sabato 4 giugno 2016

DOPO AVER IMPOVERITO MILIONI DI PERSONE, IL FMI AMMETTE CHE IL NEOLIBERISMO È UN FALLIMENTO

DOPO AVER IMPOVERITO MILIONI DI PERSONE, IL FMI AMMETTE CHE IL NEOLIBERISMO È UN FALLIMENTO







L’ottimo sito Counterpunch pubblica un intervento che smaschera l’ipocrisia mostrata dal FMI nella sua recente condanna al neoliberismo. Benché l’analisi dei risultati delle politiche neoliberiste sia certamente corretta, il FMI omette di dire che l’imposizione di queste politiche sia stata deliberata, e sovente imposta ai Paesi dalla potenza egemone (USA). I critici avevano ampiamente previsto in largo anticipo quali sarebbero state le conseguenze del neoliberismo: l’impoverimento di milioni e milioni di persone a vantaggio dei ricchissimi non è stato un errore, ma una scelta ben precisa.

Di Benjamin Dangl

Traduzione di Sil Viar (@sil_viar0)

La scorsa settimana da un dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale è uscito un rapporto che ammette che il neoliberismo è stato un fallimento. Lo studio, intitolato “Neoliberalism: Oversold?” (Neoliberismo: sopravvalutato?), è, auspicabilmente, un segnale della morte dell’ideologia. Sono solo in ritardo di circa 40 anni. Naomi Klein sul rapporto ha twittato “Allora tutti i miliardari che sono stati creati stanno per restituire i soldi, vero?”

Molte delle scoperte del rapporto che colpiscono il cuore dell’ideologia sono l’eco di quello che i critici e le vittime del neoliberismo dicono da decenni.

“Invece di creare crescita,” il rapporto spiega che le politiche neoliberiste di austerità e di bassa regolamentazione dei movimenti di capitale hanno di fatto “incrementato la diseguaglianza”. Questa diseguaglianza “potrebbe essa stessa recidere alla base la crescita…” Di conseguenza il rapporto afferma che “i politici dovrebbero essere più aperti alla redistribuzione di quello che sono”.

Tuttavia, il rapporto lascia fuori alcuni elementi degni di nota sulla storia e l’impatto del neoliberismo.

Il FMI suggerisce che il neoliberismo è stato un fallimento. Ma ha funzionato molto bene per l’1% globale, il che è sempre stato l’intento del FMI e della Banca Mondiale. Come ha riportato Oxfam all’inizio di quest’anno l’1% più ricco del pianeta adesso detiene più ricchezza di tutto il resto della popolazione mondiale. (Analogamente la giornalista investigativa Dawn Paley ha provato nel suo libro Drug War Capitalism che, lontano dall’essere un fallimento, la Guerra alla Droga è stata un grande successo per Washington e le multinazionali).

Il rapporto del FMI cita il Cile come un caso di studio per il neoliberismo, ma non menziona nemmeno una volta che quella visione economica è stata applicata attraverso la dittatura di Augusto Pinochet sostenuta dagli USA – una omissione rilevante che non è una svista casuale da parte dei ricercatori. In tutta l’America Latina, il neoliberismo e il regime del terrore in genere sono andati di pari passo.

Il coraggioso giornalista argentino Rodolfo Walsh, nel 1977, nella Lettera Aperta alla Giunta Militare Argentina, denunciò l’oppressione di quel regime, una dittatura che aveva organizzato l’uccisione e la scomparsa di 30.000 persone.

“Questi fatti, [Walsh aveva scritto delle torture e degli omicidi] che scuotono la coscienza del mondo civile, non sono però quelli che hanno arrecato le maggiori sofferenze al popolo argentino né sono le peggiori violazioni dei diritti umani in cui voi incorrete. Nella politica economica di codesto governo si deve ricercare non solo la spiegazione dei vostri crimini, ma una maggiore atrocità, la condanna di milioni di esseri umani alla miseria pianificata (…) Basta camminare per qualche ora nel Gran Buenos Aires per verificare la rapidità con la quale una simile politica l’ha trasformata in una città-miseria di dieci milioni di abitanti.”
Questa “miseria pianificata”, come dimostra vividamente Shock Economy di Naomi Klein, è stata l’agenda neoliberista che il FMI ha imposto per decenni.
Il giorno dopo aver spedito la “Lettera alla Giunta Militare”, Walsh fu catturato dal regime, ucciso, bruciato e gettato nel fiume, una tra le milioni di vittime del neoliberismo.



venerdì 3 giugno 2016

Ucciso il Marito del Pubblico Ministero che indaga, sugli abusi sessuali su minori di, Bill Clinton.

Ucciso il Marito del Pubblico Ministero che indaga, sugli abusi sessuali su minori di, Bill Clinton. 

By: Sorcha Faal



Una scioccante nuova relazione del Foreign Intelligence Service ( SVR ) circola al Cremlino di oggi relativo al fatto che una squadra d'élite di assassini della Central Intelligence Agency ( CIA ) controllata dal Presidente Obama hanno sparato al marito di un procuratore degli Stati Uniti che si apprestava a indagare l'ex presidente William (Bill) Clinton per i  crimini relativi al suo abuso sessuale con una ragazza minorenne mantenuta come schiava per il sesso  dal suo amico miliardario Jeffery Epstein .

Secondo questo rapporto, SVR monitora regolarmente i luoghi e le attività di queste " squadre per colpire " della CIA  , e nel 2013 sono stati descritti dal giornalista che ha vinto il premio Pulitzer  per il New York Times, Mark Mazzetti (nel suo libro intitolato The Way of the Knife: La CIA, un esercito segreto, per una guerra ai confini del mondo ), come "esercito personale del presidente Obama " sono autorizzati al " assassinio senza restrizioni " .

Il 31 maggio, continua la relazione, SVR  nella sorveglianza " elettronica / telefonica / satellitare " che a una di queste "squadre" della CIA  è stato rilevato il loro movimento  e [ Cancellato местоположение ] nella regione di Atlanta , in Georgia, dove hanno " gestito / missione di lavoro " fino alle prime ore del mattino del 1 ° giugno per poi ripartire. [ Nota: Alcune parole che compaiono tra virgolette in questo rapporto sono approssimazioni in lingua inglese di parole russe / frasi che non hanno una esatta controparte.]

Nella " esatta / analoga vicinanza " del luogo questo " Squadra d'élite " della CIA   era all'opera, nota la relazione, e poco dopo la loro partenza dalla regione di Atlanta, gli agenti di polizia locale sono stati chiamati per aver scoperto il corpo di Shahriar Zolfaghari  marito del procuratore dello stato della Georgia, che indaga sul traffico di esseri umani, Camila Wright -e la polizia di Atlanta nella persona del Maggiore Adam Lee III ha riferito che era stato sparato con due colpi al petto da distanza ravvicinata , e ha detto: " è un mistero il motivo per cui lo abbiano colpito a morte ".



Shahriar Zolfaghari (a sinistra) con la moglie Camila Wright (a destra) E' il pubblico ministero che nello stato della Georgia indaga per traffico di esseri umani. 

Questo rapporto del SVR, tuttavia, afferma che la " presunta/ possibile " ragione dell'assassinio di Zolfaghari è un " messaggio di intimidazione " per la moglie Camila, per impedirle di indagare sull'ex presidente Clinton sui crimini sessuali contro bambini e per fermare la sua indagine sull'illegale traffico sessuale.

Per quanto riguarda il procedimento penale esatto del Procuratore Wright contro il presidente Clinton, spiega il rapporto, si tratta del " contraente / di un giro d'affari " con un numero di ragazze minorenni che vivono nella regione di Atlanta della società bene di New York e British,  Ghislaine Maxwell , Sarah Kellen e Nada Marcinkova -Tutte e tre le quali sono state incaricate dal pedofilo miliardario, già condannato,  Jeffery Epstein di procurarsi schiave del sesso minorenni per il suo complesso nella isola caraibica privata conosciuta come " Pedophile Island ", che approvvigiona i ricchi e famosi, del mondo tra cui il presidente Clinton e il principe Andrea .



Ghislaine Maxwell, che è stata etichettata come " Mamma protetrice di Epstein ", continua il rapporto, è stata la principale " dealmaker / contractor " di minorenni ad Atlanta, schiave del sesso femminili, preferite dal suo caro amico Presidente Clinton durante le sue visite a " Pedophile Island i cui rapporti del registro di volo scoperti di recente hanno dimostrato numerose visite, di cui molte senza la sua particolare scorta Servizio Segreto .



Ghislaine Maxwell è una buona amica del presidente Bill Clinton la si può vedere sulla destra al matrimonio la figlia il suo Chelsea nel luglio 2010


Se il Procuratore Wright cede all'intimidazione del " messaggio di morte " del regime Obama e lascia le sue accuse sui crimini sessuali in previste contro il presidente Clinton (e, per estensione, per molte altre élite americane che erano anche " asservite " da ragazze minorenni schiave del sesso di Epstein) la relazione non ci specula sopra -ma non può altro che notare,  in passato, in particolare quando, si tratta dei Clinton,  se non basta un omicidio, presto ne seguiranno molti altri.



2 giugno, 2016 © UE e USA Tutti i diritti riservati. Il permesso di utilizzare questo rapporto nella sua interezza è concesso a condizione sia citata la fonte originale WhatDoesItMean.Com. Contenuti freebase sotto licenza CC-BY e GFDL .

giovedì 2 giugno 2016

LE BANCHE ITALIANE ROVINATE MOSTRANO I PERICOLI CHE SI NASCONDONO DIETRO L’EURO

LE BANCHE ITALIANE ROVINATE MOSTRANO I PERICOLI CHE SI NASCONDONO DIETRO L’EURO

vocidallestero 




In un bell’articolo sul Telegraph, Hallagan sottolinea il legame tra le miserie economiche italiane e l’appartenenza all’euro. Non c’è dubbio che le attuali condizioni disastrose del nostro sistema bancario siano legate a doppio filo all’appartenenza all’UE e all’eurozona E la situazione è tale da rendere un’esplosione dell’eurozona probabile e dannosa per tutti i membri dell’UE. I cittadini britannici dovrebbero tenere conto di questi rischi quando decideranno se rimanere nell’Unione.


Di Liam Halligan,

La scorsa settimana ero a Milano per parlare di Brexit, quando si è saputo che la maggiore banca italiana aveva perso il suo CEO.

L’UniCredit è a un passo dalla crisi, le sue azioni sono crollate del 40% durante il 2016. L’intero sistema bancario italiano sembra estremamente fragile, infatti, con i valori delle azioni delle banche in calo in media di un terzo da inizio anno.

Abbiamo sentito nelle scorse settimane un sacco di discorsi terrorizzanti riguardo i “pericoli del Brexit” provenire dal Tesoro e dalla Banca d’Inghilterra, istituzioni vitali che, sfortunatamente, sembrano ormai interamente politicizzate. Ma sentiamo molto meno di frequente le istituzioni che parlano dei gravi rischi di rimanere all’interno dell’UE.

Naturalmente un grosso pericolo ben presente nelle coscienze del pubblico inglese è l’immigrazione, di ben 333.000 persone lo scorso anno, comprese un numero record pari a 184.000 dalla UE. Non sono contrario all’immigrazione – nemmeno per scherzo – ma penso sul serio che le grosse differenze salariali all’interno della UE, unite al movimento di massa generalizzato da Africa e Medio Oriente verso l’Europa, significa che la “libertà di movimento” non è solo da ingenui, ma sempre più pericolosa.

La migrazione all’interno della UE sta mettendo a dura prova il tessuto sociale, radicalizzando la politica europea a un ritmo allarmante. Chiunque non si accorga di questo e non pensi alle sue implicazioni, mostra un’incredibile mancanza di consapevolezza.

Assistiamo alla continua ascesa di partiti come i Social Democratici svedesi, i Veri Finlandesi, Alternativa per la Germania, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo in Italia, e ovviamente l’Ukip, che sono partiti relativamente moderati, tutti sostenitori di controlli all’immigrazione e tutti accumunati da un forte consenso del pubblico.

Se questi partiti non dovessero ottenere i loro obiettivi, allora organizzazioni più dure e radicali prenderanno il sopravvento, chiedendo misure più estreme e mostrando pochissima tolleranza.

Ecco una ragione per cui il Regno Unito deve lasciare la UE: per poter passare a un sistema di immigrazione controllata e selezionata – come in altra nazioni avanzate come gli USA e l’Australia – capace di preservare la nostra tradizione di accogliere i veri rifugiati.

Se la Gran Bretagna lo facesse, sospetto che ci sarebbe un’enorme pressione politica nel continente per modificare l’accordo di Schengen, che alcune nazioni hanno già sospeso. “Impossibile” sento dire ai sostenitori della UE. “I trattati lo impediscono”.

Be’, gli stessi trattati avrebbero dovuto imporre il Patto di Stabilità e Crescita – ve lo ricordat? – che doveva limitare i debiti pubblici europei al 60% del PIL. I trattati impediscono i “salvataggi”. I trattati insistono sul fatto che nessun paese potrà mai lasciare l’eurozona.

Tutte queste regole apparentemente non negoziabili, queste verità immutabili, si sono mostrate adattabili se non delle pure follie, passando dalla teoria alla pratica politica. La stessa cosa vale per Schengen, qualunque cosa dicano “i trattati”. In Francia, il movimento di estrema destra del Front National arriverà probabilmente al ballottaggio alle prossime elezioni presidenziali.

Abbiamo appena visto il partito della libertà anti immigrati arrivare a un pelo dall’aggiudicarsi la presidenza austriaca.. I ben pensanti e la classe politica possono ignorare questi sviluppi, dando degli “stupidi” agli elettori, ma questa si chiama democrazia.

Se le politiche non danno risposte, prendendosi cura di un crescente numero di persone poco pagate ed economicamente vulnerabili, la politica europea peggiorerà ancora di più.

Ma lasciamo perdere questo argomento. Perché il pericolo legato a Rimanere nell’UE che vogli sottolineare questa settimana riguarda l’Italia e, in particolare, le performance economiche del Paese all’interno della moneta unica e le possibilità di una crisi bancaria nella quarta maggior economia dell’eurozona.

Non parliamo di un “Progetto Paura”, ma di un “Progetto guarda ai fatti, anche se scomodi. L’economia italiana è andata malissimo nel periodo dell’euro, facendo meglio della sola Grecia. L’Italia è cresciuta a una media dello 0,2% all’anno dal lancio dell’euro nel 1999.

Costretta nella camicia di forza della monetona, ha perso il 30% in termini di competitività da costo del lavoro rispetto alla Germania, una perdita che sarebbe stata compensata in larga parte da un deprezzamento graduale della lira.

Il tasso di disoccupazione ufficiale in Italia è dell’11,4%, che sebbene alto (nel Regno Unito è del 5,1%) viene in genere ignorato e sottostimato. In Campania il valore è del 53%. In Calabria del 65%. La disoccupazione giovanile, che era la 23% nel primo decennio di euro, è ora a un livello da infarto del 37%

Questa è una delle ragioni per cui i sondaggi mostrano come circa il 50% degli italiani vogliono lasciare la UE, mentre molti partiti tradizionali discutono apertamente la prospettiva dell’abbandono dell’euro. La perdurante mancanza di crescita in Italia ha aggravato pesantemente la crisi debitoria, il debito pubblico vale ora 2.170 miliardi di euro, ossia il 134% del PIL.

L’unica ragione per cui i titoli di stato non hanno rendimenti altissimi è che la BCE sta pompando 80 miliardi di euro al mese di QE. Tuttavia il problema più immediato, che pone il vero pericolo reale di collasso del sistema, sono le banche italiane. La montagna pari a 80 miliardi di euro di crediti in sofferenza di Unicredit è solo una parte della montagna di 360 miliardi di crediti a sofferenza complessivi.

Le banche italiane hanno crediti deteriorati nei loro bilanci per un controvalore di circa il 18% di tutti i prestiti in scadenza, e questo numero è in crescita – mentre in Germania questo valore è del 3% e in Francia del 4%. Mentre le azioni delle banche sono scese in tutta la UE quest’anno, in Italia sono scese più di una volta e mezza rispetto alla media.

Tardivamente – molto tardivamente, e sotto un’immensa pressione diplomatica – l’Italia sta cercando di ripulire il proprio settore bancario. Non c’è molta fiducia a riguardo. Lo scorso anno, il salvataggio di 4 piccole banche è andato storto, e alcuni clienti hanno perso tutti i loro risparmi, scatenando suicidi e indignazione nazionale.

Mentre lo Stato rischia l’insolvenza, le banche stanno cercando di imporre uno schema guidato dal settore privato secondo il quale, anziché tagliare il valore nominale dei crediti deteriorati e imporre di conseguenza perdite ai detentori di azioni e obbligazioni, come dovrebbe accadere, le banche grandi in difficoltà si appoggiano alle piccole banche in difficoltà.

Si tratta essenzialmente di un tentativo di salvare la faccia che potrebbe facilmente andare storto – se non altro perché la perdurante assenza di crescita in Italia all’interno dell’eurozona causerà a far aumentare i crediti deteriorati e il debito pubblico in percentuale al PIL. Sono rimasto scioccato dalla mancanza di un serio dibattito economico nel corso della campagna per il referendum (sul Brexit NdVdE).

Per esempio, chiunque interviene nel dibattito dà per assodato che la sterlina “crollerà” se ci dovesse vincere il Brexit, dato che lo dice la Banca Centrale di Inghilterra. Davvero? Allora perché nelle scorse settimane, mentre i sondaggi dicevano che l’esito del referendum è oggi imprevedibile, la sterlina si è apprezzata significativamente rispetto all’euro, registrando il massimo degli ultimi 4 mesi?

Analogamente, parlando della moneta unica, ormai quasi tutti accettano quello che gente come me dice da 25 anni, ossia che essa potrà sopravvivere solo se si creasse una significativa mutualizzazione di una grossa parte del budget dei governi nonché un’unione bancaria. Ma niente di tutto ciò accadrà a breve.

Si tratta infatti di tabù politici, non di soluzioni politiche realizzabili. Quindi, prima che si realizzi questa enorme diluizione della sovranità nazionale – e io umilmente sostengo che non si realizzerà mai – uno o più paesi finiranno fuori dall’euro, provocando una confusione enorme, il cui conto da pagare dovrà essere saldato dalle economie più forti della UE.

La moneta unica è una polveriera pronta a esplodere. Rappresenta probabilmente il più grande rischio sistemico per i mercati finanziari globali. E, a prescindere da quale dovesse essere la miccia che la farà esplodere, che sia il collasso del sistema bancario italiano o i disordini continui in Grecia, il Regno Unito, in quanto membro della UE, verrà esposto alle relative conseguenze se l’euro dovesse implodere. Tenetelo in considerazione quando valutate l’opportunità di rimanere nella UE.

mercoledì 1 giugno 2016

Putin ordina il rilascio mondiale della maggior parte delle pericolose email

Putin ordina il rilascio mondiale della maggior parte delle pericolose  email  

By: Sorcha Faal


Un rapporto sbalorditivo pubblicato oggi dal Consiglio di Sicurezza ( SC ) circola al Cremlino e dice che poco più di 12 ore fa, il Presidente Putin ha ordinato il rilascio di una singola email di Hillary Clinton, che fa parte, delle decine di migliaia in possesso del Foreign intelligence Service ( SVR ).

Secondo questo rapporto, l'azione del Presidente Putin nell'ordinare il rilascio di questa e-mail è stata pensata per risolvere il contenzioso tra il direttore del Servizio di Sicurezza Federale ( FSB ) Alexander Bortnikov e presidente del Consiglio della Federazione ( COF ) Valentina Matviyenko sulla questione del rilascio ai media occidentali di queste e-mail segrete e classificate top secret ottenute dal SVR dai, computer del server (di posta elettronica) , non garantite come appartenenti alla ex Segretario di Stato americano, e attuale candidato presidenziale americano, Hillary Clinton.

A Seguito del nostro report del 6 Maggio , Cremlino: Scoppio d'ira Durante il rilascio delle email Top Secret di Hillary Clinton  , su questo conflitto interno in materia di e-mail di Hillary Clinton scoppiate nelle più alte sfere del governo Russo, i media degli Stati Uniti hanno sostanzialmente mantenuto il silenzio, con la eccezione del blog politico a larga diffusione Gatewaypundit.com che ha scritto su loro nel articolo REPORT: Messaggi di posta elettronica di Hillary Hackerati dalla Russia - il Cremlino decide di rilasciare 20.000 Messaggi di posta elettronica rubati e la Fox News Channel , una di quelle reti principali dello spettacolo, il File Kelly , ha discusso in abbondanza di questa crisi .


Anche se questo rapporto non ha specificamente indicato,  al quale il Presidente Putin ha ordinato, come la singola email rilasciata di Hillary Clinton, non sembra sia poi così difficile da capire come un'ora più tardi , l'organizzazione giornalistica internazionle Wikileaks , senza scopo di lucro ,  pubblica le informazioni segrete, le notizie classificate rilasciate ai media da fonti anonime, ha inviato un messaggio su Twitter contenente questa e-mail con il titolo È questa email, mostrata dalla FBI, una  stella contro Hillary Clinton ( "H")? ( vedi e-mail qui sotto)



Le gravi implicazioni per Hillary Clinton con riferimento a questa e-mail, dice la relazione , è che fornisce la prova conclusiva che ha personalmente ordinato fossero top secret, e altre  e-mail inviate al suo server privato del computer, classificate  per  essere poi rivelate, e dallo stesso non protette,  in violazione della legge degli Stati Uniti, contraddice quello che dice sul suo sito web nella campagna presidenziale: " Clinton ha usato solo il suo account per la posta elettronica non classificata. Nessuna informazione nelle e-mail di Clinton è stata segnalata come classificata al momento del invio o della ricezione . "

La relazione rileva inoltre che un'altra dichiarazione di Hillary Clinton, sul ​​suo sito web durante la campagna, afferma: " Era permesso? Sì. Le leggi, i regolamenti, e la politica del Dipartimento di Stato in essere durante il suo mandato ha permesso di utilizzare una e-mail non governativa per il suo lavoro ", allo stesso tempo e modo, sono stati esposti come essere falsi l'Ispettore Generale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti , la scorsa settimana , ha detto, con dettagli a cui non è stato dato il permesso, Jonathan Scott Gration, l'ex ambasciatore americano in Kenya, che avendo ignorato le istruzioni del luglio 2011 di non usare la posta elettronica commerciale per le imprese del governo, ed è stato costretto a dimettersi, a metà del 2012, quando l'allora Segretario di stato Clinton è stato avviata ad un'azione disciplinare , mentre allo stesso tempo, stava facendo esattamente la stessa cosa, ma ne manteneva il segreto.

Anche se questo rapporto non cita le leggi americane Hillary Clinton ha interrotto con le sue azioni, e molti siti di notizie dei media americani sono  tutti in accordo tra loro sul fatto che le serie leggi degli Stati Uniti violate sono: l'Executive Order 13526-Classified National Security Information e il 18 USC sec. 793 (f) -Gathering, nella trasmissione o perdita di informazioni della Difesa del Codice Federale che rendono illegale inviare o archiviare informazioni classificate sulla e-mail personale.

Il Presidente Putin ha ora ordinato il rilascio di queste email dannose, di Hillary Clinton, dimostrando una volta per tutte che, in effetti, che ha infranto le leggi americane, conclude la relazione, nel prossimo evento può accadere di vedere quanto il regime di Obama impone contro lei -e come avevamo precedentemente riportato il 13 Maggio nel report  intitolato Putin avverte comandanti militari: "Se si tratta di Hillary Clinton, è guerra" , questo è un problema che ha gravi implicazioni non solo per la corsa presidenziale degli Stati Uniti, ma per il mondo intero.



Giugno 1, 2016 © UE e USA Tutti i diritti riservati. Il permesso di utilizzare questo rapporto nella sua interezza è concesso a condizione sia citata la fonte originale a WhatDoesItMean.Com. Contenuti freebase sotto licenza CC-BY e GFDL .


martedì 31 maggio 2016

Nois no ischiamus, nosu no isciemus, no sapìami – NOI NON SAPEVAMO, di Bachisio Bandinu

Nois no ischiamus, nosu no isciemus, no sapìami – NOI NON SAPEVAMO, di Bachisio Bandinu

Fondazione Sardinia

de sa LIMBA – TURISMU – INDUSTRIA – BASIS MILITARIS – AMBIENTE. Lezidebos in s’urtimu liberu noi de Bachis Bandinu, ediz. Il Maestrale, Nu, 2016.

Paret una malasorte nostra cussa de nos abbitzare a pustis de tottu su chi nos sutzedit, pro carculare solu sos ùrtimos sessant’annos de s’istòria sarda.

Su tempus nos rughet a supra e non semus capatzes de , ortare a cumbènia nostra sas occasiones de importu. Proitte non semus mai prontos a isfruttare sas possibi­litates a profettu nostru?

Nos est semper mancata sa virtute de ischire pesare sos fattos e de nde iscuntrobbare sos effettos e sos resurtatos.

Zente anzena at ischitu carculare su tempus justu pro si facher mere de sos benes nostros a benefitziu pròpriu.

A dolu mannu nostru, cando deviamus rispondere a sas dimandas chi nos poniat su tempus, in s’ora nois no ischiamus.

Com ente si fachet e tènnere a notu sas cosas chi nos pertocan pro avvalorare sos benes nostros in manera chi torren a profettu de sa economia e de sa cultura sarda?

S’isfida manna pro sa Sardigna, oje, est sa connoschen­tzia e s’intelligentzia de sos sèperos, sa capatzitate de iscun­trobbare sas cumbènias de su locu e de su tempus nostru a cuffrontu de su gheretzu de su mundu.

“Investire in cultura” est unu modu de nàrrere in bue­ca de donzi pulìticu, com ente chi sian paràulas de vantu chi pacu costan, chene carculare chi pro “investire in cultura” bi cheret istudiu, programmas, impreu de ‘inari e de intelligentzia.

A produire cultura est una pràtica de manos e de mente chi rechedit appentu e travagliu, cun su còmpitu de istrui­re sa zente e de inventare fainas novas.‘

” E duncas bisonzat de mezorare su gradu de imparu de s iscola e de sa formatzione professionale: sa natzione sar­da devet andare a iscola, pro poter fàchere iscola. …
Il ritardo è il carattere distintivo della nostra storia, per limitarci soltanto agli ultimi sessant’anni. Sempre in ritar­do rispetto alle urgenze del tempo e alle nostre necessità. 
Perché sempre impreparati a cogliere le opportunità e sfruttarle a nostro vantaggio? 
È mancato un sapere dell’ accadere delle cose e dei loro effetti. Altri hanno saputo giocare d’anticipo e sfruttare le nostre risorse a loro profitto. 
Pesa una dolorosa constatazione: davanti agli eventi decisivi, noi sardi non sapevamo. 
Non sapevamo che nel turismo il vero capitale non è tanto l’investimento finanziario quanto la qualità del bene ambientale.
Noi non sapevamo quale lascito di inquinamento, ma­lattie e disoccupazione avrebbe portato l’industrializza­zione petrolchimica,
Noi non sapevamo quali danni terribili per la salute e per l’ambiente avrebbero portato le basi militari. 
Oggi, c’è un sapere capace di realizzare un modello di sviluppo da orientare continuamente a seconda delle esi­genze di un tempo in continua trasformazione? 
Come si costruisce un sapere per valorizzare le nostre risorse materiali e umane e fare investimenti economici e culturali a nostro vantaggio?
La sfida decisiva per la Sardegna oggi è la conoscenza, l’intelligenza delle scelte, la capacità di leggere la cifra del proprio tempo nel confronto con la globalità.
“Investire in cultura” è diventato un detto abusato, persino gratificante, quasi fosse una affermazione libera­toria, senza valutarne il peso gravoso di progettualità, di programmazione, d’investimento finanziario e umano. 
La cultura è produzione materiale e produzione di sen­so. Formazione e innovazione. 
È fondamentale innalzare i livelli dell’apprendimento­ insegnamento scolastico e della formazione professionale: è tutta la società sarda che deve” andare a scuola” per po­ter fare scuola.
A sa bandha de su 1960 nois no l’ischiaimus chi s’indu­stria petrolchimica nos batiat disocupatzione, derruimen­tu de su logu e maladias.

Amus crétidu chi nos daiat deretu postos de traballu e istipéndhios, chi nos faghiat istare menzus, in sa bundhàn­tzia.

Amus crétidu chi fit bénnidu su tempus de sa moderni­dade. De custa zenia de modernidade semus paghendhe e amus a sighire a pagare sos gastos e guastos orrorosos.
Noi non sapevamo, negli anni ’60-’70, che l’industria petrolchimica avrebbe portato disoccupazione, inquina­mento e malattie. 
Abbiamo creduto nell’immediato vantaggio dell’occupazione, degli stipendi e dell’aumento dei consumi. 
Abbiamo creduto che era giunta la modernità: di que­sto tipo di modernità paghiamo e pagheremo ancora i teribili costi….

Nois no l’iscbiaimus ite fit s’industria petrolchimica, ne it’ efetu faghiat e cantu duraiat. Cun resone creiaimus chi s’industria abberiat a sa modemidade, comintzaiat su ca­minu de s’irvilupu e de sa créschida. 

Ma no s’industria pe­trolchimica chi in Itàlia no cheriant prus ca teniat unu beni­dore pagu seguru. Sa chimica de base no la cheriant prus ca incuinat e no teniat possibbilidade de durare tempus me­da. 

Nois no ischiaimus chi batiat un’incuinamentu grave, unu veru e prépriu disastru ecolégicu, No li amus dadu im­portu chi fit un’industria chi no batiat perun’àtera ativida­de e no faghiat nàschere àtera industria e mancu amus fatu contu de s’isàsinu de dinari chi bi cheriat pro fàghere unu solu postu de traballu. 

E su pagu chi ischiaimus teniat pagu pesu in su piatu nostru de sa bilància ca s’àteru fit prenu de illusiones, de promissas e de tot’àteras isperàntzias. Sa no­stra fit s’ abbaidada de chie bidet a unu prammu dae su bicu de su nasu e bidet su torracontighedhu de oe, su disizu de sa novidade, su muntone de sos finantziamentos.


Noi non sapevamo che cosa fosse davvero l’industria petrolchimica, i suoi effetti e il suo tempo di durata. A ra­gione credevamo che l’industria fosse l’apertura verso la modernità e avviasse il cammino dello sviluppo e della cre­scita.  
Ma non l’industria petrolchimica che nessuno in Ita­lia voleva per il suo futuro incerto. La chimica di base era rifiutata perché inquinante e senza grandi prospettive per i tempi medi e lunghi. 
Non sapevamo che avrebbe portato un inquinamento di estrema gravità, una vera e propria ca­tastrofe ecologica. Non abbiamo dato peso al fatto che si trattava di un’industria che non procurava indotto e che non sollecitava altre attività industriali e neppure abbiamo calcolato l’enorme spesa pro capite per ogni operaio as­sunto.  
Quelle poche cose che sapevamo non pesavano sul piatto della bilancia perché l’altro piatto delle illusioni, delle promesse e delle speranze era ben più pesante. Il no­stro era lo sguardo di chi ha un orizzonte corto e scorge il vantaggio immediato, l’effervescenza della novità, la con­sistenza dell’investimento.

Nois no l’ischiaimus chi s’industrializatzione fìt totu pro sos industriales italianos e internatzionales mannos. A contos fatos, nois no ischiaimus chi cussa rinascita fit co­mintzendhe a iscriere s’istéria de una morte: disocupat­zione, avelenamentu de sa terra, de s’ària e de s’abba, po­niat in perigulu mannu sa salude, fit una pérdida sighida de dinaris pro muntènnere biu unu moribbundhu, unu malàidu iscutinendhe e morindhe a biculu biculu.

S’isteria de sa SIR est unu romanzu chi podiat èssere ambientadu solu in Sardigna…..

De totu cust’ist6ria a nois at abbarradu petzi disocu­patzione, incuinamentu e maladias.

Ite motivos pro fàghere sa petrolchimica in Sardigna?

No b’aiat àteru? ….

Noi non sapevamo che l’industrializzazione era a van­taggio dei forti gruppi industriali italiani e internazionali. In definitiva non sapevamo che quella rinascita avrebbe iniziato a scrivere la storia di un’agonia: disoccupazione, avvelenamento della terra, dell’ aria e dell’ acqua, compro­missione della salute, emorragia finanziaria continua per tenere in vita un agonizzante, un malato terminale che mo­riva a brandelli. 
La storia della SIR è un romanzo che poteva essere am­bientato solo in Sardegna…. 
Che cosa è rimasto di questa incredibile storia: disoccupazione, inquinamento, malattie. 
Quali i motivi di una scelta petrolchimica? Non c’era un’ alternativa? ….



In sa discussione a propositu de ite irvilupu seberare, Giulio Sapelli naraiat chi «menzus de donzi zenia de iscérriu tra sa pessone e sa zente sua e donzi assistentzialismu chi 1′avilit» si podiat chircare una créschita fundhada in sa valorizatzione de sos benes locales, sas risorsas de su logu, una créscida chi naschiat inoghe, ma no isolada, umana e animosa, e no una modernizatzione chi distruet sa comu­nidade”.

No b’ aiat peruna identidade tra s’economia chi nos ant barriadu e sos Sardos. Amus tentu politicos chi no ant ischi­du ghiare e detzidere s’irvilupu, fossis ca s’irvilupu no fit in podere de sa autonomia speciale chi antzis lu detzidiant cudhos chi zughiant sas ‘craes’ de sa mundhializatzione de s’ecoonomia.

Como est in debbadas a chircare de cumprèndhere cale trasformatzione deabberu produtiva si podiat fàghere cun s’investimentu de sos chimbighentos milliardos de su pri­mu Piano di rinascita. Nos podimus, menzus, dimandhare ite connoschéntzia depimus tènnere, cale est s’identidade nostra pro pessare a una créschida de sa Sardigna in d-unu mundhu fatu a bidha e un’ economia mundhializada.

Oe donzi atividade est industria, investimentu intelle­tuale e finantziàriu chi rechedit isnidiu e unu ischire sem­pre prus cumpridu. Sa chistione est sempre culturale e s’i­scommissa est cosa de imbentare.

Nel dibattito sulle scelte di sviluppo, Sandro Ruju scri­ve: «Ragionando di recente sulle alternative possibili circa lo sviluppo della Sardegna nel secondo dopoguerra, Giu­lio Sapelli ha sostenuto che, “al di là di ogni forma di dis­gregante rottura tra l’uomo e la sua comunità e di ogni umiliante assistenzialismo” sarebbe stato possibile seguire una linea di crescita incentrata sulla valorizzazione delle risorse locali: 
“Perché – si è chiesto – questa linea di ‘cre­scita autoctona’ (ma non isolata) così ragionevole, così possibile, così ‘umana’ ed entusiasmante non si realizzò? Perché al posto della rottura morbida vi fu la modernizza­zione disgregante? “ 
Nessuna identità tra scelte economiche e tessuto socia­le. Così non si è formata una cultura dello sviluppo, non si è elaborata una coscienza identitaria della classe impren­ditoriale sarda, non è stata sollecitata una crescita auto propulsiva. 
Oggi, inutilmente potremmo chiederci quale trasfor­mazione veramente produttiva avrebbe potuto realizzare l’investimento di cinquecento miliardi su risorse sarde a partire dal 1960. Potremmo però chiederci quali strumenti di sapere e quale coscienza identitaria dobbiamo elabora­re per prospettare una crescita della Sardegna alla luce di conoscenze adeguate alle esigenze dello sviluppo globale. 
Oggi, qualunque attività è industria, cioè investimento in­tellettivo e finanziario che presuppone ricerca e saperi sempre aggiornati.
La questione è sempre culturale. La scommessa ha a che fare con la conoscenza delle cose occorrenti, con la ri­cerca e lo studio. Ha a che fare con l’invenzione.

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