Francesco Cesare Casula
L'Isola dove tutti dormono e sognano e nessuno sa spiegare il perchè
Nemmeno uno scienziato inviato dall'Onu riesce a coronare la missione
In mezzo a un vasto azzurro mare orlato
d'antiche civiltà, insiste a vivere beata sotto il sol dell'avvenir
un'isola di sogno, nella quale si dorme e si sogna, si sogna e si dorme,
si dorme e si sogna in continuazione. Infatti, per questo, si chiama
Sarsogna.
L'ORIGINE Chi le avesse dato per primo un simile
nome, non si sa. I Greci achivi della Grecia e della Magna Grecia, in
verità, la chiamavano Enipniona, che, poi, vuol dire sempre “la
Dormiente che sogna”. Ma i più informati accademici odierni delle
universias studiorum, accaniti latinisti, affermano nelle loro tesi
dottorali di Filologia, Glottologia e Laringoiatria romanza che il nome
deriva dal latino somnium. E ragionano così: i vecchi naviganti
dell'alto mare aperto la conoscevano come ipsa insula somniat (che in
italiano vuol dire “quell'isola sogna”…).
Nel corso del tempo secondo
i dotti sarebbe caduta la ip e sarebbe rimasta solo la sa (chissà
perché). Poi, la parola insula si sarebbe sott'intesa da sola ed
eliminata in quanto ovvia.
Indi, dal II secolo a.Cr. in poi le
chartae nauticae l'inscrissero col toponimo Sasognat. Ma, questo
arbitrio non piaceva ai locali che spontaneamente aggiunsero una “r”
eufonica e presero a chiamarla, fra un riposo e l'altro, Sarsognat. In
ultimo, alle soglie del Medioevo, senza che nessuno se n'accorgesse
(perché tutti dormivano), se n'è andata via quatta quatta la ”t” di coda
per sfiducia nelle istituzioni. Ed eccoci giunti, così, a Sarsogna,
come tutti oggi la studiano nei libri di geografia e di antropologia.
SU GOOGLE EARTH
Proprio così: di geografia e di antropologia; perché l'isola ha in sé
una caratteristica unica al mondo, che la fa oggetto di attenti studi e
ricerche nel campo delle risorse fisiche e morali umane. Per la parte
fisica è presto detto. All'apertura serale di Google Earth risulta
posizionata nell'emisfero nord della terra, a mezza strada fra il polo
artico e l'equatore, in asse col meridiano londinese di Greenwich, ma un
po' più a destra che a sinistra. Ha la forma di un cuscino stazzonato,
tutto bozze e incavità al centro, sgualciture e spiegazzamenti ai lati.
Contuttociò ha pochi porti, perché gli unici approdi li fecero i romani
di passaggio, e ora, benché siano obsoleti e impraticabili (nelle
banchine sud ed est), gli indigeni li reputano ancora congeniali, e sono
troppo impegnati a dormire per pensare di riattarli coi tubi Innocenti,
o, magari, farne uno nuovo in località Santa Pilla, da chiamarsi -
potrebb'essere - Porto Alletto.
GLI ABITANTI Quanti abitanti
annoveri, Sarsogna, nessuno lo sa con precisione: chi dice 20.000 chi
200.000 chi addirittura due milioni (pecore incluse). L'incertezza nasce
dal fatto che nessun sarsognese è mai stato sveglio così a lungo da
riuscire a compilare il formulario del censimento fino in fondo. Ma, di
sicuro, quand'anche fossero 20.000, 200.000 o due milioni, essi sono
ripartiti in otto, anzi dodici circoscrizioni che aspirano a diventare
trentadue, come i denti dell'uomo/donna, in modo da poter masticare il
cibo senza sforzo. Le circoscrizioni sono diverse le une dalle altre, e
in competizione fra loro. Tutto dipende dalla postura dei dormienti.
Nella circoscrizione di mezzo sono posizionati a pancia in su; in quella
di sopra a pancia in giù. In quella di sotto dormono rannicchiati;
mentre, in quelle di lato sono tutti distesi. E ognuno difende la
propria posizione (che chiamano identità), anche a costo della vita.
IL MISTERO
Per cercar di capire perché i sarsognesi siano così addormentati tutti
gli antropologi dell'orbe terraqueo si buttano a capofitto
sull'antropologia culturale. Eppure, anche gli antropologi culturali,
che di queste cose se n'intendono e sanno applicare l'olistica come se
niente fosse, non riescono a spiegarsi il fenomeno sarsognese: «chi
riesce andar via dall'isola dopo un giorno o due si risveglia del tutto e
comincia pure a ragionare; chi invece arriva in Sarsogna sveglio e
arzillo, pieno di buoni propositi, dopo due o tre giorni si assopisce e
s'addormenta profondamente».
Alcuni antropologi, di non so dove, il
primo giorno del loro arrivo, frastornati dal russare collettivo,
andarono a chiedere lumi al governatore della regione. «Se non le sa
lui, queste cose», pensavano, «non a caso sarà stato eletto
governatore!».
Lo trovarono addormentato nell'alto scanno della sua
autorità con un brutto cappello in testa per ripararsi dalla luce del
sole. Cercarono di svegliarlo con cautela, poi scuotendolo leggermente,
infine sbatacchiandolo vigorosamente tanto che il cappellaccio gli andò
di traverso e rischiò di cadere. «Governatore - gridarono - perché
dormite tutti?». Il governatore, di mala voglia, aprì un occhio (due
sarebbe stato troppo), si aggiustò le manichette della giacca, quasi a
chiedere loro salvifica ispirazione, ingurgitò la domanda, la rimuginò
fra sé e sé, e infine trovò la soluzione: «Andate dallo storico di
Palazzo, lui conosce senza dubbio la verità», e si riappisolò.
PANICO MONDIALE
Neanche lo storico ne cavò piede e anche l'Onu ne fu atterrita.
Pensarono, allora, che la causa fosse l'aria («el aire pestilencial»
sentenziarono gli ambasciatori di lingua spagnola, che ricordavano la
malaria del passato). Tra il vedere e il non vedere, decisero ilico et
immediate, all'unanimità, di mandare un drone (aereo senza pilota) per
prelevare campioni di atmosfera insulare da analizzare. Niente da fare.
Per
farla breve, alla fine diedero la colpa alle mosche (in effetti, la
mosca tse-tse provoca il sonno). Chiesero alla comunità scientifica un
entomologo che fosse disposto a paracadutarsi al centro dell'isola con
tutta la sua attrezzatura (retini, microscopi, reagenti chimici,
vettovaglie e tenda da campo) per osservare, catturare e, se del caso,
vivisezionare i ditteri sospetti: le noiose mosche domestiche, le
schifose mosche cavalline, le rare mosche bianche, le ruzzanti mosche
cieche, le reticenti zitt'e mosca; insomma, la famiglia delle musciade
al completo (padri, madri e figli).
LE MOSCHE L'eroico
scienziato volontario, calato giù dal cielo, perlustrò in lungo e in
largo la campagna di Sarsogna sotto il sole cocente dell'estate
acchiappando mosche a tutto spiano, tanto che a sera n'ebbe in suo
potere un sacco pieno. Dalla contentezza non dormì neppure. Al lume
della lampada acetilene si diede ad analizzare, anatomizzare, squartare
teste, antenne, addomi, arti superiori ed inferiori delle povere
bestiole ronzanti di paura, anelanti alla libertà. Purtroppo, col passar
delle ore, si faceva palese l'insuccesso: nessun insetto pareva
apportatore di sonno.
L'entomologo era disperato: per lui poteva
essere il Nobel, la gloria, l'immortalità; invece, era la sconfitta, la
vergogna, l'anonimato eterno. Si deterse il sudore dalla fronte, bevve
dell'acqua dalla borraccia con mano tremante e s'apprestò ad escùtere
l'ultimo vetrino dov'era spiaccicata la salma di una viscida mosca
olearia, meglio conosciuta col nome latino di bactrocera oleae. «Mio Dio
- pregò sommesso - fate che sia lei la colpevole». Già gli ciondolava
la testa invasa dal torpore pomeridiano (si era al secondo giorno).
Bisognava fare in fretta, molto in fretta. Nell'orgasmo dell'urgenza una
goccia cadde accanto all'animaletto in osservazione. «Strano, disse
l'entomologo, l'acqua che vedo non è del tutto pura…».
Effettivamente,
insieme all'H2O il liquido mostrava sospette tracce di un lattice
bianchiccio. «Vuoi vedere che…», pensò (non per nulla era un scienziato
di fama internazionale!). Spostò il vetrino sul potentissimo microscopio
elettronico per avere una scansione più dettagliata, e gli apparvero
gli alcaloidi, le proteine, le cellule, l'enzima e gli idrocarburi di
una secrezione che Wikipedia individuò proveniente da una pianta
acquatica denominata euphorbia dendroides, ovverosia lua.
«La pianta -
dice l'enciclopedia - è lattiginosa, con chioma spesso arrotondata,
densamente ramificata, ma lassamente fogliosa. Tutta la pianta è tossica
(un tempo questa specie veniva utilizzata per la pesca di frodo). Negli
uomini, poche stille diluite nell'acqua provocano un sonno profondo». E
tutti i bacini dell'isola ne erano invasi….!
EPILOGO
«Assassina!!!! - gridò l'entomologo - Ora ti denuncio al mondo
intero!!!!". Ma, oramai, era troppo tardi: pure lui aveva bevuto il
maledetto liquido, e i tre giorni di veglia erano scaduti. Cadde di
schianto sul letto con l'inutile telefonino dell'accusa in mano, che
faceva tu, tu, tu, a vuoto. Fu così che nobody in the world, nemmeno la
CIA, seppe mai perché a Sarsogna si dorme e si sogna, si sogna e si
dorme, si dorme e si sogna in continuazione.