sabato 28 luglio 2012

PER UN'INDIPENDENTISMO LIBERTARIO

PER UN'INDIPENDENTISMO LIBERTARIO


feminas no tzeracas



“La libertà è la madre, non la figlia, dell’ordine.”- Proudhon -
PER UN INDIPENDENTISMO LIBERTARIO[1](orizzontalità)
PAOLA ALCIONI
POETESSA SCRITTRICE
INDIPENDENTISTA
di Paola Alcioni
  
I - PREMESSA
Mi piacerebbe sgombrare immediatamente il campo mentale dai condizionamenti della teoria centralista secondo cui non ci può essere ordine e unità politica senza autorità centrale: ci impediscono di capire e vedere ciò che già abbiamo sotto gli occhi.
Poi proporrei il risultato di una indagine: studi specifici sulle correlazioni tra potere statale e partecipazione sociale in diversi paesi, confermano che i paesi con più opprimente potere statale sono anche quelli in cui la partecipazione sociale – in termini di autonomia e autodeterminazione[2] - è debole.
E’ difficile immaginare una critica più devastante dello statalismo.

Ma io direi: difficile immaginare una stroncatura più radicale di ogni forma di centralismo o verticismo autoritario.

Allora, che dare a tutti quei giovani – e meno giovani – insoddisfatti e dissidenti, che cercano una teoria dell’organizzazione sociale alternativa a quella centralista?
Cosa proporre a coloro che cercano una soluzione organizzativa più in sintonia con l’ideale indipendentista, capace d’essere specchio della prospettiva libertaria che desiderano aprire per la loro terra?

Gustav Landauer, autore di un massiccio contributo all’analisi dello Stato e della società, scrive: “Lo Stato non è qualcosa che può essere distrutto attraverso una rivoluzione, ma è una condizione, un certo tipo di rapporto tra gli esseri umani, un tipo di comportamento; lo possiamo distruggere creando altri rapporti, comportandoci in modo diverso”.

“Esiste” scriveva Colin Ward “un ordine imposto con il terrore, un ordine indotto dalle strutture burocratiche (affiancate dal poliziotto), ed esiste un ordine che si sviluppa spontaneamente dalla nostra consapevolezza di essere animali sociali, capaci di dare forma al nostro destino. Quando latitano i primi due, il terzo, come forma di ordine infinitamente più umana e all’uomo adeguata, ha la possibilità di farsi strada. La libertà, come diceva Proudhon, è la madre, non la figlia dell’ordine.”

Accennando a questo terzo tipo di ordine, Colin Ward sta riferendosi a quello che si sviluppa in sistemi che si auto organizzano progressivamente; che hanno una struttura diversificata, in grado di affrontare situazioni complesse e imprevedibili;  che hanno una struttura mutevole, che si trasforma con il continuo ritorno di informazioni dall’ambiente; sistemi in cui l’apprendimento dei dati e la capacità decisionale sono distribuiti su tutto il sistema.

STA PARLANDO DI SISTEMI APERTI O ORIZZONTALI a struttura reticolare.

Ancora, in premessa, vorrei aggiungere questo: la brama di libertà è una potente motivazione per un mutamento politico.
Ma il problema degli oppressi (che hanno micidiali energie compresse di rabbia e di disperazione, ma sono incapaci di autodeterminazione) è che sono strumentalizzabili e manovrabili da chi fa da catalizzatore del loro disagio.
Se si liberano, dopo non sanno che fare.
Non essendo stati capaci di autodeterminazione nel loro piccolo, non sanno cosa significhi, e prima che imparino le “istruzioni per l’uso” di un paradigma - mentale prima e pratico poi - per loro sconosciuto, saranno costretti per confusione a piegarsi alla delega[3] e si ritroveranno con nuovi dirigenti che non hanno alcuna fretta di abdicare, con una rivoluzione tradita, e con un nuovo Stato, autoritario peggio del precedente.

La necessità di guadagnarsi l’autodeterminazione non è altrettanto potente come motivazione alla rivolta.
Le persone già autonome (che pensano e agiscono come individui) si difendono tenacemente ma con mezzi meno energici, per lo più con forme di resistenza passiva. E fanno le loro cose come vogliono. Cioè, nei limiti del possibile, agiscono già come se fossero libere.[4]

E’ più che mai necessario, dunque, che si attrezzino palestre di autodeterminazione laddove è possibile, per invitare la gente a un esercizio di commistione che consenta alla brama di libertà di nutrire della sua forza ignea la capacità di autodeterminazione individuale, dandole respiro di lotta di liberazione nazionale. E dove, scambievolmente, l’intelligenza dei meccanismi di autodeterminazione nutra di sè e del suo progetto lucido, l’impeto del desiderio di libertà.

E quale miglior luogo per questa palestra, se non in una organizzazione indipendentista che lotta per il diritto all’autodeterminazione di un popolo? Organizzazione che veda (e vada) oltre il paradigma strutturale verticistico, rigetti i meccanismi di delega e rappresentanza per collaudare sul campo – come paradigma organizzativo e come prassi  politica – l’orizzontalità e la de-centralizzazione?

Giochiamo con le inquadrature, dunque: lasciamo sfocare, sullo sfondo, l’immagine centralistica e autoritaria dello stato (e i suoi rapporti con la società) ed il fantasma evocato di un suo felice superamento e mettiamo a fuoco un primo piano: l’immagine di un movimento politico indipendentista (e i suoi rapporti con la militanza) che di questo superamento sia insieme la palestra e la speranza.
Questa alternanza di inquadrature, la suggerisco come chiave di lettura, per tutto il testo.
Quando si parlerà di Sistema Chiuso (SC) si alluderà a tutte le organizzazioni verticistico/autoritarie a partire dallo Stato fino all’ultimo partito o Movimento che assumano un paradigma organizzativo centralistico;
quando si parlerà di Sistema Aperto (SA) tutto ciò che si dirà varrà come detto per una nazione che si dà un’organizzazione orizzontale e libertaria, come per un Movimento di liberazione che sceglie di agire reticolarmente, in piena orizzontalità, senza leadership, in base alla semplice adesione ad uno standard.[5]

Il “salto del punto di vista” è una ginnastica salutare, che rafforza lo spirito critico.


II - SISTEMI CHIUSI a organizzazione centralizzata

Tutte le istituzioni autoritarie sono organizzate come piramidi: lo Stato, la grande impresa privata o pubblica, l’esercito, la polizia, la Chiesa, l’Università... tutte strutture piramidali con al vertice un piccolo gruppo di persone che prendono le decisioni e alla base la gran massa della gente sulla quale piovono le decisioni e le loro conseguenze.
Proprio come in una piramide, le pietre alla base sono quelle che devono sostenere il peso maggiore.

a) C’è un leader ben identificato, a capo di una gerarchia;[6]
b) c’è un luogo specifico dove si prendono le decisioni;
c) le decisioni sono prese dal leader e/o a volte discusse con una cerchia ristretta di gerarchia superiore.
A volte i meccanismi di delega e rappresentanza, targati strumentalmente con la parola magica DEMOCRAZIA, altro non sono che sistemi autoritario/coercitivi per garantire che la decisione della leadership venga applicata nonostante l’impopolarità.

Occorre riconoscere che le attuali organizzazioni politiche sono ancora fortemente connotate in maniera autoritaria e verticistica, così come gli stati-nazione.
Questi ultimi pretendono di imporre le stesse regole pensate agli albori dell’esercizio “democratico” del potere (con gli apocrifi ma scarsamente flessibili meccanismi di delega e rappresentanza di un “popolo-massa” – relitto concettuale secentesco – poco colto e portatore di elementari bisogni), ad una società oramai scolarizzata, colta, autonoma, gelosa della propria soggettività e dei propri desideri e ideali.
Lo stesso avviene, con appena qualche distinguo, all’interno delle organizzazioni politiche.[7]

Paradossalmente, sotto l’incalzare delle nuove esigenze sociali di autodeterminazione, creatività e decentralizzazione, le organizzazioni del vecchio tipo – invece di adeguarsi – rispondono con un maggiore accentramento e con una serie di meccanismi di difesa – a volte violenti – volti a mantenere e a rafforzare il proprio carattere autoritario e i privilegi delle proprie leadership.

Sul piano del rapporto Movimento/militanza il gap tra le nuove esigenze e le vecchie regole organizzative si sconta in termini di demotivazione, dando vita ad un circolo vizioso: più l’organizzazione ha bisogno di creatività diffusa per rispondere con prontezza e flessibilità ai valori emergenti dalla società, più deve disporre di militanza motivata.
Ma più si resta legati a vecchi metodi organizzativi basati sul controllo al vertice, più si provocano effetti demotivanti nella militanza, votandosi così all’insuccesso, creando barriere alla creatività proprio quando se ne ha più bisogno.

Sul piano del rapporto stato/società, lo stato-nazione, retto in base a un paradigma verticistico e autoritario che vede sempre più aumentare la distanza tra rappresentato e rappresentante, non è più delegabile a rappresentare - ma ancor meno è in grado di capire e governare - le complessità della società attuale.


III – SISTEMI APERTI reticolari decentralizzati

Kropotkin affermò che “la liberazione economica e politica dell’uomo dovrà creare nuove forme per la sua espressione vitale, invece di servirsi di quelle create dallo Stato”. E non aveva dubbi sul fatto che queste nuove forme dovessero caratterizzarsi per una più larga partecipazione popolare, un maggior decentramento e una maggiore affinità con l’autogestione.
Pensava ad una rete estesa di individui e di gruppi ciascuno dei quali prende le proprie decisioni e si rende artefice del proprio destino.
L’alternativa al sistema a piramide sta dunque in una rete di elementi connessi tra loro direttamente e orizzontalmente, invece che mediante un centro o un vertice, caratterizzata da libertà di azione, complessità, stabilità, omogeneità e flessibilità.
La rete sarebbe composta da un certo numero di gruppi di ogni tipo e dimensione: locali, regionali, nazionali; temporanei o permanenti; 

UNIFICATI DA UNO SCOPO COMUNE.
In questo tipo di sistema, è possibile che emergano situazionalmente nuclei di leadership, che poi si dissolvono: le informazioni ed il potere decisionale sono distribuiti in tutto il sistema.
*
La società nel suo complesso, nella seconda metà del secolo scorso, ha cambiato pelle. Si è rapidamente affermato un modello socio-economico del tutto nuovo e questo cambiamento – nel passaggio dal XX al XXI secolo - ha rivelato più chiaramente alcune sue caratteristiche.
Uno dei fattori di questo cambiamento è lo sviluppo, appunto, di nuovi modelli organizzativi.
Ad un attento esame, ci accorgiamo che le alternative sono già presenti negli interstizi del potere. Se dunque si vuole costituire una società libera, gli elementi necessari si trovano già tutti a portata di mano.
Esiste una vasta casistica di reti di relazioni informali, temporanee, autogestite, che di fatto rende possibile la comunità umana.
Lo schema rappresentativo dei rapporti è ribaltato rispetto a ciò che esisteva in precedenza: ora è la società a elaborare i nuovi valori emergenti e l’organizzazione (statuale, industriale, politica... etc) per essere all’altezza dei tempi, deve saper cogliere e decodificare questi valori adeguando ad essi la propria “offerta”, che diversamente sarà rifiutata dal “mercato”[8].

Siamo al centro di un’autentica rivoluzione.
L’avvento di Internet – con la sua struttura naturalmente orizzontale e l’assoluta assenza di una leadership – ha liberato la forza decentralizzatrice, mettendo in crisi gli assetti organizzativi tradizionali, modificando interi settori, incidendo nel nostro modo di relazionarci con gli altri e influenzando gli assetti politici mondiali.

Quali sono le caratteristiche di queste organizzazioni?

a) non c’è un leader precisamente identificabile. Quando emerge, ha un potere limitato (situazionale e temporaneo) e dirige con l’esempio, non avendo alcun potere coercitivo;
b) non c’è quartier generale, né luogo fisico fisso ed identificabile dove si prendono le decisioni;
c) non c’è gerarchia.

L’ASSENZA DI STRUTTURA in una organizzazione e l’assenza di leadership, un tempo considerata un punto debole, è ORA CONSIDERATA UN PUNTO DI FORZA STRAORDINARIO. Gruppi apparentemente caotici hanno attaccato e sconfitto sul mercato istituzioni consolidate.
Le regole del gioco sono cambiate, e la vittoria di questi gruppi deriva da una forza tale che:
a) più la si combatte e più si consolida;
b) più caotica appare, più resiliente (capace di superare i traumi) diventa;
c) più si cerca di controllarla, più diventa imprevedibile.

Questo è il c.d. sistema aperto: ciascuno è legittimato a prendere decisioni.
Sistema aperto non significa caos: ci sono norme e regole non imposte da qualcuno in particolare, ma negoziate tra i membri o accettate all’ingresso.
Un’organizzazione del genere può sembrare disgregata e caotica, ma in realtà si tratta di un sistema sofisticato e avanzato.
Le caratteristiche di questo tipo di organizzazione decentralizzata sono:
flessibilità
condivisione del potere
ambiguità

AMBIGUITA’: Non disturbi questo termine. L’ambiguità è una risorsa. E’ solo l’ansia classificatoria nata insieme agli stati-nazione che l’ha rivestita di connotati di pericolosità.

FLESSIBILITA’: questa caratteristica consente ai sistemi aperti di REAGIRE IN TEMPI BREVI.

Non essendoci una intelligenza centrale, essa è distribuita in tutto il sistema, così come la capacità decisionale e le informazioni.
Nei SA la comunicazione avviene direttamente  tra i membri. L’informazione dunque si trova già là dove si richiede l’azione, e non dev’essere convogliata verso una testa/vertice che deve elaborarla, mettere a punto una strategia e infine rimandarla indietro sotto forma di comando alla reazione.

CONDIVISIONE DEL POTERE: non esiste un organo centrale di comando. Il potere è distribuito tra tutti i componenti dell’organizzazione, che seguono le regole perché vogliono farlo, non perché qualcuno lo impone.
Il potere è letteralmente individualizzato (e quindi condiviso da tutti coloro che ne sono detentori) e le decisioni si prendono a tutti i livelli della struttura, da tutti e dovunque.

Nello scontro sistema chiuso, autoritario, verticistico (SC)/sistema aperto, libertario e decentralizzato (SA) (per esempio stato – contro – nazione senza stato organizzata orizzontalmente e libertariamente), il SC:

a) cerca il capo dell’avversario, per corromperlo, comprarlo o eliminarlo;
b) cerca il luogo delle decisioni per distruggerlo;
c) cerca di infiltrarsi nella gerarchia, per indirizzare le decisioni.

Ma in un SA nessun luogo è indispensabile, nessuno è insostituibile. Quando un leader situazionale viene eliminato, altri dieci lo sostituiscono. Quando un SA viene attaccato, diventa ancor più decentralizzato, si polverizza, diventa nomade e porta altrove, in mille luoghi diversi e contemporaneamente la propria capacità decisionale.
Questi sistemi, non avendo né luogo né personificazione, non sono legalmente perseguibili, né praticamente bloccabili.
Sono invisibili, sembrano non esistere, non c’è neanche l’ombra di una testa indispensabile da tagliare.

Ma allora, come funziona un SA?

I SA, o organizzazioni decentralizzate,  si reggono su principi che se funzionano in sinergia garantiscono il funzionamento del sistema:

a) C’è uno STANDARD cui aderire e, una volta scelto di aderire perché lo scopo ci interessa e quello standard ci trova d’accordo, si entra automaticamente nella leadership.
Il termine inglese standard deriva dal vocabolo francese antico estendart, avente il significato di stendardo, insegna.
Per me uno standard cui aderire è la sintesi tra l’ideale che si persegue e l’indicazione delle modalità con le quali si intende procedere
Si definisce standard un modello formalizzato di riferimento, che fornisce le NORME, le linee guida per lo svolgimento di alcune attività, o per il perseguimento di uno scopo.[9]
Il rispetto di tali linee guida pone le basi per l'adozione dello standard da parte di un numero sempre maggiore di utenti.
Le attività di analisi e definizione degli standard sono, perciò, di fondamentale importanza.

Quindi, quale è lo scopo dello standard?
Lo scopo dello standard è quello di definire il modo migliore di fare una cosa, oggi. Lo standard deve essere mobile, dinamico, in continua evoluzione. Giorno dopo giorno si migliora nelle piccole cose. Lo standard deve rispecchiare questi miglioramenti e seguirli, giorno dopo giorno.

b) I CIRCOLI. Sono i gruppi fisici o virtuali che costituiscono l’unità minima. Una volta che si entra perché si è aderito ad uno standard, si è perfettamente uguali a tutti gli altri. Non c’è anzianità o altro parametro discriminatorio che tenga.

c) IL CATALIZZATORE: è la persona che avvia il circolo e poi si mette da parte. Mette in moto l’organizzazione, poi cede il controllo i membri. E’ un generatore di idee, un riferimento spirituale o culturale. Esiste per fare un lavoro, poi fa un passo indietro. Sviluppa l’idea, la condivide con gli altri e dirige attraverso l’esempio. Quando l’idea si regge e l’orizzontalità è partita, si ritira.
Al suo posto, nel tempo, si alterneranno altri catalizzatori situazionali o tecnici, o altri riferimenti spirituali e/o culturali, che sempre dirigeranno con l’esempio, mai con la coercizione (diretta od occulta)

c) L’IDEOLOGIA o SCOPO può essere qualsiasi input forte che motiva le persone a muoversi insieme verso una meta. LO STANDARD si modella a seconda dell’ideologia che muove il SA.

Ciò che il SA propone è la frammentazione e la scissione al posto della fusione e della coagulazione. La diversità al posto dell'unità. 

Immaginate che impatto può avere in una lotta di liberazione nazionale un Sistema Aperto.
Gli apparati repressivi dello Stato non sono in grado di fronteggiare un movimento in cui nessuno riceve ordini da nessun altro ed è in grado di prendere autonomamente le proprie decisioni.
Per fronteggiare questo tipo di attività rivoluzionaria, l'apparato sarà costretto a diventare ancora più burocratizzato e centralizzato (pensate alla creazione della Gendarmeria Europea, megaoperazione di centralizzazione del potere repressivo absolutus, slegato dai parlamenti nazionali) scollandosi dal territorio e lasciando interstizi da rendere temporaneamente indipendenti.
Concretizzando così quelle pratiche di indipendentismo di cui l'indipendenza ha così tanto bisogno... 

MURALES SARDU


NOTE

[1] Il testo fa parte di un work in progress, un lavoro più articolato destinato alla pubblicazione, ma ancora lacunoso e privo di un serio apparato note. 
[2] Cioè di capacità di intraprendere un compito, decidere di farlo a modo proprio e riuscire a portarlo a termine.
[3] L’accentramento di potere nello stato moderno, militarista e industriale, non costituisce l’unica causa dell’impotenza dell’individuo e del piccolo nucleo sociale nel mondo d’oggi. Essa va sopratutto ricercata nella generale delega allo Stato. L’individuo, per omissione, per trascuratezza, per condizionamenti mentali o per mancanza di immaginazione, delega la sua personale quota di potere a qualcun altro, invece di utilizzarla in prima persona.
[4] La completa realizzazione dell’individualità potrebbe dirsi propedeutica, anzi congiunta, al più alto sviluppo dell’associazione volontaria in tutti i suoi aspetti, a tutti i livelli possibili, per ogni scopo immaginabile.
[5] Per il concetto di STANDARD si veda più avanti nel testo.
[6] La leadership è gerarchica, autoritaria, privilegiata e permanente.
[7] Teniamo mentalmente in evidenza le organizzazioni indipendentiste e poniamo un primo paletto del discorso: l’esercizio dell’autodeterminazione individuale all’interno dei Movimenti dovrebbe essere palestra e specchio dell’ideale perseguito con la lotta di liberazione nazionale: l’autodeterminazione di un popolo.
[8] E’ ovvio che questi termini virgolettati e appartenenti al lessico industriale, possono – usati per modelli organizzativi di altri ambiti -  funzionare ugualmente, anzi ci aiutano a capire meglio certi meccanismi.
[9] Nel nostro caso, lo scopo o ideale è l’indipendenza economica e politica della Sardegna. Già parlare di Indipendentismo libertario definisce una parte di STANDARD


venerdì 27 luglio 2012

Monti prepara ulteriori tagli per 26 miliardi di euro


Monti prepara ulteriori tagli per 26 miliardi di euro

Di Marianne Arens
http://wsws.org/

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 10 luglio 2012

“Spending review" è il termine dato dal premier italiano Mario Monti al suo ultimo pacchetto di austerità, approvato dal suo governo la settimana scorsa. Il bilancio dello Stato dovrà essere ridotto di ulteriori 26 miliardi di euro nei prossimi due anni.

La spesa pubblica deve essere ridotta di altri 4,5 miliardi di euro entro la fine di quest'anno. In primavera erano già state drasticamente tagliate le pensioni, mentre sono aumentati i prezzi al consumo e le tasse.

Gli ultimi dati ufficiali del maggio 2012, pubblicati dall'agenzia governativa di statistica ISTAT, mostrano che la disoccupazione giovanile (persone dai 15 ai 24 anni) è salita ad un incredibile 36,2 per cento. In questo periodo, secondo i rapporti di due associazioni dei consumatori pubblicati pochi giorni fa, il costo della vita di una famiglia media è aumentato di quasi 2.500 € all'anno.
Nel 2013 il bilancio dello Stato verrà ridotto di altri 10,5 miliardi di euro e nel 2014 di ulteriori 11 miliardi di euro. Nel settembre del 2013 l'IVA passerà dal 21 al 23 per cento, aggravando la situazione per la classe operaia e le famiglie a basso reddito.

Ci sarà una riduzione del 10 percento dei posti di lavoro nel servizio pubblico. Per ogni cinque dipendenti statali che andranno in pensione, solo uno verrà sostituito. Questo colpirà duramente il settore della sanità pubblica in particolare. Sono in discussione la chiusura di 150 ospedali e la soppressione di 80.000 posti letto negli ospedali.

L' organizzazione amministrativa delle Regioni verrà ristrutturata per motivi finanziari. Delle attuali 107 province resteranno solamente 59 delle più grandi (dovranno comprendere almeno 50 comuni, avere una superficie di 30.000 chilometri quadrati e una popolazione di almeno 350.000 abitanti). Dieci province urbane saranno trasformate in cosiddette aree metropolitane.

Il Ministero dell'Interno chiuderà una prefettura su cinque; 40 dei 200 prefetti attualmente in carica verranno pensionati. Più di 3.000 organizzazioni, uffici amministrativi e imprese parzialmente gestite dallo Stato saranno eliminati. In Emilia Romagna, per esempio, questo colpisce più di 360 organizzazioni.
La regione Emilia Romagna è particolarmente toccata dalla politica della "spending review” di Monti, perché poche settimane fa è stata colpita dal peggior terremoto della sua storia. Fra medici, infermieri e assistenti sociali, già solamente in questa zona saranno eliminati 6.500 posti di lavoro, e verranno soppressi 4.000 posti letto.

Il pacchetto di austerità ha lo scopo di soddisfare le condizioni del patto fiscale europeo, prima ancora che il governo italiano lo abbia approvato. Monti ancora una volta ha invitato i membri del parlamento ad accettare il patto fiscale e il meccanismo di stabilizzazione europeo (ESM) entro la fine di luglio. Ha fatto riferimento al suo "successo" all'ultimo vertice dell'Unione Europea a Bruxelles. (vedi in inglese “EU summit measures mean deeper attacks on the working class”)

Il governo Monti non è stato eletto democraticamente. Si tratta di un governo delle grandi imprese e delle banche. E' stato messo al potere nel novembre 2011 dal presidente della repubblica, l'ottantasettenne ex-membro del Partito Comunista Giorgio Napolitano, in seguito alle pressioni dei mercati finanziari. Da allora, Monti ha sistematicamente lavorato al fine di smantellare tutte le conquiste del dopoguerra della classe operaia e a rendere certo che questa sostenga i costi della crisi bancaria.

Il nuovo pacchetto di austerità sarà sottoposto al parlamento il 31 luglio. Tutti i partiti parlamentari e i sindacati sono d'accordo su tutti i punti essenziali del pacchetto.

Il partito di Berlusconi, il PdL (Popolo della Libertà), ha sostenuto il decreto e ha osservato che conteneva molte misure che Berlusconi stesso aveva in programma. Osvaldo Napoli, un rappresentante della PdL, ha detto alla radio: " Credo che la spending review sia necessaria al Paese, era già nel programma del governo Berlusconi. Monti deve andare avanti e non deve guardare la politica."

Non solo i partiti di destra, ma anche quelli del centro-sinistra sono totalmente d'accordo sulla necessità dei tagli. Quando la "spending review" è stata resa pubblica venerdì scorso, alcuni di questi politici ne ha criticato qualche dettaglio, ma ha sostenuto la linea generale.

Pier Luigi Bersani, segretario dei Democratici (PD, successore del Partito Comunista), era particolarmente entusiasta nel sostenere Monti. Venerdì scorso ha criticato alcune misure, ma poi ha concluso: "Nel decreto ci sono cose buone e le appoggeremo con convinzione."

Anche Antonio di Pietro, del piccolo partito Italia dei Valori, ha concordato con la linea generale: "Una correzione, una riduzione delle spese pubbliche deve essere fatta.”

I partiti presenti in parlamento avevano già attivamente sostenuto Monti due settimane fa, subito prima della sua partenza per il vertice UE a Bruxelles, approvando la sua riforma della legislazione del lavoro. La Camera dei Deputati a Roma, il 28 giugno, ha approvato questa legge a grande maggioranza. La legge attacca le conquiste storiche della classe operaia italiana in materia di flessibilità del lavoro. (vedi in inglese “Monti government deregulates Italian jobs market”)

La riforma della legge sul lavoro rende più facile licenziare i lavoratori per motivi economici ed è un regalo da parte del governo a datori di lavoro come il capo della Fiat Sergio Marchionne, che da tempo chiedeva un tale provvedimento e che ha più volte minacciato di spostare la produzione di automobili fuori dal Paese
.
Il governo Monti e i datori di lavoro sono in grado di far passare i loro attacchi
ai posti di lavoro, alla qualità di vita e alla posizione sociale dei lavoratori perché la classe operaia non ha voce né alcun rappresentante che parli a suo nome. Le organizzazioni che subentrarono dopo lo scioglimento del Partito Comunista, come Rifondazione Comunista (l'ultima volta in parlamento nel 2008), come pure i sindacati, sostengono gli attacchi della borghesia, infatti li considerano vitali per la sopravvivenza dell'economia italiana.

Il 3 luglio, alcuni giorni prima della pubblicazione della "spending review", Susanna Camusso, a capo del più grande sindacato italiano, CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), ha partecipato a Palazzo Chigi ad una consultazione con il governo e le sue "parti sociali". Non ci può essere alcun dubbio che in questo incontro lei sia stata messa al corrente delle linee fondamentali della "spending review" di Monti.

Fu solo a marzo che la CGIL, insieme al FIOM, il sindacato dei lavoratori metalmeccanici tradizionalmente legato all'ex Partito Comunista Italiano, aveva annunciato che il sindacato avrebbe indetto uno sciopero generale se la riforma del mercato del lavoro fosse passata in parlamento. Tuttavia, la riforma del lavoro è stata approvata e lo sciopero generale non si è verificato.
Camusso, invece, è apparsa in pubblico insieme al nuovo capo della Confindustria, Giorgio Squinzu, e ha commentato sulla "spending review ". Fianco a fianco con il capo dei datori di lavoro, ha chiesto le revisioni in nome dell'“interesse nazionale” italiano.

Il Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (ex membro di Rifondazione, oggi membro della Sinistra Ecologia e Libertà, SEL), ha pateticamente criticato la "review" come un attacco alla costituzione italiana. Vendola ha definito il decreto "ammazza Italia", annunciando che avrebbe fatto appello al Presidente Napolitano contro questo pacchetto di austerità.

Tutto questo è un miserabile tentativo di deviare ogni lotta di principio contro il programma del governo. Vendola si è accorto che gli attacchi susciteranno una massiccia opposizione da parte della popolazione ed è in prima fila, insieme con i sindacati, per incanalare la rabbia del pubblico in azioni innocue.

Vendola è interessato soprattutto a promuovere se stesso come successore di Napolitano. Le prossime elezioni sono previste per la primavera del 2013 e Vendola è considerato come il candidato preferito del centro-sinistra. Egli è conosciuto come un ardente sostenitore dell’eurobond e accanito sostenitore degli interessi economici italiani in seno all'Unione europea.

Quanto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale Vendola vuole fare appello, egli ha già firmato la "spending review" venerdì scorso, poche ore dopo la sua pubblicazione.

giovedì 26 luglio 2012

Non posso usare altre parole, mi si perdoni: ora siamo nella merda davvero.


Non posso usare altre parole, mi si perdoni: ora siamo nella merda davvero.
Crisi: Draghi mette le ali a Piazza Affari, spread in forte calo
la borsa esulta all'annuncio di Draghi




Ieri sera prima di una conferenza in Sardegna un blogger m’intervista e mi chiede: “Facciamo default?”. Io: “Non credo, perché temo che Draghi aprirà all’ultimo i rubinetti della BCE, o daranno al MES una licenza bancaria”. (poi vi spiego)


Stamattina l’amico Mauro Valentini di Misano mi manda un sms: “Si fa default?”, gli rispondo la stessa cosa (e tenete a mente il verbo “temo” che ho usato con entrambi).
Ok, sono le prime ore del pomeriggio di oggi giovedì 26 luglio, e le agenzie battono la notizia: Mario Draghi a Londra ha detto che la BCE aprirà i rubinetti. In Austria, il governatore della Banca Centrale Ewald Nowotny già da giorni aveva dichiarato che si sta discutendo se dare al MES una licenza bancaria.
E siamo veramente, ma veramente fottuti adesso.
Prima di continuare mi si permetta una ricordo: era il giorno 15 novembre 2011, io ero ospite a Matrix, Canale 5. Urlai che Mario Draghi era un golpista perché aveva omesso scientemente di usare i poteri della BCE di calmare la speculazione contro titoli di Stato italiani, comprandoli in massa. Era la speculazione che pochi giorni prima aveva rovesciato il governo e instaurato la dittatura finanziaria della Troika e di Monti (se si comprano grandi quantità di titoli i tassi crollano, l’Italia non sarebbe arrivata sull’orlo del default in quei giorni, e Monti non sarebbe neppure stato citato). A Matrix mi fu risposto con sufficienza che Draghi non avrebbe potuto, che la BCE non può mai comprare titoli di Stato per aiutare i governi. Risposi che era una menzogna, citai il programma SMP Bonds Purchases della BCE che dà ad essa potere di acquistare titoli eccome, e Draghi non lo fece, condannò l’Italia a cadere nella mani del criminale Monti. Avevo totalmente ragione, leggete sotto. Draghi è un’oscenità vivente, perché oggi si ricorda di colpo che quel programma SMP dopotutto c’è e lo userà, eccome, ma non per salvare la democrazia di un Paese, no, bensì per assicurarsi che essa venga del tutto annientata, leggete sotto.
Cos’è accaduto, che significa.
E’ accaduto che il paradigma MMT fondante per spiegare la crisi dell’euro – e cioè che i mercati continuano a sfiduciare l’Italia (e altri)solo perché abbiamo perso la capacità di emettere la nostra moneta sovrana. Cioè: essi, i mercati, sanno che adesso, con l’euro, non possiamo ripagare sempre e puntuali il nostro debito, dato che l’euro non è liberamente emesso dall’Italia che lo deve prendere in prestito dalle banche, per cui temono che facciamo default sui pagamenti, e dunque ci sfiduciano in una spirale verso il basso man mano che ci indebitiamo, ma è proprio questa spirale che ci porta al default – stava portando l’Italia e la Spagna al default entro pochi giorni o settimane. Sarebbe stata la fine dell’Eurozona, in una implosione di ordine epocale e mai così devastante nella Storia… ma devastante per Francia e Germania, e NON PER NOI. Mario Draghi sa questo, e non può fare altro se non eseguire gli ordini di Angela Merkel e di Francois Hollande: salva l’euro a qualsiasi costo, qualsiasi! Draghi riscopre il programma SMP Bonds Purchases della BCE che dà ad essa potere di acquistare i titoli di Stato dei Paesi nei guai, e a Londra oggi annuncia che la BCE farà esattamente questo. Costruisce un giro di parole pietoso per trovare il cavillo legal-semantico a giustificazione di ciò che solo 8 mesi fa era “da escludersi”, ma lo fa. Peccato che quel cavillo legal-semantico si applicasse pari pari anche allora, falsario.
Ma si faccia attenzione.
I mercati non si sarebbero mai placati oggi se non sapessero che la BCE è l’emissore sovrano dell’euro, e quindi può in effetti comprare titoli quasi all’infinito. Con questa garanzia, e solo con questa, i mercati si sono calmati, e si calmeranno.
Poi si era già espresso poco prima il governatore della Banca Centrale austriaca Ewald Nowotny (si saranno coordinati? nooo…) che parlava della possibilità di dare al MES una licenza bancaria. Il MES è il nuovo fondo ‘salva’ Stati dell’Eurozona, che però di per sé ha nelle casse poco più che due soldi. Pensate che un salvataggio dell’Italia azzererebbe le casse del MES in meno di 3 mesi. E allora cosa fanno trapelare i banchieri centrali della UE? Che il MES potrebbe essere trasformato in banca. E cosa significa? In breve: che se diventa banca avrà il sostegno illimitato dei finanziamenti della BCE, che è l’emissore illimitato degli euro, e quindi il MES potrà comprare enormi quantità di titoli di Stato dei Paesi come il nostro di fatto garantendo ai mercati che, di nuovo, esiste un pagatore dei loro crediti (i titoli nostri e spagnoli) senza limiti. Il trucco è fatto. I mercati si calmano.
Ma cosa significa se si calmano? Significa, e lo dico con un livello di serietà totale, una catastrofe democratica, economica e civica qui da noi senza precedenti nella Storia d’Italia. Significa che Italia e Spagna e Grecia staranno dentro l’Eurozona, perché con i mercati calmi, e coi tassi sui titoli che scendono dal 7% al 4%, il default è scongiurato. Bella notizia eh? Come dire: il fiume sarebbe straripato e avrebbe allagato la galera permettendo ai prigionieri politici asserragliati sul tetto e stremati di fame e sete di nuotare verso la libertà. Ma no. Hanno arginato il fiume apposta.
Significa che ci terranno dentro la macchina dell’economicidio della nostra terra, bloccati in un limbo infame dove da una parte non cresceremo mai perché sempre privi di moneta sovrana, sempre schiavi di tecnocrati non eletti, sempre comunque ricattati dal fatto che ogni centesimo per l’Italia va preso in prestito dalle banche speculative, e dall’altra proprio questa perenne e cementata precarietà e impoverimento saranno la scusa per imporci le Austerità a stipendi, pensioni e servizi che ammazzano le imprese, le privatizzazioni selvagge di ogni bene e servizi pubblico residuo, e per impedirci di respirare nella crescita, e dunque di agire la democrazia.
Siamo nella merda, non ci sono altre parole, davvero. Se Draghi apre i rubinetti del programma SMP Bonds Purchases e se il MES diventa banca è finita, è finita per i vostri figli, è finita per la MMT in Italia, è finita per tutto ciò che conoscemmo come Stato. E’ finita per l’Italia.
Devo aggiungere solo, ma solo per dovere intellettuale, che un’estremissima possibilità di salvezza c’è. La rappresenta l’incognita di un ritardo politico nelle due mosse di cui sopra, ad esempio se la Corte Costituzionale tedesca bocciasse il MES a settembre, o altre estreme ratio del genere. Allora potrebbe succedere che i mercati, bestie assurde e selvagge per definizione, potrebbero al primo odore di ritardo farsi prendere da un panico totale e auto-alimentante, e causare il default dell’Italia lo stesso. Ma credetemi: è come sperare che il killer che ti deve ammazzare venga colto da ictus mentre aziona il grilletto.
Questo è quanto. Non so cosa altro dire. Mi dispiace, davvero, e proprio ieri sera a Nuoro ero a una tavolata il cui capotavola era una bella mamma con un fagottino di un mese al seno. Non dico altro.

mercoledì 25 luglio 2012

UNA RETE CHE TRONCHI IL FILO SPINATO DEL SISTEMA: STA GIA' ACCADENDO

La tesi di Paola Alcioni, è una proposta che condividiamo pienamente.
La tesi è interessante in quanto muove l'idea dell'orizzontalità delle soggettività nel suo complesso, quelle in movimento, quelle che fanno azione politica per l'autodeterminazione della Sardinya; 
esse mettono in risalto la multi operosità e la sfacettatura poliedrica dell'idea  azione  di organizzazione indipendentista orizzontale, che conscia di se , supera lo schema rigido dell'organizzazione verticista; 
la proposta di idea forza dei nodi della rete come nuovo paradigma di consapevolezza di  organizzazione orizzontale priva di leaders è un modo di superare la fase di stasi in cui siamo.  
E' certo una bella base d'inizio di discussione nel movimento. 
Sa Defenza




UNA RETE CHE TRONCHI IL FILO SPINATO DEL SISTEMA: STA GIA' ACCADENDO





by Paola Alcioni


Sempre con maggiore incisività, vedo che si parla di rete in ambito indipendentista.

Ed ho notizia di pratiche indipendentiste strutturate in rete: sono quelle che ci porteranno all'indipendenza.
Il concetto di organizzazione reticolare, senza leader, sdoganato durante le riunioni della base indipendentista di tutte le sigle, che si tennero nel 2011, è entrato a far parte dell'immaginario (senza il quale non può esserci progetto) della militanza, ed il termine che lo esprime, è entrato nel suo lessico. Non posso che prenderne atto, con soddisfazione. E' una dimostrazione che le buone idee camminano con gambe proprie, trasversalmente a sigle ed a bandiere.
Era anche - ritengo - il punto di partenza implicito nell'idea di Convergéntzia, lanciata da AMpI il 27 aprile 2011 a Thiesi: i Movimenti come nodi autodeterminanti all'interno di uno standard (espresso in cinque punti di partenza) condiviso.


Io aggiungerei che di una rete indipendentista possono far parte i Movimenti come i singoli individui, con il medesimo potere autofondante ed il medesimo diritto di autodeterminazione nell'ambito dello standard.
Perché è vero che le forze indipendentiste in campo non sono da considerare solo quelle inquadrate nei movimenti.

Quello di cui molti non si accorgono, è che sta già accadendo: nonostante la frammentazione spesso sordamente oppositiva delle forze organizzate, intorno alle iniziative che meritano si forma presto una rete di collaborazione e scambio intensivo di notizie. Ogni nodo si ritaglia un "territorio" su cui agire, all'interno del quadro standard dell'iniziativa.
Pensate alla raccolta firme per il Referendum sul nucleare, o l'iniziativa di proposta di legge popolare per un'agenzia sarda delle entrate - tutto sommato trasversali come argomenti - o ancora la raccolta firme per il Referendum consultivo sull'Indipendenza.

Sbagliano coloro che, forti del numero di collaborazioni ottenuto e del frutto di esse, pensano di aver rafforzato la propria posizione leaderistica: non si accorgono che il fatto stesso di aver attivato un rete (anche se qualcuno insiste a parlare di "spontaneismo" in termini vagamente negativi, piuttosto che di rete) li ha trasformati in leaders a tempo, e che il loro tempo - per il momento e per quelle situazioni - si è concluso.
I leaders situazionali, infatti, devono essere capaci fondamentalmente di due cose:
1) guidare con l'esempio e non con il comando;
2) fare un passo indietro quando la situazione si è conclusa, avviata a soluzione, evoluta, per lasciar spazio ad altri.
La prima attiene alla fase propulsiva, la seconda a quella conclusiva di una situazione.

I passi successivi all'enunciazione programmatica di voler lavorare in rete, sono numerosi.
Il primo è la definizione di uno standard: una serie di punti condivisi al presente e condivisibili in futuro dai nodi che si aggiungeranno.

L'urgenza dei tempi sta spingendo gli indipendentisti a rompere gli indugi.
Non aspettiamo "L'Eroe" che ci guidi alla battaglia, ma scegliamo di essere noi, in prima persona, bandiera della nostra terra, mettendo in gioco noi stessi senza delegare nessuno e senza pretendere deleghe.
Questo è il vero cambio di paradigma che, prima che organizzativo, è mentale.





PS 

Paola Alcioni:
preciso che la rete è una STRUTTURA, è un paradigma organizzativo, la cui caratteristica è l'orizzontalità e la mancanza di leader inamovibile. Lo spontaneismo non è mai fine a sè stesso: è un modo di esserci diverso dal nulla inerte, che sta all'intelligenza dei leader situazionali convogliare, con l'esempio, verso un risultato capitalizzabile. Come ho detto altrove, le pratiche di indipendentismo - anche quelle economiche tendenti a smarcarsi dal sistema centralistico che incidono oggi nelle microrealtà economiche creando anche coscienza politica - sono un'ottima palestra di autodeterminazione. E' lo standard che bisogna osare, adesso. Quel macro contenitore di principi condivisi che diventerà poi motore autonomo di ciascuno dei nodi. Anche parlare di primarie senza uno standard condiviso secondo me è come mettere in acqua una barca senza fondo...

martedì 24 luglio 2012

LA MERKEL MARIONETTA DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE


Di comidad 
la premier tedesca Merkel con Monti premier italiano
La settimana scorsa era l'agenzia di rating Moody's, adesso sarebbero le dichiarazioni della cancelliera Angela Merkel a minacciare lo spread dei BTP italiani. Mario Monti dice che dovrebbero premiarci perché siamo diventati "virtuosi", ma gli ingrati invece ci puniscono. 
Anche, se come ci dice la Merkel, facciamo i "compiti a casa", poi ci bocciano lo stesso. Monti però è un uomo di mondo, e quindi dovrebbe sapere che quando i "mercati" (cioè le banche multinazionali) hanno trovato un pollo da spennare, allora sarà molto difficile che ci rinuncino solo perché il pollo è diventato "virtuoso". Anzi, più il pollo è "virtuoso", tanto più accentua le sue caratteristiche di pollo.

In passato, quando non c'erano ancora i "vincoli di Maastricht", se uno Stato si trovava nelle attuali condizioni dell'Italia non faceva altro che rinunciare ad emettere altri titoli, oppure li utilizzava solo per i prestiti forzosi al proprio interno, attuando una parte dei suoi pagamenti in buoni del tesoro. L'alternativa al mercato dei titoli era il cercare di accedere ad un prestito diretto da parte di un altro Stato, offrendo ovviamente delle garanzie auree o patrimoniali. 
Oggi si parla invece di dismissione del patrimonio pubblico, mentre le riserve auree dell'Italia sono diventate per la stampa un argomento tabù (altro che articolo 18!), tanto che a molti comincia a venire il sospetto che anche su quel versante l'attuale governo abbia qualcosa da nascondere. 
Del resto, il governo Monti si regge più sulla fiducia dei media che sulla fiducia parlamentare. Un governo retto da un advisor della NATO come Monti, si avvale oggi, nella sua aggressione al popolo italiano, della stessa compatta connivenza mediatica fornita alle aggressioni NATO contro la Libia e la Siria. Nel 1974, con il governo Rumor, l'Italia aveva contratto un debito con la Germania, offrendo parte delle proprie riserve auree in garanzia. 
Qualche tempo dopo il debito con la Germania dovette essere rinegoziato dal governo Andreotti, e non pochi commentatori collegarono il fatto alla "fuga" nel 1977 del carnefice delle Fosse Ardeatine, il colonnello Kappler, dal carcere del Celio. Comunque alla fine il debito fu saldato, e l'evento fu celebrato con la riammissione di Andreotti a quello che allora era il G-7. 

Nel 1976 il governo di Unità Nazionale presieduto da Andreotti aveva contratto anche un altro debito, in questo caso con il Fondo Monetario Internazionale. La cifra del prestito era di meno di cinquecento milioni di dollari, una somma modesta anche per allora, se riferita ai bilanci degli Stati. 
In effetti quel debito aveva un significato politico, che serviva a ribadire la "fedeltà occidentale" dell'Italia nel momento in cui il Partito Comunista sosteneva indirettamente il governo con la sua astensione. 
A causa di quel modesto debito, l'Italia fu costretta a sottoporsi alla disciplina ed ai controlli del FMI sui bilanci e sulle spese. Quando, alla fine degli anni '70, il PCI fu estromesso dalla maggioranza di governo, anche il "rigore finanziario" fu in gran parte abbandonato dall'Italia, tranne, ovviamente, per la parte riguardante la compressione salariale. [1] 

Il "rigore finanziario" quindi non se l'è inventato la Merkel, ma fa parte dal 1945 del repertorio del FMI: è una giaculatoria che viene fatta recitare senza varianti a tutti i Paesi, sotto qualsiasi latitudine ed in qualsiasi situazione economica. 
Il rigore finanziario e le privatizzazioni sarebbero la via maestra verso lo sviluppo economico; e se per "sviluppo" si intende la concentrazione di ricchezza a scapito della maggioranza della popolazione, allora il FMI ha ragione: più miseria si crea, più si favorisce l'arricchimento ulteriore di chi è già ricco. 
In effetti il "libero mercato" ed il "rigore" sono solo slogan mitologici che servono a coprire la realtà dell'assistenzialismo per ricchi, del business della miseria e dell'aggressione coloniale da parte delle multinazionali. 
Il "rigore" può infatti perfettamente conciliarsi con le voragini finanziarie delle spese militari e dell'Alta Velocità (di cui la Val di Susa è solo uno dei tanti casi); a sua volta, il "libero mercato globale" diventa pienamente compatibile con l'infliggere sanzioni economiche a decine e decine di Paesi con i più vari pretesti. 

Ma intanto, con il Trattato di Maastricht del 1992, l'ipocrita giaculatoria del FMI è diventata la base organizzativa ed ideologica dell'Unione Europea. 
Si dice spesso che la privatizzazione dell'industria di Stato italiana sarebbe stata decisa il 2 giugno 1992, durante un ricevimento da parte della famiglia reale inglese sul panfilo "Britannia", con la presenza dei maggiori esponenti della finanza straniera e italiana. 
L'episodio è autentico, ma questo tipo di aneddotica rischia di suggerire la falsa idea che le privatizzazioni siano state l'effetto di una sorta di colpo di mano. In realtà, nel febbraio del 1992 il governo italiano aveva firmato il Trattato di Maastricht, che formalizzava la colonizzazione dell'Europa da parte del FMI. 
Nel 1991 l'Unione Sovietica si era sfasciata, perciò per il FMI si era esaurito qualsiasi motivo di prudenza per trattare l'Europa meglio dell'Africa o dell'America Latina. 
A sfatare certe nostalgie sulle passate classi dirigenti, basti ricordare che a firmare il Trattato di Maastricht sono stati quegli stessi Craxi e Andreotti poi liquidati proprio a causa dell'applicazione di quel Trattato. 
Il ceto politico della cosiddetta "prima repubblica" ha letteralmente firmato la propria condanna. 

Anche se i giornali se ne sono dimenticati, l'Italia dall'anno scorso si trova nuovamente sotto il monitoraggio del FMI, che viene qui ogni tre mesi con i suoi ispettori. Si è trattato dell'ultimo regalo del governo del Buffone di Arcore, anche se questo controllo del FMI non è legato ad alcun prestito. 
Non risulta affatto che, con l'avvento del governo Monti, le ispezioni del FMI siano cessate. Monti tiene spesso a ribadire che l'Italia non avrebbe fatto alcuna cessione unilaterale di sovranità, ma sembra quel genere di finte negazioni che serve ad abituare l'opinione pubblica all'idea.[2] 

Attualmente l'informazione ufficiale è particolarmente concentrata sulla cancelliera Merkel e sulle sue litanie di rigore finanziario. 
Il direttore generale del FMI, Christine Lagarde in questo periodo appare invece più defilata, ed insieme con la cancelliera Merkel gioca spesso al "poliziotto buono e poliziotto cattivo". 
Alla Merkel ovviamente spetta la parte della cattiva, dato che è tedesca. Ma laddove il poliziotto-FMI lavora ormai da solo, come in Grecia, allora riprende tutta la sua faccia feroce.
Che la Merkel e la Lagarde giochino in squadra, è dimostrato dal fatto che l'arrivo del FMI in Grecia, con tutte le disgrazie che ne sono seguite, fu sollecitato dalla Merkel. Secondo la testimonianza dell'ex ministro delle Finanze greco, Papaconstantinou, nei colloqui preliminari del marzo del 2010 fu proprio la Merkel a portarsi dietro l'allora direttore generale del FMI, Strauss-Kahn. [3] 

La cialtroneria può esprimersi in forme diverse da quelle immortalate dal Buffone di Arcore. Si può infatti essere cialtroni anche "alla tedesca", con esibizioni di eccessiva serietà e di pletorico rigore; e la Merkel sarà sicuramente molto orgogliosa di occupare, come le marionette, il centro della scena. 
A proposito di cialtroneria, neppure Monti scherza. Più di un commentatore ha notato che i suoi demenziali discorsi sembrano scritti dallo stesso ghost writer del Buffone di Arcore, ma il gelido tono nordico di Monti favorisce in molti l'illusione che si tratti di altra cosa. 
Sta di fatto che il FMI si è insediato in Europa più comodamente che in Africa, e le bizze della Merkel non servono ad altro che a legittimare l'intensificarsi della tutela del FMI sull'Unione Europea.
Il problema è che in sede di Consiglio Atlantico della NATO, almeno dal 2009, si sta progettando di trasformare il FMI in una vera e propria "governance" economica mondiale, con il nome di GLECO, Global Economic Council, un organismo ovviamente integrato con la NATO. 
Esponenti del FMI e consulenti economici del Consiglio Atlantico ne discutono apertamente sul sito dello stesso Consiglio Atlantico. 
Se questi discorsi sono da prendere sul serio, allora l'avvitarsi artificioso, quanto inesplicabile, di questa crisi finanziaria troverebbe una spiegazione. [4]

[1] http://archiviostorico.corriere.it/1993/
[2] http://ricerca.repubblica.it/repubblica
[3] http://translate.google.it/translate?
[4] http://translate.google.it

sabato 21 luglio 2012

Il sistema economico degli Stati Uniti in collasso e “la Fine del Mondo”



Il sistema economico degli Stati Uniti in collasso e “la Fine del Mondo”
Paul Craig Roberts 
Tradotto da  Curzio Bettio




Nel recente articolo, “Riuscirà il mondo a sopravvivere alla cieca arroganza di Washington?”, mi ripromettevo di esaminare se l’economia USA crollerà prima che Washington nella sua ricerca di egemonia mondiale ci trascini in un confronto militare con la Russia e la Cina. Probabilmente, questo argomento  continuerà ad essere oggetto di analisi su questo sito, e quindi questo articolo non costituirà l’ultima parola.

Washington si trova in uno stato di guerra dal mese di ottobre 2001, quando il presidente George W. Bush ha inventato una scusa per ordinare l’invasione statunitense dell’Afghanistan.

Questa guerra in Afghanistan ha assunto una minore rilevanza quando Bush ha architettato un altro pretesto per ordinare l’invasione dell’Iraq nel 2003, una guerra che è andata avanti senza un significativo successo per 8 anni e ha lasciato l’Iraq nel caos, con decine e decine di morti e feriti ogni giorno, con un nuovo uomo “forte” al posto dell’altro uomo “forte” illegalmente giustiziato, e con la probabilità che il persistere della violenza si trasformi in guerra civile.

Subito dopo la sua elezione, il Presidente Obama scioccamente ha inviato più truppe in Afghanistan e ha rinnovato di intensità quella guerra, ora al suo undicesimo anno, senza alcun risultato positivo.
Questi due conflitti si sono dimostrati decisamente costosi.
Secondo le stime di Joseph Stiglitz e Linda Bilmes, quando tutti i costi verranno conteggiati, l’invasione dell’Iraq costerà ai contribuenti statunitensi 3.000 miliardi di dollari. Idem per la guerra in Afghanistan.
In altre parole, le due guerre ingiustificate hanno raddoppiato il debito pubblico usamericano. Questa è la ragione per cui non ci sono soldi per la Previdenza Sociale, per il Servizio Sanitario Statale per la cura degli anziani e per i meno abbienti, per i buoni pasto, l’ambiente e la rete di sicurezza sociale.
Gli Usamericani non hanno ottenuto nulla dalla guerra, ma visto che il debito di guerra non sarà mai ripagato, i cittadini statunitensi ed i loro discendenti si troveranno a pagare gli interessi su 6.000 miliardi di debiti di guerra in perpetuo.
Non contento di queste guerre, il regime Bush / Obama sta conducendo operazioni militari in violazione del diritto internazionale in Pakistan, Yemen, e in Africa, ha organizzato il rovesciamento del governo in Libia mediante un conflitto armato, sta attualmente lavorando per detronizzare il governo siriano, e continua a schierare forze militari contro l’Iran.
Trovando gli avversari musulmani…inadeguati alle sue energie e al suo bilancio, Washington ha circondato la Russia con basi militari e ha iniziato l’accerchiamento della Cina.
Washington ha annunciato che il grosso delle sue forze navali verrà spostato verso il Pacifico nel corso dei prossimi anni, e sta lavorando per ristabilire la sua base navale nelle Filippine, sta costruendo una nuova base navale su un’isola sud-coreana, acquisisce una base navale in Viet Nam, e basi aeree e da trasporto truppe altrove in Asia.
In Tailandia, Washington sta tentando di acquisire con il solito sistema delle tangenti una base aerea utilizzata nel corso della guerra del Vietnam. Esiste un’opposizione, dato che il paese non vuole essere trascinato in un conflitto con la Cina orchestrato di Washington. Per minimizzare la vera ragione per la base aerea, Washington, secondo i giornali tailandesi, ha comunicato al governo tailandese che la base sarebbe necessaria per “missioni umanitarie”. Questo non è stato accettato, e allora Washington ha indotto la NASA a chiedere la base aerea al fine di condurre “esperimenti meteorologici”. Resterà da vedere se questo stratagemma si rivelerà una sufficiente copertura.
Marines degli Stati Uniti sono stati inviati in Australia e altrove in tutta l’Asia.
Circondare la Cina e la Russia (e l’Iran) è un’impresa enorme per un paese che è finanziariamente in totale fallimento.
Con le guerre e i salvataggi dei bankster, dei banditi delle banche e della finanza, Bush e Obama hanno raddoppiato il debito nazionale degli Stati Uniti, invece di affrontare la disintegrazione dell’economia statunitense e le difficoltà crescenti dei cittadini statunitensi.
I grafici che seguono sono stati gentilmente concessi da www.shadowstats.com
Occupazione in imprese non agricole; livelli registrati stagionalmente al giugno 2012 da Shadowstats.com, un sito web che analizza dati statistici sull’economia dell’amministrazione e sulla disoccupazioneIn ascisse le annate, in ordinate i milioni di posti di lavoro. 
L’annuale deficit di bilancio degli Stati Uniti (sull’intorno dei 2.000 miliardi di dollari per anno) va ad aggiungersi al debito accumulato di 15.000 miliardi di dollari, senza alcuna prospettiva di declino. Il sistema finanziario è collassato e richiede continui salvataggi.
Il sistema economico è in totale rovina, e non è stato più in grado di creare posti di lavoro altamente remunerativi, ma nemmeno eventuali posti di lavoro.
Nonostante anni di crescita della popolazione, l’occupazione registrata sui libri paga a partire dalla metà del 2012 è la stessa che nel 2005 e decisamente al di sotto di quella del 2008.
Eppure, il governo e i media finanziari “prostituti” ci dicono che abbiamo una ripresa.
Secondo l’Ufficio di Statistica del Lavoro degli Stati Uniti, nel 2011 l’occupazione è stata solo superiore di 1 milione rispetto a quella del 2002.
Dato che occorrono circa 150.000 nuovi posti di lavoro ogni mese per rimanere in parallelo con la crescita della popolazione, questo comporta un deficit decennale di posti di lavoro pari a 15 milioni di posti.
Negli Stati Uniti, la disoccupazione e i tassi di inflazione sono di gran lunga superiori a quelli registrati. In articoli precedenti ho spiegato, sulla base del lavoro statistico di John Williams (shadowstats.com), le ragioni per cui le cifre pubblicizzate dall’amministrazione sono gravemente inadeguate e sottostimate.  
Il tasso di disoccupazione, dichiarato del 8,2% non tiene conto dei lavoratori scoraggiati che hanno rinunciato a trovare un lavoro. Il governo ha rilevato una seconda percentuale di disoccupazione, segnalata raramente, relativa ai lavoratori scoraggiati a breve termine. Questo tasso è del 15%. Se si sommano i lavoratori scoraggiati a lungo termine, l’attuale tasso di disoccupazione degli Stati Uniti è del 22%, un valore più vicino al tasso di disoccupazione della Grande Depressione che ai tassi di disoccupazione delle recessioni post-belliche.
 
Sviluppo annuale del Prodotto Interno Lordo – Ufficiale (Istituto Analisi Economica BEA) rispetto al rilevamento di Shadow Government Statistics SGS; variazione annuale fino alla fine del 2012.
I cambiamenti nel modo in cui viene misurata l’inflazione hanno annullato il Consumer Price Index (CPI) come misura del costo della vita. (1)
La nuova metodologia si basa sulla sostituzione. Se il prezzo di un elemento dell’indice sale, viene sostituito da un elemento alternativo di prezzo inferiore.
Inoltre, alcuni aumenti dei prezzi sono etichettati come miglioramenti della qualità del prodotto, lo siano essi o no, e quindi non appaiono nel CPI. Quindi, la gente deve pagare un prezzo più alto, ma l’aumento non viene conteggiato come inflazione.
Attualmente, il tasso di inflazione relativo alla sostituzione è di circa il 2%. Tuttavia, quando l’inflazione è misurata tenendo conto del costo effettivo della vita, il tasso di inflazione è del 5%.
Il “Misery Index” è la somma dei tassi di inflazione e di disoccupazione.
Il livello dell’attuale “Misery Index” dipende dal fatto che vengono utilizzate nuove misurazioni manipolate e truccate, che minimizzano l’indigenza, mentre la metodologia precedente forniva valutazioni più precise. Prima delle elezioni del novembre 1980, il “Misery Index” toccava il 22%, il che fu una delle ragioni per la vittoria di Reagan sul presidente Carter. Oggi, se usiamo la metodologia precedente, l’indice Misery si posizionerebbe al 27%. Ma se usiamo la nuova metodologia truccata, il “Misery Index” si aggira sul 10%.
La sottovalutazione dell’inflazione serve per incrementare il prodotto interno lordo (PIL).
Il PIL viene calcolato in dollari correnti. Per potere determinare se il PIL è cresciuto a causa di aumenti dei prezzi o per aumenti di produzione reale, il PIL viene deflazionato attraverso il CPI, il Consumer Price Index, l’indice dei prezzi al dettaglio.
Più alto è il tasso di inflazione, minore sarà la crescita dovuta ad effettiva produzione, e viceversa.
Quando, per misurare l’inflazione, è stato usato il metodo basato sulla sostituzione, nel 21° secolo l’economia statunitense ha registrato una crescita reale, ad eccezione di una forte flessione durante il periodo 2008-2010. Tuttavia, se viene usata la metodologia basata sul costo della vita, fatta eccezione per un breve periodo nel corso del 2004, l’economia statunitense non ha registrato alcuna crescita reale dal 2000.
Nel grafico soprastante, la curva di valutazione (inferiore - blu) del PIL reale viene deflazionata con la metodologia dell’inflazione, tenendo conto del costo della vita.
La curva di valutazione (superiore - rossa) del PIL deflaziona il PIL con la nuova metodologia basata sulla sostituzione.
La mancanza di occupazione e l’effettivo andamento del PIL vanno di pari passo con il declino del reale reddito familiare medio.
La crescita del debito dei consumatori è stata sostituita dalla mancanza di crescita del reddito e ha continuato a gestire il sistema economico finché i consumatori hanno esaurito le loro capacità di assumere più debito. Con i consumi andati a fondo, le prospettive per una ripresa economica sono scarse.
Indice del reddito familiare medio, al marzo 2012, fatto 100 il valore dell’indice al gennaio 2000
I politici e la Federal Reserve presentano prospettive ancor peggiori.
In un periodo di alta disoccupazione e di famiglie stressate dal debito, i politici, a livello locale, statale e federale stanno riducendo le sovvenzioni pubbliche alla sanità, per le pensioni, per i buoni pasto, per i sussidi alla casa e per ogni altro elemento della rete di sicurezza sociale.
Questi tagli, ovviamente, riducono ulteriormente la domanda aggregata e la capacità degli Statunitensi, oberati dalla indisponibilità di reddito, a sopravvivere. (2)
La Federal Reserve eroga tassi di interesse così bassi che i pensionati e gli altri che vivono dei loro risparmi possono guadagnare ben poco sul loro denaro. I tassi di interesse pagati su certificati di credito bancari e da obbligazioni governative e societarie sono inferiori al tasso di inflazione.
Per realizzare redditi da interessi, una persona deve acquistare obbligazioni greche, spagnole o italiane, e correre così il rischio della perdita di capitale.
La politica della Federal Reserve di tassi di interesse addirittura negativi costringe i pensionati a spendere al ribasso il loro capitale per poter vivere.
In altre parole, la politica della Fed sta distruggendo i risparmi personali, dato che le persone sono costrette a spendere il loro capitale per coprire le spese di tutti i giorni.
Nel mese di giugno, la Federal Reserve ha annunciato l’intenzione di continuare nella sua politica di tassi di interesse nominale ancora più bassi, questa volta concentrandosi su Buoni del Tesoro a lungo termine.
La Fed ha dichiarato che avrebbe acquisto 400 miliardi dollari di obbligazioni del Tesoro a 30 anni. Spingere i tassi di interesse verso il basso, significa guidare le quotazioni dei fondi verso l’alto. Con Buoni del Tesoro a cinque anni che pagano solo sette decimi di punto percentuale, e con Buoni del Tesoro a dieci anni che pagano solo l’1,6%, percentuale inferiore anche al tasso ufficiale di inflazione, gli Usamericani alla disperata ricerca di rendimenti si orientano verso obbligazioni a 30 anni, che attualmente pagano il 2,7%. Tuttavia, quotazioni più elevate dei titoli comportano che il rischio di perdita di capitale è decisamente più elevato.
La monetizzazione del debito pubblico da parte della Fed, o una diminuzione del valore di cambio del dollaro quando altri paesi si allontanano dal suo utilizzo per aggiustare la loro bilancia dei pagamenti, potrebbero scatenare l’inflazione che imporrebbe tassi di interesse fuori dal controllo della Fed.
Un aumento dei tassi di interesse provoca una caduta delle quotazioni dei titoli.
In altre parole, ora siamo in presenza di una bolla dei titoli, come quella immobiliare, o dei derivati o delle materie prime. Quando questa bolla scoppierà, gli USamericani subiranno un altro duro colpo al loro benessere rimanente. (3) 
Non ha senso investire in obbligazioni a lungo termine a tassi d’interesse negativi, quando il governo federale sta accumulando un debito che la Federal Reserve sta monetizzando, e quando altri paesi si stanno allontanando dall’alluvione di dollari.
La monetizzazione del debito e un deprezzamento del valore di cambio del dollaro determinano un alto potenziale per un tasso di inflazione crescente. Allora, i gestori di portafoglio di fondi obbligazionari devono conformarsi in massa a scadenze più a lungo termine o vedere le loro prestazioni crollare al fondo della classifica.
Alcuni singoli investitori e banche centrali estere, anticipando la perdita di valore del dollaro, stanno accumulando lingotti d’oro e d’argento. Nel corso del 2011, rendendosi conto del pericolo per il dollaro e per la sua politica dal rapido aumento del prezzo dei metalli preziosi, la Federal Reserve ha predisposto un’azione di compensazione.
Quando la domanda materiale di lingotti fa salire il prezzo, vengono utilizzate vendite allo scoperto di lingotti sul mercato dei titoli, per guidare il prezzo verso il basso.
Allo stesso modo, quando gli investitori iniziano a fuggire dai Buoni del Tesoro, causando in tal modo l’aumento dei tassi di interesse, J.P. Morgan e altre affiliate della Federal Reserve vendonointerest rate swap, in modo da compensare l’effetto sui tassi di interesse delle vendite di titoli. (Tenete presente che i tassi di interesse aumentano quando diminuiscono le quotazioni dei titoli, e viceversa.) (4)
Il punto di tutte queste informazioni è quello di stabilire che, fatta eccezione per l’1 per cento, i redditi e lo stato di benessere degli USamericani sono stati ulteriormente ridotti su tutta la linea.
Dal 2002 fino al 2011, il sistema economico ha perso 3,5 milioni di posti di lavoro nell’industria. Questi lavori sono stati sostituiti con posti di lavoro a paga più bassa nei servizi di bar e ristoranti (1.189.000), nel servizio ambulatoriale di assistenza sanitaria (1.512.000) e con impieghi di assistenza sociale (578.000).
Questi lavori sostitutivi nei servizi domestici comportano che negli Stati Uniti il reddito per consumi se ne è andato dal paese. Negli Stati Uniti, la potenziale domanda aggregata si è abbassata a causa delle differenze di retribuzione delle categorie di lavoro.
Chiaramente e senza ambiguità, i posti di lavoro trasferiti all’estero hanno abbassato l’occupazione, il reddito netto pro capite degli Stati Uniti, e, di conseguenza, il PIL.
Nonostante la mancanza di una base economica, le aspirazioni egemoniche di Washington continuano senza sosta. Altri paesi stanno sorridendo dell’incoscienza di Washington. La Russia, la Cina, l’India, il Brasile e il Sud Africa stanno realizzando un accordo per abbandonare il dollaro come valuta di riferimento per i regolamenti internazionali che intercorrono tra di loro.
Il 4 luglio, il quotidiano China Daily riferiva:
“Ieri, importanti uomini politici giapponesi e accademici di spicco provenienti dalla Cina e dal Giappone hanno esortato Tokyo ad abbandonare la sua politica estera ormai datata di appoggiarsi all’Occidente e ad accettare la Cina come partner chiave importante tanto quanto gli Stati Uniti.
Il Consensus Tokyo, una dichiarazione congiunta formulata al termine del Forum Pechino-Tokyo, ha anche raccomandato ad entrambi i paesi di espandere i commerci e di promuovere un accordo di libero scambio fra la Cina, il Giappone e la Corea del Sud.”
Questo significa che sta entrando in gioco il Giappone.
Il governo cinese, più intelligente di Washington, sta rispondendo alle minacce militari di Washington sottraendo a Washington, e lusingandone, due principali alleati asiatici. Dato che l’economia cinese è ormai di dimensioni pari a quelle degli Stati Uniti, e poggia su basi molto più solide, e visto che il Giappone attualmente ha più scambi commerciali con la Cina che con gli Stati Uniti, l’attrattiva è interessante.  Inoltre, la Cina è il vicino della porta accanto, e Washington è lontana e sta annegando nella sua arroganza.
Washington, che ha fatto sventolare il suo dito medio (gesto volgare!) contro il diritto internazionale e contro la sua Costituzione e le sue stesse leggi, con la sua arroganza e le guerre ingiustificate e illegali, e con la sua affermazione del diritto di far massacrare i propri cittadini e quelli dei suoi alleati, come il Pakistan, ha trasformato gli Stati Uniti in uno Stato “canaglia”.
Washington controlla ancora i suoi burattini comprati-e-pagati in quota NATO, ma questi Stati fantoccio sono sopraffatti da problemi di debito da derivati ​​procurati loro da Wall Street e da problemi di debito sovrano, alcuni dei quali sono stati posti sotto copertura dalla Goldman Sachs di Wall Street.
L’Europa è alle corde e non ha più soldi per sovvenzionare Washington nelle sue guerre egemoniche.
Washington sta diventando un elemento isolato e disprezzato della comunità mondiale.
Washington ha acquisito l’Europa, il Canada, l’Australia, l’ex Stato sovietico della Georgia (e quasi l’Ucraina), e la Columbia, e continua nei suoi tentativi di acquisire tutto il mondo, ma il sentimento si sta rivoltando contro questo Stato da risorgente Gestapo, che si è dimostrato essere senza legge , spietato e indifferente, addirittura ostile, alla vita umana e ai diritti umani.
Un governo, il cui esercito non è stato in grado, con l’aiuto della Gran Bretagna, ad occupare l’Iraq dopo otto anni ed è stato costretto a porre fine al conflitto mettendo i “ribelli” sul libro paga dell’esercito degli Stati Uniti e di pagarli per smetterla di uccidere le truppe statunitensi, e un governo il cui esercito è stato incapace di sottomettere poche migliaia di Talebani armati con armi leggere dopo undici anni, esagera e va sopra le righe quando organizza una guerra contro l’Iran, la Russia, e la Cina.
L’unica prospettiva che Washington ha per prevalere in una simile impresa è quella di usare per primo le armi nucleari, di cogliere alla sprovvista i suoi oppositori demonizzati sferrando un attacco nucleare di punto in bianco. In altre parole, l’eliminazione della vita sulla terra.
Questo è il programma di Washington rivelato dal guerrafondaio neoconservatore, Bill Kristol, che non ha avuto vergogna di porre pubblicamente il quesito: “Dove sta il vantaggio di possedere armi nucleari, se non si possono usare?”
N.d.T.:
(1) In economia, l’indice dei prezzi al consumo (talvolta indicato anche come indice dei prezzi al dettaglio o CPI - Consumer Price Index, nella notazione inglese) è, come tutti gli indici dei prezzi, una misura statistica formata dalla media dei prezzi ponderati per mezzo di uno specifico paniere di beni e servizi. Tale paniere ha come riferimento le abitudini di acquisto di un consumatore medio.
(2) Per “domanda aggregata” si intende la domanda totale di beni effettuata dagli operatori di un sistema economico, (famiglie, imprese, pubblica amministrazione, ed estero). In questo senso è una “sommatoria di domande”. Normalmente viene scomposta nelle sue componenti fondamentali, che rispecchiano la “provenienza” di tale domanda, cioè i soggetti del sistema economico che la determinano. Nelle classificazioni più diffuse, la domanda aggregata si scompone in: a)domanda di beni di consumo; b)domanda di beni di investimento; c)spesa pubblica; d)esportazioni nette.
(3) La monetizzazione del debito pubblico è un’operazione effettuata dalla banca dello Stato attraverso l’emissione di nuovi contanti in circolo per pagare il proprio debito pregresso, non pagando gli interessi. In questo modo lo Stato svaluta i suoi contanti e può pagare con calma il suo debito, vedendosi ridurre l’interesse applicato. Quindi è un procedimento di riduzione del debito pubblico attraverso l’acquisto sul mercato aperto di grossi quantitativi di titoli del debito pubblico da parte delle autorità monetarie. L’effetto di tali acquisti è l’aumento della moneta in circolazionecon la conseguente crescita dell’inflazione.
(4) Quando la banca vuole garantire al cliente un tasso fisso deve tutelarsi in modo da evitare di rimetterci cifre da capogiro se i tassi si alzano. Ciò è possibile ricorrendo a speciali accordi (detti swap) con soggetti disposti ad accollarsi il rischio, nell’ambito di un intento speculativo. Dal tasso a cui si concludono tali accordi nasce l’IRS (Interest Rate Swap).L’entità dell'IRS cambia in funzione del periodo coinvolto. Ovviamente lo speculatore che accetta il rischio per un anno concluderà a tassi più bassi di chi lo prende in carico per venti o trenta.



Per concessione di Tlaxcala
Data dell'articolo originale: 08/07/2012

Province, esperti frenano cancellazione: "Sardegna speciale grazie a Statuto"


Province, esperti frenano cancellazione: "Sardegna speciale grazie a Statuto" 
www.unionesarda.it
Province, esperti frenano cancellazione: "Sardegna speciale grazie a Statuto"IL PALAZZO DELLA PROVINCIA CAGLIARI

Nessuna cancellazione calata dall'alto in Sardegna senza una riforma dello Statuto autonomistico, la legge costituzionale dell'Isola che ne prevede tre: Cagliari, Sassari e Nuoro. 


 Anche i referendum regionali dello scorso 6 maggio non hanno avuto l'effetto di cancellare questi tre enti che possono essere modificati solo in forza di una revisione costituzionale da parte del Parlamento con due letture per ciascuna camera. A spiegare l'effetto in Sardegna del riordino deciso dal Cdm, sono gli esperti giuristi incaricati dal Consiglio regionale di illustrare i possibili effetti dell'abrogazione delle Province nell'Isola dopo la consultazione referendaria. 


Se si pensa ai quattro enti storici, a rischio, semmai, ci sarebbe solo la Provincia di Oristano, che è nata con legge ordinaria dello Stato e non ha quindi quella garanzia costituzionale che salvaguardia Cagliari, Sassari e Nuoro Per queste tre Province lo Statuto, invece, prevede l'insoppressibilità anche rispetto a decreti ministeriali o leggi ordinarie. Se si prendono tulle le otto Province, invece, verrebbero cancellate anche Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Olbia Tempio e Ogliastra, istituite dieci anni fa con legge regionale ma non previste dallo Statuto. 


Inoltre la Regione ha competenza primaria in materia di Enti locali, limitata solo da eventuali norme di legge che prevedano una riforma economico-sociale e questo non mi sembra il caso in questione. Nel frattempo, la legge di riordino degli Enti locali sta per approdare in commissione Riforme del Consiglio regionale: dopo i referendum regionali che hanno abrogato le circoscrizioni provinciali e le nuove quattro province sarde, gli attuali otto enti sono infatti in regime di proroga sino al 18 febbraio.

venerdì 20 luglio 2012

Il Grande Oriente di Obama


Il Grande Oriente di Obama

www.ilmanifesto.it



Per 236 anni gli Usa hanno difeso ovunque la democrazia: lo ha assicurato Hillary Clinton al Cairo. Occorre quindi cancellare dalla storia gli oltre 160 interventi militari all'estero effettuati dall'imperialismo Usa fino agli anni '40; le guerre della guerra fredda in Corea, Vietnam, Laos, Cambogia, Libano; i colpi di stato orchestrati dalla Cia in Guatemala, Indonesia, Brasile, Cile, Argentina; le guerre del dopo guerra fredda in Iraq, Somalia, Jugoslavia, Afghanistan. Lo stesso impegno, garantisce la Clinton, viene portato avanti dall'amministrazione Obama. 

In effetti, dalla strategia del Grande Medio Oriente (comprendente Nord Africa e Asia centrale), lanciata dal repubblicano Bush, il democratico (nonché Premio Nobel per la pace) Obama è passato alla strategia del Grande Oriente, che mira all'intera regione Asia/Pacifico in aperta sfida a Cina e Russia. 

Il primo passo è stata la guerra alla Libia, con la quale (come già fece Bush con la Jugoslavia) è stato demolito un intero stato per mettere al potere governanti fedeli a Washington. Si è arrivati così alle «libere elezioni» nella «libera Libia», vinte dal «liberale» Mahmoud Jibril, il cui successo è attribuito alla volontà popolare. Si ignora che gli Usa e altre potenze occidentali hanno speso milioni di dollari in Libia, per assicurarsi il sostegno di organizzazioni e settori tribali. Si ignora che Jibril è l'uomo di fiducia di Washington: economista formatosi negli Usa, incaricato di promuovere le liberalizzazioni nel mondo arabo, nel 2007 fu messo a capo in Libia dell'Ufficio governativo per lo sviluppo economico, collegato alle multinazionali statunitensi e britanniche. In tale veste, Jibril avvertì Washington che il piano di privatizzare l'economia libica e formare una nuova classe dirigente filo-occidentale era stato bloccato da Gheddafi, e che aumentava la concorrenza cinese e russa. La vittoria di Jibril era già programmata. Il 30 marzo 2011 (dieci giorni dopo l'inizio della guerra), il «New York Times» scriveva in base a informazioni governative: «Se l'intervento americano e occidentale rovescerà Muhammar Gheddafi, Mahmoud Jibril potrebbe essere il leader della Libia». 

Quello della guerra alla Libia è il modello che gli Usa adottano per tentare di disgregare altri stati, tra cui Siria e Iran, che ostacolano la loro avanzata a est. Poiché molti paesi sono restii a ospitare basi militari Usa, il Pentagono sta dislocando in acque internazionali, partendo dal Golfo e via via verso est, apposite navi che fungono da basi galleggianti per le forze speciali. Altre basi aree e navali vengono installate o potenziate in Thailandia, Filippine, Singapore, Australia e altri paesi. A Singapore è arrivata la prima «littoral combat ship», una nuova nave da guerra che si può avvicinare alla costa per attaccare in profondità. La U.S. Navy ne dislocherà nel Pacifico oltre 50. 

Nell'offensiva diplomatica, per creare fratture tra la Cina e i paesi limitrofi, la Clinton ha effettuato una «storica visita» in Laos. Promettendo 9 milioni di dollari per lo sminamento, si è fatta fotografare con un ragazzo mutilato: una delle molte vittime delle munizione inesplose, circa il 30% dei 2 milioni di tonnellate di bombe sganciate dagli Usa sul Laos nel 1964 -1973. Naturalmente per difendere la democrazia.

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