Fabio Manca
Parla il fondatore della Repubblica di Malu Entu dopo la bocciatura del suo quesito
«Indipendenza, si va avanti»
Meloni: un no politico, faremo votare comunque i sardi
«È una decisione politica e anticostituzionale contro la quale ricorreremo in tutte le sedi. Non solo: faremo comunque un referendum informale girando la Sardegna in lungo e in largo per chiedere ai sardi che cosa vogliono fare. Spero abbiano un moto d'orgoglio e si ribellino allo Stato arrogante e tiranno».
Doddore Meloni ha appena ritirato la copia della delibera dell'Ufficio regionale del referendum che mercoledì ha dichiarato non ammissibile il quesito consultivo proposto dal suo movimento che chiedeva ai sardi se volessero l'indipendenza. Dopo aver letto le motivazioni, il leader di Malu Entu è ancora più convinto della battaglia che ha intrapreso.
Secondo Giangiacolo Pisotti, Vincenzo Amato, Tito Aru, Antonio Contu e Gabriella Massidda «la materia...non può essere oggetto di referendum consultivo» perché «...contrasta con l'ordinamento generale e i principi fondanti della Repubblica» e «...con l'articolo 5 della Costituzione in cui si afferma che la Repubblica è una e indivisibile». Inoltre, sostiene l'Ufficio, «...non è consentito sollecitare il corpo elettorale regionale a farsi portatore di modifiche costituzionali...».
Si aspettava la bocciatura?«No, perché si tratta di un referendum consultivo in cui chiediamo ai sardi che cosa sperano per il loro futuro. L'ufficio elettorale ha preso una decisione politica».
Eppure nella motivazione della decisione è chiaro il riferimento alla Costituzione?«Le valutazioni in materia di costituzionalità non dovevano nemmeno essere fatte. La legge regionale sul referendum all'articolo 7 stabilisce che l'ufficio deve verificare se le firme sono in regola e svolgere una funzione neutrale prescindendo da qualunque considerazione politica».
Quindi a suo avviso l'ufficio è andato oltre le sue competenze?«Certo, noi chiedevamo solo un parere. Se ritengono incostituzionale il quesito si rivolgano alla Corte costituzionale».
Lei sa bene che la Repubblica Italiana è una e indivisibile.«Sì, anche se non capisco, visto che siamo un'isola separata dall'Italia da acque internazionali. In ogni caso noi facciamo riferimento alla legge di ratifica della Carta delle Nazioni Unite del '57 e al Patto di New York del '66 che sanciscono il diritto di autodeterminazione dei popoli».
Ma prima c'è la Costituzione.«L'articolo 80 della Costituzione dice che le Camere devono recepire i trattati ratificati anche se comportano variazioni territoriali».
Alle Carte da lei citate ha fatto riferimento la Catalonia?«Esatto. Di recente il Parlamento europeo ha deciso che la Catalonia ha diritto all'indipendenza, che avrà anche la Scozia dal 2014. I Fiamminghi in Belgio hanno votato per la loro indipendenza, Malta, Cipro, la Slovenia, il Montenegro l'hanno ottenuta. Potrei citare molti altri esempi, dal Quebec alle tribù pellerossa che quattro mesi fa hanno ottenuto dalla Corte suprema degli Usa la restituzione delle loro terre e una provvisionale di 3,5 miliardi di dollari. L'ultimo caso è quello della Groenlandia che a metà 2011 ha ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca».
Ora che cosa farete?«Innanzitutto ricorreremo al tribunale internazionale per i diritti dell'uomo e al tribunale civile contro un arbitrio dello Stato italiano contro il popolo sardo».
Poi?«Faremo comunque una consultazione raccogliendo pareri in tutti i Comuni della Sardegna, non abbiamo bisogno di nessuna autorizzazione. Poi da martedì ci metteremo in marcia partendo da Carbonia, una delle zone più disastrate della Sardegna e considereremo virtualmente indipendenti tutti i luoghi dove passeremo».
Sente anche lei spirare un vento indipendentista?«Sì, e penso che se questa volta i sardi non si muovono rischiamo di retrocedere verso il quinto mondo».
E i politici?«Il Consiglio regionale deve insorgere e Cappellacci si deve dimettere».
Perché?«Perché è stato lui a nominare i membri dell'ufficio elettorale che hanno bocciato il referendum facendo valutazioni politiche anziché limitarsi a verificare la correttezza formale delle firme».
Secondo lei il Consiglio, da cui emerge una sempre più diffusa insofferenza verso i soprusi dello Stato, la sosterrà?«Una presa di posizione politica forte sarebbe importantissima. Spero che si mettano d'impegno per legiferare in materia. Non vedo perché possiamo farci una nostra legge elettorale e non possiamo esprimerci su questo referendum».
I sardi la sosterranno?«Spero che abbiamo un moto d'orgoglio. Combatto da trent'anni per l'indipendenza e mi sembra che non ci siano stati momenti più propizi per tirare fuori la testa. Ora o mai più».
I commenti:
Sni (Sardigna Natzione Indipendentzia)
Bustianu Cumpostu: «Non ci fanno esprimere»
Doddore Meloni ha appena ritirato la copia della delibera dell'Ufficio regionale del referendum che mercoledì ha dichiarato non ammissibile il quesito consultivo proposto dal suo movimento che chiedeva ai sardi se volessero l'indipendenza. Dopo aver letto le motivazioni, il leader di Malu Entu è ancora più convinto della battaglia che ha intrapreso.
Secondo Giangiacolo Pisotti, Vincenzo Amato, Tito Aru, Antonio Contu e Gabriella Massidda «la materia...non può essere oggetto di referendum consultivo» perché «...contrasta con l'ordinamento generale e i principi fondanti della Repubblica» e «...con l'articolo 5 della Costituzione in cui si afferma che la Repubblica è una e indivisibile». Inoltre, sostiene l'Ufficio, «...non è consentito sollecitare il corpo elettorale regionale a farsi portatore di modifiche costituzionali...».
Si aspettava la bocciatura?«No, perché si tratta di un referendum consultivo in cui chiediamo ai sardi che cosa sperano per il loro futuro. L'ufficio elettorale ha preso una decisione politica».
Eppure nella motivazione della decisione è chiaro il riferimento alla Costituzione?«Le valutazioni in materia di costituzionalità non dovevano nemmeno essere fatte. La legge regionale sul referendum all'articolo 7 stabilisce che l'ufficio deve verificare se le firme sono in regola e svolgere una funzione neutrale prescindendo da qualunque considerazione politica».
Quindi a suo avviso l'ufficio è andato oltre le sue competenze?«Certo, noi chiedevamo solo un parere. Se ritengono incostituzionale il quesito si rivolgano alla Corte costituzionale».
Lei sa bene che la Repubblica Italiana è una e indivisibile.«Sì, anche se non capisco, visto che siamo un'isola separata dall'Italia da acque internazionali. In ogni caso noi facciamo riferimento alla legge di ratifica della Carta delle Nazioni Unite del '57 e al Patto di New York del '66 che sanciscono il diritto di autodeterminazione dei popoli».
Ma prima c'è la Costituzione.«L'articolo 80 della Costituzione dice che le Camere devono recepire i trattati ratificati anche se comportano variazioni territoriali».
Alle Carte da lei citate ha fatto riferimento la Catalonia?«Esatto. Di recente il Parlamento europeo ha deciso che la Catalonia ha diritto all'indipendenza, che avrà anche la Scozia dal 2014. I Fiamminghi in Belgio hanno votato per la loro indipendenza, Malta, Cipro, la Slovenia, il Montenegro l'hanno ottenuta. Potrei citare molti altri esempi, dal Quebec alle tribù pellerossa che quattro mesi fa hanno ottenuto dalla Corte suprema degli Usa la restituzione delle loro terre e una provvisionale di 3,5 miliardi di dollari. L'ultimo caso è quello della Groenlandia che a metà 2011 ha ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca».
Ora che cosa farete?«Innanzitutto ricorreremo al tribunale internazionale per i diritti dell'uomo e al tribunale civile contro un arbitrio dello Stato italiano contro il popolo sardo».
Poi?«Faremo comunque una consultazione raccogliendo pareri in tutti i Comuni della Sardegna, non abbiamo bisogno di nessuna autorizzazione. Poi da martedì ci metteremo in marcia partendo da Carbonia, una delle zone più disastrate della Sardegna e considereremo virtualmente indipendenti tutti i luoghi dove passeremo».
Sente anche lei spirare un vento indipendentista?«Sì, e penso che se questa volta i sardi non si muovono rischiamo di retrocedere verso il quinto mondo».
E i politici?«Il Consiglio regionale deve insorgere e Cappellacci si deve dimettere».
Perché?«Perché è stato lui a nominare i membri dell'ufficio elettorale che hanno bocciato il referendum facendo valutazioni politiche anziché limitarsi a verificare la correttezza formale delle firme».
Secondo lei il Consiglio, da cui emerge una sempre più diffusa insofferenza verso i soprusi dello Stato, la sosterrà?«Una presa di posizione politica forte sarebbe importantissima. Spero che si mettano d'impegno per legiferare in materia. Non vedo perché possiamo farci una nostra legge elettorale e non possiamo esprimerci su questo referendum».
I sardi la sosterranno?«Spero che abbiamo un moto d'orgoglio. Combatto da trent'anni per l'indipendenza e mi sembra che non ci siano stati momenti più propizi per tirare fuori la testa. Ora o mai più».
I commenti:
Bustianu Cumpostu: «Non ci fanno esprimere»
«I sardi non possono neanche esprimere un parere di libertà perché le chiavi della gabbia italiana le possiede solo l'Italia: sono l'articolo 5 della Costituzione Italiana e l'imposto articolo 1 dello statuto sardo». Lo sostiene Bustianu Cumpostu. Ma il leader di Sni ribadisce le critiche a Meloni per la sua corsa solitaria. «L'indipendenza è un lavoro collettivo, solo così Sni è disponibile portarlo avanti».
Psd'az (Partidu Sardu-Partito Sardo d'Azione)
«Serve una reazione d'orgoglio»
«L'Ufficio regionale del referendum certifica ancora una volta il rapporto di subalternità e di sudditanza in cui è costretta la Sardegna alla quale è impedito di esprimersi attraverso lo strumento democratico del voto». Lo sostiene il segretario del Psd'az Luigi Colli, secondo cui «il processo di indipendenza non può prescindere da un profondo coinvolgimento di tutti i sardi ed ancor prima da una condivisione politica».
Psd'az (Partidu Sardu-Partito Sardo d'Azione)
«Serve una reazione d'orgoglio»
«L'Ufficio regionale del referendum certifica ancora una volta il rapporto di subalternità e di sudditanza in cui è costretta la Sardegna alla quale è impedito di esprimersi attraverso lo strumento democratico del voto». Lo sostiene il segretario del Psd'az Luigi Colli, secondo cui «il processo di indipendenza non può prescindere da un profondo coinvolgimento di tutti i sardi ed ancor prima da una condivisione politica».