giovedì 30 gennaio 2014

LA MITOLOGIA TEDESCA: Le privatizzazioni nell’era della bancocrazia.


Mentre si prospetta addirittura una privatizzazione della Banca d'Italia, il governo Letta/Saccomanni ha già avviato una privatizzazione delle Poste, e soprattutto del suo nocciolo pregiato, cioè BancoPosta

Dato che BancoPosta produce utili che vanno al suo azionista unico, lo Stato, appare del tutto logico e trasparente che il governo decida di privarsi di questa fonte di entrate, con la motivazione ufficiale di "fare cassa". 

Il decreto del governo prevede che circa il 40% delle azioni venga messo sul "mercato". Come era avvenuto per la privatizzazione dell'Enel ai tempi del secondo governo Amato, una quota attorno al 5% delle azioni dovrebbe essere venduta a dipendenti delle Poste, in modo da poterli turlupinare delle loro liquidazioni

Il decreto prevede inoltre che la quota più consistente, un 50/60% delle azioni in vendita, sia riservato a "investitori istituzionali", cioè banche
Sarebbe interessante valutare la credibilità di questi "investitori istituzionali", verificando quali siano oggi le loro effettive capacità di "investire" senza ricevere aiuti sottobanco da parte dello Stato. 

Il principale partner di BancoPosta per la commercializzazione di prodotti finanziari è Deutsche Bank, che poco più di una settimana fa ha subito un tonfo borsistico, in seguito alla pubblicazione dei suoi bilanci in rosso. 

La stessa Deutsche Bank risulta esposta per titoli derivati per una cifra di settantremila miliardi di euro

La messinscena dell'emergenza del debito pubblico e dello "spread" ha costituito uno dei più giganteschi depistaggi della Storia per distrarre dall'emergenza vera, quella della voragine dei titoli derivati; infatti mentre il Meccanismo Europeo di Stabilità, nato nel 2012, si fa chiamare "Fondo Salva-Stati", in realtà è un fondo salva-banche. 

Il sito ufficiale dell'Unione Europea ci assicura che il MES potrà ricapitalizzare direttamente le banche
Attualmente Deutsche Bank in fatto di derivati risulta la banca più esposta di tutte, persino più di JP Morgan

La voragine dei derivati incombe sul sistema bancario europeo e su quello mondiale, tanto che dovrebbe mettere in liquidazione una buona volta la mitologia sulla "virtuosa" finanza tedesca. 

Sennonché l'opinione pubblica non viene tenuta al corrente della fragilità del sistema finanziario tedesco, né della sua conseguente ricattabilità da parte di soggetti sovranazionali con sede a Washington, come il Fondo Monetario Internazionale

Sarà una coincidenza, ma all'ombra della mitologia delle virtù finanziarie tedesche, è proprio il FMI ad aver stabilito saldamente il suo dominio sulla UE, in base all'articolo 13 del Trattato del Meccanismo Europeo di Stabilità. Se le notizie sul verminaio del dissesto della finanza tedesca circolassero un po' di più, sarebbe più difficile per il FMI defilarsi come riesce a fare ora. 

Il quotidiano confindustriale "Il Sole-24 ore" del 27 gennaio ultimo scorso, ha riportato la notizia di una proposta della banca centrale tedesca, la Bundesbank, in base alla quale i Paesi in crisi debitoria dovrebbero, prima di accedere ad aiuti e prestiti, dimostrare la loro buona volontà istituendo una severa tassa patrimoniale una tantum

 Secondo un'analisi del Fondo monetario internazionale,
 per riportare i debiti pubblici ai livelli pre-crisi sarebbe necessario, in Eurolandia, un prelievo pari al 10% della ricchezza netta delle famiglie. 
Bundesbank sta chiaramente facendo da sponda ad una vecchia idea del FMI, da sempre ansioso di mettere le mani su immobili e risparmi del ceto medio italiano, sino a qualche anno fa uno dei più benestanti del mondo. 

Queste proposte sono lanciate anche per creare confusione nella fintosinistra, da tempo convertita al vangelo fiscale, in base al falso dogma che il fisco rappresenti un mezzo di redistribuzione della ricchezza. Ecco quindi che la "rivolta fiscale" è diventata un alibi ed una bandiera della destra in modo da lasciare alla fintosinistra il lavoro sporco. 

La visione redistributiva ed egualitaria del fisco in realtà è soltanto una proiezione propagandistica del pretestuoso vittimismo dei ricchi, dato che l'esperienza storica dice proprio il contrario, e cioè che il fisco costituisce uno strumento per togliere a chi ha di meno per dare a chi ha di più. La vera linfa del Capitale non è lo spirito imprenditoriale, ma il denaro pubblico. 

L'articolista de "Il Sole-24 ore" ovviamente si nega all'evidenza, ed intona una litania a proposito del proverbiale moralismo tedesco. 
Parrebbe infatti che, in tedesco, debito e colpa si dicano con la stessa parola; cosa che, peraltro, non risulta al traduttore Google, che quindi andrebbe aggiornato ai fasti della morale teutonica. Con queste pseudo-patenti culturali, che prendono a prestito reminiscenze scolastiche sul Max Weber dell'etica protestante e lo spirito del capitalismo, si riesce a distrarre dai dati di cronaca ed a veicolare il solito razzismo. 

Le follie finanziarie tedesche nell'ultimo decennio si sono impersonate nel volto e nel nome del mitico CEO di Deutsche Bank, lo svizzero Josef Ackermann, che è stato più volte coinvolto in indagini giudiziarie, e sempre accanitamente sostenuto dalla cancelliera Angela Merkel. Con inflessibile moralismo protestante, la cancelliera ha costantemente dipinto Ackermann come una vittima di magistrati faziosi e inconsapevoli del funzionamento del sistema degli affari. 
Josef Ackermann
La Merkel usa argomenti che ci si aspetterebbe dal Buffone di Arcore, e non certo da alfieri delle virtù germaniche. 

Alla fine però Ackermann ha dovuto lasciare il suo posto di super-manager di Deutsche Bank per ritirarsi nella natia Svizzera, accontentandosi di dirigere uno dei più grandi gruppi assicurativi del mondo, Zurich Insurance. 

La sfortuna e l'incomprensione però hanno continuato a perseguitare l'ex banchiere, poiché uno dei dirigenti del gruppo assicurativo è morto per uno strano "suicidio", la cui responsabilità è stata ingenerosamente attribuita ad Ackermann. 

Solo di recente un'inchiesta interna alla compagnia assicurativa ha scagionato Ackermann dall'accusa di aver suicidato quel dirigente. Non c'è dubbio che quell'inchiesta sia stata condotta con lo stesso rigore morale che contraddistingue tutte le vicende finanziarie germaniche

Purtroppo Ackermann era stato già costretto ad abbandonare la sua carica in Zurich Insurance, quindi ora è libero di andare a far danni da qualche altra parte.

SEMBRA INCREDIBILE MA E' CLAMOROSO / ECCO LA RELAZIONE INTEGRALE BUNDESBANK CHE ''SUGGERISCE'' (AI GOVERNI) LA CONFISCA DEI RISPARMI DELLA GENTE

SEMBRA INCREDIBILE MA E' CLAMOROSO / ECCO LA RELAZIONE INTEGRALE BUNDESBANK CHE ''SUGGERISCE'' (AI GOVERNI) LA CONFISCA DEI RISPARMI DELLA GENTE

Direttamente dal sito della Bundesbank un estratto integrale del Monthly Report di gennaio ci offre un quadro molto dettagliato (e inquietante) sulla proposta di una patrimoniale da applicarsi nei paesi periferici per ridurre il debito pubblico, dato il loro elevato livello di ricchezza privata (praticamente, l'Italia è il Paese che più di ogni altro corrisponde a questo profilo).

Nella relazione della Banca Centrale di Germania non mancano i suggerimenti su come far passare al meglio questa pericolosa misura, presentandola come una redistribuzione di ricchezza interna, e  sulla rapidità necessaria per il successo dell'operazione. Oltre la vaghezza di quanto finora riportato dalla stampa, qui si parla chiaramente di attività non finanziarie e illiquide, delle difficoltà della loro valutazione, e della opportunità di dilazionarne il pagamento.  

Il grado di dettaglio del piano e la possibilità di manovrare lo spread fanno temere che questo piano a un certo punto sarà attuato, con conseguenze catastrofiche per il mercato immobiliare, e con un ulteriore imponente trasferimento di ricchezza dalle famiglie alle istituzioni finanziarie.

Ecco la relazione integrale della Bundesbank. Iniziamo dal titolo:  "Imposta patrimoniale una tantum: uno strumento per risolvere le crisi di insolvenza nell'eurozona?"

Il testo:

"Nel corso della crisi del debito sovrano, di tanto in tanto sono sorti forti dubbi sul fatto se i singoli paesi membri della zona euro siano in grado di servire il debito pubblico o se stiano attuando le misure necessarie a livello politico. A volte, i premi al rischio sui titoli di Stato sono aumentati bruscamente e le principali agenzie di rating ne hanno declassato considerevolmente il merito di credito. Questa situazione ha indotto l'area dell'euro a concordare varie misure di assistenza. Benché tali misure siano generalmente soggette a requisiti di consolidamento, esse tuttavia comportano una sostanziale mutualizzazione dei rischi di insolvenza degli stati senza essere controbilanciate da un corrispondente trasferimento di poteri sovrani a livello centrale.

Tuttavia, il quadro di governance dell'UEM istituito con i trattati dell'Unione Europea rimane sostanzialmente in piedi. In questo quadro gli stessi Stati membri sono in primo luogo responsabili delle proprie politiche fiscali ed economiche nazionali, l'assunzione di responsabilità per i debiti di altri Stati membri è in gran parte esclusa, ed è vietato il finanziamento dei governi attraverso la politica monetaria unica. Ciò dovrebbe garantire che la responsabilità ed il controllo siano tra loro collegati, in quanto, in prima istanza, sono i contribuenti dei rispettivi Stati membri che hanno la responsabilità del loro debito sovrano nazionale. Se poi i problemi di solvibilità ancora non sono risolvibili, sono i creditori del debito sovrano che dovrebbe essere chiamati in seconda istanza a sopportare il rischio finanziario delle loro stesse decisioni di investimento, in linea con i principi dell'economia di mercato.

Programmi di aggiustamento economico finanziati dai contribuenti di altri Stati membri devono essere utilizzati solo come eccezione e come ultima linea di difesa, nel caso in cui sia in grave pericolo la stabilità finanziaria della zona euro nel suo insieme. Inoltre, tali programmi presuppongono che lo Stato in questione abbia un "mero problema di liquidità” e che le sue finanze pubbliche siano sostenibili o che la sostenibilità nel frattempo sia stata ristabilita con misure adeguate. Visto il mandato per la stabilità dell'Eurosistema, assicurare un alleggerimento (reale) del debito attraverso una maggiore inflazione dovrebbe essere fuori discussione. Perciò, un principio fondamentale del quadro attuale di governance dell'UEM è che uno stato membro che stia attraversando una crisi deve utilizzare pienamente le sue stesse risorse e capacità disponibili al fine di ripristinare la fiducia nella sostenibilità delle sue finanze pubbliche e, quindi, evitare l'altrimenti probabile scenario di un default sovrano che sicuramente costituirebbe un'emergenza nazionale.

La crisi attuale ha dimostrato che la fiducia nella capacità di un certo numero di Stati di servire i propri debiti è stata erosa anche se le alte passività del governo sono, in alcuni casi, accompagnate da notevoli attività pubbliche e private. In realtà, tali attività a volte costituiscono una percentuale del PIL maggiore  rispetto ai paesi che forniscono assistenza. Stando così le cose, sembrerebbe sensato in primo luogo abbattere il debito pubblico mobilitando le attività di proprietà pubblica attraverso misure di privatizzazione. Ma oltre a questo, ci si può anche chiedere se, in una situazione eccezionale di emergenza nazionale, le privatizzazioni e le misure di risanamento convenzionali finalizzate alla realizzazione a lungo termine di avanzi primari consistenti dovrebbero essere integrate da un contributo da parte di attività private già esistenti, allo scopo di scongiurare la minaccia di un default sovrano.

Avendo in mente questo particolare contesto, questa scheda descrive i vari aspetti di un prelievo una tantum sulla ricchezza netta privata interna, in altre parole, un prelievo sulle attività al netto delle passività. Dal punto di vista macroeconomico, un'imposta patrimoniale una tantum - e ancor di più un'imposta permanente sulla ricchezza - è in linea di principio fonte di considerevoli problemi, e le spese amministrative necessarie per la riscossione nonché i rischi che ne derivano per il percorso di crescita di un'economia sono elevati.

Nella situazione eccezionale di un possibile default sovrano, però, un'imposta patrimoniale una tantum potrebbe rivelarsi più favorevole rispetto alle altre alternative disponibili. Imporre un ulteriore onere, ma più prolungato rispetto all'imposta patrimoniale, sul settore privato attraverso le imposte ordinarie, principalmente nella forma di imposte sui consumi o sul reddito, o fare tagli più drastici alla spesa pubblica, potrebbe non essere sufficiente o potrebbe essere considerato impossibile da far accettare. In definitiva si tratta di scenari in cui i potenziali creditori hanno profondi dubbi sulla sostenibilità del debito del paese, in modo tale che un'imposta patrimoniale una tantum sia considerata come alternativa a un default sovrano.

In condizioni favorevoli, un prelievo sulla ricchezza netta potrebbe portare a una redistribuzione di ricchezza una tantum dal settore privato al settore pubblico all'interno del paese in questione, facilitando in tal modo una diminuzione relativamente rapida e significativa del livello del debito sovrano e il ripristino più rapido della fiducia sulla sostenibilità del debito pubblico (e sul servizio del debito del paese).

Se il prelievo si riferisce alla ricchezza accumulata in passato e si crede che non sarà mai più ripetuto, nel breve termine è estremamente difficile per i contribuenti poter evadere, e il suo impatto negativo sull'occupazione e sugli incentivi al risparmio sarebbero limitati - a differenza di un'imposta permanente sulla ricchezza. Un rapido calo del debito sovrano potrebbe, in particolare, avere un effetto positivo sui premi di rischio dei titoli di stato per il paese in questione, e l'occupazione e gli incentivi al risparmio ne sarebbero rafforzati a seguito del minor grado di incertezza su futuri aumenti di imposte. Il pubblico consenso e la fattibilità politica di un'imposta patrimoniale una tantum potrebbero essere rafforzate presentandola come uno strumento di redistribuzione del reddito, che vale a integrare gli sforzi di austerità, che assicura che gli individui ricchi si assumano una quota maggiore dell'onere dell'aggiustamento, tanto più che gli specifici effetti redistributivi per un dato volume di prelievo possono essere guidati attraverso la concessione di franchigie fiscali e una modulazione dell'imposta.

Di conseguenza, il quadro generale dell'economia e il consenso del pubblico sulle misure fiscali necessarie nel paese interessato possono funzionare meglio rispetto allo scenario alternativo di un default sovrano. Non da ultimo, sarebbe in linea con il principio della responsabilità nazionale individuale per la politica di bilancio negli Stati membri nel caso in cui tutte le opzioni di consolidamento siano state rigorosamente utilizzate, e allo stesso tempo rafforzerebbe la credibilità del quadro di governance europea vigente. Gli incentivi per il perseguimento di una politica di bilancio sana nel futuro potrebbero essere notevolmente rafforzati se fosse chiaro che, in caso di crisi, il costo del perseguire politiche sbagliate non può essere scaricato sui contribuenti di altri paesi.

Tuttavia, in pratica la riscossione di un'imposta sul patrimonio netto, anche una tantum, comporta notevoli difficoltà. Una della vasta gamma di condizioni necessarie per garantirne il successo è la attendibilità del fatto che il prelievo sarà davvero imposto come una misura una tantum in una situazione straordinaria di crisi a livello nazionale - che è l'unico modo per limitare l'impatto negativo sugli investimenti e la potenziale fuga di capitali. Anche se il governo non può garantire, in generale, che il prelievo sarà effettivamente una misura una tantum, potrebbe godere di una maggiore credibilità se, in primo luogo, avrà realizzato le riforme strutturali necessarie; in secondo luogo, se sarà formulata una previsione verificabile di finanze pubbliche sostenibili con buoni margini di sicurezza e, terzo, se i costi politici di ripetere il prelievo appaiono alti. Inoltre, la decisione di applicare il prelievo deve essere presa rapidamente.

In caso contrario, gli individui colpiti sarebbero più facilitati a cercare di eludere l'imposta, e con un crescente livello di evasione fiscale l'accettazione pubblica del prelievo potrebbe presumibilmente diminuire. 

Altri problemi sono che la valutazione delle attività non finanziarie, in particolare, è probabile che sia relativamente impegnativa in termini di tempo e possa spesso essere oggetto di contestazione, e che, nel caso di attività illiquide, sarebbe probabilmente necessario dilazionare il pagamento dell'imposta nel tempo, il che significa che la riduzione del debito pubblico non avrebbe luogo subito nella sua interezza.

Inoltre, una volta che un prelievo di questo tipo venisse riscosso, questo sarebbe un segnale per altri paesi con livelli di debito pubblico molto elevato, e potrebbe scatenare delle risposte di evasione. Probabilmente sarebbe una sfida notevole, per limitare questi effetti, puntare a prospettive di finanze pubbliche sane in tutta l'area dell'euro. La rigorosa attuazione delle attuali regole di bilancio può certamente aiutare in questo senso. 

Nel complesso, un'imposta patrimoniale una tantum comporta rischi considerevoli, e le condizioni per un'attuazione di successo non sono facili da soddisfare. Pertanto, un'imposta patrimoniale deve essere presa in considerazione solo in casi assolutamente eccezionali, come un default sovrano incombente. Tuttavia, in confronto a un default sovrano, l'imposizione di un'imposta patrimoniale probabilmente potrebbe avvenire in modo più strutturato e ordinato. Sarebbe conforme al principio della responsabilità nazionale individuale, in base al quale i contribuenti nazionali dovrebbero stare in prima linea per coprire le passività del loro governo, prima di ogni appello alla solidarietà da parte di altri paesi.

Bundesbank - Rapporto Mensile Gennaio 2014

Solo un commento: golpe. La Bundesbank sta consigliando ai governi in carica in Europa di prepararsi ad attuar eun golpe, rapinando i cittadini dei loro averi contor ogni regola democratica. La Bundesbank agisce come il Terzo reich. 

max parisi

http://www.ilnord.it/

mercoledì 29 gennaio 2014

SARDINYA: Servitù Militari? Fatele a Roma

Servitù Militari? Fatele a Roma

Il Movimento Zona Franca per “Gigi Sanna Presidente” ha le idee chiarissime su ciò che si deve fare delle servitù militari in Sardegna: CHIUDERLE!

Sono più di cinquanta anni che I Sardi dicono “fuori le basi militari” e nulla da allora è cambiato. Su 400 km2 di servitù militari 240 km2 sono in Sardegna (65%) anche se la Sardegna ha solo l’8% della superficie italiana. Sono state promesse compensazioni finanziarie: le solite elemosine per corrompere chi è già povero. Abbiamo imparato sulla nostra pelle, che i padroni “in domu nostra” non hanno mai dato nulla e mai daranno.

Abbiamo sentito le incredibili dichiarazioni del ministro Mauro, un esempio di come l'ipocrisia si eleva a sistema, arroganza e disonestà intellettuale. Anche allora si diceva che erano necessarie per la difesa “nazionale” e che non ci sarebbe stato alcun pericolo per la popolazione, perché il monitoraggio sarebbe stato costante e avrebbe visto coinvolte le istituzioni dell'Isola.

E invece cosa ci rimane? Interi territori devastati e inquinati dal torio, indagini della magistratura, malformazioni e carcinomi. E sono solo le cose di cui noi sappiamo. Cosa fanno i nostri eroi “sardi” Pigliaru e Cappellacci? Cosa fanno questi scout indiani asserviti alle dipendenze delle loro centrali romane? Abbassano la testa, come sempre.

Signor designato ex governatore Ugo Cappellacci: Come fa a parlare di Stato Italiano “patrigno” solo pochi giorni fa e oggi parlare di quello stesso Stato davanti alla brigata Sassari chiamandolo “patria”? E non si è sentito male quando qualcuno proponeva che il nostro “Fortza Paris”, grido di coraggio di un intero popolo sardo, divenisse un grido italiano?

Il piano è un altro: quello di spopolare questa terra, mandarci tutti nella riserva virtuale dell’emigrazione per poi farla voi la Zona Franca. La Zona Franca Integrale MILITARE.

Coordinamento Movimento Zona Franca

martedì 28 gennaio 2014

MISSIONE IMPERIALE FRANCO-TEDESCA NELLE EX COLONIE FRANCOFONE . NULLAOSTA UE E SUPERVISIONE USA

MISSIONE IMPERIALE FRANCO-TEDESCA NELLE EX COLONIE FRANCOFONE . NULLAOSTA UE E SUPERVISIONE USA
A. Boassa

LE COLONIE DEL SECOLO SCORSO 
L'Africa saccheggiata e dilaniata da guerre intestine sponsorizzate da multinazionali e da governi imperiali subirà un nuovo assalto
I ministri degli Esteri UE hanno deciso di sostenere militarmente la Francia nella riconquista della Repubblica Centrafricana
La Germania a sua volta ha palesato la disponibilità ad intervenire assieme ai Francesi in Mali . 

Le motivazioni sono banalmente "umanitarie" ma sempre efficaci mediaticamente : il paese è impossibilitato a crescere civilmente a causa dei perduranti odii tribali.
Gli Europei devono perciò sedare con le armi , insediare al potere persone di fiducia (attualmente in Centrafrica Catherine Samba-Panza) che governino sotto comando FMI e naturalmente poter disporre il più possibile delle risorse del paese.

Sia in Mali sia in Centrafrica la regia francese ha seguito lo stesso copione come previsto già negli anni '50 nel manuale del generale inglese Frank E. Kitson che tra le varie operazioni che risultano necessarie per aver ragione del nemico tipo infiltrazione di agenti doppi , uso dell'inganno e dei provocatori include la guerra provocata e la creazione del caos .

Come sappiamo da ex militari Usa , Forze Speciali degli Stati Uniti e della Nato hanno addestrato terroristi provenienti in gran parte dalla Libia perché sciamassero verso il Mali "invadendolo", formassero una strana alleanza con i berberi "giustificando" l'intervento della Francia che per favorire ancora di più il caos nel paese aveva estromesso dal potere il Presidente Toure con il colpo di stato di Sanogo (addestrato militarmente Negli Usa) .

I DUE ALLEATI IN AFRICA
La Repubblica Centrafricana è stata devastata dai Seleka , signori della guerra ,le cui truppe sono formate da mercenari ugandesi , ciadiani , sudanesi...supportate dal presidente del Ciad Idriss Deby particolarmente gradito ad Holland per la sua opera di destabilizzazione nella regione(Mali , Costa d'Avorio , Sudan). 

Perché il caos fosse al massimo si rendeva indispensabile sollevare dal potere Bozizè e insediare al suo posto Michel Dyotodia con il quale si consuma lo sfascio dello stato . Inevitabile lo scontro tra bande . Il presidente attuale ha un'immagine più presentabile ed è anche questa una mossa astuta che fa parte del repertorio imperiale .

Berlino vuole la sua parte e interverrà militarmente in entrambi i paesi per spezzare l'influenza eccessiva della Francia nei paesi francofoni . Ma si badi bene la lotta tra le due minipotenze imperiali europee si inserisce in uno scontro di ben più ampia portata che è quello tra Cina e Stati Uniti che assecondano le aspirazioni francesi e e tedesche che non possono fuoriuscire da un ruolo ben definito e gerarchicamente subordinato.

I successi di natura economica e diplomatica della Cina in Africa hanno allertato l'amministrazione Usa che nel 2007 ha creato Africom ,il comando Africa del Pentagono, allo scopo di contrastare l'egemonia cinese . 

Già nel 2007 si era programmato l'assalto al Mali ,ricco di uranio ,di oro , di petrolio e sopratutto base di lancio per procedere alla militarizzazione a all'ideologizzazione del Continente . 

E' su questo terreno che gli USA lanciano alla Cina la sfida data l'impossibilità di competere sul piano finanziario

Stabilire relazioni militari con i governi (attualmente 53) , lavorare a stretto contatto con le ambasciate , favorire il coordinamento di programmi di formazione , incentivare operazioni militari che promuovano"un ambiente africano stabile e sicuro a sostegno della politica estera degli Stati Uniti" , "suggerire" scelte di politica economica ...

E' da secoli che l'Africa
 subisce "the burden of the white man" . 
Come risponderanno a questo ennesimo assalto , cui concorre la "nobile" Europa , i popoli e i governi africani ?

domenica 26 gennaio 2014

ELEZIONI IN SARDINYA: GIGI SANNA PRESIDENTE MOVIMENTO ZONA FRANCA, A MANU TENTA

GIGI SANNA PRESIDENTE DEL MOVIMENTO ZONA FRANCA : A MANU TENTA.

Vàturu Erriu Onnis Sayli

Mandiamo a casa tutti questi politici, 
No alla casta che si mette i soldi in tasca.


Professor Luigi Amedeo  noto Gigi Sanna 
Sabato sera , Santa Giusta, a mezza strada circa,  tra il nord ed il sud della Sardinya, il professore Gigi Sanna a capo del Movimento Zona Franca chiama all'adunata le sue  "armate" composte di persone impegnate in ogni parte del paese sardo nella lotta per i riconoscimento del FREE ZONE , per reclamare la fiscalità di svantaggio che sarebbe dovuta alla Sardinya, e per giocare una partita importante in queste prossime elezioni del 16 febbraio per la regione sarda RAS. 


Basilica di Santa Giusta
La Basilica di Santa Giusta è uno dei monumenti più significativi dell'intero patrimonio artistico sardo. La data di costruzione non si conosce con precisione, ma, si può collocare per via ipotetica nella prima metà del XII secolo (1140 ca.), al suo interno sono conservate le reliquie della Santa che dona il suo nome alla città, in cui è stata presentata la lista elettorale del movimento ZF di Gigi Sanna. 

L'analisi del professore è incalzante e mette in evidenza le incongruenze e i meriti dei vari candidati presidenti, Cappellacci , candidato del centrodestra italiota, è riconosciuto come il furbetto che si dipinge da "democristiano" e che strizza l'occhiolino alla chiesa; 

Pigliaru il dotto universitario, candidato del centrosinistra italiota, omini "cun anima frida"; Pili ex Presidente in quota PdL oggi corre con Unidos, che a motivo della sua storia politica è definito "uno che predica bene ma razzola male"; 

Pier Franco Devias del Fronte Unidu Indipendentista ne ha parole di stima e ammirazione per il coraggio di essere andati alle elezioni con le loro forze senza essersi infarinato nei partiti italioti; così ha anche parole di stima e ringrazia con calore il valoroso segretario di Sardigna Natzione, Bustianu Cumpostu,  per avere rinunciato alla candidatura alle elezioni a motivo del fatto di non essere riuscito a convincere altri soggetti in un'alleanza dell'area indipendentista fuori dai partiti italioti; soggetti che invece  sono caduti nella rete delle sirene italiote: candidati, di iRS in primis Gavino Sale, poi Sedda Partito dei Sardi e Zuncheddu di Sardigna Libera in lista con SEL;   Michela Murgia di Sardegna Possibile, persona molto valida  ed ecletica, donna intelligente, a cui guarda con stima ed ammirazione, a una possibile futura alleanza, in cui include anche Devias .




Il punto di vista del professore Gigi Sanna si può sintetizzare in queste parole:
Per un economista come il Prof. Pigliaru, non voler riconoscere i vantaggi della Zona Franca è, come per un medico, proibire gli antibiotici in caso di grave infezione batterica.
Il fatto che il suo antagonista di destra, si sia appropriato indebitamente di un tema politico che noi del Movimento Zona Franca con “Gigi Sanna Presidente” abbiamo lanciato più di un anno fa e l’abbia volutamente trasformato in tema elettorale adottando i suoi metodi di “letargo operativo”, non può essere il motivo per dire che la Zona Franca sia una cosa “utopistica e demagogica”.
Il designato ex governatore Cappellacci è, solo la persona meno adatta a fare la Zona Franca, considerate le sue poco edificanti esperienze di “detto e mai fatto”. Il Prof. Pigliaru, che è una persona preparata, ma arrivato per caso a capo di un partito di burocrati eccellenti e capobastone (parole loro) con candidati indagati nelle liste, dovrebbe saper cogliere queste differenze.
Quando il Prof. Pigliaru, da noi più noto ormai come Montipigliaru, dice che: “fa fatica a capire perché s’insiste tanto sulla Zona Franca Integrale” e che: “se uno vuole un territorio con tasse al minimo e con servizi pubblici anch'essi al minimo, basta soltanto dirlo” pare viva in un altro universo. Gli facciamo notare, visto che nella torre di avorio accademica non ci sono finestre per osservare la realtà popolare, che qui paghiamo le tasse al massimo, ma i servizi pubblici sono al minimo, se non addirittura inesistenti.
Se le zone franche di questo mondo, nelle loro più svariate forme di applicazione per corrispondere ai fabbisogni specifici di sviluppo di chi le applica, sono poi cosi deleterie, perché tutti coloro che vivono in quelle zone franche stanno meglio di noi? Perché pagano meno tasse e godono di servizi migliori dei nostri? A Livigno si guadagna bene e l’autobus è gratis. Alle Canarie (Zona Franca fiscale), un imprenditore paga il 4% di tasse sugli utili se investe e crea posti di lavoro. Gli ospedali alle Canarie sono eccellenti e non hanno nemmeno liste di attesa.
Certo è che alle Canarie, i grandi centri dei “servizi burocratici” non ci sono, forse sono quelli i servizi di cui parla Montipigliaru. Noi di quelli però, ne facciamo volentieri a meno, perché anche noi vorremmo aprire un’impresa in un giorno, così come fanno a Tenerife. Caro Montipigliaru: lasciaci vivere in queste zone “utopistiche e demagogiche”!n movzf
I lavoratori e giornalisti dell'emittente sarda Sardegna Uno chiedono la solidarietà al movimento ZF, oltre alla richiesta di una presa di posizione a loro favore; essendo  scioperanti già da decine di giorni , e non trovando il favore dei media e dei partiti a loro favore chiedono visibilità, atti di sostegno alla risoluzione della loro situazione di difficoltà lavorativa per la conservazione del loro posto di lavoro, messo in dubbio dopo la vendita dell'azienda ad altra proprietà. 

Il Movimento Zona Franca è il soggetto che a distanza di anni ha preso il posto di quei giovani sardi intellettuali pieni di passione, che nel 1981 dentro il Partito Sardo rivendicavano un salto di qualità del loro partito per un cambiamento , già allora anticasta, con la mozione entusiastica piena di forte idealità e connotazione indipendentista.

Nelle parole di Gigi Sanna, sono enumerati i meriti di molti uomini valorosi della storia sarda, da Lussu a Gramsci, a Simon Mossa a Michele Columbu fino all'umanista insegnante negli anni sessanta presso l'Università di Cagliari Aldo Capitini e molti altri.

I tempi in cui viviamo sono tempi difficili, a motivo della grave crisi economica in cui ci hanno portato i partiti italioti che hanno rinunciato alla sovranità dello stato per darlo in amano a degli autentici manigoldi della Troika.


nomi di caduti nell'oblio del suicidio

Le difficoltà delle famiglie sarde e delle aziende e delle persone sono manifeste e lo dimostrano i molti suicidi che abbiamo nella nostra terra.

La disperazione è grande, e non si può non tenerne conto, al buio della difficoltà e della disperazione si contrappone il motivo solare proposto dal movimento ZF de "su ballu tundu" il tipico ballo sardo che riconosce nel circolo del motivo solare di antica memoria nuragica della vita e della speranza di un nuovo giorno pieno della luce pregna di umanità di solidarietà  e di gioia nel magico cerchio della vita.

Così le disperate grida nel buio della solitudine che si ergono a nuovi capisaldi della modernità dello stato italiota menefreghista,  che pensa esclusivamente non al bene del popolo che lo ha stabilito e instaurato al potere della nazione, ma prono e desto a preservare in esclusiva i diritti delle élite private e se ne sbatte altamente dei problemi dei popolani.
il buio della disperazione è rappresentato dal maniacale pensiero del suicidio
e le genti e le nazioni si chinano alla strage qutidiana che passa inosservata nei media del grigiore del pensiero unico italiota dipendente UE.

Solo la voce flebile ma inflessibile dei movimenti popolari che si ode nelle orecchie delle persone affrante e debilitate da questo sistema corrotto e qualunquista agisce  spera e ripone fiducia nella resurrezione della politica con la P maiuscola;  si indignano e alzano in alto il loro sentimento popolare e corale in un unisono e forte intento che sale alto nei cieli e reclama il cambiamento di governo, di un governo logoro dagli scandali, dagli interessi personali della casta e dalla servitù ai mercanti del lusso e degli interessi multinazionali e militari.


E' con il movimento popolare che si ottiene la possibile liberazione con la parola liberatoria riportata: ORA BASTA!



Lo slogan iniziale del movimento diviene finalmente visibile e percorribile, sa "manu tenta", la mano tesa per far aggrappare  tutti i diseredati e caduti nella depressione piscofisica determinata da quella diretta dall'economia di questo sistema malato  e al servizio del nulla, è porta affinché tutti i provati e angustiati da questo malgoverno ipocrita del malaffare possano ricorrerVi ed essere salvati dal buio solitario.







             Lista dei candidati del Movimento Zona Franca

CARBONIA-IGLESIAS
Suella, Francesco
Scanu, Angela
Tiragallo, Antonio

OLBIA-TEMPIO
Congiu, Pasqualino
Salciccia, Diego
Sanna, Gianfranco
Brandanu, Janette
Quercia, Lucia

SASSARI
Galasso, Mario
Ledda, Sabrina Dania
Simula, Piero
Cadoni, Gian Paolo
Fenu, Ettore
Mereu, Angela
Mura, Graziella
Catgiu, Francesco
Zolo, Paoletta
Secci, Marco

ORISTANO
Scibilia, Carla
Atzori, Maria Vittoria
Manca, Sandro
Mestroni, Alessandro
Poddi, Carlo
Canneddu, Ivo







CAGLIARI
Baldino, Anna Maria
Anselmeti, Giuseppina
Marini, Giuseppe
Lai, Gianpaola
Garraffa, Vincenzo
Masala, Vittorio
Ciarpi, Gabriele
Pusceddu, Maria Cristina
Carrus, Cristian
Deiana, Francesco
Coghe, Mario
Marras, Margherita
Mundula, Gian Luca Giulio
Coghe, Dino
Scanu, Alessandro
Mallus, Daniela
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sabato 25 gennaio 2014

Villaggi per la guerra a Teulada e ammissione del rischio radioattivo riemergono dalla naftalina.



Uranio: antimilitaristi, rischio radioattivo a Teulada 
Già uno studio del 2000 sui villaggi addestramento ne parlava CAGLIARI 

Villaggi per la guerra a Teulada e ammissione del rischio radioattivo riemergono dalla naftalina.*  

(Riferimento:* "Progettazione definitiva-esecutiva relativa ai lavori di realizzazione del primo villaggio per l'addestramento negli abitati? elaborata dalla 14^ Direzione Genio Militare, datata 29/09/2000, codice di priorità "Alta") .* 

Di recente le Forze Armate hanno tolto dalla naftalina e ripresentato il Progetto del 2000 di costruzione del PRIMO villaggio (ma quanti ne prevedono?) in stile balcanico e mussulmano allo scopo di conferire maggiore realismo ai giochi di guerra. Il Progetto annunciava anche un approfondito studio per ridurre al minimo l'impatto ambientale, sorprendentemente, tra i fattori da esaminare indicava l'inquinamento radioattivo (pag 23, punto D ). 

Uno studio su questo aspetto, oggi, 2014, è del tutto normale, non considerarlo susciterebbe uno scandalo. E invece singolare che sia stato previsto nel settembre 2000. 

L'anacronismo è shoccante. Allora, infatti, le richieste di chiarezza e accertamenti sulla contaminazione radioattiva si contavano sulle dita di una mano e cadevano nel vuoto totale. 

In Sardegna le sole voci erano quelle del Comitato Gettiamo le Basi, delle famiglie del caporalmaggiore Salvatore Vacca e del soldato di leva Giuseppe Pintus, uno in servizio nel teatro di guerra bosniaco, l'altro a Capo Teulada, entrambi uccisi dallo stesso tipo di tumore, leucemia linfoblastica acuta. Nella penisola il silenzio era sovrano. 

Eppure gli estensori del Progetto del 29/09/2000 denotano la consapevolezza anacronistica del rischio radioattivo allora ignoto alla quasi totalità della popolazione civile e militare. Inoltre, nei quattordici anni trascorsi, man mano che i sospetti crescevano fino a diventare certezza diffusa, Istituzioni, ministri della Difesa, vertici militari e politici hanno ostinatamente negato e categoricamente escluso l'uso di armamento radioattivo e conseguente contaminazione nei poligoni sardi. 

I vari Capi Supremi delle Forze Armate hanno pilatescamente scansato il problema. La sola ipotesi plausibile della "preveggenza" del rischio radioattivo è la svista involontaria e accidentale che fa trapelare il "segreto" gelosamente custodito e da custodire costi quel che costi. 

Sarebbe l'ennesima conferma delle menzogne che ci hanno propinato e ci propinano, della lucida quanto criminale decisione di lasciare esposti alla contaminazione letale militari, popolazione, flora, fauna, terra, aria, acqua e la catena alimentare. 

L'involontaria ammissione del problema contaminazione radioattiva potrebbe chiarire anche l'anomalia della veloce ibernazione e riesumazione dopo quattordici anni del piano di costruzione dei villaggi da war games. 
Non basta a spiegarla, infatti, il parere negativo (non vincolante) della componente civile del CoMiPa (Comitato Misto Paritetico Stato Regione) anche in considerazione del codice di priorità "Alta" assegnato ai lavori. 

Ripugna lo sperpero di denaro pubblico per costruire case da bombardare (circa 8 milioni di euro, più di 15 miliardi di lire nel 2000). Agghiaccia il silenzio della caterva di politici e pseudo esperti che promettono bonifica e pronto smantellamento del poligono "inutile" di Teulada in cambio del potenziamento del poligono della morte Salto di Quirra a rischio chiusura per intervento della Magistratura Rimane una ferita sanguinante lo stupro sistematico della nostra terra e la perdurante strage di Stato per creare paradisi di guerra. 

*Comitato sardo Gettiamo le Basi* Tel 3467059885

Mariella Cao Teulada 10 ottobre 2010


''ALL'ITALIA OCCORRE UNA RIVOLUZIONE. ADESSO!'' (PROFESSOR GIULIO SAPELLI, ECONOMISTA)

''ALL'ITALIA OCCORRE UNA RIVOLUZIONE. ADESSO!'' (PROFESSOR GIULIO SAPELLI, ECONOMISTA)

Fonte: lettera43.it
Giovanna Faggionato

Le note melanconiche di un tango in sottofondo sembrano un fosco presagio. Nell'Italia piegata dalla disoccupazione, colma di lavoratori sottopagati, vedere Giulio Sapelli assorto in una musica lontana fa una certa impressione. Se non fossimo in una sala a parlare di Argentina, si potrebbe leggere come un segno, come se la storia avesse unito i destini della penisola e dello Stato sudamericano colpito dal crack del 2001. 

Per l'economista che ha conosciuto l'Italia di Olivetti, la grande e la media impresa, le cooperative, i distretti, la crisi di oggi è il frutto di un male antico: la persistenza di una classe dirigente che ci condanna alla sudditanza estera. E dove le uniche «rivoluzioni» possibili sono prese di potere generazionali. 
Mentre la commissione europea certifica che siamo il Paese in cui «la situazione sociale si è deteriorata maggiormente», e in cui una quota consistente di occupati non riesce più ad arrivare a fine mese, lo studioso non si dà pace. E si chiede come il parlamento Ue abbia potuto «firmare il Fiscal compact?». «Il problema», spiega in una intervista a Lettera43.it, «è che non abbiamo un'élite nazionale: Machiavelli aveva spiegato tutto». 

Cosa intende dire, professor Sapelli? 
Le nostre classi dirigenti cercano approvazione, legami e inserimento nella finanza internazionale. Lo ha fatto Romano Prodi. E poi Mario Monti. E ora anche Enrico Letta punta alle cariche all'estero. 

Insomma, non fanno gli interessi italiani? 
Monti ha fatto gli interessi di chi lo ha sempre sostenuto cioè le istituzioni finanziarie. 

E Mario Draghi? 
Lui viene da Goldman Sachs, dalla scuola americana. E prova a fare la politica Usa. 

È per questo che non piace alla Germania? 
La Germania ci vuole fare morire di deflazione.

E gli Stati Uniti? 
Agli Stati Uniti in questo momento serve un'Europa forte. 

In realtà sembra che ormai i loro interessi siano sul Pacifico. 
Certo, preparano la guerra che verrà con la Cina. Ma hanno bisogno che l'economia europea vada bene.

Sì, ma non si può dire che facciano i nostri interessi politici. 
Stiamo trattando un accordo di libero scambio transatlantico: possiamo negoziare. E comunque meglio gli Stati Uniti del dominio tedesco. 

Perché? 
A forza di imporre l'ortodossia monetarista e deflazionista, i tedeschi stanno facendo dell'Europa un deserto. 

Secondo lei Draghi non si opporrà? 
Mi viene in mente una frase del Manzoni: «Il coraggio uno non se lo può dare...». 

Faremo la fine dell'Argentina? 
No, faremo la fine opposta. L'Argentina ha il problema contrario: l'inflazione. Ma dell'Argentina stiamo iniziando a copiare i leader peronisti. 

Matteo Renzi non la convince? 
Abbiamo avuto due sole «rivoluzioni» generazionali in Italia. Una l'ha fatta Benito Mussolini ed era il fascismo. E l'altra è stata il 68. Basta guardare come sono finite. 

Insomma non ci sono spiragli? 
Avete votato il Pd, Berlusconi... 

E cosa bisogna votare, Grillo? 
Nessuno. Bisogna rifondare un partito socialista, rivoluzionario. 

Cosa intende per rivoluzionario? 
Come Syriza, in Grecia. Che non vuole uscire dall'Europa, ma rinegoziare il debito. Ma come è possibile che al parlamento europeo abbiano votato il Fiscal compact? 

È stato questo il grande errore? 
Non so. Forse per l'Italia non c'è più speranza. 

Secondo i dati Ue, siamo il Paese con la quota maggiore di occupati che non riescono a vivere col proprio stipendio. 
Questa è una nazione ricca. Con un grande risparmio. E la cultura. Ma i risparmi si stanno erodendo e tra 20 anni, forse, saremo un Paese desertificato. 

Perché è così pessimista? 
Basta leggere Machiavelli. 

Cioè? 
Fino al 1450 eravamo l'economia più florida del mondo. Poi abbiamo conosciuto la crisi del 600. E perché? 

Lo dica lei. 
Perché i figli della borghesia comunale hanno lasciato le città e sono andati a vivere in villa come nobili. Quando si guadagnano troppi soldi, non si risponde più a se stessi. 


Nota biografica di Giulio Sapelli.
Laureato in storia economica a Torino nel 1971, conseguì la specializzazione in ergonomia nel 1972. Ha insegnato e svolto attività di ricerca presso la London School of Economics and Political Science nel 1992-1993 e nel 1995-1996, nonché presso l'Università Autonoma di Barcellona nel 1988-1989 e l'Università di Buenos Aires.
Ha lavorato con compiti di ricerca, formazione e consulenza presso l'Olivetti e l'Eni. Ha svolto incarichi consulenziali presso numerose altre aziende. Dal 1996 al 2002 è stato Consigliere di Amministrazione dell'Eni. Dal 2000 al 2001 è stato Presidente della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena. Dal 2002 al 2009 è stato componente del consiglio di amministrazione di Unicredit Banca d'Impresa.
Ha fatto parte di diversi comitati scientifici di imprese, fondazioni e istituti. Dal 1993 al 1995 è stato il rappresentante italiano di Transparency International, organizzazione che lotta contro la corruzione economica. Dal 2002 è tra i componenti del World Oil Council. Dal 2003 fa parte dell’International Board dell'OCSE per il no profit.
È attualmente professore ordinario di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Milano, dove insegna anche Analisi Culturale dei Processi Organizzativi. È collaboratore del Corriere della Sera e de Il Sussidiario.net. (WIKIPEDIA)

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