domenica 5 agosto 2012

“Qualsiasi cosa occorra!” – In che misura la BCE è davvero pronta per correre al salvataggio dell’euro?


Marshall Auerback 
neweconomicperspectives.org/2
Tradotto da  Curzio Bettio



Rileggendo le osservazioni del signor Draghi sui movimenti di mercato, espresse giovedì scorso, 26 luglio, si ha la sensazione che il Presidente della Banca centrale europea (BCE) riconosca che la BCE deve darsi un orientamento bancario. La maggior parte dei partecipanti al mercato si sono comprensibilmente concentrati sull’impegno del signor Draghi, secondo cui la BCE sarebbe “pronta a fare tutto il necessario” per preservare la moneta unica.“Credetemi, questo basterà!”, ha comunicato in una conferenza a Londra.

il Presidente della Banca centrale europea Mario Draghi

Noi preferiamo concentrarci su altri aspetti del discorso. È particolarmente rilevante che il signor Draghi abbia messo in evidenza l’irrimediabile e fatale difetto della zona euro rilevato dal professor Peter Garber circa 14 anni fa:

“Finché non sarà percepita una qualche possibilità di uscita dall’euro da parte di una qualsiasi nazione dell’euro-zona, l’instaurato sistema di migrazione che associa mercati privati al sistema europeo di sostegno della Banca centrale [Target 2 (*), ELA, pronti contro termine della BCE] potrebbe funzionare come un qualsiasi altro sistema monetario di un unico Stato nazione.”



Tuttavia, Garber ammetteva che, se fosse sorta la prospettiva di una uscita dall’euro e, quindi, un rischio di svalutazione per i detentori di titoli depositati presso le banche domiciliate nel paese di cui si prevedeva l’uscita (ad esempio, la Grecia o la Spagna), il sistema monetario europeo sarebbe stato esposto ad un assalto agli sportelli bancari.

In base al Trattato UE  veniva garantita la mobilità dei capitali.
Data la comune valuta bancaria, i trasferimenti dalle banche domiciliate nei paesi a rischio di uscita euro (ad esempio, in Grecia, Spagna) a banche domiciliate in altri Stati nazionali della zona euro (ad esempio, in Germania, Paesi Bassi) avvenivano a costo zero.

Di fronte a un rischio percepito come non-trascurabile di una uscita dall’euro, e quindi di una perdita da svalutazione, i razionali partecipanti al mercato potrebbero spostare tutti i loro titoli depositati, dalle banche domiciliate nel paese a rischio di uscita dall’euro verso le banche domiciliate in quei paesi inattaccabili al centro dell’euro-zona.

Gli Stati Uniti associano 50 Stati e possiedono una Banca centrale (la Federal Reserve). Tra questi Stati avvengono trasferimenti di fondi e di titoli. Ma non esiste alcuna possibilità di secessione da parte di uno Stato, che possa trascinare con sé una propria moneta svalutata.

Quindi, non esiste alcun incentivo per migrazioni di depositi dalle banche di uno Stato o di una regione alle banche di un’altra. Per giunta, i mercati privati, con un piccolo aiuto da parte della Federal Reserve, andranno a chiudere il circuito finanziario nel momento in cui si verificassero tali trasferimenti.

Il Sistema Monetario Europeo avrebbe dovuto operare in questo modo. E fintanto che non sono sopraggiunte preoccupazioni che qualche paese avrebbe potuto abbandonare l’euro, lo ha fatto. Ma una volta che il rischio di uscita dall’euro alla periferia d’Europa ha sollevato la sua brutta testa, il sistema euro è diventato completamente diverso.

Peter Garber affermava che, percepita una tale prospettiva, il sistema dell’euro si sarebbe dimostrato un meccanismo perfetto per una corsa agli sportelli bancari. E una volta che nel 2009 sono sorti certi dubbi su una possibile uscita dall’euro da parte della Grecia e dell’Irlanda, ha avuto inizio la corsa ai depositi - e sul serio!

E anche il discorso di Draghi sembra riconoscere implicitamente questo difetto:
Ci sono alcune sfide a breve termine, per non dire altro. Le sfide a breve termine, a nostro avviso, si riferiscono prevalentemente alla frammentazione finanziaria che ha preso posto nell’area euro. Gli investitori si sono ritirati all’interno dei loro confini nazionali. Il mercato interbancario non sta funzionando... Il mercato interbancario non funziona, perché per qualsiasi banca in tutto il mondo le norme che regolano attualmente la liquidità – quelle per concedere prestiti alle altre banche o per prendere a prestito da altre banche – rappresentano un buon motivo per perdere denaro.

Allora, la prima questione è che la regolamentazione deve essere ricalibrata completamente.

Il secondo punto è in un certo senso un problema di azione collettiva: perché le autorità di vigilanza nazionali, esaminando la crisi, hanno chiesto alle loro banche, le banche sotto la loro supervisione, di revocare le loro attività all’interno dei confini nazionali. E queste autorità stringono il cerchio attorno alle posizioni di liquidità, in modo che la liquidità non possa scorrere, anche attraverso lo stesso gruppo finanziario, perché le autorità di vigilanza del settore finanziario stanno ribadendo il loro “no”.

Così, anche se ognuna di loro può trovarsi nel giusto, collettivamente hanno sbagliato. E questa situazione dovrà essere superata, naturalmente.
E poi c’è un fattore di riluttanza e avversione al rischio. L’avversione al rischio ha a che fare con il rischio della controparte. Ora, nella misura in cui penso che la mia controparte stia andando in default, non ho alcuna intenzione di fare prestiti a questa controparte. Ma può essere che arrivi il fallimento di questa controparte, perché a corto di finanziamenti. E io penso che ci siamo interessati della questione con le due grandi LTRO (**), quando abbiamo iniettato mezzo bilione di liquidità netta nelle banche dell’area euro. Ci siamo preoccupati ed impegnati su questo.

Allora, si ha il recesso della controparte in relazione alla percezione che la mia controparte possa fallire a causa della mancanza di capitale. Noi possiamo fare ben poco al riguardo.
Inoltre, esiste un’altra dimensione, rispetto a ciò che attiene ai premi (gli interessi!) che vengono caricati sugli Stati sovrani che prendono a prestito. Questi premi sono relativi, come ho detto, al default, alla liquidità, ma hanno anche a che fare sempre di più con la convertibilità, con il rischio di convertibilità.
La verità è che “qualsiasi cosa occorra!” (per usare l’espressione del signor Draghi che ha generato così grande eccitazione nei mercati alla fine della scorsa settimana) ha a che fare con la questione della convertibilità, che il professor Garber sottolineava anni fa.

Inoltre, affrontare questo problema significa appoggiare incondizionatamente tutti gli Stati sovrani tra cui, sì, anche la Grecia. Perché, mancare di sostenere tutti i membri della zona euro contraddice la premessa centrale dell’unione monetaria: vale a dire, quella di essere permanente e indissolubile.

Quindi, discutere apertamente sulla possibilità di una “Grexit”, di una uscita della Grecia dalla zona euro, aggrava solo il problema attuale e impone un’altra tornata di attacchi speculativi, come fanno i calamari vampiri che individuano qual è l’elemento successivo da attaccare. Il problema è che non risulta chiaramente se tutti gli Stati membri riconoscano la logica insita a tutto questo.
Nello specifico, la Germania e l’Olanda hanno lanciato minacce persistenti, e non tanto per il sottile, di cacciare fuori Atene, se quest’ultima intendesse modificare i termini del memorandum del suo salvataggio. I Tedeschi e gli Olandesi, come pure i Finlandesi, si muovono nella direzione opposta a quella di Draghi.

Questi paesi non sono disposti a fare “qualsiasi cosa occorra!”, ma al contrario stanno esponendo i limiti precisi entro cui sono disposti ad agire.
In particolare, non possiamo dare per scontato che la Corte costituzionale tedesca rispetterà l’operato della BCE senza sollevare obiezioni, e che la Bundesbank semplicemente consentirà alla BCE di procedere e di fare “qualsiasi cosa occorra!”.

Infine, è diventato sempre più evidente che, a seguito della corsa agli sportelli bancari, l’esposizione della BCE nei confronti dei PIIGS (Portogallo – Irlanda – Italia – Grecia – Spagna)  è maggiore di quanto i mercati attualmente riconoscono. La Germania e gli altri paesi del nord ora si rendono conto dell’entità del coinvolgimento, e questo è ciò che sta causando il loro rifiuto a sostenere salvataggi finanziari senza precisi limiti.

Ma senza assicurarsi il sostegno tedesco, come si fa a fermare la corsa agli sportelli?
Consentitemi di ribadire: si tratta di problemi politici e giuridici, non di questioni economiche.
La BCE può sempre “compilare l’assegno”, come molti dei miei colleghi blogger della “New Economic Perspectives” hanno sostenuto.
Ma ci sono sul tavolo fattori chiaramente politici che impediscono alla BCE di assumere ciò che comunque dovrebbe essere un suo ruolo naturale istituzionale.

Quello che non sta facendo è di impedire una situazione per cui i depositi stanno abbandonando le banche alla periferia per dirigersi verso le banche al cuore della zona euro. Queste banche principali prestano al Sistema di Banche Centrali europee (con in fondo “all’amo” la BCE ), che quindi assume il ruolo di prestatore di ultima istanza di finanziamenti alle banche della periferia.
Può darsi che da aprile le banche in Grecia, Irlanda e Portogallo abbiano perso la metà dei depositi e che le banche in Italia e Spagna abbiano perso un quarto dei loro depositi. I prestiti interbancari stanno affondando, così come le attività nette in valuta della BCE.

Per comprendere il significato finale di questo processo, supponiamo che continui la corsa agli sportelli bancari e che le banche alla periferia complessivamente perdano la maggior parte dei loro depositi, le banche al centro hanno da corrispondere crediti enormi sulla BCE e la posizione di prestatore di ultima istanza della BCE fa da contrappeso alla maggioranza di ciò che erano i notevoli depositi nelle banche della periferia. Allora, che tipo di sistema bancario è mai questo? Un sistema che non funziona assolutamente bene ed altamente instabile!

Si verrebbe ad avere tutta una serie di banche della periferia che dipendono in modo massiccio dai finanziamenti della BCE, come prestatore di ultima istanza. Che cosa potrebbe succedere se la Corte suprema della Germania ora decretasse che le attività della BCE come prestatore di ultima istanza sono del tutto illegali? Questo potrebbe accelerare la corsa agli sportelli e dare origine ad un sistema bancario ancora più disfunzionale, in quanto le banche della zona euro non sarebbero inclini a prestare nemmeno alla loro base di clienti normali.

Aggiungete a ciò la proposta di un’addizionale austerità di misure fiscali che la Troika si prefigge, a compensazione per l’aiuto al sistema bancario compromesso della Spagna (austerità confermata in questo fine settimana dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble) e vi troverete ad affrontare un più grave problema. Allora, qual è la natura del problema?
Ciò che è sbagliato risiede nel ruolo distorto della BCE e nella natura instabile del sistema bancario dell’euro nel suo complesso.
Se semplicemente facciamo nostra la tendenza che la recente corsa ai depositi acceleri, forse entro sei mesi la maggior parte dei depositi originali nei paesi periferici avrà preso il volo.

In buona sostanza, questo consegnerebbe alla BCE, come prestatore di ultima istanza, una esposizione verso la periferia dell’ordine di diversi miliardi di euro. Questo potrebbe rappresentare un’esposizione in perdita pari a quasi 40 volte il capitale della BCE (prima della rivalutazione delle riserve auree).
Non credo che le banche centrali, in quanto fondamentalmente enti governativi, abbiano bisogno di avere un capitale positivo. Ma credo che un’esposizione in perdita per possibili uscite dall’euro da parte di questi paesi periferici quasi certamente creerebbe una grave crisi di fiducia nei confronti dell’euro.

Che faranno allora il signor Draghi e la BCE?
Cosa significa realmente “qualsiasi cosa occorra!”?
È un paradosso. Per rendere il suo “tutto ciò che serve” un impegno credibile, il signor Draghi deve andare ben oltre i confini tradizionali dell’ortodossia economica e del sistema bancario centrale.
Ma nell’andare ben oltre questi confini, il signor Draghi non corre forse il rischio di creare un’altra crisi di fiducia nei confronti dell’euro?

N.d.T.:
Il sistema Target2, avviatosi nel gennaio 2007, andava a sostituire il sistema Target, operativo dal 1999, che era stato realizzato sulla base di un livello minimo di armonizzazione tra i sistemi di regolamento lordo (RTGS) domestici, per consentirne l’avvio fin dall’inizio dell’Unione economica e monetaria. Un sistema di regolamento lordo è un insieme di infrastrutture, di norme e di procedure tecniche e operative che consente ai partecipanti di regolare singole operazioni o reciproche obbligazioni direttamente su conti presso la Banca centrale e, per le transazioni in titoli, presso i sistemi di deposito accentrato dei valori mobiliari.

Il processo di integrazione del sistema finanziario europeo, destinato a proseguire con l’allargamento dell’Unione europea, la domanda di nuovi servizi delle banche e delle infrastrutture di mercato, la ricerca di più elevati livelli di efficienza, anche attraverso la riduzione delle piattaforme di regolamento, e l’evoluzione tecnologica hanno rappresentato i principali fattori di cambiamento che hanno sollecitato un riesame del sistema di regolamento paneuropeo.
Le linee di indirizzo strategiche sull’architettura e sulle caratteristiche di Target2, approvate nell’ottobre del 2002 dal Consiglio direttivo della BCE, prevedevano, tra l’altro, che nel nuovo sistema venisse realizzata una piattaforma unica condivisa alla quale potevano partecipare, su base volontaria, le singole banche centrali nazionali che decidevano di dismettere il proprio sistema di regolamento lordo.

Coerentemente con le suddette linee, la Banca d’Italia, la Deutsche Bundesbank e la Banque de France (cosiddette 3G) hanno deciso di realizzare una piattaforma comune (single shared platform - SSP) da offrire in Target2, e le altre banche centrali si sono dimostrate disponibili ad aderire a quella piattaforma SSP.

Gli incontri che hanno impegnato le 3G, a partire dal secondo semestre del 2003, hanno consentito di definire la struttura organizzativa del progetto, l’architettura e le caratteristiche funzionali della piattaforma, nonché i ruoli e le responsabilità di ciascuna delle tre banche centrali nelle fasi di sviluppo e di gestione della SSP.



Fonte: http://neweconomicperspectives.org/2012/07/whatever-it-takes-how-far-is-the-ecb-really-prepared-to-go-to-save-the-euro.html
Data dell'articolo originale: 29/07/2012
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=7887 

mercoledì 1 agosto 2012

Quirra: Regione in ritardo Il giudice respinge la costituzione di parte civile

Mariella Careddu
www.unionesarda.it
i faldoni del processo PISQ 


Per chiedere i danni, i giochi sono fatti. La Regione Sardegna arriva fuori tempo massimo e il giudice nega la costituzione di parte civile in un eventuale processo per i veleni di Quirra. 

TROPPO TARDI 

L'ultima data utile per chiedere di essere ammessi nelle fila di chi ha subito un danno dal disastro ambientale causato, secondo il sostituto procuratore Domenico Fiordalisi, dalle guerre simulate nel poligono di Perdasdefogu e nel distaccamento di Capo San Lorenzo, era quella del 18 luglio. In quel giorno tutte le questioni sono state sbrigate: chiariti i requisiti per essere ammessi oppure no e, al termine dell'udienza, era stato stilato l'elenco ufficiale. 
Per la Regione, dunque, non c'è più tempo. Lo ha deciso ieri mattina il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Lanusei, Nicola Clivio. 


CHI DOVRÀ PAGARE 

Nulla di fatto, o quasi, per la nomina dei responsabili civili, ovvero per coloro che verranno chiamati a risarcire i danni, qualora il giudice disponesse il rinvio a giudizio e la vicenda giudiziaria si chiudesse con una condanna. 
Durante l'appuntamento in aula, che si è aperta intorno a mezzogiorno, il collegio di avvocati delle parti civili si è limitato a indicare i nomi dei possibili responsabili: lo Stato italiano, il Ministero della Difesa, l'Università di Siena e la società Sgs. Il giudice si è riservato di sciogliere le riserve nei prossimi giorni: il decreto verrà depositato nella cancelleria del palazzo di giustizia.


RISCHIO TRASFERIMENTO 

Resta sospesa, invece, la richiesta presentata da uno dei difensori sulla necessità di spostare il processo in un'altra sede, a causa del condizionamento che potrebbe derivare da un'opinione pubblica schierata. Il gup, come da procedura, ha inviato gli atti alla Corte di Cassazione che dovrà decidere in merito all'istanza. Nel frattempo, però, il procedimento va avanti nel palazzo di giustizia ogliastrino, «perché - ha spiegato il giudice - non si avverte alcuna necessità di fare altrimenti».
La prossima udienza è fissata per mercoledì 31 ottobre, quando il giudice potrebbe decidere se rinviare a giudizio le venti persone accusate, a vario titolo, di aver preso parte al disastro ambientale descritto dal pubblico ministero. 


INDAGATI 

Questi i nomi dei venti indagati: Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Paolo Ricci, Gianfranco Fois, Francesco Fulvio Ragazzon, Walter Carta, Giuseppe Di Donato, Vittorio Sabbatini, Vincenzo Mauro, Francesco Riccobono, Giuseppe Protano, Fabio Baroni, Luigi Antonello Di Lella, Gilberto Nobile, Gabriella Fasciani, Walter Mura, Pierluigi Cocco.

lunedì 30 luglio 2012

Ospedale Militare degli orrori in Afganistan



 Le foto più scioccanti e le testimonianze dello scandalo Dawood Military Hospital

buzzfeed.com/
tradutzioni de Sa Defenza








Si guarda alla sola storia della guerra in Afghanistan.

Un'inchiesta esplosiva del Congresso questa settimana ha rivelato nuovi particolari raccapriccianti  circa un  ospedale militare americano in Afghanistan che ha mantenuto i pazienti in condizioni come ad "Auschwitz" .
Attenzione alle Immagini 


L'inchiesta ha  rivelato,  comandante, il tenente generale William B. Caldwell,  il programma afgano con un investimento  di  11,2 miliardi di dollari...
Ci sono attualmente due indagini in corso alla ricerca degli abusi  nell'ospedale militare Dawood: uno incentrato sulla legge militare Military Whistleblower Protection Act, l'altro in questione sulla decisione politica motivata da Caldwell di ritardare le indagini in ospedale fino a dopo le elezioni del 2010.
Quello che segue è un aspetto molto inquietante all'interno del National Military Hospital Dawood.E 'stato compilato con testimonianza  oculare  diretta, da tre colonnelli dell'esercito degli Stati Uniti , che hanno denunciato lo scandalo, così come mai  prima si sono viste foto come quelle pubblicate su BuzzFeed.
Le foto e le descrizioni corrispondenti sono state raccolte tra il personale militare americano in Afghanistan.
Le immagini sono di estrema crudezza.

Il colonnello Nicholas Gerald Carozza: "I pazienti giacevano nella sporcizia, in alcuni casi muoiono di fame e con piaghe da decubito grottesche. Un paziente era sul punto di morire di fame. "

Il colonnello Nicholas Gerald Carozza: "I pazienti giacevano nella sporcizia, in alcuni casi muoiono di fame e con piaghe da decubito grotteschi.  Un paziente era sul punto di morire di fame. "


Ferita non trattata in un paziente.



Ferita non trattato un paziente.

'La Carta dei diritti dei pazienti  sono stati strappati dalle pareti, e  trovata sul pavimento fatta a pezzi' per consentire per la pittura delle pareti. '


"I pazienti 'Carta dei diritti sono stati trovati manifesti strappati dalle pareti che si trovano sul terreno fatto a pezzi' per consentire per la pittura delle pareti. '"

Questo paziente non è stato trattato per tre giorni, ne dato nessun controllo alla ferita, i bendaggi erano sporchi. Non gli fu dato alcun analgesico prima del suo intervento, ed è rimasto cosciente. Personale militare statunitense in Afghanistan, al momento ha descritto il suo intervento in corso in "condizioni semi sterili ." 
Questo paziente è morto 4 giorni dopo di peritonite sepsi correlata, senza essere mai riportato in sala operatoria per la cura.

"L'ospedale  National Military Hospital

 mostra condizioni di trattamento come ad Auschwitz ".

"Il Auschwitz come condizioni presso l'ospedale militare nazionale".


Vermi hanno iniziato a cadere dalle ferite di questo paziente. E 'morto una settimana dopo.

Maggots ha iniziato la caduta delle ferite di questo paziente.  E 'morto una settimana dopo.

Il colonnello Schuyler K. Geller: "Le famiglie dei soldati afghani hanno venduto le loro aziende per l'assistenza sanitaria  della coalizione supportato dagli USA al Daoud Khan Hospital".

Il colonnello Schuyler K. Geller: "Le famiglie dei soldati afghani hanno venduto le loro aziende e apprendistato per l'assistenza sanitaria si sono negli USA e della coalizione supportato Daoud Khan Hospital".
La cancrena, rende questo paziente un candidato per l'amputazione. 
Il chirurgo si rifiutò di "affrontare la questione per giorni", secondo l'indagine.



Gli investigatori hanno descritto questa ferita come "una lesione da decubito sacrale con alto grado di tunneling". Non c'erano piani per un intervento chirurgico per il paziente.

Il colonnello Mark Fassl: "i soldati ricoverati presentano, ferite a bagno piene di sangue,  drenaggio di ferite sporche  , feci sul pavimento".


Tutto è stato fotografato e documentato a testimonianza per l'udienza del Comitato di Sorveglianza .
"Dispositivo di fissazione esterna. Fasce presidiate da 1 settimana, sporco, maleodorante. 
Il Team di gestione della ferita convocato su insistenza del mentore.Vermi trovati tra i purulenti siti di fissaggio del drenaggio".

Col. Fassl: "Come possiamo consentire a questo tipo di sofferenza di andare avanti?"




Col. Geller: "Oggi, non solo nel 2010 o 2011, le persone ... che hanno perpetrato gli abusi indicibili ... su soldati afgani, civili e familiari, sono impuniti e s'aggirano  per le sale dell'ospedale Daoud Khan  impenitenti,  indenni e si sono anche arricchiti . "



Col. Geller: "Oggi, non solo nel 2010 o 2011, le persone ... che hanno perpetrato gli abusi indicibili ... su soldati afgani, civili e familiari camminare per le sale dell'ospedale Daoud Khan impenitenti, indenne, arricchiti, e ancora impuniti. "
"Necrosi non vitali alle estremità, senza piano di gestione medica chiara per questa estremità."



"Materiale purulento  drenante nel sito della fissazione esterna: manca un piano chiaro emperico di destinazione terapia Abx , culture, senza antibiotici "

Rep. John Tierney: "Quante persone hanno attraversato tale ospedale e visto quelle condizioni e non hanno detto nulla?"


"Svuotato l'inserimento  attraverso traccia nell'avambraccio. No pre-procedura di dolore Rx, in 'camera tecnica non sterile per la  cura della ferita.'"

Col. Carozza: ". La prova è chiara per me che questa era la politica con la p minuscola, la politica che guida carriere personali "

Col. Carozza: ". La prova è chiaro per me che questa era la politica con un piccolo p - la politica di carriera personali guidate"


"Inizio fase di ulcere da pressione."

Col. Geller: "Quando il Col Pagel, accompagnato da un giovane capitano avvocato dell'USMC, mi ha chiesto se ci fosse qualche motivo per credere se il LTG Caldwell   ha ritardato di proposito le indagini presso l'NMH; ho risposto: 'non ho alcuna ragione di crederlo? Lo so per certo. '"

Col. Geller: "Quando Col Pagel, accompagnato da un giovane capitano USMC avvocato, mi ha chiesto se ci fosse qualche motivo di credere LTG Caldwell ritardato le indagini in NMH ho risposto: 'alcuna ragione di credere?  Lo so per certo. '"




Col. Carozza: "Lt. Gen. Caldwell urlato in questi tre ufficiali, agitando il dito contro di loro per cercare di portare nel IG DOD". Caldwell ha risposto: "Non c'è nulla di sbagliato in questo comando, che non possiamo risolvere."

Col. Carozza: "Lt. Gen. Caldwell urlato in questi tre ufficiali, agitando il dito contro di loro per cercare di portare nel IG DOD".  Caldwell ha risposto: "Non c'è nulla di sbagliato in questo comando, che non possiamo risolvere."

Col. Carozza: "Secondo la denuncia di alcuni soldati americani, il generale dell'esercito Americano impediva loro di rivolgersi ai servizi di ispezione generale del Pentagono sui problemi riguardanti l'ospedale, mentre molti dei feriti dell'esercito Afghano morivano per malnutrizione o per le mancate cure nell'ospedale USA, nell'indifferenza dello staff sanitario, con trattamenti stile  "Auschwitz" e i fondi stanziati per le medicine che sparivano misteriosamente"

Col. Carozza: "Generale Caldwell ha avuto la richiesta ritirata e rinviata a dopo le elezioni e poi, dopo l'elezione, ha cercato di intimidire i suoi subordinati in un consenso che non deve andare avanti a tutti."
Fonte:  google.com

"Come potremmo fare questa inchiesta con le elezioni vicine?" avrebbe detto Caldwell , riferendosi al presidente Obama. "Lui mi chiama Bill."

"Come potremmo fare questa richiesta con prossime elezioni?"  Caldwell avrebbe detto, riferendosi al presidente Obama.  "Lui mi chiama Bill."
Durante lo scandalo e la conseguente cover-up, la maggior parte del personale ospedaliero di Dawood è rimasto al suo posto.
Caldwell è ora in servizio a l'US Army Command del Nord ed è l'alto comandante del Texas Fort Sam di Houston.
Tra le foto dei pazienti sopra, solo 3 sono stati precedentemente pubblicati. Il Personale militare statunitense in Afghanistan ha presentato circa 70 foto degli abusi  nell'indagine.

Dichiarazioni del Comitato di Sorveglianza udienza 

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sabato 28 luglio 2012

PER UN'INDIPENDENTISMO LIBERTARIO

PER UN'INDIPENDENTISMO LIBERTARIO


feminas no tzeracas



“La libertà è la madre, non la figlia, dell’ordine.”- Proudhon -
PER UN INDIPENDENTISMO LIBERTARIO[1](orizzontalità)
PAOLA ALCIONI
POETESSA SCRITTRICE
INDIPENDENTISTA
di Paola Alcioni
  
I - PREMESSA
Mi piacerebbe sgombrare immediatamente il campo mentale dai condizionamenti della teoria centralista secondo cui non ci può essere ordine e unità politica senza autorità centrale: ci impediscono di capire e vedere ciò che già abbiamo sotto gli occhi.
Poi proporrei il risultato di una indagine: studi specifici sulle correlazioni tra potere statale e partecipazione sociale in diversi paesi, confermano che i paesi con più opprimente potere statale sono anche quelli in cui la partecipazione sociale – in termini di autonomia e autodeterminazione[2] - è debole.
E’ difficile immaginare una critica più devastante dello statalismo.

Ma io direi: difficile immaginare una stroncatura più radicale di ogni forma di centralismo o verticismo autoritario.

Allora, che dare a tutti quei giovani – e meno giovani – insoddisfatti e dissidenti, che cercano una teoria dell’organizzazione sociale alternativa a quella centralista?
Cosa proporre a coloro che cercano una soluzione organizzativa più in sintonia con l’ideale indipendentista, capace d’essere specchio della prospettiva libertaria che desiderano aprire per la loro terra?

Gustav Landauer, autore di un massiccio contributo all’analisi dello Stato e della società, scrive: “Lo Stato non è qualcosa che può essere distrutto attraverso una rivoluzione, ma è una condizione, un certo tipo di rapporto tra gli esseri umani, un tipo di comportamento; lo possiamo distruggere creando altri rapporti, comportandoci in modo diverso”.

“Esiste” scriveva Colin Ward “un ordine imposto con il terrore, un ordine indotto dalle strutture burocratiche (affiancate dal poliziotto), ed esiste un ordine che si sviluppa spontaneamente dalla nostra consapevolezza di essere animali sociali, capaci di dare forma al nostro destino. Quando latitano i primi due, il terzo, come forma di ordine infinitamente più umana e all’uomo adeguata, ha la possibilità di farsi strada. La libertà, come diceva Proudhon, è la madre, non la figlia dell’ordine.”

Accennando a questo terzo tipo di ordine, Colin Ward sta riferendosi a quello che si sviluppa in sistemi che si auto organizzano progressivamente; che hanno una struttura diversificata, in grado di affrontare situazioni complesse e imprevedibili;  che hanno una struttura mutevole, che si trasforma con il continuo ritorno di informazioni dall’ambiente; sistemi in cui l’apprendimento dei dati e la capacità decisionale sono distribuiti su tutto il sistema.

STA PARLANDO DI SISTEMI APERTI O ORIZZONTALI a struttura reticolare.

Ancora, in premessa, vorrei aggiungere questo: la brama di libertà è una potente motivazione per un mutamento politico.
Ma il problema degli oppressi (che hanno micidiali energie compresse di rabbia e di disperazione, ma sono incapaci di autodeterminazione) è che sono strumentalizzabili e manovrabili da chi fa da catalizzatore del loro disagio.
Se si liberano, dopo non sanno che fare.
Non essendo stati capaci di autodeterminazione nel loro piccolo, non sanno cosa significhi, e prima che imparino le “istruzioni per l’uso” di un paradigma - mentale prima e pratico poi - per loro sconosciuto, saranno costretti per confusione a piegarsi alla delega[3] e si ritroveranno con nuovi dirigenti che non hanno alcuna fretta di abdicare, con una rivoluzione tradita, e con un nuovo Stato, autoritario peggio del precedente.

La necessità di guadagnarsi l’autodeterminazione non è altrettanto potente come motivazione alla rivolta.
Le persone già autonome (che pensano e agiscono come individui) si difendono tenacemente ma con mezzi meno energici, per lo più con forme di resistenza passiva. E fanno le loro cose come vogliono. Cioè, nei limiti del possibile, agiscono già come se fossero libere.[4]

E’ più che mai necessario, dunque, che si attrezzino palestre di autodeterminazione laddove è possibile, per invitare la gente a un esercizio di commistione che consenta alla brama di libertà di nutrire della sua forza ignea la capacità di autodeterminazione individuale, dandole respiro di lotta di liberazione nazionale. E dove, scambievolmente, l’intelligenza dei meccanismi di autodeterminazione nutra di sè e del suo progetto lucido, l’impeto del desiderio di libertà.

E quale miglior luogo per questa palestra, se non in una organizzazione indipendentista che lotta per il diritto all’autodeterminazione di un popolo? Organizzazione che veda (e vada) oltre il paradigma strutturale verticistico, rigetti i meccanismi di delega e rappresentanza per collaudare sul campo – come paradigma organizzativo e come prassi  politica – l’orizzontalità e la de-centralizzazione?

Giochiamo con le inquadrature, dunque: lasciamo sfocare, sullo sfondo, l’immagine centralistica e autoritaria dello stato (e i suoi rapporti con la società) ed il fantasma evocato di un suo felice superamento e mettiamo a fuoco un primo piano: l’immagine di un movimento politico indipendentista (e i suoi rapporti con la militanza) che di questo superamento sia insieme la palestra e la speranza.
Questa alternanza di inquadrature, la suggerisco come chiave di lettura, per tutto il testo.
Quando si parlerà di Sistema Chiuso (SC) si alluderà a tutte le organizzazioni verticistico/autoritarie a partire dallo Stato fino all’ultimo partito o Movimento che assumano un paradigma organizzativo centralistico;
quando si parlerà di Sistema Aperto (SA) tutto ciò che si dirà varrà come detto per una nazione che si dà un’organizzazione orizzontale e libertaria, come per un Movimento di liberazione che sceglie di agire reticolarmente, in piena orizzontalità, senza leadership, in base alla semplice adesione ad uno standard.[5]

Il “salto del punto di vista” è una ginnastica salutare, che rafforza lo spirito critico.


II - SISTEMI CHIUSI a organizzazione centralizzata

Tutte le istituzioni autoritarie sono organizzate come piramidi: lo Stato, la grande impresa privata o pubblica, l’esercito, la polizia, la Chiesa, l’Università... tutte strutture piramidali con al vertice un piccolo gruppo di persone che prendono le decisioni e alla base la gran massa della gente sulla quale piovono le decisioni e le loro conseguenze.
Proprio come in una piramide, le pietre alla base sono quelle che devono sostenere il peso maggiore.

a) C’è un leader ben identificato, a capo di una gerarchia;[6]
b) c’è un luogo specifico dove si prendono le decisioni;
c) le decisioni sono prese dal leader e/o a volte discusse con una cerchia ristretta di gerarchia superiore.
A volte i meccanismi di delega e rappresentanza, targati strumentalmente con la parola magica DEMOCRAZIA, altro non sono che sistemi autoritario/coercitivi per garantire che la decisione della leadership venga applicata nonostante l’impopolarità.

Occorre riconoscere che le attuali organizzazioni politiche sono ancora fortemente connotate in maniera autoritaria e verticistica, così come gli stati-nazione.
Questi ultimi pretendono di imporre le stesse regole pensate agli albori dell’esercizio “democratico” del potere (con gli apocrifi ma scarsamente flessibili meccanismi di delega e rappresentanza di un “popolo-massa” – relitto concettuale secentesco – poco colto e portatore di elementari bisogni), ad una società oramai scolarizzata, colta, autonoma, gelosa della propria soggettività e dei propri desideri e ideali.
Lo stesso avviene, con appena qualche distinguo, all’interno delle organizzazioni politiche.[7]

Paradossalmente, sotto l’incalzare delle nuove esigenze sociali di autodeterminazione, creatività e decentralizzazione, le organizzazioni del vecchio tipo – invece di adeguarsi – rispondono con un maggiore accentramento e con una serie di meccanismi di difesa – a volte violenti – volti a mantenere e a rafforzare il proprio carattere autoritario e i privilegi delle proprie leadership.

Sul piano del rapporto Movimento/militanza il gap tra le nuove esigenze e le vecchie regole organizzative si sconta in termini di demotivazione, dando vita ad un circolo vizioso: più l’organizzazione ha bisogno di creatività diffusa per rispondere con prontezza e flessibilità ai valori emergenti dalla società, più deve disporre di militanza motivata.
Ma più si resta legati a vecchi metodi organizzativi basati sul controllo al vertice, più si provocano effetti demotivanti nella militanza, votandosi così all’insuccesso, creando barriere alla creatività proprio quando se ne ha più bisogno.

Sul piano del rapporto stato/società, lo stato-nazione, retto in base a un paradigma verticistico e autoritario che vede sempre più aumentare la distanza tra rappresentato e rappresentante, non è più delegabile a rappresentare - ma ancor meno è in grado di capire e governare - le complessità della società attuale.


III – SISTEMI APERTI reticolari decentralizzati

Kropotkin affermò che “la liberazione economica e politica dell’uomo dovrà creare nuove forme per la sua espressione vitale, invece di servirsi di quelle create dallo Stato”. E non aveva dubbi sul fatto che queste nuove forme dovessero caratterizzarsi per una più larga partecipazione popolare, un maggior decentramento e una maggiore affinità con l’autogestione.
Pensava ad una rete estesa di individui e di gruppi ciascuno dei quali prende le proprie decisioni e si rende artefice del proprio destino.
L’alternativa al sistema a piramide sta dunque in una rete di elementi connessi tra loro direttamente e orizzontalmente, invece che mediante un centro o un vertice, caratterizzata da libertà di azione, complessità, stabilità, omogeneità e flessibilità.
La rete sarebbe composta da un certo numero di gruppi di ogni tipo e dimensione: locali, regionali, nazionali; temporanei o permanenti; 

UNIFICATI DA UNO SCOPO COMUNE.
In questo tipo di sistema, è possibile che emergano situazionalmente nuclei di leadership, che poi si dissolvono: le informazioni ed il potere decisionale sono distribuiti in tutto il sistema.
*
La società nel suo complesso, nella seconda metà del secolo scorso, ha cambiato pelle. Si è rapidamente affermato un modello socio-economico del tutto nuovo e questo cambiamento – nel passaggio dal XX al XXI secolo - ha rivelato più chiaramente alcune sue caratteristiche.
Uno dei fattori di questo cambiamento è lo sviluppo, appunto, di nuovi modelli organizzativi.
Ad un attento esame, ci accorgiamo che le alternative sono già presenti negli interstizi del potere. Se dunque si vuole costituire una società libera, gli elementi necessari si trovano già tutti a portata di mano.
Esiste una vasta casistica di reti di relazioni informali, temporanee, autogestite, che di fatto rende possibile la comunità umana.
Lo schema rappresentativo dei rapporti è ribaltato rispetto a ciò che esisteva in precedenza: ora è la società a elaborare i nuovi valori emergenti e l’organizzazione (statuale, industriale, politica... etc) per essere all’altezza dei tempi, deve saper cogliere e decodificare questi valori adeguando ad essi la propria “offerta”, che diversamente sarà rifiutata dal “mercato”[8].

Siamo al centro di un’autentica rivoluzione.
L’avvento di Internet – con la sua struttura naturalmente orizzontale e l’assoluta assenza di una leadership – ha liberato la forza decentralizzatrice, mettendo in crisi gli assetti organizzativi tradizionali, modificando interi settori, incidendo nel nostro modo di relazionarci con gli altri e influenzando gli assetti politici mondiali.

Quali sono le caratteristiche di queste organizzazioni?

a) non c’è un leader precisamente identificabile. Quando emerge, ha un potere limitato (situazionale e temporaneo) e dirige con l’esempio, non avendo alcun potere coercitivo;
b) non c’è quartier generale, né luogo fisico fisso ed identificabile dove si prendono le decisioni;
c) non c’è gerarchia.

L’ASSENZA DI STRUTTURA in una organizzazione e l’assenza di leadership, un tempo considerata un punto debole, è ORA CONSIDERATA UN PUNTO DI FORZA STRAORDINARIO. Gruppi apparentemente caotici hanno attaccato e sconfitto sul mercato istituzioni consolidate.
Le regole del gioco sono cambiate, e la vittoria di questi gruppi deriva da una forza tale che:
a) più la si combatte e più si consolida;
b) più caotica appare, più resiliente (capace di superare i traumi) diventa;
c) più si cerca di controllarla, più diventa imprevedibile.

Questo è il c.d. sistema aperto: ciascuno è legittimato a prendere decisioni.
Sistema aperto non significa caos: ci sono norme e regole non imposte da qualcuno in particolare, ma negoziate tra i membri o accettate all’ingresso.
Un’organizzazione del genere può sembrare disgregata e caotica, ma in realtà si tratta di un sistema sofisticato e avanzato.
Le caratteristiche di questo tipo di organizzazione decentralizzata sono:
flessibilità
condivisione del potere
ambiguità

AMBIGUITA’: Non disturbi questo termine. L’ambiguità è una risorsa. E’ solo l’ansia classificatoria nata insieme agli stati-nazione che l’ha rivestita di connotati di pericolosità.

FLESSIBILITA’: questa caratteristica consente ai sistemi aperti di REAGIRE IN TEMPI BREVI.

Non essendoci una intelligenza centrale, essa è distribuita in tutto il sistema, così come la capacità decisionale e le informazioni.
Nei SA la comunicazione avviene direttamente  tra i membri. L’informazione dunque si trova già là dove si richiede l’azione, e non dev’essere convogliata verso una testa/vertice che deve elaborarla, mettere a punto una strategia e infine rimandarla indietro sotto forma di comando alla reazione.

CONDIVISIONE DEL POTERE: non esiste un organo centrale di comando. Il potere è distribuito tra tutti i componenti dell’organizzazione, che seguono le regole perché vogliono farlo, non perché qualcuno lo impone.
Il potere è letteralmente individualizzato (e quindi condiviso da tutti coloro che ne sono detentori) e le decisioni si prendono a tutti i livelli della struttura, da tutti e dovunque.

Nello scontro sistema chiuso, autoritario, verticistico (SC)/sistema aperto, libertario e decentralizzato (SA) (per esempio stato – contro – nazione senza stato organizzata orizzontalmente e libertariamente), il SC:

a) cerca il capo dell’avversario, per corromperlo, comprarlo o eliminarlo;
b) cerca il luogo delle decisioni per distruggerlo;
c) cerca di infiltrarsi nella gerarchia, per indirizzare le decisioni.

Ma in un SA nessun luogo è indispensabile, nessuno è insostituibile. Quando un leader situazionale viene eliminato, altri dieci lo sostituiscono. Quando un SA viene attaccato, diventa ancor più decentralizzato, si polverizza, diventa nomade e porta altrove, in mille luoghi diversi e contemporaneamente la propria capacità decisionale.
Questi sistemi, non avendo né luogo né personificazione, non sono legalmente perseguibili, né praticamente bloccabili.
Sono invisibili, sembrano non esistere, non c’è neanche l’ombra di una testa indispensabile da tagliare.

Ma allora, come funziona un SA?

I SA, o organizzazioni decentralizzate,  si reggono su principi che se funzionano in sinergia garantiscono il funzionamento del sistema:

a) C’è uno STANDARD cui aderire e, una volta scelto di aderire perché lo scopo ci interessa e quello standard ci trova d’accordo, si entra automaticamente nella leadership.
Il termine inglese standard deriva dal vocabolo francese antico estendart, avente il significato di stendardo, insegna.
Per me uno standard cui aderire è la sintesi tra l’ideale che si persegue e l’indicazione delle modalità con le quali si intende procedere
Si definisce standard un modello formalizzato di riferimento, che fornisce le NORME, le linee guida per lo svolgimento di alcune attività, o per il perseguimento di uno scopo.[9]
Il rispetto di tali linee guida pone le basi per l'adozione dello standard da parte di un numero sempre maggiore di utenti.
Le attività di analisi e definizione degli standard sono, perciò, di fondamentale importanza.

Quindi, quale è lo scopo dello standard?
Lo scopo dello standard è quello di definire il modo migliore di fare una cosa, oggi. Lo standard deve essere mobile, dinamico, in continua evoluzione. Giorno dopo giorno si migliora nelle piccole cose. Lo standard deve rispecchiare questi miglioramenti e seguirli, giorno dopo giorno.

b) I CIRCOLI. Sono i gruppi fisici o virtuali che costituiscono l’unità minima. Una volta che si entra perché si è aderito ad uno standard, si è perfettamente uguali a tutti gli altri. Non c’è anzianità o altro parametro discriminatorio che tenga.

c) IL CATALIZZATORE: è la persona che avvia il circolo e poi si mette da parte. Mette in moto l’organizzazione, poi cede il controllo i membri. E’ un generatore di idee, un riferimento spirituale o culturale. Esiste per fare un lavoro, poi fa un passo indietro. Sviluppa l’idea, la condivide con gli altri e dirige attraverso l’esempio. Quando l’idea si regge e l’orizzontalità è partita, si ritira.
Al suo posto, nel tempo, si alterneranno altri catalizzatori situazionali o tecnici, o altri riferimenti spirituali e/o culturali, che sempre dirigeranno con l’esempio, mai con la coercizione (diretta od occulta)

c) L’IDEOLOGIA o SCOPO può essere qualsiasi input forte che motiva le persone a muoversi insieme verso una meta. LO STANDARD si modella a seconda dell’ideologia che muove il SA.

Ciò che il SA propone è la frammentazione e la scissione al posto della fusione e della coagulazione. La diversità al posto dell'unità. 

Immaginate che impatto può avere in una lotta di liberazione nazionale un Sistema Aperto.
Gli apparati repressivi dello Stato non sono in grado di fronteggiare un movimento in cui nessuno riceve ordini da nessun altro ed è in grado di prendere autonomamente le proprie decisioni.
Per fronteggiare questo tipo di attività rivoluzionaria, l'apparato sarà costretto a diventare ancora più burocratizzato e centralizzato (pensate alla creazione della Gendarmeria Europea, megaoperazione di centralizzazione del potere repressivo absolutus, slegato dai parlamenti nazionali) scollandosi dal territorio e lasciando interstizi da rendere temporaneamente indipendenti.
Concretizzando così quelle pratiche di indipendentismo di cui l'indipendenza ha così tanto bisogno... 

MURALES SARDU


NOTE

[1] Il testo fa parte di un work in progress, un lavoro più articolato destinato alla pubblicazione, ma ancora lacunoso e privo di un serio apparato note. 
[2] Cioè di capacità di intraprendere un compito, decidere di farlo a modo proprio e riuscire a portarlo a termine.
[3] L’accentramento di potere nello stato moderno, militarista e industriale, non costituisce l’unica causa dell’impotenza dell’individuo e del piccolo nucleo sociale nel mondo d’oggi. Essa va sopratutto ricercata nella generale delega allo Stato. L’individuo, per omissione, per trascuratezza, per condizionamenti mentali o per mancanza di immaginazione, delega la sua personale quota di potere a qualcun altro, invece di utilizzarla in prima persona.
[4] La completa realizzazione dell’individualità potrebbe dirsi propedeutica, anzi congiunta, al più alto sviluppo dell’associazione volontaria in tutti i suoi aspetti, a tutti i livelli possibili, per ogni scopo immaginabile.
[5] Per il concetto di STANDARD si veda più avanti nel testo.
[6] La leadership è gerarchica, autoritaria, privilegiata e permanente.
[7] Teniamo mentalmente in evidenza le organizzazioni indipendentiste e poniamo un primo paletto del discorso: l’esercizio dell’autodeterminazione individuale all’interno dei Movimenti dovrebbe essere palestra e specchio dell’ideale perseguito con la lotta di liberazione nazionale: l’autodeterminazione di un popolo.
[8] E’ ovvio che questi termini virgolettati e appartenenti al lessico industriale, possono – usati per modelli organizzativi di altri ambiti -  funzionare ugualmente, anzi ci aiutano a capire meglio certi meccanismi.
[9] Nel nostro caso, lo scopo o ideale è l’indipendenza economica e politica della Sardegna. Già parlare di Indipendentismo libertario definisce una parte di STANDARD


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