bisogna chiedersi , dice Mario, cosa stiamo coltivando.." Mette i punti fondamentali sulla scolarità e perciò su quale scuola sarda è possibile.
Critica aspramente la mancata realizzazione dell'intento natzionale di sovranità che il partito sardo d'azione o partidu sardu non ha portato in essere , e questo a motivo della perdita di rotta dei suoi dirigenti natzionali.
Un'analisi pungente e pragmatica com'è d'uso fare il professor Puddu.

Noi pensiamo in un continum analitico de sa cantadora e del professor Puddu che il popolo sardo non meriti tanto disastro nella rappresentanza politica, è di fatto un polo della disinfomatzia italiota e della società del consumo in cui ci troviamo, un popolo abbandonato e portato alla sbando di un infausto destino dettato da politici sardi bramosi solo della propria tasche , inetti e servi italioti, proni al dictat romano asserviti sia nella finanza spicciola che culturalmente schiavi di una logica padrona e coloniale che è il disastro per la nostra natzione e società.

Nella loro espressione dei partiti emissari e filo italianisti insipienti ed egoisticamente arrivisti, si dimostrano personaggi blandi e confusi impegnati a dare forza alla loro finanza sempre attiva delle loro tasche alla ricerca di popolarità e soddisfazione personale, invece che servire il popolo quale mandato da loro ricevuto affinchè lottino per dare pane e lavoro al nostro popolo sofferente e affamato, auspichiamo per questi energumeni quanto detto in un motto popolare tutto tondo: "bifolchi" che meritano altro che la gogna.

Interventi molti, Aurora Pigliapochi ha intrecciato la cultura sarda con l'economia sociale, Bustianu Cumpostu coordinatore natzionale di Sardigna Natzione Indipendentzia, ha posto l'accento sul fatto che bisogna che si produca per le esigenze o bisogni di un popolo invece che per il suo consumo fine a se stesso, infatti la società sarda passata aveva dei codici comportamentali sociali che portavano ad una socialità del lavoro e di tutta la sua condizione strutturale economica.

E' la storia di un popolo, il sardo, che non ha ancora uno stato, ma è una nazione millenaria, che la storia ricorda nei Nuragici gli Shardana, per arrivare fino ai giudicati, ed il regno di Sardegna e Corsica per trasformarsi in regno di Sardegna eppoi assieme ai cattivi compagni del ducato di savoia il principato di piemonte e la contea di nizza è divenuto uno strmpalato regno di italia, rubando prima la corona al regno di Sardegna.. bravi savoiardi.. ladri ieri ed assassini oggi .. vedi Hammer alla'isola di cavallo in Corsica... eppoi han rubato la nostra storia cancellandola umiliando la nostra dignità..



















venerdì 12 marzo 2010

I CINQUE ‘STATI NUCLEARI NON DICHIARATI’

DEL PROF. MICHEL CHOSSUDOVSKY
Global Research

Turchia, Germania, Belgio, Olanda e Italia sono Potenze Nucleari?

Secondo una recente relazione, l’ex Segretario Generale della NATO George Robertson ha confermato che la Turchia possiede da 40 a 90 armi nucleari “Made in USA” nella base militare di Incirlik. (en.trend.az/)

Significa che la Turchia è una potenza nucleare?

“Lungi dal rendere l’Europa un posto più sicuro e dal creare un’Europa meno dipendente dal nucleare, [la strategia] potrebbe tranquillamente avere come risultato quello di introdurre più armi nucleari nel continente europeo, frustrando così alcuni dei tentativi che si stanno compiendo per ottenere un disarmo nucleare multilaterale” (citazione dall’ex Segretario Generale della NATO George Robertson su “Global Security” del 10 febbraio 2010).

“L’Italia è in grado di sferrare un attacco termonucleare?…

Sarebbero in grado Belgio e Olanda di sganciare bombe a idrogeno sul bersaglio nemico?…

Le forze aeree tedesche non potrebbero forse essere istruite per gettare bombe 13 volte più potenti rispetto a quella che ha distrutto Hiroshima?

Le bombe nucleari vengono conservate in basi aeree dislocate in Italia, Belgio, Germania e Olanda – e gli aerei di ciascuno di questi paesi sono in grado di trasportarle” ("Cosa Fare in merito alle Testate Nucleari Segrete dell’Europa”[1], Times Magazine, 2 dicembre 2010)


Gli Stati Nucleari “Ufficiali”

Cinque Paesi, ovvero America, Inghilterra, Francia, Cina e Russia, sono considerati “stati nucleari” (NWS), “uno status riconosciuto a livello internazionale e attribuito dal Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP)”. Altri tre Paesi “non-TNP” (ovvero non firmatari del TNP) cioè India, Pakistan e Corea del Nord, hanno ammesso di possedere armi nucleari.

Israele: "Stato Nucleare Non Dichiarato"

Israele è definito come “stato nucleare non dichiarato”. Produce e dispiega testate nucleari puntate contro bersagli militari e civili nel Medio Oriente, Teheran compresa.

Iran

Giravano diverse voci, supportate da prove poco consistenti, sul fatto che l’Iran potesse in futuro diventare uno stato nucleare. Di conseguenza, un attacco nucleare preventivo a scopo difensivo sull’Iran finalizzato a distruggere il suo programma di armi nucleari inesistenti potrebbe davvero essere preso in considerazione “per rendere il mondo un posto più sicuro”. I principali mezzi di comunicazione abbondano di opinioni improvvisate sulla minaccia nucleare iraniana.

E allora anche i cinque “stati nucleari non dichiarati” europei, ovvero Belgio, Germania, Turchia, Olanda e Italia possono rappresentare una minaccia?

Belgio, Germania, Olanda, Italia e Turchia: “Stati Nucleari Non Dichiarati”

Se la capacità in termini di armi nucleari dell’Iran non è confermata, quella di questi cinque stati, comprese le procedure di distribuzione, sono ufficialmente risapute.

Gli Stati Uniti hanno fornito circa 480 bombe termonucleari B61 a cinque cosiddetti “stati non nucleari”, compresi Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia. Casualmente ignorata dal Comitato di Supervisione Tecnica delle Nazioni Unite, con sede a Vienna (IAEA), l’America ha contribuito attivamente alla proliferazione delle armi nucleari nell’Europa occidentale.

Come parte di questa riserva europea la Turchia, che è inserita assieme a Israele nella coalizione capitanata dall’America contro l’Iran, possiede circa 90 bombe termonucleari B61 bunker buster [2], conservate presso la base aerea nucleare di Incirlik (National Resources Defense Council, Nuclear Weapons in Europe , Febbraio 2005)

Secondo la definizione ufficialmente riconosciuta, queste cinque nazioni sono "stati nucleari non dichiarati".

La riserva e l’uso dei missili tattici B61 in questi cinque “stati non nucleari” sono concepiti per bersagli localizzati in Medio Oriente. Inoltre, secondo i “piani d’attacco della NATO”, queste bombe termonucleari B61 bunker buster (conservate dagli “stati non nucleari”) potrebbero essere lanciate “contro bersagli che si trovano in Russia o in paesi del Medio Oriente, come Siria o Iran” (tratto da National Resources Defense Council, Nuclear Weapons in Europe, febbraio 2005)

Forse questo significa che l’Iran o la Russia, che sono dei bersagli potenziali di un attacco nucleare da parte dei cosiddetti stati non nucleari, dovrebbero prendere in considerazione una tattica difensiva fatta di attacchi nucleari preventivi contro la Germania, l’Italia, il Belgio, l’Olanda e la Turchia? La risposta è ovviamente no.

Mentre questi ‘stati nucleari non dichiarati’ accusano senza troppi problemi Teheran di progettare armi nucleari, senza alcuna prova documentale, essi stessi sono nelle condizioni di poter sganciare testate nucleari che hanno come bersaglio l’Iran. Dire che questo è un chiaro esempio di “doppio standard” da parte dell’IAEA e della “comunità internazionale” è sarcastico.


Le riserve di armi sono composte da bombe termonucleari B61. Tutte le armi sono bombe di gravità del tipo B61 –3, -4 e –10.

Queste valutazioni si basano su affermazioni private e pubbliche rese da una serie di fonti governative e su ipotesi riguardanti la capacità di stoccaggio di armi nucleari di ciascuna base. (National Resources Defense Council, Nuclear Weapons in Europe, Febbraio 2005)

Germania: Produttore di Armi Nucleari

Dei cinque ‘stati nucleari non dichiarati’ la “Germania è il paese più fortemente nuclearizzato, con tre basi nucleari (due delle quali pienamente operative) e una capacità di stoccaggio di almeno 150 [bombe B61 bunker buster]” (Ibid.). Secondo i "piani d’attacco della NATO" sopra citati, queste armi nucleari tattiche hanno anch’esse come bersaglio il Medio Oriente.

Se la Germania non è ufficialmente catalogata come potenza nucleare, d’altro canto essa produce testate nucleari per la marina francese. Conserva testate nucleari (prodotte in America) e ha la capacità di sganciare armi nucleari. Inoltre, la ‘European Aeronautic Defense and Space Company - EADS’, una joint venture franco-tedesco-spagnola, controllata dalla Deutsche Aerospace e dal potente Gruppo Daimler, è la seconda produttrice di materiale militare in Europa, fornendo i missili nucleari M51 alla Francia.

La Germania importa e distribuisce armi nucleari dagli Stati Uniti. Produce inoltre delle testate nucleari che vengono esportate in Francia. Tuttavia, è classificata come stato non nucleare.

Articoli Correlati: Rick Rozoff, NATO's Secret Transatlantic Bond: Nuclear Weapons In Europe, Global Research, 4 dicembre 2009.

NOTE

[1] Titolo originale “What to Do About Europe’s Secret Nukes”, NdT.

[2] Per dettagli, si rimanda a http://it.wikipedia.org/wiki/Robust_Nuclear_Earth_Penetrator (NdT)

Titolo originale: "Europe's Five "Undeclared Nuclear Weapons States" Are Turkey, Germany, Belgium, The Netherlands and Italy Nuclear Powers? "


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RACHELE MATERASSI



http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=17550

lunedì 8 marzo 2010

Il popolo della Sardegna Manifesta contro il nucleare a Cirras luogo scelto dal governo italiota per la centrale nucleare a Santa Giusta OR

Sayli Vaturu
sa defenza

La giornata si è aperta con un'aria molto frizzante e fredda alternata a sole e nuvole a pecorelle, si temeva una scroscio d'acqua che non si è manifestato se non per poche gocce lenitive della giornata ghiacciata.

I preparativi si avvicendano c'è chi sta scavando una buca per metterci il palo d'acciaio su cui è collocato un bronzetto nuragico che rappresenta il capo tribù e la guardia del territorio , oltre che la sovranità.

Altri patrioti stendono gli striscioni del comitato anti nuke e dei movimenti indipendentisti e non, e dicono : "NO NUKE UNA RISATA SARDONICA VI SEPPELLIRA', poi A CIRRAS COME A PRATOBELLO, NO al NUCLEARE, NO BASI NO SCORIE NO BASI MILITARI ! ".

Poi tante bandiere sarde con i quattro mori , e le bandiere di Sardigna Natzione e degli ambientalisti del social forum gialle con scritto no centrali e no scorie, le bandiere rosse di A_Manca, i quattro mori bendati dei sardisti eppoi i rossomori, i rifondaroli e tanta gente ambientalista...

La manifestazione è iniziata con la presentazione del filo conduttore anti nuke esposta dal leader di Sardigna Natzione Indipendentzia Bustianu Cumpostu, si è anche dato via alla posa in terra, del bronzetto nuragico, rappresentante nell'immaginario collettivo il guardiano del territorio contro il nucleare, l'antico Capo Nuragico.

E' intervenuto il sindaco Antonello Figus di Santa Giusta, ed, ha esposto la sua contrarietà e quella della giunta comunale al progetto del sito nucleare sul suo territorio a Cirras, poi, ha continuato l'intervento sulla stessa onda filosofica il sindaco Ennio Cabiddu di Samassi, già impegnato nella marcia mondiale della pace, a seguito il portavoce del comitato anti nuke Valter Erriu che ha posto l'accento sulla sovranità e la impossibilità di porre base ad una centrale che pone a rischio il futuro delle prossime generazioni.


Tra gli altri son intervenuti uomini e donne del movimento ambientalista sardo e dei partiti indipendentisti come A Manca e PSdAz, SNI, molte le donne attive Aurora Pigliapochi di SNI tra le altre Mariella Cao di Gettiamo le Basi, e Rosalba del socialforum di CA, Paola Alcioni la poetessa, il leader indipendentista storico Giampiero Marras detto "Zampa" del CSS Il sindacato etnico sardo, i giovani del movimento SNI di Sperantzia de Libertadi con l'intervento di Alberto Denotti inoltre Michelangelo Puliga di Solebentu, il grande Giovanni Fara coordinatore di SNI a SS..


Il discorso è politico e di sovranità, la non accettazione di imposizioni del governo italico è per noi sardi di importanza vitale, poi, per primo ne và della nostra produzione agroalimentare e dei nostri allevamenti; secondo pensiamo che il solo fatto che possa aleggiare o sfiorare l'idea dell'immaginario collettivo di un possibile inquinamento dei nostri prodotti alimentari con irradiamento nucleare può produrre danni economici per molti anni avvenire e mandare in rovina tutta la nostra natzione, per non parlare del turismo che anch'esso avrebbe un tracollo inimmaginabile, e noi non possiamo permetterlo.

Questi sono solo i motivi economici per cui non ci permette di accettare un discorso nucleare, ma la motivazione che ci impedisce di accettare una tale questione è idealmente molto più alta , e ci spinge ad una ferma opposizione è: la salute pubblica di oggi e del futuro dei figli che ancora devono nascere! Se ci cercano con questi argomenti assurdi per la nostra terra ci troveranno pronti ad una risposta forte determinata e popolare, se non avete rispetto per la nostra terra ed il nostro popolo e la nostra natzione, non aspettatevi che ne avremo noi con Voi, lotta dura senza paura!!




Dall'Italia si vocifera e si agisce:
Dopo l’approvazione del decreto che disciplina la realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia, il governo Italiota dovrà anche approvare entro 3 mesi, la «Strategia nucleare». Previsto invece dopo le elezioni regionali - meglio lasciare l’annuncio a tempi politicamente meno caldi - la scelta dei criteri dettagliati di localizzazione dei siti e delle sedi designate.

Del nuovo nucleare molti paventano un’impresa faraonica con approccio all’italiana, a fronte tutto sommato di una soluzione parziale del rifornimento energetico, questo perché:
Primo, “i rapporti delle agenzie del mondo che certificano il continuo ridimensionamento del contributo, già oggi ben modesto (meno del 6%), dell’energia nucleare al fabbisogno energetico” oltre ai problemi irrisolti: disponibilità dell’uranio 235, rilasci di radiazioni in condizioni di routine, sicurezza, scorie, proliferazione militare e, soprattutto, costo del kWh”.

Secondo, perché già tre regioni si sono apertamente tirate fuori (Puglia, Campania e Basilicata), mentre Formigoni, Zaia e Cota che si sono dichiarati favorevoli, ma non vogliono impianti in Piemonte, Lombardia e Veneto.

E se il ministro Scajola tuona che si farà come dice il governo, Vendola ha già annunciato: "Noi saremo la Regione più disobbediente d’Italia e continueremo a dire no al nucleare. Visto i problemi che crea la Tav, per costruire centrali nucleari in Italia ci vorrà l’esercito".

Berlusconi ne è talmente consapevole che comincia a guardare all’Albania e ad altri paesi fuori dall’Unione che per povertà strutturali sarebbero disponibili a tutto.

A remare contro il nucleare anche il gap tecnologico dell’Italia che avendo abbandonato dopo il referendum del 1987 la partita, è abbastanza fuori gioco, anche se Enel collabora con il settore in Francia.

Sul piano poi delle nuove strategie mondiali, comincia ad affacciarsi l’ipotesi che il gigantismo, il monopolio, le grandi concentrazioni, abbiano fatto il loro tempo, non siano più foriere di crescita e di sviluppo, ma vestali di sventura, come è emerso platealmente con la crisi economica.









domenica 28 febbraio 2010

Manifest/Azione antinucleare 7 MARZO 2010 a CIRRAS ORISTANO

NON PERMETTIAMO DI RENDERE INVIVIBILE LA TERRA DEI NOSTRI FIGLI CHE DEVONO ANCORA NASCERE!!




il bronzetto che verrà posto in loco a Cirras

Vi invitiamo a partecipare domenica 7 Marzo 2010 a Cirras OR nella zona sportiva, alle ore 10,30, al sit-in e alla posa di una statuetta nuragica del capo tribù.

Per dire no alla centrale nucleare che li vogliono costruire e rivendicare la sovranità territoriale, e sostenere il referendum consultivo sul nucleare già presentato alla corte d'appello di Cagliari.

Domenica inoltre, daremo vita assieme a tutti i partecipanti del sit-in al comitato antinucleare sardo ..

Non permettiamo, loro, che inquinino rovinando la terra dei bambini che ancora devono nascere!

comitato No Nuke una risata sardonica vi seppellirà




domenica 21 febbraio 2010

AUTODETERMINATZIONE DE SA SARDINIA 25° DE SA CSS: FEDERALISMO PER LA NOSTRA PATRIA!

Sayli Vaturu
sa defenza sotziali

FRANCO MADAU PROCURARE DE MODERARE


Autodeterminatzione da sa Natzione Sarda.

La Confederazione Sindacale Sarda CSS, ha festeggiato il suo 25° anniversario della sua fondazione, a tre mesi della scomprasa del suo primo segretario natzionale Eliseo Spiga, si accinge, per bocca del suo Segretario Genaerale Giacomo Meloni, a dare più forza alla rivendicazione di più diritti del popolo lavoratore sardo chiedendo a gran voce l'autodeterminazione della nazione sarda.

La politica italiana ha evidenziato il suo totale fallimento nel rapporto con le "Regioni", meglio sarebbe dire "Nazioni", a Statuto Speciale.

Ciò che nacque per dare la più larga autonomia alle "regioni autonome", dal centro di potere romano, si è invece rivelata una gabbia che non permette la vera sovranità delle nazioni forzosamente assorbite da una logica spartitoria est-ovest all'interno dello stato Italiano.

Oggi son maturi i tempi per ridare la libertà alle nazioni senza stato , come la Sardegna , la Corsica , l'Euskadi, la Occitania, la Catalunia , la Galizia, la Vallè d'Aoste, il Friul, la Bretagne, Galles, Alba (Scozia), Cornovaglia e tutte le realtà nazionali senza stato che esistono nel mondo pacificato, e non.

Il sindacato sardo CSS ha improntato la sua politica sindacale sulla linea culturale etnica, oltre alla difesa del diritto al lavoro ha sempre sostenuto la specificità nazionale della nostra terra sarda, come lo fecero a loro tempo uomini di cultura come G.B. TUVERI, G. ASPRONI, E. LUSSU, A. GRAMSCI e A.S. MOSSA.

La questione federale, è di dibattimento ultra secolare in terra sarda.

Il professore Gianfranco Contu scrive delle nazioni senza stato, a cui è stata riconosciuta la identità nazionale come ad esempio le nazioni di influenza "inglese"...rivolgendo l'attenzione alla nazione sarda dice: "....Nulla o quasi di tutto questo è avvenuto in Sardegna. Dai motti angioiani del "triennio rivoluzionario" (1793-1796), alla rovente polemica suscitata dalla "perfetta fusione" con il Piemonte del 1847, alla nascita del primo movimento politico organizzato per l'autonomia dell'isola nel primo dopoguerra (il Movimento dei combattenti sardi e subito dopo Partito Sardo d'Azione), la richiesta d'autonomia non venne mai fondato sul principio dell'esistenza della nazionalità sarda.... Una vera e propria richiesta di indipendenza statuale, non venne avanzata in Sardegna , forse anche per la particolarre e difficile collocazione dell'isola (al centro del Mediterraneo Occidentale) e quindi anche per i delicatio equilibri politici che avrebbe potuto comportare. (La temtica indipendentista è giunta in Sardegna molto più tardi, alla finìce degli anni sessanta del secolo XX, legata alla nascita del movimento neosardista..."

Crediamo che sia ora di riprendere il percorso iniziato nel 1793 da G.M. Angioi e rivendicare il diritto della nostra nazione all'autodeterminazione, all'identità e alla specificità della nostra etnia, la creazione in forma federale della nostra statualità, finalmente sovrana.

SA DEFENZA SOTZIALI

Il segretario della CSS Giacomo Meloni


Guido Corniolo sindacato valtostano SAVT


Il segretario nazionale del PSd'Az Giovanni Colli


Il coordinatore nazionale di SNI Bustianu Cumpostu


il presidente nazionale di iRS Gavino Sale


la poetessa indipendentista Paola Alcioni


professor Mario Pudhu


l'Onorevole Federico Palomba de IdV


Valter Erriu "Sayli Vaturu" portavoce di NO NUKE una risata sardonica vi seppellirà


Roberto Spano Rete Sarda Doposviluppo


Franco Melis Launedhas Franco Madau Ghitarra

domenica 14 febbraio 2010

Nucleare, attenti al referendum



Domanda ai candidati alle regionali: «Farete una centrale, sì o no?»

«Una centrale nucleare nella mia regione sì o no?». E' la domanda - da intendere non come provocatoria, ma del tutto opportuna - che Legambiente rivolge a tutti i candidati alle prossime elezioni regionali. Finora hanno risposto con un secco «no» ben 23 candidati di tutti gli schieramenti politici, dalla Lega al Pd, passando per l'Udc e per il Pdl. Sono nove, invece, i candidati che ancora non si sono espressi e solo 6 quelli che dicono apertamente sì al nucleare (vedi schema accanto, ndr). Tra questi viene giustamente conteggiata anche la posizione «furbetta» di Roberto Formigoni, attuale governatore e candidato al «tris», il quale si dice favorevole al nucleare assicurando però che una centrale non verrà mai costruita in Lombardia. «Quello che è certo finora è che il no al nucleare sembra mettere d'accordo tutti i candidati alle regionali - spiega Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - il governo deve smetterla di ingannare gli italiani sulle possibilità del nucleare, che rimane una scelta folle da un punto di vista economico ed energetico. Nessuna nuova centrale deve essere realizzata senza il consenso degli italiani».

Mario Agostinelli e Alfiero Grandi

ilmanifesto.it
Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti: questo governo vuole ad ogni costo tornare al nucleare e sottovalutarne l'iniziativa sarebbe un grave errore.
In altri campi quando il governo ha capito che rischiava di restare isolato ha cambiato strada, questa volta no. Eppure la maggioranza delle Regioni (13) ha fatto ricorso alla Corte costituzionale contro la legge 99/2009 che reintroduce il nucleare in Italia. Perfino Zaia afferma che il nucleare si può fare ma non nella Regione in cui si candida Presidente, fingendo di dimenticare di avere contribuito a questa folle scelta come Ministro di questo governo. È uno dei segnali che il gradimento del nucleare nell'opinione pubblica è molto basso e che solo la pressione della lobby affaristica, guidata in Italia dall'Enel e da un corposo settore di Confindustria, per ora mantiene l'argomento all'ordine del giorno.
Il governo punta a consolidare un blocco di interessi molto in sintonia con la sua politica economica, ma si preoccupa anche di cercare consenso nell'opinione pubblica e di non avere intralci alla propria determinazione. Tanto è vero che dopo la richiesta dell'Amministratore delegato dell'Enel di togliere i poteri alle Regioni in materia di energia e nucleare il ministro Scaiola non ha trovato di meglio che affermare la stessa cosa e di denunciare le leggi di «denuclearizzazione» di Puglia, Basilicata e Campania. Intanto emergono episodi inquietanti, come la distribuzione dell'opuscolo «Energia per il futuro» come inserto di alcune pubblicazioni diocesane. Un libretto patinato prodotto da «Sviluppo nucleare Italia» con «accattivanti» citazioni papali e cardinalizie che dovrebbero testimoniare come il magistero della Chiesa sia favorevole al nucleare civile.
Il Governo intanto mente sui conti e sui costi. Come tutti sappiamo, le centrali costano enormemente di più di quanto si dice. Se venissero calcolati anche smantellamento e scorie, come si dovrebbe fare, l'energia elettrica da nucleare risulterebbe anche finanziariamente insostenibile. Il risparmio il governo lo individua nell'unico aspetto che dovrebbe avere risorse adeguate: l'Agenzia per la sicurezza, dove assicura che spenderà poco. In realtà una creatura rachitica perché non deve essere in grado di disturbare le decisioni della lobby nuclearista. Se poi la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente ne risentirà pazienza, come prova l'incredibile ruolo assegnato ai privati nella costruzione e nella gestione degli impianti, tutto orientato a trasferire gli aspetti dell'incolumità e della salute dentro la logica del mercato. Del resto fa il paio con una legislazione che taglia fuori le Regioni, gli enti locali e i cittadini, tanto è vero che non solo il governo vuole decidere da solo, ma pretende di imporre la militarizzazione dei siti nucleari prescelti.
Per di più Scaiola non vuole ammettere che il nucleare, per i lunghissimi tempi di approntamento, non permetterà di rispettare gli obiettivi di Kyoto entro il 2012, per cui i cittadini - come avvisa il Kyoto Club - pagheranno un debito accumulato dal 2008 di oltre 3 milioni di euro al giorno, con sicuri riflessi anche sulla loro bolletta della luce. Mentre puntare sulle energie da fonti rinnovabili e all'obiettivo europeo «20/20/20» permetterebbe di iniziare subito a rientrare nei parametri, creerebbe - secondo Cgil e Legambiente - almeno 100.000 posti di lavoro qualificati e non farebbe correre rischi alla salute dei cittadini e dei lavoratori.
Per questo siamo d'accordo con Cogliati Dezza (il manifesto del 4 Febbraio) sulla costituzione da subito di un coordinamento di tutte le forze che sono contro il nucleare. Aggiungiamo che in questa fase preelettorale la scelta contro il nucleare deve caratterizzare le coalizioni che si candidano a governare le Regioni. Nessun voto deve andare a chi è a favore del ritorno del nucleare, o lo appoggia dissimulandone le conseguenze come fanno Formigoni e la Lega in Lombardia.
È importante che anche questa occasione faccia crescere l'informazione e la conseguente opposizione alle centrali e ai depositi, garantendo l'elezione di governi regionali schierati contro l'atomo, ma anche sollecitati allo sviluppo dell'alternativa del sole. È il modo migliore per sostenere i ricorsi che molti consigli regionali hanno fatto alla Corte Costituzionale contro la legge 99/2009.

Resta il problema del referendum abrogativo della legge 99/2009. Certo il referendum non è strumento da prendere alla leggera. Tuttavia non si può ignorare che la decisione di promuoverlo è già in campo. Se l'iniziativa referendaria contro il nucleare si collegasse a quella ormai decisa per l'acqua - il cui esito corre rischi analoghi - in nome di una forte presa dei temi della vita, della sopravvivenza, della giustizia climatica e sociale, è fondamentale chiedere con forza che diventi veramente un'iniziativa larga, tale che possa essere condivisa da tutte le componenti dello schieramento contro il nucleare auspicato da Cogliati Dezza.
Potremmo così accompagnare al «no» sul nucleare un «sì» ad una proposta di legge di iniziativa popolare fondata sulle energie rinnovabili e cercare di unificare il fronte dei beni comuni - acqua, energia, alimentazione - in una narrazione coerente e desiderabile.

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