venerdì 17 gennaio 2014

Italia addestra militari libici contro i migranti


Italia addestra militari libici contro i migranti


Antonio Mazzeo antoniomazzeoblog.

È già in Italia il primo contingente di militari libici che sarà addestrato principalmente in funzione di vigilanza e contrasto dei flussi migratori. Si tratta di 340 uomini che svolgeranno a Cassino (Fr), presso l’80° Reggimento addestramento volontari dell’Esercito italiano, un ciclo addestrativo di 14 settimane.



L’attività è frutto dell’Accordo di cooperazione bilaterale tra Italia e Libia nel settore della Difesa, firmato a Roma il 28 maggio 2012. Secondo il portavoce del Ministero della difesa italiano, i cicli addestrativi prevedono la “formazione in Italia di più gruppi, scaglionati nel tempo, provenienti dalle regioni di Tripolitania, Cirenaica e Fezzan”. Il programma addestrativo a cura del personale misto di Esercito, Marina, Aeronautica e Arma dei Carabinieri, è inoltre parte delle iniziative di “ricostruzione” delle forze armate e di sicurezza libiche, decise in occasione del vertice G8 tenutosi a Lough Erne (Irlanda del Nord), nel giugno 2013. Nello specifico, Italia e Gran Bretagna si sono impegnati ad addestrare, ognuno, 2.000 militari libici all’anno; 6.000 militari saranno addestrati dagli Stati Uniti, mentre la Francia si occuperà della formazione delle forze di polizia.




Parte delle attività saranno realizzate direttamente in Libia da un team dell’Esercito integrato nella Missione Italiana in Libia (MIL), ufficialmente lanciata il 1° ottobre 2013 quale “evoluzione” dell’Operazione “Cyrene” che prese il via dopo la caduta del regime di Muammar Gheddafi. La MIL prevede infatti un sensibile aumento del numero del personale impiegato (sino a un centinaio di uomini) e delle finalità operative “La Missione Italiana in Libia ha lo scopo di organizzare, condurre e coordinare le attività addestrative, di assistenza e consulenza nel settore della Difesa”, ha spiegato il Capo di Stato Maggiore, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli.

 “Si articola in una componente core interforze a carattere permanente, e in una componente ad hoc, costituita da mobile teams formativi, addestrativi e di supporto in base alle esigenze di volta in volta individuate dalle forze armate libiche”. Il salto strategico della nuova presenza italiana in Libia è sancito dalle risorse finanziarie messe in campo dal governo Letta: mentre nei primi nove mesi del 2013, “Cyrene” è costata 7,5 milioni di euro, nel trimestre ottobre-dicembre la missione MIL ha divorato oltre 5 milioni.

Le prime significative attività addestrative in Libia hanno preso il via nel dicembre 2012, quando una ventina di ufficiali di polizia sono stati ammessi a un corso di 4 settimane organizzato dall’Arma dei carabinieri. Temi trattati: “gestione dell’ordine pubblico, tecniche di intervento operativo, check point, perquisizioni, ammanettamenti, maneggio e uso delle armi, primo soccorso, servizi di tutela e scorta, difesa personale, contrasto agli ordigni esplosivi improvvisati, ecc.”. Sono seguiti poi per tutto il 2013 altri corsi pianificati e gestiti da una training missioncomposta da ufficiali e sottufficiali della 2a Brigata Mobile dei carabinieri. L’Arma ha curato anche l’addestramento dei “battaglioni di ordine pubblico” libici e della Border Guard a cui è affidata la vigilanza dei confini e dei siti strategici nazionali.

Una trentina di militari della neo-costituita guardia di frontiera sono stati invitati per un ciclo addestrativo di 10 settimane presso il Coespu (Centre of excellence for stability police units) di Vicenza, la scuola di formazione delle forze di polizia dei paesi africani e asiatici, di proprietà dei Carabinieri ma utilizzata pure da personale specializzato di Africom, il comando militare Usa per le operazioni in Africa. Un’altra trentina di ufficiali della Border Guard e della Gendarmeria libica hanno invece partecipato nella primavera 2013, presso la Scuola del Genio e del Comando logistico dell’Esercito di Velletri (Rm), a un corso sulle “tecniche di bonifica di ordigni esplosivi convenzionali” e a uno sulla “manutenzione” dei blindati da trasporto e combattimento “Puma”.

Venti di questi veicoli prodotti dal consorzio Fiat Iveco-Oto Melara erano stati consegnati “a titolo gratuito” ai libici il 6 febbraio 2013, in occasione della visita a Tripoli dell’allora ministro della difesa, ammiraglio Di Paola. In quella data fu pure raggiunto un accordo di massima tra Italia e Libia sui futuri programmi di formazione dei reparti militari e delle forze di polizia e, come spiegato dallo stesso Di Paola, “di cooperazione, anche tecnologica, nelle attività di controllo dell’immigrazione clandestina, di supporto nazionale alla ricostruzione della componente navale, sorveglianza e controllo integrato delle frontiere”.

Nell’ottica del rafforzamento dei legami italo-libici, una delegazione della Marina del paese nordafricano è stata ospite nel luglio 2013 dell’Accademia Navale di Livorno, della stazione elicotteri della Marina di Luni e del Comando delle forze di contromisure mine (Comfordrag) di La Spezia. E a fine ottobre, le autorità di Tripoli hanno annunciato di voler rinnovare la collaborazione con Roma e l’industria Selex ES (Finmeccanica) per installare un sistema di sorveglianza radar e monitoraggio elettronico delle coste libiche e delle frontiere con Niger, Ciad e Sudan, dal costo di 300 milioni di euro. Il contratto fu firmato il 7 ottobre 2009 all’epoca del regime di Muammar Gheddafi, ma fu interrotto nel 2011 con il completamento di solo una tranche di 150 milioni.

Selex ES, con la collaborazione di GEM Elettronica, deve provvedere all’installazione di una rete radar Land Scout “in grado di individuare anche i movimenti di gruppi di persone appiedate”, e curerà la formazione degli operatori e dei manutentori libici. Secondo il sito specialistico Analisi Difesa, i libici avrebbero espresso la volontà di dotarsi pure di un non meglio precisato “monitoraggio aereo delle frontiere” che comprenderebbe l’acquisto dei droni di sorveglianza “Falco”, prodotti sempre dall’italiana Selex.
Enzo Apicella, 2011

Che siano gli aerei senza pilota la nuova frontiera tecnologica per le guerre ai migranti e alle migrazioni lanciate dalle forze armate italiane e libiche lo prova l’ultimo “accordo tecnico” di cooperazione bilaterale sottoscritto a Roma il 28 novembre 2013 dai ministri della difesa Mario Mauro e Abdullah Al-Thinni. Il memorandum autorizza l’impiego di mezzi aerei italiani a pilotaggio remoto in missioni a supporto delle autorità libiche per le “attività di controllo” del confine sud del Paese. Si tratta dei droni Predator del 32° Stormo dell’Aeronautica militare di Amendola (Fg), rischierati in Sicilia a Sigonella e Trapani-Birgi nell’ambito dell’operazione “Mare Nostrum” di controllo e vigilanza del Mediterraneo. Grazie ai Predator, gli automezzi dei migranti saranno intercettati quanto attraversano il Sahara e i militari libici potranno intervenire tempestivamente per detenerli o deportarli prima che essi possano raggiungere le città costiere.

V-RMTC
Sempre secondo quanto dichiarato dal Ministero della difesa italiano a conclusione del vertice bilaterale del 28 novembre scorso, “nell’ottica di uno sviluppo delle capacità nel settore della sorveglianza e della sicurezza marittima, è emersa anche la possibilità di imbarcare ufficiali libici a bordo delle unità navali italiane impegnate nell’Operazione “Mare Nostrum”, nonché di avviare corsi di addestramento sull’impiego del V-RMTC (Virtual Maritime Traffic Centre)”. Il governo Letta, cioè, pensa di consentire ai militari di un paese all’indice per le violazioni dei diritti umani, di partecipare a bordo della “San Marco” e delle fregate lanciamissili italiane alle (illegittime) operazioni di identificazione e agli (ancor più illegittimi) interrogatori di tutti coloro che saranno “salvati” nel Canale di Sicilia.

La "San Marco"

“Con la stipula delle nuove intese tra il ministro della difesa libico e Mario Mauro viene svelato il vero senso della missione militare “Mare Nostrum”, sempre meno umanitaria”, ha commentato il giurista Fulvio Vassallo Paleologo dell’Università di Palermo. “Con i funzionari del ministero dell’interno già operativi potranno essere imbarcati agenti di polizia libici, con conseguenze devastanti per il destino dei naufraghi raccolti in mare, tutti ormai potenziali richiedenti asilo, che saranno sempre più esposti al rischio di identificazioni violente e di successivi respingimenti in Libia. Si potrà ripetere dunque quanto accaduto nel 2009, quando la Guardia di Finanza italiana riportò in Libia decine di migranti. Pratica per la quale l’Italia è stata condannata, nel 2012, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”.

Foto del Ministero italiano della Difesa


mercoledì 15 gennaio 2014

Hezbollah e Libano tra destabilizzazioni interne e preparativi per una grande guerra.

Hezbollah e Libano tra destabilizzazioni interne e preparativi per una grande guerra.

Da mesi ormai in Libano non si respira un’aria mite e la tensione la si percepisce ovunque. Da Beirut a Sidone, da Tripoli a Baalbeck, sebbene le forze di polizia abbiano checkpoints ovunque e controllino il territorio in maniera capillare, vi è ansia/attesa che qualcosa possa accadere da un momento all’altro. È questo il prezzo che sta pagando per il considerevole supporto al governo di Damasco contro le milizie terroriste.
La situazione politica interna
downloadPremesso che le elezioni del giugno scorso sono state rinviate proprio per il coinvolgimento nella guerra siriana, possiamo fare un analisi della situazione politica interna. Le fazioni politiche, attualmente , si sono radicalizzate su posizioni che riflettono il loro appoggio o meno al governo di Damasco, rendendo, in questo modo, settimana dopo settimana, più marcati i dissidi interni tra le stesse.
Da una parte quindi abbiamo il Movimento 14 marzo, aggregazione di forze politiche che fondamentalmente fa capo a leaders sunniti e quindi supporta, con parole e con fatti, i terroristi che stanno insanguinando la Siria e che, di tanto in tanto, compiono qualche attentato anche in Libano al fine di destabilizzare il Paese ed indebolire Hezbollah. Superfluo aggiungere che i grandi finanziatori (leggasi manovratori) di queste fazioni politiche siano, principalmente, Arabia Saudita, Qatar ed USA sotto la regia israeliana.
Dall’altra parte, nel Movimento 8 marzo, troviamo fazioni politiche che, facendo capo ad Hezbollah, hanno quale obiettivo primario la stabilità politica e sociale del Libano e l’allontanamento dei terroristi islamici al soldo dei Paesi imperialisti. In questa coalizione, è importante specificarlo per questioni che analizzeremo più avanti, un notevole contributo viene dato dall’appoggio dal partito Amal e da Michel Aoun.
Il conflitto siriano quindi, in pochi mesi, si è esteso in gran parte della regione mediorientale fino a peggiorare la situazione in Iraq da un lato ed in Libano dall’altro. Le varie milizie affiliate ad Al-Qaeda (ISISAl-Nusra), con autobombe e kamikaze nei quartieri roccaforti di Hezbollah, hanno messo dichiarato guerra aperta in cima alla lista dei loro obiettivi proprio perché importante pilastro dell’Asse della Resistenza (Iran-Siria-Hezbollah-Resistenza palestinese, ma dei palestinesi parleremo più avanti).
L’Arabia Saudita quindi sta cercando, come ha sempre saputo fare (Afghanistan 1979, Bosnia 1990, Cecenia, Libia …), di organizzare milizie di fanatici islamisti che, con una guerra settaria all’interno del Libano, costringano Hezbollah a ritirarsi dal conflitto siriano. Le sue principali pedine sono sia lo sceicco salafita e anti-HezbollahAhmed al-Assir in Sidone, sia il clan degli Hariri, entrambi ultra-finanziati dalla famiglia Saud.
A tal proposito è interessante andare ad informarsi, per chi voglia, sul “Piano Yinon”, dal nome del ministro degli esteri israeliano del 1982, il quale prevedeva la famosa strategia divide et impera, proprio con frammentazioni settarie, in tutta la regione mediorientale al fine di fortificare il potere israeliano.
Il rapporto frammentato con i palestinesi
Specie nell’ultimo periodo, il rapporto tra Hezbollah ed alcuni movimenti palestinesi si è incrinato, a causa del supporto, da parte di quest’ultimi, ad alcuni miliziani anti-Assad che escono dai campi profughi per raggiungere la Siria e poi rientrare dopo diverse settimane di combattimento. In questo caso stiamo parlando di movimenti estremisti religiosi vicini all’ambiente salafita, quindi una piccola minoranza. Inutile aggiungere che Hezbollah ha ufficialmente condannato tali azioni e, soprattutto, ha aggiunto che i palestinesi non sono riconoscenti nei confronti del principale movimento che realmente lotta per il loro ritorno in Palestina. Per contro, alcuni movimenti palestinesi, affermano che nei fatti Hezbollah ha fatto ben poco per essi, come ad esempio cercare di concedergli i diritti civili elementari, il diritto al lavoro, alla casa, ecc… (Ma questa è una questione ben più complessa che richiederebbe un apposito approfondimento).
Ma i motivi dell’incrinazione dei rapporti  sono anche altri. Le tensioni tra i movimenti palestinesi ed Hezbollah nascono fondamentalmente dalle scelte politiche di quest’ultimo che, alleandosi con il partito Amal e con ilMovimento Patriottico Libero di Michel Aoun, ha provocato l’ira della quasi totalità dei palestinesi. Questo perché Michel Aoun, è famigerato tra i signori della guera cristiani per la sua campagna militare e politica anti-palestinese. Per quanto riguarda Amal invece, si stima che abbia ucciso più palestinesi in Libano durante i massacri del 1985-1988 che i sionisti in 60 anni (si parla di massacri in campi praticamente indifesi). In questi giorni hanno fatto discutere molto gli enormi poster del leader di Amal, considerati una provocazione, specie fuori i campi profughi palestinesi, ed in particolar modo fuori Shatila, il campo che più di tutti ha sofferto per i suddetti massacri.
Il leader del Fronte Al-Nusra ( Abou Mohammed al- Jawlani) ovviamente va a nozze con queste frammentazioni nella vita politica e sociale libanese ed ha dichiarato che al-Qaeda ha già parecchi contatti in territorio libanese ed il suo scopo è quello di aiutare i sunniti contro le ingiustizie di Hezbollah.
Tutti ormai sappiamo da chi è controllata al-Qaeda e del fatto che i suoi obiettivi sono sempre unificati con quelli di CIA e Mossad; è ovvio quindi che i palestinesi solo se stolti possono seguire i richiami di Al-Nusra e cadere nella trappola.
Intanto, fonti sicure affermano che gruppi islamici palestinesi quali Usbat al-AnsarJund al-ShamFatah al-Islam e altri gruppi salafiti si stanno preparando a difendere il campo di Sidone contro un eventuale attacco di Hezbollah.
Da precisare, inoltre, che Abbas, il leader dell’ANP, anche se con ritardo, ha puntualizzato che chiunque permetta l’accesso nei campi ai miliziani ribelli è da ritenersi traditore della causa palestinese.
I preparativi per una grande guerra
imagesUn alto comandante delle Guardie della Rivoluzioneiraniane ha di recente affermato che Hezbollah ha migliorato notevolmente le sue capacità missilistiche e può individuare obiettivi in tutta la Palestina occupata con ottima precisione. Secondo alcune fonti si tratta anche di missili in grado di colpire elicotteri, missili anti-carro e missili atti a colpire le navi. Anche se le notizie non possono avere conferme tangibili al momento, resta il fatto che l’Iran, il principale fornitore di armi per Hezbollah, ha una capacità bellica non indifferente e quindi le notizie sono più che attendibili.
Tutti sono coscienti dell’enorme supporto del regime saudita verso i salafisti al fine di indebolire Hezbollah ed aumentare il pressing sul governo siriano. Lo scopo è quello di rendere totalmente instabile, politicamente e socialmente, la regione Libano-Siria-Iraq per isolare l’Iran e padroneggiare, assieme ai fratelli israelo-sionisti, nell’area mediorientale. Ma nell’ultimo periodo le cose non stanno andando come programmato, l’Esercito Arabo Siriano (il grande eroe di questa guerra) ha ormai il controllo della quasi totalità della Siria e già la Comunità Europea ha cambiato la propria linea politica verso al-Assad (a parte la Francia di Hollande grande alleata della famiglia Saud, ed il Regno Unito che continua a fare affari nella vendita di armi alle milizie terroriste).
Questo non significa che la vittoria per l’Asse della Resistenza sia vicina, perché i Magnifici 6 (Francia, Regno Unito, Arabia Saudita, Qatar, USA ed Israele) hanno ancora un’infinità di armi, soldi e uomini a disposizione per sovvertire la stabilità nella regione ed indebolire l’Asse della Resistenza. Resta il fatto che, non appena il controllo dell’Asse si accentuerà nella regione, Hezbollah focalizzerà la sua attenzione verso Sud, e riprenderà in maniera più intensiva il conflitto con Israele.
Israele sa bene quanto quest’ipotesi sia reale, tanto che, negli ultimi giorni, sta intensificando le incursioni aeree in Libano (in particolare nella Valle della Beqaa) al fine di catturare immagini e controllare movimenti sospetti. È noto che l’arsenale di Hezbollah da tempo ha raggiunto un livello qualitativo e quantitativo come mai prima, e continua ad ingigantirsi costantemente con armi di tutti i tipi che entrano dal confine siriano.
Hezbollah ha addirittura affermato che in Siria sta combattendo con appena il 5% della sua forza militare. Affermazione alquanto ardita, anch’essa non confermabile in maniera ufficiale. È probabile, secondo un “calcolo” del tutto personale, che un buon 30-40% della fascia di “combattenti prontamente disponibili” sia impiegato in Siria e nei pressi del confine e, quindi, potremmo dedurre che effettivamente di tutto il personale che potrebbe mobilitarsi per una vera e propria guerra di resistenza in futuro, sia attualmente impiegato solo il 10-15%.
Resta il fatto che i preparativi per una grande guerra sono in atto, in maniera “occulta ma evidente” (permettetemi la contraddizione). Questa volta si prevede un guerra non limitata, ma totale fino alle ultime forze. Psicologicamente, parlando con i combattenti del Partito di Dio, è evidente che sono da tempo pronti al grande sacrificio che comporterà la prossima guerra. Ma sono sicuri della loro vittoria. Resta solo da vedere quali saranno le prossime mosse sullo scacchiere mediorientale perché non appena l’Asse della Resistenza avrà riacquistato la totale stabilità, sarà pronta a ripagare il danno subito con tanto di interessi, ed Hezbollah freme nell’attesa che arrivi l’ora giusta.

NUOVA STRATEGIA USA IN MEDIO ORIENTE ? OSSESSIONE CINA . SACRIFICATE ARABIA SAUDITA E ISRAELE ? UN NUOVO RUOLO PER LA RUSSIA ?

NUOVA STRATEGIA USA IN MEDIO ORIENTE ? OSSESSIONE CINA . SACRIFICATE ARABIA SAUDITA E ISRAELE ? UN NUOVO RUOLO PER LA RUSSIA ? 
A. Boassa

Mentre la guerra in Siria precipitava in un massacro spaventoso , l'amministrazione Obama , nel 2012 , decapitava i vertici militari della guerra segreta in Siria : il generale Petraeus , l'ammiraglio Stravidis ... nonchè i vertici politici: Susan Rice , Hilary Clinton... Era necessaria una svolta nella strategia politico-militare nel Medio Oriente con personale politico militare disposto a rivedere il sistema di alleanze . 

Il protagonismo guerrafondaio delle petromonarchie e in particolare dell'Arabia Saudita come anche le continue spedizioni punitive di Israele non solo non avevano ottenuto risultati soddisfacenti con Assad , con Hezbollah , con Hamas ma avevano anche comportato enormi sacrifici di spesa per la dotazione di armi sempre più moderne nonché per l'addestramento dei terroristi da parte delle forze speciali USA e per una presenza capillare in ogni dove della CIA

Coinvolgere la Russia nel condominio del Medio Oriente . Ecco un alleato credibile . Fuori dalla Siria forze militari esterne . Assad al comando ma nuove elezioni con la presenza dei reparti militari ONU ai quali , dopo le elezioni subentrerà una presenza militare russa che impedirà a Israele e ad altri una qualsiasi velleità di aggressione . 

Il Golan di nuovo alla Siria . Israele sarà protetto anche più di prima perché sarà la Russia a controllare che non vi siano attacchi arabi . Israele dovrà necessariamente ritornare ai confini del '67 perché le terre occupate illegalmente costituiranno assieme alla Giordania il nuovo stato palestinese . Per quanto riguarda l'Arabia Saudita dovrà cedere parte del suo territorio all'Iraq e al nuovo stato della Palestina . Usa e Russia lavoreranno anche per affrontare il problema kurdo

La Turchia dovrà essere rimodellata come stato confederale che preveda l'autonomia della regione kurda e l'Iraq dovrà riconoscere l'indipendenza di quelle aree che sono governate dai kurdi e che già ora si chiamano Kurdistan.Infine riconosciuto lo stato di potenza regionale dell'Iran. 

In sintesi questo è il piano come lo abbiamo preso con tutte le nostre licenze da Thierry Meyssan , giornalista particolarmente inviso alla politica mainstream , ma non sarà di facile applicazione perché i piccoli potentati tenteranno di sabottare... solo che ora non ci sono solo gli Usa ...ci sono anche i Russi

Per capire meglio questo cambio di rotta e perché Obama l'abbia fortemente voluto è necessario seguirà un secondo articolo.


martedì 14 gennaio 2014

Sardigna Natzione: fuori dalle eletzioni natzionali sarde, esclusa da Sardegna Possibile nelle liste di sostegno a Michela Murgia

Sardigna Natzione: fuori dalle Eletzioni Natzionali
Sarde, esclusa dalle liste in sostegno a Sardegna 
Possibile di Michela Murgia
Dopo oltre trentanni dalla nascita del movimento indipendentista sardo Su Populu Sardu, da cui  nasce Sardigna Natzione, e dopo  varie scissioni si moltiplicano i vari movimenti indipendentisti moderni sardi , ovviamente Michela Murgia non essendo di estrazione indipendentista non è figlia di questa sorta di movimento.
Il leader del partito Bustianu Cumpostu spiega i retroscena che hanno portato alla rinuncia di Sardigna Natzione alle elezioni regionali.
Per la prima volta dopo tanti anni il partito indipendentista Sardigna Natzione resta fuori dalla corsa per le elezioni regionali. 


Il simbolo era stato presentato la scorsa settimana insieme a Irs, Sardigna libera, sotto il nome di Soberanistas indipendentistas, ma il movimento ha deciso di non presentare proprie liste e di non proporre propri candidati in altre liste.


Il leader Bustianu Cumpostu lo ha spiegato stamane mattina  in una conferenza stampa. "A questa decisione Sni è giunta dopo aver constatato - ha detto Cumpostu - che tutti i tentativi di chiamare a raccolta il mondo nazionalista sardo erano andati a vuoto". 


Cumpostu ha parlato diffusamente delle trattative, quasi giunte a termine, con Sardegna possibile, la coalizione che sostiene la scrittrice Michela Murgia: "La lista Soberanistas, lo scorso 3 gennaio è stata messa sul tavolo. E non c'era nemmeno l'obbligo di raccogliere firme. Abbiamo ottenuto un rifiuto con la scusa che era troppo tardi". 


Sardigna Natzione a questo punto darà indicazione di non voto o di votare candidati indipendentisti o anche lavoratori dell'area con cui Sni ha condiviso le lotte di artigiani, commercianti, pastori. 


Una battaglia che non si ferma. "Subito dopo le elezioni - conclude Cumpostu - saremo disponibili a interloquire con tutte le forze nazionaliste, indipendentiste, sovraniste e sardiste per contrastare il sistema italianista di centrodestra più centrosinistra".

NOTA STAMPA PER I GIORNALISTI 
SNI a pochi giorni dalla scadenza per la presentazione delle liste e dopo un ultimo tentativo di unire in una lista unica, SOBERNISTAS INDIPENDENTISTAS  almeno IRS, Sardigna Libera e Sardigna Natzione Indipendentzia della quale è stato presentato il contrassegno on Corte d’Appello, ha deciso di non presentare proprie liste e di non presentare propri candidati in altre liste.
  A tale decisione SNI è giunta dopo aver constatato che, tutti i tentativi di  chiamare a raccolta il mondo nazionalista sardo evitando di mettere cappellini e primogeniture, perché ritenute da noi assolutamente incompatibili con i processi di condivisione, erano andati a vuoto e che ancora una volta nella scheda elettorale i sardi avrebbero preso atto della assurda frantumazione della proposta indipendentista e
Troveranno:
Sardegna Possibile, con la quale coalizione, nonostante non avesse messo in condivisione la candidatura a presidente, si è cercato di arrivare ad un accordo, anche rinunciando alla candidatura del leader di SNI, come inizialmente richiesto, e prendendo l’impegno di costruire una lista che unisse l’indipendentismo storico  per costituire la quarta lista prevista nel progetto della coalizione Sardegna Possibile. Anche questo impegno è stato portato a termine, inutilmente, perchè il giorno 3 gennaio, la lista SOBERANISTAS INDIPENDENTISTAS costituita da IRS Sardigna Libera e SNI con 60 candidati e senza l’obbligo di raccogliere firme, messa sul tavolo di trattativa con i responsabili di Sardegna Possibile, è stata rifiutata con la scusa che era troppo tardi, ben sapendo che a quel momento nessuno aveva ancora definito le coalizioni.
Fronte Indipendentista Unidu, non risponde al progetto di unione indipendentista per come è stato costruito e per come si configura. E’ un’iniziativa unilaterale di AMPI che non ha voluto mai mettere in condivisione con altre forze indipendentiste e sovraniste, neanche con noi di SNI,  pur essendo di fatto l’unica organizzazione ammessa, come ospite, nel loro fronte. Fronte Unidu infatti, già da subito rifiutava di aprire a PSd’Az, Sardigna Libera, IRS, Partito dei Sardi, Meris perché italianisti o folcloristici. Aprendo gulag in vece che case comuni. Come previsto Fronte Unidu, a causa della conduzione centralista della dirigenza di Ampi,  ha perso per strada le piccole componenti che si erano avvicinate e di fatto è oggi una proposta di solo AMPI caratterizzata troppo in modo ideologico di confessione comunista vecchia concezione. SNI è un movimento indipendentista laico e non può accettare iniziative confessionali ed esclusive.
Soberania con Mauro Pili, non poteva interessare SNI in quanto la candidatura a presidente di Mauro Pili non è stata mai messa come possibile ma come già decisa e non si poteva accettare che chi rientrava a casa dopo anni di collaborazione con poli italianisti e di appartenenza a partiti italianisti, si pretendesse di capeggiare e rappresentare una coalizione sovranista e indipendentista. La lista soberania che fa parte di quella coalizione non è la soberania che ha presentato liste alle elezioni politiche 2013 ma una formazione partitica che ha utilizzato il nome ma non è più una proposta di ambientazione indipendentista dei lavoratori e delle imprese della Sardegna.  
Soberanistas Indipendentistas a quattro, è una proposta di lista nata da una lista unica formata da Partito dei Sardi, IRS, Sardigna Libera, SNI, con Paolo Maninchedda candidato presidente, rimaneva fuori Rosso Mori che ha partecipato alle riunioni preliminari ma ha non è rimasto dentro l'accordo. Si è arrivati al momento nel quale si stava per firmare il comunicato stampa congiunto per dare notizia dell'accordo ma è saltato tutto dopo una telefonata che dava per certa la sostituzione della Barracciu nella coalizione del centrosinistra. Partito dei Sardi, IRS, Sardigna Libera hanno immediatamente avanzato la proposta di portare la lista concordata dentro la coalizione di centrosinista, cosa assolutamente inaccettabile per SNI che già da subito aveva dichiarato la propria indisponibilità in tal senso.
Soberanistas Indipendentistas  a tre, in seguito ad ulteriori tentativi di SNI e dopo aver preso contatti con Sardegna Possibile, essendosi nel frattempo scomposto anche l'accordo tra i tre (Partito dei Sardi, IRS, Sardigna Libera ) che volevano entrare nel centrosinistra IRS, Sardigna Libera, SNI, concordavano di formare una lista a tre e proporla alla coalizione Sardigna Libera.
Come già detto la proposta veniva il giorno 3 gennaio presentata a Sardegna Possibile che dopo una discussione di circa due ore la rigettava. Con la speranza di un ripensamento da parte di Sardegna Possibile il simbolo di Soberanistas Indipendentistas  a tre veniva comunque presentato in Corte d'Appello di Cagliari, tutto inutile perchè nessuna apertura, attesa fino alla scadenza, ci fu dalla coalizione di Michela Murgia.
Sardigna Natzione, non essendoci le condizioni è con decisione fuori dalla scheda elettorale ma non fuori dalla competizione e dalla campagna elettorale.
Sardigna Natzione Indipendentzia non potrà votare o far votare le liste indipendentiste presenti nei poli italianisti e neanche coalizioni e fronti che non hanno accettato la condivisione con gli indipendentisti storici, con coloro che hanno fatto campagna contro soberania nelle elezioni politiche 2013 o quelli che nella stessa occasione hanno annullato la scheda con i bollini neri.
Sardigna Natzione Indipendentzia darà indicazione di non voto o di votare candidati indipendentisti o anche lavoratori dell’area con i quali SNI ha condiviso le giuste lotte di artigiani, commercianti, pastori e di tutte le categorie lavorative sarde se candidati in liste diverse da quelle sudette.Subito dopo le elezioni SNI sarà disponibile ad interloquire con tutte le forze nazionaliste, indipendentisti, sovranisti e sardisti, per un processo di condivisione che porti alla formazione di un nuovo soggetto politico unico o federato che sia in grado di contrastare il sistema italianista di centrodestra+centrosinistra.Martedì  14  dalle ore 10.30  presso sede CSS Confederazione Sindacale Sarda
via Roma 72 – Cagliari


domenica 12 gennaio 2014

SIRYA: LA GRANDE MENZOGNA... l'impegno dei media occidentali nel discredito di una nazione libera.

SIRYA: LA GRANDE MENZOGNA... l'impegno dei media occidentali nel discredito di una nazione libera.
Vàturu Erriu Onnis Sayli

al centro Ouday Hr Ramadan detto Soso  al convegno di Cagliari
La guerra, è la madre di tutte le ipocrisie, la scusa per fare stragi e passare indenni davanti alla giustizia umana; ci sono stati che a si arrogano il diritto di fare i poliziotti del mondo a motivo del numero delle armi potenti e distruttive che possiedono, ed osano pure definirsi democratici ovvero governo del popolo, mi chiedo di quale popolo sono il governo , se poi non fanno altro che distruggere e ammazzare altri popoli?

A Cagliari sabato 11 Gennaio 2014 alle 18,00 in piazza del Carmine 4, s'è svolto un convegno sulla Sirya organizzato dal Comitato No alla Guerra in Sirya, presso il CIS Centro di Iniziative Sociali, dal titolo: NAZIONI SOVRANE, IMPERIALISMO E FANATISMO ISLAMICO: COSA STA SUCCEDENDO IN SIRYA? Gli intervenuti sono Ouday Hr Ramadan detto Soso del Partito Siriano Unito e Luca Tentori .




Dopo la presentazione degli ospiti da parte della conduttrice del comitato, si apre la finestra della visione patriottica che Ouday Ramadan noto Soso si è prodigato a sciorinare lodi ed entusiastiche espressioni d'amore e colore per la sua amata terra di Sirya.

Un uomo che mostra molta gentilezza e  sapienza nell'esporre un materiale difficile a trattarsi, come  è l'argomento attorno alla  guerra di aggressione alla Sirya.

Ma riesce, nonostante il dolore per quanto sta accadendo alla sua terra, ad essere sereno e mostrare la giusta  attenzione per l'uditorio , trovando e miscelando con dovizia di immagini e similitudini d'uso e costume tra il popolo Siriano e sardo, il punto in comune ai due popoli, l'ospitalità innata che ambe due i popoli hanno; oltre all'impressione di beltà che ha avuto voluto esprimere con sincerità nel sentire il profumo che è diffuso dalle erbe aromatiche mediterranee nell'aria della terra sarda, percepito al suo arrivo in Sardinya.

Ho visto filmati su You Tube, dove spietati e feroci belve umane aprivano i corpi di soldati siriani uccisi per mangiarne il fegato... il commento di Putin alle minacce di avvertimento, di attentati a Sochi, dette dal principe saudita Bandar bin Sultan quando lo ha incontrato in agosto (2013);  che l'Arabia Saudita avrebbe attivato i gruppi terroristici ceceni da  loro controllati  contro la  Russia, se Mosca  si fosse rifiutata di abbandonare il suo sostegno al presidente siriano Bashar Al-Assad, Vladimir Putin  ha risposto se fossero questi feroci assassini  coloro che dovrebbero portare la democrazia in Sirya?

Chi manda, questi feroci assassini, in giro pel mondo a fare questo scempio?
Una risposta l'ha data il principe saudita Bandar bin Sultan: sono l'Arabia Saudita, ma poi c'è il Qatar, gli USA e suoi alleati, e Israele, ed altri stati servi fedeli.

  Mi sono chiesto quanti fossero queste belve, Ouday Soso  ha detto che sono un centinaio di migliaia,  ha anche detto che ben ventimila sono ex detenuti condannati all'ergastolo in Arabia Saudita, (immaginate cosa possono fare migliaia di persone represse per decine d'anni nelle carceri dei Saud) lasciati liberi di andare a massacrare un popolo libero e pacifico in Sirya.

Il dramma siriano è palpabile dalle testimonianze che riceviamo in sala, un centinaia di migliaia di Siriani è stato ucciso, milioni sono i profughi che hanno riparato all'emergenza dell'aggressione sulla costa siriana, in Libano e in Giordania, oltre a quelli in Turchia, con tutta la propaganda che fanno a favore dei "ribelli" che sono poi in realtà dei mercenari assoldati dai Saud arruolati in ogni spelonca dell'estremismo dell'islam e delle galere; 
come mai un popolo che si dice tiranneggiato non scende in piazza a sostegno dei ribelli , ma  al contrario lo fa e scende in piazza a milioni a sostengono del cosidetto del "regime"? 
E' evidente che quel che ci dicono e raccontano i media non corrisponde alla verità , ma sono chiaramente dei venditori di fumo al servizio della guerra imperiale USraeliana e delle multinazionali ed élite private , tutti servi del mostro.

Il problema che abbiamo in Sardinya come in tutto l'occidente "democratico" è la cattiva informazione, poiché accade che una aggressione sia trasformata in uno show a tutto campo in sostegno e a favore della parte cui interessa far prevalere la solidarietà nell'immaginario collettivo, nel  caso dei media italioti a sostegno a fianco dei mercenari assassini fatti passare per ribelli della libertà; 

I racconti di Ouday sono chiari , e si capiscono anche i motivi che hanno portato all'attacco da parte di USraele alla Sirya; il progetto del più grande oleodotto del mondo, la volontà di voler abbattere una delle poche nazioni cui non è asservita al FMI e alle élite private mondiali; voler cancellare il successo e il progresso, sia culturale che economico, avuto dalla nazione multietnica e multi-religiosa Siriana non definibile "democratica"; ciò che non riesce a far loro nel tenere assieme popoli e religioni più variegate assieme, (lo dimostrano le guerre etniche e religiose in atto in tutto il mondo gestite dagli USA e servi vari) lo vogliono distruggere altrove , affinché non  vi siano pietre miliari di paragone con il fallimento dell'imperialismo USraeliano.

La serata è stata un crescendo di interesse sviluppo sulla situazione della Sirya  e di informazioni che non troviamo certo sui media servi sia della RAI che di Mediaset, o della 7 che sono solo grancasse di risonanza degli interessi imperiali del "democratico" sostenitore di mercenari e assassini dell'occidente "libero".

La Siria, paese povero di petrolio e con un'economia non particolarmente forte, rappresenta però la punta più avanzata della politica anti-israeliana nel Vicino Oriente (soprattutto dopo che Egitto e Giordania hanno avviato un processo di normalizzazione delle loro relazioni con lo Stato ebraico), e da sempre reclama la restituzione dei territori occupati da Israele in seguito alla sconfitta araba nella Guerra dei sei giorni. È per questo che la Siria da sempre offre ospitalità ai movimenti più violentemente anti-israeliani, dall'ormai non più esistente organizzazione palestinese di resistenza al-Sāʾiqa (La folgore), alla più recente organizzazione Ḥamās, qualificata come terrorista sia dagli Stati Uniti sia dall'Unione europea.
Baššār al-Asad si ritrova quindi in rotta di collisione con gli Stati filo-americani e filo-israeliani, in particolare sui seguenti punti:

  • il sostegno politico ed economico, come pure di armamenti, al partito libanese dello Ḥezbollāh;
  • la protezione e il sostegno del movimento palestinese Ḥamās, il cui maggior rappresentante vive in Siria;
  • l'inflessibile ostilità mostrata verso Israele, Stato col quale la Siria non ha mai voluto concludere alcuna pace fin dal 1948, reclamando la preventiva restituzione di quanto delle alture siriane del Golan e della città fantasma di Quneyṭra è ancora in mano israeliana dopo la guerra del 1967, oltre a una soluzione del problema palestinese che comporti anche il ritorno in Israele dei discendenti dei profughi fuggiti o espulsi durante i vari conflitti intercorsi.
Questa condotta politica ha procurato ad Assad, almeno fino al 2011, una grandissima popolarità tra le popolazioni del mondo arabo (che generalmente non gli hanno mai obiettato nulla a proposito della sistematica violazione dei diritti della popolazione siriana), oltre a creare una forte sintonia con il regime dell'Iran, Paese la cui influenza in Vicino Oriente è cresciuta dopo il crollo del regime iracheno e la perdurante instabilità del Libano. fonte Bashar_al-Assad

scusate la cattiva qualità dell'immagine ma l'ambiente non era ben illuminato 

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