domenica 11 dicembre 2016

LA QUESTIONE ZONA FRANCA, IN SARDINYA, INCOMBE MA RESTA AL PALO

LA QUESTIONE ZONA FRANCA, IN SARDINYA, INCOMBE MA RESTA AL PALO

SA DEFENZA




Questa interessante intervista alla D.ssa Randaccio, è una traccia di buona volontà che ci si aspetterebbe da ogni politico impegnato , una persona che mette in campo le proprie competenze conoscenze e capacità a disposizione della sua terra, per  la sua patria sarda, una legge dicevamo che resta inadempiente dagli anni quaranta dello scorso secolo, di fronte al problema della spopolazione della Sardinya,  i politici "sardi" si sono fatti telecomandare dai poteri forti per impedire la sua rinascita  ed il ritorno in patria del milioneottocentomila sardi, in "su disterru" (emigrati).

Si comprende quanto sia importante boicottare la zona franca, sarda e italiana in genere ,  guardando gli interessi che muove per le élite le banche e la finanza del nord Europa, quanto ci tengono che non venga messo in atto il diritto dei sardi ad avere la zona franca, perché come si sa a Rotterdam ci sono decine e decine di Km di banchine nel porto sia marino che nella foce dei fiumi Reno e Mosa, dove vige la regola che tutto ciò che non si riesce a sdoganare entro le due ore previste dal regolamento doganale, si fa entrare  senza alcun controllo, è chiaro quali interessi possano esservi dietro oltre a quelli legali , e affinché  tutto rimanga confinato in quel luogo, il sacro graal delle entrate merci per l'Europa. 

Gli investimenti bancari delle élite, della finanza e delle banche sono notevoli è ovvio che avendo immensi interessi si mobilitano i loro lacchè di turno (leggi politicanti del malaffare) affinché lo status quo e  i loro profitti miliardari non vengano ne toccati ne messi in  discussione  .

Giocoforza si comprende meglio il fatto,  non si riesce ad attuare quanto previsto dalla legge per la ZF per la Sardinya, da dire, nonostante la maggiore economicità e velocità dell'arrivo delle merci,  in Sardinya essendo al centro del mediterraneo , da distribuire alla rete trasporti europea,  come ben sappiamo le meganavi porta container passano dal canale di Suez e solo dopo 5 giorni arrivano a Rotterdam, perciò avere un portofranco in Sardinya e molto  più competitivo e veloce nella consegna delle merci che guadagnano almeno 5 giorni di tempo rispetto a quello del nord europa,  anche questo aspetto la dice lunga a quali asservimenti sono assoggettati i vari politicanti sardi e italioti, che invece di fare gli interessi nazionali si vendono per un piatto di lenticchie alle élite sovranazionali;  nel  mentre,  noi sardi che abbiamo il diritto legale da decenni per le franchigie fiscali sono disattese e non vengono applicate , mentre al contrario abbiamo tariffe dei trasporti assurde che ci penalizzano sotto tutti gli aspetti economici industriali e sociali,  e ancora più grave inducono i nostri conterranei a espatriare per sopravvivere. 

La difficoltà  del nostro esser isola  rispetto alla terraferma impone costi notevolmente maggiori mentre i politici  collusi con quei poteri e interessi colpevoli  di alto tradimento, nei confronti del popolo sardo e dello statuto autonomo della regione Sardegna, se la godono e mentre fanno il loro meri interessi personali, largamente impuniti, senza che vi sia alcun magistrato che si interessi a perseguire questi politicanti che trasformano in loro interessi privati frodando quelli pubblici .

A quando la rivoluzione legale che imponga, a questi miserabili politici, il rispetto della legge ?


Maria Rosaria Randaccio si racconta in "Audaci a cuore aperto"

Intervista alla d.ssa Maria Rosaria Randaccio, presidente del Movimento Sardegna Zona Franca. Si toccano temi importanti quali la zona franca in Sardegna, la questione dell'aeroporto di Alghero, i potentati economici, l'inesistente legalità nel Ministero delle Finanze, i dilemmi della politica isolana, passando attraverso episodi della vita privata della protagonista. 

Da Alghero Channel, Fausto Farinelli.






VIA RENZI MA RIMANGONO LE PRIVATIZZAZIONI

VIA RENZI MA RIMANGONO LE PRIVATIZZAZIONI

comidad



Alla caduta di Mussolini il filosofo e storico Benedetto Croce profetizzò che in un futuro non troppo lontano alcuni suoi colleghi storici si sarebbero dedicati, pur contro ogni evidenza fattuale, ad una “rivalutazione” (una “rettung” come dicono i Tedeschi) della figura del Duce. Si può altrettanto facilmente prevedere che un’analoga “rettung” verrà tentata a proposito di Matteo Renzi, eroe solitario di una “indipendenza nazionale possibile” contro le eurocrazie esterne ed i passatismi interni, un eroe caduto sul sentiero dell’onore, pugnalato alla schiena dal settimanale “The Economist”, come era già accaduto ad un altro eroe italico, il Buffone di Arcore, peraltro riciclatosi recentemente proprio in funzione anti-renziana. Non mancheranno commentatori pronti a commuoversi sulla misera sorte del povero Renzi, costretto dalla umana ingratitudine del popolo dei voucher (tanto da lui beneficato) a ritirarsi a vita privata, cioè ad accontentarsi di far carriera in qualche multinazionale (Apple? Philip Morris?) o in fondazioni annesse.
Intanto la stampa estera presenta il successo del no come una vittoria del “populismo”, un dato dimostrato inequivocabilmente dalla presenza nello stesso fronte del no di personaggi come D’Alema, Bersani e Monti. Persino la Borsa ha festeggiato la caduta di Renzi, probabilmente nella speranza che ciò significhi fine del “bail-in” e apertura al finanziamento pubblico delle banche. Ma è inevitabile che il dibattito politico sia destinato ad avvolgersi di fiabe e leggende, perciò ogni tanto occorre sforzarsi di riportare l’attenzione sui veri oggetti del contendere.

Nelle settimane precedenti il voto referendario, una notizia dalla Grecia ci avvertiva che il governo greco era stato costretto ad operare una drastica privatizzazione dei servizi locali di fornitura idrica e di gas, tutto ciò sotto il consueto ricatto della Troika che tiene in pugno il Paese con l’arma dei prestiti. Mentre costringeva il governo Tsipras a questa ulteriore sottomissione (cosa non difficile, poiché Tsipras era stato selezionato proprio per le sue doti di invertebrato), il Fondo Monetario Internazionale non faceva a meno di notare, con finta preoccupazione, che il rapporto debito-PIL della Grecia è giunto a livelli stratosferici. E non poteva essere altrimenti, visto che le misure recessive a cui lo stesso FMI costringe la Grecia hanno fatto crollare i redditi e quindi le entrate fiscali.
Anche l’Italia è sotto il ricatto del debito pubblico in euro ed è quindi costretta dal nostro compatriota Mario Draghi a fare le “riforme”, cioè le privatizzazioni. In questa vicenda della revisione costituzionale, Renzi è stato mandato allo sbaraglio con disinvolta cialtroneria dal Super-Buffone Mario Draghi, il quale aveva imposto la modifica del Titolo V della Costituzione per avocare allo Stato competenze dei Comuni e delle Regioni, ciò per consentire una più celere privatizzazione dei servizi pubblici locali, come acqua, gas, ma anche sanità.
Un fan di Renzi come Flavio Briatore aveva smaccatamente richiamato nelle sue goffe dichiarazioni di voto per il sì tale legame tra la revisione costituzionale e le privatizzazioni, dimostrando anche lui un eccesso di zelo e di entusiasmo che non ha portato bene al suo idolo.

La cialtroneria delle oligarchie trans-nazionali le ha consegnate ad una figuraccia, ma il momento della caduta del tiranno è anche quello della massima vulnerabilità dell’opinione pubblica. Per rimanere nei paragoni mussoliniani, al 25 luglio seguì l’8 settembre, cioè il cedimento del territorio ad occupanti stranieri. Anche il Buffone di Arcore nel 2011 fu impallinato dal risultato delle elezioni amministrative e del referendum sull’acqua pubblica, ma, qualche mese dopo, il colpo di mano di Napolitano fece apparire la caduta del Buffone come un successo dei “mercati”, dello “spread” e delle eurocrazie. La memoria è labile e la propaganda ufficiale può rimescolare le carte, anzi sostituire il mazzo, perciò chi oggi si aspetta Grillo e Salvini, tra qualche settimana potrebbe ritrovarsi davanti la Troika. La questione privatizzazioni rimane quindi più aperta che mai, viste anche le contraddizioni e le ambiguità di gran parte del fronte del no in questo campo. In effetti neanche la modifica costituzionale avrebbe consentito automaticamente tali privatizzazioni, perciò sarebbe stato comunque necessario un passaggio per la legislazione ordinaria, cosa che avrebbe rivelato le vere intenzioni del governo. Un tale passaggio legislativo rimane inoltre possibilissimo a tutt’oggi, pur a revisione costituzionale bocciata dalle urne, dato che non mancano altri escamotage giuridici per attuare ugualmente le privatizzazioni.

L’aspetto giuridico non è neppure prioritario, se si considera che la strada maestra delle privatizzazioni è l’aggiotaggio sociale, cioè la svalutazione di un bene prodotto con denaro pubblico attraverso il suo boicottaggio ed il suo avvilimento mediatico. L’aggiotaggio è un reato, e infatti non è possibile privatizzare senza ricorrere a mezzi illegali e fraudolenti. Nel migliore dei casi i beni pubblici svalutati con questi mezzi illeciti vengono svenduti, ma più spesso è ancora una volta la spesa pubblica a doversi fare carico delle privatizzazioni, o con sgravi fiscali o direttamente con finanziamenti. Le privatizzazioni sono un crimine che viene legalizzato a posteriori, ma come ci ricorda Briatore, occorre che l’opinione pubblica si abitui alla coppia semantica “gestione pubblica-spreco” e che quindi il crimine venga recepito come un risanamento o addirittura un salvataggio. Ed occorre anche ricordarsi che le lobby delle privatizzazioni - vere e proprie associazioni a delinquere - non sono soltanto esterne alle amministrazioni pubbliche, ma operano anche dentro di esse in funzione dirigenziale.

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