In morte di un eroe. (Moataz Washaha, martire della Resistenza palestinese)
Ognuno sceglie come vivere. E come morire. Moataz Washaha, 25 anni, palestinese, ha scelto di vivere dedicando la propria esistenza al servizio della Resistenza.
Ha scelto di morire mantenendo fede a quell’impegno, donando la sua vita per la Giusta Causa. Ha scelto di morire eroicamente piuttosto che arrendersi al nemico sionista.
In un’altra epoca sarebbe stato un eroe mitologico di qualche poema greco, di quelli che conoscono la parola Onore.
In un’altra epoca sarebbe stato un eroe mitologico di qualche poema greco, di quelli che conoscono la parola Onore.
Invece è il racconto di un eroe palestinese che, quando stamattina i militari israeliani gli hanno circondato casa, ha deciso di tener fede ai suoi ideali e non arrendersi al nemico invasore.
Ha deciso di Resistere, armi in mano, al commando di militari che stamane (27 feb 2014) era venuto a prelevarlo ed arrestarlo come ha fatto contemporaneamente con gli altri suoi compagni.
Ha deciso di non arretrare. Ha deciso di morire. Perché sapeva bene che non sarebbe mai uscito vivo da quella casa. 10 ore d’assedio, senza ripensamenti, senza paura, senza remora, senza il minimo dubbio di voler ritornare indietro.
Avrebbe potuto arrendersi in qualsiasi momento di quei 36.000 secondi passati a combattere con la certezza di non uscirne vivo e invece non l’ha fatto. 36.000 secondi di eroismo.
Hanno dovuto utilizzare l’artiglieria pesante per ucciderlo, evidenziando il fatto che 100 soldati israeliani non valevano quanto Lui.
Nelle prime ore del mattino, la sua abitazione è stata circondata dalle Forze Speciali dell’esercito d’occupazione israeliano, le quali gli hanno chiesto di arrendersi e consegnarsi.
Dopo essere stato arrestato e torturato in passato, per aver condotto importanti operazioni anti-sioniste, era stato rilasciato appena 6 mesi fa. Oggi ha deciso di non arrendersi e morire da eroe, sperando che quel sangue non sia stato donato invano.