giovedì 27 settembre 2012

Ratti, cancro e politiche transgeniche


SILVIA RIBEIRO





Tradotto da  Alba Canelli
by jornada

Nuove prove scientifiche di ricercatori in Francia dimostrano che il mais geneticamente modificato provoca il cancro nei ratti, mentre il glifosato, l'erbicida più usato nelle coltivazioni transgeniche, provoca malformazioni nei feti, secondo gli studi realizzati dal Dr. Andrés Carrasco ed altri scienziati in Argentina.

Sebbene le relazioni sul glifosato e gli studi precedenti sui transgenici, hanno mostrato evidenza di gravi problemi per la salute e per l'ambiente, il governo messicano ha autorizzato nel 2012 più di 1.800 ettari di piantagioni a campo aperto, di mais geneticamente modificato, la maggior parte con lo stesso gene della Monsanto (603) che ha causato il cancro nei ratti negli esperimenti francesi.

Nello studio realizzato dal CRIIGEN (Comitato di ricerca e di informazione indipendente sulla genetica), Università di Caen, in Francia, sono stati alimentati 200 ratti per due anni, suddivisi in 10 gruppi, con razioni diverse. Alcuni con mais geneticamente modificato NK603, resistente al glifosato, ma senza essere utilizzato, altri con lo stesso mais GM con glifosato, ed altri con glifosato disciolto nell'acqua che bevevano,oltre a un gruppo di controllo che non ha ricevuto nessuno degli elementi sopra citati.


I ratti alimentati con mais GM sono morti prematuramente ed avevano un'incidenza di tumori del 60-70 per cento contro il 20-30 per cento del gruppo di controllo.

Gilles Eric Seralini direttore di CRIIGEN, ha detto che è uno studio unico al mondo, perché tutti i test che hanno realizzato le aziende (multinazionali del settore, N.d.T) non superano i tre mesi, mentre questo esperimento ha coperto l'intero arco di vita dei ratti.

Infatti, un fattore importante è che la maggior parte dei problemi sono apparsi dal quarto mese, quindi Seralini ha affermato che il tempo è scelto (dalle multinazionali, N.d.T.) per ulteriori esperimenti è stato intenzionalmente breve per evitare la comparsa della maggior parte dei sintomi.

 
Tumori provocati da mais OGM, con e senza Roundup (R)

Alcuni "scienziati" che fungono da copertura dell'industria dei transgenici, legati o finanziati direttamente o indirettamente da questa, attaccano gli studi del CRIIGEN, rilevando presunte incoerenze, come il fatto che anche il gruppo di controllo ha sviluppato tumori. Ma questo è comprensibile, perché vengono usati topi che tendono a sviluppare tumori e a cui non si permette mai di vivere così a lungo. Il dato significativo sta nella grande differenza in percentuale.

Oltre ai tumori, i gruppi di ratti esposti al mais transgenico e glifosato hanno avuto gravi problemi ai reni e al fegato.
Il governo francese, di fronte ai risultati degli esperimenti, ha deciso di aprire un periodo di verifica degli studi. Se fosse confermata la loro tossicità potrebbe decidere di vietarne l'importazione e l'utilizzo anche come foraggio. Seminare mais GM non è consentito in questo paese, proprio per gli studi precedenti sulla potenziale tossicità e l'impatto ambientale del mais NK603 e MON810 della Monsanto.

Invece della premura con cui alcuni biotecnologi - anche in Messico - cercano di spodestare gli esperimenti, l'atteggiamento coerente e responsabile che dovrebbero avere è quello di verificare questo studio e farne altri, visto che i transgenici che sono sul mercato sono stati approvati basandosi quasi al 100 per cento sui dati forniti dalle società che li vendono.

Dal momento che il Messico rappresenta il centro di origine del mais ed è anche il paese con il più alto consumo umano di mais in tutto il mondo, sarebbe logico seguire il principio di precauzione in senso stretto, sia per i rischi alla salute umana che per l'impatto sulla biodiversità e per i molteplici significati che il mais ha in Messico per la sua cultura e la sua popolazione.

Tuttavia, anche se la Commissione di Biosicurezza in Messico (CIBIOGEM) ha ricevuto numerose, ampie e solide angomentazioni scientifiche e tecniche per non permetterne la semina - né sperimentale, né tanto meno pilota o commerciale - di mais transgenico, sono state ignorate da tutti volontariamente mettendo a rischio gli interessi della popolazione per favorire esclusivamente quelli della Monsanto, la multinazionale che controlla oltre l'85 per cento delle sementi geneticamente modificate nel mondo.

L'accordo per garantire gli interessi della Monsanto contro il popolo del Messico e contro il suo principale patrimonio genetico alimentare, è stato siglato da Bruno Ferrari, attualmente segretario dell'Economia, ma precedentemente funzionario della Monsanto.

Nel 2009, Ferrari, allora direttore del ProMéxico, organizzò un incontro tra Felipe Calderón e l'amministratore delegato della Monsanto, al Forum Economico Mondiale di Davos. Al ritorno da tale riunione, il governo ha annunciato di voler interrompere la moratoria esistente dal 1999 contro la semina di mais GM, anche se nessuno dei motivi che gli esperti avevano presentato per sostenere e mettere in atto la moratoria fosse cambiato.
Al contrario, nel corso degli anni, peggiorarono le condizioni di rischio che giustificavano la moratoria sulla coltivazione di mais geneticamente modificato del 1999.

I transgenici usano molte più sostanze tossiche e producono meno dei semi ibridi, oltre ai molti rischi e impatto sulla salute e l'ambiente in continua crescita, poiché le piante diventano sempre più resistenti e richiedono composti sempre più tossici.

Ci sono 10.000 anni di lavoro contadino e decenni di ricerca pubblica agricola nei semi non transgenici che inorgogliscono e sono ampiamente sufficienti a coprire le esigenze di tutta la popolazione del Messico.
Permettere la diffusione di OGM nel paese è un atto di estrema irresponsabilità e un crimine storico.




Per concessione di La Jornada
Fonte: http://www.jornada.unam.mx/2012/09/22/opinion/024a1eco

mercoledì 26 settembre 2012

SARDINYA: «Fateci votare il referendum» sull'indipendenza della Sardinya

SAREBBE L'ORA DI FINIRLA DI DARE OSTRACISMO ALLA SARDINYA, L'AUTODETERMINAZIONE E' MATERIA DI  DIRITTO INTERNAZIONALE E' ANCHE RATIFICATO DALLO STATO ITALIANO ED E' ANCHE  NELLO STATUTO DELLA REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA , LA CONSULTAZIONE REFERENDARIA SULL'AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI E' UN DIRITTO RICONOSCIUTO IN TUTTO IL MONDO,PERCIO' SI DEVE FARE!
SA DEFENZA

Matteo Sau
unionesarda
Salvatore Meloni, noto Doddore
Procede a rilento l'iter giuridico sul riesame del referendum per l'indipendenza della Sardegna, presentato da Doddore Meloni. Un lungo percorso che si snoda, per ora, nella aule del Tribunale civile di Cagliari. Ieri mattina, in occasione della seconda udienza per il ricorso presentato dal legale di Meloni, il giudice si è riservato di decidere. Dovrà ancora analizzare, infatti, le motivazioni delle parti in causa. 

IL RICORSO 
La contesa riguarda il rigetto del quesito per incostituzionalità, da parte dell'ufficio regionale per il referendum. Doddore Meloni, però, non si ferma alla consultazione e chiama in causa il presidente della Regione Cappellacci, al quale chiederà «un incontro per sapere come mai abbia cambiato idea dopo aver guardato con favore all'iniziativa». Inoltre, ha annunciato che «se l'iter giuridico non si concluderà entro le elezioni regionali, raggiungeremo l'indipendenza conquistando la Regione col movimento che verrà presentato nei prossimi giorni». 

NORME TRASCURATE 
Il terreno sul quale si consuma il confronto riguarda le normative di riferimento per il parere sul referendum: «L'ufficio regionale competente, nel valutare il quesito referendario, non ha preso in considerazione l'applicazione delle norme di diritto internazionale sancite dagli articoli 10 e 80 della Costituzione», ha spiegato Cristina Puddu, legale del movimento. Se il parere del giudice darà ragione al movimento indipendentista, «il referendum dovrà essere analizzato tenendo conto di queste normative», ha dichiarato Meloni, «a quel punto dimostreremo di avere ragione». 

IL MOVIMENTO 
Ma la scalata all'indipendenza dell'Isola, passa anche attraverso la politica: «La prossima settimana presenteremo il movimento che si candiderà alla guida della Regione», ha annunciato Doddore, «sarà una forza politica trasversale, che, stando ai sondaggi fatti dall'Università di Cagliari, potrebbe essere il partito di maggioranza relativa». Referendum o elezioni. Due strade, ognuna delle quali prevede un passaggio alle urne: «Se non potremo avere un parere col referendum, chiederemo un voto per l'indipendenza della Sardegna». Difficile sapere se e in che modo gli altri partiti indipendentisti possano dialogare col movimento politico di Meloni. Gli ultimi tempi sono stati caratterizzati dal «silenzio di tutti poiché evidentemente non avevano nulla da dire», ha ironizzato Doddore Meloni, «sono soddisfatto, perché abbiamo il sostegno di tantissimi sardi». 

lunedì 24 settembre 2012

Servitù militari, lo Stato Italiano inganna la Sardegna e comunicato Gettiamo la Basi

E' ORA CHE LO STATO COLONIALE ITALIANO RESTITUISCA LE OCCUPAZIONI FATTE DAI MILITARI DI ENORMI AREE DELLA NOSTRA TERRA( VEDI LA CARTINA SOTTO) . 
LASCI UNA VOLTA PER SEMPRE LA NOSTRA CARA SARDINYA, E RICONSEGNI AL POPOLO SARDO LE  TERRE SOTTRATTE, PREVIO BONIFICA E PAGAMENTO DEI DANNI SUBITI DAL TERRITORIO;  RENDERE ALLA NATZIONE SARDA, NELLE MANI DELLA RAS REGIONE AUTONOMA SARDA IL DOVUTO RISARCIMENTO,.
LA RAS  A TEMPO DEBITO SI TRASFORMERA' IN NUOVO STATO CON NUOVO PARLAMENTO NATZIONALE DE SARDINYA 
SA DEFENZA
ESERCITAZIONE MILITARE A TEULADA



Fabio Manca
 uninesarda 

Mentre l'Isola rivendica - come da Statuto - la restituzione dei beni militari dismessi, lo Stato pensa a un nuovo business. Sull'area del poligono di Teulada vuole realizzare il più grande parco fotovoltaico d'Italia. L'articolo 14 dello Statuto dispone la restituzione all'Isola dei beni militari dismessi. Sull'Unione Sarda oggi in edicola viene invece svelato il progetto che la società Difesa servizi vorrebbe realizzare in spregio rispetto a quanto legittimamente rivendicato dai sardi. Sull'area del poligono di Teulada (150 ettari per anni sottoposti alle servitù militari) la Società Green Power vorrebbe il più grande parco fotovoltaico d'Italia. 
Il progetto al momento è stato stoppato dal Consiglio comunale di Teulada e dal comitato paritetico sulle servitù militari. Se però il principio dovesse passare - sottolinea Fabio Manca sul quotidiano cartaceo - significherebbe "che lo Stato potrebbe cedere al miglior offerente tutti i 35 mila ettari di servitù militari, l'80% delle quali gravano sulla Sardegna". La questione è stata sollevata in Consiglio regionale dal gruppo dei Riformatori. 
 La vergogna dei poligoni Dopo l'affidamento a Enel green power di un'area a Teulada la società Difesa servizi potrebbe lucrare sugli altri beni militari La Sardegna aspetta dallo Stato la restituzione dei beni militari dismessi, nel rispetto dell'articolo 14 dello Statuto. 
E lo Stato che fa? Anziché rispettare la legge cede 150 ettari (su 7200) del poligono di Teulada a una società, Enel green power, che lì realizzerà il più grande parco fotovoltaico italiano. La notizia non è nuova, visto che l'affidamento (per 25 anni) è del 7 luglio del 2011, e visto che sia il Consiglio comunale di Teulada che il Comitato misto paritetico sulle servitù militari (il cui parere è obbligatorio), per ragioni diverse hanno opposto un chiaro diniego. 

 I PROBLEMI IN CAMPO 
 I problemi sono altri. Il primo: se questo è il criterio, lo Stato può cedere al miglior offerente tutti i 35 mila ettari di servitù (l'80% di quelle italiane gravano sulla Sardegna) - da Perdasdefogu a Capo Frasca passando per Decimomannu - senza che alla Sardegna restino nemmeno le briciole. Il secondo: tutto questo accadrebbe senza che la Regione venga minimamente coinvolta. Il terzo: chi si fa carico (e paga) le bonifiche delle aree in questione? La vicenda, che rischiava di passare sotto silenzio, complici le varie emergenze in campo, è stata riportata in primo piano dal gruppo dei Riformatori sardi in Consiglio regionale, che hanno presentato una mozione che impegna il presidente della Regione a contattare il ministero della Difesa per avere un chiarimento. «Il rischio», sostengono i consiglieri, «è che le aree militari della Sardegna, sinora utilizzate per fini ricollegabili ad esigenze nazionali di difesa, invece di essere avviate alla bonifica propedeutica alla dismissione, possano in futuro essere utilizzate anche per finalità di tipo economico-industriale, attraverso l'azione affidata a Difesa servizi spa». 

UTILIZZO SPECULATIVO 
 Un rischio non più teorico. Peraltro sembra difficile - osservano i Riformatori - credere che l'impianto che Enel green power si appresta a realizzare, in grado di produrre 30 milioni di cholowatt/ora, serva «alla valorizzazione energetica di caserme e strutture militari tramite installazione di pannelli fotovoltaici», come è scritto nello statuto di Difesa servizi. Dunque, è la tesi, «gran parte dell'energia andrebbe verosimilmente alla società aggiudicataria della concessione producendo un reddito di tipo industriale». Contro la legge e contro l'interesse dei sardi. Ricapitolando: negli anni '50 la Nato e lo Stato assegnano alla Sardegna un ruolo strategico per la Difesa e requisiscono 35 mila ettari di territorio per realizzare basi poligono e altre strutture. Ampie aree sottratte al turismo e allo sviluppo. La Sardegna si piega in nome delle supreme esigenze dello Stato ma stabilisce che nel momento in cui quelle esigenze cessano quei terreni vengano bonificati e tornino al legittimo proprietario, cioè la Regione. 

L'ATTACCO 
 Ma ciò non sta accadendo. E i Riformatori lo evidenziano: «L'esigenza di fare cassa del ministero della Difesa non deve essere perseguita in aree militari sottratte alla disponibilità della Regione per fini di difesa nazionale, ma non certo disponibili per iniziative industriali», è scritto nella mozione. Possibile che la Regione avvii, anche su questo fronte, un contenzioso con lo Stato. Ultima puntata, settembre 2012, creazione di un Coordinamento Sindaci dei Comuni sotto schiavitù militare In allegato i commenti del comitato Gettiamo le Basi inseriti nel testo della delibera del Comune di Villaputzu-Quirra, sindaco Codonesu. Sintesi: la montagna partorisce il topo; mirabolanti promesse alla berlusca, finta bonifica da 4 soldi, riapertura di una o due strade, una manciata di metri quadri e tutti vissero felici e contenti e muti, continuarono a morire di tumore in silenzio. Oggi, dopo le incriminazioni di generali ed esperti "scientifici" e le prove eclatanti del disastro causato dal poligono della morte Salto di Quirra, sarebbe un vero atto di coraggio da parte di un Comune continuare a sostenere che la sindrome di Quirra non esiste e non c'è alcuna decontaminazione da fare. L'incriminazione dell'ex sindaco di Perdas - strenuo sostenitore del negazionismo e del progetto Senato/Scanu/Codonesu/Onnis - consiglia di ripiegare sul politicamente più opportuno (e penalmente meno rischioso) "un pochino d'inquinamento c'è, però lo si può eliminare facilmente e rapidamente".  Ultima puntata, settembre 2012, creazione di un Coordinamento Sindaci dei Comuni sotto schiavitù militare In allegato i commenti del comitato Gettiamo le Basi inseriti nel testo della delibera del Comune di Villaputzu-Quirra, sindaco Codonesu. Sintesi: la montagna partorisce il topo; mirabolanti promesse alla berlusca, finta bonifica da 4 soldi, riapertura di una o due strade, una manciata di metri quadri e tutti vissero felici e contenti e muti, continuarono a morire di tumore in silenzio. Oggi, dopo le incriminazioni di generali ed esperti "scientifici" e le prove eclatanti del disastro causato dal poligono della morte Salto di Quirra, sarebbe un vero atto di coraggio da parte di un Comune continuare a sostenere che la sindrome di Quirra non esiste e non c'è alcuna decontaminazione da fare. L'incriminazione dell'ex sindaco di Perdas - strenuo sostenitore del negazionismo e del progetto Senato/Scanu/Codonesu/Onnis - consiglia di ripiegare sul politicamente più opportuno (e penalmente meno rischioso) "un pochino d'inquinamento c'è, però lo si può eliminare facilmente e rapidamente". 


l'occupazione del territorio sardo dalle aree militari italiane e nato

 COMUNICATO DI GETTIAMO LE BASI SARDINYA
Gettiamo le Basi è grato a quanti avranno la buona volontà e la cortesia, non solo di far girare l'informazione, ma soprattutto di rilevare, indicare, discutere i nostri sempre possibili errori di analisi del testo e della situazione, ampiamente prospettata in vari doc precedenti. L'unità si costruisce con la discussione, facendo emergere ed affrontando la conflittualità reale e/o potenziale, evidenziando e correggendo gli errori propri e altrui, non con la condiscenza paternalistica per amore di pace a tutti i costi. L'unanimismo di facciata è fallimentare. 
 Mariella Cao 

 NOTE del comitato Gettiamo le Basi sulla delibera del Comune di Villaputzu

 OGGETTO: Interdizione dell’accesso all’area terrestre del Poligono sperimentale e di addestramento interforze del Salto di Quirra – Determinazioni in merito. 
 IL CONSIGLIO COMUNALE PREMESSO che con il Decreto di accoglimento di istanza di dissequestro del 29/09/2011 emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei, è stato disposto il dissequestro dell’area terrestre del poligono, a seguito del quale l’Amministrazione Difesa ha avviato le azioni esecutive discendenti dal sopra citato provvedimento; 
 VISTA l’ordinanza n. 2 del 17/10/2011 emessa dall’aeronautica Militare, Centro Sperimentale di Volo Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del Salto di Quirra a firma del Comandante Gen. B.A. Sanzio Bonotto con la quale viene disposto l’allontanamento degli allevatori e degli agricoltori attualmente presenti nel sedime militare, nonché il divieto di accedere e transitare all’interno dell’area terrestre del Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del “Salto di Quirra” di qualunque soggetto civile non debitamente e preventivamente autorizzato dal Comando Militare. L’ordinanza si applica con decorrenza dal 09/11/2011. La predetta ordinanza è stata notificata a tutti i Sindaci del territorio affinché questi ultimi ne comunicassero il contenuto alla popolazione e la esponessero all’Albo Pretorio. 
 CONSIDERATO che nelle aree interessate dal divieto pascolavano le greggi di vari pastori di Villaputzu ed insistono diverse attività agricole per la coltivazione di orti, uliveti, vigne, etc. 
DATO ATTO che il sopra citato provvedimento comporta effetti negativi nei confronti delle categorie immediatamente e direttamente colpite da tale provvedimento, soprattutto per quello che riguarda le attività agricole e pastorali, nonché conseguenze economiche lesive per tutta la comunità di Villaputzu. 
VISTA la deliberazione della G. C. n.100 del 07/12/2011 con la quale è stato conferito incarico ai legali affinché assumessero tutte le iniziative che si rendessero opportune e necessarie a tutelare il Comune e la popolazione di Villaputzu a seguito del provvedimento sopraccitato, al fine di scongiurare o almeno limitare nell’immediato i gravi pregiudizi che ne derivano ed in particolare impugnare la predetta ordinanza nanti gli organi competenti. 
 PRESO ATTO che il TAR Sardegna con sentenza n. 25/12 del 26/01/2012 stabiliva tra l’altro che: “il Comune ricorrente, vista la complessità e delicatezza della questione controversa, potrà trovare la richiesta tutela nella più opportuna sede di merito della causa, anche tenuto conto che il provvedimento impugnato (di tutela preventiva) appare per la sua stessa natura provvisorio e che l’Amministrazione militare dovrà, in tempi adeguati, procedere al suo superamento definendo i connessi procedimenti di verifica ambientale e di bonifica, con ripristino delle precedenti libertà dei singoli e della Comunità ove esistenti e legittime”. 
 SUCCESSIVAMENTE sono seguiti diversi incontri tra Amministrazione Comunale e Amministrazione Militare c/o i poligoni di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo, nei quali è sempre stata rinnovata l’esigenza per la Comunità di Villaputzu di dare immediato avvio ai lavori di bonifica di quelle parti del territorio del PISQ riconosciute come inquinate a seguito dell’indagine ambientale predisposta dal Ministero della Difesa nel 2008 e conclusa con le relazioni della CTME (Commissione Tecnica Mista degli Esperti) e dell’Arpas. 
 PRESO ATTO che i risultati dell’indagine sono noti dal mese di maggio del 2011 e, alla data odierna, non si è fatto nulla di concreto salvo un progetto di caratterizzazione ambientale di due aree riconosciute come gravemente inquinate dall’indagine della Procura di Lanusei. CHE come è ampiamente noto, il Comune di Villaputzu ha pagato e paga un peso estremamente gravoso alle servitù militari. Innanzitutto quel peso che è noto come “sindrome di Quirra”. Quirra è una piccola frazione del paese di appena 150 abitanti dove sì è riscontrato un abnorme numero di morti da tumore (23 certificati) la cui prima denuncia risale a oltre un decennio fa, ad opera dell’allora sindaco oncologo Dr. Antonio Pili. Su questo aspettiamo ancora di conoscere i risultati dell’indagine epidemiologica presentata in data 15 dicembre 2011. La “Sindrome di Quirra” si è poi arricchita di ulteriori numeri arrivando a oltre 160 casi come risulta dall’inchiesta della Procura di Lanusei. 
 RILEVATO che il poligono interforze del Salto di Quirra si estende per 13.400 ettari e di questi ben 7.500, di cui 1.200 sono ubicati nel poligono di Capo San Lorenzo, appartengono al Comune di Villaputzu, ovvero circa il 58% della sua estensione e, in altri termini, ben il 41% dell’intero territorio comunale che è pari a poco più di 18.000 ettari. La superficie del poligono a monte ricadente nel nostro comune è pari a 6.300 ettari, peraltro in larga parte soggetta ad usi civici. Da un punto di vista economico, la non disponibilità del 41% del territorio ha provocato un divario negativo in termini di reddito medio procapite rispetto a quello medio della provincia di Cagliari pari a oltre il 30%. Dalle verifiche effettuate, tale differenza è costante a partire dal 1965. 
 ACCERTATO che altri disagi e danni economici evidenti sono dovuti all’allontanamento dei pastori dai terreni adibiti a pascolo e che da 18 mesi non sono in grado di vendere né il bestiame né i prodotti derivati come latte e formaggi. Da qui la necessità dell’avvio immediato delle bonifiche e la stipula di un accordo di couso dei terreni non inquinati, che sono pari ad oltre il 90% dell’intera superficie del PISQ. 
 EVIDENZIATO che la situazione appena descritta non è più sostenibile, specialmente nel mutato quadro geopolitico internazionale, neanche con l’attuale ruolo delle Forze Armate italiane e con la politica governativa nota come “spending review”. E’ in corso infatti un progetto di ristrutturazione delle forze armate mirato al miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia del sistema nel mutato quadro geopolitico internazionale. I punti qualificanti di tale processo riguardano l’uso massiccio delle tecnologie di rete, la diminuzione degli effettivi in servizio, la spinta verso la robotica, l’intelligence e un ruolo sempre più politico e di “peace keeping” nei vari teatri di guerra. Secondo la dottrina che sottende tale processo, si passerebbe dall’uso della forza all’uso della politica e della cooperazione internazionale. 
 CONSIDERATO che in campo nazionale, alcuni fatti e prese di posizione politica hanno caratterizzato questa prima parte del 2012. Innanzitutto la presentazione in Senato di una mozione firmata da oltre 120 senatori di tutti gli schieramenti per la ridiscussione e il riequilibrio delle servitù militari, in quanto se comprensibili e accettabili nel mondo diviso in due blocchi degli anni ’50 risultano oramai anacronistiche. La successiva relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro approvata all’unanimità il 30 maggio dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito ha inoltre delineato 3 uno scenario per la ridefinizione e il parziale superamento delle servitù militari che pesano sulla Sardegna. 
 Gli assi portanti della proposta si basano sulla salvaguardia dell’occupazione esistente, sulla dismissione graduale dei due poligoni di Capo Frasca e Teulada, su un progetto di riqualificazione del poligono interforze del Salto di Quirra. Successivamente all’approvazione della su citata relazione, il 27 luglio c.a. si è costituito a Cagliari il coordinamento dei Sindaci dei comuni interessati dai poligoni militari. 
Hanno aderito fino aquesto momento i comuni di Villaputzu, Perdasdefogu, Teulada, Arbus, Villagrande, Ulassai,Arzana, Osini, Lotzorai, Tertenia, Escalaplano, Ballao, Sant’Anna Arresi, Jerzu e Muravera. Il Coordinamento intende affrontare, in qualità di soggetto istituzionale, le problematiche della dismissione progressiva dei due poligoni di Teulada e Capo Frasca e contribuire attivamente al progetto di riqualificazione del PISQ. Compito del coordinamento è anche quello di concorrere alla predisposizione di un progetto di sviluppo condiviso e partecipato di tutti territori interessati dalle servitù militari, con il coinvolgimento dei Ministeri di riferimento (Difesa, Infrastrutture, Sviluppo Economico, Ambiente, Coesione Sociale, Sanità, Istruzione e Università), Regione, imprese e categorie produttive. 
 PRESO ATTO che per i lavori di bonifica relativi ai due poligoni di Capo Frasca e Teulada da dismettere e il PISQ da riqualificare, sulla base di lavori analoghi limitatamente all’inquinamento disciplinato dal D. Lgs 152/2006 e s.m.i., si stimano necessari almeno 500 milioni di euro e nulla, al momento, si può dire in merito alla quantificazione di bonifiche su suoli contaminati da fonte radioattiva. 
 VERIFICATO inoltre che per la riqualificazione del PISQ e per lo sviluppo di tutti i territori interessati dalle servitù militari, a partire soprattutto dai comuni maggiormente gravati di Villaputzu, Teulada, Arbus e Perdasdefogu, si stima la necessità di risorse finanziarie pari almeno ad un miliardo di euro, per cui si ritiene indispensabile una forte azione politica da parte dell’intera comunità sarda nei confronti del Governo e di tutti i Ministeri di riferimento per lo stanziamento complessivo, anche su base pluriennale, di circa 1,5 miliardi di euro per le attività di bonifica, riqualificazione e sviluppo. Nel quadro appena delineato che presuppone un dialogo fra le parti in campo, le autorità militari e le autorità civili democraticamente elette, si inseriscono alcuni fatti che partono dall’ordinanza del mese di ottobre 2011 già citata, come i posti di blocco e la predisposizione di piste nell’area del poligono a monte (in assenza di autorizzazione) che preludono alla recinzione di aree vaste che, purtroppo, disattendono tali aspettative di collaborazione e dialogo e sembrano andare, invece, in direzione opposta, caratterizzandosi tra l’altro per palesi violazioni delle leggi nazionali e regionali. 
 PRECISATO che le servitù militari che si estendono sul 41% del territorio del Comune di Villaputzu sono in netto contrasto con la lettera e lo spirito dell’art. 5 della Costituzione, nello specifico si sottolinea che l’Ordinanza su citata del Comandante del PISQ viola le prerogative del Sindaco e le leggi che le disciplinano. In particolare: • Il sindaco è autorità sanitaria locale (vedasi art. 32 della legge n. 833/1978 e dell'art. 117 del D. Lgs. n. 112/1998, in materia di Ordinanze Contingibili e Urgenti con efficacia estesa al territorio comunale, in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica). • Il sindaco sovrintende alle seguenti attività (D. Lgs 267/2000- TUEL, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali e successive modifiche e integrazioni: • emanazione di atti in materia di ordine e sicurezza pubblica; • svolgimento di funzioni in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria; • vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto. .• L’art. 5, comma 3 del codice della strada a mente del quale “I provvedimenti per la regolamentazione della circolazione sono emessi dagli enti proprietari, attraverso gli organi competenti a norma degli articoli 6 e 7, con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali”. • Il D. Lgs n. 112/1998 che disciplina il passaggio di competenze dallo Stato alla Regione e da questa ai Comuni costieri. 
 Per le sopra citate motivazioni CONDIVIDE Le osservazioni e le richieste già fatte dal Sindaco in diverse sedi istituzionali e qui ulteriormente riportate e lo invita ad esercitare tutte le prerogative su richiamate che la legislazione vigente gli attribuisce, con specifiche iniziative in sede politica, l’allargamento al Coordinamento dei Sindaci e il coinvolgimento di tutte le rappresentanze della società sarda. 
 CHIEDE La revoca della sopra citata ordinanza. La riqualificazione e la riconversione del Poligono di Quirra alla luce del divieto di attività militari che confliggono con l’ambiente, la ripresa di quelle attività militari e sperimentazioni, previa verifica di compatibilità sotto il profilo ambientale, e lo sviluppo progressivo di attività civili legate alle nuove tecnologie ICT, alla ricerca scientifica, all’energia rinnovabile, alle applicazioni aerospaziali e ai sistemi “dual use”, come evidenziato dalla relazione di medio termine approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito. 
 L’individuazione di Capo San Lorenzo come sito di localizzazione di uno dei Data Center nazionali e come primo insediamento tecnologico su cui costruire un nuovo modello di sviluppo. La riperimetrazione del PISQ che preveda almeno la restituzione alla comunità villaputzese di quelle aree individuate come SIC (Sito di Interesse Comunitario) dalla pianificazione territoriale regionale, ovvero la piana di Capo San Lorenzo. 
Allo stesso tempo propone l’individuazione, nel poligono a monte, delle aree effettivamente necessarie per le esercitazioni militari lasciando invece quelle non più indispensabili ai Comuni proprietari, che potranno meglio utilizzarle per il proprio sviluppo economico e sociale. 
 Al riguardo, si ricorda che il tavolo tecnico congiunto Ministero – Regione – Comuni istituito per l’individuazione delle zone non più necessarie alla Difesa, che aveva incominciato a delineare un quadro di lavoro fino al mese di febbraio 2012, non è stato più riconvocato per cui se ne chiede l’immediata riconvocazione per l’accoglimento delle nostre richieste. Agli Enti sovraordinati, in primo luogo la GIUNTA REGIONALE della SARDEGNA, una chiara ed inequivocabile presa di posizione in tale direzione; 
 5 INVITA GLI ORGANI RAPPRESENTATIVI DELLA COMUNITA’ SARDA • ad attivare un tavolo di confronto e proposta per l’avvio immediato dei lavori di bonifica di quelle parti del territorio del PISQ e dei poligoni di Capo Frasca e di Teulada che sono risultate inquinate a seguito di 50 anni di esercitazioni militari, la definizione del progetto di riqualificazione del PISQ e la predisposizione di un piano di sviluppo dei territori interessati dalle servitù militari con la richiesta di risorse finanziarie quantificate in 1,5 miliari di euro al Governo nazionale da inserire nella legge di assestamento di bilancio; • a rinegoziare con lo Stato centrale la presenza delle servitù militari nella nostra isola ai sensi dello Statuto regionale che vede il governo del territorio come “materia concorrente” con lo Stato per arrivare ad un accordo su un “piano paritario Stato-Regione” che recepisca elementi qualitativi di sovranità dei sardi; • a definire il progetto di riconversione della base militare e di sviluppo del territorio di tutti i comuni interessati. 
 TRASMETTE Copia del presente provvedimento: al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Giunta Regionale quale titolare del confronto e della negoziazione con il Governo centrale, ai Capi Gruppo dei partiti politici presenti nel Consiglio Regionale e al suo Presidente, al Prefetto di Cagliari, alle Procure di Cagliari e Lanusei, ai Presidenti delle Province, a tutti i Sindaci della Sardegna, agli altri partiti e movimenti presenti nella società sarda, alle testate giornalistiche e televisive regionali e nazionali. 
 DELIBERA In conformità.

sabato 22 settembre 2012

Per Padre Livio...... di Radio Maria

Maurizio Blondet
effedieffe
Padre Livio direttore -padrone di Radio Maria

Dedicato a Padre Livio, il peraltro degno direttore-padrone della stimabilissima Radio Maria, che nella rassegna-stampa del 17 settembre, ha spiegato i disordini anti-americani nei Paesi islamici più o meno così: «L’Islam vuole conquistare il mondo, e perciò odia gli Stati Uniti perchè li invidia». Poi ha letto Il Foglio di Ferrara, commentando che il filmetto anti-Maometto è solo un pretesto risibile per esprimere questo odio-invidia.

Padre Livio, magari i musulmani ce l’hanno con gli Stati Uniti anche un po’ per questo:

«Scenette nel carcere di Abu GhraibIraqPaese occupato dal 2003». 



Magari, si sentono irritati dal fatto che l’Afghanistan sia sotto occupazione dal 2001; 12 anni, ed ancora l’esercito liberatore ammazzi delle famiglie, con droni o bombardieri:

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O forse un po’ i musulmani ce l’hanno per questi bambini palestinesi, «liberati» durante l’operazione Piombo Fuso da Israele:


E che dite di queste bombe americane firmate da scolari israeliani prima di essere lanciate? «Ecco un regalo per Ramadan, da Chad Rickenbergh».



Bombe che così riducono gli istituti della cultura moderna. 

Tanti saluti, padre Livio.

venerdì 21 settembre 2012

SARDINYA Uno scatto d'orgoglio: FLOTTA SARDA?


Saremar, ultimatum di Cappellacci
Lorenzo Piras
unionesarda.it
Presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci
La legge sulla Flotta sarda sarà un banco di prova decisivo per la maggioranza di centrodestra. Lo dicono con chiarezza i capigruppo delle forze dell'alleanza, seppur con distinguo e le specificazioni di circostanza, lo conferma senza mezzi termini il governatore Ugo Cappellacci. 

L'AFFONDO 

È di ieri, al rientro dal vertice romano sul futuro dello stabilimento Alcoa di Portovesme, l'affondo del presidente della Regione. Sintesi del concetto: «O si sta con i sardi oppure dalla parte della lobby degli armatori». Insomma, dentro o fuori: su un tema di questa portata, che incide sul futuro del trasporto marittimo da e per la Sardegna, «non possono esserci riserve mentali né dubbi». Avviso ai naviganti: è in gioco la prosecuzione della legislatura. L'imminente discussione della legge, dopo l'incidente della mozione sulla Carbosulcis, con la Giunta finita sotto in Aula non più tardi di martedì, induce Cappellacci ad alcune considerazioni forti, che confermano implicitamente l'ipotesi - senz'altro remota, ma non impossibile - di una fine anticipata del mandato. Il presidente della Regione fa intuire che la partita è decisiva. Il suo è un ultimatum: «I cittadini hanno piena coscienza della condotta seguita dalle principali compagnie di navigazione e dalla conseguente lotta intrapresa dalla Regione Sardegna. Una lotta contro quel sistema Tirrenia che ha mortificato per decenni il diritto alla mobilità dei sardi e compresso le opportunità di crescita della nostra economia». 
Ancora: «Le caramelle mediatiche lanciate in questi giorni dai signori del mare al nostro popolo non fanno dimenticare anni di soprusi, di inefficienze, di standard qualitativi bassi e tariffe alte. Siamo chiamati a scelte forti, coraggiose, di rottura. Dinanzi a noi», ha aggiunto il governatore, «vi è un gruppo di interesse molto forte economicamente e influente nel mondo politico. Qualsiasi forma di sudditanza o di arrendevolezza sarebbe letale per gli interessi della nostra Isola». 


L'APPELLO 

La conclusione sembra contenere la linea del presidente: «Occorre andare avanti con determinazione. I chiarimenti in politica sono sempre opportuni, ma sul fine, quello di liberare la Sardegna da un cappio, non possono esserci dubbi», chiude Cappellacci, «né riserve mentali di alcun tipo».

martedì 18 settembre 2012

La lunga tradizione di cancellazione del debito in Mesopotamia e in Egitto dal 3 al 1 ° millennio a.C.


Eric Toussaint 

Tradotto da  Andrea Grillo 

senza soste





È indispensabile passare attraverso la cortina di fumo della storia raccontata da parte dei creditori e ripristinare la verità storica. La cancellazione del debito generalizzata si è verificata più volte nella storia.













Hammurabi, re di Babilonia, e gli annullamenti del debito

Il Codice di Hammurabi si trova nel Museo del Louvre di Parigi. In realtà il termine “codice” è inappropriato, perché Hammurabi ci ha tramandato piuttostoun insieme di regole e di giudizi sulle relazioni tra i poteri pubblici e i cittadini. Il regno di Hammurabi, “re” di Babilonia (situata nell’attuale Iraq), iniziò nel 1792 avanti Cristo e durò 42 anni. Quello che la maggior parte dei manuali di storia non dice è che Hammurabi, come altri governanti delle città-Stato della Mesopotamia, proclamò in varie occasioni un annullamento generale dei debiti dei cittadini con i poteri pubblici, i loro alti funzionari e dignitari. Quello che  stato chiamato il Codice di Hammurabi fu scritto probabilmente nel 1762 avanti Cristo. Il suo epilogo proclamava che “il potente non può opprimere il debole, la giustizia deve proteggere la vedova e l’orfano (…) al fine di rendere giustizia agli oppressi”. Grazie alla decifrazione dei numerosi documenti scritti in caratteri cuneiformi, gli storici hanno trovato la traccia incontestabile di quattro annullamenti generali del debito durante il regno di Hammurabi (nel 1792, 1780, 1771 e 1762 A. C.).


All’epoca di Hammurabi, la vita economica, sociale e politica si organizzava intorno al tempio e al palazzo. Queste due istituzioni, molto legate, costituivano l’apparato dello Stato, l’equivalente dei nostri poteri pubblici di oggi, nei quali lavoravano numerosi artigiani e operai, senza dimenticare gli scriba. Tutti erano  alloggiati e nutriti dal tempio e dal palazzo. Ricevevano razioni di cibo che gli garantivano due pasti completi al giorno. I lavoratori e i dignitari del palazzo erano nutriti grazie all’attività di una classe contadina a cui i poteri pubblici fornivano (affittavano) le terre, gli strumenti di lavoro, gli animali da tiro, il bestiame, acqua per l’irrigazione. I contadini producevano in particolare orzo (il cereale di base), olio, frutta e legumi. Dopo il raccolto, i contadini dovevano consegnare una parte di questo allo Stato come quota per l’affitto. In caso di cattivi raccolti, accumulavano debiti. Oltre al lavoro nelle terre del tempio e del palazzo, i contadini  erano proprietari delle loro terre, della loro casa, delle loro greggi e degli strumenti da lavoro. Un’altra fonte di debiti dei contadini era costituita dai prestiti concessi a titolo privato da alti funzionari e dignitari al fine di arricchirsi e di appropriarsi dei beni dei contadini in caso di mancato pagamento di questi debiti. L’impossibilità nella quale si trovavano i contadini di pagare il debito poteva portare anche alla loro riduzione in schiavitù (anche membri della loro famiglia potevano essere ridotti in schiavitù per debiti). Al fine di garantire la pace sociale, in particolare evitando un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, il potere annullava periodicamente tutti i debiti [2] e ripristinava i diritti dei contadini.


Gli annullamenti generali del debito si sono susseguiti in Mesopotamia per 1000 anni
Le proclamazioni di annullamenti generali dei debiti non si limitarono al regno di Hammurabi: cominciarono prima di lui e si prolungarono dopo di lui. C’è la prova di annullamenti del debito che risalgono all’anno 2400 A. C., cioè sei secoli prima del regno di Hammurabi, nella città di Lagash (Sumer), i più recenti risalgono al 1400 A. C., a Nuzi. In totale, gli storici hanno identificato con precisione una trentina di annullamenti generali del debito in Mesopotamia tra il 2400 e il 1400 A. C.. Si può concordare con Michael Hudson [3] quando afferma che gli annullamenti generali del debito costituiscono una delle caratteristiche principali delle società dell’Età del Bronzo in Mesopotamia. Si trovano d’altronde nelle diverse lingue mesopotamiche espressioni che designano questi annullamenti per cancellare il debito e riportare i conti a zero: amargi a Lagash (Sumer), nig-sisa a Ur, andurarumad Ashur, misharum a Babilonia, shudutu a Nuzi.
Queste proclamazioni di annullamento del debito erano occasione di grandi festeggiamenti, generalmente nella festa annuale della primavera. Sotto la dinastia della famigia di Hammurabi fu instaurata la tradizione di distruggere le tavolette sulle quali erano scritti i debiti. In effetti, i poteri pubblici avevano una contabilità precisa dei debiti su tavolette che erano conservate nel tempio. Hammurabi muore nel 1749 A. C., dopo 42 anni di regno. Il suo successore, Samsuiluna, annulla tutti i debiti con lo Stato e decreta la distruzione di tutte le tavolette dei debiti salvo quelle che si riferiscono a debiti commerciali.
Quando Ammisaduqa, l’ultimo governante della dinastia Hammurabi, accede al trono nel 1646 A. C., l’ annullamento generale dei debiti che proclama è molto dettagliato. Si tratta manifestamente di evitare che certi creditori si approfittino di alcune carenze. Il decreto di annullamento precisa che i creditori ufficiali e gli esattori di imposte che hanno espulso contadini debbano indennizzarli e restituire i loro beni pena la morte. Se un creditore ha accaparrato un bene facendo pressioni, deve restituirlo e/o pagarlo per intero, se non lo fa è condannato a morte.
In conseguenza di questo decreto, furono create commissioni al fine di controllare tutti i contratti  immobiliari ed eliminare quelli che rientravano nella proclamazione di annullamento del debito e di ripristino della situazione precedente, statu quo ante. La messa in pratica di questo decreto era facilitato dal fatto che, in generale, i contadini spossessati dai creditori continuavano a lavorare nelle loro terre anche se queste erano diventate proprietà del creditore. A partire da qui, annullando i contratti e obbligando i creditori a indennizzare le vittime, i poteri pubblici ripristinavano i diritti dei contadini. La situazione peggiorerà un po’ due secoli dopo.

I limiti degli atti di annullamento dei debiti
In Mesopotamia, durante l’Età del Bronzo, gli schiavi per debiti erano liberati, ma non gli altri tipi di schiavi (in particolare quelli che erano prigionieri di guerra).
Gli atti di annullamento del debito non devono essere presentati come decisioni che promuovessero l’emancipazione sociale, si trattava di restaurare l’ordine precedente, che comprendeva diverse forme di oppressione. Tuttavia senza esaltare l’organizzazione di queste società di 3000 o 4000 anni fa, bisogna sottolineare che i governanti tentavano di mantenere una coesione sociale evitando la costituzione di grandi proprietà private, prendendo provvedimenti perché i contadini mantenessero accesso diretto alla terra, limitando l’aumento delle disuguaglianze, vigilando sulla manutenzione e lo sviluppo dei sistemi di irrigazione. Michael Hudson sottolinea, da parte sua, che la decisione di dichiarare guerra spettava all’assemblea generale dei cittadini e che il “re” non aveva il potere di prenderla.
Sembra che, nella cosmovisione dei mesopotamici dell’età del bronzo, non ci fosse stata una creazione  originaria da parte di un dio. Il governante (ruler), di fronte al caos, riorganizzò il mondo per ristabilire l’ordine normale e la giustizia.
Dopo il 1400 A. C., non si è trovato nessun atto di annullamento del debito. Le disuguaglianze si rafforzarono e svilupparono fortemente. Le terre furono accaparrate dai grandi proprietari privati, la schiavitù per debiti si radicò. Una parte importante della popolazione emigrò verso il nordest, verso Canaan con incursioni verso l’Egitto (i faraoni si lamentavano di questo).
Nel corso dei secoli che seguirono, considerati dagli storici della Mesopotamia come tempi bui, (Dark Ages) -a causa della riduzione delle tracce scritte-, si hanno tuttavia prove di lotte sociali violente tra creditori e indebitati.


Egitto: la stele di Rosetta conferma la tradizione degli annullamenti del debito

La stele di Rosetta della quale si appropriarono membri dell’esercito napoleonico nel 1799 durante la campagn d’Egitto fu decifrata nel 1822 da Jean-François Champollion. Si trova oggi nel British Museum di Londra. Il lavoro di traduzione fu facilitato dal fatto che la pietra presenta lo stesso testo in tre lingue: l’ egizio antico, l’egizio popolare e il greco dei tempi di Alessandro Magno. Il contenuto della stele di Rosetta conferma la tradizione dell’annullamento dei debiti che fu instaurata nell’Egitto dei faraoni a partire dall’VIII secolo avanti Cristo, prima della sua conquista da parte di Alessandro Magno nel IV secolo A. C.. Vi si legge che il faraone Tolomeo V, nel 196 avanti Cristo, annullò i debiti verso il trono del popolo dell’Egitto e oltre.
Anche se la società egizia dell’epoca dei faraoni era molto diversa dalla società mesopotamica dell’Età del Bronzo, si trova traccia evidente di una tradizione di proclamazioni di amnistia che precede gli annullamenti  generali del debito. Ramsete IV (1153-1146 A. C.) proclamò che chi era fuggito poteva rientrare nel Paese. Chi era in carcere veniva liberato. Suo padre Ramsete III (1184-1153 A. C.) fece la stessa cosa. Bisogna segnalare che nel 2º millennio sembra che non ci fosse schiavitù per debiti in Egitto. Gli schiavi erano prigionieri di guerra. Le proclamazioni di Ramsete III e IV riguardavano l’annullamento dei ritardi nel pagamento di imposte dovute al faraone, la liberazione dei prigionieri politici, la possibilità per le persone condannate all’esilio di tornare.
Solo a partire dall’VIII secolo avanti Cristo si trovano in Egitto proclamazioni di annullamento dei debiti e di liberazione degli schiavi per debiti. È il caso del regno del faraone Bocchoris (717-711 avanti Cristo), il cui nome fu ellenizzato.
Una delle motivazioni fondamentali degli annullamenti del debito era che il faraone voleva disporre di una classe contadina capace di produrre sufficienti alimenti e disponibile quando fosse necessario per campagne militari. Per queste due ragioni, era necessario evitare che i contadini fossero espulsi dalle loro terre a causa dell’influenza dei creditori.
In un’altra parte della regione, si constata che anche gli imperatori siriani del primo millennio avanti Cristo adottarono la tradizione dell’annullamento dei debiti. Lo stesso successe a Gerusalemme, nel V secolo avanti Cristo. Come prova, nel 432 avanti Cristo, Neemia, certamente influenzato dall’antica tradizione mesopotamica, proclama l’annullamento dei debiti degli ebrei indebitati verso i loro ricchi compatrioti. È a quell’epoca che si redige la Torah. La tradizione degli annullamenti  generalizzati del debito farà parte della religione ebraica e dei primi testi del cristianesimo tramite il Levitico che proclama l’obbligo di annullare i debiti ogni sette anni e in ogni giubileo, cioè ogni 50 anni.

Conclusione
Oggi la restituzione del debito costituisce innegabilmente un tabù. È presentata dai capi di Stato e di governo, dalle banche centrali, dal FMI e dalla stampa dominante come inevitabile, indiscutibile, obbligatoria. I cittadini e le cittadine dovrebbero rassegnarsi al pagamento del debito. L’unica discussione possibile è sul modo di modulare la ripartizione dei sacrifici necessari per ottenere risorse di bilancio sufficienti per mantenere gli impegni presi dalla nazione indebitata. I governi che hanno chiesto prestiti sono stati eletti democraticamente, gli atti che hanno realizzato sono pertanto legittimi. Bisogna pagare.
È essenziale attraversare la cortina di fumo della storia raccontata dai creditori e ristabilire la verità storica. Annullamenti generalizzati del debito hanno avuto luogo ripetutamente nella storia. Questi annullamenti sono situati in diversi contesti. Nel caso che abbiamo appena citato, le proclamazioni di annullamento generalizzato del debito erano prese su iniziativa di governanti preoccupati di preservare la pace sociale. In altri casi, gli annullamenti furono risultato di una lotta sociale esacerbata dalla crisi e dall’aumento delle disuguaglianze. È il caso della Grecia e Roma antiche. Bisogna prendere in considerazione anche altri scenari: l’annullamento del debito decretato da Paesi indebitati che deliberano un atto sovrano in modo unilaterale, l’annullamento del debito concesso dai vincitori a un Paese sconfitto e/o alleato… Una cosa è certa: dal punto di vista storico, il debito gioca un ruolo motore in numerosi grandi cambiamenti sociali e politici.


NOTE:
[1] Eric Toussaint (laureato in Scienze Politiche, presidente del CADTM del Belgio,www.cadtm.org, membro del Consiglio Scientifico di ATTAC Francia). Damien Millet ed Eric Toussaint hanno curato il libro collettivo Il debito o la Vita, che ha ricevuto il Premio del Libro politico alla Fiera del libro politico di Liegi nel 2011). Ultimo libro pubblicato, Damien Millet ed Eric Toussaint, AAA, Audit, Annullamento, Altra politica, Le Seuil, Parigi, 2012.
[2] I debiti tra commercianti non erano oggetto di questi annullamenti .
[3] Quest’articolo è essenzialmente basato sulla sintesi storica presentata da Michael Hudson, laureato in Economia, in vari articoli e opere: “The Lost Tradition of Biblical Debt Cancellations”, 1993, “The Archaeology of Money”, 2004. Michael Hudson fa parte di un équipe scientifica multidisciplinare (ISCANEE, International Scholars’ Conference on Ancient Near Earstern Economies) che comprende  filologi, archeologi, storici, economisti, che lavorano sul tema delle società e delle economie antiche del Vicino Oriente. I suoi lavori sono pubblicati dall’università di Harvard. 

Michael Hudson iscrive il suo lavoro nel proseguio delle ricerche di Karl Polanyi. Inoltre produce analisi sulla crisi contemporanea. Vedere in particolare, “The Road to Debt Deflation, Debt Peonage, and Neoliberalism”, febbraio 2012. Tra le opere di altri autori che a partire dalla crisi economica e finanziaria iniziata nel 2007-2008 hanno scritto sulla lunga tradizione di annullamento del debito, conviene leggere: David Graeber, Debt : The First 5000 Years,Melvillehouse, New York, 2011.



Fonte: http://cadtm.org/La-longue-tradition-des


Eric Toussaint (dottore in scienze politiche, presidente del CADTM Belgio www.cadtm.org , membro del Consiglio scientifico di ATTAC Francia). 
Damien Millet e Eric Toussaint hanno scritto l'opera collettiva "La Dette ou la Vie", Aden, CADTM, 2011 , che ha ricevuto il Premio Libro politico a livello politico Fiera del Libro di Liegi nel 2011. Ultima pubblicazione: Damien Millet e Eric Toussaint, "AAA, Audit,  annullamento, Politique Autre", Le Seuil, Paris, 2012.

lunedì 17 settembre 2012

SARDINYA, QUIRRA - DELIBERA CORAGIOSA DE S'AMMINISTRATZIONE DE BIDDAPUTZU CONTR'A S'ORDINANTZIA MILITARE CHI IMPONET IMPEDIAMENTOS



SI UNU SINDIGU E UN'AMMINISTRATZIONE FAGHENT UNA DELIBERA CHE A CUSTA CHERET NARRER CHI SU BENTU EST CAMBIANDE ED EST BENTULANDE A S'ALA DE SA SOBERANIA.
NO EST UNA DECLARATZIONE DE INDIPENDENTZIA MA FAGHET TRETU MANNU IN SU CAMINU DE SA SOBERANIA.
BENE MEDA FERNANDO ( Fernando Codonesu est su sindigu de Villaputzu )
Bustianu Cumpostu

OGGETTO: Interdizione dell’accesso all’area terrestre del Poligono sperimentale e di
addestramento interforze del Salto di Quirra – Determinazioni in merito.
IL CONSIGLIO COMUNALE
PREMESSO che con il Decreto di accoglimento di istanza di dissequestro del 29/09/2011 emesso
dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei, è stato disposto il dissequestro
dell’area terrestre del poligono, a seguito del quale l’Amministrazione Difesa ha avviato le azioni
esecutive discendenti dal sopra citato provvedimento;
VISTA l’ordinanza n. 2 del 17/10/2011 emessa dall’aeronautica Militare, Centro Sperimentale di
Volo Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del Salto di Quirra a firma del
Comandante Gen. B.A. Sanzio Bonotto con la quale viene disposto l’allontanamento degli
allevatori e degli agricoltori attualmente presenti nel sedime militare, nonché il divieto di accedere e
transitare all’interno dell’area terrestre del Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del
“Salto di Quirra” di qualunque soggetto civile non debitamente e preventivamente autorizzato dal
Comando Militare.
L’ordinanza si applica con decorrenza dal 09/11/2011.
La predetta ordinanza è stata notificata a tutti i Sindaci del territorio affinché questi ultimi ne
comunicassero il contenuto alla popolazione e la esponessero all’Albo Pretorio.
CONSIDERATO che nelle aree interessate dal divieto pascolavano le greggi di vari pastori di
Villaputzu ed insistono diverse attività agricole per la coltivazione di orti, uliveti, vigne, etc.
DATO ATTO che il sopra citato provvedimento comporta effetti negativi nei confronti delle
categorie immediatamente e direttamente colpite da tale provvedimento, soprattutto per quello che
riguarda le attività agricole e pastorali, nonché conseguenze economiche lesive per tutta la
comunità di Villaputzu.
VISTA la deliberazione della G. C. n.100 del 07/12/2011 con la quale è stato conferito incarico ai
legali affinché assumessero tutte le iniziative che si rendessero opportune e necessarie a tutelare il
Comune e la popolazione di Villaputzu a seguito del provvedimento sopraccitato, al fine di
scongiurare o almeno limitare nell’immediato i gravi pregiudizi che ne derivano ed in particolare
impugnare la predetta ordinanza nanti gli organi competenti.
PRESO ATTO che il TAR Sardegna con sentenza n. 25/12 del 26/01/2012 stabiliva tra l’altro che:
“il Comune ricorrente, vista la complessità e delicatezza della questione controversa, potrà trovare
la richiesta tutela nella più opportuna sede di merito della causa, anche tenuto conto che il
provvedimento impugnato (di tutela preventiva) appare per la sua stessa natura provvisorio e che
l’Amministrazione militare dovrà, in tempi adeguati, procedere al suo superamento definendo i
connessi procedimenti di verifica ambientale e di bonifica, con ripristino delle precedenti libertà
dei singoli e della Comunità ove esistenti e legittime”.
SUCCESSIVAMENTE sono seguiti diversi incontri tra Amministrazione Comunale e
Amministrazione Militare c/o i poligoni di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo, nei quali è sempre
stata rinnovata l’esigenza per la Comunità di Villaputzu di dare immediato avvio ai lavori di
bonifica di quelle parti del territorio del PISQ riconosciute come inquinate a seguito dell’indagine
ambientale predisposta dal Ministero della Difesa nel 2008 e conclusa con le relazioni della CTME
(Commissione Tecnica Mista degli Esperti) e dell’Arpas.
PRESO ATTO
CHE i risultati dell’indagine sono noti dal mese di maggio del 2011 e, alla data odierna, non si è
fatto nulla di concreto salvo un progetto di caratterizzazione ambientale di due aree riconosciute
come gravemente inquinate dall’indagine della Procura di Lanusei.
CHE come è ampiamente noto, il Comune di Villaputzu ha pagato e paga un peso estremamente
gravoso alle servitù militari.
Innanzitutto quel peso che è noto come “sindrome di Quirra”.
Quirra è una piccola frazione del paese di appena 150 abitanti dove sì è riscontrato un abnorme
numero di morti da tumore (23 certificati) la cui prima denuncia risale a oltre un decennio fa, ad
opera dell’allora sindaco oncologo Dr. Antonio Pili. Su questo aspettiamo ancora di conoscere i
risultati dell’indagine epidemiologica presentata in data 15 dicembre 2011.
La “Sindrome di Quirra” si è poi arricchita di ulteriori numeri arrivando a oltre 160 casi come
risulta dall’inchiesta della Procura di Lanusei.
RILEVATO che il poligono interforze del Salto di Quirra si estende per 13.400 ettari e di questi ben
7.500, di cui 1.200 sono ubicati nel poligono di Capo San Lorenzo, appartengono al Comune di
Villaputzu, ovvero circa il 58% della sua estensione e, in altri termini, ben il 41% dell’intero
territorio comunale che è pari a poco più di 18.000 ettari.
La superficie del poligono a monte ricadente nel nostro comune è pari a 6.300 ettari, peraltro in
larga parte soggetta ad usi civici.
Da un punto di vista economico, la non disponibilità del 41% del territorio ha provocato un divario
negativo in termini di reddito medio procapite rispetto a quello medio della provincia di Cagliari
pari a oltre il 30%. Dalle verifiche effettuate, tale differenza è costante a partire dal 1965.
ACCERTATO che altri disagi e danni economici evidenti sono dovuti all’allontanamento dei
pastori dai terreni adibiti a pascolo e che da 18 mesi non sono in grado di vendere né il bestiame né
i prodotti derivati come latte e formaggi.
Da qui la necessità dell’avvio immediato delle bonifiche e la stipula di un accordo di couso dei
terreni non inquinati, che sono pari ad oltre il 90% dell’intera superficie del PISQ.
EVIDENZIATO che la situazione appena descritta non è più sostenibile, specialmente nel mutato
quadro geopolitico internazionale, neanche con l’attuale ruolo delle Forze Armate italiane e con la
politica governativa nota come “spending review”.
E’ in corso infatti un progetto di ristrutturazione delle forze armate mirato al miglioramento
dell’efficienza e dell’efficacia del sistema nel mutato quadro geopolitico internazionale.
I punti qualificanti di tale processo riguardano l’uso massiccio delle tecnologie di rete, la
diminuzione degli effettivi in servizio, la spinta verso la robotica, l’intelligence e un ruolo sempre
più politico e di “peace keeping” nei vari teatri di guerra.
Secondo la dottrina che sottende tale processo, si passerebbe dall’uso della forza all’uso della
politica e della cooperazione internazionale.
CONSIDERATO che in campo nazionale, alcuni fatti e prese di posizione politica hanno
caratterizzato questa prima parte del 2012.
Innanzitutto la presentazione in Senato di una mozione firmata da oltre 120 senatori di tutti gli
schieramenti per la ridiscussione e il riequilibrio delle servitù militari, in quanto se comprensibili e
accettabili nel mondo diviso in due blocchi degli anni ’50 risultano oramai anacronistiche.
La successiva relazione intermedia sulla situazione dei poligoni di tiro approvata all’unanimità il
30 maggio dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito ha inoltre delineato
uno scenario per la ridefinizione e il parziale superamento delle servitù militari che pesano sulla
Sardegna.
Gli assi portanti della proposta si basano sulla salvaguardia dell’occupazione esistente, sulla
dismissione graduale dei due poligoni di Capo Frasca e Teulada, su un progetto di riqualificazione
del poligono interforze del Salto di Quirra.
Successivamente all’approvazione della su citata relazione, il 27 luglio c.a. si è costituito a Cagliari
il coordinamento dei Sindaci dei comuni interessati dai poligoni militari. Hanno aderito fino a
questo momento i comuni di Villaputzu, Perdasdefogu, Teulada, Arbus, Villagrande, Ulassai,
Arzana, Osini, Lotzorai, Tertenia, Escalaplano, Ballao, Sant’Anna Arresi, Jerzu e Muravera.
Il Coordinamento intende affrontare, in qualità di soggetto istituzionale, le problematiche della
dismissione progressiva dei due poligoni di Teulada e Capo Frasca e contribuire attivamente al
progetto di riqualificazione del PISQ.
Compito del coordinamento è anche quello di concorrere alla predisposizione di un progetto di
sviluppo condiviso e partecipato di tutti territori interessati dalle servitù militari, con il
coinvolgimento dei Ministeri di riferimento (Difesa, Infrastrutture, Sviluppo Economico, Ambiente,
Coesione Sociale, Sanità, Istruzione e Università), Regione, imprese e categorie produttive.
PRESO ATTO che per i lavori di bonifica relativi ai due poligoni di Capo Frasca e Teulada da
dismettere e il PISQ da riqualificare, sulla base di lavori analoghi limitatamente all’inquinamento
disciplinato dal D. Lgs 152/2006 e s.m.i., si stimano necessari almeno 500 milioni di euro e nulla, al
momento, si può dire in merito alla quantificazione di bonifiche su suoli contaminati da fonte
radioattiva.
VERIFICATO inoltre che per la riqualificazione del PISQ e per lo sviluppo di tutti i territori
interessati dalle servitù militari, a partire soprattutto dai comuni maggiormente gravati di
Villaputzu, Teulada, Arbus e Perdasdefogu, si stima la necessità di risorse finanziarie pari almeno
ad un miliardo di euro, per cui si ritiene indispensabile una forte azione politica da parte dell’intera
comunità sarda nei confronti del Governo e di tutti i Ministeri di riferimento per lo stanziamento
complessivo, anche su base pluriennale, di circa 1,5 miliardi di euro per le attività di bonifica,
riqualificazione e sviluppo.
Nel quadro appena delineato che presuppone un dialogo fra le parti in campo, le autorità militari e
le autorità civili democraticamente elette, si inseriscono alcuni fatti che partono dall’ordinanza del
mese di ottobre 2011 già citata, come i posti di blocco e la predisposizione di piste nell’area del
poligono a monte (in assenza di autorizzazione) che preludono alla recinzione di aree vaste che,
purtroppo, disattendono tali aspettative di collaborazione e dialogo e sembrano andare, invece, in
direzione opposta, caratterizzandosi tra l’altro per palesi violazioni delle leggi nazionali e regionali.
PRECISATO che le servitù militari che si estendono sul 41% del territorio del Comune di
Villaputzu sono in netto contrasto con la lettera e lo spirito dell’art. 5 della Costituzione, nello
specifico si sottolinea che l’Ordinanza su citata del Comandante del PISQ viola le prerogative del
Sindaco e le leggi che le disciplinano. In particolare:
• Il sindaco è autorità sanitaria locale (vedasi art. 32 della legge n. 833/1978 e dell'art. 117
del D. Lgs. n. 112/1998, in materia di Ordinanze Contingibili e Urgenti con efficacia estesa
al territorio comunale, in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica).
• Il sindaco sovrintende alle seguenti attività (D. Lgs 267/2000- TUEL, Testo Unico delle
leggi sull’ordinamento degli Enti Locali e successive modifiche e integrazioni:
• emanazione di atti in materia di ordine e sicurezza pubblica;
• svolgimento di funzioni in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;
• vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico,
informandone preventivamente il prefetto.
.
• L’art. 5, comma 3 del codice della strada a mente del quale “I provvedimenti per la
regolamentazione della circolazione sono emessi dagli enti proprietari, attraverso gli
organi competenti a norma degli articoli 6 e 7, con ordinanze motivate e rese note al
pubblico mediante i prescritti segnali”.
• Il D. Lgs n. 112/1998 che disciplina il passaggio di competenze dallo Stato alla Regione e da
questa ai Comuni costieri.
Per le sopra citate motivazioni
CONDIVIDE
Le osservazioni e le richieste già fatte dal Sindaco in diverse sedi istituzionali e qui ulteriormente
riportate e lo invita ad esercitare tutte le prerogative su richiamate che la legislazione vigente gli
attribuisce, con specifiche iniziative in sede politica, l’allargamento al Coordinamento dei Sindaci e
il coinvolgimento di tutte le rappresentanze della società sarda.
CHIEDE
La revoca della sopra citata ordinanza.
La riqualificazione e la riconversione del Poligono di Quirra alla luce del divieto di attività militari
che confliggono con l’ambiente, la ripresa di quelle attività militari e sperimentazioni, previa
verifica di compatibilità sotto il profilo ambientale, e lo sviluppo progressivo di attività civili legate
alle nuove tecnologie ICT, alla ricerca scientifica, all’energia rinnovabile, alle applicazioni
aerospaziali e ai sistemi “dual use”, come evidenziato dalla relazione di medio termine approvata
dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito.
L’individuazione di Capo San Lorenzo come sito di localizzazione di uno dei Data Center
nazionali e come primo insediamento tecnologico su cui costruire un nuovo modello di sviluppo.
La riperimetrazione del PISQ che preveda almeno la restituzione alla comunità villaputzese di
quelle aree individuate come SIC (Sito di Interesse Comunitario) dalla pianificazione territoriale
regionale, ovvero la piana di Capo San Lorenzo. Allo stesso tempo propone l’individuazione, nel
poligono a monte, delle aree effettivamente necessarie per le esercitazioni militari lasciando invece
quelle non più indispensabili ai Comuni proprietari, che potranno meglio utilizzarle per il proprio
sviluppo economico e sociale.
Al riguardo, si ricorda che il tavolo tecnico congiunto Ministero – Regione – Comuni istituito per
l’individuazione delle zone non più necessarie alla Difesa, che aveva incominciato a delineare un
quadro di lavoro fino al mese di febbraio 2012, non è stato più riconvocato per cui se ne chiede
l’immediata riconvocazione per l’accoglimento delle nostre richieste.
Agli Enti sovraordinati, in primo luogo la GIUNTA REGIONALE della SARDEGNA, una chiara
ed inequivocabile presa di posizione in tale direzione;
INVITA GLI ORGANI RAPPRESENTATIVI DELLA COMUNITA’ SARDA
• ad attivare un tavolo di confronto e proposta per l’avvio immediato dei lavori di bonifica di
quelle parti del territorio del PISQ e dei poligoni di Capo Frasca e di Teulada che sono
risultate inquinate a seguito di 50 anni di esercitazioni militari, la definizione del progetto
di riqualificazione del PISQ e la predisposizione di un piano di sviluppo dei territori
interessati dalle servitù militari con la richiesta di risorse finanziarie quantificate in 1,5
miliari di euro al Governo nazionale da inserire nella legge di assestamento di bilancio;
• a rinegoziare con lo Stato centrale la presenza delle servitù militari nella nostra isola ai
sensi dello Statuto regionale che vede il governo del territorio come “materia concorrente”
con lo Stato per arrivare ad un accordo su un “piano paritario Stato-Regione” che recepisca
elementi qualitativi di sovranità dei sardi;
• a definire il progetto di riconversione della base militare e di sviluppo del territorio di tutti i
comuni interessati.
TRASMETTE
Copia del presente provvedimento: al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei
Ministri, al Presidente della Giunta Regionale quale titolare del confronto e della negoziazione con
il Governo centrale, ai Capi Gruppo dei partiti politici presenti nel Consiglio Regionale e al suo
Presidente, al Prefetto di Cagliari, alle Procure di Cagliari e Lanusei, ai Presidenti delle Province, a
tutti i Sindaci della Sardegna, agli altri partiti e movimenti presenti nella società sarda, alle testate
giornalistiche e televisive regionali e nazionali.
DELIBERA
In conformità.
IL SINDACO - FERNANDO CODONESU
IL CONSIGLIO COMUNALE


sbarco militare a Quirrra

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