Pubricamus su discursu dae su Presidenti, Cappellacci, sa die dae sa Sardinya.
SA DEFENZA SOTZIALI
Semper dae sa parti dae is urtimus!
A foras is culunialistas dae sa Sardinya.
Sardinya et libertade!
CAGLIARI, 28 APRILE 2009 - "Con lo spirito, le convinzioni e gli intenti che penso abbiano ispirato i legislatori che proposero il 14 settembre del 1993 la legge che istituisce la festa del Popolo sardo, e non senza emozione, prendo la parola nel celebrare Sa Die de Sa Sardigna. Parlo a voi, rappresentanti eletti del Popolo sardo, nella nostra Assemblea legislativa, continuatrice della antica tradizione di autogoverno dei sardi. Contemporaneamente mi rivolgo a tutti i sardi e agli amici della Sardegna per manifestare il mio rispetto per questa Assemblea e per riconfermarne la centralità nel mio modo di concepire l'Autonomia e l'equilibrato rapporto fra potere legislativo ed esecutivo.
Tutta la nostra storia, e in particolare quella autonomistica, che si voglia far coincidere con le vicende delle assemblee dei maggiorenti nuragici piuttosto che con quelle giudicali o del Regno di Sardegna, ci mostra la lotta dei sardi per l'autogoverno attraverso strutture che rappresentino tutto il popolo contro le forze centralistiche esterne, dominatrici, negatrici dei nostri diritti all'autodecisione, che hanno cercato di depotenziare, limitare, distorcere ed anche eliminare le nostre istituzioni parlamentari.
Anche oggi, pur sconfitte, esistono tendenze tese a limitare i poteri legislativi e di controllo del nostro Consiglio regionale rispetto ad una visione centralistica dell'Esecutivo regionale, a detrimento delle Autonomie locali e del corpo sociale organizzato.
Noi tutti, all'inizio di questa legislatura, in un momento internazionale difficile per ognuno e più ancora per la nostra Isola, ci rendiamo conto che la crisi, oltre alle difficoltà, ci consente delle opportunità straordinarie di riforma e miglioramento delle nostre istituzioni autonomistiche centrali e periferiche.
Una di queste opportunità, oltre che essere una necessità e un obbligo, consiste nel buon governare secondo i programmi sottoscritti con gli elettori e contemporaneamente provvedere alla riforma delle Istituzioni autonomistiche, dotando la Sardegna di un Nuovo Statuto di Autonomia speciale nel rispetto dei ruoli e delle necessità dei sardi di autogoverno e federalismo in un mondo in rapidissima trasformazione.
Si tratta di applicare il principio di autodeterminazione e di autogoverno, secondo la nostra esperienza politica, le nostre tradizioni, la nostra storia ed aspirazioni, la nostra identità di popolo e nazione.
Diverse occasioni come questa che annualmente celebriamo come Festa nazionale dei sardi, costituiscono un momento solenne e collettivo di riflessione per meglio operare e disegnare il nostro futuro.
Ma Sa Die de Sa Sardigna costituisce un'occasione particolarmente importante per i contenuti dei fatti che vi vengono ricordati e che sintetizzano i principali valori e obiettivi autonomistici utili per analizzare il presente e costruire il nostro futuro e che brevemente rievocherò.
Concepita come Festa Nazionale dei sardi, essa rievoca l'insurrezione del popolo cagliaritano del 28 Aprile 1794 che espulse dall'Isola il Vicerè Balbiano, i funzionari e militari piemontesi e le loro truppe mercenarie.
La sollevazione caratterizzò il triennio rivoluzionario sardo iniziato il 21 Dicembre 1792 quando una grande flotta francese comparve davanti a Cagliari.
Il Vicerè Balbiano, intimorito dalla superiorità numerica del francesi, non dirisse la resistenza ed era disponibile alla resa.
Accadde che, dopo tanti anni di sottomissione, i sardi di ogni ceto sociale, nobili, militari, ecclesiastici o popolani, presero nelle loro mani la responsabilità della resistenza a un'invasione e del mantenimento della libertà.
Le milizie sarde di fanteria e cavalleria, composte da migliaia di cittadini occasionalmente armati e non da militari di professione resistettero ai francesi, contrattaccarono e li sconfissero.
La coscienza di essere stati gli unici autori della vittoria contro i francesi, fece sì che rifiorisse lo spirito d'autodeterminazione dei sardi e la loro volontà di esercitare antichi diritti d'autogoverno, negati dai piemontesi ma sempre presenti durante i secoli nelle aspirazioni popolari malgrado covassero sotto la cenere della sconfitta dei Giudici d'Arborea.
Nel clima euforico della vittoria, una delegazione di sei rappresentanti degli Stamenti sardi e confidando nel successo come riconoscimento del loro valore e per aver salvato la monarchia, chiese invano a Vittorio Amedeo III:
- di riunire nuovamente i Parlamenti
- di riconfermare gli antichi privilegi
- di riservare ai Sardi tutti gli impieghi civili e militari
- di creare a Torino un ministero speciale per gli affari dell’Isola.
- d'istituire a Cagliari un Consiglio di Stato.
A Torino la delegazione degli Stamenti non fu presa in nessuna considerazione e il rifiuto del sovrano provocò, il 28 Aprile 1794, un moto di ribellione a Cagliari con la conseguente cacciata dall’Isola di tutti i funzionari piemontesi, savoiardi e nizzardi.
Il governo venne assunto dai membri sardi della Reale Udienza ed inizio un ciclo di drammatici ma anche esaltanti episodi della vita politica sarda.
La repressione piemontese ben oltre l'esilio di Giommaria Angioy fu terribile e crudelissima. Un'intera generazione fu arrestata, torturata e giustiziata.
Con la "fusione perfetta" con gli stati di terraferma del 1848, si concluse la perdita delle antiche autonomie politiche ed economiche della Sardegna.
Da allora lo spirito autonomistico si è espresso con coerenza e continuità nel tempo attraverso l'opera dei suoi uomini migliori ed il protagonismo dei sardi.
Determinante dopo il dibattito autonomista ottocentesco e dei primi anni del secolo scorso nei quali si elaborò un'idea iniziale di Autonomia politica della Sardegna, è stata il contributo d'idee e la matura richiesta di un'autonomia politica ed economica originato dalla esperienza della Brigata Sassari nella prima guerra mondiale e dal movimento sardista del quale il PsdAz ne è stato l'alfiere.
I padri dell'Autonomia capirono molto prima di altri che la libertà dei sardi dovesse passare attraverso l'autogoverno di nostre istituzioni legislative,.
Attraverso un Parlamento dei sardi col massimo d'Autonomia compatibile con un sistema federalista che comprendesse l'Italia, l'Europa ed il Mediterraneo.
Parole d'ordine che potevano apparire all'inizio del secolo scorso e durante il suo tragico trascorrere con guerre europee e mondiali, quali autonomia, indipendenza, federalismo, Stati uniti d'Europa, Confederazione euro mediterranea, sono oggi prossime alla loro realizzazione.
La nascita dell'Unione Europea, lo svilupparsi al suo interno di un processo federalista vede la trasformazione degli Stati Nazionali in entità statali dotate di un loro federalismo interno e l'emergere della nazioni senza stato..
E' presente e attivo con un'immagine vincente il protagonismo di nazioni senza Stato come la Catalogna, l'Euskadi, la Scozia, o la Repubblica d'Irlanda alle quali i sardi, anche per le loro politiche identitarie e di fiscalità di vantaggio, guardano con attenzione nel progettare la loro evoluzione autonomistica all'interno del processo federalista italiano, ormai inarrestabile.
La condizione particolare della Sardegna, l'isola con la più grande estensione costiera e la più isolata del Mediterraneo, pone a tutti noi la questione della valorizzazione della nostra insularità, del compiuto riconoscimento e della sua costituzionalizzazione come fattore caratteristico della nostra Autonomia e del nostro protagonismo mediterraneo.
Già dal prossimo anno il Mediterraneo sarà trasformato in un'area di libero scambio nella quale la Sardegna dovrà trovare la sua collocazione come cerniera fra l'Europa continentale e i paesi della riva sud di questo mare.
Diviene quindi insopprimibile la necessità di un adeguamento della nostra Autonomia con la riscrittura dello Statuto speciale, riconfermando ed attualizzandone la specialità, che tenga conto di tutti questi fattori e delle sfide che la modernità pone ai sardi.
Non dobbiamo permettere all'interno della riforma federale dello Stato, che la nostra nuova Autonomia sia frutto di elaborazioni esterne e di una concessione o imposizione da parte di poteri centrali siano essi statali o comunitari.
Se il federalismo deve essere foedus, ovvero libero patto fra pari, occorre elaborare la proposta sarda, basata sulle nostra storia e sulle nostre esigenze nel solco della nostra tradizione autonomistica.
A queste sfide credo d'aver risposto con un'attenzione particolare nel mio programma che ha un valore strategico anche se orientato a risolvere nel contempo problemi urgenti e contingenti dell'oggi e del domani prossimo che interessano la vita di ogni giorno della nazione sarda, dei singoli cittadini e delle loro famiglie.
Il mio programma prevede un nuovo percorso basato su tre momenti, ordinati in senso logico e temporale, che segnino una netta discontinuità con la trascorsa esperienza di governo:
- il momento identitario
- il nuovo piano di sviluppo
- la riscrittura delle regole con la riforma dello Statuto speciale e la riorganizzazione della Regione.
Questi momenti sono stati previsti come contemporanei ma il momento identitario, come riflessione sul comune sentire del Popolo sardo e come riflessione su se stessi, costituisce la fonte dalla quale far derivare l'economico e l'istituzionale. Il tema dell'identità è vasto e complesso, ancora di più se riferito ad una comunità etnica e nazionale caratteristica come quella sarda.
Per emergere ha dovuto affrontare l'azione, perdente in definitiva, di una componente culturale presente nella nostra società, contraria all'Autonomia sino a teorizzare l'adeguamento del nostro Statuto agli Statuti ordinari e la fine della specialità.
Ha prevalso invece il "movimento dell' ''Identità" , trasversale e suscitato dalla critica all'Autonomia realizzata e che individuava nell'assenza dell'analisi identitaria e della conseguente non costituzionalizzazione di elementi quali la lingua sarda e l'eredità storica e culturale peculiare del popolo sardo, il fattore di depotenzionamento dello Statuto e il prevalere di un impianto economicista che favoriva la dipendenza ed il sottosvilupo della Sardegna.
A distanza di tanti anni e con una realtà politica ed economica a livello europeo, mediterraneo e mondiale modificata in senso globalizzante e caratterizzata dall'emergere e valorizzazione delle identità locali, questi temi sono diventati in gran parte comuni e diffusi in maniera trasversale nella società sarda.
Oggi la lingua sarda è riconosciuta e valorizzata da una legge dello Stato in applicazione della Costituzione e i sardi sono , anche se in maniera ulteriormente perfettibile, parte delle minoranze linguistiche italiane.
Il Sardo, seconda lingua della Repubblica come numero di parlanti, dopo quella italiana, assieme al Tabarchino, Gallurese, Sassarese e Catalano d'Alghero, è anche tutelata da una legge regionale, anch'essa ulteriormente migliorabile.
Questo fatto politico innovativo rispetto alla depotenziata realizzazione statutaria vigente originata dal progetto dei Padri dell'Autonomia, che comunque non prevedevano la componente identitaria, ha conseguentemente reso comune e diffusa la identificazione del Popolo sardo con la Nazione Sarda.
In questo senso abbiamo programmaticamente privilegiato i temi della lingua, cultura ed eredità culturale dei sardi come "fattori di distintività" in quanto conferiscono un'importanza decisiva alle tematiche per il radicamento del senso d'appartenenza.
Esso si sviluppa nell'obiettivo generale della tutela, valorizzazione e sviluppo, accessibilità e messa in rete del patrimonio linguistico, artistico e storico e delle attività culturali e letterarie dei sardi e base per ogni progetto di progresso economico ed istituzionale.
Di conseguenza e come asse innovativo e portante del mio progetto di governo ho chiaramente affermato con forza e convinzione che la Sardegna è una "Nazione" con proprio territorio, propria storia, identità ed aspirazioni distinte da quelle che compongono la Nazione italiana, ed assomma in sé tutte le culture e le civiltà che si sono succedute nell'Isola dal prenuragico ad oggi.
Questa decisa e non ambigua affermazione programmatica di riferimento è stata determinante per realizzare una ampia, pluralista, nazionalitaria e vincente coalizione che ha ricevuto il consenso della maggioranza dei sardi e che ora governa la Sardegna.
Oggi festeggiamo Sa Die de Sa sardigna, la festa nazionale dei sardi, che simboleggia lo spirito d'unità del nostro popolo , il suo insopprimibile desiderio di libertà e d'autodeterminazione.
Questa festa è anche occasione per una riflessione sulla incompiuta risposta delle sue istituzioni alle richieste, alle aspirazioni, alle necessità dei sardi.
Questo giorno deve ricordarci i valori della solidarietà, del sentirsi componenti di una realtà e di un corpo sociale comune e di come su determinate questioni non bisogna dividersi per egoistiche e miopi scelte di parte.
Oggi non è solo il giorno della memoria dei nostri valori storici, politici e culturali, ma un giorno di lavoro da considerare come offerto sopratutto ai nostri giovani perché con la conoscenza storica rafforzino la loro identità di sardi e la speranza in un futuro migliore.
MY NATION BENTESOI
Oggi è un giorno di ottimismo volto al passato ma proiettato verso il futuro, composto di analisi ed elaborazioni, ma anche di festa, di gioia, d'incontro sorridente della gente nella nostra amata Sardegna.
Oggi, nel nostro Parlamento, in Sa Die de Sa Sardigna, rinnoviamo durante la nostra festa nazionale un patto con i sardi, dai contenuti trasmessici dai nostri padri e dalle nostre madri come dai loro antenati nei secoli, il cui contenuto fondamentale consiste nell'impegno a non rinunciare mai ai nostri diritti naturali, storici, culturali, economici ed istituzionali di Nazione e di lottare sempre per la nostra libertà e l'autogoverno".
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