STORIA DI DUE SINISTRE E DELL’EURO
Di David Liebers
Un baratro sempre più ampio divide la sinistra americana da quella europea sulla questione dell’eurozona. Per i principali osservatori americani di sinistra e centro-sinistra è sempre più ovvio che la valuta unica europea è un problema. Incredibilmente, la sinistra europea rifiuta questo concetto e, ancor più incredibilmente, si mette al servizio delle più dure misure di austerità perpetrate nel continente. Guardiamo alle considerazioni dei tre intellettuali più influenti della sinistra americana.
Il Premio Nobel ed editorialista del New York Times Paul Krugman ha fatto a pezzi le due giustificazioni più comuni e puerili per difendere la moneta unica, (a) che si tratti di un progetto politico anziché puramente economico e (b) che il principale problema della Grecia sia la mancanza di riforme strutturali. Il suo opportuno confronto con la Polonia dimostra che gli ostacoli alla produttività non possono spiegare la disoccupazione greca:
Analogamente il giornalista economico e cofondatore di “Vox” Matthew Yglesias ha dato la sua analisi:
Infine, il premio Nobel Joseph Stiglitz:
Il semplice messaggio degli economisti americani più influenti di sinistra è chiaro: l’euro è la variabile critica che causa i problemi economici (e di disoccupazione) all’Europa. Questo ragionamento viene accolto male nelle educate conversazioni tra i politici moderati a Bruxelles, nonostante livelli di disoccupazione e miseria economica in Grecia e Spagna mai visti dal tempo della Grande Depressione.
La distanza tra la sinistra americana e la sinistra europea è in parte figlia dell’avversione della sinistra USA verso le politiche di dura austerità. Ma forse anche al distanza fisica dal Progetto Europeo permette agli opinionisti USA di capire una cosa raramente riconosciuta in Europa: l’UE e l’eurozona sono concetti distinti (ancorché legati). Quasi tutti gli osservatori americani che criticano la moneta unica sono fortemente a favore di una UE sana, e considerano l’alleanza tra USA e un’UE forte un imperativo geopolitico.
I leader europei che accomunano chiunque critichi la valuta unica agli estremisti populisti, ha reso impossibile qualsiasi forma di politica pro-Unione Europea ma anti – eurozona. L’inflessibilità su questo punto è così grande che il Presidente del Parlamento Europeo, e leader del maggior partito di sinistra del Parlamento Europeo, Martin Schulz, ha minacciato la Grecia di buttarla fuori dall’UE se avesse lasciato l’eurozona – l’unica vera soluzione possibile per ritornare a essere competitiva.
Peggio ancora, l’insistenza sul bollare come “Euroscettici”, impedisce l’esistenza di voci moderate a favore della UE ma contro l’eurozona. L’amministrazione Obama si è per lo più tenuta fuori da queste questioni. Quando la Casa Bianca è intervenuta, con le sue dichiarazioni obbligate (per esempio, quando ha ammonito i Greci di “mettere in ordine la propria casa” durante la recente crisi greca del giugno 2015) sembrava voler fare eco alle parole pervenute da Bruxelles – forse un tentativo da parte dell’amministrazione Obama di ingraziarsi i politici europei ancora agguerriti per le rivelazioni sullo spionaggio americano.
Ma si è trattato si una mossa strategica, slegata dell’opinione dei suoi supporter progressisti, e dagli opinionisti con pedigree accademico.
L’Europa non dovrebbe stupirsi se gli USA dovessero cominciare a interessarsi maggiormente a una veloce risoluzione della crisi finanziaria generata dall’euro. Non è un segreto che le turbolenze economiche portino agli estremismi politici. La tremenda situazione attuale ha dato fiato ai partiti politici anti-NATO, anti-USA e pro-Putin. Ma non si risolverà nulla se si continua a legare lo smantellamento dell’euro alla fine della UE.
Come ha detto Yglesias, l’”opinione professionale” è concorde nel ritenere che l’eurozona non sia un’area valutaria ottimale. E’ ora che i politici moderati europei mostrino coraggio politico e creatività nell’ammetterlo. La sinistra europea dovrebbe ricordarsi che i valori che stanno al cuore delle politiche di sinistra, come la protezione della dignità umana e la garanzia del benessere sociale dei cittadini, sono stati le principali vittime dell’euro.
Ricongiungersi alla sinistra americana sulla questione dell’euro sarebbe un inizio molto opportuno.
David Liebers fa parte del Consiglio della Fondazione “Iniziativa Democratica” di Varsavia. E’ membro anziano di “Umanità in azione” ed è stato professore di Storia e Filosofia della Scienza presso le università di Cambridge e Varsavia.
In quest’ultimo intervento che traduciamo da “That Sinking Feeling” (ecco le traduzioni della parte 1, parte 2, parte 3, parte 4 e parte 5), David Liebers esorta la sinistra europea a prendere esempio da quella americana, che identifica la causa della crisi economica europea e dello smantellamento del suo stato sociale con l’eurozona. Per poter salvare l’Unione Europea (ben vista da oltreoceano) occorre separarla da una difesa assurda e a oltranza della moneta unica, che andrebbe subito messa in discussione. Altrimenti, le miserie economiche conseguenti non potranno che portare agli estremismi politici.
Di David Liebers
Un baratro sempre più ampio divide la sinistra americana da quella europea sulla questione dell’eurozona. Per i principali osservatori americani di sinistra e centro-sinistra è sempre più ovvio che la valuta unica europea è un problema. Incredibilmente, la sinistra europea rifiuta questo concetto e, ancor più incredibilmente, si mette al servizio delle più dure misure di austerità perpetrate nel continente. Guardiamo alle considerazioni dei tre intellettuali più influenti della sinistra americana.
Il Premio Nobel ed editorialista del New York Times Paul Krugman ha fatto a pezzi le due giustificazioni più comuni e puerili per difendere la moneta unica, (a) che si tratti di un progetto politico anziché puramente economico e (b) che il principale problema della Grecia sia la mancanza di riforme strutturali. Il suo opportuno confronto con la Polonia dimostra che gli ostacoli alla produttività non possono spiegare la disoccupazione greca:
“La Polonia, come la Grecia… è molto legata al resto dell’economia europea…con una produttività inferiore a quella della Grecia, secondo gli standard internazionali… ma la Polonia non ha avuto una crisi grave come quella greca, anzi nemmeno è andata in crisi.
Al contrario, ha marciato decisa attraverso la confusione degli ultimi anni. Qual è la differenza? La risposta principale è sicuramente l’euro.”
Analogamente il giornalista economico e cofondatore di “Vox” Matthew Yglesias ha dato la sua analisi:
“L’Europa è attualmente immersa in una depressione la cui causa prima è la moneta unica, e i leader europei mainstream non hanno soluzioni da proporre. L’eurozona è fondamentalmente un progetto politico e non economico, ma per avere successo politicamente deve funzionare economicamente”.
Infine, il premio Nobel Joseph Stiglitz:
“Sappiamo che la struttura dell’eurozona favorisce la divergenza, non la convergenza… l’euro avrebbe dovuto rinforzare la solidarietà tra nazioni europee. Al contrario ha avuto l’effetto opposto… Nonostante la moneta unica dovesse portare una prosperità senza precedenti, è difficile individuare un solo effetto positivo per l’intera eurozona nel periodo precedente alla crisi. Nel periodo successivo, gli effetti negativi dell’eurozona sono stati enormi”.
Il semplice messaggio degli economisti americani più influenti di sinistra è chiaro: l’euro è la variabile critica che causa i problemi economici (e di disoccupazione) all’Europa. Questo ragionamento viene accolto male nelle educate conversazioni tra i politici moderati a Bruxelles, nonostante livelli di disoccupazione e miseria economica in Grecia e Spagna mai visti dal tempo della Grande Depressione.
La distanza tra la sinistra americana e la sinistra europea è in parte figlia dell’avversione della sinistra USA verso le politiche di dura austerità. Ma forse anche al distanza fisica dal Progetto Europeo permette agli opinionisti USA di capire una cosa raramente riconosciuta in Europa: l’UE e l’eurozona sono concetti distinti (ancorché legati). Quasi tutti gli osservatori americani che criticano la moneta unica sono fortemente a favore di una UE sana, e considerano l’alleanza tra USA e un’UE forte un imperativo geopolitico.
I leader europei che accomunano chiunque critichi la valuta unica agli estremisti populisti, ha reso impossibile qualsiasi forma di politica pro-Unione Europea ma anti – eurozona. L’inflessibilità su questo punto è così grande che il Presidente del Parlamento Europeo, e leader del maggior partito di sinistra del Parlamento Europeo, Martin Schulz, ha minacciato la Grecia di buttarla fuori dall’UE se avesse lasciato l’eurozona – l’unica vera soluzione possibile per ritornare a essere competitiva.
Peggio ancora, l’insistenza sul bollare come “Euroscettici”, impedisce l’esistenza di voci moderate a favore della UE ma contro l’eurozona. L’amministrazione Obama si è per lo più tenuta fuori da queste questioni. Quando la Casa Bianca è intervenuta, con le sue dichiarazioni obbligate (per esempio, quando ha ammonito i Greci di “mettere in ordine la propria casa” durante la recente crisi greca del giugno 2015) sembrava voler fare eco alle parole pervenute da Bruxelles – forse un tentativo da parte dell’amministrazione Obama di ingraziarsi i politici europei ancora agguerriti per le rivelazioni sullo spionaggio americano.
Ma si è trattato si una mossa strategica, slegata dell’opinione dei suoi supporter progressisti, e dagli opinionisti con pedigree accademico.
L’Europa non dovrebbe stupirsi se gli USA dovessero cominciare a interessarsi maggiormente a una veloce risoluzione della crisi finanziaria generata dall’euro. Non è un segreto che le turbolenze economiche portino agli estremismi politici. La tremenda situazione attuale ha dato fiato ai partiti politici anti-NATO, anti-USA e pro-Putin. Ma non si risolverà nulla se si continua a legare lo smantellamento dell’euro alla fine della UE.
Come ha detto Yglesias, l’”opinione professionale” è concorde nel ritenere che l’eurozona non sia un’area valutaria ottimale. E’ ora che i politici moderati europei mostrino coraggio politico e creatività nell’ammetterlo. La sinistra europea dovrebbe ricordarsi che i valori che stanno al cuore delle politiche di sinistra, come la protezione della dignità umana e la garanzia del benessere sociale dei cittadini, sono stati le principali vittime dell’euro.
Ricongiungersi alla sinistra americana sulla questione dell’euro sarebbe un inizio molto opportuno.
David Liebers fa parte del Consiglio della Fondazione “Iniziativa Democratica” di Varsavia. E’ membro anziano di “Umanità in azione” ed è stato professore di Storia e Filosofia della Scienza presso le università di Cambridge e Varsavia.