lunedì 15 agosto 2011

Abituarsi a vivere senza cibo

F. William Engdahl

Tradotto da Curzio Bettio
Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25483
Wall Street, BP, bio-etanolo e la morte di massa
Abituarsi a vivere senza cibo


Mio nonno, ora defunto, un uomo di robusta razza contadina norvegese-americana, che in seguito divenne direttore di giornale e attivista politico durante la Prima guerra mondiale, era solito dire: “Un uomo può abituarsi con il tempo a qualsiasi cosa, tranne morire…e anche a questo, con una certa pratica.”

Bene, com’è nel destino delle cose, sembra che noi, la stragrande maggioranza del genere umano, siamo in procinto di verificare questa massima per quanto riguarda la disponibilità del nostro stesso pane quotidiano.

Il cibo è una di quelle cose singolari per cui è difficile vivere senza. Tutti noi tendiamo a dare per scontato che il nostro supermercato locale continuerà a offrire tutto ciò che vogliamo, in abbondanza, a prezzi accessibili o quasi. Eppure vivere senza cibo sufficiente, è la prospettiva che sempre più centinaia di milioni, se non miliardi, di esseri umani dovranno affrontare nei prossimi anni.

In un certo senso, questo è veramente paradossale. Il nostro pianeta ha tutto quello che serve per procurare cibo nutriente naturale per sfamare tutta la popolazione mondiale, per più volte. Questo è un dato di fatto, nonostante le devastazioni prodotte dall’agricoltura industrializzata nel corso dell’ultimo mezzo secolo e oltre.


Allora, come può essere che il nostro mondo dovrà affrontare, secondo alcune previsioni, la prospettiva di un decennio o più di carestie su scala globale?

La risposta sta nelle forze e nei gruppi d’interesse che hanno deciso di provocare artificialmente la scarsità di cibo nutriente. Il problema ha diverse importanti dimensioni.

Eliminare le riserve di emergenza

La capacità di manipolare a volontà il prezzo di alimenti essenziali in tutto il mondo - quasi senza tenere conto della reale disponibilità e della domanda di cereali al presente - è piuttosto recente. E questo si comprende anche a stento.
Fino alla crisi cerealicola della metà degli anni ‘70 non esisteva un singolo “prezzo mondiale” per il grano, parametro di riferimento per il prezzo di tutti gli alimenti e dei prodotti alimentari. I prezzi del grano erano determinati a livello locale in migliaia di borse in cui acquirenti e venditori s’incontravano. L’inizio della globalizzazione economica è stato di cambiare tutto questo radicalmente in peggio, quando una modesta percentuale di granaglie commercializzata a livello internazionale era in grado di fissare il prezzo globale per la maggior parte dei cereali coltivati.
Fin dal periodo delle prime tracce lasciate dalla civiltà dei Sumeri, circa duemila anni prima di Cristo, nella regione tra i fiumi Tigri ed Eufrate dell’Iraq di oggi, quasi tutte le civiltà hanno avuto la consuetudine di conservare uno stock di scorte dei raccolti di granaglie - fino ai tempi più recenti. La ragione erano le guerre, le siccità e le carestie. Quando correttamente conservato, il grano poteva essere tranquillamente immagazzinato per un periodo di circa sette anni, permettendo scorte di riserva nei casi di emergenza.
Dopo la Seconda guerra mondiale, Washington istituiva un Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) che doveva servire come cuneo per dare impulso al libero scambio tra le grandi nazioni industriali, in particolare nell’ambito della Comunità europea. Durante le discussioni negoziali iniziali, l’agricoltura veniva deliberatamente esclusa dal tavolo delle trattative su insistenza degli Europei, soprattutto dei Francesi, che consideravano la difesa politica europea della Politica Agricola Comunitaria (PAC) e le protezioni all’agricoltura europea come non negoziabili.
A partire dagli anni ’80, con le crociate politiche di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, le posizioni estremiste del libero mercato sulle posizioni estremiste di Milton Friedman della scuola di Chicago divennero sempre più accettate dai principali circoli di potere europei. Passo dopo passo la resistenza all’agenda del libero commercio in agricoltura dettata da Washington andava a dissolversi.
Dopo oltre sette anni d’intenso mercanteggiamento, di pressioni e di azioni lobbistiche, nel 1993 l’Unione Europea finalmente accettava l’Accordo GATT Uruguay Round, che esigeva una forte riduzione del protezionismo delle agricolture nazionali. Al centro dell’Accordo dell’Uruguay Round vi era l’intesa su un cambiamento importante: le riserve di granaglie nazionali, come manifestazione di responsabilità dei governi, dovevano dirsi concluse.
Secondo il nuovo patto GATT del 1993, formalizzato con la creazione di un’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) delegata a vigilare sugli accordi attraverso sanzioni applicabili contro i trasgressori, il “libero commercio” di prodotti agricoli assumeva per la prima volta una priorità concordata fra le nazioni commerciali più importanti del mondo, una fatale decisione, per usare un eufemismo.
D’ora in avanti, le riserve di granaglie dovevano essere gestite secondo le regole del “libero mercato” da compagnie private, le più grandi fra queste erano rappresentate dai giganti del Cartello del Grano degli Stati Uniti, i colossi dell’affarismo agro-alimentare statunitense. Le imprese di granaglie sostenevano che sarebbero state in grado di colmare eventuali lacune di emergenza in modo più efficiente e che avrebbero difeso i governi dai costi relativi. Questa sconsiderata decisione avrebbe aperto le cateratte agli imbrogli e alle manipolazioni senza precedenti del mercato del grano.
La ADM (Archer Daniels Midland), la Continental Grain, Bunge e, prima inter pares, la Cargill— la più grande società privata per il commercio di granaglie e nel settore agro-alimentare nel mondo, sono risultate le grandi vincitrici nel processo del WTO.
L’esito delle trattative GATT sull’agricoltura risultava di sicuro gradimento alla gente della Cargill. Questo non sorprendeva gli addetti ai lavori. L’ex amministratore delegato della Cargill, Dan Amstutz, aveva svolto il ruolo chiave nella stesura della sezione commerciale per l’agricoltura del GATT Uruguay Round.[1]
Nel 1985, D. Gale Johnson dell’Università di Chicago, un collega di Milton Friedman, era co-autore di una relazione di grande rilievo per la Commissione Trilaterale di David Rockefeller, che costituiva il programma per quello che definivano come “riforma dell’agricoltura orientata al mercato”. Il gruppo Rockefeller e i suoi comitati di esperti erano gli architetti di una “riforma dell’agricoltura”, la più radicale nel nostro mondo post-1945.

Il processo di eliminare le riserve di grano governative nei principali paesi produttori è avvenuto con gradualità, ma con l’approvazione del progetto di legge “Farm Bill” del 1996, gli Stati Uniti praticamente eliminavano le loro scorte di grano. L’Unione Europea seguiva poco dopo. Oggi, tra i paesi maggiori produttori agricoli, solo Cina e India continuano a perseverare in una politica di sicurezza strategica nel conservare riserve di grano a livello nazionale. [2]

Wall Street puzza di sangue

L’eliminazione delle riserve nazionali di grano negli Stati Uniti e nell’Unione Europea e negli altri principali paesi industrializzati dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) poneva le basi per il passaggio successivo nel processo, l’eliminazione della regolamentazione sui prodotti derivati ​​delle materie prime agricole, che permetteva manipolazioni incontrollate di una speculazione sfrenata.
Sotto la giurisdizione del Ministero del Tesoro di Clinton (1999 - 2000), la deregolamentazione dei controlli governativi sulla speculazione delle materie prime agricole veniva formalizzata dalla Commodity Futures Trading Commission (CFTC), l’ente governativo incaricato di sovrintendere il commercio dei derivati ​​negli scambi delle materie prime, così come dalla Direzione generale del Commercio di Chicago o dalla Borsa Mercantile di New York (NYMEX) - e nella legislazione redatta da Tim Geithner e Larry Summers al Ministero del Tesoro.
Come descritto più avanti, non è stato un caso che Wall Street abbia promosso Geithner, ex presidente della New York Federal Reserve, a diventare Ministro del Tesoro di Obama nel 2008, nel bel mezzo della peggiore debacle finanziaria della storia. Qualcosa a che fare con volpi poste a guardia di pollai!
Nel 1972-1973, Henry Kissinger, come segretario di Stato, agendo in combutta con il Dipartimento di Agricoltura e le principali società nel commercio di granaglie degli Stati Uniti, orchestrava un balzo senza precedenti, il 200%, del prezzo del grano. A quel tempo, l’aumento del prezzo veniva innescato dal fatto che gli Stati Uniti avevano sottoscritto un contratto triennale con l’Unione Sovietica, che aveva appena attraversato il disastro di un fallimentare raccolto.
L’accordo USA-URSS veniva a cadere in mezzo ad una siccità globale e a raccolti gravemente ridotti in tutto il mondo, un periodo che avrebbe dovuto richiamare alla prudenza nel vendere l’intero armadio del grano degli Stati Uniti a un apparente avversario nella Guerra Fredda. La vendita avveniva nel corso di un raccolto mondiale di cereali largamente deficitario, che conduceva a un rialzo dei prezzi esplosivo. Allora, voci critiche nella stampa degli Stati Uniti molto appropriatamente ribattezzavano tutto ciò come la Grande Rapina del Grano.
Kissinger aveva anche organizzato che la gran parte dei costi delle spedizioni di grano ai Sovietici doveva essere a carico dei contribuenti statunitensi. Cargill e tutta la compagnia se la ridevano nel guadagnare molto e così facilmente. [3]
Intorno allo stesso periodo, le grandi compagnie cerealicole statunitensi - Cargill, Continental Grain, ADM, Bunge – davano inizio a quello che sarebbe stato un ventennale processo di trasformazione dei mercati mondiali dei cereali in sedi opportune a tenere sotto controllo la sostanziale nutrizione umana e animale, manipolando i prezzi delle granaglie a prescindere dalla disponibilità e dalle forniture.
Il ventennale processo da parte degli Stati Uniti per guadagnare il controllo sui mercati e sui prezzi mondiali dei cereali compiva un gigantesco balzo in avanti negli anni ‘80 con l’avvento dell’“index trading” finanziario delle materie prime e di altri derivati.
La nuova versione della rapina del grano a Wall Street da parte della “ banda Geithner-Summers”, soprattutto dopo il 2006, avrebbe fatto impallidire quella che Kissinger e soci avevano progettato negli anni ’70.
Nel 1999, sotto la spinta delle grandi banche di Wall Street come la Goldman Sachs, JP Morgan, Chase Manhattan e la Citibank, l’Amministrazione Clinton stilava uno statuto che avrebbe radicalmente alterato la storia del commercio dei cereali. Questo protocollo veniva chiamato “Commodity Futures Modernization Act”, e diventava legge nel 2000.
I due artefici chiave della nuova legge di Clinton erano l’ex consulente della Goldman Sachs e allora Ministro del Tesoro dell’amministrazione Clinton Larry Summers, e il suo assistente al Tesoro Tim Geithner, l’amico di Wall Street, e oggi Ministro del Tesoro di Obama.
Come ministro, Summers si dimostrava anche un protagonista chiave nell’ostacolare gli sforzi per regolare gli strumenti finanziari derivati riguardanti le materie prime e i prodotti finanziari.[4]
Le raccomandazioni Summers-Geithner erano contenute in un rapporto del novembre 1999 inviato al Congresso dal gruppo operativo del Presidente sui mercati finanziari, il famigerato “Plunge Protection Team”. [5]
In quel periodo, la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) proponeva anche di deregolamentare la negoziazione dei derivati ​​tra le banche o gli istituti finanziari più importanti, inclusi i derivati ​​del grano e di altri prodotti agricoli. [6]
La deregulation storica e senza precedenti ha aperto un enorme buco nella supervisione governativa della commercializzazione dei derivati, un buco che alla fine ha facilitato quel gioco dei derivati ​​che ha portato al collasso finanziario del 2007. Ha anche prodotto la deregolamentazione senza limitazioni che sta dietro la gran parte della recente esplosione dei prezzi dei cereali.
Alcuni anni prima, nel 1991, la Goldman Sachs aveva lanciato sul mercato il proprio “indice” sulle materie prime, che doveva diventare il punto di riferimento mondiale per la negoziazione dei derivati ​​di tutte le merci, compresi i prodotti alimentari e del petrolio.
Il “Goldman Sachs Commodity Index” o GSCI era un nuovo derivato che seguiva l’andamento dei prezzi di circa 24 prodotti - dal mais, ai maiali, al caffè, dal frumento ai metalli preziosi e all’energia.
Dal punto di vista di Wall Street, l’idea era geniale. Permetteva agli speculatori di scommettere sul prezzo futuro di un intera gamma di materie prime in un unico passaggio, una sorta di versione di Wall Street come centro commerciale specializzato nel gioco d’azzardo ...
Con la deregolamentazione CFTC del commercio delle materie prime nel 1999, la Goldman Sachs è stata posta nella condizione di raccogliere dolci ricompense finanziarie con i suoi GSCI.
Banchieri e “hedge funds” (fondi assicurativi) e altri speculatori di alto profilo ora erano in grado di assumere posizioni di enorme predominio o di scommettere sul prezzo futuro dei cereali, in definitiva senza alcuna necessità di fare incetta sostanziale di frumento o di mais in magazzini reali.
Ora il prezzo del grano veniva gestito dai padroni del nuovo casinò delle forniture di granaglie - da Wall Street a Londra e oltre - che commerciavano futures (contratti a termine e a premio su merci o titoli per garantirsi da future oscillazioni) e contratti di opzioni di grano a Chicago, Minneapolis, Kansas City.
Non era più il prezzo del future una forma di copertura (da rischi di fluttuazioni, con acquisti o vendite a termine) limitata ai partecipanti ben informati attivi nel settore cerealicolo, o agli agricoltori o ai mugnai o ai grandi utilizzatori finali di granaglie - ai singoli operatori economici che confidavano su contratti futures per oltre un secolo, in modo da tutelare se stessi dai rischi di raccolti fallimentari o da calamità.
Il grano era diventato un nuovo terreno speculativo per chiunque avesse voglia di rischiare il capitale degli investitori, per i giocatori d’azzardo di alte poste in gioco, come Goldman Sachs o Deutsche Bank o fondi assicurativi ad alto rischio collocati in “paradisi fiscali”.
Il frumento, come prima il petrolio, era ormai quasi completamente svincolato dall’offerta del giorno e dalla domanda nel breve termine. Il prezzo poteva venire manipolato per brevi periodi tramite voci di corridoio, dicerie piuttosto che sulla base di fatti reali. [7]
A differenza dei soggetti direttamente coinvolti, come mugnai o agricoltori o le grandi catene della ristorazione, gli speculatori non producevano né conservavano nei magazzini il mais o il frumento, con cui giocavano d’azzardo. Costoro non avrebbero potuto immagazzinare 10 tonnellate di grano duro detto “red winter”, e conservarlo. Il loro gioco consisteva in una nuova forma complessa di arbitraggio (acquistando e vendendo simultaneamente diversi beni in piazze diverse), dove l’unica regola era di comprare al ribasso e vendere al rialzo.
Le istituzioni finanziarie dei derivati ​​e il governo degli Stati Uniti erano compiacenti nel consentire una negligenza nella regolamentazione, permettendo ai giocatori potenziali di ottenere profitti da un gioco speculativo che spesso si ripeteva per molte volte.
Ma esisteva un’altra spirale perversa: il derivato GSCI della Goldman Sachs era strutturato in modo che gli investitori potevano solo acquistare il contratto. Si trattava, secondo la definizione del settore, di un derivato “long only”.
Con ciò, nessuno avrebbe previsto (e scommesso) su un calo del prezzo dei cereali. Ci si attendeva solo di fare profitti su un costante incremento del prezzo di grano, e quello che è successo è che investitori sempre più ingenui venivano risucchiati dentro una rischiosissima speculazione delle materie prime, dando luogo a una sorta di “profezia che si auto-avvera”.[8]
Questo future “long only” era stato costruito per incoraggiare i clienti della banca a lasciare per un lungo periodo il loro denaro alle banche o in un fondo, consentendo così ai banchieri di giocare con i soldi degli altri, con la potenzialità di enormi profitti eccezionali per i banchieri - mentre le perdite si riversavano sui clienti.
L’errore fatale si rivelava quando la struttura del derivato GSCI non consentiva “vendita a breve”, che avrebbe costretto i prezzi al ribasso nei momenti di surplus di cereali. Gli investitori venivano attirati in un sistema che imponeva loro di comprare e continuare a comprare, una volta che i prezzi del grano salivano per un qualsiasi motivo.
Presto altre banche, tra cui Barclays, Deutsche Bank, Pimco, JP Morgan Chase, AIG, Bear Stearns e Lehman Brothers, lanciavano i loro “index funds” sulle materie prime.[9]
Per la prima volta, investire ad alto rischio sulle materie prime - anche sui cereali e su altri prodotti agricoli - diventava un prodotto finanziario per il “piccolo uomo” che sapeva poco o nulla di ciò in cui stava per essere coinvolto, di ciò per cui il suo banchiere o il suo consulente di investimenti gli facevano tanta urgenza a investire.
Le banche, come al solito giocano con “i soldi degli altri” - a scapito degli “altri”.
In una dettagliata analisi della bolla del prezzo del grano del 2007-2008, Olivier de Schutter, un relatore speciale dell’ONU sul diritto all’alimentazione, ha recentemente concluso che “una parte significativa degli aumenti di prezzo e la volatilità dei beni alimentari di prima necessità possono essere spiegate solo dalla comparsa di una bolla speculativa”. [10]
Il tempismo di quella bolla fu notevole per compensare convenientemente le perdite enormi di quelle stesse mega-banche che erano andate sotto acqua a causa dei loro eccessi nel cartolizzare ipoteche sulla casa e per altre follie nel casinò di Wall Street.
Schutter aggiungeva: “In particolare, vi sono ragioni per credere che un ruolo significativo è stato giocato dall’entrata nei mercati dei derivati ​​basati sui prodotti alimentari dei grandi, potenti investitori istituzionali come i fondi assicurativi, i fondi pensione e le banche di investimento, che generalmente erano disinteressati dai fondamentali del mercato agricolo. Tale ingresso era stato reso possibile dalla deregolamentazione dei mercati dei derivati ​​sui beni essenziali, a partire dal 2000.” [11]
A seguito dello sgonfiamento della bolla dei titoli delle dot.com nel 2000, quando Wall Street e gli altri principali attori finanziari hanno cominciato a cercare alternative, le materie prime e i derivati ad alto rischio ​​basati su panieri di materie prime divennero per la prima volta un terreno importante degli investimenti speculativi.
Dal 2000 il complessivo dei dollari investiti nei diversi “index funds” delle materie prime – considerevoli i GSCI della Goldman Sachs - è aumentato da circa $13 miliardi nel 2003 a un sbalorditivo ammontare di $ 317 miliardi nel corso della bolla speculativa del petrolio e del grano nel 2008. Questo è stato documentato in uno studio della Lehman Brothers, poco prima che il ministro del Tesoro Henry Paulson usasse questi fondi come agnello sacrificale per salvare la sua cricca di Wall Street. [12]
Dal 2008 con qualche oscillazione, i fondi di investimento hanno continuato a riversarsi in fondi delle diverse materie prime, mantenendo i prezzi degli alimentari elevati e sempre crescenti. Dal 2005 al 2008, il prezzo mondiale del cibo è aumentato di un 80 per cento - e ha continuato ad aumentare. Nel periodo dal maggio 2010 al maggio 2011 il prezzo del grano è salito ancora circa dell’85%.
“È senza precedenti quanto capitale d’investimento è stato impegnato nei mercati delle materie prime”, ha detto Keith Kendell, presidente della National Grain and Feed Association, in una recente intervista. [13]
L’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) delle Nazioni Unite stima che dal 2004 i prezzi degli alimentari sono aumentati in media di un 240%, senza precedenti. L’offerta di prodotti alimentari come alternativa speculativa da parte delle grandi banche e fondi assicurativi è esplosa nel 2007, quando lo tsunami finanziario dei “sub-prime” negli Stati Uniti ha colpito per primo. Da allora, la speculazione sui prodotti alimentari ha raccolto più slancio, quando altri investimenti in azioni e obbligazioni si erano rivelati molto pericolosi.
Come risultato vi è stato un aumento prevedibile e rapido della privazione di cibo, della fame e della malnutrizione nelle popolazioni più povere di tutto il mondo.
La FAO calcola che i paesi con deficit alimentare saranno costretti a sborsare sicuramente il 30% in più per importare cibo - con un valore globale che si aggira sui $ 1.300 miliardi.
Tre decenni fa, questo mercato internazionale era ridotto, oggi è dominato prevalentemente da una piccola manciata di giganti statunitensi dell’agribusiness. Gli affari sull’agro-alimentare, allo stesso modo delle esportazioni militari, costituiscono un nucleo del settore strategico degli Stati Uniti, e da tanto tempo sono sostenuti attraverso misure straordinarie da Washington.
Tutto ciò fa parte di un programma più ampio, e piuttosto riservato, delineato decenni fa, sotto l’egida delle Fondazioni Rockefeller e Ford e dei sostenitori dell’eugenetica. [14]
L’importazione di cibo è oggi la regola piuttosto che l’eccezione, visto che prodotti agro-alimentari globalizzati, a volte di scarsa qualità, spesso sotto pressione del Fondo Monetario Internazionale, vengono imposti alle popolazioni del mondo in via di sviluppo, e molti di questi popoli una volta erano autosufficienti nelle loro produzioni agro-alimentari, ed ora sono stati resi dipendenti da cibo importato.
Questo viene attuato in nome del “libero mercato” o di una agricoltura che viene spesso etichettata come “orientata al mercato”. Viene passato sotto silenzio il fatto che il cosiddetto “mercato” è di una colossale inefficienza e malsano, letteralmente e finanziariamente.
La dipendenza da cibo importato, viene creata artificialmente dai grandi conglomerati multinazionali come Tyson Foods, Smithfield, Cargill o Nestlé, giganti multinazionali la cui preoccupazione ultima sembra riguardare la salute e il benessere di quelli fra noi che devono consumare i loro prodotti alimentari industriali.
Le importazioni di prodotti agro-alimentari di scadente qualità spesso colpiscono i prezzi dei raccolti coltivati ​​localmente, inducendo milioni di persone ad abbandonare la loro terra per trasferirsi in città sovraffollate alla disperata ricerca di un posto di lavoro.
Oggi il prezzo dei derivati ​​del grano, o “grano di carta”, determina e controlla il prezzo del frumento reale, quando speculatori come Goldman Sachs, JP Morgan Chase, HSBC, Barclays o fondi di copertura nei “paradisi fiscali” - con poco interesse per i cereali se non come fonte di profitto - ora superano quattro a uno coloro che sono impegnati in modo onesto nell’industria agro-alimentare.
Questo ha capovolto completamente la situazione che ha dominato i prezzi dei cereali negli ultimi cento anni o più. Per circa 75 anni, la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) ha imposto dei limiti sulla quantità di alcuni prodotti agricoli - tra cui frumento, cotone, soia, farina di soia, mais, e avena – che possono ora essere negoziati da protagonisti non di quel settore commerciale, che non fanno parte dell’industria alimentare.
I cosiddetti “introdotti” in questo settore commerciale, come agricoltori o produttori alimentari, in precedenza potevano commerciare una quantità limitata per gestire il loro rischio. Non così in presenza della pura speculazione.
Tali limitazioni erano state individuate per evitare la manipolazione e la distorsione insite nei mercati relativamente piccoli. Con il passaggio del Commodity Modernization Act di “Summers-Geithner” del 2000 e la famigerata “scappatoia Enron” - che permetteva l’esenzione dall’osservare il regolamento governativo - il commercio tira e molla dei derivati ​​energetici veniva rapidamente ampliato con l’inclusione dei prodotti alimentari.
Il ghiaccio veniva rotto nel 2006, quando Deutsche Bank chiedeva ed otteneva il permesso dalla CFTC di essere esonerata da ogni limite nelle contrattazioni. Le autorità di regolamentazione assicuravano che non ci sarebbero state sanzioni per il superamento dei limiti. Altri seguirono, come gregge di pecore.[15]
Per circa due miliardi di persone nel mondo che spendono più della metà del loro reddito per cibo, gli effetti sono stati terribili. Durante l’esplosione del prezzo del grano dovuta alla speculazione nel 2008, quasi un miliardo di esseri umani divennero come l’ONU li ha definiti, dall’“alimentazione insicura”, un nuovo record. [16]
Necessariamente, questo non sarebbe mai avvenuto, se non per le diaboliche conseguenze della speculazione sul grano frutto della deregolamentazione del governo degli Stati Uniti, con il sostegno del Congresso degli Stati Uniti negli ultimi dieci anni o più.
All’inizio del 2008, oltre il 35% di tutte le terre arabili degli Stati Uniti veniva piantato a mais, per essere bruciato come biocombustibile nel quadro degli incentivi dell’Amministrazione Bush. Nel 2011 si è superato un totale del 40%.
Così, la scena è stata preparata in modo tale che una minima crisi in un mercato minore può far detonare la bolla speculativa nei mercati dei cereali.

Agribusiness come strategia di lungo termine

L’aumento record dei prezzi dei cereali e degli alimentari in anni recenti non costituisce solo un espediente per ottenere profitti, e peraltro si sono realizzati profitti in modo osceno.
Piuttosto, questo con tutta evidenza fa parte integrante di una strategia di lungo termine le cui radici bisogna far risalire agli anni subito dopo la Seconda guerra mondiale, quando Nelson Rockefeller e soci hanno tentato di organizzare la catena alimentare mondiale secondo il medesimo modello monopolistico che avevano utilizzato per il petrolio mondiale.
Da allora in avanti, il cibo sarebbe diventato un’altra materia prima, come il petrolio o lo stagno o l’argento, la cui disponibilità e il prezzo venivano in conclusione controllati da un piccolo gruppo di potenti operatori borsistici.
Allo stesso tempo, i fratelli Rockefeller stavano espandendo i loro ricchi affari globali dal petrolio all’agricoltura nel mondo in via di sviluppo mediante il paradigma post-bellico della “Verde Rivoluzione” guidata dalla tecnologia, e per questo stavano finanziando presso l’Università di Harvard un progetto, senza comunque darne pubblico rilievo. Il progetto avrebbe costituito l’infrastruttura del loro piano di globalizzare la produzione alimentare mondiale sotto il controllo centrale di una manciata di imprese private.
I creatori del progetto lo denominarono “agribusiness”, per differenziarlo dall’agricoltura tradizionale basata sulla coltivazione della terra per la produzione di raccolti destinati alla nutrizione e al sostentamento degli uomini.
La spinta a porre nelle mani dei privati le riserve cerealicole destinate alle emergenze da parte dei governi nazionali mondiali non rappresentava altro che la logica espansione dell’originale strategia dell’agribusiness di Rockefeller, come lo era la tanto falsamente decantata “Rivoluzione Verde” , che in buona sostanza semplicemente si riduceva a promuovere una enorme vendita di prodotti statunitensi per l’agricoltura, dai trattori John Deere (per cui venivano utilizzati grandi volumi di prodotti della Standard Oil Rockefeller) ai fertilizzanti chimici di altre compagnie statunitensi sempre gravitanti nell’orbita dei Rockefeller, provocando la tendenza su larga scala per milioni di agricoltori ad abbandonare la terra per le città industriali, dove andavano a costituire un bacino di lavoratori a basso prezzo per le grandi multinazionali.
Comunque, i tanto reclamizzati rendimenti dei raccolti si ribaltavano per diventare vere e proprie rovine dopo alcune stagioni di raccolto. [17]
Agribusiness e Rivoluzione Verde andavano in stretta relazione. Facevano parte di una grandiosa strategia che, pochi anni più tardi, avrebbe previsto anche il finanziamento da parte della Fondazione Rockefeller della ricerca per lo sviluppo dell’alterazione genetica di piante.
John H. Davis era stato vice-ministro all’agricoltura durante la presidenza di Dwight Eisenhower nei primi anni ’50. Nel 1955 lasciava Washington per trasferirsi alla Scuola Superiore di Economia di Harvard, a quel tempo un’insolita posizione per un esperto di agricoltura. Davis aveva una chiara strategia. Nel 1956 aveva scritto un articolo nella Rivista di Economia di Harvard in cui dichiarava, “il solo modo di risolvere il problema dell’agricoltura, ed evitare così al governo una fastidiosa programmazione, è di avanzare sulla strada che porta dall’agricoltura all’agribusiness.”
Egli sapeva precisamente quello che aveva in mente, e pochi osservatori avevano idea di tutto questo. [18]
Davis, collaborando con un altro professore della Scuola di Economia di Harvard, Ray Goldberg, formava un gruppo di lavoro ad Harvard con l’economista di origine russa Wassily Leontief, che allora stava monitorando l’intero sistema economico degli Stati Uniti in un progetto finanziato dalla Fondazione Rockefeller.
Durante la guerra, il governo degli Stati Uniti aveva incaricato Leontief di sviluppare un metodo di analisi dinamica del sistema economico nel suo complesso, a cui egli faceva riferimento come analisi ‘input-output’. Leontief operava per conto del Ministero del Lavoro degli Stati Uniti e per l’OSS, l’Ufficio per i Servizi Strategici, il predecessore della CIA. [19]
Nel 1948 Leontief ricevette un’importante assegnazione quadriennale di $100.000 dalla Fondazione Rockefeller per impostare ad Harvard il “Progetto di Ricerche Economiche sulla Struttura del Sistema Economico Americano”.
Un anno dopo, l’Aviazione Militare degli Stati Uniti entrava nel progetto di Harvard, un curioso impegno per uno dei settori principali dell’esercito degli Stati Uniti. Da considerare che proprio allora i computers a transistor ed elettronici erano stati sviluppati con i metodi della programmazione lineare, che avrebbe permesso di processare enormi quantità di dati statistici in campo economico. Presto, anche la Fondazione Ford avrebbe contribuito ai finanziamenti del progetto Harvard. [20]
Il progetto Harvard e la sua componente dell’agribusiness facevano parte del cruciale tentativo di rivoluzionare la produzione alimentare negli Stati Uniti, e più tardi nel mondo. Occorsero quattro decenni prima di assumere il dominio dell’industria alimentare.
Il professor Goldberg in seguito faceva riferimento alla rivoluzione dell’agribusiness e allo sviluppo dell’economia di una agricoltura geneticamente modificata come al “cambiamento della nostra società e del nostro sistema economico globale più drammatico rispetto ad ogni altro avvenimento nella storia dell’umanità”. [21] Ed egli era nel giusto, come noi possiamo essere testimoni sul decennio a venire.
Come Ray Goldberg si vantava in anni successivi, l’idea fondamentale che ispirava il loro progetto di agribusiness era la reintroduzione di una “integrazione verticale” nella produzione alimentare degli Stati Uniti.
Negli anni ’70, molti americani avevano dimenticato quante dure battaglie erano state combattute prima della Prima guerra mondiale e durante gli anni ’20 per far passare in Congresso leggi che proibivano l’integrazione verticale da parte di società giganti conglomerate, e che smantellavano concentrazioni di imprese (trust) come la Standard Oil, in modo da prevenire la formazione di monopoli in interi settori industriali fondamentali.
Questo, fino alla presidenza di Jimmy Carter, supportata da David Rockefeller, alla fine degli anni ’70, quando il sistema affaristico delle multinazionali statunitensi è stato in grado di dare inizio all’arretramento dopo decenni di disposizioni di leggi attentamente costruite dai governi degli Stati Uniti per regolamentare la sanità, la sicurezza alimentare e la protezione dei consumatori, e quindi spalancare le porte ad una nuova ondata di integrazioni verticali nei settori agrari. Il processo di integrazione verticale veniva spacciato ai cittadini inconsapevoli sotto la bandiera dell’“efficienza economica” e dell’“economia di scala”. [22]
Un ritorno all’integrazione verticale e al conseguente agribusiness veniva introdotto mediante una campagna pubblicitaria promossa dai più importanti mezzi di comunicazione di massa e dal sistema industriale che proclamava che il governo si era intromesso di troppo nelle esistenze quotidiane dei cittadini e doveva essere ridimensionato per ripristinare una condizione ordinaria di “libertà” per gli americani.
L’urlo di battaglia dei promotori della campagna era “deregulation”!
Naturalmente, de-regolamentazione da parte del governo voleva dire semplicemente aprire la porta al controllo privatistico – una diversa forma di regolamentazione – da parte di gruppi di imprese di grandi dimensioni e potentissime in ogni campo della produzione. Questo ha riguardato anche il campo dell’agricoltura – dagli anni ’70 ad oggi, quattro grandi compagnie del cartello cerealicolo hanno dominato i mercati mondiali delle granaglie. Queste compagnie hanno operato in combutta con i grandi giocatori nel campo dei derivati a Wall Street, come la Goldman Sachs e la JP Morgan Chase e Citigroup.
Nell’ultima parte del 2007, negoziare derivati alimentari veniva completamente deregolamentato da Washington, e le riserve di cereali dal governo degli Stati Uniti portate ad esaurimento. Era il modo più evidente per suscitare un drammatico aumento dei prezzi dei prodotti alimentari.
La macchina della speculazione che si era insediata a Wall Street e i suoi amici banchieri avevano creato il potenziale per una rilevante e di lunga durata inflazione alimentare. Ma questa inflazione necessitava di un maggior “libero sfogo” per consentire alla “palla di correre veramente”. Questo doveva accadere con l’arrivo di George W. Bush.

La mazzata killer – la BP, il bioetanolo e il genocidio

Nel 2007, proprio quando una autentica crisi nel settore immobiliare degli Stati Uniti stava producendo le prime ondate sconvolgenti di uno tsunami finanziario a Wall Street, l’amministrazione Bush instaurava importanti pubbliche relazioni per cercare di convincere il mondo che gli Stati Uniti si erano trasformati nel “migliore amministratore dell’ambiente”. Troppa carne al fuoco per una montatura giornalistica truffaldina!
Il centro del programma di Bush, annunciato nel suo Messaggio sullo Stato dell’Unione del gennaio 2007, poteva essere definito come “20 in 10” – prevedendo un taglio del 20% nei consumi di carburanti a partire dal 2010. La motivazione ufficiale fornita all’opinione pubblica era quella di “ridurre la dipendenza dalle importazioni di petrolio”, e di tagliare le emissioni di gas provocanti un indesiderato “effetto serra”.
Naturalmente, non si trattava proprio di questo, ma tutto ciò rendeva buona pubblicità. Ripetere spesso questo messaggio, forse poteva indurre tanta gente a crederci! Forse la gente non era in grado di realizzare che le tasse dei contribuenti servivano per aumentare la produzione di cereali destinati alla preparazione di etanolo invece che all’uso alimentare, e di conseguenza questo avrebbe mandato alle stelle il prezzo del pane quotidiano.
L’obiettivo primario del piano di Bush consisteva nell’enorme espansione dell’uso del bio-etanolo come carburante per il sistema dei trasporti, sfruttando la tassazione dei contribuenti.
In origine, il piano del presidente Bush prevedeva la produzione di 35 miliardi di galloni (circa 133 miliardi di litri) di etanolo all’anno dal 2017. Il Congresso aveva già dato mandato, mediante l’Energy Policy Act del 2005, che l’etanolo come carburante prodotto dal granturco doveva aumentare dai 4 miliardi di galloni del 2006 ai 7,5 miliardi di galloni nel 2012.
Per avere certezza che questo avvenisse, i produttori e i giganti dell’agribusiness, come l’ADM, ricevevano generosi contributi dall’erario per aumentare la produzione di grano per carburanti al posto del grano per alimentazione. Le aziende agricole del sistema delle imprese di David Rockefeller erano fra i maggiori destinatari dei sussidi agricoli concessi dal governo degli Stati Uniti.
Attualmente, negli Stati Uniti i produttori di etanolo ricevono una sovvenzione di 51 cents per gallone di etanolo. Il sussidio viene pagato al mescolatore, di solito una compagnia petrolifera, che miscela l’etanolo con il carburante petrolifero, per poi metterlo in vendita. Per il raccolto annuale del 2011, si valuta che il 40% di tutto il seminativo a cereali negli Stati Uniti sia destinato alla produzione di granaglie per bio-carburanti.
Come risultato di queste generose sovvenzioni da parte del governo degli Stati Uniti per la produzione di carburanti al bio-etanolo, e delle nuove disposizioni di legge, l’industria statunitense della raffinazione è stata investita al massimo livello nella costruzione di speciali nuove distillerie di etanolo, molto simili alle raffinerie di petrolio. Attualmente, il numero di questi impianti in costruzione supera il numero complessivo delle raffinerie di petrolio costruite negli Stati Uniti negli ultimi 25 anni. Quando questi impianti verranno portati a termine nei prossimi 2-3 anni, la richiesta di granturco e di altri cereali per la produzione di etanolo come carburante per autotrazione raddoppierà dagli attuali livelli.
Non consentendo di passare in secondo ordine, i burocrati dell’Unione Europea a Bruxelles – senza dubbio generosamente incoraggiati da BP, Cargill, ADM e dai più importanti gruppi di pressione favorevoli ai biocarburanti -- hanno aderito alla questione con un loro schema “10 in 20”, una disposizione normativa per cui il 10% di tutto il carburante per autotrazione nell’Unione Europea dal 2020 dovrà essere costituito da bio-carburante.
Scandalosamente, hanno legiferato così malgrado l’esistenza di un rapporto della stessa Commissione Europea sul pericoloso impatto di una tale massiccia svolta a sostenere l’uso di bio-carburanti.
Il The London Times riportava che uno studio della Commissione sulle implicazioni dell’uso di terreno agricolo per bio-carburanti, ora come fonte di un solo 5,6% del carburante per trasporto in Europa da bio-carburanti, concludeva che un significativo aumento oltre quel 5,6% avrebbe “rapidamente” accresciuto le emissioni di anidride carbonica e “avrebbe corroso la sostenibilità ambientale dei biocarburanti”…
Come per molti diktat politici, la cifra del 10% veniva imposta senza grandi riflessioni e nessuno della Commissione aveva la minima idea, nell’assumere questa decisione politica, di come l’industria dei carburanti, a prescindere da qualsiasi ordinanza, desse luogo ad un enorme aumento di piantagioni per bio-carburanti nei paesi tropicali. [23]
In breve, l’uso di terreno agricolo nel mondo per la produzione di bio-etanolo e altri bio-carburanti – viene bruciato prodotto alimentare piuttosto che usarlo per la nutrizione umana ed animale! – è stato considerato a Washington, nell’Unione Europea, in Brasile e in altri importanti centri come la più importante industria in fase di sviluppo.
Comunque, l’impatto sugli esseri umani è decisamente tutto opposto. Rapidamente sta sviluppandosi una industria di morte, la morte di milioni di esseri umani innocenti incapaci di procurare il nutrimento per se stessi e per le loro famiglie.
Attualmente, gli Stati Uniti sono di gran lunga i maggiori produttori al mondo di bio-carburante ad etanolo come carburante per trazione. Nel 2010, gli Stati Uniti hanno prodotto 13 miliardi di galloni pari a 50 miliardi di litri di carburante al bio-etanolo, una percentuale vicina al 60% di tutta la produzione mondiale. L’Unione Europea contribuisce per un 6% al totale globale, come numero tre dietro al Brasile nella macabra competizione di vedere quale paese può distruggere la maggior quantità di cibo bruciandolo come carburante tossico. [24]
L’aspetto più allarmante dell’intero imbroglio dei bio-carburanti sta nel fatto che tre anni dopo l’esplosione del prezzo del grano del 2008 veniva dimostrato che gli aumenti erano direttamente collegati alla rimozione di milioni di acri di terreno agricolo negli Stati Uniti – passando da coltivazione di granaglie per alimentazione a granaglie per carburanti – e nessun provvedimento veniva adottato dal Congresso degli Stati Uniti, né dall’Unione Europea e nemmeno da altre istituzioni per ribaltare questa politica insana.
La sbalorditiva inazione sembra testimoniare il potere politico della lobby dei bio-carburanti. Chi sono costoro?
Non fa sorpresa che questi lobbisti siano gli stessi giganti dell’agribusiness e petroliferi che sovrintendono alle politiche alimentari ed energetiche negli Stati Uniti e in Europa. Gli attori principali: BP, Shell, Exxon Mobil, Chevron, ADM, Cargill ed altri consimili. Si tratta di una lobby potente, una gallina che può letteralmente depositare tante uova d’oro nella forma di disposizioni che impongono la necessità di bio-carburanti da parte dell’Unione Europea, degli Stati Uniti ed in altri paesi.
Nel gennaio di quest’anno, l’Institute for European Environment Policy (IEEP), (Istituto per le Politiche Ambientali Europee), una organizzazione indipendente, ha pubblicato un documento sul ruolo delle bio-energie nei “piani di azione per le energie rinnovabili” dei governi dell’Unione Europea.
Recenti proclami da parte del governo della Germania che le rinnovabili sostituiranno la generazione di energia elettrica da centrali nucleari a partire dal 2020, e simili impegni di altri governi europei, tutti fanno assegnamento su una fantastica illusione che l’energia elettrica generata da grandi impianti nucleari può essere prodotta mediante il bio-diesel.
Lo studio dell’IEEP sottolinea come:
“Più di metà dell’energia rinnovabile che gli Stati Membri dell’Unione Europea si aspettano di consumare ogni anno dal 2020 consisterà di bio-energia, prodotta da bio-masse, bio-liquidi e bio-carburanti. Questo viene evidenziato in una prima valutazione della dimensione proposta dell’impiego di bio-energia da parte degli Stati Membri dell’Unione Europea nel periodo al 2020, come previsione nei loro Piani Nazionali di Azione su Energie Rinnovabili (NREAPs)...Viene anticipato un significativo aumento nel consumo totale di bio-energia.
Quindi, secondo i 23 piani esaminati, la bio-energia fornirà il principale contributo al settore delle energie rinnovabili. Complessivamente, si prevede che il contributo di bio-energia al consumo complessivo di energia diventerà più del doppio, passando dal 5,4% nel 2005 a quasi il 12% (124Mtoe, milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) nel 2020. La bio-energia avrà un ruolo quasi dominante nel settore delle energie rinnovabili dell’Unione Europea destinate al riscaldamento e al raffreddamento, e si prevede un suo contributo oltre l’80% all’obiettivo da raggiungere in questo settore. Nel settore elettrico, la quota di bio-energia sarà relativamente bassa, ma nel settore dei trasporti si prevede di raggiungere quasi il 90% del totale delle energie rinnovabili a partire dall’anno 2020.” [25]
L’Istituto IEEP ha condotto un’analisi sul terreno seminativo richiesto necessario per la coltivazione di un tale enorme aumento di cereali per bio-carburanti dal 2020. L’Istituto ha stimato, dopo la valutazione opportuna di tutti i fattori, che nell’Unione Europea sarà necessario un addizionale da “4,1 a 6,9 milioni di ettari” destinati alla produzione di bio-carburanti, un seminativo più di tre volte l’intero Stato del Kansas.
Inoltre, infrangendo il mito dell’Unione Europea che i biocarburanti contribuiscano alla riduzione di CO2 (fosse anche che la CO2 costituisca un problema, cosa che è altamente contestata da scienziati scrupolosi), lo IEEP calcola che l’enorme aumento nell’uso di bio-carburanti produrrà un quantitativo superiore di emissioni di CO2 da veicoli per autotrazione, come se venissero immessi in aggiunta sulle strade di Europa qualcosa come 26 milioni di veicoli. [26]
I bio-carburanti sono altamente indesiderabili per innumerevoli ragioni, come molte importanti organizzazioni ambientali hanno iniziato a ben comprendere. L’industria dell’etanolo da granaglie è in pieno sviluppo, e questo è largamente dovuto alle potenti lobby dei cereali e del petrolio. Parimenti la grande richiesta farà aumentare i prezzi del gas e dell’etanolo da cereali, visto che questo etanolo viene mescolato con la benzina. L’energia da etanolo ridimensiona l’economia dei carburanti per motori tradizionali. E cosa più importante, è semplicemente impossibile produrre la quantità di cereali richiesta per produrre un carburante che sia una alternativa valida al petrolio o a qualsiasi altra sorgente importante di energia. [27]

Una nuova desertificazione globale?

Quello che i propagandisti dei bio-carburanti – dalla BP ai fautori dell’agribusiness, in combinazione con le folli decisioni assunte dai governi, da Washington a Berlino e Parigi ed altri – hanno portato a compimento è l’eliminazione in tutto il mondo delle riserve cerealicole di sicurezza. Questo è stato vigorosamente mescolato con un cocktail di libere contrattazioni di derivati sulle merci senza alcuna regolamentazione, per creare gli ingredienti per la peggiore potenziale crisi alimentare nella storia dell’umanità.
Sfortunatamente, la verifica di questa ipotesi di crisi alimentare può già dirsi in fase di realizzazione a causa di forze ben lontane dalla capacità dell’uomo di essere controllate.
Al recente incontro annuale della Divisione di Fisica del Sole della Società Astronomica Americana, gli scienziati dell’Osservatorio Nazionale del Sole (NSO) e del Laboratorio di Ricerche dell’Aviazione Militare (AFRL) hanno presentato i risultati degli studi sull’attuale attività eruttiva solare, di gran lunga il fattore più importante che influenza le variazioni climatiche sulla Terra.
Le eruzioni avvengono ciclicamente secondo periodi di 11, 22 anni ed oltre. Gli studi sul Sole indicano che la Terra ora si trova all’inizio di quello che può essere un periodo di dieci anni o più di attività solare di gran lunga ridotta.
Una ridotta attività delle macchie solari significa un sole meno attivo. Il fisico olandese Gijs B. Graafland così si esprime: “Questo influenzerà in modo decisivo l’evaporazione dell’acqua degli oceani e quindi la quantità delle piogge. Questo comporta minori quantità di acqua disponibile per l’agricoltura e quindi minori raccolti e una scomparsa preoccupante di strati superficiali di terreno fertile diventati aridi. Ne deriverà un decennio di alti prezzi dei prodotti alimentari.” [28]
Per capirci più direttamente, questo potrebbe significare catastrofi climatiche, raccolti insufficienti, siccità e tempeste di polvere – come quelle che si abbatterono sul Midwest degli Stati Uniti durante la Grande Depressione degli anni ’30 – nelle regioni fertili del pianeta, e questo per una durata di tanti anni.
Se i fisici del Sole sono nel giusto, come l’eminente astrofisico russo Habibullo Abdussamatov, direttore delle ricerche spaziali dell’Osservatorio Astronomico Pulkovo di San Pietroburgo, che ha previsto similmente l’inizio di una nuova “Piccola Era Glaciale” [29] a partire dal 2014, noi possiamo già trovarci ad affrontare una crisi alimentare di una tale dimensione che il nostro pianeta mai ha dovuto assistere. [30]
Note:
[1] F. William Engdahl, Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation
(I semi della distruzione: l’agenda segreta della manipolazione genetica),
www.GlobalResearch.ca, Montreal, 2007, pp. 216-219.
[2] Sophia Murphy, Strategic Grain Reserves In an Era of Volatility (Riserve cerealicole strategiche in un’era di instabilità) , Institute for Agriculture and Trade Policy, Minneapolis, ottobre 2009.
[3] Anon., Un altro raccolto fallimentare nell’Unione Sovietica, Time, 28 novembre 1977 http://www.time.com/time/magazine/article/0,9171,919164,00.html#ixzz1NMsb5yQY
[4] PBS, L’avvertimento, Public Broadcasting System, 20 ottobre 2009, October 20, 2009, accessibile a http://www.pbs.org/wgbh/pages/frontline/warning/view/#morelink.
[5] Lawrence Summers e altri, Over-the-Counter Derivatives Markets and the Commodity Exchange Act: Report of The President’s Working Group on Financial Markets (Le transazioni dei derivati su mercati ristretti e la norma sugli scambi di materie prime: relazione del gruppo di lavoro del Presidente sui mercati finanziari), Washington, D.C., novembre 1999.
[6] Cadwalader, Wickersham & Taft LLP, CFTC Releases Plan for Market Deregulation (la Commodity Futures Trading Commission rende pubblico il piano per la deregolamentazione dei mercati), 1 marzo 2000, accessibile a http://library.findlaw.com/2000/Mar/1/128962.html.
[7] Frederick Kaufman, How Goldman Sachs Created the Food Crisis (Come la Goldman Sachs ha creato la crisi alimentare), Foreign Policy, 27 aprile 2011, accessibile a http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/04/27/how_goldman_sachs_created_the_food_crisis.
[8] Amine Bouchentouf e altri, Investing in Commodities via the Futures Markets (Investire in materie prime attraverso il mercato dei futures), accessibile a
http://www.dummies.com/how-to/content/investing-in-commodities-via-the-futures-markets.html#ixzz1PdYxiCqD.
[9] Ibid.
[10] Olivier de Scheutter, Food Commodities Speculation and Food Price Crises (Speculazione su materie prime alimentari e crisi dei prezzi degli alimenti), Briefing Note 02, settembre 2010, accessibile a http://www.srfood.org/images/stories/pdf/otherdocuments/20102309_briefing_note_02_en_ok.pdf
[11] Ibid.
[12] Frederick Kaufman, The Food Bubble: How Wall Street starved millions and got away with it (Come Wall Street ha affamato milioni di persone e l’ha fatta franca), luglio 2010, Harper’s Magazine, pp. 32, 24.
[13] Frederick Kaufman, How Goldman Sachs Created the Food Crisis (Come la Goldman Sachs ha creato la crisi alimentare, Foreign Policy, 27 aprile 2011, accessibile a http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/04/27/how_goldman_sachs_created_the_food_crisis
[14] Neena Rai ed altri, High Food Prices Pose Threat to Poor Nations (Gli alti prezzi del cibo costituiscono una minaccia per le nazioni povere), The Wall Street Journal, 8 giugno 2011.
[15] Global Labour Institute, Food Crisis—Financializing Food: Deregulation, Commodity Markets and the Rising Cost of Food (La crisi alimentare – la finanziarizzazione del cibo: deregolamentazione, mercato delle materie prime e costo degli alimenti in aumento) Ginevra, 7 giugno 2008, accessibile a http://www.globallabour.info/en/2008/07/financializing_food_deregulati.html
[16] Ibid.
[17] Vedi F. William Engdahl, Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation (I semi della distruzione: l’agenda segreta della manipolazione genetica), 2007, Montreal, www.GlobalResearch.ca, pp.123-151, per un’analisi più circostanziata sull’impostura della Rivoluzione Verde e del suo “frumento meraviglioso”, così definito da Norman Borlaug, lui stesso prodotto dell’organizzazione di ricerca Rockefeller. [Norman Borlaug, statunitense, è stato agronomo ed ambientalista, vincitore del premio Nobel per la Pace nel 1970, considerato il padre della Rivoluzione Verde.]
[18] Ibid.
[19] Ibid.
[20] Current Biography (Biografia più recente), 1967, Wassily Leontief; e Ray Goldberg.
[21] Ray Goldberg, The Evolution of Agribusiness (Lo sviluppo dell’agribusiness), Harvard Business School Executive Education Faculty Interviews:
W. Leontief, Studies in the Structure of the American Economy (Studi sulla struttura dell’economia Americana), 1953. International Science Press Inc., White Plains, New York.
Nella sua relazione annuale del 1956, la Fondazione Ford metteva in evidenza il contributo al “Progetto di ricerca economica ad Harvard”. Oltre a tutti gli altri programmi, veniva assegnato un contributo di 240.000 $ per appoggiare le attività del “Progetto di ricerca economica ad Harvard” per un periodo di sei anni. Questo centro, sotto la direzione del professor Wassily Leontief, era impegnato in una serie di studi quantitativi sulla struttura dell’economia usamericana, puntando l’attenzione soprattutto sulle relazioni inter-industriali e le interconnessioni fra industria e altri settori dell’economia. Veniva assegnato un identico contributo dalla Fondazione Rockefeller.
Vedere anche Ray Goldberg, The Genetic Revolution: Transforming our Industry, Its Institutions, and Its Functions, an address to The International Food and Agribusiness Management Association (IAMA) (La rivoluzione genetica: trasformare il nostro sistema industriale,le sue istituzioni e le sue funzioni, una comunicazione all’Associazione internazionale per la gestione dei prodotti alimentari e dell’agribusinness (IAMA). Chicago, 26 giugno 2000. Goldberg ha fondato e diretto lo IAMA e altri centri decisionali con riferimento ai consigli di amministrazione die gigantic dell’agribusiness Archer Daniels Midland, Smithfield Foods e Dupont Pioneer Hi-Bred. Egli ha messo in pratica ciò che è andato predicando.
[22] F. William Engdahl, op. cit.
[23] Carl Mortished, We’re on a green road to hell (Noi ci siamo incamminati su un sentiero verde verso l’inferno), The London Times, 10 aprile 2010.
[24] F.O. Lichts, Industry Statistics: 2010 World Fuel Ethanol Production (Statistiche industriali: la produzione mondiale di etanolo per carburanti nel 2010), Renewable Fuels Association, accessibile a http://www.ethanolrfa.org/pages/statistics#E.
[25] IEEP Study, The Role of Bioenergy in the National Renewable Energy Action Plans: A First Identification of Issues and Uncertainties (Il ruolo della bioenergia nei piani di azione nazionali per le energie rinnovabili: una prima identificazione delle problematiche e delle incertezze), 31 gennaio 2011, accessibile a http://www.ieep.eu/topics/climate-change-and-energy/energy/bioenergy/.
[26] IEEP Press Release, New Report Concludes that Indirect Impacts of EU Biofuel Policy will Create Major Environmental Pressure (Un recente rapporto conclude che le conseguenze indirette della politica sui bio-carburanti dell’Unione Europea produrranno una situazione di maggior sofferenza ambientale), 8 novembre 2010.
[27] P. Gosselin, German Ethanol Requirement Turns Into A Debacle (La richiesta di etanolo da parte della Germania porta al disastro), 4 marzo 2011, accessibile a notrickszone.com/2011/03/04/German-Ethanol-Requirement-Turns-Into-A-Debacle.
[28] Gijs B. Graafland, Effects of low sunspot levels on evaporation…(Effetti della bassa attività delle macchie solari sull’evaporazione…), 9 maggio 2011, e-mail privata all’autore.
[29] Jerome R. Corsi, New Ice Age to begin in 2014--Russian scientist to alarmists: 'Sun heats Earth!' (Inizio di una nuova era glaciale dal 2014 --- Uno scienziato russo agli allarmisti: “Il sole riscalda la terra!”) , 17 maggio 2010, WorldNetDaily.
[30] Solar Science Staff Writers, Major Drop In Solar Activity Predicted (Prevista una rilevante diminuzione dell’attività solare), 15giugno 2011, Boulder Colorado, accessibile a http://www.spacedaily.com/reports/Major_Drop_In_Solar_Activity_Predicted_999.html





Fonte: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25483

sabato 13 agosto 2011

Filosofia: "Che cosa è l'anarchia?" Con Helios in "Il Seminatore" (# 4, 1922)

Gomez Rojas

Grupo de Estudios José Domingo Gómez Rojas es una agrupación de personas dedicadas al estudio de las experiencias libertarias a lo largo de la historia, esto es la investigación de acontecimientos relevantes para la historia del movimiento anarquista y el estudio filosófico del pensamiento ácrata.

Por Helios

tradutzioni de Sa Defenza

Terenzio (01), comico latino, mette in bocca di Cremes, un personaggio nella sua commedia "L'aguzzino di sè stesso", una frase, forse nota: "Homo sum. Nihil homini me alienum puto” , che tradotto sarebbe" sono un essere umano. Nulla di umano è estraneo a me ". Una frase dal quale costruire, ad esempio, la nostra idea di storia delle idee anarchiche nella Grecia antica, perché Elíseo Reclus (02) ci ricorda nel suo "ideali anarchici", quando ha detto che "l'anarchia non è una teoria nuova" come è sempre stato quando uomini e donne si sono opposti all'autorità. Ma cosa c'è dietro tutto questo? Max Nettlau (03) ci dice all'inizio di "Anarchia nel tempo", è logicamente così, come teoria e pratica della vita umana, l'anarchia porta con sé tutta la storia dell'umanità, senza dogmi e aperto all'apprendimento.

Il testo presentato oggi (e sono i file d'archivio in Filosofia ), cita questo da un grande quotidiano, attraverso una breve riflessione. Non c'è bisogno di essere eruditi per capire che gli uomini e le donne dovrebbero essere, soprattutto, ingestibili.

Helios, que escribió en varios periódicos de la prensa anarquista chilena de comienzos del siglo XX, era de Buenos Aires. Helios (04), che ha scritto in diversi giornali della stampa anarchica cilena del primo Novecento, è stato a Buenos Aires. E' lì che ci dimostra quanto abbiamo sviluppato di recente:

La vita dell'umanità è la nostra stessa vita.

A partire da lì, il principio di solidarietà e di sostegno reciproco abbraccia tutti i settori della vita, visto [e qui ci riferiamo, per esempio, Salvador Seguí (05) e Anselmo Lorenzo (06)] da una prospettiva individuale:

Cerchiamo di essere migliori di quel che siamo perché sappiamo che è la maniera migliore di altre situazioni.

Qualcosa che ha a che fare semplicemente con la morale anarchica, che secondo Piotr Kropotkin (per Kropotkin l'etica abbisogna di tre stadi: il mutuo soccorso, la giustizia. la morale.) (07) (anche se questo lo dice Lebedeff (08) rispetto a Piotr nella prefazione de "L'Etica", 1925) è semplicemente umano. E questo è stato anche il primo contenuto nella scheda della CNT. Ma Helios, qui, tratta di andare al di là di questa meraviglia della natura umana, gli anarchici hanno abbiamo bisogno di confronto:

Cosa c'è nel profondo della nostra natura che ci spinge a vivere, pensare, lottare e migliorare costantemente?

Quel qualcosa, dirà Helios è la preoccupazione. Una preoccupazione che muove lo spirito, che anima la ribellione, l'arte, le lotte della gente, l'amore negli occhi e sulle labbra / l'amore, la gentilezza, la ricerca, l'amore delle nostre madri. E 'la vitalità del corpo e del pensiero, che, soprattutto, deve funzionare in totale libertà, libertà assoluta, nell'uomo e nell'umanità.

Lasciamo che sia il testo, che è molto breve e consigliabile a parlare:

Che cosa è l'anarchia?

Ci sono parole che ci elevano e umanizzano con l'influsso del suo significato, come gli occhi di una donna amata, il bacio disinteressato e confortante di una madre o una stretta di mano e il sorriso di un amico sincero.

Questo costituisce la nostra vita, un motivo di avvicinamento tra gli uomini. Amiamo la vita per il bene dell'umanità. In fondo alla nostra natura vi è un sentimento che ci lega alla grande famiglia che ci è sorella.

Gli errori e le disgrazie, son prodotti della ignoranza, che a volte, son conseguenza degli effetti di certi offuscamenti mentali di altri ci riguardano e commuovono tutti noi.

La vita dell'umanità è la nostra stessa vita.

Cerchiamo di essere megliori di quello che siamo perché sappiamo che è il modo migliore per aiutare gli altri? Perché, il saggio investiga, l'artista dà forma e armonizza i suoni, i colori, e le parole? Per vanità?

Perché muore o si espone il medico per curare il paziente; perché l'uomo di idee, di lotta affronta la prigione l'esilio, se non la morte? Per vanità?

Perché siamo indignati e protestiamo contro l'ingiustizia; perché mettere a rischio la nostra vita per salvare quella di un tizio che forse non conosciamo nemmeno? Per vanità?

Perché gli uomini sono soggetti e si arrabattano per dare i frutti del loro lavoro ad altri uomini che non fanno nulla? Anche per vanità? Oh, no, non diciamo sciocchezze!

Cosa c'è nel profondo della nostra natura che ci spinge a vivere, pensare, lottare e migliorare costantemente? Fantasie, chimere, sogni?

No, c'è qualcosa di più grande di tutto questo, e questo qualcosa è irrequietezza, la febbre, il desiderio che mette l'artista nelle sue opere, i saggi nella loro ricerca, le persone nelle loro lotte per la libertà, il ribelle nel calore dei suoi discorsi, l'amato nelle sue labbra, l'amico, il compagno di gentilezza sincera e franca, la madre nel suo affetto; che cosa è l'azione che crea il pensiero, la luce dello spirito che anima e stimola la vita dell'uomo e dell'umanità.

Avete capito ora che cosa è l'anarchia?

E': Azione, Umanità, Libertà!

Allora per l'anarchia, lavoriamo , e lottiamo per raggiungerla!


HELIOS (B. Aires) [El Sembrador #4, año I, Sábado 16 de septiembre de 1922, Iquique, Chile]

HELIOS (B. Aires) [Il Seminatore # 4, Anno Uno, Sabato 16 Settembre 1922, Iquique, Cile]

venerdì 12 agosto 2011

I GESTORI E I CONTROLLORI RESPINGONO LA TRAGICA STORIA DEL NUCLEARE GIAPPONESE








DI LUCAS WHITEFIELD HIXSON


http://en.m4.cn/archives/19904.html

Procedure insicure, fughe di radioattività, ecco perché si anima il dibattito sul futuro nucleare del Giappone

L’industria nucleare giapponese si fida sin troppo dell'opinione pubblica che in fondo non è ben informata di quello che sta facendo, oppure è troppo indaffarata per impedire che il pubblico si ricordi della sua storia controversa?

L’11 marzo del 2011 è stata dichiarata la prima emergenza nucleare in Giappone dopo il disastro alla centrale nucleare di Fukushima. Gli eventi verificatisi in serie nelle centrali nucleari giapponesi non sono certo episodi isolati, e neppure la questione della sicurezza e dei controlli è cosa nuova.

Il Giappone ha importato il suo primo impianto nucleare commerciale dal Regno Unito nel 1966, e ha completato il primo reattore proprio nel 1970. Anche se alcuni lodano il Giappone per la sua "buona reputazione " sulla pubblica sicurezza, l’industria nucleare in Giappone è stata sinora un barometro di disgrazie per la nazione giapponese.

Gli aspetti fondamentali del programma nucleare del Giappone rimangono dopo quarant’anni ancora nascosti da sotterfugi. In questi decenni, gli incidenti nucleari hanno avuto un impatto irrilevante sulle politiche del governo, mentre i disastri sull’isola hanno continuato ad aumentare per dimensione e pericoli portati alla salute pubblica.

Mentre da un lato si dichiara ai quattro venti che fino a quando i controlli saranno adeguati l’energia nucleare è sicura, pulita e incredibilmente potente, le strutture e i controllori hanno sempre schivato la responsabilità di eseguirli, persino quella di effettuare controlli di routine.

Se i cittadini giapponesi stanno assistendo al riemergere di un comportamento fitto di dinieghi, di insabbiamenti e di collusione burocratica tra l’industria e il governo, ciò dovrebbe chiarire le idee dell’opinione pubblica sul pericolo portato dal programma nucleare giapponese.

Sono stati pubblicati molti articoli e libri sulla scoperta della corruzione, della collusione e degli insabbiamenti da parte dei funzionari e degli operatori degli impianti negli anni ’80 e ’90. Alcuni hanno dato notizia di un numero di incidenti e di malfunzionamenti ai reattori o difetti alle strutture nucleari giapponesi. Non solo gli operatori erano a conoscenza dl problema, ma anche i dati forniti furono scrutinati, e si trattava solo della punta dell’iceberg nucleare.

Tra gli incidenti figurano quello di Tokaimura, l’esplosione di vapore a Mihama, le conseguenze del terremoto nel mare al largo di Chūetsu e gli insabbiamenti dopo gli incidenti al reattore di Monju, solo per nominarne alcuni. La costruzione di nuovi impianti è incrementata durante gli anni ’80 e ’90, ma alla meta degli anni ’90 il programma nucleare giapponese era piagato da una serie di scandali che sono stati sempre nascosti nel decennio successivo.

Le lamentele non vengono prese in considerazione

Nel 1999 dopo una serie di piccoli incidenti nucleari in Giappone, un cittadino del posto riferì ai giornalisti: "Siamo davvero preoccupati, spero che introdurranno un sistema dove le informazioni vengano rese pubbliche e noi, i residenti, potremmo vivere senza preoccupazioni."

Dopo lo scandalo di Tokaimura un sondaggio di un quotidiano mostrò che il 74% delle persone era cauto nei confronti dello sviluppo dell’energia nucleare in Giappone, ma al tempo stesso il governo affermò di essere sempre impegnato nell’energia nucleare.

In questo momento alcuni sondaggi indicano che più dell’80% dei giapponesi sono contro il nucleare e non si fidano delle informazione del governo sulle radiazioni.

Nella società giapponese e in quella di altri popoli, c’è la preoccupazione che una volta che molti cittadini perderanno fiducia nella sicurezza del nucleare, non potrebbe più venire ripristinata. Il governo giapponese e le agenzie di controllo hanno appena iniziato a ricostruire quella fiducia, ma la tendenza a calmare la dialettica del pubblico è ancora perfettamente al suo posto.

Il budget dell’energia nucleare si è rapidamente ingigantito dalla sua nascita

Il programma nucleare giapponese nacque nel 1954, quando il Giappone destinò 230 milioni di yen per l’energia nucleare. Fino al 2008 i ministeri giapponesi e le agenzie hanno sempre richiesto un aumento del budget che ha sorpassato i 490 miliardi di yen, nello sforzo di spingere il programma nucleare giapponese a livelli senza precedenti nella storia umana.

Al contrario, Bank of America Merrill Lynch (BAML) ha riportato che le richieste di risarcimento a TEPCO potrebbero ammontare da 122,5 ai 134,8 miliardi di dollari nei prossimi due anni.

La battaglia per recuperare il sostegno della gente

Di recente, il Primo Ministro giapponese Kan ha fatto un commento su un futuro libero del sistema energetico giapponese libero dall’energia nucleare. L’affermazione del Primo Ministro è stata prontamente chiarita da altri funzionari che sono stati rapidi nell’evidenziare che non ci sono progetti immediati per cessare l’energia nucleare in Giappone, e che le restrizioni verranno poste in essere per un periodo di tempo limitato.

Dopo l’incidente di Tokaimura, il governo giapponese ha dovuto far fronte alle critiche internazionali per come ha gestito il disastro. Nel 1999 l’ex Primo Ministro giapponese, Keizo Obuchi, (in carica dal 30 luglio 1998 al 5 aprile 2000) promise di intensificare i controlli sulle strutture nucleari del paese dopo un incidente a un impianto di riprocessamento del combustibile provocato da un’infrazione al protocollo di sicurezza. Poi disse: "Trovare misure preventive è il modo per recuperare la fiducia del pubblico per l’energia nucleare”.

Il governo di Ibaraki ordinò a JCO di sospendere tutte le attività di riprocessamento dell’uranio fino a che la sicurezza dell’impianto non fosse stata garantita. Molti esperti all’epoca avrebbero considerato le autorità di allora non informate, o addirittura negligenti se si considerano le regolamentazioni dell’impianto.

In seguito ai fatti, le autorità giapponesi furono istruite per fare accertamenti sulla sicurezza e stabilirono che le misure di sicurezza nell’industria dell’energia nucleare dovessero essere scrutinate per prevenire futuri incidenti. Il Primo Ministro, Keizo Obuchi, disse che sarebbero stati fatti controlli in tutte le infrastrutture nucleari del paese, e si impegnò nell’intensificare i controlli.

Nel dicembre dello stesso anno, il Parlamento giapponese approvò una nuova legge per la quale la responsabilità primaria del governo era quella di istituire immediatamente un centro per la gestione delle crisi per le evacuazioni e altre misure di sicurezza nel corso di disastri nucleari. La legge imponeva agli operatori degli impianti nucleari di comunicare immediatamente un qualsiasi incidente al primo ministro, che sarebbe stato in grado di convocare le forze armate se fosse stato necessario.

Ma pochi anni più tardi, il Primo Ministro giapponese Junichiro Koizumi (in carica dal 26 aprile 2001 al 19 novembre 2003) iniziò a citare sempre più spesso il futuro dell’energia nucleare in Giappone. Il Primo Ministro Koizumi affermò che il governo giapponese avrebbe intrapreso sforzi “più vigorosi” per convincere l’opinione pubblica della necessità dell’energia nucleare.

Non ci sono vere scuse se la rotta non cambia

La segretezza è sempre stata una caratteristica onnipresente nell’industria nucleare, specialmente in Giappone, dove i cittadini sono riluttanti nel manifestare il proprio disaccordo sulle cose. Il sistema sociale giapponese favorisce un atteggiamento riservato, che rende più facile nascondere le informazioni per un lungo periodo di tempo.

La piaga degli incidenti, degli insabbiamenti e degli scandali hanno demolito la fiducia nella sicurezza di questo tipo di produzione energetica. Il governo giapponese è stato criticato duramente per la supervisione lassista e per e risposte ritardate ai disastri nucleari.

Alla IAEA, che fa ispezioni alle centrali nucleari solo su richiesta o dopo l’accettazione di un’offerta ufficiale, è stato più volte rifiutato l’accesso negli anni ’80 e ’90. Dopo sporadici accessi in alcuni reattori, nel 2008 un esperto della IAEA, nel corso di una riunione del Gruppo di Sorveglianza e Sicurezza del Nucleare al G8, avvertì che i terremoti sarebbero stati un “problema serio” per le centrali nucleari giapponesi.

Il governo giapponese comprese che dopo gli eventi devastanti e le rivelazioni degli anni ’90 c’era il bisogno di ricostruire la fiducia del pubblico. Questi sforzi sono sempre stati sminuiti dalle accuse secondo cui il governo non riusciva neppure a dare un’occhiata ai residenti delle zone vicine alle centrali, per non parlare dell’interna popolazione nazionale.

Gli “schiavi” nucleari e gli “zingari” sono a rischio

Nel 1999 fu scoperto che molti impianti stavano mettendo la vita dei lavoratori temporanei non addestrati a rischio. Gli intermediari del lavoro, o le agenzie di lavoro temporaneo stavano cercando di assumere un numero sempre maggiore di persone senza casa per svolgere lavori pericolosi come pulire i reattori nucleari. Ai lavoratori fu permesso di lavorare un turno in una centrale nucleare, e poi fare ore straordinarie nello stesso giorno in altre stazioni dei reattori, esponendosi a dosi di radiazione potenzialmente letali.

L’utilizzo dei lavoratori temporanei nelle strutture nucleare è considerata una questione spinosa e non è stata molto dibattuta in Giappone. Molti hanno troppa paura di parlare per i loschi figuri che sono coinvolti nel reclutare i senza casa e gli altri lavoratori temporanei.

Matsumoto-san, un uomo senza fissa dimora che vive in un parco di Tokyo, ha svolto un lavoro di pulizia per tre mesi alla centrale nucleare di Tokaimura vicino al luogo dove era avvenuto l’incidente. Ha detto di essere stato esposte a condizione pericolose: "Noi toglievamo la polvere e avevamo dei sensori che scattavano quando i livelli di radiazione erano troppo alti, ma i supervisori ci dissero di non preoccuparci, anche se stavano suonando. Sono venuto via quando ho iniziato a sentirmi male." L’azienda dove lavorò Matsumoto-san si è rifiutata di pagare un risarcimento, dicendo che non c’erano prove che la malattia fosse collegata al lavoro svolto.

Yukoo Fujita, professore di fisica alla Keio University ha trascorso anni avvisando i lavoratori temporanei mettendo poster fuori dagli impianti e aiutando le persone che successivamente si ammalavano. Descrive il loro lavoro come "una forma moderna di schiavitù". Molti lavoratori ricevono sol un addestramento superficiale sulla sicurezza e non hanno idea di quanto il loro lavoro sia pericoloso, secondo gli insider di quest’industria.

Più della metà degli impianti giapponesi hanno ammesso di aver falsificato i propri report per più di trent’anni

Il futuro dell’energia nucleare in Giappone potrebbe anche causare maggiori proteste tra i gruppi internazionali e impedire la futura produzione e lo sviluppo dell’energia energia nucleare. Le denunce internazionali sono giunte dopo una sfilza di manifestazioni di rabbia e di fiducia tradita, e viene spesso combattuta con dati ingannevoli o quanto meno mal presentati, prodotti nello sforzo di ridurre lo stato d’ansia.

Una debolezza evidente dei controllori nucleari giapponesi è che compaiono solo a disastro avvenuto, e quando i loro tempi di risposta e l’accuratezza delle informazioni vengono messi sotto la lente di ingrandimento. Molti incidenti sono stati non denunciati per anni, e questo fatto fu confermato nel 2006.

La NISA richiese che le compagnie rivelassero qualsiasi infrazione nella sicurezza non denunciata che non era stata ancora scoperta alla fine di marzo del 2007. Molti non furono sorpresi che sette delle dodici aziende pubbliche ammisero di aver falsificato le registrazioni per più di trent’anni.

La centrale nucleare di Shika della Hokuriku Electric Power Company

Un esempio di insabbiamento che fu rivelato nel marzo del 2007 risale a quando Hokuriku Electric Power Company rivelò che nel giugno del 1999, nel corso di un’ispezione, avvenne un evento critico al reattore 1 alla centrale nucleare di Shika.

Questo evento è stato tenuto nascosto e non è stato fatto sapere né al pubblico, né al governo giapponese. Il 5 giugno 2007 il presidente della Commissione sulla Sicurezza del Nucleare face un’ispezione al deposito delle barre, ai macchinari per la trasmissione e valutò che l’evento fu dovuto ai risparmi dell’azienda.

Mentre l’insabbiamento era ancora in corso, i cittadini del posto nel 1999 citarono in giudizio Hokuriku Electric Power Company, lamentandosi che il Reattore 2 appena realizzato non era stato costruito con standard sufficienti per resistere ai terremoti, ma quando la corte distrettuale di Kanazawa riuscì a valutare le prove, l’impianto era già stato costruito.

Malgrado gli scandali, le coperture e le leadership in continua rotazione, gli impianti negano il declino della sicurezza

Una ricerca governativa pubblicata appena dopo l’incidente di Tokaimura del 1999 rivelò che 15 delle 17 strutture nucleari in Giappone avevano misure di sicurezza inadeguate. Lo studio, del Ministero del Lavoro, rivelò, in particolare, che non c’erano sufficienti controlli sulla salute a causa dell’esposizione alle radiazioni, malgrado venisse richiesto dalla legge.

Dopo l’incidente di Tokaimura nel 1999, è stato stimato che almeno 700 persone che hanno lavorato nell’industria nucleare giapponese potrebbero essere decedute per l’esposizione a livelli pericolosi di radioattività. È abbastanza evidente che c’era una scarsa attenzione per la sicurezza prima dell’evento critico.

Nell’aprile 2003, dove aver ammesso che i report sulla manutenzione, tra gli altri, erano stati falsificati e aver avviato un’indagine interna, TEPCO negò che gli errori di procedura avessero causato un qualsiasi declino negli standard di sicurezza.

"Sono davvero rammaricato per l’incidente e non mi posso scusare per questo", disse il presidente di Tepco, Nobuya Minami, nel corso di una conferenza. Minami si dimise nell’ottobre del 2003, e il direttore, il vice-presidente e due consiglieri furono costretti a licenziarsi in tutta fretta.

Dopo le dimissione degli alti funzionari e il verdetto di colpevolezza per l’incidente da livello sei di Tokaimura, TEPCO e il governo giapponese si mossero con impazienza per il rapido riavvio dei dieci reattori nucleari, affermando che la domanda dei consumatori doveva essere soddisfatta.

L’incidente di Tokaimura - JCO

Prima del 2000, l’incidente più grave avvenuto in Giappone avvenne a Tokaimura, dopo che alcuni lavoratori non addestrati avevano mischiato in un secchio di acciaio una dose di uranio otto volte superiore a quanto dovuto. Più di 400 residenti nei pressi dell’impianto, oltre ai lavoratori, furono contaminati per aver utilizzato uno standard illegale nella trasformazione dell’uranio.

Dopo l’incidente vennero curate più di cinquanta persone per le esposizioni alle radiazioni eccessive, tra cui 45 lavoratori alla centrale, 3 vigili del fuoco, e 7 cittadini che lavorano nel vicino campo da golf. Secondo l’Agenzia per la Tecnologia e la Scienza giapponese, gli esami su due persone tra quelle che erano più vicine alle perdite suggerirono che erano stati sottoposti a radiazioni "equivalenti all’esposizione di una bomba atomica", e altri 116 lavoratori hanno ricevuto dosi più basse pari o maggiori di 1 mSv.

Inizialmente il management di JCO, la ditta privata che gestiva l’impianto di Tokaimura, si prodigarono del dare la colpa ai lavoratori che aveva ignorato i protocolli. I funzionari affermarono che i lavoratori avevano provocato l’incidente avendo versato troppo uranio nel contenitore.

Molti scettici hanno evidenziato che la compagnia stava usando un sistema nel quale la creazione della "massa critica" di materiale poteva anche non avvenire. I risultati delle indagini mostrarono che uno dei lavoratori era stato esposto a un livello di radiazioni ben più alto di quanto i funzionari dell’ospedale avevano comunicato. È stato anche riferito che i lavoratori non avevano mai ricevuto addestramento adeguato.

Malgrado i proclami ufficiali, i difetti delle procedure di sicurezza sono già stati nascosti

Nell’agosto del 2004, furono scoperte delle fratture nel cemento del reattore 4 di Hamaoka 4. Tutto questo fu rivelato dopo che una persona rivelò che le ispezioni scorrette erano una pratica standard. In aggiunta a questo, la testimonianza di un ex tecnico responsabile ai design di sicurezza alla centrali nucleari Hamaoka nella Prefettura di Shizuoka rivelò che i dati dei test vennero manipolati e falsificati quando furono costruiti i primi reattori.

Nella causa legale del 2005, uno dei tecnici responsabili dei design di sicurezza alla centrali nucleari di Hamaoka nella Prefettura di Shizuoka spiegò il perché alterò i dati di sicurezza per nascondere i difetti progettuali: “Avevo figli e non v’era abbastanza tempo.”

Più di trent’anni prima lavorò per la Toshiba, che costruì i reattori di Chubu Electric Power Company. È stato accusato di aver falsificato e alterato i dati dei test sulla sicurezza in seguito alle prove per i terremoti. Il tecnico in pensione ha descritto come i dati dei test venivano semplicemente esclusi dal report, dei modo che la costruzione potesse andare avanti. Se i dati fossero stati resi pubblici, non c’era modo che i reattori potessero essere costruiti.

Il test rivelò che quando vennero realizzati vari test per le vibrazioni, i dati mostrarono che il progetto non poteva sopportare un forte terremoto. Vennero fatti diversi tentativi per rafforzare la struttura, ma i test mostravano ancora criticità. Malgrado questo, la costruzione proseguì e l’edificio venne completato nel 1971.

La centrale nucleare di Hamaoka - Chubu Electric Power Company
centrala hamaoka

“Il capitale accumulato dalle radiazioni” è un libro scritto da Minoru Konagaya, pubblicato nel 2006. L’autore ha utilizzato il modello dell’incidente di Chernobyl per dimostrare che i meltdown ai cinque reattori di Hamaoka potrebbero uccidere più di otto milioni di persone, e portare l’economia nazionale a un punto fermo.

"Entro otto ore i forti venti occidentali potrebbero portare la nuvola di radiazione su Tokyo”, ha detto Konagaya, 36 anni, un ingegnere civile che era parte della delegazione parlamentare che ha indagato il guasto al sistema di raffreddamento di emergenza di Hamaoka nel 2001. L’impianto era stato progettato per reggere a un terremoto di magnitudo 8,5. Le colline di sabbia alte fino a 15 metri di altezza fornivano una difesa contro uno tsunami alto fino a 8 metri, ma Hamaoka al momento manca di un frangiflutti in cemento.

Gli incidenti riportati alla centrale nucleare di Hamaoka

1991, 4 Aprile – Un abbassamento alla fornitura di liquido refrigerante all’Unità 3, con spegnimento automatico

2001, 7 novembre – Incidente per una vampata in una conduttura dell’Unità 1

2001, 9 novembre 9 - Incidente per la perdita di refrigerante all’Unità 1

2002- Nel corso di un’ispezione indipendente, fu scoperto che i 16 segni di fessurazione nelle condotte per il vapore erano note all’azienda, che decise di non comunicarle alle autorità della Prefettura

2002, 24 maggio – Perdita di acqua all’Unità 2

2004, 21 febbraio – Principio di incendio all’Unità 2 nella stanza al di sopra della stanza delle turbine.

2004, agosto – Problema all’Unità 4 con falsificazione dei dati da parte dell’azienda

2005, 4 novembre – Incidente per perdita dalle condutture all’Unità 1

2005, 16 novembre – Perdita da una tubatura esterna all’Unità 3 per corrosione

2005, 16 novembre – Nel combustibile esausto dell’Unità 1 è stato trovato materiale proveniente dall’esterno

2006, giugno – Danneggiamento alle pale della turbina dell’Unità 5

2007, marzo – L’azienda ha ammesso almeno 14 casi di pratiche gestionali scorrette

2009, 11 agosto – Le unità 4 e 5 (le uniche ancora operative) si sono automaticamente spente a causa di un terremoto

2011, 6 maggio 6 – Il Primo Ministro Naoto Kan ha ordinato la chiusura delle Unità 4 e 5 e che l’Unità 3 non debba essere riavviata

2011, 15 maggio - 400 tonnellate di acqua di mare sono state rinvenute nel condensatore del vapore della turbina all’Unità 5

2011, 20 maggio – Sono state rinvenute tubazioni danneggiate nel condensatore dell’Unità 5 e l’operatore stima che circa 5 tonnellate di acqua di mare siano entrate nel reattore stesso.

Le lezioni non apprese dovranno ancora ripetersi

Mentre vari operatori stavano falsificando i dati e mascherando i rischi per la sicurezza, fino al Grande Terremoto di Tohoku nel marzo del 2001 continuare ad asserire pubblicamente che avevano sovra-progettato i loro reattori per poter sopportare una sisma di qualsiasi livello. Il terremoto di Kobe nel 1995 fu spesso usato come esempio.

Satoshi Fujino, responsabile alle pubbliche relazioni al Centro Informativo della Cittadinanza sul Nucleare di Tokyo, ha spiegato che le radici dei problemi nell’industria nucleare giapponese hanno due criticità: l’inadeguatezza dei controlli del governo e la tendenza del management di quest’industria a nascondere gli errori. Fujino ha detto che il processo della valutazione della sicurezza, che ha luogo prima della costruzione dell’impianto, era estremamente carente, e le ispezioni eseguite in un secondo tempo erano "molto disordinate".

Centrale nucleare di Mihama - Kansai Energy Nuclear Company
Il reattore 3 della centrale nucleare di Mihama

Il reattore 3 della centrale nucleare di Mihama


Al contrario di quanto sostenuto dall’industria, nel 2004 la manutenzione e gli standard di sicurezza nell’impianto della Prefettura di Mihana sembravano tutto meno che sovra-progettati o sicuri. Cinque lavoratori sono deceduti e altre sette feriti da una vampata di vapore e dall’acqua bollente uscite da una perdita alle tubazioni per il raffreddamento.

L’agenzia di stampa giapponese Kyodo ha riportato che la polizia aveva ipotizzato che una negligenza dei lavoratori nelle misure di sicurezza mentre era in corso la preparazione per l’annuale ispezione di controllo. KEPCO, che gestisce l’impianto di Mihama, fu costretta ad ammettere che l’incidente era dovuto al fatto che la conduttura non era stata controllata da quanto fu installata nel 1976.

Alcuni articoli pubblicati dopo l’incidente di Mihana ricordarono al pubblico che quelli che stavano "cercando di ottenere vantaggi" dall’incidente per schierare l’opinione pubblica contro il programma nucleare del Giappone stavano fuorviando i cittadini, e che l’incidente non doveva essere considerato "serio". Malgrado i decessi, non ci furono rilasci di radioattività e per questo l’IAEA non si reagì con forza.

"L’incidente alla centrale nucleare di Mihama non è collegato al programma per i combustibili nucleari" argomentò un titolo sulla prima pagina in un quotidiano diffusissimo, lo Sankei Shimbun.

"Non dobbiamo alimentare i timori della gente sulla sicurezza sugli impianti di energia nucleare per reagire in modo eccessivo all’incidente. L’incidente non avrà impatto sulle attività delle altre centrali nucleari del Giappone", era scritto nel titolo dello Yomiuri Shimbun, il maggiore quotidiano del Giappone.

Yoshihiro Kinugasa, un sismologo di punta, è un funzionario molto controverso nella storia nucleare giapponese. Nel 1988, prima di un’ispezione per la concessione dell’autorizzazione alla struttura gestita dalla Japan Nuclear Fuel Service Ltd., Kinugasa consigliò di togliere la parola “attivo” da una descrizione di un difetto presente nell’impianto, come mostra un documento dell’azienda. In questo si può vedere come stesse ufficialmente rimproverando i suoi superiori.

La carriera di Kinugasa è continuata nel corso degli anni ’90 nella commissione che si occupava della concessione delle licenze per l’industria nucleare giapponese, che convalidò uno studio realizzato prima della costruzione del sito di Kashiwazaki. Il report evidenziava tre linee di faglia, ciascuna lunga meno di 10 chilometri, appena sotto la lunghezza che i controllori ritenevano pericolosa.

La centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa è di proprietà e viene gestita da TEPCO, ed è il primo impianto nucleare ABWR. È il generatore di energia più grande al mondo per potenza elettrica netta.

Un decennio più tardi, Kinugasa era nella commissione di controllo che approvò il secondo reattore alla centrale Shika della Hokuriku Electric dopo le faglie ravvicinate furono stimate inferiore ai dieci chilometri di lunghezza.

Nel 1999 i cittadini di Shika fecero causa, richiedendo la chiusura del secondo reattore dell’impianto: "Non ci fidiamo delle rassicurazioni dell’azienda secondo cui le faglie sono separate”, disse Tetsuya Tanaka, 64 anni, un rappresentante del 135 querelanti: "Mettono i soldi davanti alla sicurezza.”

Nel 2005 Kinugasa non stava più lavorando nella commissione di controllo, in quel periodo aveva saltato il fosso e pubblicato uno studio con gli ingegneri della Hokuriku Electric in cui aveva respinto le accuse dei cittadini riguardo l’insicurezza dell’impianto. Il documento aveva ignorato un congresso amministrativo a cui avevano partecipato i geologi del governo in cui si affermò che le piccole faglie entro i cinque chilometri l’una dall’altro dovevano essere considerate parte di un’unica fessurazione.

Malgrado il report, nel marzo del 2006 il tribunale ordinò alla compagnia di chiudere il secondo reattore, citando “l’inadeguatezza” della progettazione antisismica. Anche se l’appello all’Alta Corte di Nagoya consentì di tenere in funzione l’impianto, fu poi chiuso quattro mesi più tardi dopo che furono scoperte lesioni nelle turbine.

"Kinugasa era sicuramente il principale esperto specializzato nello studio delle linee di faglia alla commissione per le approvazioni della NISA”, ha detto Haruo Yamazaki, un professore della Tokyo Metropolitan University che una volta prese posto nel gruppo della commissione per la sicurezza nucleare che esaminò le approvazioni delle licenze rilasciate dai precedenti controllori: "Dieci anni fa erano presenti davvero pochi specialisti delle linee di faglia”.

"O Kinugasa è un incompetente o lo ha fatto di proposito”, ha detto il sismologo dell’Hiroshima Institute of Technology, Takashi Nakata: "Io pendo che l’abbaia fatto intenzionalmente, cercando di indovinare il numero fortunato”.

"Le stesse persone scrivono le regole, fanno le perizie e approvano le ispezioni”, ha detto Nakata, che siede nella commissione di indagine sul terremoti del Ministero della Scienza: “I controllori fotocopiano i resoconti degli operatori”.

Centrale nucleare di Kashiwazaki Kariwa - Tokyo Electric Power Company

Perdite radioattive dal reattore nucleare giapponese


Nel 2007 un terremoto colpì al mattino nei pressi dell’impianto Kashiwazaki Kariwa di TEPCO nella prefettura di Niigata. I lavoratori sul posto cercarono di spegnere un incendio a un trasformatore, mentre l’acqua contaminata da una vasca di raffreddamento trovò la strada per il mare a fiotti, visto che i tamponi isolanti non erano mai stati installati. Dopo la scossa il Ministro del Commercio, Akira Amari, riferì che i controllori non avevano correttamente analizzato lo studio della Tokyo Electric quando il sito venne approvato nel 1974.

Venne citato un ex consigliere della città: “La cosa per cui abbiamo allertato tutti per trentatre anni è avvenuta”, ha detto Takemoto, 57 anni, la cui casa è a tre chilometri di distanza dai sette reattori della centrale nucleare: “Tutte le nostre abitazioni sono collassate, ma siamo molto più preoccupati per l’impianto”.

Il 7 dicembre del 2007, Tokyo Electric, la più grande compagnia giapponese, ha affermato che sapeva da uno studio del 2003 che una faglia sottomarina vicina a Kashiwazaki Kariwa avrebbe potuto provocare un terremoto di magnitudo 7.
Gli incidenti riportati alla centrale nucleare di Kashiwazaki Kariwa

Nel maggio del 2000, l’Unità 6 è stato spenta per precauzione dopo che vennero rilevate concentrazioni in aumento di iodio nel circuito di raffreddamento.

Il 12 giugno 2004, la pressione in un condensatore dell’Unità 1 iniziò a diminuire. I gestori ridussero la potenza, e la pressione del condensatore si stabilizzò, dopo di che l’unità fu mantenuta in esercizio a una potenza inferiore pari a 800 MW per un certo periodo di tempo.

Il 4 febbraio del 2005 l’Unità 1 fu spenta manualmente a causa di una fuga di vapore al piano sottostante la stanza della turbina.

Il 3 luglio del 2005 il reattore dell’Unità 5 si fermò per un blocco alla turbina, provocato da un calo di pressione nel condensatore (i blocchi alle turbine avvengono per proteggere la turbina).

Il 26 maggio del 2006 TEPCO e la Chūbu Electric Power Company pubblicarono un report in seguito alla rottura delle barre di controllo in afnio.

Il 12 luglio del 2006 fu scoperto che un lavoratore era stato esposta alle radiazioni al di sopra del limite di legge di 0,8 in un giorno, avendo ricevuto 1,03 millisievert.

Il 16 luglio del 2007 un terremoto al largo della costa di Chūetsu provocò seri danni a parti dell’impianto, causando piccolo fughe radioattive, lo spegnimento completo e miglioramenti per l’antisismica.

Il 20 settembre del 2007 prese fuoco un condizionatore d’aria temporaneo sul tetto dell’impianto, ma non ci furono pericoli di fughe radioattive.

Il 22 maggio 2008 TEPCO annunciò che gli standard per la resistenza ai terremoti dovevano essere incrementati di un fattore 5 e il lavoro per il rafforzamento dei reattori sarebbe dovuto iniziare a giugno.

Il Primo Ministro Koizumi portò la centrale di Kashiwazaki all’attenzione del pubblico nel 2001, quando respinse i progetti di TEPCO per usare il combustibile MOX nella centrale nucleare. Un portavoce di TEPCO, Takashi Kurita, disse che la compagnia non avrebbe insistito nel suo progetto di introduzione del MOX contro i voleri dei residenti, ma aggiunse che TEPCO avrebbe cercato di vincere queste resistenze.

Il combustibile Nucleare MOX in Giappone

Dopo che la Francia decise di chiudere il suo reattore Superphoenix dopo una sequela di problemi, il Giappone era rimasta l’unica nazione che stava ancora sviluppando i reattori nucleari autofertilizzanti. Gli alti costi di gestione uniti ai problemi che avevano tormentato il reattore di Monju dal 1995, misero pressione sull’industria per trovare un combustibile alternativo. Fu scelta una miscela di uranio e plutonio riciclato dal combustibile nucleare esausto, chiamata MOX. Il combustibile MOX sarebbe stato riciclato negli impianti presenti in Francia e nel Regno Unito, e poi rispedito in Giappone.

La centrale nucleare di Tokaimura
tokaimura disastro
Prima del marzo 2011, la città di Tokaimura era nota soprattutto per aver ospitato uno dei peggiori incidenti nucleari del Giappone, ma ce ne erano stati molti altri che avevano colpito i lavoratori e la comunità locale.

Nel marzo del 1997, scoppiò un incendio alla centrale nucleare di Tokaimura, provocando l’esposizione alle radiazioni di 37 lavoratori. Nell’agosto dello stesso anno, furono rinvenute perdite radioattive da 2.000 fusti in acciaio.

Nel settembre del 1999, in un'altra struttura vicina all’impianto di processamento dell’uranio, trentacinque lavoratori furono contaminati dalle radiazione dopo che un incendio non fu spento correttamente, provocando un’esplosione.

Fu poi descritto come un "classico caso di errore umano", ma più di 400 residenti di Tokaimura furono contaminati dopo che i lavoratori avevano provocato un evento critico per aver utilizzato standard illegale nella trasformazione dell’uranio.

La causa della perdita – rintracciata alle 1035 ora del posto (0135GMT) – non fu subito resa nota. Il direttore dell’ufficio di Tokyo della compagnia, Makoto Ujihara, disse che i lavoratori avevano comunicato alle altre squadre nell’impianto che "avevano visto una fiamma blu che saliva dal combustibile" e soffrirono di nausea.

Due dei lavoratori, Hisashi Ouchi e Masato Shinohara, morirono in un secondo tempo in ospedale. Shojiro Matsuura, direttore della Commissione per la Sicurezza del Nucleare, disse che "i lavoratori non erano a conoscenza dei pericoli e non hanno rispettato le regole".

Il portavoce della JCO riportò subito dopo il disastro: “Stiamo ancora cercando di capire cosa è successo esattamente, ma crediamo che l’uranio ha raggiunto il punto critico".

The incidente avvenne mentre i lavoratori stavano preparando un piccolo lotto di combustibile per il reattore sperimentale autofertilizzante della Jōyō. Le procedure standard prevedevano l’utilizzo di un massimo di 2,3 kg di uranio in ogni procedura per prevenire un incidente grave. I fatti emersi hanno dimostrato che i lavoratori stavano mischiando 25 libbre di uranio arricchito invece delle 5 previste. Non solo l’uranio aveva un grado di arricchimento più alto di quello usato fino a quel momento, ma i lavoratori avevano tentato di usare secchi di acciaio per mischiare la soluzione di uranio, invece dei contenitori di sicurezza prescritti dal governo.

Avvenne così una reazione a catena, il calore intenso portò a un eccesso di pressione all’interno del contenitore e alla susseguente esplosione. L’edificio non era stato progettato per contenere le radiazioni, e i gas radioattivi furono dispersi nell’atmosfera.

I livelli di radioattività all’impianto di processamento del combustibile nucleare di Tokaimura erano 15.000 volte più alte del normale. Tre lavoratori furono portati all’ospedale, dopo uno dei lavoratori vomitava in continuazione, mostrando già i sintomi dell’esposizione alle radiazione. Centinaia di residenti delle vicinanze dell’impianto danneggiato furono evacuati. Greenpeace riferì che il numero delle persone esposte alle radiazioni durante l’incidente era certamente più alto rispetto alle stime ufficiali.

Le autorità furono costrette ad avvisare migliaia di residenti nei pressi della stazione nucleare di rimanere in casa, di evitare le verdure coltivate sul posto e di lavarle dalla pioggia. "Una situazione di questo tipo non è mai stata provata dalla nostra nazione" , disse il Primo Segretario del Governo, Hiromu Nonaka, in una conferenza stampa convocata in emergenza: “Ci sono preoccupazioni sulla radioattività presente nelle aree circostanti."

Greenpeace evidenziò che l’incidente si verificò solo un giorno prima della consegna, da parte di una nave battente bandiera britannica, di 495 libbre di una miscela di ossido di uranio di plutonio (MOX) all’impianto di Takahama, nel centro del Giappone. "L’incidente odierno a Tokaimura conferma i nostri timori, la cultura della sicurezza in tutto il Giappone è in crisi profonda e l’uso pericoloso del plutonio nel reattori non farà altro che aumentare le probabilità di una catastrofe nucleare", disse Shaun Burnie, un’attivista di Greenpeace International.

Il Primo ministro Keizo Obuchi criticò duramente la JCO, un’azienda con sede a Tokyo, evidenziano le leggerezze e lo scarso addestramento dei lavoratori, oltre alla mancanza di adeguati protocolli per le emergenze.

Dopo il disastro, il Primo Ministro Obuchi visitò le aree colpite, e dopo che fu terminata la polizia giapponese fece irruzione negli uffici di JCO raccogliendo le informazioni che sarebbero state usate successivamente contro l’azienda. Dopo il raid, in seguito alla pubblica umiliazione e alle conseguenti azioni legali, JCO fu costretta ad ammettere di aver cambiato il manuale delle procedure senza la necessaria approvazione del governo, nel tentativo di velocizzare il processamento.

L’agenzia di stampa Kyodo, citando una fonte anonima della Science and Technology Agency, riferì che il governo aveva pianificato di revocare la licenza alla JCO "per la gravità dell’incidente". Hideki Motoki della JCO cercò di distrarre l’opinione pubblica affermando che la compagnia sapeva che i suoi standard non erano adeguati alle disposizioni di legge, ma che non era certo che le violazioni avessero provocato l’incidente.

Hisashi Ouchi fu il primo lavoratore a morire per le radiazioni dopo il disastro di Tokaimura. La causa fu provocata dalle lesioni multiple agli organi dopo che Ouchi ricevette una dose di radiazione di 17.000 volte superiori al consentito.

Gli esperti dissero che le violazioni davano un esempio della scarsa attenzione dell’azienda per la sicurezza. Queste informazioni si aggiungono al catalogo di incompetenza e standard permissivi che sono stati scoperti dalle indagini successive all’incidente.

I residenti delle aree limitrofe cominciarono a manifestare le proprie paure e la propria rabbia, soprattutto per la mancanza e per la qualità delle informazioni rilasciate dalle autorità.

L’insegnante di inglese Toshio Tadokura ha detto di non aver sentito niente fino a che il vicepreside del suo collegio fece un annuncio sei ore dopo che si era verificata la perdita. "Sono molto, molto arrabbiato", disse ai media: "Tante persone, me compreso, potrebbero essere state esposte agli effetti del nucleare per quasi sei ore prima di aver sentito di dover chiudere le finestre. Non so quali saranno gli effetti sulla mia salute. La televisione ci ha dato un numero da chiamare per le indicazioni sanitarie, ma non riesco a raggiungerlo."

Il dottor Philip Badzell, un cittadino britannico, che vive nei pressi nel sito nucleare, ha ricevuto la notizia dagli amici in Inghilterra: "Le prime informazioni che abbiamo ricevuto sulla situazione furono alle 4 di mattina da un amico preoccupato che mi ha chiamato da Londra. Viviamo a circa 50 chilometri di distanza dall’impianto e fino ad ora non abbiamo ricevuto né avvertimenti e neppure la più piccola informazione."

Ninja, un ventiquattrenne che vive a 300 chilometri di distanza dall’impianto, ha espresso lo sbigottimento di molti per la mancanza di conoscenza della propria sicurezza: "Sono preoccupato del modo con cui il governo giapponese gestisce la questione in pubblico. Siamo sicuri oppure no? Se sapete qualcosa di quello che succede da queste parti, per favore fatecelo sapere."

Neil Smith, un residente di venticinque anni, ha espresso il suo sgomento sull’accuratezza dei notiziari locali: "Anche se le foto che metti a disposizione mostrano un danno evidente al tetto dell’edificio dove è avvenuto l’incidente, quelle presenti nei giornali giapponesi usciti oggi e addirittura le riprese aeree nel notiziario di questa sera della NHK non fanno vedere alcuna lesione. Presumibilmente stanno tutti usano vecchie fotografie."

Il governo giapponese ha citato in giudizio gli operatori dell’impianto di processamento dell’uranio a Tokaimura. Sei persone sono state arrestate in relazione all’incidente. Tra di loro l’ex gestore dell’impianto Kenzo Koshijima e un vicegestore incaricato delle operazioni del processamento.

Tutti e sei i lavoratori sono stati ritenute responsabili per il disastro di Tokaimura. Kenzo Koshijima fu condannato alla spesa di 4.000 dollari e al carcere per tre anni. Gli altri, compreso un ferito sopravvissuto all’incidente, sono stati messi in libertà condizionata per tre anni.

L’ex presidente di JCO, Hiroharu Kitani, fu condannato per aver violato le procedure della centrale nucleare. Nel marzo del 2000 le autorità giapponesi hanno revocato la licenza di esercizio a JCO.

La centrale nucleare di Tsuruga
La centrale di Tsuruga dove si è verificato incidente

La centrale nucleare di Tsuruga ha visto la sua dose di incidenti, un refrigerante del reattore si è dispero nel dicembre del 1995, provocando la chiusura del reattore per un anno, e come al solito nessuna fuga radioattiva fu riportata a seguito di quell’incidente.

Il 13 luglio del 1999 al mondo furono ricordati i pericoli insiti nell’energia nucleare dopo che una rottura in una tubazione provocò la fuoriuscita di 90 tonnellate di acqua radioattiva. Il reattore coinvolto nel guasto aveva iniziato la propria attività nel 1987.

Il livello delle radiazioni nella fuga d’acqua era 11.500 volte superiore ai limiti di sicurezza, un incremento sostanziale rispetto alla quantità di 250 volte che era stata comunicata in un primo momento. L’enorme differenza tra i dati comunicati ha fatto sì che molte persone pensassero a un insabbiamento.

Dopo una successiva ispezione, la Japan Atomic Power Company ha scoperto una frattura lunga 8 centimetri nell’impianto per l’energia nucleare di Tsuruga, che ha causato un’inondazione di acqua radioattiva nella struttura.

La tubazione faceva parte di un sistema utilizzato per rimuovere le impurità dal circuito primario di raffreddamento e per controllare la temperatura. Il liquido di raffreddamento è diventato radioattivo a causa del contatto diretto con il reattore nucleare.

Anche dopo la chiusura del reattore, i funzionari furono messi in allarme perché la radioattività continuava a uscire. Dopo 14 ore convulse per la difficoltà delle operazioni di spegnimento, la stanza era abbastanza fredda per farvi entrare i lavoratori, per indagare e fermare la perdita.

Il ministro dell’Industria e del Commercio giapponese, Kaoru Yosano, ha detto che verranno svolte indagini che giungeranno alle cause: "Se questo incidente sia avvenuto a causa di un guasto inatteso o per la disposizione dell’impianto, dobbiamo condurre un’indagine accurata per scoprirne la causa.” All’epoca, l’industria nucleare giapponese forniva circa un terzo dell’elettricità della nazione.

La centrale nucleare di Mihami – Prefettura di Fukui

Nell’agosto del 2004, del vapore e acqua in ebollizione stavano spillando da una turbina nei pressi del reattore numero 3. Furono inizialmente riportati almeno quattro feriti e più di dieci persone ebbero delle ustioni. Almeno uno dei feriti è in condizioni gravi, con l’80% del corpo ustionato. La Kansai Electric Power Company, che gestisce l’impianto di Mihama, ha detto di aver interrotto la produzione di energia alle 3:28pm (0628 GMT), e che stava ancora indagando le cause dell’incidente.

Il ministro per il Commercio giapponese, Shoichi Nakagawa, che è responsabile per le politiche sul nucleare, si è scusato giovedì per l’incidente: "Non dobbiamo abbassare la nostra fiducia per le politiche dell’energia nucleare. Siamo intenzionati a indagare la causa e assicurarci che non accada di nuovo."

Il vice-direttore dell’impianto della KEPCO, Akira Kokado, disse che la compagnia era stata informata dagli appaltatori privati nell’aprile 2003 che le condutture di raffreddamento che avevano ceduto necessitavano di un accurato controllo di sicurezza e che erano una minaccia per la sicurezza. Fu più tardi confermato che la tubazioni di raffreddamento era stata pericolosamente corrosa dai suoi originali 10 mm di spessore fino a solo 1,4 mm. L’azienda comunicò che la tubazione non fu più controllata perché non ci si aspettava che venisse corrosa così rapidamente, e non era stata testata dal 1976.

"Abbiamo fatto ispezioni visive, ma non abbiamo mai fatto test agli ultrasuoni, che possono misurare lo spessore della tubatura in acciaio", ha detto il portavoce Haruo Nakano.

L’agenzia di stampa giapponese Kyodo citò le fonti investigative, riportando che la polizia credeva che KEPCO non avesse rispettato gli standard di sicurezza consentendo ai lavoratori di effettuare un’ispezione annuale mentre l’impianto era ancora in esercizio.

Il portavoce della polizia, Fuminaga Miyamoto, disse che gli ispettori della polizia furono accompagnati dalle autorità regionali e nazionali appena arrivati all’impianto il giovedì: "La polizia sta indagando l’azienda per sospetti di negligenza che hanno provocato un decesso."

L’azienda reiterò che non c’erano state fughe dall’impianto, e che non c’era pericolo ai residenti del posto. I funzionarono che l’incidente era stato causato da una mancanza di liquido refrigerante, provocando l’uscita del vapore dalle turbine.

Sempre a Mihama, una perdita di liquido refrigerante dal reattore 2 nel 1991 fece attivare una campagna giapponese contro la costruzione di nuovi reattori.

La centrale nucleare di Ohi - Fuikui

Nel Marzo 2006, a un incendio divampò ferendo due persone, ma i resoconti iniziali stabilirono che non c’era stata fuga di radioattività. La centrale di Ohi è gestita dalla Kansai Electric Power Co. (KEPCO). Anche se la struttura per il contenimento dei rifiuti è collocata tra i due reattori, KEPCO riferì che i due generatori non erano stati interessati e che stavano operando come al solito. KEPCO disse che la vampata poteva essere partita da una zona dove la cenere è stivata in barili di acciaio.

Ikuo Muramatsu di KEPCO disse che il fumo aveva ritardato l’ingresso dei pompieri per due ore. Un funzionario della prefettura disse che la struttura di contenimento dei rifiuti aveva una quantità molto scarsa di rifiuti radioattivi.

"Non c’è stato impatto sull’ambiente e abbiamo verificato che gli impiegati non fossero venuti a contatto con radiazioni insolite", così l’agenzia di stampa Reuters citò le parole dell’anonimo funzionario.

La centrale nucleare di Shika

Shika



Nel marzo del 2006, un tribunale ha ordinato la chiusura del reattore allora più giovane, per rischi alla sicurezza. I residenti avevano intentato una causa nel 1999, quando iniziò la costruzione del secondo più grande reattore del paese.

Le persone del posto dissero che il reattore 2 era stato costruito usando linee guide sulla sicurezza ormai datate. Denunciano che sarebbero stati in pericolo di gravi incidenti perché nei pressi di una faglia tettonica, dove gli esperti del governo avevano già fatto presente la possibilità di un terremoto di magnitudo 7,6.

Il 18 giugno del 1999, nel corso di un’ispezione, fu praticata un’inserzione di emergenza di una barra di controllo all’Unità 1. La barra doveva essere inserita nel reattore, ma a causa di un errore nell’esecuzione della procedura, furono tolte tre barre invece di una. Nei successivi quindici minuti, il reattore raggiunse lo stato critico. Questo evento non è stato rivelato fino al 15 marzo del 2007, dopo che è stato rintracciato nelle registrazione.

Un tribunale di ordine inferiore aveva ordinato la chiusura dell’intero impianto, ma quella decisione fu rivista all’alta corte di Nagoya. L’azienda fece richiesta al governo della Prefettura di Ishikawa e alla città di Shika per il riavvio dell’Unità 1. L’unità fu riaccesa l’11 maggio 2009 e ridivenne operativa il 13 maggio.
Le centrali nucleari giapponesi

Chūbu Electric Power Company (CHUDEN)

Chūgoku Electric Power Company (Energia)

Hokkaidō Electric Power Company (HEPCO)

Hokuriku Electric Power Company (RIKUDEN)

Kansai Electric Power Company (KEPCO)

Kyūshū Electric Power Company (Kyūshū Electric)

Shikoku Electric Power Company (YONDEN)

Tōhoku Electric Power Company (Tōhoku Electric)

The Tokyo Electric Power Company (TEPCO)

Alcuni incidenti degni di nota:

1981: circa trecento lavoratori sono stati esposti a un eccessivo livello di radiazioni dopo una spaccatura a una barra di combustibile nel corso delle riparazioni alla centrale nucleare di Tsuruga.

Dicembre 1995: la perdita di sodio ai reattori autofertilizzanti della centrale nucleare di Monju. L’azienda di stato Donen fu scoperta per aver nascosto spezzoni di videotape che evidenziavano notevoli danni al reattore.

Marzo 1997: l’incendio e l’esplosione all’impianto di riprocessamento nucleare di Tokaimura, nord est di Tokyo. Trentasette lavoratori esposti a basse dosi di radiazione. Donen più tardi ammise di aver inizialmente soppresso le informazioni sull’incendio.

1999: un malfunzionamento al sistema di prelievo del carburante nella centrale nucleare della Prefettura di Fukui avviò una reazione nucleare incontrollata e un esplosione.

Settembre 1999: l’incidente critico alla struttura di produzione del combustibile di Tokai. Centinaia di persone sono state esposte alle radiazioni, tre lavoratori hanno ricevuto dosi sopra i limiti di legge, due dei quali sono morti.

2000: tre dirigenti di Tokyo Electric Power Co. Sono stati costretti alle dimissioni dopo che nel 1989 la compagnia ordinò a un impiegato di editare le riprese che mostravano le crepe nelle condotte per il vapore della centrale nucleare che dovevano essere mostrati ai controllori.

Agosto 2002: l’avvio di uno scandalo per le falsificazioni che poi ha portato alla chiusura di tutti e 17 i reattori nucleari di Tokyo Electric Power Company; i funzionari di Tokyo Electric avevano falsificato i rapporti delle ispezioni e cercarono di nascondere le fessurazioni nel mantello protettivo dei reattori in 13 delle 17 unità.

2002: Due lavoratori sono stati esposti a una piccola quantità di radiazioni e hanno avuto piccole ustioni durante un incendio all’impianto nucleare di Onagawa nel nord del Giappone.

9 agosto 2004: quattro lavoratori sono deceduti in seguito a un’esplosione di vapore alla centrale Mihama-3; l’indagine conseguente ha rivelato gravi mancanze nelle ispezioni sistematiche alle centrali nucleari giapponesi, che ha portato a un severo programma di ispezioni.

2006: una piccola quantità di vapore radioattivo è stato rilasciato dall’impianto Fukushima Dai-ichi ed è uscita dalla struttura.

16 Luglio 2007: un forte terremoto (6,8 della scala Richter) ha colpito la regione dove è situata la centrale nucleare Kashiwazaki-Kariwa di Tokyo Electric e l’acqua radioattiva si è rovesciata nel Mare del Giappone; ancora nel marzo 2009, tutti i reattori erano ancora chiusi per la verifica ai danni e le riparazioni; l’impianto con le sette unità era la più grande centrale di energia nucleare al mondo.

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Fonte: http://en.m4.cn/archives/19904.html

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