mercoledì 28 agosto 2013

Se i movimenti indipendentisti diventano agenzie di senso


Se i movimenti indipendentisti diventano agenzie di senso

 di Nicolò Migheli

fondazionesardinia

La scienza della politica ha definito la Prima Repubblica come luogo caratterizzato dalle agenzie di senso. I partiti, i sindacati non si limitavano a proporre una buona amministrazione, l’adesione ad essi comportava  abbracciare una visione del mondo in contrasto con le altre.
Uno scontro che aveva in sè un processo di costruzione sociale, figlio della Rivoluzione Francese, quella di Ottobre, delle concezioni del solidarismo cattolico, a sinistra. A destra invece, si confrontavano un’idea liberale ed una autoritaria di stampo fascista.
Visioni del mondo in perenne conflitto tra loro. Ecco perché per molti anni in Italia, ma anche in Francia, si parlò di voto ingessato, non superabile dalla divisone del mondo in due blocchi, dove l’allargamento ai comunisti restava un tabù non superabile. Con la caduta del Muro e la fine del comunismo, si è parlato di fine della storia, di fine delle ideologie. L’unica rimasta, quella neoliberista, ha finito per contaminare anche la sinistra, che non ripudiava solo il comunismo ma, alla fine, anche quelle socialdemocratiche.
Posizione che non solo ha inficiato la sua storia ma che l’ha progressivamente privatadella sua base sociale, passata dalla saldezza dell’impiego fisso alla precarietà. In questo panorama, in tutta l’Europa occidentale hanno ripreso forma e consenso i partiti di raccolta e quelli indipendentisti. Se durante la guerra fredda per alcuni l’unica possibilità che concepivano era quella della lotta armata – si pensi ai baschi, irlandesi e corsi- dopo l’Ottantanove tutto cambia.
Gli stati nazionali ottocenteschi perdevano sovranità verso le organizzazioni internazionali, spesso non elette. Le contraddizioni tra territori assumevano una valenza pari a quelle che, una volta, si definivano di classe. L’atomizzazione del lavoro rendeva impossibile qualsiasi internazionalismo. Anzi, gli scontri tra territori, con le delocalizzazioni e la crisi, portavano con sé una rivalità tra forze produttive sconosciuta; che partiti e sindacati non riuscivano più a ricondurre a sintesi unitaria. Questo quadro, fatto di precarietà economica e sociale, non veniva sufficientemente compreso dalla sinistra tradizionale.
In Italia, poi, il bisogno di legittimazione comportava un dialogo costante con i cosiddetti poteri forti, in posizione di minorità, vasi di coccio tra i proverbiali vasi di ferro.  Uno spazio insperato per le aspirazioni delle nazioni senza stato. Un luogo dove dal tradizionale interclassismo dei partiti di raccolta si passa a movimenti di sinistra che si proclamano indipendentisti. Il fenomeno più interessante in Catalogna e nei Paesi Baschi, dove i partiti spagnoli perdono costantemente consenso.
In termini di potenzialità la Sardegna non è diversa. I partiti nazionali (intesi come italiani), dovendo mediare tra diverse istanze territoriali in periodi di scarsità di finanziamenti pubblici, non riescono più a fare sintesi. I bacini di voto più numerosi hanno la loro preponderanza. Cosa contano 1.600.000 sardi, contro il resto d’Italia?
Se si deve campare con quanto producono i territori e le solidarietà “nazionali” sempre più deboli, si pone subito le domande: “Cosa ci serve rimanere in Italia?” “Quali vantaggi ci dà?” Se in una graduatoria degli insegnanti, i sardi restano disoccupati, mentre nelle nostre scuole insegneranno laureati provenienti dall’Italia, che impatto avrà su di un ceto per ora poco sensibile alle rivendicazioni indipendentiste?
Siamo davanti ad un momento storico interessante. I movimenti indipendentisti possono diventare agenzie di senso. Accanto alle classiche rivendicazioni sulla statualità compaiono quelle sociali. È il caso del BILDU basco, un partito di sinistra che alla rivendicazione nazionale ha sommato quelle dei ceti poveri, della cultura e dell’ambiente.
L’adesione ad un partito indipendentista è far parte di una agenzia di senso. Indica una prospettiva che può essere realizzata con azioni di prossimità. La creazione, ad esempio, di un welfare locale, di una società più giusta, dove la distanza tra chi ha molto e chi nulla non sia stratosferica.
L’indipendenza verrà se saranno i sardi a volerla, ma se una ricerca delle università di Cagliari e di Edimburgo, rivela che il quarantuno per cento dei sardi si dichiara favorevole, vuol dire che vi è un sentimento latente che attende di manifestarsi.
I movimenti indipendentisti, fino ad ora, non sono riusciti a capitalizzarlo in consenso elettorale.
Però è solo questione di tempo. I partiti tradizionali ne prendano atto.

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articolo interessante del blog sa defenza, per comprendere il liberismo e come liberarsene:
che-fare-la-situazione-...

martedì 27 agosto 2013

Impressioni provvisorie sulle elezioni in Sardegna. Una riflessione di Gian Luigi Deiana

Cagliari, 23 agosto – Per quanto io sia impegnato nel progetto di una organizzazione politica (s.i.s.-m.a.: sinistra indipendentista sarda – movimento anticapitalista) le considerazioni che seguono sono espresse a titolo assolutamente personale, e sono mosse in particolare dalla sollecitazione avanzata di recente da Anghelu Marras e più in generale dalla confusa situazione in atto. Puntualizzo questo in quanto l’interlocuzione fra organizzazioni è parsa allo stato attuale poco capace di individuare soluzioni ma molto efficace nel complicare i problemi (nel senso di avvitamenti della situazione), mentre le considerazioni a titolo personale hanno in genere il vantaggio di contenere un minore spirito di gravità e nel peggiore dei casi di lasciare il tempo che trovano; puntualizzo anche che sono stato assente per alcune settimane dalla Sardegna e quindi dai tentativi di verifica che vari compagni e gruppi si sono sforzati di avviare; queste sono quindi le impressioni di un presbite, costretto dall’età e dalle circostanze a vedere talvolta le cose da lontano.
Le elezioni sono lo strumento fisiologico di una democrazia sana, così come sono lo strumento patologico di una democrazia malata; nel nostro caso (le prossime elezioni “regionali” in Sardegna) abbiamo a che fare con una democrazia talmente malata che risulta praticamente impossibile chiamarla democrazia; quindi, come altre volte siamo stati costretti a fare, potremmo tranquillamente lasciar perdere la questione e impegnare noi stessi in questioni meno illusorie e chiassose, disertando del tutto la competizione elettorale. Tuttavia, non depimos mai ismentigare su dizzu antigu: a bortas est a peleare in su trottu, ca su erettu andat de sé. Questa è una situazione inedita, nella quale il penare nel torto diventa probabilmente necessario.
Partiamo dalla corretta considerazione del sistema politico di cui queste prossime elezioni sono destinate a rinnovare la geografia: il complesso sistema “italiano” del potere politico corrisponde, dal punto di vista tecnico, non a una semplice democrazia imperfetta, deviata o malata, ma a un vero e proprio regime, e un regime assolutamente speciale: speciale per il duopolio pd-pdl, speciale per la subordinazione alla troika ue-bce-fmi, speciale per la macchina coloniale strutturata in Sardegna. La possibilità di colpire al cuore il duopolio italiano pd-pdl è la chance obbligata per poter mettere mano agli altri due bracci della tenaglia che tiene stretta la Sardegna nella sua morsa: la macchina neoliberista e la macchina coloniale. Se questa possibilità esiste, la situazione è oggi inedita e dunque “peleare in su trottu” diventa necessario: questo è il motivo per cui sono d’accordo con Anghelu Marras.
Che la possibilità di colpire il duopolio pd-pdl esista è empiricamente dimostrato dal risultato antisistema ottenuto dal Movimento 5 Stelle nelle ultime elezioni politiche italiane (evito per ora di esprimere un giudizio politico su questo movimento). Ma è ancor più dimostrato dalle stesse contromisure assunte dal regime pd-pdl nella riforma della legge elettorale “regionale” (uso qui tra virgolette la terminologia istituzionale italiana). E’ stata ulteriormente alzata l’asticella di ingresso nella scenografia del potere politico (che è scenografia, poiché il cuore e il cervello sono nei caveau tecnocratici, militari, massonici ecc.), ma l’innalzamento dell’asticella in senso maggioritario potrebbe ritorcersi contro gli stessi partiti che hanno imposto di posizionarla così in alto.
La parola decisiva in proposito spetterà da un lato allo stato di esasperazione sociale diffusa nel popolo sardo e dall’altro alla capacità di proposta politica dell’area anti-regime, entro la quale l’indipendentismo occupa una posizione parziale ma assolutamente significativa. Un’altra posizione parziale, ma elettoralmente significativa e in parte contigua con quella indipendentista è rappresentata appunto dallo stesso Movimento 5 Stelle: questa contiguità, che è percettiva e sociologica, spugnosa e istintuale, non è una contiguità politica e la possibilità che lo diventi per la via di un pur semplice accordo elettorale apre ovviamente una serie di grandi problemi di compatibilità; anche perché il Movimento 5 Stelle è multiplo e fluido e il movimento indipendentista lo è ancora di più. D’altronde, ciò che abbiamo di fronte sul fronte nemico è una saldatura di regime (pd-pdl) che mostra dove realmente sia il problema principale e quale forza sia necessaria per spezzare quella saldatura.
Passiamo ora all’area indipendentista, per come le dinamiche in atto sono percepibili a livello comune. La mia impressione è che quasi tutti coloro che si riconoscono in tale area si siano convinti che un positivo approdo alla scena elettorale è possibile ed è quindi necessario; e quasi tutti si sono convinti della necessità di un percorso pressoché unitario, salvo che poi molti, troppi, si sono convinti di poter ormeggiare per primi. Bene, io credo che questa persuasione sia sbagliata: è scorretta nei confronti dei propri interlocutori ed è infondata rispetto all’obiettivo; credo che di fatto non sia ancora propriamente ormeggiato nessuno e che piuttosto sia in atto una pasticciata occupazione delle banchine, e anche a questo riguardo condivido la preoccupazione di Anghelu Marras. Comprendo lo sforzo di reimpostazione della partita da parte di A Manca ma condivido nel contempo anche la recente dichiarazione di Sardigna Natzione, che rifiuta il gioco al rilancio delle promogeniture. E tuttavia non resta più tempo nemmeno per gli attendismi e quindi, ragionevolmente, è indispensabile concordare su due cose: no a corse di primogenitura, no a stasi attendiste. Si faccia uno sforzo per venire a capo di questo stallo suicida.
In questo stallo ha preso corpo in queste settimane il ” doppio fatto” più significativo in termini politici, il doppio fatto che ha appunto reso possibile l’occupazione della banchina principale: l’iniziativa di Progres e la candidatura di Michela Murgia. L’iniziativa di Progres è partita a tempo debito, formalmente mossa da una ispirazione unitaria e manifestamente finalizzata alla candidatura di Michela. Doveva essere un unico fatto, ma in realtà esso si è automaticamente sdoppiato. A giudicare dal risultato finora ottenuto non sembra che tra i due propositi (composizione unitaria e proposta di candidatura) vi sia stata la consequenzialità desiderata. Per usare una metafora ciclistica, sembra quasi che chi ha lanciato la volata (Progres) sia stato praticamente sconfessato da chi era destinato a beneficiarne (Murgia).
Tuttavia la candidatura di Michela Murgia è oggi un fatto politico importante in quanto, benché non ancora ormeggiata, tale candidatura ha occupato la banchina elettoralmente decisiva. Michela Murgia appare infatti la figura più popolare, più nuova e più vagamente promettente del mondo indipendentista sardo, e soprattutto di questo (a torto o a ragione) si mostra assolutamente certa lei stessa. Talmente certa da ridurre esplicitamente in secondo piano il proposito preliminare del gruppo dirigente di Progres, di cui essa stessa è espressione, di rendere possibile una efficace presenza unitaria dell’indipendentismo nella prova elettorale. Sempre che questo proposito fosse sincero e non contenesse già alla sua origine la variante particolare che ha poi preso corpo. La stessa formulazione usata per il lancio mediatico (“questa è una casa aperta”) sta a significare che è sancita una separazione di principio la padrona di casa e gli ospiti eventuali, tra viandanti dell’ indipendentismo storico e questa nuova stazione. Onestamente, non si tratta di una cosa simpatica.
Michela sembra valutare il modello elettorale secondo le ormai classiche (e per me nefande) incarnazioni personalistiche della relazione politica: quelle secondo cui, essenzialmente, da una parte ci sono le aspettative sociali (nel corpo elettorale) e dall’altra c’è la promessa politica (nella figura presidenziale). In termini di realismo politico essa non ha affatto torto: i regimi funzionano esattamente così, e nello specifico la valenza elettorale di una espansione carismatica (della quale essa si è mostrata capace oggi più di ogni altro) è enormemente superiore a quella di una addizione ideologica (il cui peso elettorale resta presumibilmente inferiore alle soglie di sbarramento, mentre il peso politico sarebbe invece molto ingombrante per il candidato presidente). Se ha senso evocare la parola “fascismo” (usata da Michela secondo me a sproposito in una sua recente intervista) ha senso proprio in riferimento a questa logica affidataria che essa stessa pare privilegiare, logica che già nella vicenda Soru ha mostrato tutti i suoi rischi di deriva, poi puntualmente trasformatisi in realtà.
La candidatura Murgia si trova dunque ad un punto chiave del processo, come il vecchio Ulisse tra Scilla e Cariddi: da un lato la domanda originaria di una presenza unitaria degli indipendentisti, dall’altro la convenienza elettorale di una espansione carismatica della candidata. Quale possa essere il possibile punto di incontro (se questa possibilità sussiste) va ricercato nelle proposizioni nelle quali Michela si pronuncia come “Noi”. Noi chi? Noi Progres? Noi indipendentisti? Noi espansione carismatica di me stessa? Noi popolo sardo possibile? La mitologia del governatore taumaturgo rischia di ricomparire come una favola già vista, la cui caratteristica specifica è quella di apparire ogni volta come nuova ad un elettorato indotto dalla miseria politica del tempo alla memoria corta. Su tutto questo è necessario che Michela Murgia e che le varie anime dell’indipendentismo si chiariscano con la massima prudenza, avendo coscienza che è in gioco qualcosa di molto serio per i tempi a venire. Le organizzazioni indipendentiste non devono pretendere elezioni a propria immagine, facilitate da una candidata presidente acchiappavoti e accomodante; la candidata presidente non deve pretendere elezioni a propria immagine, facilitate da un oscuramento del mondo indipendentista finora presente sulla scena.
Vengo ora alle condizioni di base auspicabili dal mio punto di vista, premettendo che personalmente stimo molto Michela e nutro per lei un sentimento di amicizia e anche di gratitudine. Non posso quindi permettermi di non essere sincero nell’esposizione del mio attuale punto di vista su questa aggrovigliata situazione. Io ritengo che l’obiettivo di una prova elettorale anti-regime capace di superare la soglia del dieci per cento veda oggi la candidatura Murgia come l’opportunità elettoralmente più forte; troverei problematica l’ eventuale determinazione a costruire un’ ipotesi alternativa, che considererei oggi solo come ipotesi estrema, e quindi riterrei positiva una convergenza ampia nella condizione di una piena reciprocità del riconoscimento politico tra le parti. Non si tratta dell’idea di “una” casa aperta, ma dell’idea di un buon vicinato che si accinge saggiamente e a ragion veduta ad un’impresa comune.
Viceversa, l’idea che si possano calamitare entro il circuito cui sta lavorando Michela fasce composite di elettorato critico (manifestatesi finora nel Movimento 5 Stelle, nella costellazione dei comitati di lotta e in ambiti non strutturati dell’indipendentismo) in un magma civico che trovi nella candidata la sua sintesi di garanzia non mi convince affatto. Credo quindi che il gioco non varrebbe la candela se andasse a risolversi secondo il modello Soru, di cui resta per chi non ha memoria corta una prova autodistruttiva di governo e una prova di vuotezza all’opposizione, laddove i caveau del potere reale (prevalentemente italiano) sono risultati gli unici veri beneficiari di quell’intera stagione politica. Girotondismi e inni al nuovo che avanza hanno dato da circa vent’anni una pessima prova di sé ogniqualvolta hanno finito per sposare le semplificazioni bipolari caratteristiche del regime politico italiano noto come seconda repubblica. Inoltre, poiché da più parti si rincorrono anatemi contro i cosiddetti leader storici (Cumpostu, Sale, Zuncheddu, ecc.), io credo che questi compagni continuino a rappresentare una storia importante e a poterne dare costantemente una lettura intelligente a tutti noi assolutamente necessaria. Non abbiamo tempo di fare il vuoto e inventare in tre mesi una politica indipendentista tutta nuova in tutte le sue ramificazioni più importanti. Questa è oggi la situazione reale, e da questa è necessario partire.
Gian Luigi Deiana

lunedì 26 agosto 2013

CHE FARE? LA SITUAZIONE ECONOMICA VERSA NEL PROFONDO DISASTRO.....



La situazione economica versa nel profondo  buio , la politica è sbandata  e non trova via d'uscita.. l'alternativa, pensiamo, la possano proporre  i movimenti popolari aperti a nuova progettualità.

La casta politica dimostra sempre più la distanza dalle istanze di democrazia delle masse popolari, e sono sempre più integrati in una condizione di sudditanza e servitù ai diktat delle élite private e delle multinazionali, bypassando i problemi della popolazione.

L'espressione che il movimento OCCUPY ha urlato ai quattro venti del mondo : Noi 99%  Voi 1%, non ha scosso la coscienza dei politicanti della casta, che si occupano sopratutto della difesa dei loro privilegi e poco importa loro, se il popolo soffre e geme.

L'importanza di dare risposte consone al superamento di questa condizione economica, dettata dalle esigenze delle multinazionali e delle élite private, è di importanza vitale per il superamento della fase oppressiva della maggioranza delle genti.

E' incredibile a dirsi, ma così è,  che partiti che si dicono vicini alle esigenze popolari non recepiscano il grido di dolore che pervade la società. 

l problema è dovuto al fatto, che le varie istituzioni pubbliche e popolari, non sappiano in effetti che la situazione attuale è dovuta all'adesione ipso facto alle ragioni liberiste dell'1% (élite private degli ultraplurimiliardari mondiali).

Da indipendentisti , proponiamo e sosteniamo che la situazione si può superare uscendo dalla visione estrema di liberismo sfrenato del mercato, poiché esso mette in competizione realtà e costi di produzione diversi senza che vi sia nessuna barriera che dia regole di parità concorrenziale, questo è inaccettabile.

L'inaccettabilità è dovuta al fatto che questo tipo di concorrenzialità senza barriere è sfavorevole a chi ha un livello di vita decente, ovvero una vita "serena" basato sull'interscambio senza interesse, senza marchingegni che complichino la vita, e dove il diritto ed il dovere sia la norma prevalente di convivenza civica.

Invitiamo tutte le realtà : dai movimenti sociali , ai partiti, alle associazioni imprenditoriali, alle banche locali e le comunità, a considerare tutti assieme sul da farsi per uscire da questa schiavitù imposta dall'1% ai danni nostri il 99% della popolazione mondiale, Il prof Ioppolo pone la possibile via d'uscita diffondiamola;  cambiare  visione politico-economica  si può,  è giusto ragionarne e diffonderne il pensiero e dibattere affinché vi sia una maggiore consapevolezza diffusa;  
che ne pensate?

Sa Defenza 



Superare la difficoltà economica attuale creata dalla visione liberista è possibile, pensiamo a quanto espone il Professore di economia Nando Ioppolo che è una via d'uscita possibile che rende liberi, cerchiamo di intendere il suo pensiero politico.

Non esiste l'economia , ma esiste l'economia politica , ovvero esistono le scelte che si possono fare, e le scelte fatte, ed esse non  vanno bene a tutti in quanto l'interesse d'esse o serve all'uno o serve all'altro; 

il bene comune negli interessi comuni a tutti non può coesistere , molti interessi sono contrapposti, di fronte a interessi contrapposti non ha senso fare interessi di tutti ma si sceglie politicamente;  

non c'è interesse comune tra il 99% e l'1% poiché la maggioranza della popolazione (99%) in questi anni di sfrenato liberismo si è estremamente impoverito mentre il restante 1% si è ulteriormente arricchito, questo dimostra che gli interessi sono contrapposti;

perciò chiedere all'1% ricco che nulla ha a che vedere con gli interessi del 99% di parlare di bene comune è inutile oltre che stupido pensare che ciò sia possibile farlo,  l'1% il suo bene comune lo fa già, siamo noi che facciamo il loro bene anziché il nostro.

Bisogna fare una scelta di campo, la politica è obbligata a scegliere e le scelte politiche devono decidere a chi dare vantaggi e a chi penalizzare , se noi scegliamo l'interesse del 99%, che rappresenta la maggioranza della popolazione,  va a discapito degli interessi dell'1%;

chi è questo 1%?  esso è l'espressione delle élite creditizie finanziarie , che sono i trust finanziarizzati che le grosse imprese multinazionali  collegate ai colossi bancari si fondono in un unico trust  finanziario, mercantile, e industriale;  essi sono i super-ricchi..

A cosa dobbiamo questa assurdità?

Al vuoto di pensiero e che in questi anni ha portato all'espansione del pensiero liberista che  asserve solo l'1% , a motivo di questo vuoto di pensiero si è imposto il pensiero liberista  ed ha comportato l'acquisizione del pensiero unico, da cui difficile è uscirne, se non vi è un impegno serio da parte dei partiti e dei politici nel voler elaborare e aprire una nuova visione politico economica e sociale.

Perché gli intellettuali dei vari settori sociali, che siano delle imprese o delle aziende o dei cittadini, soggettivamente non riescono a superare il gap dell'ideologia del micro mentre non hanno la visione di macro... perché non riescono a conciliare gli interessi di classe nella concezione della circolarità dell'economia.

Il problema è che si vuole agire sempre egoisticamente:
A me conviene capire ciò che mi danneggia, o mi conviene capire ciò che mi avvantaggia?
La convenienza complessiva (la gallina)  quando è in contrasto con la convenienza immediata  (l'uovo)  il detto dice (preferisci l'uovo subito o la gallina domani?) e questo se non ha senso compiuto crea disastri. 

La mancata comprensione del da farsi dal punto di vista della convenienza complessiva è quello che manca.

Quando si è in conflitto con l'adesso e subito, l'homo sapiens sapiens per come è fatto , è in conflitto continuo, può non avere un senso critico adeguato; 
Non si deve sottovalutare la potenza della socializzazione primaria da quella secondaria , in un mondo cristiano è più facile aderire se ci si adegua a  non essere in conflitto con esso  e così in quella islamica... ne consegue che anche in una società liberista è difficile non aderirvi e fare una costruzione critica e proporre altro.. 

 La realtà dei politici allora comé?

Se uno è ignorante e tronfio e fiero della propria ottusità,  basta essere un dotto, se uno è un dotto deride l'opinione esatta diversa dalla sua, non la prende neanche in considerazione; l'atteggiamento classico nella storia della scienza  è: negare, minimizzare, ridicolizzare è automatico; l'ignoranza dei dotti è la cosa peggiore che ci sia; 

gli ultimi sedici mesi con il governo dei tecnici doveva migliorare il rapporto debito-pil  con tanto di professoroni che hanno sfoderato ricette che non hanno fatto altro che aggravare la situazione con l'effetto di peggiorare il pil dal 120% al 130%?  non sono quelli che continuano a dire e rinviare la ripresa di mesi  in mesi e nello stesso tempo continuano a peggiorare la situazione economica, mentre per risolvere basterebbe andare a scoprire il motivo vero del disastro ed è sotto gli occhi di tutti, l'eccessivo interesse imposto dalle banche (grandi trust) non favorisce la ripresa della maggioranza (99%) mentre favorisce gli interessi dei pochi l1%, in politica non c'è consapevolezza di questo fatto, e neanche nella classe padronale, cosa ha in comune la piccola e media impresa con le banche? nulla e allora perché aderire ai dictat delle banche ipso facto?

I politici facciano i politici e propongano  idee per superare questo impasse e  non per menar il can per l'aia.

Quando si dice: non ci sono soldi (frase demenziale) perché se i soldi non ci fossero davvero alla peggio si dovrebbero stornare, per esempio  verso le emergenze da ciò che non lo è,  se accade un terremoto e si deve interrare i morti che si dice che i soldi non ci sono,  oppure si deve fare?; Si scegli l'emergenza e per  esempio ci sono gli F35  si stornano quelli, ma questo non si vuole  stornare; perché gli F35 sono gli interessi dei soliti 1% e questo i politici non lo capiscono che si deve fare l'interesse del 99%, ecco il problema dov'è: i politici non hanno progettualità e non vogliono aderire ad una nuova visione del mondo perché non riescono ad immaginarlo e non  hanno di conseguenza la capacità di scelta a motivo dell'inconsapevolezza.  

Le politiche dell'offerta, gli incentivi non servono a nulla , perché se  vendo a saldo dell'import export assumo senza bisogno degli incentivi,  altrimenti i soldi vengono presi e tesaurizzati;  nel proporre certi tipi di incentivi,  si creano scompensi, a secondo di come viene spalmato o ripartito l'incentivo;
per esempio se sull'occupazione  dare soldi all'imprenditore per assumere donne , significa licenziare  uomini, oppure darli per i giovani è la stessa cosa, perciò se non premetti che si abbia la ripresa dei consumi non puoi fare occupazione, nemmeno con gli incentivi.

Solo con  l'aumento della domanda interna si crea occupazione, per creare domanda è necessario proteggersi dall'import export, con le barriere doganali e  barriere valutarie; 

Nell'interesse dell'1% si deve lasciare la globalizzazione  e allora  la deregulation doganale deregulation ... i principi del WTO ecc 

 Ci vuole invece per il nostro bene (del 99%)  la nazionalizzazione delle banche più importanti la moneta nazionale la regolamentazione delle valute, delle dogane ecc .. per impedire che loro (1%) siano sempre più liberi di schiacciarci con l'import export fatto apposta con la deregulation per favorire i grossi business delle trust multinazionali  di altre parte a costi così bassi che  dilaniano la nostra non protetta situazione produttiva industriale e di conseguenza il  benessere comune.....

 Perché ci troviamo in questa condizione? 

E' stato fatto un errore a monte, i politici dotti e ignoranti pensarono di sposare la teoria liberista perché è stata creduta teoria scientifica, e non si sono resi conto li per li che essa  serve e  fa solo l'interesse di quell'1% delle élite finanziarie mercantili multinazionali che tanto  danno ha fatto al 99%.

La soluzione allora qual'é?

 I Vincoli borsistici, valutari, e dell'esportazione dei capitali, il controllo democratico dell'esportazione dei capitali, è lo stato che deve valutare gli interessi nazionali non il privato o 1% , fare l'interesse del 99% che democraticamente lo mantiene in piedi e lo finanzia. 

Il libero scambio serve al più forte, mai  al più debole.

Abbiamo bisogno che lo stato torni a essere sovrano e a fare il suo lavoro di stato , con il controllo della moneta, la dogana, e la valuta...

La carenza di denaro, non esiste, ma sono stati indotti dalla continua propaganda a crederlo, perché le persone credono alle favole raccontate sia  sulla inflazione che a tutte la balle che i liberisti ti inculcano per non arrivare a capire qual'è il punto vero della diatriba.

Se si finanzia allo scoperto una domanda effettiva aggiuntiva e autonoma dal sistema distributivo, esempio sussidi di cittadinanza , cosa accade , che lo scoperto al momento che si finanzia  ma diventa e acquista la copertura man mano che si producono i beni e i servizi che ha reso profittevole produrre e che mai sarebbe stato profittevole altrimenti.

Se ci fosse un problema inflattivo , ad esempio nella differenza valutaria tra  l'euro e il dollaro; se l'inflazione in America fosse al 2% e in Europa del 5% per mantenere la parità con il dollaro bisogna svalutare l'euro del la differenza tra le due inflazioni , nel nostro caso del 3%  ecco svalutandolo di tale differenza si ottiene la parità di cambio, perciò  bisogna essere in linea con i fondamentali.

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cosa si dice altrove nel blog sulle banche ?




NEWS dalla SYRIA , Islamic Invitation Turkey sostiene numerosi video siano stati caricati con un giorno di anticipo rispetto alla notizia dell’utilizzo di armi chimiche.

News of chemical weapons attack in Syria published one day before massacre happened - Islamic Invitation Turkey

voiceofrussia.com/news/2013_08_22

2012 июль коллаж газ сирия газ сирия химическое оружие сирия



Il sito web di cultura e politica islamica Islamic Invitation Turkey sostiene che numerosi video siano stati caricati con un giorno di anticipo rispetto alla notizia dell’utilizzo di armi chimiche vicino a Damasco. Questa mostrerebbe che i terroristi hanno massacrato le persone per poi registrare i fatti ed imbrogliare il mondo. Ma ecco l’errore: i terroristi hanno caricato i video dei propri crimini commessi ad East Ghouta, Damasco, il 20 di agosto del 2013 per poi accusare dell’attacco il governo siriano nelle prime ore del 21 agosto. Questo stando al sito web IIT.


Quanto detto sopra dimostrerebbe dunque che il massacro è stato compiuto in Siria da terroristi ed subito è scattato a tavolino l’obbiettivo volto a convincere la pubblica opinione che ci fosse stato dietro il regime governativo siriano. 
Сирия
In effetti, anche immaginando che tale attacco chimico si sia verificato alle 3 e 30 del mattino, sarebbe stato impossibile riprendere i filmati, postarne decine e tutto in pochi istanti... il fatto dimostra che i terroristi avevano preparato le scene e le avevano organizzate prima di accusare il regime siriano di Assad del massacro realizzato invece dai ribelli terroristi.
syria



Non hanno avuto la minima pietà nemmeno per i bambini e li hanno usati per ingannate il pubblico. Hanno raggruppato tutti i civili, le donne ed i bambini in specifici punti e li hanno brutalmente uccisi per poi accusare il regime siriano in modo da renderlo ufficialmente colpevole delle brutalità.




Sarin in Siria. 
facebook.com.Horus/


L'ipotesi gas nervini non regge. 
E' accaduto altro. 
Médecins Sans Frontières, come altre volte, si presta al battage della guerra diffondendo comunicati privi di credibilità Certo, sono lontani i tempi in cui Médecins Sans Frontières (MSF) doveva giustificarsi agli occhi dell'allora forte movimento pacifista per le tendenze belliciste di uno dei suoi fondatori, Bernard Kouchner, nominato per queste ministro degli Esteri da Sarkozy. 
E così pure sono state archiviate tutta una serie di incontrollate "voci" sul perché MSF avesse scelto - a differenza di altre - di operare quasi "in clandestinità" in Siria. Acqua passata, che non lede il prestigio di Médecins Sans Frontières, ritenuta - giustamente - una delle poche che possa fregiarsi del titolo di autentica organizzazione umanitaria. 
 Ecco perché davanti al comunicato di MSF che, ininterrottamente strombazzato dai media Mainstream (per non parlare della bolgia su Internet) sta supportando l'ipotesi un attacco missilistico alla Siria. 
Ma prima di soffermarci sul comunicato, ritorniamo sulla questione del Sarin che, a differenza di altri gas militari, uccide agendo sulla pelle: una microgocciolina e via. 
Questo, tra l'altro, impedisce il soccorso a personale che non sia incapsulato in tute NBCR di terzo livello. Guardate, invece, questo video: dovrebbe raffigurare l'affranto padre che abbraccia il suo bambino morto per Sarin. E poi guardatevi tutti gli altri video circolanti in Rete. 
Fosse stato gas Sarin, che speranza di sopravvivenza dovrebbero avere i "soccorritori"? Prevengo l'obiezione: "E vabbè, questione di lana caprina. Invece del Sarin, sarà stato qualche altro gas." No. La sintomatologia denunciata nei comunicati dell'"Opposizione anti-Assad" e delle "organizzazioni umanitarie" sono ascrivibili esclusivamente a gas neurotossici (nervini), di cui il Sarin (insieme al Tabun, Soman, VX..) è il più conosciuto. E torniamo al comunicato di Médecins Sans Frontières. 
Preceduto, almeno in Italia, da uno, sostanzialmente analogo, emanato dalla leader di una organizzazione certamente meno prestigiosa di MSF, che descriveva dettagliatamente la sintomatologia dei gas nervini riferitagli telefonicamente da suoi medici (ovviamente, anonimi e operanti in non meglio precisati "ospedali" in Siria).. 
Anche il comunicato di Médecins Sans Frontières si sofferma su questa sintomatologia, aggiungendo alcuni punti francamente incredibili. Innanzitutto: "Tre ospedali nel governatorato di Damasco supportati da Medici Senza Frontiere (MSF) hanno riferito di aver ricevuto circa 3.600 pazienti con sintomi neurotossici in meno di tre ore." 
Quali ospedali? Dopo un vorticoso giro di telefonate ad amici siriani, ho telefonato (e poi ritelefonato il giorno dopo) all'addetta stampa di MSF Italia per saperlo. 
Ma la sua risposta è stata sempre la stessa: "Médecins Sans Frontières non può divulgare i nomi degli ospedali per motivi di sicurezza." Tre ospedali che si trovano a Damasco?! 
Potrei capirlo per qualche ambulatorio di MSF sperduto in un territorio ancora presidiato dai "ribelli". Ma a Damasco? Oggi piena di Ispettori dell'ONU (giunti proprio per indagare su analoghe accuse di "gas tossici" di qualche mese fa) e di giornalisti al seguito. 
Quali sarebbero i "motivi di sicurezza" che legittimano l'omissione del nome dei tre ospedali che avrebbero accolto "3.600 pazienti con sintomi neurotossici in meno di tre ore"? 
E poi "Oltre alle 1.600 fiale di atropina fornite negli scorsi mesi, MSF ha inviato ulteriori 7.000 dosi alle strutture della zona." 1.600 fiale per 3.600 pazienti lasciano fuori 2000 contaminati da Sarin. 
Sottraiamo i 355 deceduti e fanno 1645. Ancora vivi? Crediamo di si, per un miracolo reso possibile dall'invio di "ulteriori 7.000 dosi"? A Damasco? Senza voli aerei? 



Complimenti, Médecins Sans Frontières! 
traduzione delle news  del video sotto

Opposizione siriana ha accusato le forze governative di gasare centinaia di persone il Mercoledì sparando razzi che rilasciate esalazioni mortali oltre ribelli periferia Damasco, uccidendo uomini, donne e bambini mentre dormivano. Con il bilancio delle vittime stimato tra i 500 ei 1.300, quale sarebbe stata la più letale attacco di armi chimiche del mondo, dal 1980 ha indotto una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York ... ". * Era il presidente Bashar Assad coinvolti? I Giovani Turchi ospite Cenk Uygur si rompe .. una riunione d'emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto una rapida inchiesta su un presunto attacco di armi chimiche al di fuori della capitale siriana, Damasco. Il principale gruppo di opposizione siriano dice più di 1.000 persone sono state uccise in alla periferia di Damasco e che il governo di Bashar al-Assad è responsabile. Il governo siriano nega l'uso di armi chimiche e dice che le affermazioni sono un disperato tentativo di coprire sconfitte. di Al Jazeera John Terrett, riportando da New York, ha detto che il Consiglio ha pubblicato "un molto vago, dichiarazione blanda e tiepida ", dopo l'incontro di due ore. "Il Consiglio di Sicurezza è zoppicando sulla questione della Siria, non possono essere d'accordo su nulla", ha detto. nostro corrispondente ha l'ultima da parte dell'ONU, a New York . WEB, SIRIA, Politica, Guerre, CHIMICI, Siria, Philip DeFranco, Defranco, Elliott Morgan, Joe Bereta, Lee Newton, Steve Saragozza, Trisha Hershberger, Meg Turney, James Haffner, sxephil, Notizie, SF, 082113SF, Chemi l, Armi, Bashar al-Assad, guerra chimica (Letteratura Oggetto), armi chimiche, youtube, nazioni unite, Siria, Bashar Assad, la Siria, la guerra civile in Siria, opposizione siriano, Assad armi chimiche, armi chimiche Damasco, Siria Chemical Warfare, Siria chimica Armi, Siria armi chimiche attacco, Siria Veleno Attacco, Siria gas attacco, Assad Siria, Assad gas, ribelli siriani, i Giovani Turchi, Cenk Uygur, tyt, Giovani Turchi, notizie, politica, guerra syria 2013, syria agosto 2013, syria luglio 2013, la guerra in Siria 2013 questa settimana, siria guerra agosto 2013, syria guerra 2013 oggi, la Siria, la guerra civile in Siria, la guerra in Siria, la Siria si ribella, Siria gratuito, Siria, notizie Siria, la guerra la Siria, Hezbollah, Siria guerra civile, siria battaglia, attaccare la Siria gas, donne cecchino siriano, armi chimiche usate in Siria, Siria combattere questa settimana, la Siria pistola lotta, la Siria oggi Homs, Siria jihad 2013, libero esercito siriano Assad uccidendo l'esercito, l'Egitto (Paese), la Siria (paese) , Disastro (Tassonomia Oggetto), Chi Guerra Mondiale, la Siria, attacco chimico, False Flag, Israele, Iran, Russia, Stati Uniti, Turchia, Obama, WW3, gas sarin

sabato 24 agosto 2013

Sardinya: Sovranisti, pressing su Pd e alleati

Sovranisti, pressing su Pd e alleati
www.unionesarda.it

Maninchedda e Sedda: niente primarie ma patto sul progetto

Il progetto sovranista non si è fermato, e non è cambiata neppure la naturale propensione verso un posizionamento nel centrosinistra. 

A imporlo è il bipolarismo: non c'è altra strada se non quella di cercare un'alleanza di governo fondata però su valori indipendentisti. 

ALLEANZE
 Lo spazio sembra esserci, ma il Partito dei Sardi avverte: alle primarie, se le regole restano quelle attuali, «non partecipiamo»: «Sono primarie del Pd, quando saranno di coalizione, al netto della questione morale, valuteremo», osservano Paolo Maninchedda e Franciscu Sedda, artefici di un'alleanza sovranista che, dopo la grande assemblea di Abbasanta a metà luglio, ha messo su una rete tra il reale e il virtuale, incassando apprezzamenti nella costellazione indipendentista, come nel caso di Rosso Mori: «Abbiamo 4.200 contatti e-mail con cui sviluppiamo un dialogo costante», fanno sapere. «Nei quadri dirigenti ci sono persone che parlano il sardo, l'italiano e anche due lingue straniere. 

Segno che il Partito dei Sardi mira all'indipendentismo ma è proiettato verso l'Europa, col pacifismo e la chiarezza delle idee. Ha come obiettivo, infatti, uno Stato Sardo d'Europa. Vorremmo che la svolta sovranista, come abbiamo scritto in una lettera al Pd, fosse comune a tutta la coalizione, diventasse il valore fondante dell'alleanza. 

Deve essere il campo d'azione di un avvicinamento con i partiti tradizionali che hanno voglia di innovare». Gli incontri proseguono frenetici: nei prossimi dieci giorni si terranno vertici a Santa Teresa, Oristano, Porto Torres, Galtellì, Tortolì e Carbonia. «Discuteremo con amministratori, imprenditori e privati cittadini in fuga dai partiti. E con indipendentisti che intendono fare un passo avanti, per uscire dal limbo del sogno e passare alla costituzione reale di uno Stato Sardo». 

PRIMO COORDINAMENTO
 L'obiettivo è costruire entro la prima decade di settembre una rete di 80 persone per dare vita al direttivo del Partito dei Sardi. 
«Stringeremo i tempi per definire il simbolo e per mettere in Rete il sito, costruendo la struttura organizzativa: 80 persone, 10 per ogni collegio elettorale, che si raduneranno nell'Oristanese per il primo coordinamento nazionale», prosegue Maninchedda, che già nel 1995 parlava di un Partito dei Sardi. 
«In ogni caso stiamo lavorando perché in Sardegna non ti si chieda prima da che parte stai e poi chi sei. Come in Italia. Noi chi siamo lo abbiamo già detto». 

LO STATO SARDO 

Sedda conclude: «Entro ottobre attueremo azioni simboliche forti. Tra i sardi c'è desiderio di autodeterminazione, con l'impegno di una politica che sappia pensare in grande come accade in Scozia e in Catalogna. La costruzione di uno Stato Sardo d'Europa deve diventare per ogni militante l'obiettivo della vita. Per questo ci sarà un momento rituale, ma senza folklorismo».


Lo. Pi.

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