domenica 30 novembre 2014

IL DEPUTATO SARDO DI "UNIDOS" MAURO PILI A RENZI: SUL NUCLEARE IN SARDEGNA STATE GIOCANDO CON IL FUOCO

PILI A RENZI: SUL NUCLEARE IN SARDEGNA STATE GIOCANDO CON IL FUOCO
Mauro Pili 


ESCLUDETE SUBITO LA SARDEGNA DAL PIANO,
A RISCHIO ORDINE PUBBLICO

PRONTO IL PIANO CHE VERRA’ PRESENTATO IL 15 DICEMBRE PROSSIMO, COMPRENDE LA SARDEGNA E ALTRE 5 REGIONI

“Il Piano per il deposito unico nazionale di Sogin sarà consegnato il 15 dicembre prossimo al governo e tra le sei ipotesi viene inclusa anche la Sardegna. Si tratta di un progetto demenziale che rischia di mettere a rischio l’ordine pubblico in una regione che ha già abbondantemente espresso la netta e più totale contrarietà a tale nefasta ipotesi. Sogin, braccio nucleare del governo, avrebbe messo a punto una proposta che indicherebbe sei località in altrettante regioni. Tra queste la Sardegna. Si tratta di un’ipotesi sulla quale Sogin cercherebbe di dare una spiegazione tecnica del tutto fuorviante e che appare invece funzionale solo a scaricare nella regione più lontana e più debole questo tipo di progetto. E’ fin troppo evidente che tale progetto non potrà mai essere realizzato in Sardegna per la totale e netta contrarietà del Popolo Sardo ma evitate anche di indicare la Sardegna tra le sei ipotesi. Tale proposizione scatenerebbe reazioni tali da mettere a rischio lo stesso ordine pubblico di un’isola stremata da uno Stato strabico che guarda alla Sardegna come colonia dove scaricare ogni genere di rifiuto. Per questa ragione questa mia interrogazione è un monito preciso e deciso a Renzi e compagni perché non si azzardino a proporre la Sardegna tra le regioni previste nel piano perché avrebbe solo l’effetto di provocare reazioni durissime da parte della Sardegna e dei Sardi”.

Lo ha appena dichiarato il deputato sardo di Unidos Mauro Pili in seguito alla ormai imminente presentazione da parte della Sogin del piano per il deposito unico nazionale delle scorie nucleari. Pili che ha depositato poco fa in aula a Montecitorio una dettagliata e circostanziata interrogazione ha annunciato anche l’avvio di una mobilitazione regionale e nazionale contro il deposito unico e contro l’ipotesi della Sardegna come sito.

“Il prossimo 31 dicembre, secondo le norme vigenti, è previsto che venga definito e proposto il sito unico nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari. Secondo fonti autorevoli – sostiene Pili - tale piano sarebbe stato già definito e il 15 dicembre prossimo verrebbe trasmesso formalmente da Sogin al governo. In questi giorni i tecnici del governo sono in stretissimo contatto con la Sogin perché vi sarebbe un pressing internazionale verso l’Italia per definire entro l’anno tale ipotesi. Dai colloqui dei tecnici di Palazzo Chigi sarebbe emersa l’esistenza di un quadro d’insieme che individuerebbe 6 regioni tra le quali scegliere l’ubicazione del sito, tra queste in modo del tutto arbitrario sarebbe stata compresa anche la regione Sardegna. Un’ipotesi nefasta – scrive Pili nell’interrogazione - che verrebbe contrastata dal Popolo Sardo con ogni strumento di contrapposizione utile ad escludere senza alcun tipo di margine un progetto del tutto surreale e destituito di ogni valutazione tecnica e giuridica. Oltre alle pregresse posizioni già espresse, sin dal 2003, nell’ambito della conferenza stato Regioni dal sottoscritto interrogante in qualità di Presidente della regione Sardegna si registra un pronunciamento deciso e senza appello di un apposito referendum popolare che ha bocciato qualsiasi ipotesi in tal senso”.

“Il fatto che la Sardegna, che già sopporta un carico statale senza eguali, dalle basi militari alla petrolchimica, dall’essere la Regione più gravata da aree inquinate da attività industriali alla nefasta distrazione dello Stato in tema di energia e trasporti, venga solo inserita in un’ipotesi così demenziale mobiliterebbe il Popolo Sardo in modo deciso e determinato. Già nei mesi scorsi – ricorda Pili - all’atto della pubblicazione della guida tecnica avvisai gli esponenti del governo di non commettere tale grave errore che violerebbe le stesse norme statutarie di rango costituzionale della regione Sardegna. Ora che tale grave errore secondo fonti dirette sarebbe imminente mi sento di reiterare l’appello: fermate questa scellerata proposta, state giocando con il fuoco”.

“La Sardegna – conclude Pili - non può e non deve essere minimamente contenuta nemmeno come ipotesi nel piano per la realizzazione del deposito unico nazionale delle scorie nucleari. Realizzare un deposito unico nazionale è un’operazione solo per spendere risorse senza controllo così come è stato sino ad oggi. Il deposito nucleare unico sarà l'ennesimo pozzo senza fondo. Questo piano è solo uno strumento delle lobby del nucleare e degli appalti che puntano a progettare, spendere con troppi omissis che non possono in alcun modo essere accettati. Il Governo deve immediatamente escludere la Sardegna da questa scellerata ipotesi se non vuole rischiare di alterare senza precedenti l’ordine pubblico nell’isola”

SOVRANITA' POLITICA E MONETARIA ,STATO DATORE DI LAVORO , NAZIONALIZZAZIONE DEI SETTORI ECONOMICI CHIAVE , FUORUSCITA DAI TRATTATI UE E DALL' EURO

SOVRANITA' POLITICA E MONETARIA ,STATO DATORE DI LAVORO , NAZIONALIZZAZIONE DEI SETTORI ECONOMICI CHIAVE , FUORUSCITA DAI TRATTATI UE E DALL' EURO

Una parola contro le guerre
A. Boassa

Si dice da parte dei media mainstream , e non solo , che l'Italia cede parte della sovranità all'Ue ma in verità la cede alla galassia finanziaria planetaria dato che la stessa Ue è solo uno strumento utilizzato dalle oligarchie postdemocratiche che governano tramite valvassori e valvassini . TTIP e RDIE non sono certo il frutto di confronti democratici e come le liberalizzazioni finanziarie senza regole sono state decise da oscuri decisori .

Il progetto delle classi egemoni è del tutto trasparente . Si governa con maggiore efficienza quando scompaiono i corpi intermedi (partiti , sindacati , associazioni...) e quando vengono disertate le urne elettorali . Vedi Monti:"E' il parlamento che inceppa le riforme strutturali ...bisognerebbe aggirarlo...il vero problema dell'Italia è che si vota troppo spesso e sono ancora troppi ad andare a votare".

Il degrado dell'Italia e dell'Europa mediterranea è fortemente voluto e procede velocemente nella colpevole irresponsabilità dei parlamentari che si dicono di sinistra e dei sindacati confederali (a che serve un sciopero il 12 quando tutto è stato deciso ?)

Con il Fiscal compact abbiamo firmato una cambiale in bianco . Qualora non "fossimo" in grado di ridurre il debito ventennale con una sventagliata di "risparmi" attorno ai 40 miliardi l'anno ( cosa ne può essere del welfare ,della scuola , della sanità...è facile immaginarlo) , scatterà una procedura automatica che porrà le sue fauci su quelle poche ricchezze che ancora non ci sono state depredate ( riserve auree , partecipazioni in Poste , Finmeccanica , Enel , Eni ,beni immobiliari ..) , mentre il collasso dei debiti pubblici dell'area mediterranea da il destro alla Germania di ripagare i suoi debiti attraverso tassi molto bassi inferiori al tasso di inflazione .

Da questa UE bisognerà uscirne , preferibilmente anche con i Paesi del sud Europa , quanto prima con modalità che vanno discusse e affrontate in termini pragmatici . Ma per uscirne non bastano certo brillanti opuscoli e convegni . Si rende necessaria una rete di "alleanze" tra le forze alternative di sinistra che la smettano di giocare alla bella addormentata nel bosco e che si confrontino con un programma da offrire innanzitutto al popolo italiano ,un programma che sia uno spartiacque rispetto alla modestia delle politiche delle sinistre così dette radicali e che abbia il vantaggio di essere credibile e fattibile .

Obiettivi come quelli indicati nel titolo che vogliano indicare il recupero della dignità nazionale , della democrazia reale ,della partecipazione popolare.E' su tali basi che si può ripensare alla costruzione di una Unione europea solidale , antimilitarista e aperta verso il Mediterraneo e il Medioriente


mercoledì 26 novembre 2014

La pioniera del Movimento della "New Economy" Helena Norberg-Hodge: Abbiamo permesso alla finanza di imporre la visione dominante di sviluppo...

La pioniera del Movimento della "New Economy" Helena Norberg-Hodge:  Abbiamo permesso alla finanza di imporre la visione dominante di sviluppo... 
26/11/2014

L'Antidiplomatico 
di Alessandro Bianchi
La pioniera del Movimento della "new economy" a Roma domani per presentare il documentario "Economics of happiness"

Helena Norberg-Hodge. Fondatrice e direttrice dell'International Society for Ecology and Culture (ISEC). Autrice di Ancient Futures, produttrice e co-autrice del film documentario "The Economics of Happiness".

- In Italia abbiamo vissuto un autunno drammatico per quel che riguarda il clima. Intere regioni hanno vissuto una situazione di emergenza continua in quello che i media definiscono “un'ondata anomala”. Il problema è che questa ondata anomala è oggi la normalità in tutto il mondo. In questo contesto, nessuno, tra governi e media, cerca di andare in fondo per trovare una risposta alla vera questione: il nostro modello di sviluppo è, o non è, sostenibile per il nostro ecosistema? Siamo, secondo Lei, vicini ad un punto di rottura drammatico per il clima? E cosa può accadere nei prossimi mesi senza un radicale cambio di approccio delle nostre economie?

Possiamo pregare che il clima non si deteriori così rapidamente e drammaticamente come temono alcuni scienziati. Il fatto è che non possiamo fare previsioni con certezza quando si affrontano le complessità insite negli ecosistemi viventi. Da questo punto di vista, quindi, “il punto di rottura” è probabilmente il termine sbagliato. Il mondo naturale è complesso e flessibile. Tuttavia, le nostre sovrastrutture umane continueranno a soffrire ed è chiaro cheabbiamo urgente bisogno di ridurre rapidamente le emissioni di C02.


- Nonostante il modello di sviluppo dominante basato sulla globalizazione di merci e di capitali ha recentemente creato un esercito di disoccupati di lungo periodo, ha prodotto povertà indiscriminata e sta uccidendo il pianeta, l'alternativa possibile proposta nel suo ''Economics of Happiness", in grado di offrire una via sostenibile, non è ancora molto conosciuta al grande pubblico. Come lo spiega?

L'idea di assoluto buon senso che dovremo smettere di spedirci avanti e indietro in giro per il mondo merci identiche non è ancora molto nota, perché abbiamo permesso alla finanza di sponsorizzare la visione dominante. La nostra comprensione del sistema è quindi plasmata – in politica, nei media e nelle università - da una percezione ristretta. Un pensiero tecnico che non è capace di mettere il grande quadro insieme. L'idea che la crescita economica – attraverso i trattati di “libero” commercio e ad alta tecnologia – è il solo modo di creare lavoro e portare stabilità e prosperità è stata imposta come una religione cieca. Diversi think tank usano miliardi di dollari per promuovere questa idea, usando la ricerca scientifica, la pubblicità e i media. Da parte sua, la popolazione ha solo il volontariato e pochi spiccioli per contrastare l'ideologia dominante.


- Vari movimenti e associazioni che cercano di costruire un nuovo modello di sviluppo si sono incontrati lo scorso anno a Bangalore, in India, ed hanno stilato una Carta di principi della delocalizzazione - Localization: a Draft declaration.L'obiettivo è un nuovo inizio, basato su due principi fondamentali: sovranità territoriale e localizzazione. Al contrario, tutti i governi e i media occidentali affermano che la globalizzazione è un “processo irreversibile” che è solo riformabile. Come risponde a queste critiche?

Dobbiamo sforzarci di più nel mettere insieme al centro della questione la ricerca e la verità di quello che sta realmente accadendo in conseguenza della globalizzazione. Sfortunatamente, molti attivisti che hanno cercato di proteggere l'ambiente e le classi più povere non hanno spesso accesso ad informazioni accurate dall'altra parte del mondo. E, per questo, supportano a volte alcuni dei miti associati con il “libero” scambio, il commercio e la globalizzazione e non si focalizzano a sufficienza nel promuovere informazioni che mostrano chiaramente quello che sta accadendo. Non cresce, così, la consapevolezza nell'opinione pubblica sul fatto che gli stessi trattati e le politiche aumentano l'inquinamento, la disoccupazione ed impoveriscono i governi di risorse. La mia esperienza mi porta a dire che sia nei governi, nelle aziende, così come nei movimenti sociali ed ambientali si abbia una visione frammentata della realtà.


- In Europa, purtroppo ci stiamo muovendo da tutt'altra direzione della dichiarazione dei principi di Bangalore. Lo scorso settembre, l'Ue ha firmato un trattato di area di libero scambio con il Canada (Ceta) e ora sta negoziando con gli Usa il TTIP, il sogno di tutte le multinazionali americane. In un sistema in cui le elites sono in grado di imporre i loro messaggi favorevoli al trattato con gli Usa – specialmente in un paese come l'Italia – quali sono i mezzi più efficaci di persuasione nelle popolazioni per evitare questo ultimo trionfo della globalizzazione?

Abbiamo bisogno di accumulare molti più soldi per organizzare campagne che diano consapevolezza tra le persone. Internet non è sufficiente per competere con la macchina propagandistica pro-globalizzazione nelle università e nei media.


- Pensa che ci siano modelli a cui l'Occidente di oggi potrebbe ispirarsi, paesi o comunità locali che hanno iniziato a cambiare le loro politiche per rendere le loro economie sostenibili nel lungo periodo per l'essere umano e l'intero eco-sistema?

Ci si sono migliaia di iniziativa dal basso che mostrano come la ricostruzione delle economie locali possano risolvere i nostri problemi. Sono invisibile all'Accademia, all'università, ed ai media. Di nuovo, è necessario richiedere finanziamenti per presentarli come parte della disussione.


- Il 27 e il 28 ottobre sarà a Roma per presentare il documentario "Economics of happiness", che rappresenta la possibilità di prendere una via differente, basato su un nuovo paradigma della localizzazione e del benessere umano. Qual è il messaggio che vuole lanciare al governo italiano e alle autorità europee che hanno gettato il continente nella disoccupazione di massa, nella depressione economica e nella deflazione?


Svegliatevi prima che sia troppo tardi.

martedì 25 novembre 2014

Continua Crescita o Società liquida?


Continua Crescita o  Società liquida?

Comparazione tra TESI DIVERSE.

de Paolo Leone Biancu
editau de Sa Defenza


Crescita continua.

P. Aghion, economista francese dell'Università di Harvard (USA), sostiene che per volere una ulteriore crescita bisogna promuoverla e questa si otterrà solo con uno Stato di dimensioni adeguate.

Cos'é uno stato di dimensioni adeguate ?
E' uno Stato, il cui ruolo nelle economie nazionali, agisca da leva per l'Innovazione tecnologica in modo che divenga essenziale allo sviluppo socio-economico di un Paese e sia posta al suo servizio.

Aghion rafforza il concetto stimolando le società odierne a ripensare la crescita in uno Stato con un ruolo forte. La cronaca ci mostra, invece, come molti paesi europei (specificamente il Regno Unito, governato da Cameron) tendono a mettere in secondo piano il ruolo statale.

Si deve considerare il ruolo forte dello Stato in termini positivi o negativi?
Dalla fine della 2°Guerra, per 30 anni, le economie europee sono state contrassegnate dall'imitazione. 
ATTUALMENTE, queste economie dovendo concorrere con paesi molto popolati con un basso costo della manodopera, devono riposizionarsi verso un modello"nuovo" d'innovazione e di sviluppo tecnologico.

Per questo bisogna procedere a realizzare nuovi prodotti e investimenti.

Ma chi deve fare questi nuovi investimenti per un'altra economia ?

Aghion, in questo scenario, descrive due ruoli per lo Stato:

il primo da investitore, con prestiti agevolati a interi settori ma senza finanziare le aziende;
secondo Aghion lo Stato non deve finanziare a fondo perduto individui ed imprese ma deve orientare questi soggetti e/o organizzazioni verso percorsi di ripresa, di reinserimento nel mercato del lavoro.
Il secondo da garante: investendo in settori di interesse generale, i Privati non possono essere certi del risultato positivo. 

Di fronte a tale rischio lo Stato dev'essere in grado di controllare e intervenire a garanzia delle imprese che, orientate, han deciso di investire in ricerca, innovazione e sviluppo.

Questo é un modello, in cui la qualità deve essere di estremo interesse per le Politiche di chi governa.

Più anni di scuola non servono alla crescita se Scuole o Università non sono di qualità elevata.

Laddove si controlla meglio la corruzione c'è più fiducia in chi governa e un livello maggiore di crescita.

Le misure fiscali devono stimolare una politica più anticiclica, con bassi tassi nel breve termine (durante le recessioni) e più alti nei periodi floridi.

L'idea é aumentare il deficit pubblico nelle recessioni e ridurlo nelle fasi positive.La via di Aghion è quella di non ridurre per motivi di bilancio i finanziamenti a PMI, Sanità e Istruzione.


L'altro modello: la società liquida di Bauman.

Il sociologo Bauman, teorico della "società liquida", descrive la crescita del mercato e del consumismo mostrando come essi siano ELEMENTI della mercificazione della moralità.

I nostri sensi di colpa nei confronti degli altri (di chi amiamo e trascuriamo per soddisfare gli imperativi di produzione) sono stati tacitati tramite la corsa al consumo (shopping).

Bauman ci mostra un fardello che vogliamo dimenticare, fatto di:
(1) obblighi morali,
(2) di impulsi naturali ad occuparci degli altri, barattati con i tranquillanti morali dello shopping

Si può dare una risposta diversa, quale?

Bauman ci ricorda di essere consapevoli del fatto che le risorse sono limitate, che il VIVERE non può essere solo funzione dell'accrescimento della produzione e del consumo.

Forse siamo al momento della verità: "Capire che l'umanità deve basarsi sulla reciproca comprensione."


Occupandosi delle "vite di scarto", lavoratori esodati dal sistema economico perché ritenuti superflui, Bauman sottolinea che il tema dei "confini della libertà economica" é fondamentale".

Non capiamo ancora che opzioni e scelte a nostra disposizione si son ristrette in maniera netta.

Il picco della produzione mondiale di petrolio, fonte di energia, é del 2006 e da allora c'è solo il declino.

I mercati dei Paesi BRICS consumano più energia per il traffico privato che "IERI" non era così diffuso.

Nel 2020, l'uso distorto dei suoli forse farà raddoppiare i prezzi degli alimenti.
Le rivolte in alcuni Paesi Arabi, basate sulla scarsità di cibo, hanno fatto suonare un altro allarme.
Altro elemento è l'aumento della disuguaglianza a livello globale:
Oggi, il paese più ricco, il Qatar ha uno standard 428 volte più alto del paese più povero, lo Zimbabwe.
Il 20% più ricco dell'umanità controlla il 75% della ricchezza, il 20% più povero il 2%.

Come è accaduto ciò?

Due sono i fattori fondamentali, più socio-culturalii che economici.
Il primo fattore è direttamente connesso al fare una vita ricca, abbiente, orientandoci all'acquisto - lo shopping. I sistemi economici del pianeta, costretti a tali pressioni, sfavoriscono le future generazioni.
Il secondo fattore é dovuto all'incapacità di risolvere i conflitti sociali aumentando il così detto PIL.

Ci sono alternative, alla crescita di produzione e consumi, ed essere felici ?
Se il Senso Morale rimarrà mercificato, l'economia crescerà la spinta ai desideri da soddisfare.


In passato, gli economisti sostenevano che i bisogni importanti erano naturali e, una volta soddisfatti, noi tutti potevamo godere di quanto fatto. Si era convinti che alla fine l'economia si sarebbe stabilizzata.

POI gli Americani, con il Marketing, ci convinsero che il Cliente prendeva il posto del prodotto.
I BENI, in quest'ottica, non han solo un valore d'uso ma anche un valore simbolico, sono degli status symbol. Si sposta tutto il discorso, riguardante il Mercato, dal bisogno al desiderio.

La comunicazione crea i desideri e i produttori li soddisfano, provocando l'aumento nell'uso di risorse.
L'Economia dei bisogni) oggi risponde ai "nuovi desideri" che vengono suscitati per drogare il mercato e vendere "la nuova felicità", incentrata sull'accumulo e la proprietà di "BENI E PRODOTTI", spesso non necessari ma Status Symbols del Potere da mostrare.
Ma anche i nuovi desideri hanno dei limiti, che vengono superati mercificando la moralità.
I limiti all'amore o all'affetto per gli altri, si esprimono sempre più con determinati beni/regalo.

Responsabilità incondizionata, più ansie e incertezze, sono il motore del consumismo odierno, l'impulso a fare sempre di più, a produrre sempre di più.
Ma ciò ha un punto di non ritorno perché le risorse sono limitate.

I livelli attuali di consumo sono insostenibili sia ambientalmente che economicamente.
Abbiamo migliaia di amici in internet ma nel momento del bisogno come possono aiutarci ?
Forse il momento della verità è vicino.
Possiamo fare qualcosa per rallentarlo ?
Sì, intraprendendo un cammino autenticamente umano, un cammino basato sulla reciproca comprensione.

lunedì 24 novembre 2014

Relazione al Convegno di Riscossa Italiana alla London School of Economics del 22.11.14

Relazione al Convegno di Riscossa Italiana alla London School of Economics del 22.11.14
Prof. Antonio Maria Rinaldi




ERF & TTIP: facce di una stessa medaglia, ovvero l’atto finale per rendere irreversibili le cessioni delle Sovranità europee.

Nuvole sempre più dense si addensano sulle nostre teste. Le istituzioni europee, ma sarebbe più corretto chiamarle per quelle che sono nella realtà, cioè una oligarchia autoreferenziale non eletta dal suffragio universale e pertanto in contrasto con i più elementari principi di democrazia, stanno sempre più attivando piloti automatici al fine di puntellare l’insostenibilità dell’euro. Ciò determina sempre più l’espropriazione delle rispettive Sovranità non solo in termini di politica economica, ma anche delle stesse identità dei rispettivi Paesi. Spieghiamoci meglio.

La costruzione monetaria europea ha dimostrato, sia dal punto di vista teorico che pratico, l’impossibilità di assecondare e supportare le differenze fra le economie dei paesi membri caratterizzate da profonde asimmetrie. L’adeguamento a un modello economico, i cui dogmi sono sintetizzati nella stabilità dei prezzi, cioè nell’ossessivo contenimento dell’inflazione e nel rigore dei conti fino a pretendere il pareggio di bilancio come presupposto per la crescita, hanno fatto letteralmente sprofondare le economie continentali in una crisi economica paragonabile solo a quella del ’29. L’euro di fatto non è una moneta, come la letteratura economica insegna, ma un accordo di cambi fissi regolata da vincoli macroeconomici sanciti dai Trattati senza uno Stato sottostante che ne determini i normali e logici aggiustamenti congiunturali. In questo modo ne consegue che l’euro è l’unica moneta mondiale a la cui rigidità deve adeguarsi l’economia reale che l’adotta e non invece, come dovrebbe logicamente essere, adeguarsi lei stessa alle esigenze dell’economia reale!

Questa palese forzatura, non sostenibile nel tempo, è per l’appunto “corretta” con l’introduzione di meccanismi bio-giuridici-finanziari per tentare disperatamente il rispetto automatico delle regole e in totale sfregio al potere d’intervento dei rispettivi governi nazionali dei paesi membri che, in ogni caso, sono espressione della volontà dei propri cittadini. In quest’ottica sono stati realizzati il FESF, il MES, l’Unione Bancaria e il Fiscal Compact per “blindare”, nel vero senso della parola, il rispetto delle regole a supporto della moneta unica e pertanto la sua stessa sopravvivenza. In questo modo non si vuole dare né nessuno spazio interpretativo né la possibilità di flessibilità gli Stati e questi sono costretti, loro malgrado, a dare esecuzione alle regole previste dai vincoli europei in modo supino.

Il Trattato sulla Stabilità, conosciuto ormai comunemente come Fiscal Compact, prevede il pareggio di bilancio strutturale e la diminuzione pianificata in vent’anni dell’eccedenza del surplus del rapporto debito pubblico PIL rispetto al parametro del 60%. Pertanto, per soddisfare i fabbisogni finanziari in regime di “pareggio di bilancio” strutturale come previsto dal Fiscal Compact nell’art.3, (per strutturale s’intende tollerato allo 0,5% per chi come noi italiani è meno virtuoso, mentre per i più “bravi” all’1%), dovremo far ricorso esclusivamente a tagli della spesa pubblica e/o per mezzo della leva fiscale a carico delle famiglie e del sistema delle imprese. Agendo in questo modo questi ultimi soggetti assumono sempre più la funzione di unici “prestatori di ultima istanza”, visto che l’impianto della moneta unica non contempla una Banca Centrale che possa ottemperare a questa funzione. Ma ormai su questo fronte la misura è colma ed è utile rendere noto per l’ennesima volta che la spesa primaria italiana, cioè al netto degli interessi corrisposti sul debito, è già comunque inferiore alla spesa sostenuta dalla media dei Paesi dell’eurozona e minore a quella di paesi come la Francia, Finlandia, Austria, Belgio, Germania e Olanda (dati ufficiali AMECO) e che pertanto il futuro reperimento di fabbisogni finanziari sarà soddisfatto con sempre maggiore ricorso alla leva fiscale.



Spero che sia chiaro, dopo la visione del grafico, che i problemi italiani non risiedono nell’eccesso della spesa pubblica e chi persegue questa convinzione lo fa o per ignoranza o per distogliere l’opinione pubblica. Che ci siano sprechi in molti capitoli della spesa pubblica è fuori dubbio, ma non devono essere corretti se non con riallocazione in altrettanti capitoli di spesa sotto finanziati senza modificare i saldi finali. Lo stesso concetto espresso dalla spending review riguarda la revisione e non il taglio della spesa pubblica.

Per ottemperare invece il dettame della riduzione del debito, a Bruxelles si sta escogitando un’altra micidiale trappola alle nostre spalle. L’art.4 del Fiscal Compact, come già detto, impone la riduzione del debito secondo regole ben precise che allo stato attuale ben difficilmente possono essere rispettate dai Paesi firmatari il Trattato e la Commissione, perfettamente cosciente di tale impossibilità, sta correndo ai ripari.

Se volessimo simulare, alla data attuale, le risorse necessarie per soddisfare solamente la riduzione dell’eccedenza del debito nel solo 2015, così come previsto dal F.C. e prendendo a riferimento i dati previsionali del FMI sulla dinamica del debito e del PIL nel 2014 e 2015 nel nostro Paese, dovremmo reperire risorse aggiuntive, oltre quelli previsti, fra i 38 e i 40Mld di euro, ma a consuntivo potrebbe essere una cifra per difetto perché siamo ormai abituati all’inattendibilità cronica del FMI.

La Commissione Europea ancora a guida Barroso, ha pertanto incaricato un comitato di 11 esperti (per la cronaca nessun italiano!), presieduto dall’ex governatrice della banca centrale austriaca Gertrude Trumpel-Gugerell, per individuare un meccanismo che vincoli i paesi al rispetto automatico della riduzione del debito così come previsto dal FC. Questo Comitato ha consegnato la proposta a fine marzo scorso, facendo propria quella già ideata dal German Council of Economics Expert (Consiglio dei Saggi tedesco) avanzata alla fine del 2012, che prevedeva la costituzione di un Fondo Europeo di Redenzione, ovvero l’ERF, acronimo di European Redemption Fund. Gli esperti incaricati da Bruxelles per ridurre le eccedenze dei debiti senza possibilità di moratorie discrezionali e con modalità automatiche, hanno concepito un Fondo ad hoc che vincola tutti gli Stati aderenti a conferirne le eccedenze delle porzioni di debito superiori al 60% del PIL. A sua volta il Fondo, per finanziarsi e tramutare i titoli nazionali con garanzia comune, potrà emettere sul mercato dei capitali degli eurobill, ovvero eurobond, che si avvarranno della tripla A, concessa dalle Agenzie di rating alle emissioni della UE, e pertanto godranno di tassi più bassi rispetto a quelli di molti paesi eurodotati. A questa conversione di titoli viene pretesa la garanzia dell’asservimento dei rispettivi asset patrimoniali nazionali, riserve valutarie e auree e parte del gettito fiscale (es. IVA) a titolo di collaterale. Naturalmente tale asservimento, rappresentato dalle garanzie in asset, potrà essere automaticamente liquidato dal Fondo di Redenzione ogni volta che un paese risulterà inadempiente alla riduzione programmata della quota  parte di eccesso di debito. Come firmare cambiali in bianco pronte all’incasso seguendo la logica del curatore fallimentare più orientata a soddisfare i diritti del creditore che del debitore! Se un paese membro non sarà in grado di reperire le risorse necessarie ogni anno e per vent’anni, scatterà la procedura automatica. Praticamente per quel che ci riguarda i nostri gioielli di famiglia, rappresentati dalle partecipazioni in ENI, Finmeccanica, Poste, ENEL ecc., i beni immobiliari pubblici, le riserve auree e valutarie, saranno liquidate automaticamente se non provvederemo in modo autonomo a diminuire di un ventesimo l’anno l’eccedenza del surplus di debito con il pericolo che saranno letteralmente svendute pur di rispettare le assurde e anacronistiche regole.

Questo significa LA TOTALE E IRREVERSIBILE ABDICAZIONE DELLA SOVRANITA’, pretesa e richiesta sull’altare della sostenibilità di una moneta che si è rivelata essere un OGM concepita per fungere perfettamente da volano e supporto alle operazioni finanziarie e all’economia virtuale e non certo alle esigenze dell’economia reale e alle sacrosante esigenze e diritti dei cittadini! Un altro aspetto importantissimo a nostro discapito è che l’emissione di eurobond, in sostituzione dei titoli nazionali, tramuterebbe quella porzione di debito definitivamente sotto la giurisdizione estera internazionale in quanto ora, per quanto già espressa in valuta estera euro, almeno ricade ancora sotto l’applicabilità nel nostro Paese degli art.1277 e 1278 del cc. che prevedono la lex monetae, cioè la possibilità di conversione in qualsiasi momento nella valuta legale in uso. Si tratterebbe dell’abdicazione più totale di qualsiasi residuo di Sovranità e saremo depredati di tutto il nostro patrimonio pubblico a prezzi di liquidazione fallimentare. Inoltre il residuale debito rientrante nel rapporto del 60% sul PIL, che rimarrebbe nella nostra gestione, subirebbe un forte deprezzamento a causa dei tassi, perché si dovrebbe confrontare sui mercati con lo spread generato dalla presenza degli eurobond, sempre espressi in euro ma con tripla A e con garanzia di collaterale sottratta alla garanzia generale di tutto il debito emesso.

La nostra classe politica, che ha ratificato il Fiscal Compact e inserito prontamente nel dettame costituzionale il principio del pareggio di bilancio modificandone l’art.81 (caso unico fra i 25 firmatari) e che continua a ragliare sempre più forte sulla cessione della Sovranità del nostro Paese a vantaggio di Bruxelles in totale fregio della nostra Carta Costituzionale, è in grado di capire cosa ci attende con l’ERF? Per questi personaggi, che occupano anche ruoli istituzionali, l’appellativo di collaborazionisti, e svenditori del Paese è sin troppo leggero! Il Divino Dante già ha previsto la loro collocazione definitiva: nel trentaduesimo canto dell’Inferno e precisamente nella seconda zona del nono cerchio, dove il Padre della nostra lingua ha posto i traditori della patria! I prossimi mesi saranno cruciali sulle evoluzioni che avverranno in Europa e vedremo se proveranno ad adottare questo ulteriore meccanismo automatico come ultima carta per la sostenibilità dell’euro.

Altro pericolo incombente per la nostra economia e per la nostra qualità di vita è dietro l’angolo: mi riferisco al TTIP (Transatlantic Trade & Investment Partnership) o meglio TAFTA (Transatlantic Free Trade Agreement) cioè il Trattato fra gli Stati Uniti e l’Unione Europea per poter far nascere la più grande area di libero scambio del mondo con l’abbattimento dei confini commerciali e soprattutto dei vincoli normativi fra Europa e USA. Da diversi mesi lo stanno negoziando, nella totale e massima segretezza, il Governo americano e la Commissione Europea, nonostante gli effetti potrebbero letteralmente sconvolgere il nostro modo di vivere.

Dell’accordo analizziamo solo alcuni aspetti: da quello che si può per ora intuire, oltre alle cosiddette barriere tariffarie, cioè i dazi, saranno interessate anche le barriere non tariffarie, in particolare quelle che riguardano i controlli e gli standard qualitativi richiesti per i generi alimentari, per i controlli sanitari delle merci, sulle politiche dei prezzi dei farmaci, sui brevetti e i copyright, sulla libertà nell’uso di internet e sulla privacy dei consumatori, norme sui prodotti chimici in agricoltura e naturalmente sull’immenso infinito dei servizi, cioè assicurazioni sulla vita e sanitarie, servizi finanziari, ecc. Tuttavia, dalle indiscrezioni trapelate, l’accordo prevedrebbe uno spazio finanziario comune, ma non una regolamentazione concertata della finanza. Sappiamo altresì che esistono livelli estremamente diversi di standard e di comportamenti normativi fra USA e UE e l’accordo provocherebbe forti discapiti a Paesi come il nostro che, specialmente nel settore agro-alimentare, ha issato controlli e standard qualitativi molto alti. Basti pensare alla possibilità di libero commercio nella grande nuova macroarea di carni di animali trattati con gli ormoni e antibiotici e generi alimentari con l’utilizzo di sementi OGM e la non più tutela dei prodotti a denominazione d’origine controllata e garantita, capisaldi delle nostre eccellenze alimentari.

Ma l’aspetto più sconcertante di questo accordo è l’adozione di Tribunali arbitrali privati per la risoluzione di controversie in caso di contenziosi per il non rispetto delle norme del Trattato TTIP a cui gli stessi Stati dovranno sottostare subordinando la propria legislazione. Pertanto se una azienda reputa di essere stata danneggiata da una decisione politica di un Governo, potrà appellarsi ad un Tribunale privato che ha la giurisdizione per poterlo fare citando in giudizio lo Stato stesso. Inoltre il Trattato prevede, in caso di risoluzione di uno o più Paesi, il vincolo di rispettarlo comunque e in ogni caso per un periodo di vent’anni, il giusto tempo per rendere irreversibile qualsiasi economia ormai assoggettata profondamente e definitivamente al nuovo sistema introdotto.

Inutile precisare che il coltello dalla parte del manico l’avrebbero sempre in ogni caso gli americani, in quanto potendo contare sul governo del tasso di cambio della loro moneta per mezzo della FED rispetto ai paesi europei che invece non hanno la stessa possibilità in quanto non previsto dal mandato della BCE, agirebbero costantemente sui mercati valutari per favorire in modo ottimale i flussi fra import ed export.
I nostri cugini francesi hanno già fatto sapere di non essere disponibili ad accettare di sottostare ai Tribunali privati arbitrali, dimostrando di tutelare il loro sistema paese e i loro cittadini; noi invece preferiamo tacere e firmare in bianco qualsiasi cosa ci venga proposta.
Anche in questo caso i nostri politici preferiscono cedere la Sovranità del Paese evidentemente non essendo in grado di gestirla, ma la nostra Storia, la nostra identità, la nostra Costituzione non lo consentono assolutamente, sono in ballo criteri e diritti propri di una democrazia e pertanto non negoziabili, non disponibili e imprescindibili. E’ in atto una vera e propria dittatura economica e il modello di democrazia imposto dall’Europa è la più subdola delle tirranie. L’Italia è la nostra Patria e guai a chi la vuole distruggere: abbiamo dimostrato nei millenni di saper camminare con le nostre gambe e non vogliamo rinunciarvi per un piatto di lenticchie, anzi di crauti e patatine fritte! Cerchiamo di fare finalmente i nostri interessi esattamente come non hanno mai smesso di farli tutti gli altri, magari con il contributo di una nuova classe politica dirigente che sappia non solamente fare inchini per tornaconti personali, ma che sappia proporre iniziative concrete per il bene del Paese.
PREPARIAMOCI A RIPRENDERE LE CHIAVI DI CASA PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI, NEL RISPETTO DI QUELLO CHE HANNO COSTRUITO I NOSTRI PADRI E PER GARANTIRE UN FUTURO AI NOSTRI FIGLI!

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