lunedì 19 novembre 2012

Indipendentisti sardi contro la Bper

Indipendentisti sardi contro la Bper

«Basta con i tagli, la Regione riacquisti il Banco di Sardegna»


Annalisa Bernardini
www.unionesarda.it

Comunicato stampa di SNI, CSS, AMpI sul Banco di Sardegna
 
Un grido d'allarme perché il Banco di Sardegna rimanga un punto di riferimento nel mondo del credito nella nostra Isola. A lanciarlo sono stati ieri i rappresentanti di Sardigna Nazione, di A manca pro s'Indipendentzia e della Confederazione sindacale sarda (Css) che hanno denunciato i tagli che il gruppo starebbe per fare su tutto il territorio isolano.

LA POSIZIONE

«Dei circa 1.250 esuberi annunciati dal piano industriale di marzo da Bper, 450 saranno in Sardegna», tuona Giacomo Meloni, del Css. «A questo si deve aggiungere la chiusura delle filiali del Banco di Sardegna: si parte da 65 ma si arriverà facilmente a un centinaio. I dipendenti diventeranno lavoratori delle società di servizio». Quella che è nata come la banca dei sardi «potrebbe non esserlo più», aggiunge Bustianu Cumpostu, leader di Sardigna Natzione. «Chiuderanno le filiali nei paesi dell'interno costringendo le persone ad andare nei centri vicini: oltre al danno economico con due posti in meno e sofferenze per le aziende dell'indotto, ci sarà anche quello sociale». A farne le spese, secondo Meloni, «saranno le imprese sarde: la Fondazione del Banco raccoglie i soldi nell'Isola ma li porta fuori e ora le politiche saranno mirate a sostenere le imprese continentali». Il presidente del Banco, Franco Farina, aveva però parlato di «una razionalizzazione» con l'eliminazione delle filiali in centri poco significativi della penisola e magari «l'apertura in piazze più interessanti».
Bustianu Cumpostu SNI
Giacomo Meloni CSS

PROPOSTE
 
«C'è un silenzio sospetto su questo piano, sia da parte della politica che degli stessi componenti della Fondazione del Banco che erano perplessi su questo piano», ha attaccato Meloni. Il piano di Bper, che detiene il 51% delle azioni del Banco, «prevede in sintesi la riduzione dell'istituto sardo a una succursale commerciale della banca modenese e non possiamo accettarlo», ha detto Meloni. Per questo ieri sono state elencate alcune proposte di cui la Regione dovrebbe farsi carico. «Prima di tutto chiediamo conto dell'operato dei vertici dell'Istituto e della Fondazione. Chiediamo anche lo stop alla cessione delle 35 filiali del Banco di Sardegna e della Banca di Sassari nella penisola». La politica, inoltre, dovrebbe «sostenere il riacquisto da parte della collettività sarda del 51% delle azioni dell'Istituto ed emanare una legge regionale per indirizzare il mercato del credito sardo con il vincolo di reimpiegare i fondi nello stesso territorio dove sono raccolti».
Cristiano Sabino AMpI

IDEE
 
Per i due movimenti e il sindacato, inoltre, dovrebbe essere potenziato il Banco e ricostituito il Centro dati a Sassari. «Il Ced avrebbe anche il compito di gestire il flusso operativo della clientela del Gruppo», si legge in un documento. «Il centro dati servirebbe per dare vita, in un'intesa banca-Regione, a un consorzio di imprese ed enti pubblici per dare il supporto tecnologico nel territorio».
Gavinu Piredda, sindacalista sardu de sos bancarios de su Bancu de Sardigna in sa cunferentzia de imprenta ammanigiada da SNI, AMPI e CSS. Mi siscuso si no apo pitidu registrare sos ateros interventos ma b'at subennidu problemas tecnicos.

sabato 17 novembre 2012

Sardigna Natzione Indipendentzia per la Consulta Rivoluzionaria….


Sardigna Natzione Indipendentzia per la Consulta Rivoluzionaria….

Il simbolo di Sardigna Natzione Indipendentzia

Alessandro Manca
 
Sia chiaro che come Sardo libero ritengo la ricontrattazione con la Repubblica Italiana un atto che vada visto con un nuovo accordo fatto alla pari, tra soggetti contraenti diversi, due Nazioni che eventualmente si accordano per esigenze pratiche di organizzazione interna, dentro uno scenario largo che definisco come Europeo e Mediterraneo.
 
Il patto sottoscritto tra la Sardegna e l’Italia, nato gatto e non leone, sessanta anni dopo, è  in gran parte decaduto in quanto la classe politica sarda locale non lo ha sviluppato e tanto meno praticato. E così come tutti i contratti sottoscritti e non rispettati, questi  contratti di fatto decadono,  proprio per il fatto che la società Sarda
( Consulta Rivoluzionaria ) prende questo contratto e ne denuncia davanti alla legge la sua non attuazione, chiedendo la sua risoluzione e annullamento con la richiesta dei danni in caso appunto ci siano stati.
 
Non ci importa se sono stati i politici sardi o quelli italiani a non averlo rispettato, essendo la Sardegna inserita dentro il quadro repubblicano italiano, unita politicamente alle sue strutture di governo e di Giustizia, solo l’Italia è la colpevole, la sua partitocrazia, le sue istituzioni primarie, il suo Presidente della Repubblica, garante di tutti i cittadini dentro la Res pubblica.
 
I Sardi, dentro la Repubblica, hanno acquisito la Cittadinanza, ma questa non significa nazionalità, appunto, in quanto, la denominazione di Res pubblica significa luogo, casa e cosa di tutti e non ha cambiato la differenza nazionale popolare dei sardi, ma avrebbe dovuto consentirgli il riconoscimento di tutti i diritti sottoscritti dentro la Costituzione legale in un luogo geografico delimitato, dentro il quale tutti i cittadini abitanti potevano essere  riconosciuti uguali davanti alle istituzioni, sebbene di nazionalità o religione  diversa. Ma così non è stato.
 
Non esiste la Nazionalità italiana in senso uniforme dentro la Repubblica, l’Italia non è un luogo dove abitano solo  gli italiani nati nella penisola, ma essendosi costituita come Res pubblica essa è diventata un luogo aperto dove vengono riconosciute le differenti nazionalità, come ad esempio quella sarda, che con il riconoscimento in senso  di cittadinanza allargata può liberamente abitare in Italia e viceversa, come qualunque altro cittadino di nazionalità diversa come un tedesco, un francese, uno spagnolo eccetera.., per cui non è  abitando in Italia che si diventa di nazionalità italiana, questa non può essere un arbitrio coercitivo dello Stato a obbligare un cittadino abitante dentro la Repubblica a divenire di nazionalità diversa da quella di partenza. Non esistono nazionalità imposte, arbitrarie, ma solo Cittadinanze condivise in libertà, nessuno può imporre status differenti a quelli che già possiedono i Popoli in se, costruiti dentro la propria storia, dentro i propri confini.
 
 
Statuto Speciale della Regione Autonoma della Sardegna – Titolo IV° - Art. 28 – L’iniziativa di fare le leggi spetta alla Giunta Regionale, ai Consiglieri Regionali e a tutto il POPOLO SARDO.
 
Perciò, essendo in presenza di un soggetto contraente dichiaratamente identificato  come il POPOLO SARDO, in Sardegna le leggi sono ad esclusivo appannaggio del popolo SARDO e non del popolo Italiano… .   ( VERBO VOLANT, SCRIPTA  MANENT…)
 
La sottoscrizione di un patto politico non è un atto di proprietà… La sottoscrizione di un contratto politico obbliga al suo rispetto tutti e due i contraenti, quando uno dei due lo rompe, viene meno tutto il patto e chi ha subito il danno del non rispetto del patto, ha il dovere di mettersi al riparo dai guai causati dalla parte che non lo ha rispettato.
 
Lo Stato italiano non è il padrone della Sardegna, non è il proprietario della vita del Popolo Sardo, il popolo Sardo non è nato “schiavo di Roma”… lo Stato Italiano si ricordi che la Sardegna è stato il perno centrale nella costruzione della Repubblica, e appunto come primo attore e contraente il patto, dentro la Storia, seppur inconsapevole, potrebbe di fatto, uscire dalla repubblica appunto denunciando l’Italia di fronte alla Corte Europea di giustizia per aver disatteso e non reso praticabile quel patto nato per unire dentro un luogo con una cittadinanza condivisa, con leggi simili anche in tanti altri territori circostanti in Europa.
 
La Cittadinanza italiana è stata soppiantata da quella Europea, Noi Popolo dei Sardi possiamo integrarci meglio, in maniera rapida, liberi, indipendenti e interdipendenti, dentro questo scenario molto appetibile per il nostro modo di essere e per la nostra economia interna che si potrebbe finalizzare dentro un marchio di qualità delle produzioni ma anche dentro quel futuro economico possibile, attento alle questioni ambientali.
 
Ma l’Italia ha di fatto contravvenuto in maniera spudorata al rispetto delle differenti Nazioni dentro la Res pubblica, contravvenendo al patto socio – costitutivo dentro la Repubblica, utilizzando la Sardegna per pagarsi i danni dell’ultima guerra mondiale, vendendosela ai vincitori del conflitto, militarizzandola come non mai, riducendola alla fame, stravolgendone il suo tessuto sociale primario, come l’agricoltura e la pastorizia, e con le sue Istituzioni corrotte, i sindacati, le televisioni italo regionali presenti in Sardegna, sta cambiando la soggettività Nazionale propria del Popolo Sardo, da cittadinanza italiana condivisa, in nazionalità italiana coatta e repressiva.
 
Per cui Noi, POPOLO SARDO, dichiariamo unilateralmente la cessazione del patto che ha unito per sessanta anni la Sardegna con la Repubblica Italiana, motivo principale il suo mancato rispetto e la mancata attuazione dentro lo scenario sardo autoctono, con lo svuotamento totale dei diritti dei sardi privati di una propria soggettività popolare messa in atto dalla partitocrazia italica con la complicità dei politici locali ascari e ladroni.  Inoltre, in presenza di un tempo storico completamente diverso, questo patto non è più praticabile, ne tantomeno soggetto a revisione in chiave unitaria con la Repubblica Italiana ma rivisto completamente dentro uno scenario nuovo, allargato, di tipo europeo e mediterraneo.
 
Nasce così il primo trattato Internazionale della Nazione Libera Sarda, apripista verso quelle realtà popolari che come Noi ambiscono alla loro libertà, alla loro soggettività Nazionale, una nuova maniera di approccio alla situazione storica in cui l’Europa si ritrova, dentro una crisi economica irreversibile e che soltanto un nuovo sentimento di appartenenza può far rinascere la speranza di un periodo migliore, le differenze dei Popoli, la loro voglia di essere protagonisti dentro un nuovo periodo storico, l’Europa e il Mediterraneo dei popoli liberi che lavorano e prosperano tutti insieme.
 
 
 
 
PRIMA AZIONE da portare avanti in pratica nella realizzazione del progetto di indipendenza da parte del movimento Sardigna Natzione:
 
A - Sardigna Natzione supportata dalla Consulta Rivoluzionaria e da tutto il Popolo Sardo dovrebbe denunciare la rottura del patto costituente dentro la Repubblica, causato dallo Stato, aprendo un doppio binario di lotta, uno è la conseguente denuncia legale di fronte al Tribunale Italiano e alla Corte Costituzionale Italiana, fino alla Presidenza della Repubblica, e in seguente battuta verso la Corte  Europea di Giustizia.
 
B – Sardigna Natzione dovrebbe lanciare la scrittura in chiave indipendentista di un nuovo Statuto internazionale scritto dal POPOLO SARDO con riferimento il quadro  politico europeo, mediterraneo;
 
C – Le modifiche o la riscrittura totale dello Statuto Speciale della Sardegna si può attuare attraverso un referendum con la sottoscrizione di ventimila firme. ( Statuto Speciale titolo 7° – art.54 – revisione statuto)
 
 
Proposte da sviluppare…
 
La scrittura dello Statuto Internazionale della Nazione Libera Sarda dovrebbe contenere  diverse disposizioni:
 
1.       Il Popolo Sardo è l’unico soggetto contraente che dispone del suo Status Popolare e Nazionale, con il suo patrimonio costituito territorialmente dentro l’isola, comprensivo delle isole minori, con il suo mare fino alle 15 miglia territoriali, tutti questi sono una proprietà giuridica inalienabile del Popolo Sardo, solo esso ne può disporre avendo costituito di fatto la propria Libera soggettività Nazionale, Europea e Mediterranea.
 
2.       Il Popolo Sardo presente alla data della riscrittura dello Statuto Internazionale della Nazione Libera Sarda,   viene considerato quello autoctono ma anche chiunque vorrà adottare il suo status di cittadinanza in Cittadinanza Sarda Euromediterranea. ( C.S.E )
 
3.       La Nazione Libera Sarda, con riferimento l’Europa e il Mediterraneo, sottoscriverà accordi di amicizia e trattati di natura economica con qualunque altra Nazione che riconoscerà con trattato internazionale la Nazione Libera Sarda, così da poter eventualmente essa stessa riconoscere altre Nazioni non libere, anche se imprigionate dentro altro Stato.
 
4.       La Nazione Libera Sarda, costituita, riconosce tutti i trattati internazionali sui diritti dell’uomo, delle donne, dei bambini e dei popoli, e chiederà di far parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ONU,  mettendo a disposizione ciò che potrà essere utile all’occorrenza per gli scopi umanitari dell’organizzazione.
 
5.       La Nazione Libera Sarda ha il diritto di stampare e battere propria moneta, (Euromediterraneo Sardo )  valido esclusivamente dentro il suo mercato territoriale  interno, ritenendo comunque valide le altre monete europee, internazionali, agganciandole al cambio valutario da precisare in seguito.
 
 
 
 
Altre norme in base alla riscrittura dello Statuto di Autonomia da proporre attraverso referendum e che io da indipendentista aborro, ma che porterei avanti come un tentativo di far morire lo Statuto Sardo GATTO per farlo rinascere come Carta dei Diritti del Popolo Sardo,  Statuto Sardo LEONE.
 
( L’indipendenza nella interdipendenza).
 
1.       Il popolo Sardo avoca a se il suo Status Nazionale Popolare, e  aderisce dentro la forma giuridica della Repubblica Italiana solo attraverso referendum popolare confermativo che abbia il risultato superiore del 65%, da tenersi ogni dieci anni,  e in caso che l’adesione non venga confermata potrà aprire liberamente e legalmente ad una sua riorganizzazione politica interna attraverso una costituente per l’indipendenza  Nazionale. Il presente articolo è immodificabile in sede legislativa e nemmeno con referendum.
 
2.       Il popolo Sardo, La Nazione Autonoma della Sardegna, in caso di adesione alla Repubblica Italiana, ha competenza assoluta sulla Scuola Primaria, sulla Scuola Secondaria, sui programmi scolastici, sui testi dei libri, e sulla lingua, che durante questo primo processo di apprendimento sarà paritariamente bilingue.
 
3.       Il popolo Sardo, la Nazione Autonoma Sarda, in accordo con la Repubblica Italiana, ha il diritto di incassare tutte le tasse dentro il proprio territorio, attraverso lo sportello unico fiscale nazionale della Sardegna, comprese le tasse di competenza statale della Repubblica Italiana, comprese anche le accise totali sulle intere produzioni fatte in Sardegna, stabilendo una quota unica di compartecipazione da versare alla Repubblica nella misura del 20% sulle accise totali prodotte alla fonte in Sardegna e del 10% di tutte le altre tasse riscosse sul territorio Sardo anche se di diritto della Repubblica.
 
4.       Il popolo Sardo, la Nazione Autonoma Sarda, fuori dalla organizzazione sportiva della Repubblica Italiana, ha diritto di fondare un suo organismo sportivo, ( F.OL.S. ) riconosciuto dentro le Olimpiadi, che possa rappresentare in tutte le discipline sportive la Nazione Sarda con i suoi atleti e la sua bandiera Quattromori.
 
5.       Il popolo Sardo, la Nazione Autonoma Sarda, essendo territorialmente una isola, ha diritto inalienabile di utilizzare per gli scopi commerciali tutto il suo mare prospiciente dentro le 15 miglia marine, controllando le acque internazionali eventualmente assieme ad una coalizzazione di tipo militare internazionale euromediterranea attraverso trattato internazionale pubblico sottoposto in Sardegna a referendum.
 
6.       Il Popolo Sardo, la Nazione Sarda, detiene il potere politico di rappresentanza Nazionale del Popolo Sardo dentro la Camera ed il Senato della Repubblica Italiana, senza partiti politici italiani, stesso e identico modo anche dentro le elezioni dell’Esecutivo Nazionale interno in Sardegna, in cui si fa divieto di presentare liste con simboli non rappresentanti gli esclusivi interessi del Popolo Sardo e della Nazione Sarda.
 
7.       La Nazione Sarda ha il diritto di essere rappresentata dentro la Comunità Europea con la elezione di quattro  propri Rappresentanti, senza tessere di partito, essendo inclusa dentro un proprio distretto euro- elettorale.
 
8.       Il Popolo Sardo, la Nazione Sarda, stabilisce le cariche di rappresentanza Nazionale propria attraverso elezioni libere dove qualunque cittadino Sardo possa concorrere nel limite assoluto dei due mandati, senza obbligo di appartenenza a partiti, con Liste apartitiche, dentro la propria responsabilità morale e personale.
 
9.       Il Popolo Sardo, ha diritto di licenziare qualunque rappresentante politico eletto alla Camera in Italia e anche in Sardegna,  che si sia macchiato di reati contro l’Amministrazione pubblica, di reati contro la persona, di malversazione, attraverso denuncia penale collettiva seguita da riscontro oggettivo che una volta dimostrata la fondatezza obbliga il rappresentante politico a lasciare la carica anche se non sopraggiunto l’arresto giudiziario.
 
10.     Il Popolo Sardo, la Nazione Sarda, si doterà di una propria Guardiania Interna, escludendo tutte le forme militaresche atte alla repressione delle istanze popolari, queste saranno esclusivamente sotto il controllo dei Giudici che in Sardegna gestiranno l’intero apparato Legislativo, comprese anche tutte le leggi di rango internazionale in merito ai diritti inalienabili dei popoli dentro lo scenario euromediterraneo.
 
 
Conclusioni.
I  tempi e i contesti storici cambiano e ci consegnano i nuovi compiti da svolgere nella Consulta rivoluzionaria, l’insofferenza della gente comune verso i partiti politici italiani, debbono farci prendere coscienza e portare dentro questo nuovo contesto storico, quel nostro sentimento di giustizia, di libertà e prosperità per la nostra povera Sardegna, soltanto unendo tutti quanti, dentro l’ideale potremo anche trovare gli uomini giusti che insieme organizzano una vera azione per far si che la Lotta di Liberazione Nazionale della Sardegna si appropri di quel soggetto che fino a oggi gli è mancato…il Popolo Sardo unito che vuole davvero perseguire ed ottenere la sua libertà e il suo benessere attraverso  l’Indipendenza Nazionale. 

SALUTI….. 

documento a titolo personale    
   
Alessandro Manca con Elisabetta allo sciopero del 7 novembre con la Consulta Revolutzionaria

venerdì 16 novembre 2012

Rivoluzioni colorate: E' il turno dell'Argentina? Chi specula e sostiene le forze liberiste a discapito del governo Cristina Fernández de Kirchner ?

Rivoluzioni colorate: E' il turno dell'Argentina? Chi specula e sostiene le forze liberiste delle banche e bildeberg a discapito   del governo di Cristina Fernández de Kirchner ?

Tony Cartalucci

Tradotto da  Skoncertata63


Crescono i sospetti mentre aumenta, insieme alle manifestazioni pubbliche, la critica occidentale alla nazionalizzazione dell’Argentina e al suo rifiuto delle “regole di finanza globale”

presidente de l'Argentina Cristina Fernández de Kirchner


Le agenzie di stampa occidentali hanno iniziato a pubblicizzare, con notevole entusiasmo, le manifestazioni di piazza nella capitale argentina, Buenos Aires. CNN (1), AP (2) e la BBC hanno tutte dato copertura alle proteste in corso usando termini vaghi, senza identificare i leader ed i gruppi d’opposizione dietro di esse, mentre la BBC in particolare (3) ha riciclato la retorica della “primavera Araba”, affermando che “gli attivisti dell’opposizione stanno usando i social network per mobilitare la protesta”, definendola “una delle più importanti proteste anti-governative dell’ultimo decennio”.

I canali d’informazione occidentali dicono che chi protesta è infuriato per “l’inflazione in aumento, gli alti livelli di criminalità e i clamorosi casi di corruzione”, gli stessi identici e generici argomenti utilizzati nelle manifestazioni di piazza dai gruppi di opposizione sostenuti da Wall Street in Venezuela (4). Dietro queste astratte rivendicazioni c’è il Fondo Monetario Internazionale, e minacce di sanzioni contro un’Argentina (5) che tenta di distaccarsi sempre più dal dollaro statunitense e dal sistema finanziario internazionale dominato dal binomio Wall Street-Londra.


E come per il Venezuela, si è scatenata nei canali d’informazione occidentali una campagna mediatica di opinionisti contro il governo argentino del Presidente Cristina Fernandez de Kirchner. Il Chicago Tribune, in un articolo d’opinione dal titolo: "Momento critico per Buenos Aires: le politiche economiche populiste preparano il disastro” scrive così (6):


Che peccato vedere un paese con così tante promesse economiche perdere nuovamente la strada che porta alla prosperità.

L’ultimo di una lunga serie di errori iniziata nel 2007. In quell’anno le elezioni nazionali furono vinte dal Presidente populista Cristina Fernandez, che ha portato il suo paese sull’orlo del disastro rifiutando di rispettare le regole della finanza globale. Ha ridotto gli scambi internazionali, violato accordi e pubblicato dati falsi per mascherare l’inflazione galoppante causata dalle sue stesse politiche. Nel frattempo ha conseguito scarsi risultati politici attaccando i paesi ricchi del nord accusandoli di presunto imperialismo economico.

In Maggio l’Argentina ha commesso l’errore di nazionalizzare l’YPF, la sua più importante compagnia energetica. Tale passaggio, condannato da tutto il mondo, ha costretto il Grupo Repsol spagnolo, azionista di maggioranza nell’YPF a uscire dalla società. Repsol forniva l’ingegneria e gli investimenti finanziari necessari per sviluppare le grandi risorse energetiche dell’Argentina – compreso il gigantesco giacimento di gas e petrolio Vaca Muerta.

Le trattative in corso per compensare la Repsol per l’espropriazione delle quote, saranno un disastro per l’Argentina. L’Unione Europea probabilmente imporrà delle sanzioni. Repsol chiede 10 miliardi di dollari e ha fatto arrivare alle società concorrenti il messaggio che non permetterà a nessuno di approfittare dei beni confiscati. Sarà dura per l’Argentina trovare dei partner per aiutarla a sviluppare quelle che dovrebbero essere delle risorse redditizie.

Il colpo finanziario alla Repsol ha trovato un forte consenso nazionale. Gli indici di gradimento del Presidente Fernandez si sono temporaneamente impennati. Anche i partiti dell’opposizione hanno approvato il provvedimento. Funzionari governativi hanno parlato di una ritrovata dignità nazionale del paese rispetto ai paesi esteri nello sfruttamento delle proprie risorse. Nel frattempo, il Presidente Fernandez ha tentato di sostenere l’economia nazionale privatizzando i fondi pensione privati, riconvogliando il denaro in prestiti edilizi ed ampliando con appositi decreti i programmi della sanità pubblica.

E ora all’Argentina tocca pagare il conto.
Quello che probabilmente seguirà saranno attacchi coordinati di sanzioni, isolamento, attacchi politici, attacchi monetari e, ovviamente, disordini pubblici fomentati dagli Stati Uniti, dalle semplici manifestazioni che bloccano il traffico ad azioni sempre più violente scatenate dall’ormai notorio “uomo armato misterioso” (7), utilizzato nelle guerre non convenzionali statunitensi per destabilizzare, dividere e distruggere le nazioni.

L’attuale ordine mondiale conviene agli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati, che l’hanno costruito.

Robert Kagan, 1997

Ma come per il Venezuela, se si riuscisse a far crescere la consapevolezza di ciò che fanno i paesi occidentali e di quali sono le reali intenzioni ed interessi dietro i gruppi d’opposizione che manifestano nelle strade, si potranno alla fine neutralizzare tutte queste azioni volte a riportare l’Argentina nell’ “ordine mondiale” dominato dall’occidente – elaborato da strateghi politici come Robert Kagan, appunto per “convenire agli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati, che l’hanno costruito”.


Se vivi in Argentina e conosci i gruppi d’opposizione che manifestano contro il governo argentino, e hai notizie precise dei loro leader, richieste, ideologia ed affiliazioni, per favore contatta Land Destroyer Report a questo indirizzo: cartalucci@gmail.com



Per concessione di ComeDonChisciotte
Fonte: http://landdestroyer.blogspot.it/2012/11/color-revolutions-argentina-next.html?utm_source=BP_recent

giovedì 15 novembre 2012

Germania: La fine dell'illusione socialdemocratica... QUAL'E' LA VIA?... REVOLUTZIONI!!

Germania: 
La fine dell'illusione socialdemocratica 

QUAL'E'.. LA VIA? RIVOLUTZIONE!




Alberto Cruz

Tradotto da  Centro di Cultura e Documentazione Popolare


I socialdemocratici della SPD tedesca hanno già il loro candidato per affrontare Angela Merkel alle elezioni di settembre del prossimo anno. E' Peer Steinbrück, ex ministro delle finanze nel primo governo della cancelliera, nel governo di coalizione tra cristianodemocratici e socialdemocratici tra il 2005 e il 2009. Per quasi tutta la sua vita politica ha ricoperto posizioni di responsabilità su temi economici e finanziari, non solo nel governo federale, ma anche nei Länder di Schleswig-Holstein e della Renania Settentrionale-Vestfalia. E', dunque, l'uomo perfetto per la SPD per cercare di spodestare la Merkel dalla cancelleria tedesca e che indica al resto d'Europa come andranno le cose in Germania: continuare con il controllo soggiacente all'UE e marcarne il corso economico.


 Steinbrück è uno dei maggiori esponenti dell'ala destra della SPD, sempre che ci sia qualche altra ala in questo partito al di là di alcune critiche puntuali o particolari posizioni in qualche determinato Land. E' stato eletto all'unanimità dai 35 membri del comitato esecutivo per "catturare l'elettorato di centro", come riconoscono nella SPD. Questa scelta della SPD, al di là che venga definita come "un passo avanti", rappresenta in realtà, molti passi indietro. Altri passi indietro nel percorso che iniziò alla fine del 1990, dopo il crollo del muro di Berlino.
Da allora parlare di socialdemocrazia non è altro che un'illusione che è stata mantenuta perché interessa al capitalismo. La socialdemocrazia è semplicemente l'altra faccia della medaglia capitalista e, quindi, non vi è alcuna alternanza politica nei governi, ciò che eufemisticamente chiamano "centro-sinistra" e "centro-destra", ma che non tocca l'essenza del sistema capitalista. Chi comanda è il capitalismo, ed ora, quello finanziario.
 
Peer Steinbrück e Angela Merkel
Steinbrück è, inoltre, il preferito da tutti i mezzi di comunicazione tedeschi visto che viene considerato come il massimo rappresentante del "modello tedesco" che viene promosso dal suo partito dal 2003 - la SPD è stata il precursore delle politiche neoliberali, dei tagli sociali e nel dare la priorità al "mercato" prima che al cittadino - e che con tanto sforzo adesso sostiene la Merkel, cioè la riduzione della spesa pubblica con la scusa di combattere la crisi. Dare uno sguardo a tutti gli editoriali pubblicati dopo la sua nomina è abbastanza illuminante su ciò che ci attende nel caso sia in grado di sconfiggere la Merkel: lodi e ricordi di come liberalizzò le banche e tagliò l'assistenza sociale per aiutare a superare la crisi provocata dalla caduta della Lehman Brothers, che, a sua volta, causò un piccolo terremoto nel sistema bancario tedesco che venne risolto con l'attivazione di un fondo di salvataggio di 480 milioni di euro... a spese del contribuente.
Non deve sorprendere l'amore che gli dimostrano i cosiddetti mezzi di comunicazione perché con questo tipo di politiche fu il responsabile del più grande disastro subito dalla SPD in Renania Settentrionale-Vestfalia in tutta la storia del partito, recuperata solo adesso, alle elezioni di maggio di quest'anno per la saturazione della politica della Merkel. Il motivo per cui la SPD ha recuperato il governo in questo Land non è dovuto solo a questo fattore, che è il fattore determinante, ma anche al fatto che il nuovo candidato ha fatto del suo meglio per allontanarsi da ciò che fece Steinbrück e che adesso sostiene nuovamente. Ad esempio, parlando di una politica dura verso il settore finanziario e per questo ha vinto. C'era chi, all'interno della SPD, riteneva che il nuovo leader della Renania Settentrionale-Vestfalia, Hannelore Kraft, fosse l'ideale per far si che SPD recuperasse la sua essenza socialdemocratica, ma era solo un'illusione. Non gode di sostegno all'interno del massimo apparato del partito. Va bene per un Land, ma non per l'intero paese, perché il suo discorso non sarebbe in grado di "approcciarsi al voto conservatore". La fine dell'illusione socialdemocratica e tutta una dichiarazione di principi su quello che oggi è la SPD.
Ciò lo sa fare Steinbrück, che non parla contro il settore finanziario, ma che si limita a parlare di una "migliore regolamentazione". Non c'è da stupirsi. Steinbrück è un uomo molto ben relazionato con aziende come Porsche, Telekom o ThyssenKrupp, del quale è stato un alto dirigente. E non c'è da meravigliarsi che la SPD votasse in blocco a favore del "patto fiscale e di stabilità" promosso dalla Merkel perché, come hanno ripetuto all'infinito i cosiddetti mezzi di comunicazione, "votando contro, l'SPD si sarebbe posto nella marginalità politica."
Steinbrück rappresenta un ritorno alle stesse e terribili politiche promosse dall'SPD dal 1995 fino al 2005 - in coalizione con i Verdi, non va dimenticato - in ogni governo, sia nei Länder che nel governo federale e poi nel governo di coalizione con la CDU (cristiano-democratici, il partito di Angela Merkel) e SPD dal 2005 al 2009, quando la CDU ebbe la maggioranza necessaria per sbarazzarsi della SPD e formare un governo con i liberali del FDP. Successivamente, Steinbrück non ha avuto remore a parlare di "regolamentazione dei mercati finanziari" (2008), quand'era ministro delle Finanze, ma non mosse un dito per rendere ciò possibile. Adesso torna a parlare della stessa cosa. 
Otto milioni di lavoratori poveri
In tutto questo processo, secondo i dati della principale centrale sindacale tedesca, la Deutscher Gewerkschaftsbund (DGB, Confederazione dei Sindacati Tedeschi), la situazione occupazionale è diventata grave come negli altri paesi europei. La precarietà colpisce 7,7 milioni di lavoratori, con un incremento del 45% negli ultimi dieci anni, e sono le agenzie di lavoro interinale che sono passate quasi a monopolizzare i contratti al posto del collocamento pubblico. In questo decennio, 2002-2012, questo tipo di contratti è cresciuto del 150%. I lavoratori poveri sono già 8 milioni nella Mecca del capitalismo europeo, 2,3 milioni dei quali sono giunti a questa tragica situazione a partire dal 2010 fino ad oggi. Questa cifra rappresenta il 23,1% della popolazione attiva della Germania. E del totale di 8 milioni di lavoratori poveri il 63%, poco più di 5 milioni, sono donne. Per loro, il governo della Merkel ha promosso il cosiddetto "mini-job", un lavoro part-time, che non è soggetto a contributi previdenziali da parte dei datori di lavoro. I "mini-job" non sono malvisti dalla SPD.
Ma, anche riconoscendo che SPD ha una grande parte di responsabilità in questa situazione, i sindacati tedeschi sono restii a tagliare i rapporti con la socialdemocrazia e promuovono chiaramente il "male minore". Perché da sempre è stata la socialdemocrazia che li ha alimentati in epoche d'abbondanza e quella che gli ha permesso di moderare il malcontento nei momenti di debolezza o quando al governo ci sta l'altra faccia della medaglia capitalista, la CDU. Come adesso. Tuttavia, vi è un sindacato integrato nella DGB che considera che un male è un male. E' il caso della IG Metall, che ha fatto un passo per andare oltre, guadagnando forza che ha mantenuto sia con il governo federale che con il padronato ottenendo un aumento salariale per quest'anno del 4,3%, due volte l'inflazione, divenendo così un punto di riferimento per gli altri sindacati e lavoratori dal momento che è il maggior incremento dei salari in Germania dal 1992. Ciò non è stato gradito nella SPD.
C'è poco da essere sorpresi dal fatto che il comitato esecutivo della SPD abbia votato all'unanimità per Steinbrück come candidato cancelliere, nonostante abbia espressamente rifiutato di specificare quale sarebbe il programma giusto per sconfiggere la Merkel. Non si menziona nessuna autocritica per il comportamento neoliberale del partito negli anni precedenti, né se la SPD continuerà a mantenere l'età di pensionamento a 67 anni o vorrà abbassarla - una delle richieste principali della società tedesca - niente di niente. Steinbrück dice di aver bisogno di "spazio per muovere le sue gambe", vale a dire, di "catturare l'elettorato centro".
Le prime iniziative del candidato socialdemocratico si limitano a conferenze e interviste nelle quali si parla di "difendere le conquiste della democrazia", con qualche timido riferimento allo "Stato Sociale". Naturalmente, non specifica come. Ciò lo dice apertamente anche la Merkel. Tuttavia i sondaggi danno la SPD al 29% dei voti che insieme al 12% dei Verdi, li collocano al 41%, mentre la CDU avrebbe il 35% e i liberali il 4%. Quindi, quasi in parità. A meno che si rifaccia la grande coalizione CDU-SPD del 2005-2009, le uniche alternative possibili per far si che l'SPD vada al governo sono o la "coalizione semaforo" (SPD-Verdi-liberali) o una coalizione con i Verdi (nessun dubbio che si verificherà di nuovo) e raggiungendo inoltre accordi con altre forze politiche. Ma ce ne sono solo due: il Partito Pirata (7%) e Die Linke (8%). E Steinbrück ha già espresso che o da alleato attivo o passivo non si alleerà "mai e poi mai con i rossi, gli stalinisti e gli amanti della Repubblica Democratica Tedesca", tutti aggettivi che ha usato per descrivere Die Linke.
Il Partito della Sinistra (Die Linke) è uscito da un processo difficile, dopo aver perso la rappresentanza che aveva nella maggior parte dei Länder, soprattutto nella parte occidentale del paese, dal momento che mantiene la sua forza ad Est, nell'ex RDT. Le loro percentuali qui sono oltre il 15% e ci sono località in cui ottiene anche il 30% del sostegno. Devono essere questi coloro a cui Steinbrück si riferisce con disprezzo. L'8% che le danno i sondaggi non è male se si considera la sconfitta sofferta nelle elezioni di inizio maggio in Renania Settentrionale-Vestfalia, dove ottenne solo il 6% a livello federale (nelle elezioni del 2009 aveva raggiunto il 12%). E' cresciuta di due punti in tre mesi come conseguenza del suo rinnovato impegno nel suo recente congresso di giugno per rafforzare l'approccio di sinistra, senza indebolirlo come voleva un settore del partito, i "realisti", che sostenevano l'impostazione socialdemocratica. Questa discussione per la posizione nei confronti della SPD, ha immerso Die Linke in un profondo dibattito interno che ha paralizzato l'organizzazione in aspetti chiave quali le riconversioni industriali o le chiusure delle imprese di carbone e acciaio. Tuttavia, adesso è riemersa con forza ponendo l'accento sulle questioni sociali e economiche, segnando una linea netta tra sinistra e destra, dal momento che questa è insensibile a temi quali l'istruzione, la sanità, gli alloggi e alimentazione decenti. Il discorso della Die Linke è chiaramente contro le grandi banche, le gigantesche corporation industriali e il coinvolgimento militare della Germania in paesi come l'Afghanistan. Vedremo se le aspettative saranno soddisfatte nelle elezioni del prossimo gennaio nel Land della Bassa Sassonia.
Il candidato della SPD è l'ideale per il capitalismo tedesco in questo momento. La crisi europea inoltre sta coinvolgendo la Germania, le sue esportazioni ne risentono. L'Institut für und Makroökonomie Konjunkturforschung (IMK, Istituto di Politica Macroeconomia) riconosce che la tendenza della Germania è verso il basso (sono scese del 3,1% le esportazioni nei paesi dell'area dell'euro quest'anno) senza prospettive di ripresa a breve e medio termine. Di conseguenza, si accentuano le politiche di austerità che sono il segno distintivo della Merkel e della SPD, dato che fu questo partito a lanciarle durante il governo di Gerhard Schroeder, e ciò implica che gli operai tedeschi si vedono sempre di più minacciati dalla precarietà lavorativa, i tagli e i licenziamenti. Qui vale la pena ricordare che durante il governo SPD (1998-2001) l'allora ministro delle Finanze, Oscar Lafontaine, si scontrò con il cancelliere Schroeder perché intendeva dare una svolta alla politica economica e, invece di potenziare il settore delle esportazioni spingeva per potenziare la domanda interna alzando i salari e la spesa pubblica. Lafontaine perse la partita e finì per lasciare non solo il governo nel 1999, ma anche l'SPD nel 2005 e oggi è uno dei pilastri della Die Linke.
Non si è, dunque, molto lontani da una situazione di combattività - facendo le debite proporzioni - come nei paesi del sud dell'Europa. Ma mentre la è controllabile, in particolare per la debolezza sindacale, in Germania, significherebbe la morte dell'Unione europea se i sindacati la portassero avanti. E questo lo può evitare solo la socialdemocrazia. Questa è la carta che gioca il capitalismo. Dopo tutto, sia SPD che CDU concordano che l'unica soluzione alla crisi passa dalla Germania e questo significa in primo luogo la rettitudine fiscale, anche se con qualche piccolo differenza, su austerità e crescita.
Verso "l'ordoliberalismo" 
La SPD ha chiaramente rinunciato ai parametri classici della socialdemocrazia, poiché non vi è più il minimo riferimento a Keynes e si è addentrata in quello che gli economisti chiamano "ordoliberalismo", una scuola di pensiero tipicamente tedesca emersa negli anni 1930-40 e che, essendo conservatrice e di destra, si differenzia dai neoliberali classici perché considera la possibilità di una certa regolamentazione dei mercati, soprattutto quelli finanziari. La Tobin tax va in questa direzione. Secondo le dichiarazioni e proclami di Steinbrück, questa posizione è destinata a diventare uno dei tratti distintivi della SPD. La socialdemocrazia europea sta svoltando verso "l'ordoliberalismo". Difende sempre con maggiore impegno i suoi approcci (politica fiscale e alcuni aspetti macroeconomici nelle mani del governo, mentre si da seguito alla privatizzazione del settore pubblico, anche altre questioni starebbero solo in mano padronale e, nel caso dei salari, anche dei sindacati) e questo discorso si sente adesso con maggiore intensità anche in alcune organizzazioni fino ad ora socialdemocratiche di Francia, Spagna, Italia e Grecia.
Si può dire, quindi, che le proposte della SPD, che non sono altro che quelle già presentate nel 2009, ma più edulcorate per "catturare i voti del centro", sono diventate il punto di riferimento per tutti i socialdemocratici europei, soprattutto del Sud. Significa rilanciare le esportazioni sulla base della riduzione della domanda interna e del consumo, vale a dire, salari più bassi e meno protezione sociale. In sintesi, sono le stesse cose che avanzano coloro che difendono il neoliberalismo. L'unica cosa che differenzia gli "ordoliberali" dai neoliberali è il grado di austerità che sarebbe necessario per promuovere e valorizzare l'esportazione in quanto entrambi concordano sulla necessità di ridurre il deficit pubblico dello Stato per "recuperare la fiducia dei mercati", ossia del capitalismo. Per i primi, è indispensabile mantenere una certa stabilità sociale, per quest'ultimi, non importa il costo, perché la priorità è il deficit. Ma entrambi coincidono nella difesa estrema del sistema capitalista. Nonostante la retorica, assistiamo alla fine della socialdemocrazia e cercano di nascondere la sua morte facendo sembrare un passo in avanti, quelli che in realtà sono due o più passi indietro.

Per concessione di Resistenze
Fonte: http://www.nodo50.org/ceprid/spip.php?article1545

 

mercoledì 14 novembre 2012

“Oggi, il popolo greco si trova nell’epicentro della crisi del capitalismo”

“Oggi, il popolo greco si trova nell’epicentro della crisi del capitalismo”


Eric Toussaint Ερίκ Τουσέν
Tradotto da  Curzio Bettio


Più di 3000 persone erano presenti per ascoltare 4 conferenze tenute nell’ordine da: Marisa Matias, eurodeputata del Blocco della Sinistra (Portogallo) ; Lisaro Fernandez, dirigente sindacale dei minatori delle Asturie (Spagna); Alexis Tsipras, presidente di Syriza (Grecia); Eric Toussaint, presidente del CADTM, Comitato per l’Abolizione del Debito del Terzo Mondo (Belgio, www.cadtm.org ).

L’intervento di Eric Toussaint :
“Noi stiamo vivendo ed attraversando una delle peggiori crisi del sistema capitalistico mondiale. Ma il capitalismo non si accinge a morire di una morte naturale nel suo letto. Le crisi fanno parte del metabolismo del capitalismo. Solo l’azione consapevole dei popoli può distruggere e superare il capitalismo per aprire la via al socialismo democratico.  
Oggi, il popolo greco si trova nell’epicentro della crisi del capitalismo. Il modo in cui il popolo greco, con le sue mobilitazioni, potrà affrontare e fornire una risposta a questa crisi del capitalismo è determinante per offrire una soluzione a livello internazionale. Voi vi trovate nell’epicentro della crisi, e della soluzione di questa crisi.
Sei o sette anni fa, l’epicentro dell’alternativa al capitalismo si trovava nell’America del Sud: in Venezuela, nell’Ecuador, in Bolivia, quando Hugo Chavez affermava nel 2004 di non credere più alla “terza via”, e quando pensava che esistesse la necessità a livello mondiale di un socialismo del 21° secolo.
Attualmente, l’epicentro delle alternative – che non sempre hanno visto la luce, come indica bene il titolo di questa conferenza – si è spostato verso l’Europa.
Quello che i popoli del Venezuela, dell’Ecuador e della Bolivia hanno dimostrato al mondo è che è perfettamente possibile applicare politiche di resistenza di contrasto all’offensiva capitalista, che è perfettamente possibile applicare politiche di ridistribuzione della ricchezza, di socializzazione delle grandi imprese strategiche, che è assolutamente possibile e necessario recuperare il controllo sui beni comuni come sono le risorse naturali.  
Questi popoli lo hanno fatto, sono sempre al governo e sperano che domani, 7 ottobre, in occasione delle elezioni presidenziali, Hugo Chavez verrà nuovamente rieletto come presidente del Venezuela (evento che si è puntualmente verificato!).
Attualmente, in Europa stiamo vivendo un momento storico. Mai, nel corso degli ultimi 70 anni, nei paesi europei, abbiamo dovuto affrontare un’offensiva tanto brutale.
Dappertutto in Europa si utilizza il pretesto del debito, non solamente in Grecia, ma in tutti i paesi europei, per applicare politiche di austerità di bilancio.
In Grecia, stiamo assistendo con tutta evidenza ai risultati di questa austerità nella sua versione più brutale, ma la Grecia rappresenta solamente l’inizio di un’offensiva destinata a colpire i popoli del Portogallo, d’Irlanda, di Spagna e degli altri paesi europei.
Per tutto questo, dobbiamo combattere questa offensiva e unificare i nostri sforzi per sospendere il pagamento del debito illegittimo e ripudiarlo. In ambito continentale, per noi questo è l’obiettivo fondamentale! 
In questi ultimi tre anni, il popolo greco ha donato una grande lezione all’Europa. Immediatamente resiste, si è organizzato e ha preso parte per lo meno a 14 scioperi generali.
Ma, assolutamente fondamentale, e malgrado la sconfitta elettorale, resta il fatto che il popolo greco ha votato, malgrado tutto, in modo massiccio per l’iniziativa radicale proposta da Syriza.
Questa è una lezione fondamentale per il resto dell’Europa, dove spesso le sinistre si dimostrano troppo timide. L’esempio greco dimostra la forza di una sinistra unita, di una sinistra che riunisce, che crea una coalizione fra 12 organizzazioni politiche e tenta di unificarle in Syriza.
L’esempio greco dimostra che quando un partito o una coalizione ribadisce il suo “no!”, sta affermando: “Se noi arriveremo al governo, andremo a disobbedire alla Troika”, e questo atteggiamento coraggioso e combattivo può riscuotere il sostegno del popolo. È una lezione per tutte e per tutti.
La riduzione del debito greco nel marzo 2012 è una truffa e una trappola.
È molto importante dimostrare all’opinione pubblica internazionale che il debito reclamato dalla Troika, attualmente stimato sui 150 miliardi di euro, questo è il debito della Grecia nei confronti della Troika, è un debito illegittimo, che deve essere annullato dall’azione del popolo, grazie alla disobbedienza di un governo popolare.
Loro, tentano di convincervi che sospendere i rimborsi provocherà il caos nel paese. Ma negli ultimi dieci anni, sono tre gli esempi che contraddicono totalmente l’affermazione secondo cui non esiste scampo possibile al di fuori del rimborso del debito.
L’Argentina ha sospeso il pagamento del suo debito nel dicembre 2001 per una somma pari a 90 miliardi di dollari, e l’Argentina conosce una crescita economica che va dal 4 al 7%, anno dopo anno a partire dal 2003.
L’Ecuador ha sospeso il pagamento del suo debito commerciale dal novembre 2008 fino al giugno 2009 e ha potuto imporre ai suoi creditori una riduzione del debito del 65%. Ed ora l’Ecuador va economicamente molto bene.
L’Islanda, questo modello neoliberista, ha conosciuto gravi difficoltà nel settembre 2008 con la bancarotta di tutto il suo sistema bancario. Allora, l’Islanda si rifiutata di rimborsare il debito delle sue banche alla Gran Bretagna e all’Olanda. L’Islanda va molto bene, con una crescita economica del 3% ogni anno.
È chiaro che la Grecia non è l’Islanda, nemmeno l’Argentina o l’Ecuador. Esistono effettive differenze, ma la lezione resta sempre la stessa: qui o da altre parti, se dei governi che hanno ricevuto un sostegno popolare decidono di sospendere il pagamento di un debito illegittimo, possono ottenere un miglioramento delle condizioni di vita del loro popolo. Questo è l’esempio da seguire!
È chiaro che una cancellazione del debito è necessaria, ma non sufficiente. Annullare il debito della Grecia senza mutarne il resto dell’economia e del modello sociale ed economico ingiusto non permetterà proprio alla Grecia di costruire un’alternativa in favore del popolo.  
La cancellazione, la sospensione del pagamento del debito è necessaria, ma la socializzazione del sistema bancario, un diverso sistema fiscale tale che i ricchi paghino più tasse e che preveda la riduzione delle imposte sui servizi e i beni di prima necessità, fanno parte di un modello alternativo assolutamente necessario.
Care amiche, cari amici, la storia non è pre-scritta. Davanti a noi restano aperti molteplici scenari.
È possibile continuare nella situazione caotica attuale, con un autoritarismo sempre crescente esercitato dai governi che stanno al servizio delle banche. Questo può durare per anni e anni.
È possibile un altro scenario, e ben peggiore: uno scenario autoritario neofascista. Sicuramente, è un grave pericolo che ci minaccia.
Ma esistono due altri scenari: sotto pressione popolare, è possibile avere un capitalismo regolato, un capitalismo come quello fra gli anni 1950-1960, un capitalismo di tipo keynesiano. Questa è una via d’uscita possibile.
Ma se questa sera abbiamo voluto riunirci qui, il motivo è perché pensiamo che non basta limitare la nostra lotta al tentativo di disciplinare il capitalismo. Noi vogliamo il superamento del capitalismo! Noi vogliamo un socialismo democratico, il socialismo dell’autogestione del popolo, il socialismo del 21° secolo. Viva il socialismo internazionalista. Viva il socialismo dell’autogestione. Viva  Syriza. Viva il popolo greco. Viva la resistenza dei popoli. Viva la rivoluzione, compagni!”  

Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://cadtm.org/Eric-Toussaint-Le-peuple-grec-se
Data dell'articolo originale: 21/10/2012
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=8523

martedì 13 novembre 2012

Guerriglia fuori da Serbariu, 20 poliziotti feriti I ministri Italiani costretti ad andare via in elicottero

Operai e minatori contro l'occupazione militare della miniera

Viva gli scontri del 13 a Carbonia .


Aprendo da una notizia Ansa, che dei minatori di cui non conosco i nomi , condannano gli scontri che si sono avuti tra le lavoratrici,i lavoratori, i cassintegrati , i disoccupati e gli studenti con le forze dell’ordine . Questo nella vecchia miniera di Serbariu di Carbonia, in concomitanza con la venuta nel Sulcis dei ministri Passera e Barca. Per Passera e i suoi compari la disoccupazione, lo smantellamento dell’apparato produttivo, la precarietà non sono affatto una priorità: sono soltanto i soliti indecenti argomenti di recitazione tipici di chi va a rendere visita a un ammalato che si desidera spacciato: una passerella in abito di circostanza con le più fantasiose promesse di guarigione. In realtà si occupano di debito pubblico, di spread, di liquidità delle banche, di scudi salva-stati, di fiscal compact, di pareggio di bilancio e di spending review, ma nell'interesse di chi ne è responsabile piuttosto che nell'interesse di chi ne è vittima: cioè nell'interesse del mercato finanziario e nella cura delle sue convulsioni. Il loro compito è soddisfare gli appetiti famelici di un branco di banchieri, di finanzieri, di speculatori e di ricchi. In ogni modo e a ogni costo. Con le loro promesse hanno dimostrato che non gli interessa nulla della Sardegna e del Sulcis . Quindi personalmente mi dissocio dalle dichiarazioni Ansa di questi miei colleghi ,perché noi minatori da Buggerru in poi siamo stati la classe operaia più cosciente e combattiva sarda e non solo . Basta ricordare le nostre lotte degli anni 1993 -94 -95 . Quindi condivido senza se e senza ma , l’azione prodotta dal popolo sardo sulcitano, che mercoledi 14 è stato provocato dalle forze dell’ordine ed ha giustamente reagito. Sono e sempre sarò dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori e sarò sempre contro i sudditi e i servi dei poteri forti .

Antonello Tiddia
Operaio Carbosulcis
Antonello Tiddia

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 ..da ex operaio, figlio di minatore,ho rimebranza delle lotte che esprime l'autonomia della classe operaia, ed ho anche ben presente chi ha sempre cavalcato la tigre della protesta non essendone espressione diretta, ma solo strumentale come lo fù il PCI neglianni settanta che si attribuì l'espressione delle lotte senza averle dato l'input iniziale ... 
ma essendo la forma della protesta nata dalle nuove generazioni emigrate dal sud e isole che impressero una nuova marcia alla lotta di classe espressa fino ad allora, anche nella risposta violenta alla violenza dello stato al servizio del padronato si distinse per la fantasia giovanile; 

negli anni delle lotte dure per la difesa del potere d'acquisto e dei dirittti dei lavoratori si vide il ruolo che ebbero questi elementi della pseudo sinistra chiamata PCI, comportò una grande infamia, essere la nuova polizia anzichè il partito guida della rivoluzione operaia, oggi si chiamano PD e sono il partito al servizio di Goldman Sachs e fanno la politica dalla parte della finanza e delle banche , un esempio per comprederne l'asservimento ai poteri forti si riscontra nellla loro determinazione a volere usare solo moneta di plastica adducendo fantasie devianti per nascondere la loro malafede, come sappiamo tutti, l'uso delle sole carte di credito o di debito, rende alle banche migliaia di miliardi  e amplia a dismisura il loro potere finanziario e politico a discapito delle masse di cittadini che si ritrovano a pagarne le spese,  tutto questo grazie al PD e assocciati, partito di uomini austeri al servizio dell'austerità montiana e tedesca, con il solo scopo di tagliare lo stato sociale e tutti i dirittti acquisiti negli anni dalle lotte dei lavoratori. 

Oggi come allora gli infami e sostenitori di questo sistema si riaffacciano per denunciare e denigrare i minatori, essendo asserviti al potere statuale e finanziario. Niente pietà per questi luridi vigliacchi che narrano menzogne, cacciamoli dalle nostre manifestazioni a calci nel culo , affinchè non gli venga più in testa di porsi alla testa di una lotta che non gli appartiene e che nemmeno devono gestire. 

SOLIDARIETA' AI MINATORI DEL SULCIS ED A TUTTI I LAVORATORI SFRUTTATI SARDI.

 Sayli 
X Sa Defenza

 




 www.unionesarda.it 

La situazione all'esterno dell'area della miniera ricorda la guerriglia: sull'asfalto sassi e pietre di ogni dimensione, resti di petardi e fumogeni, mentre la strada d'accesso è bloccata da una montagna di materiali: un divano, una porta, ruote di camion e auto, uno scaldabagno e persino una vettura incendiata. La Polizia e i Carabinieri in tenuta antisommossa stanno ancora fronteggiando i manifestanti. 
 I ministri, intanto, hanno lasciato la miniera in elicottero.
gli dei se ne vanno gli Arrabbiati restano. photo de F. Dongu

Gli scontri all'esterno dell'area della miniera di Serbariu e il blocco delle strade hanno costretto la delegazione ministeriale a ripartire in elicottero per l'aeroporto di Cagliari Elmas. I ministri Passera e Barca e il sottosegretario De Vincenti si sono imbarcati su due velivoli, una della Finanza l'altro dei Carabinieri, atterrati nel campo sportivo adiacente alla miniera. 

FERITI
"E' incredibile dover contare 20 feriti tra i poliziotti nella guerriglia urbana di Carbonia: condanniamo con forza questi scontri perché le manifestazioni per il lavoro devono sempre rimanere in un alveo di protesta civile". Lo dice Massimo Zucconi Martelli della segreterie nazionale del Siap. che aggiunge: "Esprimiamo massima solidarietà ai poliziotti che sono lavoratori come tutti gli altri, capiscono i drammi umani e non meritano queste aggressioni - sottolinea il sindacalista - Non è comunque normale che gli agenti stiano al lavoro per 12 ore di fila senza pasti o cambio: così, ancora una volta gli agenti cagliaritani si sentono abbandonati dalle autorità locali e nazionali, che non hanno contemplato la presenza di rinforzi per questa occasione". 

Nuovi scontri, quindi, tra manifestanti e forze dell'ordine all'esterno dell'area della Grande miniera di Serbariu, a Carbonia. I disordini sono cominciati quando all'interno dell'auditorium la delegazione ministeriale stava firmando con Regione e Provincia il protocollo d'intesa per il rilancio del Sulcis. La strada è bloccata e presidiata dai reparti mobili della Polizia. C'è stato un fitto lancio di sassi e lacrimogeni.

Poco prima alcuni gruppi di lavoratori hanno bloccato le due uscite dell'area della grande miniera. In mezzo alla strada sono stati sistemati bidoni e metalli, ed anche la carcassa di un'auto. "E' un atto di protesta forte - fa sapere al telefono Manolo Mureddu, delegato Cisl degli appalti Alcoa - perché ci sentiamo abbandonati". 

All'inizio del vertice i manifestanti avevano cercato di sfondare il cordone delle forze dell'ordine urlando slogan contro il governo. Nel mirino, in particolare, il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera che, insieme al sottosegretario Claudio De Vincenti e al ministro della Coesione Territoriale Fabrizio Barca si trova all'interno della struttura che sta ospitando il vertice sulla vertenza Sulcis. Un gruppo di facinorosi, tra cui anche qualche studente, ha lanciato petardi e vernice rosa nelle vetrate all'ingresso della grande miniera di Serbariu. Dopo alcuni attimi di paura, la situazione è sotto controllo delle forze dell'ordine schierate in tenuta antisommossa. Le tensioni hanno fatto seguito a quelle che avevano preceduto l'arrivo della delegazione dei ministri, atterrata a Elmas intorno alle 10, e giunta nella miniera di Serbariu alle 12 dopo aver firmato con il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, un protocollo per lo sviluppo del Sulcis, una delle province più povere d'Italia con il tasso record di disoccupazione giovanile. 
politzia colorada cun vernici da is operaius et minadoris

I colori dei mestieri
Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s’alzano prima degli uccelli
e hanno la farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori son gli imbianchini;

gli operai dell’officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno le mani sporche di grasso:
i fannulloni vanno a spasso,
non si sporcano nemmeno un dito,
ma il loro mestiere non è pulito.
Gianni Rodari-
 

GLI SCONTRI
I primi scontri si sono svolti poco prima dell'arrivo dei tre rappresentanti del governo Monti e hanno avuto come protagonisti un gruppo di operai dell'Alcoa e le forze dell'ordine che presidiavano l'ingresso della Grande Miniera. I manifestanti più accesi sono giunti dalla vicina fabbrica di Portovesme, ma le vertenze industriali in atto riguardano tutto il Sulcis iglesiente ed è proprio per questo motivo che oggi sono attesi a Carbonia i due ministri ed il sottosegretario. "Come sindacati abbiamo lavorato per sedare gli animi, per garantire lo svolgimento dell'incontro, a noi interessa la firma sul protocollo". Così Roberto Forresu, segretario provinciale della Fiom davanti alla Grande Miniera di Serbariu dove ci sono stati degli scontri fra manifestanti e forze dell'ordine. "A noi interessa che si arrivi a soluzione - ha spiegato Forresu - stiamo cercando di calmare gli animi. Ci interessa risolvere il problema del Sulcis". 
Gli effetti dello scontro con gli operai e minatori nel sulcis photo di F. Dongu

IL VERTICE
Portovesme srl, Eurallumina e Carbosulcis: queste le vertenze affrontate dai rappresentanti sindacali e dalle Rsu aziendali con i ministri Passera e Barca e il sottosegretario De Vincenti riuniti in una sala della Grande miniera di Serbariu, a Carbonia. Reduci dall'occupazione dei pozzi durata una settimana tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre, i delegati della Carbosulcis si sono presentati all'incontro con un manifesto funebre. "Tragicamente si è spenta la Carbosulcis - si legge - Con estrema felicità lo annuncia il Governo nazionale. Requiem. I funerali si svolgeranno presso il Consiglio regionale della Sardegna. Un particolare e sentito grazie vada a tutti coloro che hanno collaborato al raggiungimento di tale obiettivo".

Stefano Meletti, delegato Rsu della Uil, ha spiegato ai giornalisti i contenuti del confronto sulla miniera. "Al Governo abbiamo chiesto un chiarimento, parlando da galantuomini: vogliamo risposte sul progetto integrato della Regione, anche perché i capitali da investire sono tanti e il piano deve essere valutato attentamente. Abbiamo una certezza: la miniera, i minatori, il progetto". Spiragli per la vertenza Eurallumina, la fabbrica ferma da alcuni anni. Il 22 novembre prossimo ci sarà la firma del protocollo d'intesa tra la Rusal, la società russa proprietaria dello stabilimento di Portovesme, il Mise e la Regione Sardegna, un passaggio fondamentale per il riavvio della produzione. "Si comincia finalmente a dare gambe al progetto - ha sottolineato Gian Marco Mocci, della Rsu Cgil - dovremmo essere vicini alla svolta". 

Energia e infrastrutture sono state le richieste avanzate alla delegazione ministeriale dai delegati della Rsu della Portovesme srl. "La nostra azienda va in controtendenza rispetto alle altre - ha detto Salvatore Cappai, portavoce della Rsu - nel senso che proprio ieri ha concluso l'assunzione di 60 giovani diplomati che andranno a lavorare in un impianto moderno. Ma per mantenere questo trend è necessario garantire il costo dell'energia a prezzi competitivi e lavorare per potenziare le infrastrutture nel territorio".


 Minatore Sulcis photo di F. Dongu

rainews24

Cagliari, 13-11-2012 Aumenta la tensione nella grande miniera di Serbariu, dove e' in corso di svolgimento il vertice tra i ministri Corrado Passera, Maurizio Barca e il sottosegretario Claudio De Vincenti con i sindacati e le autorita' regionali e quelle locali del Sulcis. Dal tavolo di discussione non arrivano notizie gradite agli operai dell'Alcoa che hanno bloccato i due ingressi della vecchia miniera dismessa dove si svolgono gli incontri. Vecchie auto, reti di letto e oggetti di ferro sono stati ammassati assieme a pezzi di legno per impedire il passaggio delle auto. 

Davanti all'ingresso posteriore dove e' stato anche appiccato il fuoco sono schierati gli uomini del reparto mobile della polizia in tenuta antisommossa. Alcuni operai, sentiti dall'Agi, hanno detto di non aver ricevuto alcuna notizia positiva dai delegati sindacali che stanno parlando con i ministri ne' per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali ne' per quanto riguarda il futuro dello stabilimento e neppure per la fornitura di energia. "A questo punto", hanno detto detto alcuni di loro, "non li lasceremo andare via senza risposte che ci soddisfino. Siamo decisi anche questa volta a non mollare". "Come sindacati stiamo lavorando per sedare gli animi, per garantire lo svolgimento dell'incontro, a noi interessa la firma sul protocollo". 

Cosi' Roberto Forresu, segretario provinciale della Fiom davanti alla Grande Miniera di Serbariu dove ci sono stati degli scontri fra manifestanti e forze dell'ordine. "A noi interessa che si arrivi a soluzione - ha spiegato Forresu - stiamo cercando di calmare gli animi. Ci interessa risolvere il problema del Sulcis". Prima notte nella galleria mineraria Villamarina di Monteponi occupata dai lavoratori ex Rockwool in mobilita'. 

"La situazione e' preoccupante - ha spiegato Gianni Medda, uno degli ex lavoratori dell'azienda - il presidio prosegue a oltranza. Noi chiediamo solo una cosa, che venga rispettato l'accordo firmato lo scorso dicembre che prevedeva il reinserimento delle maestranze della ex fabbrica all'interno delle aziende partecipate dalla Regione". Nelle parole degli operai c'e' determinazione e la volonta' di andare avanti. 'Vorremmo risposte concrete, atti - hanno urlato - da gennaio la mobilita' con cui le nostre famiglie campano sara' ulteriormente ridotta e non sappiamo come fare ad andare avanti". I lavoratori sollecitano la ripresa immediata del confronto: "Tutte le parti politiche e le istituzioni devono attivarsi per trovare una soluzione per il nostro futuro". 


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