domenica 29 aprile 2012

Il tesoro della Sardinya si chiama campagna

Parla il presidente del Fai (Fondo Ambiente) regionale Maria Grazia Piras 

 Caterina Pinna

unionesarda.it

Il tesoro dell'Isola
si chiama campagna

«Ritorno all'attività agricola contro la crisi» 

 

C'è un tesoro in Sardegna e si chiama campagna. Un azzardo in tempi così duri? Una formula poco praticabile in una regione dove la terra si sposa con abbandono? Tutt'altro. «Un ritorno all'attività agricola non è solo una moda - spiega Maria Grazia Piras, presidente regionale del Fai (Fondo Ambiente italiano) - ma un programma serio e necessario per dare una concreta risposta al bisogno di lavoro nella nostra isola e assolvere contemporaneamente alla funzione di presidio del nostro paesaggio. Il paesaggio non è solo valore astratto ma una risorsa preziosa tanto da spingere la comunità Europea a destinare cospicui fondi a questo obiettivo. Si spera che la proposta contenuta nella PAC 2014- 2020 che vincola il 30 per cento del pagamento unico aziendale al mantenimento di almeno il 7 per cento della superficie agricola ad aree naturali possa essere confermata. In Sardegna l'agricoltura deve essere riconsiderata attività primaria dalla quale partire per avviare la spinta al secondario e terziario e persino alla ricerca scientifica».

Il concetto “il futuro è il nostro passato” è più che mai vero? «Sì, oggi più di ieri il paesaggio è un bene vitale, fruibile, sul quale far rivivere la nostra storia ma anche la nostra economia. Non un paesaggio museo. Pensiamo al nostro patrimonio nuragico e pensiamo a una qualsiasi strada di campagna, magari dopo una pioggia. Oppure con le ombre di giugno tra mille sfumature di verde. In quel paesaggio all'improvviso spunta un nuraghe. Ecco, non pensiamo mai che il nuraghe è legato a quella campagna ed è lì perché è legato proprio a quel specifico paesaggio. Intendo dire che in ogni altro posto quel nuraghe non avrebbe senso. Perciò il luogo da tutelare non è più il bene archeologico circoscritto, ma tutto l'ambiente nel quale esso ha la sua ubicazione, la sua storia e il suo significato. Quanti percorsi potremmo disegnare nella nostra isola coniugando archeologia e paesaggio? Quello che serve è tracciare un forte legame tra mondo culturale ed economico con la nascita di piccole iniziative».

Il 24 e il 25 marzo il Fondo ha rinnovato l'iniziativa della Giornata FAI di Primavera e Cagliari, dove si poteva visitare la necropoli punica, ha registrato il record di visitatori. «L'attenzione su Tuvixeddu è in parte figlia del lungo dibattito, polemiche e contrasti che in questi anni si è sviluppato intorno all'aerea e al suo destino. Questo ha indubbiamente creato una mobilitazione, non solo a Cagliari ma in tutta la Sardegna. Oltre questa spinta credo davvero si stia facendo strada, soprattutto nei giovani, una coscienza nuova, una maggiore consapevolezza del valore di un bene archeologico e ambientale».

Da un record positivo a uno negativo. Negli ultimi 60 anni in Sardegna c'è stato un incremento del suolo urbanizzato del 1154 per cento. È come se avessimo mangiato tre ettari di terra al giorno. Sassari, per esempio, ha visto ridursi la corona di oliveti spagnoli che la circondava. «Purtroppo è così. La Sardegna è la regione che ha consumato più suolo con una variazione pro capite 10 volte più alta rispetto agli anni Cinquanta. Questo dato in Sardegna è naturalmente molto legato alle attività turistiche. Il fenomeno delle seconde case che ha dominato sino a oggi sta cambiando e richiede un nuovo modello anche per chi crede come me nella forza propulsiva dell'attività turistica ma, ormai, soprattutto i giovani vogliono anche altro. Solo un ripensamento complessivo può impedire che nel frattempo continui a crescere la percentuale di terra non coltivata e la moria di aziende agricole . Qualcosa inizia a muoversi e i dipartimenti di agraria a Sassari guardano con interesse un paese come Ittiri che si è mobilitato per il recupero e la fruizione dei suoi uliveti».

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha confidato a Giulia Maria Crespi, infaticabile anima del Fai, che la Sardegna è un giacimento culturale di valore universale. Ma perché lo sanno gli altri e noi no? Perché nel resto del mondo sanno calamitare turisti intorno a beni infinitamente meno belli e suggestivi dei nostri. L'ultimo esempio viene dal bacino della Ruhr, diventato capitale della Cultura europea? «Abbiamo avuto nel passato poca consapevolezza dell'importanza della nostra storia e della nostra cultura. Questo per fortuna sta cambiando. I giganti di Monte Prama sono la scoperta che più ci ha costretto a riflettere sulla nostra storia e che ci dice che i Sardi hanno avuto momenti di grande splendore non solo culturale ma anche economico. Una grande lezione di autostima. Sempre per rimanere su ciò che abbiamo di bello dobbiamo ricordarci dei nostri parchi che rappresentano un altro aspetto della tutela paesaggistica. Purtroppo se ne parla sempre meno. La maggior parte dei parchi non sono decollati, non sono appieno godibili dai visitatori. Il salto culturale da fare è trovare il giusto punto di equilibrio tra uso della risorsa e della sua tutela senza cadere nell'eccesso opposto, cioè imbalsamarla. È il rischio che corrono anche alcuni centri storici dove tutto è perfetto e dove però non c'è più vita».

Buoni segnali per il futuro? «Fortunatamente sì, ci sono stati soprattutto con il piano paesaggistico. Perciò bisogna evitare che venga stravolto mantenendolo ancorato al codice dei beni culturali. Non bisogna abbassare la guardia. Questo è possibile perché si fa strada una nuova coscienza che è la garanzia affinché alcuni errori commessi nel passato non possano più ripetersi».

sabato 28 aprile 2012

Sos Sardos e sa Die in su 2012


Antoni Murone


Ite cheret nàrrere ammentare sa Die a meda annos dae tando, cando sos Sardos aiant chircadu de si ribellare a sos dominadores colonialistas? A tempos de oe, cando s'Itàlia paret chi nos chèrzat iscatzare a foras dae sa Repùblica, traighende sos patos frimmados subra su dinari e sas tassas, cantu nos semus abizzende chi s'istòria est movinde finas issa paris cun nois, in fatu nostru?
Sa zente est comintzende a cumprèndere chi s'Itàlia e sas àteras Natziones si sunt morende non tantu e non solu pro sa chistione de su dinari e de su traballu chi mancat, ma fintzas pro ite mancat un'ispinta a s'azzudu comune.


A die de oe, cando s'Itàlia e sos printzipales de ogni zenia paret nos chèrzant leare su diritu a colare a fora de s'Isula paghende su chi est giustu pro su biàzzu, serrant sas fàbricas e nos lassant s'arga in terra nostra, est arrivende forzis s'ora de lis torrare una risposta forte.
Sas Dies de sa Sardigna sunt cussas chi sunt intrende. Si su pòpulu sardu cumprendet chi solu sende unidu podet bìnchere sa partida, potet arrivare s'ora de estirpare sos abusos e pònnere a fora sos malos usos.

mercoledì 25 aprile 2012

Base Usa, Regione beffata: a quasi vent'anni dalla chiusura della base Usa, il Ministero della Difesa (Aeronautica militare) è fuori dai giochi.

Grazie ad un accordo bluff, la Difesa ha scaricato tutto su Cagliari

Base Usa, Regione beffata

Lo Stato non è più responsabile delle bonifiche



www.unionesarda.it Andrea Busia
TEMPIO Missione compiuta: adesso si può dire con assoluta certezza che i grattacapi e i problemi della ex base Usa sul Limbara, sono tutti sul groppone della Regione. Lo Stato (con grande abilità, bisogna dirlo) è riuscito a scaricare la patata bollente e lo ha fatto senza garantire un centesimo di euro per la riqualificazione della stazione radar della Us Air Force. Le carte parlano chiaro: nel 2008 (un altro regalo del G8) i quattro ettari della base dismessa sono stati incamerati dalla Regione, l'area faceva parte del patrimonio del Demanio. Formalmente si tratta di un passaggio di consegne provvisorio. Alla luce di quello che è successo sino a oggi, si può dire invece che lo scaricabarile consegna definitivamente all'amministrazione regionale un sito da bonificare.

LA BEFFA I costi della riqualificazione sono lievitati (si parla di almeno due milioni di euro) e una lunga serie di ostacoli burocratici, rende l'intervento estremamente complicato. Insomma, a quasi vent'anni dalla chiusura della base Usa, il Ministero della Difesa (Aeronautica militare) è fuori dai giochi e altri (Regione e Comune di Tempio) devono trovare la soluzione di un problema che nasce dall'attuazione di trattati internazionali spesso top secret. Il quadro è questo e non ci sono buone notizie.

SCARICABARILE Nel 2010 il Consiglio comunale di Tempio aveva respinto all'unanimità la proposta (una vera furbata della Regione) del passaggio della ex base al patrimonio municipale. Le parole di Gianni Monteduro (allora consigliere di minoranza) chiariscono le reali intenzioni del fallito blitz: «Il debito di guerra imposto alla Sardegna e ai tempiesi, adesso diventa un onere per noi che dovremmo accollarci la pulizia di spazzatura militare e tecnologica». Il Comune disse no e il materiale (sei parabole, due cisterne, prefabbricati in amianto, una centrale elettrica, la sala delle teletrasmissioni e rifiuti speciali come alluminio, piombo, acidi e lana di vetro) è rimasto al suo posto.

L'INCHIESTA La Procura di Tempio, dopo una denuncia presentata dagli indipendendisti di Irs, aprì un'inchiesta che venna affidata al personale della sezione di polizia giudiziaria del Corpo Forestale. Un fascicolo dalla vita breve, perché ai magistrati venne spiegato che la situazione di abbandono (con gravi rischi di inquinamento) stava per essere risolta grazie ad un accordo Stato-Regione. Anche i pm sono stati beffati: dopo l'archiviazione delle indagini, sul Limbara non è successo niente. Conclude il capogruppo di minoranza in Consiglio comunale, Francesco Quargenti: «Una novità c'è, la Giunta Frediani rischia di perdere gli unici finanziamenti stanziati, quelli per la realizzazione di un piccolo acquedotto nella zona della base».

martedì 24 aprile 2012

L'arcivescovo Arrigo Miglio: «Ho tanto da imparare»

Giulio Zasso 

unionesarda.it 

Cagliari l'arcivescovo Arrigo Miglio è arrivato in città



Si affaccia all'uscita secondaria degli arrivi a Elmas. Un cenno di saluto e poi il passo deciso verso un vecchio amico. Il sorriso è caldo, come l'abbraccio. Arrigo Miglio non nasconde l'emozione quando incontra don Luigi De Magistris, l'arcivescovo cagliaritano ottantaseienne (che ha chiuso la carriera da pro-penitenziere maggiore), arrivato sino all'aeroporto per salutarlo. «È una grande emozione per me essere qui, in questa terra ricca», sussurra dietro un sorriso il nuovo capo della chiesa cagliaritana (che controlla anche le diocesi di Iglesias, Nuoro e Lanusei).
 
C'è un comitato d'accoglienza ristretto a ricevere l'arcivescovo piemontese, tra cui il vicario Giovanni Ligas (di Pio X), il cerimoniere Alberto Pala (parroco della Cattedrale), Albino Lilliu, in rappresentanza dell'Ufficio liturgico, e la laica Lucia Baire, direttrice del museo diocesano. Con loro la rappresentanza arrivata da Ivrea: l'arcipreste Luca Meinardi e Davide Smiderle, capo della pastorale giovanile. 
Miglio saluta tutti: «Sono qua per imparare, sono convinto che non arrivi mai il tempo per fermarsi». È un ritorno nell'Isola dopo gli anni da vescovo a Iglesias. Ha guidato la diocesi sulcitana dal 1992 al 1999. «Ma è stato tempo fa», si schermisce, «non posso affermare di conoscere così bene la Sardegna». I pensieri girano a mille, perché in questi giorni di cambiamenti «c'è anche il distacco» da Ivrea, dove è stato vescovo per tredici anni. Praticamente a casa sua: è nato pochi chilometri più in là, a San Giorgio Canavese.
 
Il passaggio all'aeroporto è rapido, poi Arrigo Miglio s'infila nella Polo Volkswagen di padre Alberto Pala e corre veloce verso la sua prima base cagliaritana. Notte al santuario di Bonaria per un breve ritiro spirituale in vista dell'uscita ufficiale di questa sera. L'arcivescovo incontrerà alle 20 i giovani nella cappella del seminario arcivescovile di via Cadello. Proprio accanto a Monte Claro il prelato potrebbe scegliere la sua residenza definitiva, anche se c'è l'alternativa del seminario regionale, che è a pochissima distanza. Il suo predecessore Giuseppe Mani aveva scelto, invece, di vivere sul colle di via dei Falconi, dalle suore Figlie della carità.
 
Domani l'arcivescovo Miglio farà la sua prima uscita ufficiale in città. Alle 16 presiederà in Cattedrale i vespri solenni e subito dopo - alle 16 e 30 - guiderà il pellegrinaggio a piedi verso Bonaria. Alle 17 e 30, proprio davanti alla basilica, ci sarà il benvenuto del sindaco Massimo Zedda, che lo saluterà a nome della città. Alle 18 comincerà la messa solenne nel santuario dei frati mercedari.

domenica 22 aprile 2012

Indipendenti? Ora si può.. EJA!



de Fabio manca
«Viviamo una crisi pazzesca in tutti i settori della società: per i sardi è un'occasione storica, la più proficua del dopoguerra»
 
Giacomo Sanna



Che cos'è l'indipendentismo. E soprattutto, come si concretizza?
Giacomo Sanna fa un sospiro, sorride sornione, guarda dritti negli occhi gli interlocutori e risponde non da filosofo utopista ma, da uomo pragmatico, con gli esempi. «Spiegarlo alla gente è difficile, bisogna evitare astrattismi, parlare la lingua giusta con chi ha perso il lavoro, con chi dispera di trovarlo, con chi ha perso la dignità».


Dunque?«Indipendentismo, cito tre casi, è affrontare la questione dell'energia, del costo del denaro e dei trasporti tenendo conto che siamo un'isola e non Milano, che i nostri costi sono nettamente superiori».
Ma per questo basta l'autonomia?«Evidentemente no. L'autonomia ha i suoi limiti ed i Governi sono sempre più arroganti, egoisti. Non distinguono, fanno due conti ed emettono provvedimenti che penalizzano i più deboli».


Il sistema fiscale, ad esempio.«Esatto. Il nostro è uguale per ricchi e poveri. Inaccettabile. Problemi diversi non si possono affrontare con gli stessi strumenti».
Lei che cosa farebbe?«Ad esempio voglio poter decidere che le nostre imprese o quelle che investono e assumono in Sardegna paghino un'aliquota Irpef all'otto o al dieci per cento».


La crisi economica, la crescita dell'avversione ai partiti come simbolo della degenerazione morale ed economica rendono la gente più sensibile all'indipendentismo?«Abbiamo, lo dico paradossalmente, la fortuna di vivere una crisi pazzesca in tutti i settori della società e abbiamo un problema morale gigantesco. Questo rende la gente disperata, la fa riflettere. Se hai la pancia piena, i vantaggi dell'indipendenza non ti toccano. Se sei disperato sì. È un'occasione storica, la migliore del dopoguerra».


Perché?«Sa qual è la differenza rispetto ad allora? Che la gente prima della guerra non aveva niente o aveva poco e doveva costruire tutto. Era tutto difficile ma c'erano stimoli, persino entusiasmo. Ora è diverso: gli italiani stanno passando da un consumismo sfrenato al precipizio. Tra non avere e dover conquistare ed avere molto e perdere tutto c'è un abisso. Per questo dico che è un'occasione storica».


Non a caso la stanno cavalcando molti partiti italiani di maggioranza e opposizione. Che recentemente in Consiglio regionale hanno approvato il vostro ordine del giorno che propone di verificare «il fondamento della permanenza della Sardegna nella Repubblica italiana«È una ulteriore dimostrazione che il sentimento cresce assieme al risentimento verso un Governo che ci schiaffeggia ogni giorno, incapace perfino di rispettare gli impegni che assume e le leggi che emana. Ecco perché molti stanno entrando nel recinto dell'indipendentismo».


Oggi qualcuno parla di secessione al contrario, cioè è lo Stato che ci allontana, come una zavorra.«No gli do torto. Però è un paradosso».
Un popolo litigioso come il nostro è capace di autodeterminarsi? Continuiamo ad essere mal unidos e i primi a dividersi sono i promotori dell'indipendenza.«Ha ragione. Nella galassia c'è un difetto di democrazia, c'è chi fatica ad accettare regole condivise e fatica a stare assieme. L'indipendenza non può diventare una dittatura».


Anche il suo partito si è diviso mille volte.«Vero, ma ha avuto scissioni momentanee e chi si è allontanato ha avuto vita politicamente breve».
Come il suo amico Efisio Serrenti?«Eravamo amici, lo invitai a non strappare, ma lui decise di sostenere la Giunta Floris e ci dividemmo. Soffrii molto per la sua scelta. Ma alla lunga non pagò. I Sardistas si sono estinti dopo pochi anni».


Si sono scisse anche Sardigna Natzione e Irs, è nata Progres.«In un movimento le discussioni sono fisiologiche come le battaglie, anche dure. Bisogna credere nella propria missione ed essere capaci di superare le difficoltà. Con Bustianu e Gavino ho fatto molte battaglie, sono miei amici, non si può non andare d'accordo con loro. Abbiamo fatto Sardegna libera, una creatura che ho voluto, ma la gente non era matura. Arriverà il giorno in cui lo sarà».


C'è la possibilità che voi e i Rossomori vi riuniate?«Le racconto un aneddoto. Molti anni fa, a Sassari, ero assessore provinciale e facevo vita di sezione. Ci furono divergenze nel partito ed io per nove mesi non presi la tessera, ma rimasi dentro. Né io né nessuno dei miei compagni di partito pensammo di andar via anche se c'erano difficoltà. Non si va via dalla squadra se si perde la partita. Ecco perché non voglio riportare dentro chi ha creato divisioni e lacerazioni».


Anche di recente il tavolo della convergenza indipendentista ha lavorato a lungo per costruire un documento sui valori condivisi poi si è spaccato.«Ho visto».


Una delle cause sembra essere stata il referendum sull'indipendenza promosso da Malu Entu: secondo alcuni suoi commensali ha fatto una imperdonabile fuga in avanti solitaria.«Concordo. Doddore lo conosco dal congresso dell'81, è simpatico ed ha carisma. Ma deve capire che non ci si può imbarcare in una battaglia come questa anticipando i tempi, per fare il primo della classe. O magari per recuperare finanziamenti».


Ma ha appena detto che i tempi sono maturi.«Per battersi per l'indipendenza sì, ma proprio per questo occorre ragionare, pianificare, convergere, non fare fughe in avanti. Bisogna trovare il modo giusto per fare le cose».


E qual è il modo giusto?«Faccio l'esempio del referendum sulle scorie. Bustianu lo promosse, noi gli demmo una mano. Fummo aiutati da tutti i media, che garantirono informazione dettagliata e costante e, dunque, un traino straordinario, l'iniziativa fu sposata dal presidente della Regione Cappellacci che si schierò apertamente con noi e ci fu un colpo di fortuna».
L'incidente in Giappone.«Esatto. Tutto questo ci consentì di conquistare una vittoria straordinaria contro il Governo».


Qual è la controindicazione dell'indipendentismo?«Non ce ne sono. Se invece mi chiede qual è il limite attuale ribadisco: la democrazia. C'è ancora qualcuno che la mette in discussione, che non la accetta che non la applica, che ha difficoltà a stare assieme».


Potreste imparare dai baschi o dai catalani. O anche da Malta e Cipro.«Hanno concretizzato ciò che noi riusciamo solo a postulare, hanno un'altra statura».



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Nasce Sardigna Libera



 Nasce SARDIGNA LIBERA


Sabato 21 aprile 2012 alle ore 10,00 all'hotel Regina Margherita a Cagliari viene ufficializzata la nascita del Movimento politico Sardigna Libera coordinato da Claudia Zuncheddu. 
Ospite dell'iniziativa Giulietto Chiesa.


Giuseppe Meloni

Claudia Zuncheddu, da Indipendentistas a Sardigna libera




C'è un nuovo simbolo nell'area (vasta) dell'indipendentismo, che già vede proliferare mori, isole, alberi. L'immagine scelta da “Sardigna libera”, il movimento presentato ieri a Cagliari dalla consigliera regionale Claudia Zuncheddu, somiglia al profilo di un moro (rosso): però sugli occhi, anziché la benda, c'è la fascia col nome del nuovo soggetto politico. E, al di sopra, la fronte si trasforma nella silhouette della Sardegna.


UN NUOVO STATO 
«È la sintesi della nazione sarda», ha spiegato la Zuncheddu a un'assemblea di un centinaio di persone che l'ha acclamata segretaria: «Il volto rappresenta il popolo, la cartina richiama il territorio». Due elementi costitutivi di quello Stato indipendente che è l'obiettivo di Sardigna libera: «Sessant'anni di politiche autonomistiche ci hanno portato solo povertà e zozzerie, inquinamento e servitù militari, distruggendo il territorio», è il ragionamento della fondatrice, ex Psd'Az, eletta in Consiglio regionale nel 2009 con i Rossomori.


Ultimamente Claudia Zuncheddu si definiva “Indipendentistas”, nome che ora cede il passo appunto a Sardigna libera. «Ma io sono solo il vostro microfono», ha detto la leader ai presenti: «Dietro questa sigla ci sono movimenti, comitati di lotta come quelli anti-radar, indipendentisti che non si riconoscono nelle altre formazioni politiche».


Con queste ultime, poi, si cercherà di collaborare. Ma sul referendum per l'indipendenza di Doddore Meloni c'è dissenso: «Non siamo stati coinvolti, e poi si rischia di danneggiare la causa». L'indole di Sl sembra puntare sui temi dell'ambiente («la chimica verde in realtà di verde non ha nulla, è solo un inceneritore»), dell'antimilitarismo, della sovranità fiscale. La prima battaglia, per altro già intrapresa nei mesi scorsi, è quella contro il gasdotto Galsi.


L'ALTERNATIVA 
Oltre a una leadership politica, il movimento ha già una sua struttura, con un consiglio nazionale presieduto da Pier Giorgio Meli (vice Valeria Fanari, tesoriere Francesco Loddo). Ma anche legami esterni. In particolare con L'Alternativa di Giulietto Chiesa, il giornalista-scrittore (ed ex eurodeputato) che ieri ha partecipato alla presentazione di Sardigna libera: «Sono con voi, vi propongo un patto d'azione comune. A partire dalle battaglie sul territorio. L'esempio è quello della Val di Susa: sono in 60mila, ma per sconfiggerli ci vuole l'esercito. Il mio è auspicio è: una, dieci, cento Val di Susa».


radiopress.cagliari

Si chiama Sardigna libera, il progetto politico fondato dalla consigliera regionale indipendentista Claudia Zuncheddu, presentato oggi. Il simbolo scelto rappresenta un profilo femminile (la Nazione) in rosso su sfondo bianco, delineato dalle coste della Sardegna (il territorio) e, a coprire gli occhi, la scritta Sardigna (in nero) Libera (in rosso).
“Il movimento parte oggi ma al termine di un percorso iniziato un anno fa”, ha spiegato Zuncheddu, ex Rosso Mori, “nelle istituzioni e soprattutto fuori, con il confronto costante con i territori. Sardigna libera nasce in un momento di crisi mondiale di cui la Sardegna sta facendo le spese. Stiamo scontando la politica dei 60 anni della cosiddetta Autonomia che ha visto il depauperamento del territorio, il degrado, le servitu’ militari, l’industrializzazione, il petrolchimico. Hanno consumato il territorio, avvelenato l’ambiente e ora l’emergenza deve far fare una riflessione seria, perche’ la classe politica sarda ha le stesse responsabilita’ di quella italiana: e’ stata complice e adesso ci propone nuovi scempi. Il nostro nuovo percorso non sara’ breve, ma ci deve portare alla liberazione della nazione sarda”.
Alla presentazione ha partecipato anche il giornalista Giulietto Chiesa che ha esortato:  ”Difendiamo il territorio. Non dimentichiamo mai che noi siamo la legge, non loro. Stanno cambiando le regole, la Costituzione, decidono in pochi per la nostra terra, la nostra salute, la nostra vita. Propongo un patto d’azione per fare insieme l’alternativa nazionale ed europea e Sardigna libera qui e’ l’alternativa,riprendiamoci sovranita’ e territorio“.



Piero Borrotzu, Omini de sambene Sardu de Gloria manna; orgolliu noshtu!

Gino Camboni
unionesarda.it

Piero Borrotzu


A Chiusola si ricorda il partigiano d'origine sarda,
 L'eroico Piero Borrotzu che diede la vita per un intero paese.


Anche quest'anno a Chiusola, in terra ligure, nella Lunigiana sarda d'una volta, si commemora Piero Borrotzu, il tenente partigiano che ha dato la vita per salvare un intero paese. Per ricordarlo, nel 68° anniversario del sacrificio, il sindaco Giovanni Lucchetti Morlani del Comune di Sesta Godano, di cui Chiusola è frazione, ha voluto dedicargli una breve, ma intensa cerimonia, fissata per la mattina del 24.

Martire e medaglia d'oro della Resistenza, il "tenente Piero", sebbene fosse di padre sardo, è poco conosciuto nell'isola. Il suo nome è molto più sentito e vivo nella terra della madre, in Liguria, soprattutto sui monti dell'alta Val di Vara, dove morì da eroe. Aveva soltanto 22 anni quando il 5 aprile del 1944 si consegnò ai carnefici per evitare che venissero trucidate una settantina di persone del borgo, rastrellate dai nazifascisti. Lui, che si nascondeva a Chiusola, poteva scappare, salvarsi, ma si consegnò e fu fucilato. 


La sua storia, perché pure in Sardegna se ne viva il ricordo, è stata proposta di recente, per iniziativa di un'insegnante, Martina Careddu, d'intesa con la dirigente scolastica, Carla Marchetti, a una quinta classe del Liceo delle Scienze Sociali Sebastiano Satta. Una delegazione di alunni e docenti di quella scuola porterà il nome dell'isola alla cerimonia commemorativa dall'altra parte del mare. 


«Proporre ai giovani di oggi un modello di eroe buono, positivo, che sia disposto a perdere la propria vita per salvare quella di altre persone, sembra un'impresa titanica», afferma Martina Careddu. «Ho scoperto invece con piacere, quasi con commozione, che la vicenda di Piero Borrotzu, eroe d'altri tempi, ha suscitato nei nostri giovani studenti stupore, incredulità, ammirazione e rispetto». «Li ha colpiti, in questa particolare lezione di storia, che pochi sapessero di Piero, sebbene nostro conterraneo, mentre in un "lontanissimo" paesino della Val di Vara, Chiusola di Sesta Godano, la popolazione ne ricorda ogni anno il martirio con una celebrazione solenne».


Un grande merito, questo, del Comune di Sesta Godano, scrigno e custode, come rimarca Martina Careddu, non solo della memoria di Piero e del suo gesto, ma anche degli ideali di libertà e di giustizia che hanno animato tanti giovani oltre mezzo secolo fa. Tra questi, a ricordarlo sino all'ultimo, era pure Pietro Greppi, il compagno d'armi di Piero, scomparso di recente. Lui e gli altri uomini della sua famiglia, il padre Giovanni, 63 anni, i figli Pietro 23 anni, Giovanni, 16 anni e Michele, di appena 14 anni, erano tra i settanta abitanti del borgo che erano stati radunati per l'esecuzione sommaria nel sagrato della chiesetta di San Michele.


«Quando sembrava che tutto fosse ormai perduto», raccontava Greppi, «vedemmo il tenente Piero presentarsi spontaneamente ai suoi carnefici per offrire la sua vita in cambio della nostra».


Di Borrotzu parla con commozione pure il novantenne Nello Quartieri, comandante del battaglione partigiano Picelli. 


«Era un giovane di saldi principi, generoso», ricorda. «Nel sagrato della chiesetta, dove l'hanno ucciso, lui, cattolico osservante, ha mostrato di saper amare il prossimo suo più di se stesso».L'hanno ben compreso pure gli alunni che a Chiusola porteranno l'omaggio della terra del padre. 




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sabato 21 aprile 2012

Quirra, le scatole cinesi; Tutti gli intrecci tra Fiat, Finmeccanica ed Sgs

Paolo Carta
unionesarda.it


QUIRRA:Tutti gli intrecci tra Fiat, Finmeccanica ed Sgs


I missili Milan, sospettati di aver rilasciato torio radioattivo nel di Quirra, sono stato prodotti dalla società Mbda, controllata da Finmeccanica


Qui comincia un gioco di scatole cinesi che la Procura di Lanusei è convinta di aver risolto, facendo luce su quel che è accaduto fin dagli anni 50 nel poligono tra Perdasdefogu e Villaputzu. Perché la stessa Finmeccanica ingloba la Oto Melara, azienda che produce armi testate a Quirra, e fa parte di un consorzio con Fiat Iveco. Si tratta dei maggiori clienti privati del poligono. Prima hanno affittato a cifre altissime (anche 50 mila euro all'ora) l'area militare per far provare le armi agli eserciti di mezzo mondo (compreso quello libico di Gheddafi). Adesso sono sospettati di aver inquinato quel meraviglioso angolo di paradiso, di aver provocato un disastro ambientale nei suoli, nell'aria e nelle acque e di aver favorito l'insorgenza di tumori in 169 abitanti della zona (pastori, militari e semplici residenti).


I CONTROLLI.
 Quando la Nato, su incarico del Ministero della Difesa, nel 2009 ha scelto le aziende alle quali affidare il controllo ambientale del poligono, alla ricerca di eventuali tracce di sostanze radioattive e nocive, uno dei lotti delle indagini è stato affidato alla Sgs. È una multinazionale che ha sedi in mezza Europa, comprese Olanda, Svizzera e Torino. Il presidente? Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat. Nel consiglio d'amministrazione anche John Elkann, rampollo delle famiglia Agnelli che controlla il 15 per cento della Sgs.

GLI INDAGATI. 
Questo circolo vizioso, secondo il Procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, avrebbe in qualche modo spinto due chimici della Sgs, Gilberto Nobile e Gabriella Fasciani (indagati per falso), a certificare che nel Salto di Quirra la presenza di sostanze altamente inquinanti non si poteva attribuire alle attività svolte al poligono. Tesi non supportata da un'analisi del fondo naturale dei suoli da usare come metro di paragone. Seguono poi altre osservazioni al lavoro formati dei due chimici torinesi. Un esempio: avrebbero affidato delicate analisi destinate a scoprire un eventuale inquinamento compiuto da militari ai laboratori chimici dell'Aeronautica di Pratica di Mare. Inoltre, «la limitazione di sensibilità degli apparecchi utilizzati poi per la ricerca di uranio impoverito nei campioni prelevati a Quirra», secondo i consulenti della Procura, era «fino a mille volte oltre quella necessaria per rilevare la presenza di uranio depleto», dice il fisico Evandro Lodi Rizzini, lo stesso che ha trovato torio nelle salme dei pastori riesumate a Perdasdefogu e Villaputzu. 


I CONTROLLI.
Ma in generale tutte le analisi della Sgs, secondo Fiordalisi, erano all'acqua di rosa: per il controllo ambientale di un'area di 7 chilometri quadrati sono stati analizzati solo sette lombrichi (erano stati prelevati 56 vermi per chilometro quadrato in Kosovo, come scritto in diverse riviste scientifiche). Nessuna valutazione poi sulle quantità di torio ritrovate negli stessi lombrichi, nei funghi e nel suolo di determinate zone del poligono.


Per completare l'intreccio di società con sede a Quirra, nell'inchiesta della Procura di Lanusei compare anche la Vitrociset, del gruppo Selex, controllata di Finmeccanica.


La Vitrociset appartiene a Edoarda Vesel, vedova di Camillo Crociani, ex presidente di Finmeccanica condannato nel 1975 a due anni e quattro mesi per le tangenti dello scandalo Lockeed (miliardi di lire versati per oliare l'acquisto degli aerei Hercules C130) e morto in Messico nel 1980. La Vitrociset ha l'appalto dei controlli radar della Difesa e una sede con circa 130 dipendenti anche a Quirra.


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