martedì 16 novembre 2010

MOLTITUDINE INDIPENDENTISTA.

IL FASCINO DELL’ORIZZONTALITA’ CONQUISTA IL MONDO INDIPENDENTISTA.
P.A.
DIPINTO DI: CICI PEIS

Cosa accadrà il 27 novembre, a Cagliari?
Una Marcia? Una Festa per l’Indipendentismo?
Organizzata DA CHI?
E’ davvero bastata l’idea di un emigrato?
Cosa c’è dietro?

Stupito dalla frammentazione dell’universo indipendentista, Filippo Gregu, villacidrese emigrato da tempo (mai fatto politica in vita mia!), lancia un anno fa l’idea di organizzare una marcia. Per ritrovarci tutti insieme, noi sardi, senza più divisioni e senza polemiche, a far festa per quest’ideale che sembra essere vivo e impetuoso nel cuore di tanti, ma anche... latente e in attesa nel cuore di altrettanti sardi.
Perché in attesa? In attesa di che, dopo tutto?
Cercando la risposta a questa domanda mi viene in mente una bella canzone che ha contribuito al formarsi di alcune categorie mentali nelle persone della mia generazione:

Avanzan ya banderas de unidad,

y tu vendras marchando junto a mi...

Ah... brivido...
Dicevamo?
Si, giusto: ci chiedevamo in attesa di che, l’indipendentismo rimane latente nel cuore di tanti.
Di che...
Come?! Ma della benedetta certezza di saperci uniti, che altro?
Schematizziamo, per chiarezza: perché a volte è necessario fare “il disegnino”.
Noi tutti indipendentisti al di qua di una linea immaginaria, insieme fianco a fianco.
E al di là di quella linea: ciò che combattiamo.
Bene, perfetto: il nemico è altrove.
Basta col guardarci tra noi con la coda dell’occhio.
Il nemico è altrove.
Di solito, tra gente con i neuroni in perfetta forma, il nemico sta davanti ed ha la casacca di colore diverso.
Avete presente la scacchiera? O un campo di calcio? Beh, gli esempi si moltiplicano se ci pensiamo.
Dunque, perché mai la squadra degli indipendentisti – che hanno (o dovrebbero avere) la casacca dello stesso colore - al momento del calcio di inizio, si comportano in maniera strana?
Occhio alla cronaca: Uno se ne va a controllare se la bandierina è ben piantata nell’angolo, perché come pianta bandiere lui non le pianta nessuno, e dunque non si fida degli altri.
DUE organizza un sit-in nella propria area di rigore.
TRE non partecipa a quel sit-in perché chi lo ha organizzato non gli ha mandato un invito ufficiale, e ne organizza uno alternativo poco più in là.
QUARTO cerca alacremente di convincere UNO e TRE a fare gioco di squadra, ma non si accosta nemmeno a DUE, perché ritiene che sia meno indipendentista di lui.
Nel frattempo IL NEMICO – per intenderci: quello che ha “il tuo stesso identico umore, ma la casacca di un altro colore”, imbracciata l’artiglieria sta infilando in porta il goal numero tremilaquattrocento e uno...

Avanzan ya banderas de unidad...


Per concludere, chi ha l’indipendentismo latente nel cuore, vuole vedere unità, per dare forza insurgente al suo ideale. Per decidere di investirci risorse di speranza.

Eccoci dunque tutti idealmente sistemati al di qua della linea immaginaria e – lo ripetiamo perché ci piace – tutto ciò che combattiamo dall’altra parte.
Che ci vuole? Direbbe qualcuno...
Nessuno sa dire perché, ma tra i pareri degli addetti ai lavori emerge chiaro che non è cosa e che non è tempo.
Discorsi che i NON addetti ai lavori non capiscono.
E che invece aspettano di capire. Per schierarsi.
Per uscire dal qualunquismo amorfo ed assumersi la libertà della propria nazione ed il diritto all’autodeterminazione della propria gente, come missione.

E allora, via, facciamola questa Prima Grande Marcia, questa Festa, in attesa che si dissipino i dubbi.
Intanto facciamola per dire ai Movimenti Indipendentisti organizzati, che riconosciamo prezioso il loro lavoro. Il 27 novembre a Cagliari, la gente sarda marcerà per dare un segnale forte d’ appoggio a chi dell’Indipendentismo ha fatto una scelta militante.
Per dire forte: CI CREDIAMO.
Per affermare che l’INDIPENDENZA non è solo un sogno di pochi, la battaglia di pochi, ma il desiderio di molti che può diventare l’impegno di tutti.

Indossiamola questa casacca. Tanto ci sarà sempre chi il numero lo vuole rosso e chi lo vuole verde, chi pretende i fiorellini ricamati sul bordo, e chi ci vuole disegnate le stelle.
Ma se il colore di fondo è lo stesso, ci capiamo.
Perché: ci capiamo, giusto? Sopratutto sappiamo bene tutti di che colore è la casacca avversaria e non c’è maniera di confondersi.
Dunque, perché cavillare???

Ma no, dai: nessuno cavilla.
Ne è riprova il fatto che non solo tanta gente comune e militanti, ma anche Dirigenti e Coordinatori Distrettuali di uno dei Movimenti Indipendentisti, e personalità di spicco degli altri, fanno parte del manipolo degli organizzatori, che orizzontalmente si sono aggregati intorno all’idea e che lavorano, lavorano sodo per preparare la giornata del 27 prossimo.
Uno disegna il logo delle magliette, uno disegna le locandine, un altro compone il testo dei comunicati, un altro ha preparato da tempo un video che gira da mesi in rete. Tanti, tanti si occupano degli altri mille problemi organizzativi.
Si arriva dove si può (non si rifiutano aiuti dell’ultim’ora!!), ma il bello è che tutta la costellazione indipendentista è rappresentata.
Lavoriamo insieme, in perfetta orizzontalità.
E mille altri ci incoraggiano. Tanti emigrati, che hanno fatto già il biglietto per venire a sfilare con noi, il 27.

Sarà il fascino dell’orizzontalità, ma uno dei Movimenti Indipendentisti, il PAR.I.S. ha aderito “senza se e senza ma” dalla prim’ora, e altri due AmpI e iRS, si sono comunque dichiarati favorevoli all’idea, lasciando libera di partecipare la militanza ed auspicando il moltiplicarsi di iniziative del genere.
SNI lascia alla propria coscienza la responsabilità della decisione dei militanti di manifestare adesione o meno all'iniziativa della marcia del 27 a Cagliari.
I documenti ed i pareri circolano in rete, c’è poco da aggiungere.

Che dire ancora delle adesioni a titolo personale che sono arrivate e che arrivano?
Segnalo solo qualcuna, tra le personalità eminenti del mondo culturale: @Mario Puddu, @Salvatore Cubeddu, @Alessandro Mongili, @Paola Alcioni.
Di altri aspettiamo conferma, con trepidazione, perché la loro presenza è un segnale importantissimo.
Altre del mondo dei sindacati: @Giacomo Meloni, @Valter Erriu.
E ancora, esponenti politici di spicco dell’Indipendentismo, come @Gavino Sale, @Doddore Meloni.

Ma questo elenco ci costringerà ad un aggiornamento quotidiano, da qui al 27 prossimo.

Che sia la volta buona?
Concludo velocemente: a si biri sanus, su bintiseti in Casteddu.

Antzis... a si biri SARDUS e INDIPENDENTIS!

Un patto atomico tra Londra e Parigi

Francia-Gb, siglati accordi in materia di difesa e sicurezza nucleare

Francia e Gran Bretagna hanno lanciato un programma comune di difesa.
Che prevede ricerche e operazioni congiunte. Ma soprattutto un’inedita
collaborazione sul nucleare



CAPACITA' DI DIFESA

Budget, miliardi di dollari GB 58,30 F 63,9
Militari, migliaia GB 178 F 250
Portaerei GB 2 F 1
Cacciatorpediniere GB 6 F 11
Fregate GB 17 F 20
Sottomarini GB 7 F 6
Aerei da caccia GB 300 F 360
Elicotteri d’attacco GB 233 F 246
Carri armati GB 357 F 637
Sottomarini nucleari GB 4 F 4

The Economist, Gran Bretagna

Un patto atomico tra Londra e Parigi, Francia e Gran Bretagna hanno lanciato un programma comune di difesa. Che prevede ricerche e operazioni congiunte. Ma soprattutto un’inedita collaborazione sul nucleare.

Non sempre vanno d’accordo. Ma quando si tratta di difesa, spesso gli interessi di Francia e Gran Bretagna convergono. I due paesi sono rispettivamente il terzo e il quarto al mondo per la spesa militare. Entrambi si considerano potenze globali, pronte a inviare missioni all’estero. I recenti tagli alle spese, però, rischiano di frustrare le loro ambizioni. Per questo il premier britannico David Cameron e il presidente francese Nicolas Sarkozy hanno capito che solo collaborando strettamente i loro paesi possono sperare di continuare a sedere al tavolo delle grandi potenze.

E il 2 novembre, a Londra, hanno siglato un piano quinquennale di difesa. Gran parte del trattato riguarda le questioni degli equipaggiamenti. I due paesi condivideranno la gestione dei nuovi aerei da trasporto A400M che stanno comprando, e svilupperanno insieme nuove tecnologie per i sottomarini nucleari, le comunicazioni satellitari e la difesa dalle mine marittime. Le industrie militari francesi e britanniche, inoltre, saranno spinte a cooperare per dar vita a una nuova generazione di droni e missili, con l’obiettivo di fare dei due paesi un unico fornitore di “armi complesse”.

Soprattutto, però, è stato firmato un trattato sulla cooperazione nucleare. È un risultato importante, considerati i differenti approcci di Francia e Gran Bretagna all’uso del nucleare come deterrente: Londra dipende fortemente dalle forniture statunitensi, mentre la dotazione nucleare francese è un simbolo supremo di sovranità nazionale. Con la benedizione degli Stati Uniti, il centro di ricerca britannico di Aldermaston si concentrerà sullo sviluppo tecnologico, mentre a Valduc, in Francia, saranno eseguiti test simulati sulle armi nucleari.

Come era prevedibile, l’accordo ha fatto gridare allo scandalo la stampa popolare britannica, molto nazionalista. Qualche politico in pensione ha ricordato le vecchie ruggini con i peridi francesi. oltremanica la reazione è stata più pacata. In realtà, molte delle obiezioni sollevate sembrano anacronistiche o frutto di disinformazione. Già prima che la Francia rientrasse nella struttura militare integrata della Nato, nel 2009, le forze britanniche e francesi avevano spesso operato sotto il comando dell’uno o dell’altro paese.

E con l’eccezione dell’Iraq, nelle ultime crisi internazionali Londra e Parigi sono sempre state sulle stesse posizioni. John Nott, segretario alla difesa britannico durante la guerra delle Falklands, ha rivelato di recente nella sua autobiograia che la Francia allora fu l’alleato più fedele della Gran Bretagna, fornendo informazioni che contribuirono a neutralizzare i missili antinave usati dall’Argentina e mettendo a disposizione i caccia Mirage e Super-Étendard per le esercitazioni dei piloti britannici.

Tuttavia delle difficoltà potrebbero sorgere sull’uso congiunto delle portaerei, se le priorità e le politiche nazionali dei due paesi non dovessero coincidere nei conflitti futuri. Per questo, contrariamente a quanto sembra probabile, Londra dovrebbe decidere di non vendere la sua seconda portaerei, ancora in costruzione, ma di gestirla in collaborazione con i francesi. In questo modo la nave potrebbe essere messa a disposizione dei due paesi nei periodi in cui la loro unica portaerei è in manutenzione. La sola accortezza è evitare di chiamarla Trafalgar.


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