di Antonello Boassa
Perché queste parole ci allarmano? Perché pronunciate da un diplomatico da sempre cauto e prudente nelle sue dichiarazioni. Perché Sergey Lavrov, ministro degli affari esteri della Russia ha seguito passo dopo passo, con grande convinzione, la strategia militare di Putin contro la Nato, fin dal febbraio del '22, sia quando il contingente russo si è ritirato da Kiev in segno di volontà di Pace (il mainstream naturalmente ci ha raccontato di un respingimento da parte degli Ucraini), sia durante gli accordi-beffa di MInsk utilizzati dalla controparte per prendere tempo al fine di predisporre la compagine Nato alla guerra. Mentre una fronda ampia della dirigenza russa avrebbe preferito una immediata scesa in campo, nessun temporaggiamento e una mano molto più dura da parte di Putin, criticato in questo anche dallo stesso Lukascenko. Chi critica lo zar non riesce ad immaginare che lo zar ha agito, dato il terrore omicidiario dei nazisti, con moderazione molto grande, forse eccessiva. 14.000 morti tra i civili russofoni.
Linguaggio misurato che ha accompagnato la diplomazia russa in Medio Oriente e che ha portato Iran e Arabia Saudita a riaprire le rispettive Ambasciate e al ritorno di Assad nella Lega Araba, successi, cui ha collaborato fattivamente la Cina, e che hanno posto in difficoltà lo stato sionista, convinto con gli accordi di Abramo stipulati con gli States e con il Bahrein di avere la strada libera per successive grandi “vittorie” con i suoi vicini e per farla finita con i Palestinesi ( ricordo per esempio lo smacco subito da Netanyahu sulla intransigenza di Bin Salman sulla immediata necessità della nascita di uno stato palestinese)
Dunque le parole di Lavrov evidenziano che personalmente lui ha perso o sta perdendo la pazienza e che la Federazione russa è stanca delle provocazioni e dei continui atti terroristici perpetrati da Nato e da Zelensky, mentre la von der Leyen annuncia spudoratamente e irresponsabilmente uno stanziamento di 50 miliardi di euro per proseguire il conflitto fino all'ultimo ucraino (e se si continua così sarà sino all’ultimo europeo).
La controffensiva Nato è stata finora un disastro di uomini e di mezzi militari, a dimostrazione che le mitiche armi occidentali sono terrificanti solo se si scontrano non con un esercito addestrato e ben armato. Un massacro. I Russi parlano di un rapporto 1 a 12 tra i militari russi e i militari ucraini. Anche una relazione così asimmetrica nel calcolo dei caduti mette in risalto che anche tra i Russi le perdite sono considerevoli.
Dopo il “Tritacarne” di Bakkmut abbiamo dovuto assistere al “Tritacarne” di Orekhovsky dove dei 180 soldati presenti, tre sono i sopravvissuti mentre continuano indiscriminatamente le distruzioni di armi pesanti, di depositi e di magazzini di armi, di roccaforti. Spaventose le condizioni dei feriti, privi di attrezzature farmaceutiche e dei dispositivi medici necessari…in questo contesto il segretario americano alla difesa Lloyd Austin ha la sfrontatezza di appellarsi ai soldati ucraini perché resistano e tengano duro perché dovranno soffrire a lungo.
Un Paese distrutto. Risulta, tra l’altro, minato per quasi la metà del suo territorio, oltre che cosparso in alcune aree di uranio impoverito. Un popolo che si è disperso tra occidente e Russia e che ancora (ma per quanto ancora?) non ha capito quali sono i suoi veri nemici, gli irresponsabili del macello avvenuto e che per Stoltenberg, Blinken, la Nato, la UE deve ancora continuare…gli States dicono che stanno solo difendendo il territorio che è stato occupato illegalmente ma perché allora si trovano mezzi militari americani usati in territorio russo dai “volontari” russi per operazioni terroristiche?
Parliamo quindi di pace, di negoziati, dopo tanto sangue mentre va ben tenuto a mente che dagli UAV (veicoli senza pilota) russi in alcune aree di guerra sono discesi volantini che invitano alla resa descrivendo le procedure per avviarla senza ulteriori incidenti di percorso.
Manifestazioni di pace o comunque contro la guerra. Proposte di negoziato e molte di esse al vaglio di Pechino che è diventata di fatto il massimo interlocutore internazionale. Si è parlato di pace e di negoziati anche al Forum economico internazionale di S. Pietrogrado cui hanno partecipato delegati di 130 nazioni che hanno potuto così ascoltare la disponibilità di intesa per un accordo negoziale che legittimi comunque uno stato di sicurezza presentata dal massimo dirigente di Mosca e con esse la requisitoria contro gli impedimenti frapposti di fatto per un serio negoziato dalle più importanti istituzioni occidentali.
Il cerchio contro l’Occidente belligerante si sta chiudendo. Sono nazioni che si sono opposte di fatto alle sanzioni contro la Federazione russa e stanno proiettandosi verso un’idea di mondo multipolare, di un mondo in cui sia rispettata la sovranità, la cultura, la lingua di ogni popolo, con istituzioni internazionali che siano espressione della determinazione politica e giuridica democratica dei cittadini del pianeta.
Sto parlando di pace, di negoziato, ma, in verità, non sembra che ci siano presupposti credibili. Gli Stati Uniti vedono, oramai da più di un secolo, la Russia come un ostacolo al predominio planetario. Prima vi era la giustificazione ideologica della lotta contro il comunismo, poi quando Eltsin ha iniziato la distruzione del Paese, con la sapiente collaborazione economica-finanziaria dei Chicago boys di Milton Friedman, è sembrato possibile saccheggiare le enormi ricchezze del suolo e balcanizzarla. L’ascesa di Putin ha interrotto il disegno statunitense che comunque ha saputo predisporre una strategia di lunga durata che richiedeva l’annientamento di quelle medie potenze che avrebbero in futuro potuto creare degli ostacoli all’esito programmato.
La connessione politica ed economica della Russia con l’Europa ed in particolare con la Germania, grande potenza industriale, risultava un altro ostacolo per il mega-progetto di dominio universale. Il lavoro dei servizi segreti, dei media, dei politici corrotti, degli intellettuali a pensiero unico doveva essere finalizzato a formare una cultura, un immaginario anti russo e globalista gestito dagli States. Il grimaldello preferito per scardinare idee di solidarietà e di pace viene individuato in un Paese che fosse europeo e non ancora guadagnato alla causa Nato e che cercasse di mantenere una neutralità critica tra Europa e Russia. Neutralità interpretata ovviamente dagli States come accondiscendente al Cremlino e ostile all’Europa. L’Ucraina. Nel primo decennio del secolo si appronta la conquista prima sul piano ideologico (importante il lavoro delle Ong) e poi sul piano militare, favorendo l’azione e l’addestramento dei nazisti presenti nel territorio e dei politici ultra-nazionalisti. L’Unione europea complice stupida e suicida presta il fianco all’operazione controrivoluzionaria che avrà il suo apice nel colpo di stato del 22 febbraio 2014 con la defenestrazione dalla presidenza di Viktor Yanukovich, fuggito il giorno prima del golpe
Risulta evidente che nel mirino degli USA non è presente la sola Russia ma anche l’Europa di cui si finge amico. Ma anche l’Europa è sempre stata un gozzo per le Stelle e Strisce. La sua verve culturale ed economica, la sua altezzosità aristocratica derivante da un grandioso patrimonio di pensiero e di arte non sono graditi a che vuole pretendere di essere il regolatore della vita e della storia umana. Bisogna spezzare il legame tra Europa ed Asia. Si costituirebbe una potenza invincibile. “ Carthago delenda est” va fatto ora. Altrimenti sarà troppo tardi. Le grandi risorse naturale dell’Eurasia e la potenza industriale dell’Europa. Bisogna spezzare questo legame inventando un odio sfrenato per l’Orso russo, facendo leva su una base fascista e nazista ben presente nel Continente. Così l’Europa con i suoi Scholz, von der Leyen, Gentiloni, Stoltenberg si suicida nella guerra ucraina sponsorizzandola e addestrandola.
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