IL GRAFOLOGO
romanzo di Mariano Abis
parte seconda
La mia “evasione” avvenne ben oltre il tempo preventivato, in quanto i
miei genitori quella notte andarono a letto più tardi del solito, e
quando fui finalmente in strada, illuminata in maniera approssimativa,
dovetti ricevere i rimproveri dei compagni, ormai stufi di aspettarmi, e
decisi a giudicarmi in maniera non proprio favorevole, anche loro
avevano rischiato punizioni per la strana uscita notturna. Ci avviammo
verso la periferia estrema del paese, in una notte che diventava sempre
più buia, man mano che ci lasciavamo alle spalle le ultime case, fino ad
arrivare a ridosso di un muro che, viste le nostre stature, ci sembrava
incredibilmente alto. Era il muro di recinzione del camposanto, eravamo
arrivati a destinazione, mi aiutarono a scavalcarlo, lo feci senza
problemi, ma il salto dall’altra parte era problematico, mi armai di
coraggio e con un salto insicuro ero dall’altra parte, ora potevo
contare solo sulle mie capacità, dovevo attraversare tutta l’area, a
tentoni, e uscire dalla parte opposta, dove mi avrebbero aspettato i miei amici. Inciampai più volte al buio completo, ma finalmente arrivai a destinazione, chiamai tutti i nomi dei compagni, ma nessuno rispondeva, non mi preoccupai troppo, pensando che volessero ricambiare il favore di averli fatti aspettare in precedenza, e cercai un posto favorevole per scavalcare il muro, al buio scovai un albero quasi addossato al muro, e lo usai come appoggio per un’impresa che senza di esso sarebbe stata impossibile. Avevo finalmente quasi superato la prova, bastava un altro problematico salto verso la tranquillità, lo eseguii senza danni, ma con la speranza di atterrare in un posto senza ostacoli, visto che il buio era assoluto. Di amici nel circondario nemmeno l’ombra, mi avviai così da solo verso casa. Mi aspettavano a un centinaio di metri da casa mia, l’impresa era compiuta.